Academia.eduAcademia.edu

Lo speco di san Michele arcangelo a Nemi

SUMMARY. In the territory of the Castelli Romani, along the NorthEast wall of the caldera formed during the last phase of eruptive activity of the Latium Volcano, subsequently occupied by the water of Lake Nemi, there is an underground church dedicated to St. Michael the Archangel. The cave, abandoned since the end of the eighteenth century, is now showing signs of severe degradation, both structurally and iconographically. A study of the site is currently under way in order to determine the state of the hypogeum. This article, in addition to documenting the critical condition of the structure, and presenting its historical and artistic value, aims to promote an awareness campaign in order to recover and maintain this example of the cultural heritage of the Roman province.

n. 13 | ottobre | 2016 _________________________________________________________________________________________________________________________________ Lo Speco di San Michele Arcangelo a Nemi L di Roberto Libera* SUMMARY. In the territory of the Castelli Romani, along the NorthEast wall of the caldera formed during the last phase of eruptive activity of the Latium Volcano, subsequently occupied by the water of Lake Nemi, there is an underground church dedicated to St. Michael the Archangel. The cave, abandoned since the end of the eighteenth century, is now showing signs of severe degradation, both structurally and iconographically. A study of the site is currently under way in order to determine the state of the hypogeum. This article, in addition to documenting the critical condition of the structure, and presenting its historical and artistic value, aims to promote an awareness campaign in order to recover and maintain this example of the cultural heritage of the Roman province. GEOLOGIA DELL’AREA L’ipogeo nemorense, dedicato a San Michele Arcangelo, si trova in un territorio appartenente all’area del Vulcano Laziale, più precisamente in una caldera principale, quella di Nemi, costituita da vari coni eccentrici. Ubicato nella parete Nord-Est della caldera, con l’ingresso orientato a Nord-Nord-Est (Fig. 1), il sito religioso fu realizzato presumibilmente in epoca medievale. Il vulcano dei Colli Albani, chiamato Vulcano Laziale, è uno dei sei distretti vulcanici principali, conosciuti con il nome di Provincia Magmatica Romana, formatasi a partire dal Pleistocene medio (0,781-0,126 milioni di ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA 34 ______________________________________ anni fa). Attualmente è considerato quiescente, ma nel passato l’attività di questo vulcano ha dato luogo a quattro distinti apparati eruttivi, o litosomi1: - il Litosoma Vulcano Laziale (circa 600.000 anni fa); - il Litosoma Tuscolano-Artemisio (intorno ai 300.000 anni fa); - il Litosoma Faete (tra i 290.000 ed i 270.000 anni fa); - il Litosoma Via dei Laghi (tra i 50.000 e i 19.000 anni fa). Il litosoma è un corpo geologico che si diferenzia rispetto a quelli limitroi in base a caratteristiche litologiche. 1 * Antropologo culturale - Direttore del Museo Diocesano di Albano – [email protected] n. 13 | ottobre | 2016 _________________________________________________________________________________________________________________________________ Fig. 1. Ingresso dello Speco di San Michele. Il cratere di Nemi si è formato durante l’ultima fase eruttiva del vulcano, appartenente al Litosoma Via dei Laghi. Le pendici di questo cratere sono costituite da sequenze piroclastiche, alcune più spesse ed altre più sottili, intervallate a livelli lavici. Le sequenze piroclastiche variano da quelle non consolidate di tufo, a depositi di cenere e tufo consolidati. Negli strati di tufo consolidato troviamo il Peperino e lo Sperone, utilizzato dai romani per la costruzione di banchine lungo la riva del lago e per altre