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Trasmissione radiofonica nel programma Zibaldone su Radio Contrabanda, ascoltabile qui http://www.contrabanda.org/audio/20160401-zibaldone.mp3
Relazioni tra l'ideologia fascista e lo Stato italiano
Si tratta della voce "Fascismo" redatta per il "Dizionario del Liberalismo Italiano" (Tomo I, Rubbettino 2011). Il fascismo, come movimento e come regime, ma soprattutto come ideologia politica allo stato embrionale, è osservato e analizzato dal punto di vista del liberalismo, inteso anch'esso sia come ideologia politica sia come classe dirigente di uno Stato-nazione appena uscito dal primo conflitto mondiale.
Quaderni di Farestoria
La spinta a scrivere questo articolo è giunta dalla constatazione del ripetersi, quando si parla di neofascismo, di certi schemi di lettura che mostrano da anni la corda, ma tuttavia persistenti, anche a causa della quasi totale mancanza di tentativi volti ad aggiornare l'armamentario concettuale ed analitico della cultura antifascista. Una cultura farraginosa, timida di fronte ai necessari adeguamenti, spaventata di cadere nell'accusa di "revisionismo", pur avendo ben presente che l'analisi storica è per sua natura revisionista, che è cosa ben lontana dalla "riabilitazione" o dal "negazionismo" che si cela sotto a quello che erroneamente il linguaggio mediatico ha definito per l'appunto "revisionismo". Soprattutto incapace di cogliere la storicità, gli sviluppi e le fasi che hanno attraversato la storia del fascismo dopo il fascismo, anzi a volte ancora tutta tesa a descriverlo come un monolite senza tempo, passibile di essere letto sempre nella stessa maniera, suscettibile all'applicazione dei canoni e giudizi classici usati per il cosiddetto "fascismo storico", come se si trattasse solo di una sua semplice ripetizione, al massimo un remake di cattivo gusto, con la sostanziale differenza della questione non proprio secondaria riguardante il potere. Senza per questo fare i conti con il fatto che lo stesso "fascismo storico" ha attraversato le sue diverse fasi, mentre oggi il dibattito sui suoi diversi aspetti non solo è più aperto che mai ma è sottoposto a rivalutazioni perniciose e segna il passo ormai da decenni un sostanziale scollamento fra gli orientamenti della ricerca storiografica e una produzione divulgativo-giornalistica orientata in tutt'altra direzione. Chi scrive ha avuto modo negli ultimi mesi, partecipando a vari ed interessanti incontri organizzati dall'Osservatorio sulle Nuove Destre di Pistoia, di misurare personalmente quanto sia radicata questa forma mentis nella cultura diffusa, comune, dell'antifascismo nella società italiana di oggi. Eppure la storia del neofascismo supera ormai per più del doppio l'arco di tempo del "fascismo storico". Ciononostante per buona parte degli antifascisti i riferimenti vanno sempre a quanto elaborato dai contemporanei del fascismo storico, a sinistra addirittura sono spesso quelli della Terza Internazionale che definì il fascismo né più né meno che una guardia armata del capitalismo. C'è una riottosità ad adeguarsi, a scendere nell'attualità con alle spalle una lettura dei mutamenti intervenuti nel campo avverso in grado di fornire gli strumenti atti a contrastarlo. Quando si parla di neofascismo ci si limita sempre e solo a parlare della necessità della memoria, senza poi articolare un discorso su come quella memoria può essere applicata a movimenti e partiti sorti "dopo", alle politiche che sviluppano nel presente, si sprecano denunce morali, si richiama la strategia della tensione, gli anni del terrorismo nero ecc… Momenti importanti e di una gravità assoluta, certo, ma che decontestualizzati e isolati servono a poco, se si recide il loro legame con le vicende storiche della destra neofascista si perde il filo conduttore del discorso e non possono dunque dare ragione della persistenza e vitalità del fenomeno. Un fenomeno che ha conosciuto suoi specifici processi interni, e forme di dibattito originali anche di alto livello, insidiose, i cui risultati sono ben visibili ma del tutto sconosciuti ai più. Il dibattito politico e mediatico, con la sua occasionalità e pochezza, le interminabili dichiarazioni sempre tutte uguali e di unanime condanna in cui si spendono i politici e le personalità di un qualche rilievo all'indomani di ogni atto di violenza riconducibile alla destra, che tradiscono una sostanziale ignoranza del problema, contribuiscono a questo stato di cose. Ha ragione Pierre Milza quando scrive «esiste in Europa un fenomeno di radicalizzazione politica […] che gli osservatori (politologi, sociologi, storici, giornalisti ecc…) definiscono in modi diversi. Viene evocata l'irresistibile ascesa del "populismo" e del "nazionalpopulismo", senza precisare sempre se questi termini si applichino a movimenti, programmi, personalità o a regimi scaturiti da una matrice di destra o di sinistra. Ci si interroga su che cosa avvicini o distingua le attuali manifestazioni di estremismo, nella sua versione nazionalista (a volte europeista) e xenofoba, da quelle che hanno costellato, per disgrazia del nostro continente, la storia del XX secolo. Questo per quel che riguarda le interpretazioni più "scientifiche", quelle cioè che nell'immenso corpus editoriale e mediatico che tratta della questione non sono né le più diffuse né le più ascoltate. A queste si preferiscono generalmente spiegazioni meno sofisticate e che meglio si prestano al gioco dell'amalgama e del recupero politico. E vi è una spiegazione più comoda di quella che tende ad assimilare, unicamente e semplicemente, le forme presenti di populismo e di estrema destra al fascismo?» 