Tamás MÉSZÁROS
(Collegio Eötvös József, Budapest)
Atene, Segesta e Leontinoi
Note a Tucidide VI, 6, 1–2*
Nonostante Tucidide sia ancora oggi uno degli autori antichi più popolari,
l’analisi delle sue opere dal punto di vista critico-testuale non appartiene
ai campi di ricerca in voga.1 Non si discute sul fatto che, a meno che non
vengano alla luce nuovi manoscritti, non possiamo contare su nuove letture
che potrebbero capovolgere le tradizioni o cambiare completamente il testo.2 Tuttavia possiamo immaginare, in tanti casi, delle piccole precisazioni
che possono contribuire ad una comprensione più completa dell’opera. Si
desidera quindi procedere, qui di seguito, ad un’analisi più dettagliata di
una parte del testo.
*
1
2
Il presente studio è stato realizzato grazie al sostegno della borsa di studio OTKA codice
PD 104876 e della borsa di studio Bolyai. Vorrei esprimere inoltre la mia gratitudine per
l’aiuto indispensabile al redattore del presente volume, Ágnes Ludmann.
Sulla tradizione dei manoscritti, oltre alle prefazioni delle diverse edizioni, confronta:
A. Dain: Liste des manuscrits de Thucydide. REG 46 (1933) pp. 20–28; B. Hemmerdinger:
Essai sur l’histoire du texte de Thucydide. Paris 1955; A. Kleinlogel: Geschichte des
Thukydidestextes im Mittelalter. Berlin 1965. Il breve, ma finora migliore riassunto del
tema è O. Luschnat: Thukydides. PWRE Suppl. XII. Stuttgart 1971. pp. 1311–1323.
È particolare il fatto che l’ultima discussione importante sulla valutazione dei manoscritti
possa essere collegata all’affermazione di Karl Hude (la prima edizione dell’editio maxima:
Thucydidis Historiae ad optimos codices denuo ab ipso collatos recensuit C. Hude. Tomus
prior: libri I–IV. Lipsiae 1898. Tomus alter: libri V–VIII. Lipsiae 1901). Hude, rompendo
la tradizione carazzerizzata dal nome di Bekker (Thucydidis De bello Peloponnesiaco libri
octo. Recensuit I. Bekker. Berolini 1832), sottolineava l’importanza del codice fiorentino
(Laur. LXIX 2) rispetto al manoscritto vaticano (Vat. Gr. 126), precedentemente considerato gravissimus testis. È importante menzionare, per quanto riguarda la produzione
degli ultimi anni, il volume di K. Maurer: Interpolation in Thucydides. Leiden – New
York – Köln 1995.
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Tucidide chiude l’introduzione generale del libro sesto della sua opera, quindi
la Sikelika, ovvero il riassunto storico sugli abitanti e sulle città della Sicilia, con la
seguente frase:
VI, 6, 1: Τοσαῦτα ἔθνη ῾Ελλήνων καὶ βαρβάρων Σικελίαν ᾤκει, καὶ ἐπὶ τοσήνδε
οὖσαν αὐτὴν οἱ ᾿Αθηναῖοι στρατεύειν ὥρμηντο, ἐφιέμενοι μὲν τῇ ἀληθεστάτῃ προφάσει
τῆς πάσης ἄρξαι, βοηθεῖν δὲ ἅμα εὐπρεπῶς βουλόμενοι τοῖς ἑαυτῶν ξυγγενέσι καὶ τοῖς
προσγεγενημένοις / προγεγενημένοις3 ξυμμάχοις.4
La differenza tra i prefissi πρός e πρό è di un solo sigma, ma in realtà solleva serie
questioni riguardo al contesto. Basandosi esclusivamente su ragioni paleografiche
non si può decidere - se è in fondo decidibile - quale sia la lettura giusta tra le due
forme.5
3
4
5
La pubblicazione di riferimento (Thucydidis Historiae I–II. Iterum recognovit brevique
adnotatione critica instruxit H. S. Jones. Oxford 1901. Apparatum criticum correxit et
auxit J. E. Powell. Oxford 1942) nel testo principale riporta la lettura προσγεγενημένοις,
apparatus ad loc.: προγεγενημένοις E G M. Al riguardo della costituzione testuale tutti e tre i manoscritti citati risultano particolarmente importanti (E = Palatinus Gr. 252;
G = Monacensis Gr. 228; M = Britannicus add. 11727). L’apparato dell’editio più recente
(Thucydidis Historiae. Recensuit I. B. Alberti. Vol. III. Libri VI–VIII. Roma 2000) che
