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Cina - New Normal: questione di governance

L'accentramento del potere di Xi Jinping e le sfide politiche del New Normal economico.

commentary Commentary, marzo CINA - NEW NORMAL: QUESTIONE DI GOVERNANCE FILIPPO FASULO I ©ISPI2016 l crollo delle borse dell’estate 2015 e del capodanno 2016 hanno reso evidente come la Cina stia affrontando una complicata transizione economica che la porterà, nelle intenzioni del governo, da “fabbrica del mondo” ad essere un’economia matura con un settore terziario e un livello di consumi domestici da economia avanzata. Tuttavia, una tale trasformazione comporta inevitabilmente un considerevole sforzo governativo per avviare le riforme. Tale operazione si scontra con l’esigenza di mettere in discussione rendite politiche ed economiche consolidatesi nel corso di tre decenni di sviluppo industriale. Il presidente cinese Xi Jinping sembra essere perfettamente al corrente dell’urgenza delle riforme economiche cinesi, tanto da aver caratterizzato il suo mandato proprio attorno alla volontà di rimodellare gli elementi principali del meccanismo decisionale cinese, intervenendo persino sull’Esercito, spesso considerato in passato come un organismo con regole proprie. L’innovazione principale, però, consiste nella creazione di una super-commissione di indirizzo politico – con il pomposo nome di “Gruppo guida centrale per l’avanzamento delle riforme” – che accentra nella sua persona le leve decisionali in ambito economico. Sotto i suoi predecessori Jiang Zemin e Hu Jintao, infatti, vigeva una maggiore collegialità caratterizzata soprattutto dalla condivisione del potere con un primo ministro – Li Peng e Zhu Rongji negli anni Novanta e Wen Jiabao nei Duemila – che era titolare delle politiche in ambito economico. Il percorso di potere di Xi Jinping, invece, ha rapidamente ridotto le competenze dell’attuale premier Li Keqiang, inizialmente indicato dagli osservatori come persino sullo stesso piano di Xi. La ridotta collegialità è testimoniata anche dal fatto che Xi Jinping è riuscito in poco più di tre anni a farsi riconoscere la status di “core leader” all’interno del partito, una terminologia utilizzata solo con Mao Zedong e Deng Xiaoping e che lo eleva al di sopra del resto del gruppo dirigente. Inoltre, Xi è stato rapido nel sapersi costruire una classe dirigente a lui fedele, esautorando coloro che resistevano dai decenni precedenti. Se al momento della nomina Xi veniva indicato come un uomo di Jiang Zemin in contrasto con Li Keqiang, a sua volta vicino a Hu Jintao, l’attuale presidente cinese non ha avuto remore nei confronti del vecchio padrino politico e attraverso lo strumento della campagna anti-corruzione ha eliminato molti personaggi legati a Jiang. Al di là di giochi di potere pur presenti, le ragioni di Filippo Fasulo, ISPI Research Fellow Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. commentary questa iniziativa vanno ricercate proprio nella necessità di aver mano libera nel dissolvere monopoli e rendite posizione con l’obiettivo di rilanciare l’economia. Il complicato meccanismo decisionale cinese vede nelle amministrazioni locali e ai vertici di ministeri e aziende di stato figure che possono rallentare l’implementazione di politiche centrali, tanto che in passato si usava sottolineare come le decisioni del Segretario Generale non varcassero i confini della sede del Pcc. Per eliminare questi blocchi Xi Jinping, da un lato, ha messo province, ministeri e aziende pubbliche al centro della campagna anti-corruzione, dall’altro ha richiesto loro plateali dichiarazioni di fedeltà a lui e al partito, sottolineando come il paese stia attraversando una fase cruciale. L’interrogativo che però emerge nelle analisi degli osservatori è sull’origine della sua legittimità. Come detto, Xi è salito al potere grazie alla mediazione della classe dirigente precedente ed è possibile che abbia poi sfruttato la visibilità e la rilevanza dell’incarico per costruirsi il consenso davanti al paese, utilizzando poi questa arma per la sua campagna di epurazione contro i suoi stessi sponsor. In sintesi, oggi Xi Jinping si fa forza del fatto che una sua messa in discussione all’interno del partito squalificherebbe sia l’intero apparato legittimante del Pcc sia il sistema politico su cui si basa la Repubblica popolare cinese. E’ chiaro come questa leva possa aiutarlo ad avviare le sue politiche, ma sempre più osservatori si chiedono per quanto questo elemento riuscirà a bilanciare la perdita di influenza politica ed economica di un’ampia fetta di classe dirigente pechinese. ©ISPI2016 A sostenere Xi Jinping nella sua opera riformatrice ci sono le sfide politiche che il paese si troverà di fronte nei prossimi mesi e anni. Infatti, la transizione da un modello economico basato su investimenti ed export a uno focalizzato sui servizi e sul consumo domestico comporta necessariamente dei costi economici e politici. Il crescente indebitamento e la presenza di aziende improduttive richiederà misure quali la riduzione di sussidi, una revisione fiscale, la chiusura di imprese e mancati salvataggi di istituti finanziari in perdita. Ognuna di queste scelte, che dovranno essere ben bilanciate tra loro, causerà degli scontenti e Xi Jinping si troverà a dover assorbire l’urto degli sconfitti – magari anche solo temporaneamente – delle trasformazioni economiche in atto. Verranno così messe alla prova le istituzioni di partito che dovranno saper mediare fra i diversi interessi degli strati della società cinese. In particolare, questa potrà essere l’occasione per testare effettivamente la cosiddetta “democrazia consultiva” che viene presentata dalle autorità locali come modello istitituzionale con caratteristiche cinesi. Senza dubbio, le esigenze che emergono in questo periodo, diverse da quelle che il paese affrontava in una fase di espansione economica, dovranno necessariamente condurre la dirigenza politica ad individuare risposte innovative, che non per forza saranno modellate sull’esempio occidentale. Tuttavia, ad oggi, si registra soltanto un inasprimento della censura e del controllo politico, una soluzione che, però, difficilmente potrà reggere l’urto delle sfide che si presentano con la transizione economica. Concludendo, per affrontare il “new normal” Xi Jinping ha imposto una razionalizzazione del meccanismo decisionale mettendo in discussione equilibri consolidati. Tuttavia, dovrà saper bilanciare il suo potere con una possibile classe dirigente ferita e scontenta in vista della “battaglia campale” costituita dalla gestione e dalla ripartizione dei costi sociali che la trasformazione economica in atto necessariamente presenterà nel breve e medio periodo.