1 O ancora «i termini "ultradestra", "destra extraparlamentare", "destra della destra" ecc. si incontrano, sebbene sempre meno di frequente, nel campo lessicale frequentato dagli specialisti di scienze sociali e nella penna dei commentatori politici, senza che il loro uso riveli, da parte di coloro che li maneggiano, altra preoccupazione al di fuori di quella di evitare le ripetizioni» 2 , uno stratagemma a cui non è immune nemmeno chi scrive. In questo contributo raccoglieremo il suggerimento dello storico francese. Lo storico può e deve portare il suo contributo, con il suo sguardo attento ai "tempi lunghi", comparativo, teso a individuare le continuità ma anche le differenze. Lo faremo osservando solo, all'interno del contesto di radicalizzazione indicato da Milza, i gruppi e le elaborazioni concettuali del campo propriamente neofascista. Non ci si propone qui di indicare soluzioni. Questo lavoro fa propria l'osservazione di G.L. Mosse «uno storico è necessariamente più abile ad analizzare i problemi che a risolverli» 3 , prende atto con coscienza di questo limite e si propone di illustrare i percorsi del neofascismo, spesso tortuosi, con particolare attenzione alle tematiche che hanno una più diretta ricaduta sull'analisi delle organizzazioni esistenti e sui temi che agitano nel presente. L'intento è quello di fornire a chi legge delle chiavi di lettura, delle informazioni cognitive, che li permettano di districarsi nella nebulosa del neofascismo, a volte difficilmente distinguibile, camaleontica, riallacciando i fili della storia dei fascisti dopo il fascismo. Come sostiene Walter Laqueur «il fascismo assomiglia alla pornografia per la sua difficoltà, magari per l'impossibilità, di definirlo in un modo legalmente e operativamente valido. Tuttavia, chi ha esperienza, se lo vede sa di cosa si tratta» 4 . Non ci si propone di fare "scoop" storiografici ma di illustrare i caratteri peculiari del neofascismo italiano, ripetendo probabilmente ovvietà agli orecchi degli specialisti, ma che diventano necessarie se inserite in una rivista che si propone di raggiungere un pubblico più vasto, e anche meno specializzato, di quello degli addetti ai lavori. Lasceremo fuori le vicende interne ad Alleanza Nazionale, che hanno una loro specificità, e una trattazione precisa del fenomeno a livello europeo. Questo per due ordini di motivi, quello prettamente pratico della limitatezza dello spazio qui a nostra disposizione e per non appesantire una lettura che rischia già di per sé di essere molto complessa, con il rischio di disorientare il lettore. Non ci nascondiamo che in questa trattazione è lo stesso uso del termine "fascismo" o "neofascismo" a costituire un problema. Basti qui ricordare gli interminabili dibattiti che affliggono la storiografia e le scienze sociali nel tentativo di definire, delimitare, distinguere cosa sia fascismo rispetto alla destra conservatrice, o reazionaria, o controrivoluzionaria, o tradizionalista ecc… quali siano i movimenti e i regimi propriamente fascisti rispetto ad altri ad essi imparentati o comunque vicini o derivati da comuni matrici culturali o da analoghe condizioni politico-sociali e storiche. La discussione può sembrare oziosa ma non lo è. Le Pen minacciava di denunciare chiunque lo definisse di "estrema destra", esponenti del campo neofascista spesso si dichiarano essi stessi estranei all' "estrema destra" o alla "destra radicale". Sono dunque gli stessi neofascisti a percepire per primi l'esistenza di un problema. Qui abbiamo scelto di definire "neofasciste" quelle organizzazioni che si rifanno esplicitamente all'eredità del "fascismo storico", che presentano caratteri peculiari come la ricerca costante di una "terza via", che si definiscono in una qualche maniera rivoluzionarie, che nel loro armamentario simbolico e concettuale pescano direttamente all'interno di un background dichiaratamente fascista. Faremo pertanto sempre e solo riferimento al termine di "neofascismo", anche a costo di risultare ripetitivi, nella convinzione che sia il più adatto ad una descrizione capace di indicare una filiazione diretta, qualcosa di più di un eredità, un identità politica ma che al tempo stesso con il suffisso "neo" è in grado di segnalare che ci troviamo di fronte ad un fenomeno che presenta tratti specifici, originali, dovuti al suo essersi sviluppato dopo la catastrofe dei fascismi storici ed all'interno di società democratiche. Su questa strada ancora una volta ci viene in soccorso Milza: «si tratta di un fenomeno assolutamente nuovo, legato all'era postmoderna e postindustriale? Oppure il risorgere, con vesti moderne, delle correnti che hanno attraversato il XX secolo, sia isolate, sia mescolate, sia affioranti grazie a una crisi, si deve al fatto che in realtà esse avevano intrapreso solo un cammino temporaneamente sotterraneo? La mia ipotesi è che dietro al paravento di una certa modernità la destra radicale, pur adattando le sue argomentazioni a una domanda sociale che è evidentemente cambiata...
Il contributo italiano alla storia del pensiero, vol. 6: Musica, a. c. di Sandro Cappelletto, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2018
Rapporti tra il Fascismo e la filosofia attualista
In Europa il jazz arrivò agli inizi del Novecento, ma in Italia fece il suo ingresso negli anni Venti, proprio quando si affermava il regime di Mussolini. Prodotto di quell'America verso cui il fascismo mostrava amore e odio, il jazz sbarcò con i transatlantici di ritorno da New York, con gli emigrati, le grandi orchestre in tournée, i balli ma soprattutto la radio e il cinema. In alcune realtà si radicò grazie a ricchi turisti americani come il compositore Cole Porter che villeggiava a Venezia. Gli italiani reagirono positivamente a quella nuova musica, soprattutto i giovani, e ascoltarla significò presto assumere comportamenti diversi e utilizzare nuovi prodotti di consumo. Tutto ciò in un paese in cui la Chiesa tuonava con violenza contro quei ritmi considerati amorali e pericolosi. E soprattutto sotto un regime liberticida, quello di Mussolini, che decideva tutto della vita del cittadino, anche cosa ascoltare, dove farlo, con quali restrizioni e quali permessi. Tra proibizioni, censure e esternazioni nazionaliste e razziste da una parte, e impulsi alla modernità e tentativi di italianizzazione dall'altra, la musica americana sopravvisse e mise radici. Questo libro è una storia dell'impatto del jazz sulla società italiana, dall'instaurazione del regime fascista alla fine della seconda guerra mondiale. Indice Introduzione; 1. Il jazz, il fascismo e l'America; 2. Il jazz si diffonde: dai transatlantici a Louis Armstrong; 3. Turismo, stranieri, mondanità. Il caso di Cole Porter; 4. Il jazz e il mondo giovanile; 5. Il jazz e il nazionalismo musicale; 6. «Il gez un avvilimento della razza»: jazz e razzismo; 7. Censura e ordine pubblico; Conclusioni; Note; Bibliografia; Indice dei nomi.
Nuova Storia visuale - New Visual History
La recente storiografia ha messo in luce con sufficiente chiarezza che la seconda metà del XX secolo è stato il secolo dei giovani. L'intero periodo-soprattutto a partire dagli anni Sessanta-vede il sorgere di importanti movimenti giovanili. E' il momento in cui adolescenti e giovani cominciano ad avere un'importanza rilevante nella società, adottando atteggiamenti, pensieri, filosofie, abbigliamento, musica, fortemente caratterizzanti.
Museo Storico in Trento, 2006
Questo fascicolo fornisce il materiale didattico necessario per realizzare un laboratorio di storia, rivolto in particolare a studenti del triennio di scuola superiore, L'obiettivo del laboratorio è duplice: - condurre gli studenti a sviluppare, partendo dalle fonti, conoscenze storiche su eventi di storia locale e/o generale; - favorire da parte degli studenti una riflessione sulle diverse tipologie di documenti e sui criteri epistemologici che guidano una loro corretta lettura e interpretazione. Utilizzando un archivio e un fascicolo di lavoro, gli studenti ripercorrono le operazioni storiografiche fondamentali e giungono a realizzare una piccola dispensa personale, in cui sono contenuti il percorso di analisi e di interpretazione dei documenti e un testo storico da loro prodotto.
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Instituto Tecnológico Metropolitano, 2018
Knowledge and Information Systems, 2006
Stadtbuch Schwaz. Geschichte/Kultur/Natur, 2024
Archined, 2022
American Journal of Engineering and Applied Sciences, 2016
ArchéoSciences, 2009
L’Actualisation de l’intersubjectivité : de la langue au discours (B. Verine et C. Détrie (éd.)), Limoges : Lambert Lucas, p 47-70., 2011
2005
Revista de Economia Contemporânea, 2018
Journal of materials research and technology, 2020
Physics Letters B, 1986
El profesional de la información, 2021
DOAJ (DOAJ: Directory of Open Access Journals), 2018
Revista Española de Nutrición Humana y Dietética, 2013