riporta προγεγενημένοις nel testo principale, è più preciso: προγεγενημένοις E G M Z :
προσγεγενημένοις A B C F : προγενομένοις γρ. H2. Z siglum è l’abbreviazione del cosiddetto
membranae Mutinenses proveniente dal X secolo, che contiene il testo solo in frammenti, mentre con le segnalazioni A (= Parisinus suppl. Gr. 255), B (= Vaticanus Gr. 126),
C (= Laurentianus LXIX 2), F (= Monacensis Gr. 430) ed H (= Parisinus Gr. 1734) vengono
indicati dei manoscritti alquanto importanti. Al riguardo dell’edizione di Alberti confronta:
S. Hornblower: The Best Available Text of Thucydides. CR 52 (2002) pp. 238–240.
Cito il testo italiano nella traduzione di Ezio Savino (Tucidide: La guerra del Peloponneso.
Milano 2007. Introduzione e traduzione di E. Savino.): “Ecco, erano queste in breve le stirpi
greche e barbare stanziate in Sicilia, e tanto estesa si presentava quell’isola, su cui Atene si
accingeva a riversare le proprie armate. Lo scopo più autentico era la conquista totale: segreto
però, sotto il bel velo di un impeto virtuoso ad assistere le genti di ceppo affine e gli alleati di più
recente acquisto.”
Cfr.: A. W. Gomme – A. Andrewes – K. J. Dover: A Historical Commentary on Thucydides.
Vol. IV. Oxford 1970. p. 220: “πρo- (EGM) and πρoς- (cett.) exemplify a universal uncertainty
in the transmission of these prefixes in prose texts; cf. 18. 5, 31. 5., 40. 1, 90. 3.” Nel suddetto
volume i commenti del sesto libro in realtà sono la versione ampliata del volume K. J.
Dover: Thucydides. Book VI. Oxford 1965., pubblicato separatamente alcuni anni prima.
Nel volume P. Stork: Index of Verb Forms in Thucydides. Leiden – Boston 2008, alle
pagine 183 e 189 vengono registrate le forme differenti del verbo προσγίγνομαι 31 volte,
107
Sembra comunque sicuro che Atene, alla fine, usò come motivo ufficiale per
l’attacco di Siracusa la scusa dell’aiuto dei “propri consanguinei” (τοῖς ἑαυτῶν
ξυγγενέσι) quindi degli ioni che vivono in Sicilia, ancor più precisamente dei
leontini,6 oltre al sostenimento degli “alleati”, parola affiancata dal discusso aggettivo (τοῖς ξυμμάχοις).
Per quel che riguarda i verbi discussi, il senso del participio di προσγίγνομαι qui
significherebbe “allearsi con qualcuno”,7 mentre il senso del participio formato dal
verbo προγίγνομαι può essere meglio spiegato dal significato “succedere prima,
accadere precedentemente”.8 La maggior parte degli autori dei commentari di
Tucidide interpreta la differenza di significato dei due verbi/prefissi e dei participi
in base alla differenza delle relazioni temporali percepita secondo il significato di
base dei verbi.9 In altre parole, si avvicinano alla questione costituita dall’identificazione degli alleati – e nel frattempo alla definizione della lettura corretta del
testo –, mettendo al centro la domanda inerente al fatto che gli alleati in questione
si fossero potuti alleare successivamente, dopo – questo significherebbe qui πρός –,
oppure, seguendo l’approssimativo significato di base di πρό, fossero già precedentemente, prima in uno stato d’alleanza.10 Noi al contrario di ciò – accettando
l’importanza del significato secondario di πρό, che esprime una relazione temporanea – nel caso dell’interpretazione precisa del verbo προσγίγνομαι, riteniamo
secondaria la caratteristica di avverbio temporale e, invece di questo fattore,
vorremmo accentuare il fatto che l’azione rappresenti una diretta conseguenza
6
7
8
9
10
mentre del verbo προγίγνομαι 8 volte. Tra queste forme – eccetto i luoghi discussi – nel
primo caso 5, nel secondo 3 forme sono participium perfectum medio-passivi.
Come scrive anche Tucidide stesso (VI, 3, 3), la città di Leontinoi fu fondata da colonizzatori provenienti da Calcide di Eubea. Si riferisce a questo fatto anche il commento Χαλκιδεῦσι degli scholia al presente locus. Cfr.: T. J. Dunbabin: The Western Greeks.
Oxford 1948, pp. 1–47, soprattutto p. 10, pp. 16–19 e pp. 45–46.
Cfr.: LSJ s. v. I: “attach oneself to another, esp. as an ally”. Per questo significato il dizionario
riporta come esempio proprio il locus sovrastante.
Cfr.: LSJ s. v. II: “to be born before, exist before”. Nella definizione dei diversi significati del
participium aoristi/perfectum il dizionario usa l’aggettivo previous.
Ultimamente S. Hornblower: A Commentary on Thucydides. Vol. III. Oxford 2009.
p. 301, che dà le traduzioni “newly/additionally acquired allies”, e “previously acquired
allies”.
Qui sorge la domanda se l’espressione ξύμμαχος possa essere considerata, in tal caso, un
terminus technicus giuridico preso dal linguaggio degli accordi interstatali, oppure si debba
intendere l’aggettivo nel suo significato “non ufficiale” (quasi “assistente”, “compagno di
armi”). Cfr.: Gomme – Andrewes – Dover: op. cit. (nota 5) p. 221.
108
di questa (“allearsi con qualcuno”).11 Orbene, questo significa allo stesso tempo
anche il fatto che, oltre all’identificazione degli alleati, sia alquanto importante
sapere con chi si fossero alleati sia prima, sia dopo gli alleati in questione.
In precedenza i vari editori decisero, tra le diverse letture, basandosi esclusivamente sull’identificazione della città e degli abitanti con cui si erano alleati. Per
illustrare la situazione riportiamo alcuni esempi senza voler qui esaurire l’argomento.12 Nella popolare edizione critica tedesca della seconda metà dell’Ottocento Krüger riporta la forma προσγεγενημένοις, aggiungendo come spiegazione
che si tratta degli alleati non imparentati con gli ateniesi, si trattava tuttavia pur
sempre di alleati, come lo sono per esempio i cittadini di Akragas.13 Nelle edizioni
Classen – Steup viene usata uniformemente la forma προγεγενημένοις. Classen
stesso ritiene che, in una situazione politica inasprita, possa funzionare come ragione per l’intervento siciliano il sostenimento di vecchi e sperimentati alleati, ciò
perché una proposta sul sostegno di nuove città alleate, probabilmente, sarebbe
stata respinta dall’assemblea popolare.14 Nella versione modificata Steup fornisce
una spiegazione più dettagliata: tra gli alleati precedenti di Atene (“z. B. auch viele
Sikeler”) nomina Camarina, tentando di spiegare l’esclusione dell’interpretazione
προσγεγενημένοις in un modo poco convincente.15 Rappresenta quasi la stessa
posizione il commentario dell’edizione Poppo – Stahl,16 preparato in parte paral11
12
13
14
15
16
Dover: op. cit. (nota 5) p. 10 la traduzione (“those who had adhered to them allies”, inoltre
“those who were already their allies”) per questo motivo sembra più precisa.
M. H. Chambers – R. Gallucci – P. Spanos: Athens’ Alliance with Egesta in the Year of
Antiphon. ZPE 83 (1990) pp. 58–60 illustra dettagliatamente la storia delle ricerche del
testo con abbondanti riferimenti bibliografici.
ΘΟΥΚΥΔΙΔΟΥ ΞΥΓΓΡΑΦΗ. II/1. Mit erklärenden Anmerkungen herausgegeben von
K. W. Krüger. Berlin 18582. p. 93: “τοῖς προσγεγενημένοις den ausser den Stammverwandten
Hinzugekommenen, wie den Akragantinern.”
Thukydides. Sechster Band. Sechtes Buch. Erklärt von J. Classen. Berlin 18761 (18812)
p. 11: “προγεγενημένοις halte ich mit Stahl für nothwendig st. προσγεγ. Nur von den schon in
dem früheren Kriege erprobten Allianzen, nicht von neuhinzugekommenen ist die Rede.”
Thukydides. Sechster Band. Sechtes Buch. Erklärt von J. Classen. Bearbeitet von J. Steup.
Berlin 19053. 16: “Auf der anderen Seite gibt προσγεγενημένοις, gleichviel ob man ἑαυτῶν
oder τῶν ξυγγενῶν zu ξυμμάχοις hinzudenkt, keinen befriedigenden Sinn. Eine Erwähnung
hinzugekommener Bundesgenossen der ξυγγενεῖς gar nicht als ξύμμαχοι bezeichnet sind; und,
wenn von Bundesgenossen der ξυγγενεῖς gesprochen würde, wäre entschieden einfach καὶ τοῖς
ξυμμάχοις αὐτῶν zu erwarten.”
Thucydidis De bello Peloponnesiaco. Vol. III. Sect. II. Explanavit E. F. Poppo, auxit et emendavit
OP. CIT. Stahl. Lipsiae 18802. p. 19: “Non prorsus iidem fuerunt cognati et socii. Nam praeter
cognatos Atheniensium socii fuerunt Camarinaei (III 86, 2) et Siculi (III 103, 1. 115, 1. IV 25, 9).”
109
lelamente, posizione che viene ripresa anche dall’editio di Böhme – Widmann.17
I ricercatori operanti su territorio linguistico anglosassone – e che nella maggior
parte dei casi hanno in parte tradotto, in parte rielaborato qualche edizione tedesca – erano ugualmente molto divisi sulla questione.18 È un elemento comune, in
ogni proposta di soluzione, il fatto che gli alleati elencati e nominati precisamente
(Akragas, Camarina e i siculi) nella narrativa di Tucidide abbiano un ruolo normalmente molto contenuto, mentre non assumono alcun ruolo nel periodo in cui,
invece, si votava per la spedizione siciliana.
L’interpretazione precisa del testo, secondo la nostra opinione, è inseparabile
dalla spiegazione di un altro locus di Tucidide. Dopo alcune righe rispetto al brano riportato sopra, in seguito alla breve descrizione del conflitto nato tra Segesta
e Selinunte, Tucidice riassume con le seguenti parole la base della richiesta degli
abitanti di Segesta:
VI, 6, 2: ὥστε τὴν γενομένην ἐπὶ Λάχητος καὶ τοῦ προτέρου πολέμου Λεοντίνων
οἱ ᾿Εγεσταῖοι ξυμμαχίαν ἀναμιμνῄσκοντες τοὺς ᾿Αθηναίους ἐδέοντο σφίσι ναῦς
πέμψαντας ἐπαμῦναι.19
Il rapporto stretto tra le due frasi è evidente anche per via degli elementi ripetuti (Atene, Segesta, Leontinoi, stato d’alleanza, soccorso militare). La differenza consiste solo nel fatto che, mentre prima si parlava delle motivazioni
reali o presunte degli ateniesi che si preparavano ad intervenire, adesso una
delle parti che necessitano soccorso, quindi i cittadini di Segesta rappresentati dai messaggeri, provano a sostenere la loro richiesta riferendosi ad un’alleanza stretta ai tempi di Lachete stratega, durante la prima azione militare
17
18
19
Thukydides. Sechtes Bändchen: Buch VI. Für den Schulgebrauch erklärt von G. Böhme. Von
der vierten Auflage an besorgt von S. Widmann. Leipzig 18945. p. 91: “ τοῖς προγεγενημένοις
st. προσγεγενημένοις, da nicht neue, sondern nur alte Bundesgen. gemeint sein können. Die
Wiederholung des Artikels is gerechtfertigt durch Stahl: ausser den Stammverwandten waren
noch andere verbündet, wie Kamarina und die Sikeler.”
Cfr.: The Sixth and the Seventh Book of Thucydides. With An Introductory Essay,
Explanatory Notes and Indexes by W. A. Lamberton. New York 1886, inoltre Thucydides.
Book VI. Edited by E. C. Marchant. London 1897. Questi volumi usano la versione
προσγεγενημένοις, mentre il volume Thucydides. Book VI. Edited by C. F. Smith. Boston
1913. la versione προγεγενημένοις.
“Sicché i Segestani, rammentando che i Leontini dal tempo di Lachete e della guerra precedente
erano propri alleati, avevano ritenuto di appellarsi ad Atene per un appoggio, sotto forma di
una spedizione navale.”
110
di Atene in Sicilia.20 La domanda è sempre la stessa: chi e con chi viene stretta
un’alleanza?
Classen e i suoi seguaci (Poppo – Stahl, Hude, Bodin – De Romilly21) supponendo
una corruzione testuale hanno escluso dalla frase la forma Λεοντίνων, difficilmente
interpretabile,22 perché secondo la loro opinione nel testo si parla di un accordo
di alleanza stretto tra Atene e Segesta, la cui esistenza viene in più confermata
anche da materiali epigrafici.23 L’origine dell’epigrafia, che conserva in maniera
frammentata il testo dell’accordo, viene datata in diversi modi in base alla ricostruzione del nome che finisce in ON, presente nella terza riga dell’epigrafia.24 Tra
le possibilità emerse ve n’è più di una che potrebbe confermare la teoria a cui si
accennava sopra, siccome sia Aristone (454–453 a.C.), sia Abrone (458–457 a.C.)
potrebbero essere l’arconte in questione. Dal punto di vista cronologico apparentemente tutto sembra tornare a posto: Segesta richiede un supporto militare
riferendosi ad un accordo interstatale stipulato nel V secolo a. C., poi probabilmente
rinnovato durante l’attività da stratego di Lachete, mentre Atene soddisfa gli obblighi presenti in questo contratto, in particolare offrendo sostegno “ai propri alleati
che già in precedenza si erano a loro aggregati” (τοῖς προγεγενημένοις ξυμμάχοις),
soprattutto a Segesta.
20
21
22
23
24
Nel 427 a.C. Leontinoi chiese un sostegno ad Atene per la guerra contro Siracusa. Gli
ateniesi mandarono prima 20 navi, poi nel 425 a.C. ancora altre 40 per dare una mano
ai “cugini”. Lachete era uno dei comandanti della precedente armata navale e, nel corso
dell’anno seguente, fu sostituito da Pitadoro. Tucidide non menziona da nessun’altra parte
il fatto che, durante il comando di Lachete, fosse stato stipulato alcun accordo di alleanza.
Thucydide: La guerre du Péloponnèse. Tome IV. Livres VI et VII. Texte établi et traduit
par L. Bodin et J. de Romilly. Paris 1955.
Classen: op. cit. (nota 14) p. 12. la esclude senza dare ulteriori spiegazioni; Poppo – Stahl:
op. cit. (nota 16) p. 20: “Ad auxilium ab Atheniensibus impetrandum suae societatis ante cum
iis factae Segestani eos admonere debent. Nam auxilium eos rogantes praestiti officii gratiam
sibi reddi volunt. ... Laudamus igitur Class., quod Λεοντίνων delevit, quo facto de ipsorum
Segestanorum cum Atheniensibus societate sermonem esse continuo patet.”; Böhme – Widmann:
op. cit. (nota 17) p. 91.: “Λεοντίνων, was nur künstlich zu erklären ist, streicht Cl. – wie es
scheint – mit Recht und versteht unter ξυμμαχία hier die von 427 bis 424 bestehende Verbindung
zwischen Athen und den sicilischen Städten, die sich den Leontinern gegen Syrakus angeschlossen hatten. Dazu gehörte ohne Zweifel auch Egesta.” NB: Classen – Steup: op. cit. (nota 15)
p. 16. – seguendo evidentemente la decisione di Steup – non esclude questa parola, ma il
commentario non spiega il motivo della palinodia.
IG I3 11.
Confronta il commentario di R. Meiggs – D. Lewis: A Selection of Greek Historical
Inscriptions to the End of the Fifth Century BC. Revised Edition. Oxford 1969. pp. 80–82.
(epigrafe no. 37) con ulteriore bibliografia.
111
Nonostante venga qui suggerita un’allettante soluzione, alcune circostanze raccomandano la prudenza. Prima di tutto persiste ancora la questione della datazione
dell’epigrafo, sulla quale in fondo non c’è mai stato un consenso. Recentemente
sembra trovare credito l’opinione degli scettici, di coloro quindi che sostengono una datazione precedente: secondo questi ultimi il testo fu scritto molto più
tardi rispetto a quel che si credeva, quindi non ai tempi in cui Aristone e Abrone
erano arconti, ma nell’anno in cui era arconte Antifonte (PA 1277), ovvero nel
418 a.C..25 In altre parole i cittadini di Segesta non potevano riferirsi ad un accordo
stipulato nell’anno di ufficio di Lachete stratega, ciò perché esso non esisteva.26
Indubbiamente, grazie anche a questo fatto, altre persone – soprattutto gli editori
anglosassoni (Jones – Powell, Dover), ma anche l’italiano Alberti – procedono
con molta più cautela: lasciano nel testo principale anche la forma Λεοντίνων,
difficilmente interpretabile, inoltre non è evidente neanche l’identificazione delle
parti alleate.
Qui conviene chiarire brevemente il ruolo nella frase della parola Λεοντίνων.27
La struttura della frase sembra di essere chiara: il soggetto della frase principale
sono i cittadini di Segesta (οἱ ᾿Εγεσταῖοι), dal predicato (ἐδέοντο) dipende un
accusativus cum infinitivo (τοὺς ᾿Αθηναίους ... ἐπαμῦναι). La parola πέμψαντας participium coniunctum è concordato con il soggetto logico in accusativo di quest’ultimo
sintagma, e questa forma ha anche ulteriori reggenze (oggetto: ναῦς dativo: σφίσι).
Il participium coniunctum appartenente ai cittadini di Segesta (ἀναμιμνῄσκοντες)
questa volta non regge un genitivo ma un accusativo (τὴν ... ξυμμαχίαν), che per
via dei numerosi complementi in ordine attributivo è difficilmente traducibile.
La traduzione suonerebbe più o meno così: “[facendo menzione] dell’alleanza che
sotto Lachete, quindi (καί explicativus!) ai tempi della precedente guerra, si strinse con
25
26
27
Per l’analisi dettagliata di tutti i problemi attorno all’epigrafe confronta: Chambers – Gallucci –
Spanos: op. cit. (nota 12) pp. 38–63.
Conferma ciò anche Diodoro Siculo, secondo il quale (XII, 82, pp. 3–7) Segesta cercava
di procurarsi degli alleati solo dopo il dissidio con Selinunte (416 a.C.), rivolgendosi ad
Akragas, Siracusa (!), Cartagine e solo come ultima possibilità, ad Atene. In altre parole,
Atene e Segesta ai tempi di Lachete non stipularono nessun accordo ufficiale. Sebbene le
comunicazioni di Diodoro debbano essere trattate con un certo criticismo, per via della
sua nascita in terra sicula poteva conoscere bene le tradizioni storiche locali. NB: Il locus
di Diodoro contraddice anche la datazione del 418 a.C. dell’epigrafe, ciò perché Segesta
avrebbe potuto riferirsi nel 416 a.C. all’accordo stipulato nel 418.a.C.
Dover: op. cit. (nota 5) pp. 10–11, Gomme – Andrewes – Dover: op. cit. (nota 5) p. 221,
inoltre Hornblower: op. cit. (nota 9) pp. 304–305 esaminano dettagliatamente le diverse
possibilità di interpretazione ed i vari suggerimenti di soluzione.
112
i cittadini di Leontinoi”.28 Il genitivo Λεοντίνων quindi, secondo la nostra opinione, è un aggettivo di ξυμμαχίαν, nella frase non si parla perciò dell’alleanza di Atene
e Segesta, ma di Leontinoi con un’altra città.
La teoria precedente potrebbe infatti sembrare strana, anche perché neanche
Tucidide esprime l’alleanza tra Atene e Segesta29, né expressis verbis né in modo
indiretto, mettendo cioè le parole in bocca ai messaggeri di Segesta – indipendentemente dalla sua datazione.30 Orbene gli inviati delle due città siciliane esprimono
i loro desideri verso Atene da due posizioni per niente simili. Mentre nel caso dei
cittadini di Leontinoi, per via della parentela e dei precedenti rapporti diplomatici
non bisogna neanche chiedere l’aiuto ateniese, ciò perché sembra quasi evidente,
allo stesso tempo i cittadini di Segesta sembrano sudar sangue per trovare qualsiasi
base, sia giuridica sia etica, che possa confermare la loro richiesta – questo tentativo
viene poi perfezionato con successo in seguito alla promessa di denaro. Non è un
caso che Nicia, che era ab ovo contro la spedizione siciliana, non pronunci neanche
una cattiva parola su Leontinoi nei suoi due discorsi dell’assemblea popolare che
trattava la proposta (VI, 9–14; VI, 20–23), mentre su Segesta abbonda di commenti
umilianti.31 In altre parole, siccome Atene secondo i cittadini di Segesta soddisferà
in ogni caso la richiesta di Leontinoi,32 l’esistenza di Segesta dipende dal tempo
in cui riuscirà a rendersi, agli occhi degli ateniesi, di un rango simile a Leontinoi.
Segesta deve far sì che ogni cittadino ateniese possa ritenerla naturalmente degna
di sostegno, così come già avveniva per Leontinoi. Questa impresa di Segesta,
28
29
30
31
32
Secondo l’interpretazione maggiormente accettata la forma Λεοντίνων è il genitivo appartenente a πολέμου con il significato “la guerra combattuta per l’interesse dei cittadini di
Leontinoi”. Questa soluzione teoricamente può essere immaginata, tuttavia dal punto di
vista testuale risulta difficoltosa, per quanto riguarda il contenuto invece è leggermente
imprecisa.
Ciò viene accettato con sorpresa già da parte di R. Meiggs: The Athenian Empire. Oxford
1972. p. 599.: “Why do the Egestan envoys in Thucydides, when appealing for Athenian help
in 415, not even mention their recent allies?”
Proprio questo fatto costituisce un punto debole del ragionamento di chi sostiene la datazione dell’epigrafo per l’anno 418 a.C. Cfr.: Chambers – Gallucci – Spanos: op. cit. (nota
12) spiegazione 53.: “If Thucydides knew of this alliance he omitted it from his narrative, as
he omitted events like the transfer of the treasury of the Delian League from Delos to Athens.”
Prima dubita delle presunte ingiustizie (VI, 10, 5: ἡμεῖς δὲ ᾿Εγεσταίοις δὴ οὖσι ξυμμάχοις
ὡς ἀδικουμένοις ὀξέως βοηθοῦμεν), poi li nomina barbari con cui Atene non ha niente
a che fare (VI, 11, 7: οὐ περὶ τῶν ἐν Σικελίᾳ ᾿Εγεσταίων ἡμῖν, ἀνδρῶν βαρβάρων, ὁ ἀγών).
Sembra che Tucidide voglia sottolineare, anche con mezzi drammaturgici, il fatto che
l’adempimento del desiderio di Leontinoi sia evidente: nella descrizione la presentazione,
la richiesta degli inviati, anzi, la loro pura presenza si svolge in un secondo piano.
113
che sembra non avere alcuna speranza, non può essere realizzata tenendo conto
soltanto del buon rapporto e dell’alleanza ufficiale tra Atene e Leontinoi: la loro
collaborazione è un dato di fatto noto e tacitamente riconosciuto da entrambe le
parti. Proprio per questo non pensiamo che nel locus menzionato sia Atene l’alleato
non meglio definito di Leontinoi.33 Può risultare molto più fruttuoso, dal punto di
vista di Segesta, se ad essere legati all’amico di Atene, a Leontinoi, siano loro stessi,
in tal modo, seguendo la logica “l’amico del mio amico è anche il mio amico” anche
loro stessi potranno esigere un trattamento simile a quello della città di Leontinoi.
In questo modo – secondo la nostra opinione – gli inviati di Segesta si riferiscono
all’alleanza stipulata (o forse rinforzata) tra Leontinoi e Segesta ai tempi di Lachete
davanti all’assemblea popolare ateniese.34 Il loro contesto è il seguente: (1) Atene
si impegnò ad aiutare Leontinoi in un contratto ufficiale,35 (2) Segesta ai tempi
di Lachete strinse alleanza con la città di Leontinoi, quindi se (3) Atene sostiene
Leontinoi, allora (4) deve sostenere anche Segesta come alleata di Leontinoi.
Secondo la nostra posizione, durante l’interpretazione del primo locus presentato
bisogna partire da questa stessa alleanza. L’assemblea popolare accesa da Alcibiade
non badava molto alle obiezioni contrarie del cauto Nicia, votarono la campagna nonostante il bilancio fosse aumentato: Atene voleva la Sicilia ad ogni costo.
Tuttavia a questa brama che inghiottiva tutto dovevano trovare una motivazione
accettabile anche in sede diplomatica. Nel caso di Leontinoi non c’era nessun
problema, siccome la coscienza dell’origine comune significava un fondamento
giuridico indiscutibile. Il sostegno della barbara Segesta poteva invece creare facilmente stupore nel mondo ellenico, ma visto il ruolo più o meno “mercenario”
33
34
35
Per la prima volta sorge nella traduzione latina di V. Winsemius (Wittenberg 1580) il fatto
che Segesta si riferisce alla precedente alleanza tra Leontinoi ed Atene, la maggior parte
degli studiosi – così anche Dover – sostiene questa opinione.
L’alleanza di Leontinoi e Segesta era presa in considerazione precedentemente anche da
parte di Steup e Roos, ma entrambi per una motivazione diversa. Steup è arrivato a questa
conclusione esaminando la seguente frase: εἰ Συρακόσιοι Λεοντίνους τε ἀναστήσαντες
ἀτιμώρητοι γενήσονται καὶ τοὺς λοιποὺς ἔτι ξυμμάχους αὐτῶν διαφθείροντες αὐτοὶ τὴν ἅπασαν
δύναμιν τῆς Σικελίας σχήσουσι (VI, 6, 2) (Classen – Steup: op. cit. [nota 15] p. 17.), in quanto
la forma αὐτῶν viene identificata con i cittadini di Leontinoi, mentre la forma ξυμμάχους
con quelli di Segesta. Il secondo studioso è partito dalla datazione dell’epigrafe (IG I3 54)
sulla stipulazione dell’accordo di Atene e Leontinoi (E. Roos: Athens Vertragsverhältnis
zu Segesta im 5. Jahr. v. Chr. OAth 4 [1962] pp. 9–29).
Sull’alleanza tra le due città confronta: H. Bengtson (a cura di): Die Staatsverträge des
Altertums II. Die Verträge der griechisch-römischen Welt von 700 bis 338 v. Chr. München
1975. pp. 82–84; T. E. Wick: Athens’ Alliances with Rhegion and Leontinoi. Historia 25
(1976) pp. 288–304.
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di Atene (Segesta sostiene i costi della campagna) si poteva trasformare anche in
disprezzo. La città riuscì a trovare la miglior soluzione accettando o facendo finta
di accettare la ragione ripetuta da Segesta sull’alleanza tra questa e Leontinoi.
Il motivo ufficiale di Atene, infatti, sarà il sostenimento dei propri parenti (τοῖς
ἑαυτῶν ξυγγενέσι), gli ioni di Leontinoi, e Segesta aggregata in qualità di alleato
a Leontinoi (τοῖς προσγεγενημένοις ξυμμάχοις).