strutture, come ad esempio muri di sostegno al tempio di Diana. Nell’area ci sono alcuni corsi d’acqua di piccola dimensione e due principali: Fosso Tempesta, nella parte settentrionale del cratere; e un altro grande torrente che scaturisce dalle pareti rocciose sottostanti la cittadina di Nemi. Quest’ultimo ha dato vita ad un delta nella zona chiamata Orti di S. Nicola, abitato in dalla preistoria. È possibile che entrambi i corsi d’acqua, insieme ai minori, siano stati utilizzati dai romani come fonti d’acqua per cisterne e acquedotti; il torrente che inisce agli Orti di S. Nicola è stato utilizzato anche per il funzionamento dei mulini post-medievali. Nonostante le ampie terrazze agricole lungo i pendii e la presenza di una itta vegetazione, ci sono evidenti tracce di una forte erosione delle pareti del cratere nelle epoche passate. Le frane e il movimento di detriti sono posti in relazione soprattutto con precipitazioni abbondanti. Anche se le precipitazioni annue nella zona sono piuttosto moderate, 1200-1400 mm, i fenomeni di forte erosione spesso avvengono quando ad un periodo molto secco succede un periodo di piogge brevi, ma molto intense. Tali fenomeni, comuni nei Colli Albani, uniti a terremoti, rappresentano la maggior parte delle cause di frane e ghiaioni. La pioggia pesante può anche innescare frane e cadute di massi lungo le pendici del bacino del 35 ______________________________________ ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA n. 13 | ottobre | 2016 _________________________________________________________________________________________________________________________________ lago di Nemi. Tali fenomeni sono stati e sono ancora comuni nei luoghi dove le rocce laviche fratturate si trovano sopra formazioni piroclastiche più friabili, per esempio nelle rupi a conine tra i due crateri sovrapposti e lungo le pendici orientali a nord di Nemi città; in queste aree ci sono ampie prove di frane massicce. É visibile, nelle immediate vicinanze dell’ipogeo dedicato a S. Michele, sotto Nemi, l’inluenza dovuta a fenomeni simili; infatti, le aperture che iancheggiano le grotte scavate nella roccia sono più o meno chiuse da grandi blocchi di rocce laviche cadute dall’alto (Fig. 2). Ghiaioni, frane e cadute di roccia possono essere state causate anche da eventi sismici, ben documentati da varie fonti nel passato. Nel «Catalogo dei Forti Terremoti in Italia, 461 a.C. 1990», sono segnalati sette terremoti di entità consistente nella zona di Nemi tra il 1806 e il 1927. Probabilmente molti siti storici e archeologici avranno subito danni causati dall’attività sismica dei terremoti registrati nell’area nemorense. Attualmente lo Speco di San Michele mostra gravi segni di degrado, causati dalle attività naturali di cui sopra, aggravati però da sconsiderati atti di vandalismo e dall’incuria generale. STORIA DELL’IPOGEO Alberto Galieti, studioso dei Castelli Romani vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, riteneva che il sito dedicato all’Arcangelo Michele fosse stato ricavato da una caverna naturale, riadattata durante il medioevo ad uso di chiesa2. Non ci è dato sapere se prima del Cristianesimo l’ipogeo sia stato già utilizzato e per quale eventuale funzione. Sempre il Galieti ricorda che il più antico documento in cui si menziona lo 2 Galieti, 1940. ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA 36 ______________________________________ Fig. 2. Roccia lavica franata nei pressi dell’ingresso dell’ipogeo. speco micaelico è una Bolla del 12 gennaio 1255. Nel documento in questione Papa Alessandro IV, nel confermare la concessione a scopo di villeggiatura del castello di Nemi ai monaci di S. Anastasio alle Tre Fontane, già concessa da Anastasio IV nel 1143, fa riferimento, tra le dipendenze, anche alla chiesa di S. Angelo3, cioè San Michele Arcangelo. Poiché, allo stato attuale, non risulta sia esistita nel territorio nemoUghelli, 1717-22, I col. 53: «…In quibus… castrum, quod dicitur Nemo; ecclesiam S. Mariae, S. Angeli, S. Januari et S. Nicolai in valle Lunae et stipis eiusdem cum aliis omnibus suis pertinentiis…» 3 n. 13 | ottobre | 2016 _________________________________________________________________________________________________________________________________ rense un’altra chiesa dedicata al culto micaelico, non sembra ci siano dubbi sull’identiicazione della stessa con lo speco conosciuto. Dalla metà del XVII secolo in poi il luogo di culto passò alle dipendenze della parrocchia di Nemi; alla ine dello stesso secolo il parroco, con l’approvazione del vescovo, consegnò la custodia del sito ad alcuni eremiti. Sappiamo che nel 1759 era presente nei pressi dello speco un eremo capace di ospitare più eremiti4. L’oratorio era fornito in quei tempi di una campanella e di una sola porta, foderata esternamente con lamine di ferro, sulla quale si aprivano due piccole inestre; vi si oficiava soltanto per le feste di S. Michele, l’8 maggio ed il 29 settembre di ogni anno. A causa dello stato di rovina, in cui erano caduti sia l’ipogeo di culto sia l’eremo, risulta che nel 1770 entrambi furono abbandonati. In seguito all’abbandono scomparvero il bassorilievo d’altare di San Michele, l’acquasantiera di marmo e il mosaico sull’architrave del ciborio. Da allora l’ingresso alla chiesa ipogea fu chiuso, ma ciò non impedì ulteriori danneggiamenti della struttura. LA STRUTTURA DELL’IPOGEO Si accede all’interno dello Speco di San Michele attraverso una porta alta 1,98 m e larga 1,70 m. La porta in ferro che chiudeva l’ingresso è stata divelta; si può, quindi, entrare senza dificoltà. La larghezza massima dell’interno è poco più di 8 m e la profondità di 8,40 m (Fig. 3). La pavimentazione originale è costituita da lastre rettangolari di peperino, l’altezza massima raggiunge i 3,10 m. Lo spazio destinato ai fedeli presenta, nella parete a destra dell’ingresso, una seconda porta 4 Sacra Visitatio edita per Em.mum et Rev.mum D.num Carolum Albertum S. R. E. Card. Guidobonum Cavalchini Episc. Albanen, anno Dom. 1759, II pag. 832. Fig. 3. Interno della chiesa ipogea. (1,95x0,72 m); lungo tutta la parete si trova un banco che permetteva ai presenti di sedersi comodamente durante le funzioni religiose. I due settori della chiesa, quello riservato al pubblico e quello del presbiterio, sono divisi da una balaustra in muratura alta 0,85 m, che lascia una apertura di passaggio larga 1,18 m. Il presbiterio è leggermente spostato a destra rispetto l’asse dello speco. Il sedile per il clero è addossato sia alle facce interne della balaustra che sotto le due absidi laterali. L’abside centrale è occupata dal ciborio che sovrasta l’altare composto da una mensa di granito larga in fronte 1,17 m sorretta da quattro colonnine marmoree senza base, alte 86 cm e sormontate da capitelli romani di ordine composito alti 14 cm. La presenza della rituale crocetta ad ogni angolo della mensa fa supporre che l’altare abbia ricevuto la consacrazione liturgica. Il ciborio è largo in fronte 1,46 m e lungo 1,64 m, costituito da quattro colonne di marmo disposte a rettangolo, alte 1,82 m, comprese le basi e i capitelli, dei quali i due anteriori sono 37 ______________________________________ ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA n. 13 | ottobre | 2016 _________________________________________________________________________________________________________________________________ in stile corinzio, mentre i due posteriori sono di stile ionico. Su di esse è posato l’architrave di marmo bianco, che al posto del fregio presenta una lista di mosaico a piccole tarsie colorate ormai scomparse. Anteriormente l’architrave è sormontato da un più breve timpano, nel cui centro è incavata una croce di forma bizantina, probabilmente una volta ripiena d’intarsia policroma (Fig. 4). Lastre marmoree lunghe 66 cm, ma di varia larghezza, chiudono il tetto a due spioventi del ciborio. Una di queste conserva il caratteristico ornamento strigilato dei sarcofagi romani; vari indizi mostrano che il materiale fu raccolto da antichi monumenti romani sparsi nei dintorni. Il fondo del ciborio è chiuso da un muro spiccato sulla mensa dell’altare, con una scadente pittura a guazzo che rappresenta l’Arcangelo Michele. Questa pittura ha sostituito il medievale bassorilievo marmoreo di S. Michele, ricordato dalla Sacra Visita del 17595. GLI AFFRESCHI Sullo scorcio del secolo XV, a spese di alcuni devoti, le pareti della chiesa ipogea ricevettero una decorazione iconograica. Sul pilastro a destra dell’ingresso principale è visibile un affresco che rappresenta l’Apostolo Pietro con le chiavi nella mano destra, mentre con la sinistra regge aperto il libro del Nuovo Testamento in cui si legge la frase: «sobri estote et vigilate: quia adversarius vester diabolus, tamquam leo»6. A sinistra di San Pietro è rafigurato San Bernardino da Siena, che sostiene sul petto una tabella in cui risplende il monogramma di Cristo «IHS» raggiato (Fig. 5). Sotto l’affresco si trova l’iscrizione riferita alle due igure di cui sopra con il Vedi nota 3: «… simulacrum ex marmore dicti S. Arcangeli est nimis antiquum…». 6 Prima lettera di Pietro (V, 8-9), «siate sobri e vegliate, perché il vostro nemico, il diavolo, come un leone (ruggente va in giro…)» 5 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA 38 ______________________________________ Fig. 4. Altare con ciborio. nome del dedicante: Angelus Saccus ieri iguras istas praecepit galilei Petri atque Bernardini senensis. Al di sotto dei suddetti affreschi ci sono sicuramente pitture più antiche. Prova ne è che l’affresco copre gran parte di una igura di facile interpretazione: si tratta, infatti, di San Sebastiano, traitto dalle frecce del martirio. Con molta probabilità a ianco di San Sebastiano era rafigurato San Michele, di cui si scorgono solo alcune piume delle grandi ali. Nel presbiterio, formato da tre absidi, sono presenti ulteriori affreschi. In cornu Evangelii, il lato sinistro dell’altare, si trova una complessa scena pittorica che rappresenta il Signore in croce, tra la vergine e San Giovanni Evange- n. 13 | ottobre | 2016 _________________________________________________________________________________________________________________________________ Fig. 5. San Pietro e San Bernardino da Siena. Fig. 6. San Giovanni Evangelista e l’abitato di Nemi sullo sfondo. lista, mentre il devoto commissionario da una parte e la moglie con le due iglie dall’altra, nei caratteristici costumi dell’epoca, pregano inginocchiati a mani giunte. La croce si trova sopra un monte entro il quale, in una grotta, è visibile un teschio umano; questa iconograia ricorda la tradizione che indica il Calvario come luogo dove fu sepolta la testa di Adamo. Ai lati del Cristo sono due nessi di lettere greche JC (Iη ο ) e XC (X ι ό ) mentre sul titolo della croce si trova in tabella l’iscrizione latina «Iesus Nazarenus Rex Iudeorum» con la traduzione greca: IHCOUC O NAZΩPAIOC O BACIΛEUC TΩN IOU AIΩN A ianco della Madonna si legge MA(ter Dei) che nell’altro lato, ora non visibile, dovrebbe avere il corrispettivo greco M(η η)P Θ(eo)U. A destra di San Giovanni l’epigrafe: S. Ioh(anne)s Eva(n)ge lista, ripetuta a sinistra in greco: O A (I)OΣ IΩ(ANNH)S EVA(N) EΛICTA. Al di sotto dell’affresco in caratteri gotici su una sola riga si trova l’iscrizione: Hoc Baraundus opus statuit tibi Christe Iohannes ut protegas semper se atque suam sobolem=An(n)o D(omi)ni MCCCCLXXX. Ma la caratteristica più importante dell’affresco è il paesaggio sullo sfondo, a destra del dipinto, che rafigura non la veduta del Calvario con Gerusalemme, ma quella di Nemi, con il lago, il monte 39 ______________________________________ ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA n. 13 | ottobre | 2016 _________________________________________________________________________________________________________________________________ lieti così interpretava7: «ha(n)c Georgettus ieri igura(m) Dalmata (?) rite p(raece)pit Matris…». Fig. 7. Maria, il Bambino e San Sebastiano. Cavo e, subito sotto, il castello di Nemi, il paese con il campanile di S. Maria del Pozzo (Fig. 6). Nell’abside, in cornu Epistolae, il lato destro dell’altare, si trova l’affresco rafigurante la Vergine con in braccio il Bambino, al cui ianco sta il martire Sebastiano. Tutte e tre le igure portano il nimbo rotondo disegnato a raggiera e le nubi stilizzate, sulle quali siede la Vergine e si staglia San Sebastiano. Maria, che con la destra poggiata sul seno sembra tenere un grappolo d’uva, indossa una veste turchina, mentre un ampio mantello verde dalle larghe pieghe scende dalla testa sulle spalle per raccogliersi con i lembi sulle ginocchia. Il Bambino è vestito con una tunica rossa a maniche lunghe, con la sinistra sostiene una sfera sormontata da una piccola croce. La sua destra non è visibile, probabilmente è nell’atto della Benedizione. San Sebastiano, in piedi a destra di chi guarda, tiene nella sinistra le frecce con cui fu martirizzato e nella destra la palma della vittoria. Sulle spalle porta un corto mantello color rosso (Fig. 7). Ai piedi dell’affresco per tutta la lunghezza dell’abside corre su tre righe una iscrizione a caratteri gotici quasi del tutto nascosta sotto la scialbatura, di cui è possibile solo scorgere parte della prima riga, che il Ga- ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA 40 ______________________________________ Al gruppo, che in alto e ai due lati è delimitato da una greca giallognola, fa seguito, in un piccolo spazio ovale, una igura che rappresenta San Michele Arcangelo che tiene un serpente, simbolo di Satana, con la mano sinistra e con la mano destra impugna una spada (Fig. 8). Sembra che le pitture delle absidi, anche se coeve, non siano state dipinte dalla stessa mano. Gli autori forse furono modesti artisti locali, visto l’utilizzo di forme ormai sorpassate rispetto agli sviluppi della pittura di ine XV secolo. Lo Speco di San Michele nemorense versa ormai in pessime condizioni. Urge un intervento di risanamento dell’area circostante al sito, di consolidamento della struttura dello stesso e un profondo restauro dell’impianto iconograico. Continuare ad ignorare lo stato di rovina dell’ipogeo micaelico signiica abbandonarlo a distruzione certa. Fig. 8. San Michele Arcangelo. 7 GALIETI, 1940, pag. 16. n. 13 | ottobre | 2016 _________________________________________________________________________________________________________________________________ Bibliografia AAVV, 2009. Note illustrative della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50.000, Foglio 387 Albano Laziale, ISPRA, Ente realizzatore Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Scienze Geologiche. http://www. isprambiente.gov.it/Media/carg/note_illustrative/387_AlbanoLaziale.pdf Storemyr P, Kung A, Bionda D, 2004. EU-Project DEMOTEC-A. Work package 2: Pilot GIS development Nemi. Monitoring and risk assessment of monuments and archaeological sites in the Nemi basin, Colli Albani, Italy. Volume 1: Report. https://perstoremyr.iles. wordpress.com/2011/12/2004_039_vol1_nemi_report_screen.pdf Boschi E, Guidoboni E, Ferrari G, Gasperini P, Valensise G, 1997. Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1990. ING, Roma. Galieti A, 1940. Il Romitorio di S. Michele Arcangelo al lago di Nemi. Estratto dal Bollettino di Archeologia Storia ed Arte del II semestre 1940-XIX – Anno III, Zampetti, Velletri. Ughelli F, 1717-22. Italia Sacra. (rist. anast. Venetiis, 1717-22). 41 ______________________________________ ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA