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Per il Crivelli di San Domenico

2005, L'appennino camerte

Publication of a 1483 payment by the patron, Romano di Cola, to Carlo Crivelli for the main altarpiece of San Domenico, Camerino (now at Brera).

Pubblicato in “L’appennino camerte”, LXXXV, 34, 10 settembre 2005, p. 3. Per il Crivelli di San Domenico Nel 1482 Carlo Crivelli firmava il trittico un tempo nella chiesa di San Domenico a Camerino, la prima delle sue opere per la città dei da Varano. Portato a Milano nel 1811, il dipinto perse presto le tre cuspidi, che si trovano oggi a Francoforte (Arcangelo Gabriele e Annunziata) e a Riggisberg, in Svizzera (Resurrezione), mentre nella pinacoteca di Brera sono rimaste le tre tavole principali, cioè la Madonna col Bambino in trono, i Santi Pietro e Domenico e i Santi Pietro martire e Venanzio, e due pannelli della predella, con i Santi Antonio abate, Girolamo e Andrea e i Santi Giacomo maggiore, Bernardino e un santo eremita (forse il beato Ugolino Magalotti da Fiegni). Il nome del committente di questo trittico ci è stato finalmente rivelato dal contratto per la seconda opera camerte del Crivelli, la pala con la Consegna delle chiavi già in San Pietro di Muralto ed ora a Berlino, contratto ritrovato da monsignor Sandro Corradini e pubblicato per la prima volta nel 2002 da Emanuela Di Stefano e Rossano Cicconi: in quel documento, datato 8 novembre 1483, il pittore veneziano prometteva ai francescani osservanti di San Pietro che il nuovo dipinto sarebbe stato almeno della stessa “bontà, apparenza e bellezza della tavola o ancona dipinta dal detto maestro Carlo, su richiesta di Romano di Cola da Camerino, nella chiesa di San Domenico”. Era questa, fino ad oggi, l’unica memoria lasciata da quell’opera nelle carte del ’400. Ad essa possiamo ora affiancare un rogito inedito, che riguarda invece direttamente il nostro trittico. Il 19 novembre 1483, undici giorni dopo il citato contratto, Crivelli era ancora (o di nuovo) nella città varanesca e riceveva dal suo committente Romano di Cola 14 ducati d’oro “pro cona”. Con questa somma si raggiunse il totale pattuito di 120 fiorini (prezzo ben inferiore ai 225 fiorini richiesti per la tavola di Muralto ed ai 200 del più tardo trittico del duomo, ma che sembra più o meno corrispondere al divario tra le superfici dipinte delle tre opere), e per questo il pittore rilasciò la quietanza che così suona nello stringato originale latino (Sezione di Archivio di Stato di Camerino, Archivio notarile di Camerino, 1416, notaio Antonio di Pascuccio, ultimo quinterno, c.n.n.; la data, dapprima scritta come 24 novembre, fu poi corretta dallo stesso notaio): “Die XVIIII novembris, ad apotecham Bonaventure, presentibus Mariano Venantii et Iohanne Barnabei testibus etc. Magister Carolus venetu[s] dipictor quietavit Romanum de centum XXti florenis debitis pro cona, quia dixit habuisse, et pro residuo habuit XIIII ducatos auri”. Appena cinque righe vergate in fretta, ma preziosissime nella rarità di tracce lasciate a Camerino dal grande pittore veneziano. Matteo Mazzalupi