USTICA 27 giugno 1980
Data di pubblicazione: 27 giugno 2018
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Nicola Catalano
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USTICA 1980 di © Nicola Catalano
Alle 21.00 circa del 27 giugno 1980 lo spazio aereo sovrastante le isole di Ponza e di Ustica fu
interessato dall’incidente aereo del DC-9 Itavia, da tutti conosciuto come la strage di Ustica.
Sulle cause sono state formulate, nel tempo, diverse ipotesi. Una di queste, poi abbandonata,
fu la pista libica come ritorsione di Gheddafi all’aiuto italiano fornito a Malta con la
sottoscrizione di un trattato di assistenza politico-militare.
Per meglio comprendere ciò che accadde in quel periodo circa i rapporti tra l’Italia e la Libia,
bisogna fare un passo indietro ed in particolare tornare al 1978. Il 25 agosto 1978 l’Imam
sciita libano-iraniano Moussa Sadr insieme a due accompagnatori si erano imbarcati a Beirut
su un volo diretto a Tripoli, arrivati a destinazione di loro si perdono le tracce dal giorno 31
dello stesso mese. Per questo motivo il mondo mussulmano isolò Gheddafi in quanto ritenuto
responsabile dell’omicidio.
Nel 1979 i libici arrestano alcuni pescatori italiani e sequestrano i pescherecci per un
presunto sconfinamento in acque territoriali libiche.
Il Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, d'accordo con il ministro della Difesa, Attilio
Ruffini decisero di inviare nuovamente l’ex Colonnello Jucci[1], ora promosso Generale, in una
nuova missione segreta a Tripoli, dal 17 al 22 ottobre 1979. L’incarico ufficiale è di trovare
soluzione al problema dei pescherecci in realtà l’Ufficiale dei Servizi ha lo specifico compito di
trovare soluzioni a tre casi:
- la liberazione dei pescatori italiani da parte delle autorità di Tripoli, arrestati per un
presunto sconfinamento, ad opera dei loro pescherecci, nelle acque territoriali del Paese nordafricano;
- la soluzione della vicenda dell'imam sciita Moussa Sadr" ;
- il controverso problema dei dissidenti libici esuli in Italia (ai Servizi speciali di Tripoli è
affidato, dal leader libico, il compito di individuare e ricercare detti esuli per poi invitarli a
rientrare in patria ed eliminarli fisicamente in caso di rifiuto).
Il nostro governo sa bene, infatti, che la questione dei pescherecci è messa in atto dai libici per
esercitare pressioni con le autorità italiane sulla questione degli oppositori del regime
rifugiatisi nel nostro Paese.
Al ritorno il Generale Jucci nella sua relazione rappresentò le richieste effettuate dai
libici, “due operazioni assolutamente irricevibili” e cioè la consegna, da parte dei nostri
servizi segreti, degli elenchi con i recapiti dei dissidenti libici in Italia e l’ammissione del
Governo italiano che il sequestro e l’uccisione del capo musulmano Imam Moussa Sadr fosse
accaduto in Italia, ma non per colpa degli italiani, in modo da far uscire dall’isolamento in cui
si venne a trovare Gheddafi in seguito all’attribuzione, da parte del mondo mussulmano,
dell’omicidio alla sua persona.[2]
Secondo la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della
mancata individuazione dei responsabili delle stragi, il SISMI (Servizio Informazioni e
Sicurezza militare italiano) nel mese di febbraio 1980 consegnò al rappresentante del Servizio
informazioni libico in Italia, Mousa Salem El Hagi, un elenco nominativo con relativo recapito
di ventidue dissidenti residenti in Italia ed un altro elenco relativo a quelli residenti a11'
estero. Ottenuti gli elenchi il governo di Tripoli inviò in vari paesi agenti camuffati da studenti
per giustiziare i dissidenti. A Roma il 20 febbraio fu assassinato Salem Rtemi, il 21 marzo
viene ritrovato nel bagagliaio della propria auto in Via Castro Pretorio Mohamed El Rterni, il
19 aprile viene freddato in Via Veneto Aref Abdul Giali. Sempre a Roma tocca a Abdul El
Khazemi e successivamente Mohamed Boujar Fuad Ben Ahraimi, Mohamed Fezzani Salem e
Mohamed Soad Bygte. A Milano viene ucciso Azzedin Lhaderi . Altri dissidenti vengono
eliminati all’estero. A Londra l’ 11 aprile viene assassinato il giornalista della BBC Mohamed
Mustafa Ramada e il 15 aprile MohamedAbu Salem Nafa. A Bonn, il l0 maggio viene eliminato
un ex consigliere economico-finanziario dell'ambasciata di Libia Ornram El Mehdan. Ad Atene,
il 21 maggio è assassinato Abdeì Ranman Abbokr, e il 27 giugno a Beirut Abdellatif Al
Mustasser. [3] Azzedin Lhaderi, il dissidente libico assassinato a Milano era anche un
informatore (in codice Damiano) del nostro Sismi sui contatti tra le Brigate Rosse e la Libia.
Il Servizio Informazioni civile italiano (SISDE), che seguiva attentamente la rete di
collegamenti, tra la Libia e le organizzazioni eversive internazionali, con un telex del 13
dicembre 1980 informava in effetti il Comando Generale dei Carabinieri e il SISMI di una
segnalazione secondo la quale, nel mese di ottobre 1980, undici appartenenti alle BR si
sarebbero recati in Libia per un periodo di addestramento all'uso delle armi e degli esplosivi.
Già nel 1975, il giornale egiziano Al Ahram aveva divulgato la notizia dell’esistenza di
rapporti tra una società d'import-export, con sede a Tripoli, il cui amministratore sarebbe
stato un cugino del Colonnello Gheddafi, con vari gruppi terroristici, ai quali venivano fornite
armi e denaro. Al SISMI era noto anche il sostegno del Servizio d’intelligence militare libico e
del Servizio Speciale alle operazioni del terrorismo internazionale.
Le autorità governative non utilizzarono però opportunamente le informazioni ricevute
continuando sulla strada di quella politica di prudenza, se non addirittura di sottomissione
timorosa da parte italiana, nei rapporti con la Libia a tutela degli interessi nazionali legati al
settore energetico e ad altri settori importanti per l’economia nazionale. Nonostante la cautela
adottata nell’estate 1980 si sfiorò uno scontro militare per una crisi politico-militare che
interessò l'Italia, Malta e la Libia. Dopo aver ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel
marzo 1979, il governo dell’isola ebbe gravi problemi economici essendo venuti a mancare gli
introiti derivanti dall’affitto pagato dagli inglesi per l’uso del porto. Il problema venne risolto
da un investimento del governo libico per cinquanta milioni di dollari nell’economia isolana.
A fine 1979 il governo della Valletta, determinato a diventare autosufficiente con il petrolio
sottomarino, notificò alla Libia l’intenzione di effettuare ricerche petrolifere nelle acque
territoriali sui “Banchi di Medina”, zona rivendicata anche dai libici. La controversia che ne
scaturì fu sottoposta al giudizio della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja che impose ai
due stati il divieto di effettuare le ricerche oggetto del contenzioso in attesa che si esprimesse
la Corte. Gheddafi non rispettò il divieto e Malta è costretta a chiedere l’aiuto dell’Italia la
quale, anche se non ha alcun interesse ad inimicarsi la Libia, in considerazione
dell’importanza strategica dell’isola, sottoscrive un trattato di assistenza politico-militare. Il
trattato, chiaramente anti-libico, impegnava l’Italia alla difesa del’integrità territoriale maltese
e alla fornitura, da parte dell’ENI, dei mezzi necessari ad effettuare le ricerche petrolifere.
La Libia si sentì tradita nel momento in cui il Ministro degli Esteri Italiano ( prima Franco
Maria Malfatti e poi Attilio Ruffini ) iniziò a negoziare con il Primo Ministro Dom Mintoff
l’istituzione di un protettorato su Malta. Il negoziato fu fortemente osteggiato dalla Libia che
fece pervenire, tramite canali diplomatici, l’invito a non firmare il trattato poiché il Governo
libico avrebbe interpretato l’accordo come “un gesto non di amicizia verso la Libia”. La
diplomazia italiana raccomandò al governo una linea di prudenza nella predisposizione
dell’accordo consigliando di limitarlo esclusivamente all’assistenza finanziaria, economica e
tecnica, suggerimento non gradito dai politici che invece volevano cogliere l’opportunità per
una politica mediterranea più marcata per l’Italia.[4]
In questo contesto maturarono diversi eventi inquietanti: il 1 giugno, la sospensione delle
forniture di petrolio a Malta; il 27 giugno, la caduta del DC9 Itavia ad Ustica; il 10 luglio, il
sequestro di 2 pescherecci italiani; il 18 luglio, lo schianto di un MIG 23 libico sulla Sila; il 2
agosto, l’ENI fa posizionare la nave Saipem 2 di ricerca petrolifera sui Banchi di Medina; lo
stesso giorno, mentre il delegato italiano, On. Zamberletti, firmava con le autorità maltesi il
trattato che escludeva la Libia dal controllo di Malta, scoppiò una bomba alla stazione di
Bologna che provocò 85 vittime e 200feriti; il 6 agosto avviene un tentativo di golpe contro
Gheddafi il quale accusò la regia italiana ed arresta tre imprenditori italiani; il 24 agosto un
sottomarino ed una nave libica minacciano di prendere a cannonate la Saipem 2 se non avesse
abbandonato le ricerche. All’arrivo sul posto di navi militari italiane si sfiorò la battaglia tra i
navigli italiani e libici.
Come è facilmente immaginabile, alcuni di questi eventi originarono non pochi contrasti tra
Italia e Libia ed ancora oggi, nonostante le varie inchieste giudiziarie e le varie commissioni
parlamentari istituite, sui casi del DC 9 Itavia e sulla strage di Bologna restano molti lati
oscuri. Infatti dopo anni e anni di indagini, che non hanno prodotto alcuna verità giudiziaria
ufficiale, il giudice istruttore Rosario Priore, incaricato di accertare i fatti sulla strage di Ustica,
è giunto alla convinzione che, in base alle risultanze in sede processuale, il DC-9 fu abbattuto,
in un vero e proprio “ scenario di guerra”, per errore. L’aereo da abbattere era un altro, che
volava “coperto” dalla traccia radar del DC-9, con a bordo il Colonnello Gheddafi. [5]
Inoltre un possibile collegamento tra il disastro di Ustica e la strage di Bologna fu fatto dal
prefetto Parisi, capo della polizia, in due sue audizioni (17 ottobre 1990 e 22 giugno 1993)
presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia. In particolare, in
detta sede, a specifica domanda del Sen. Zamberletti, il Prefetto Parisi dichiarava di essere
convinto che il disastro di Ustica fosse stato un attentato doloso e di non potere escludere
l'ipotesi che "la strage di Bologna potesse essere una replica al segnale non percepito
(dagli italiani N.d.A.) della strage di Ustica".
Dello stesso avviso il senatore Zamberletti che nel suo libro ”La minaccia e la vendetta - