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Arte rubata, arte ritrovata: Morgantina e il ritorno del dio Ade

2016, Forma Urbis

27 Gli spazi commerciali di una città romana: le tabernae del Foro di Herdonia 31 di Giuseppe Pippo Per un'archeologia dei paesaggi nella valle del Medio Basento (Basilicata) 37 di Antonio Gambatesa Arte rubata, arte ritrovata: Morgantina e il ritorno del dio Ade 43 di Serena Raffiotta Crustumerium. Death and afterlife at the gates of Rome 50 di Paola Filippini La Sicilia è la risposta di tutto: "Help. L'Età della plastica" approda nell'isola di Mozia 52 di Simona Sanchirico 14. Scultura in terracotta policroma di età ellenistica (IV-III sec.

Rivista fondata da Luciano Pasquali Mensile Tecnico Scientifico E.S.S. Editorial Service System Fondazione Dià Cultura X PREMIO FORMA URBIS PER LʼARCHEOLOGIA ALLA BMTA DI PAESTUM LUCCA, LE CARIATIDI E GIULIANO LʼAPOSTATA DAL FORO DI HERDONIA ALLA VALLE DEL MEDIO BASENTO MOZIA: HELP. LʼETÀ DELLA PLASTICA MORGANTINA: IL RITORNO DI ADE CRUSTUMERIUM: DEATH AND AFTERLIFE AT THE GATES OF ROME Anno XXI•n.10•Ottobre 2016 € 4,50 Sped. Abb. Post - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n.46) art.1 comma 1, Aut. N.C/RM/036/2010 Sommario Editoriale 3 1 a cura della Redazione Acque profane, acque sacre nel contesto storico-archeologico e architettonico della Chiesa dei Santi Giovanni e Reparata in Lucca 5 di Eleonora Romanò, Fabiana Susini L’origine delle Cariatidi: Storia e Mito 14 di Maria Caterina Schettini Persia e Roma, due visioni differenti sulla sconfitta di Giuliano l’Apostata 23 di Domiziana Rossi XIX Borsa mediterranea del turismo archeologico 27 Gli spazi commerciali di una città romana: le tabernae del Foro di Herdonia 31 di Giuseppe Pippo Per un’archeologia dei paesaggi nella valle del Medio Basento (Basilicata) 37 di Antonio Gambatesa Arte rubata, arte ritrovata: Morgantina e il ritorno del dio Ade 43 di Serena Raffiotta Crustumerium. Death and afterlife at the gates of Rome 50 di Paola Filippini La Sicilia è la risposta di tutto: “Help. L’Età della plastica” approda nell’isola di Mozia di Simona Sanchirico 52 Arte rubata, arte ritrovata: Morgantina e il ritorno del dio Ade di Serena Raffiotta* Nel cuore della Sicilia, in provincia di Enna, vi è un’area archeologica tra le più vaste e meglio conservate del Mediterraneo: Morgantina (fig. 1). Estendendosi per circa novanta ettari in territorio comunale di Aidone, il sito conserva i resti monumentali di uno dei più importanti insediamenti della Sicilia antica, rappresentando una preziosa testimonianza per la conoscenza dell’urbanistica e dell’architettura nel mondo greco occidentale. Morgantina sorse durante l’età del Ferro (XI-X sec. a.C.) sulla collina di Cittadella, altura dominante una vasta e decorazione geometrica di produzione locale, pregiato vasellame d’importazione dalla Grecia continentale, status symbol delle élites sicule. Contesa agli inizi del V secolo a.C. tra le potenti città greche sulle coste meridionale e orientale della Sicilia, Morgantina fu coinvolta intorno al 460/459 a.C. nelle tumultuose sommosse anti-elleniche guidate dal condottiero siculo Ducezio, che nel corso di un lungo decennio avrebbe tentato invano di far aderire la città alla lega sicula da lui guidata. In coincidenza con questo evento traumatico i dati archeologici confermano l’abbandono dell’abitato sulla collina di Cittadella e la fondazione di un nuovo centro urbano sul pianoro di Serra Orlando. Qui, in uno spazio non precedentemente urbanizzato caratterizzato da un’ampia area pianeggiante delimitata da tre colline, 1. Morgantina (Aidone, Enna). Veduta aerea dell’area dell’agorà ellenistica (foto F. Colombo) fertile pianura solcata dal fiume Gornalunga, affluente del Simeto: allora era un piccolo villaggio di capanne fondato dai Morgeti, etnia proveniente dall’Italia meridionale da cui l’insediamento prese il nome. L’arrivo dalle coste della Sicilia di genti elleniche, attirate dalla posizione strategica naturalmente ben difesa di quest’altopiano dai ripidi versanti sui monti Erei, dall’abbondanza di sorgenti d’acqua e dalla fertilità dei campi circostanti a partire dalla metà del VI sec. a.C. determinò un veloce processo di ellenizzazione del centro indigeno, come ben documentato dall’evidenza archeologica. Il villaggio di capanne dei Siculi si trasformò in un ricco abitato di tipo greco con solide case in pietra e edifici di culto dalla ricca decorazione architettonica in terracotta policroma e i corredi funerari accolsero, accanto alle ceramiche a fu possibile progettare ex novo una città dall’impianto ortogonale, secondo lo schema ippodameo tipico dell’urbanistica greca, e dotarla di tutti quegli spazi e edifici pubblici propri di ogni polis democratica. Segno tangibile della propria autonomia fu l’emissione di una litra in bronzo con testa maschile barbuta al diritto e spiga di grano al rovescio, prima moneta battuta a Morgantina intorno al 465-459 a.C. La cerealicoltura ha sempre rappresentato, in antico così come oggi, la principale risorsa per questo territorio; ciò giustifica non solo la scelta della spiga di grano come emblema della città sulla prima emissione monetale ma anche la diffusione a Morgantina del culto pressoché esclusivo della coppia divina Demetra-Persefone. Fu sotto l’egemonia siracusana tra IV e III sec. a.C., e particolarmente sotto il regno di Ierone II (270-215 43 44 a.C.), che la città avrebbe raggiunto una straordinaria floridezza, di cui oggi rimangono eccellenti testimonianze nelle grandiose ed eleganti architetture dell’agorà, lo spazio pubblico più importante della polis, cuore pulsante della città (fig. 2).Conquistata dai Romani nel 211 a.C. e occupata da soldati mercenari ispanici a cui era stata ceduta a conclusione dell’assedio, per via di nuove dinamiche di popolamento favorevoli all’occupazione delle campagne e non più dei centri d’altura Morgantina sarebbe stata lentamente abbandonata, ciò determinandone già nel tardo I secolo a.C. la totale scomparsa in un’area non più occupata stabilmente nei secoli a venire se non da qualche piccola casa contadina in epoche recenti. L’inizio di indagini regolari si data al 1955, quando una missione archeologica della Princeton University diretta da Eric Sjöqvist e Richard Stilwell avviò in contrada Serra Orlando la prima fortunata campagna di scavi che, per la grandiosità dei resti messi in luce, rivelò immediatamente l’importanza del sito. I ritrovamenti numismatici ne avrebbero consentito molto presto, grazie agli studi di K. T. Erim sulla monetazione bronzea con legenda 2. Morgantina (Aidone, Enna). Panoramica da est dell’agorà ellenistica HISPANORUM, l’identificazione con Morgantina, città menzionata dalle fonti letterarie antiche. Del resto, la scelta di quest’area da parte della missione americana non era stata casuale: proprio un’attenta analisi delle fonti scritte aveva indotto i ricercatori a presumere che nel centro dell’isola andasse localizzato un grande e importante sito dall’ubicazione strategica, lungo antiche vie di collegamento tra le coste e l’interno. Inoltre ben prima dell’inizio degli scavi americani l’interesse archeologico della zona era già noto ai locali, che si erano resi conto della ricchezza del sottosuolo emergendo durante i lavori agricoli reperti di ogni genere e pietre sbozzate in gran quantità. Sulla scorta di queste prime segnalazioni, alla fine dell’Ottocento erano stati realizzati i primi brevi interventi di scavo (Cavallari, Pappalardo) che avevano accertato l’esistenza di un insediamento di un certo rilievo, a quell’epoca tuttavia ancora senza nome. I primi del Novecento fu a Morgantina anche l’archeologo roveretano Paolo Orsi il quale, oltre ad acquisire dai privati alcuni reperti (grazie a lui confluiti nella collezione del Museo 3. Morgantina (Aidone, Enna).Veduta del teatro, costruito nel IV sec. a.C. ai piedi del pendio che delimita a ovest l’agorà Archeologico di Siracusa), decise di realizzarvi saggi stratigrafici, confermando la presenza di un ricco centro del periodo greco. Fu con queste interessanti premesse che nel 1955, grazie anche al sostegno finanziario dell’allora Re di Svezia Gustavo Adolfo VI, conterraneo del direttore Eric Sjöqvist e appassionato di archeologia, la missione statunitense “adottò” quel sito di cui ancora oggi, grazie a un’apposita convenzione con la Regione Siciliana, porta avanti, anno dopo anno, l’esplorazione curando puntualmente la pubblicazione degli esiti delle ricerche. Eccellente testimonianza di insediamento siculoellenizzato, Morgantina colpisce oggi per la grandiosità dell’agorà ellenistica che nei suoi tre ettari di estensione, circondata da quartieri residenziali dalle eleganti case a peristilio con pavimenti in cocciopesto e mosaico, racchiude numerosi edifici pubblici di varia funzione. Portici, botteghe, un grande santuario, un teatro (fig. 3), una fontana pubblica, un granaio, un bouleuterion, un macellum (mercato coperto di età repubblicana, tra le poche costruzioni della breve fase romana nella storia della città, è tra i più antichi in Italia insieme a quelli di Pompei e Ostia) e la monumentale gradinata trapezoidale dell’ekklesiasterion (fig. 4), sede delle assemblee dei cittadini, ne fanno uno dei più scenografici spazi pubblici di età greca del Mediterraneo. 4. Morgantina (Aidone, Enna). Panoramica da est dell’agorà ellenistica, con la scalinata monumentale dell’ekklesiasterion e il macellum di età romana repubblicana 5. Il Museo Regionale di Aidone (Enna), allestito nel 1984 all’interno di un ex convento seicentesco dei Cappuccini per esporre i reperti provenienti da Morgantina (foto E. Gattuso) 6. Aidone, Museo Regionale. Gli acroliti di Morgantina, coppia di sculture di età arcaica in marmo greco insulare raffiguranti Demetra e Persefone Un sito così importante, oggetto di oltre un sessantennio di ricerche sistematiche, ha naturalmente restituito un’enorme quantità di reperti archeologici, che rappresentano la testimonianza più preziosa della vita quotidiana nell’antica città. Li custodisce un piccolo ma ben curato museo archeologico regionale allestito all’interno di un convento seicentesco dei Padri Cappuccini (fig. 5) nel centro storico di Aidone che dal 1984, anno dell’inaugurazione, racconta attraverso una significativa selezione di reperti la lunghissima storia di Morgantina, dalle sporadiche frequentazioni nel corso della preistoria alla magnificenza della città ellenistica passando per l’età greca arcaica, momento decisivo coincidente con l’arrivo dei Greci e l’ellenizzazione dell’insediamento. Se in passato il museo di Aidone non è mai stato molto frequentato, prediligendo i visitatori il sito archeologico per la sua grandiosità e l’ottimo stato di conservazione dei monumenti, immersi in un contesto naturalistico pressoché incontaminato da secoli che ne accresce indubbiamente il fascino, a partire dal 2009 si è assistito a una svolta radicale in netta controtendenza rispetto al passato, che ha fatto di questo piccolo museo una delle mete turistiche più note e frequentate della Sicilia, offrendo inoltre alla comunità locale l’occasione per un’inaspettata opportunità di crescita sia a livello culturale che economico. Questa svolta è stata determinata dall’arrivo di autentici capolavori dell’arte greca trafugati da Morgantina alla fine degli anni Settanta, confluiti nel mercato nero delle antichità senza provenienza e acquisiti negli anni Ottanta da prestigiose istituzioni museali e ricchi collezionisti statunitensi. Decenni di indagini giudiziarie, avviate dal Tribunale di Enna nel 1988 con il prezioso supporto di investigazioni internazionali e trattative diplomatiche condotte dal Ministero per i Beni Culturali e dalla Regione Siciliana, hanno reso possibile a partire dal 2009 il rimpatrio in Italia di questi straordinari reperti, che oggi rappresentano l’attrattiva principale del museo di Aidone. Ci riferiamo a una coppia di statue acrolitiche del VI sec. a.C. (fig. 6, già nella collezione privata di Maurice Tempelsman, poi cedute dal collezionista al Bayly Art 7. Aidone, Museo Regionale. Medaglione in argento appartenente al cosiddetto “tesoro di Eupolemo” (IV-III sec. a.C.), ornato dall’immagine a rilievo del mostro marino Scilla. Attualmente in esposizione al MET di New York 8. Aidone, Museo Regionale. Altare miniaturistico in argento appartenente al cosiddetto “tesoro di Eupolemo” (IV-III sec. a.C.). Attualmente in esposizione al MET di New York 45 46 Museum della Virginia University), a un gruppo di sedici preziosissimi manufatti in argento datati al IV-III sec. a.C. (figg. 7-8, già nella collezione del Metropolitan Museum di New York), conosciuto come “il tesoro di Eupolemo”, e a una colossale statua di culto di divinità femminile del tardo V sec. a.C. (figg. 9-10, già nella collezione del J.P. Getty Museum di Los Angeles), la cosiddetta “Venere di Malibù”, opere d’arte che hanno fatto conoscere il nome di Morgantina a livello internazionale, e non solo tra gli addetti al settore, divenendo anche il simbolo della vittoria della legalità sul traffico illecito di antichità. A questi non facili rimpatri del biennio 2009-2011, che hanno vivamente risvegliato nella comunità aidonese interesse e orgoglio per il proprio passato, lo scorso gennaio 2016 ha fatto seguito una nuova inattesa restituzione, annunciata ufficialmente nel 2013 dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles alla cui collezione di antichità il reperto apparteneva sin dal 1985. Ci riferiamo al ritorno in Italia della “testa di Ade”, preziosa scultura maschile in terracotta policroma di età greca ellenistica trafugata da Morgantina negli anni Settanta (fig. 11), di cui a breve sarà inaugurata l’esposizione al Museo Regionale di Aidone. Nel panorama internazionale dei recuperi di opere d’arte saccheggiate la storia di “Barbablu”, appellativo con cui la pregevole scultura è stata soprannominata dalla stampa per via del colore azzurro brillante della folta barba che lo caratterizza, rappresenta un’anomalia. Le modalità di attribuzione a Morgantina e di restituzione all’Italia sono infatti singolari e ben diverse da quelle che hanno riportato ad Aidone gli acroliti, gli argenti e la statua della dea, ciò rendendo molto affascinante questa vicenda fatta di coincidenze e casualità. Per il rientro del reperto non sono state necessarie indagini giudiziarie né investigazioni: è bastata un’inconfutabile prova “archeologica” a dimostrarne il trafugamento da un ben preciso contesto, circostanza normalmente molto rara nei casi di saccheggi di antichità, decretandone il rimpatrio senza alcuna obiezione da parte del museo californiano. Questa prova inconfutabile è un piccolo ricciolo spiraliforme in terracotta dipinta di colore azzurro lungo poco più di tre centimetri (fig. 12), verosimilmente staccatosi dalla barba della delicata scultura nel momento del concitato trafugamento da parte dei tombaroli in quella zona isolata e periferica di Morgantina nota sotto il nome di contrada San Francesco Bisconti e dimenticato sul terreno fino al recupero nel 1978 da parte del personale di custodia del sito, intervenuto dopo lo scempio a salvaguardare centinaia di reperti in frantumi abbandonati dagli stessi scavatori clandestini. A San Francesco Bisconti si trova una vasta area sacra extraurbana di età greca dedicata a culti ctoni, che fu frequentata tra il VI e il III secolo a.C. Ad oggi questo santuario, purtroppo non ancora fruibile, è il più monumentale tra quelli scoperti a Morgantina e si distingue per l’ubicazione in un contesto paesaggistico molto interessante, lungo un ripido pendio terrazzato esposto a Est, verso i campi tutelati dalle divinità ctonie ivi venerate. Sacelli di diverse dimensioni e tipologie si dispongono a schiera su terrazzamenti artificiali; tra questi ambienti costruiti, destinati a ospitare statue di culto, ex voto fittili e probabilmente anche banchetti rituali collettivi, è uno spazio all’aperto di recente individuazione nell’area 9-10. Aidone, Museo Regionale. Statua pseudo-acrolitica di divinità femminile (fine V sec. a.C.): il corpo è in pietra calcarea siciliana, le parti nude (testa, mani e piedi) in marmo greco insulare 11. Scultura in terracotta policroma di età ellenistica (IV-III sec. a.C.) nota come “testa di Ade”, recentemente restituita dal J. Paul Getty Museum e prossima all’esposizione al Museo Regionale di Aidone (foto G. Purpura) centrale del santuario, con un altare sub-circolare che doveva essere il fulcro di rituali e cerimonie di tipo thesmophorico, come lascerebbero supporre la tipologia di ex-voto ritrovati, le modalità di deposizione degli stessi e la conformazione planimetrica degli ambienti. Prima di descrivere le tappe del recupero della scultura e di raccontare come sia stato possibile collegare il ricciolo blu nei depositi del museo di Aidone alla testa nella collezione del museo californiano, soffermiamoci sinteticamente su questo prezioso reperto. La testa (fig. 13), dell’altezza massima di 29 centimetri, è attribuibile con certezza a una statua di culto in terracotta di dimensioni pari al vero raffigurante il dio greco degli Inferi Ade, che in età ellenistica era venerato nel santuario ctonio in contrada San Francesco Bisconti insieme alla sposa Persefone e a Demetra, nume tutelare delle messi e dell’agricoltura. È un autentico capolavoro della coroplastica siceliota di IV-III secolo a.C.: la forte espressività del volto, resa dalle labbra carnose appena socchiuse e dagli occhi evidenziati superiormente e inferiormente da profondi solchi incisi, è accentuata da un accurato impiego della policromia, che si conserva eccellentemente sia sulla barba che sulla capigliatura (fig. 14). A tal proposito, indagini diagnostiche effettuate al Getty Museum alcuni anni fa, quando per l’eccellente stato di conservazione la scultura fu selezionata per far parte di un’importante mostra sulla policromia nell’arte antica (“The color of life”), hanno accertato che il colore della barba è blu egizio, il più antico pigmento sintetico conosciuto, mentre il rosso dei capelli è la più comune ematite. Non meno accurata è la resa plastica dei folti riccioli azzurri della barba che incorniciano il volto e di quelli rossi della capigliatura che rivestono interamente il cranio. Molto particolare è infatti la tecnica di esecuzione: furono plasmati a mano e rifiniti a stecca uno per uno, quindi attaccati singolarmente alla testa già precedentemente modellata con il probabile impiego di una matrice, almeno per ciò che concerne il volto. Il ricciolo azzurro recuperato nel 1978 dal personale di custodia nel sito saccheggiato dai tombaroli è stato oggetto nel 2005 di uno studio scientifico a firma di chi scrive, dedicato a Morgantina e alle terrecotte figurate votive dal santuario ctonio di contrada San Francesco Bisconti. La nostra ricerca, edita nel 2007, era corredata da un buon apparato fotografico a colori in cui il piccolo frammento, per il singolare colore che lo connotava, ebbe un posto di rilievo. Accadde che nel 2009 la nostra pubblicazione non sfuggì all’attenzione dell’archeologa Lucia Ferruzza, oggi in servizio presso la Regione Siciliana ma che, nell’anno 1985-1986, collaborando col Getty in veste di Graduate Intern, era stata incaricata di studiare le terrecotte figurate di produzione magno-greca e siceliota nella collezione di antichità del museo, occupandosi anche di una testa barbuta di divinità maschile. Consultando la pubblicazione su Morgantina alla ricerca di qualche confronto, non sfuggì agli occhi della studiosa l’immagine di quel piccolo ricciolo spiraliforme dall’inconfondibile colore azzurro. Avendo già accuratamente analizzato la scultura fittile dalla singolare barba a riccioli spiraliformi in possesso del Getty, l’archeologa non poté fare a meno di comparare il ricciolo conservato al museo di Aidone da noi pubblicato con la scultura lacunosa in possesso 12. Aidone, Museo Regionale. Il ricciolo spiraliforme che ha consentito l’attribuzione della scultura a Morgantina e il rimpatrio in Italia 47 48 13. Scultura in terracotta policroma di età ellenistica (IV-III sec. a.C.) nota come “testa di Ade” (fronte) 14. Scultura in terracotta policroma di età ellenistica (IV-III sec. a.C.) nota come “testa di Ade” (retro) del museo americano, sospettando la provenienza del reperto da Morgantina. Un confronto e uno scambio di dettagliate informazioni circa le caratteristiche tecniche dei due manufatti da noi studiati ci portò a presumere che con buona probabilità la “testa di Ade” fosse stata rinvenuta a Morgantina. Bisognava rivendicarne ufficialmente la provenienza dalla Sicilia, richiedendone il rimpatrio. Ma erano anni di tensioni tra il Getty e l’Italia per via della contesa sulla presunta provenienza della statua della dea da Morgantina e la controversia non era stata del tutto definita a favore del rimpatrio della scultura. Di conseguenza per un paio d’anni per la ‘testa di Ade’ tutto rimase fermo, in attesa che la “Venere” fosse restituita. Dopo la restituzione della dea all’Italia e il suo arrivo al museo di Aidone nel maggio 2011, accadde un nuovo fatto casuale che favorì la decisione di restituzione dello straordinario reperto da parte del Getty. Nell’estate 2011, durante la sistemazione di un nuovo magazzino nel museo siciliano, ben custoditi tra altri materiali di provenienza sporadica rinvenuti a Morgantina si recuperarono per caso tre nuovi riccioli spiraliformi, due dei quali dipinti di azzurro, uno di colore rossastro. Fu subito chiaro che anch’essi, casualmente recuperati nel santuario nel 1988 nella terra sconvolta dai tombaroli (ben dieci anni dopo il recupero del primo ricciolo, datato 1978), appartenevano alla scultura sospetta in possesso del Getty. Così nel gennaio 2013, attraverso un comunicato stampa ufficiale sulle pagine del Los Angeles Times, il museo californiano decise di annunciare ufficialmente la volontà di restituire il reperto alla Sicilia, che grazie all’intervento decisivo di una rogatoria internazionale avviata della Procura della Repubblica di Enna in stretta collaborazione con il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri è stato rimpatriato in Italia nel gennaio 2016. In mostra lo scorso mese di maggio 2016 al Museo Archeologico “A. Salinas” di Palermo e poi dallo scorso giugno a Lampedusa al Museo delle Pelagie di recente inaugurazione, Ade è oggi quanto mai atteso nella sua legittima sede, il museo archeologico di Aidone, dove sarà in esposizione nell'arco di qualche mese. Oggi siamo in grado di ricostruire con un buon margine di certezza le tappe del lungo travagliato viaggio che ha portato la scultura dalla Sicilia agli Stati Uniti. Il reperto fu trafugato tra il 1977 e il 1978 da Morgantina negli anni in cui, parallelamente alle ricerche ufficiali condotte dalla missione americana, il sito diveniva bersaglio degli scavatori di frodo. In quello stesso periodo i tombaroli portarono alla luce anche gli acroliti, il tesoro di argenti e la statua della dea. Confluita immediatamente nel mercato antiquario europeo, la testa fu acquistata dal magnate americano Maurice Tempelsman e nel 1985, per il tramite dell’antiquario londinese Robin Symes, fu acquisita con un investimento di ben 530.000 dollari dal J.P. Getty Museum, divenendo uno dei pezzi più prestigiosi della collezione di antichità in virtù dell’ottimo stato di conservazione dell’originaria policromia. Una volta entrata a far parte della pregevolissima collezione di antichità del museo californiano, la testa trovò subito posto alla Getty Villa di Malibù, dove è rimasta esposta fino al 2013 etichettata – per via della folta barba azzurra – come “Head of a God, probably Zeus”. Oggi che è stato possibile riconoscerne l’esatta provenienza, questo pregevolissimo reperto si è riappropriato della sua identità, contribuendo a ricostruire una parte fondamentale della storia della vita religiosa nell’antica città, che dunque ci appare dominata non più esclusivamente da una coppia divina al femminile – Demetra/Persefone – ma da una triade il cui culto auspichiamo di poter continuare ad approfondire nelle nostre future ricerche. *Serena Raffiotta Archeologa Bibliografia essenziale M. Bell, s.v. “Serra Orlando”, in Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, vol. XVIII, Pisa-Roma-Napoli 2010, pp. 724-751 S. Raffiotta, Terrecotte figurate dal santuario di San Francesco Bisconti a Morgantina, Assoro 2007 S. Raffiotta, “Nuove testimonianze del culto di Demetra e Persefone a Morgantina”, in G. Guzzetta (a cura di), Morgantina a cinquant’anni dall’inizio delle ricerche sistematiche, Atti dell’Incontro di Studi (Aidone, 10 Dicembre 2005), Caltanissetta-Roma 2008, pp. 105-139 C. Greco, S. Nicoletti, S. Raffiotta, “Due santuari delle divinità ctonie in contrada San Francesco Bisconti a Morgantina”, in AA.VV., La Sicilia arcaica. Dalle apoikiai al 480 a.C., Caltanissetta 2009, pp. 129-131 S. Raffiotta (a cura di), “La ‘Venere’ di Morgantina. Torna a casa un capolavoro dell’arte classica”, in Archeologia Viva, Anno XXX, n. 146, Marzo-Aprile 2011, pp. 30-39 S. Raffiotta, “San Francesco Bisconti: i santuari di Demetra e Persefone”, in C. Bonanno (a cura di), Il museo archeologico di Morgantina. Catalogo, Roma 2013, pp. 77-82 S. Raffiotta, Testa di Ade torna a Morgantina, in Archeologia Viva, Anno XXXII, n. 159, Maggio-Giugno 2013, p. 7 S. Raffiotta, “Morgantina, un ricciolo azzurro e l’ennesimo trafugamento”, in Pergusa più, Anno III, n. 1, Luglio-Dicembre 2013, pp. 12-14 S. Raffiotta, Caccia ai tesori di Morgantina, Caltanissetta 2013² S. Raffiotta, “Una divinità maschile per Morgantina”, in CSIG News. Newsletter of the Coroplastic Studies Interest Group, no. 11, Winter 2014, pp. 23-26 S. Raffiotta, “Il ritorno del dio degli Inferi a Morgantina”, in T. Cevoli (a cura di), Archeomafie. Open Access Journal of Cultural Heritage Protection, Anno VII (2015), Napoli 2015, pp. 69-91 S. Raffiotta, “Spazi del sacro a Morgantina: il santuario di ‘San Francesco Bisconti’ ”, in L. Maniscalco (a cura di), Morgantina duemilaequindici. La ricerca archeologica a sessant’anni dall’avvio degli scavi, Catania 2015, pp. 44-52 S. Raffiotta, “La testa di Ade. Un rientro al femminile”, in Archeologia Viva, Anno XXXV, n. 177, Maggio-Giugno 2016, p. 2 49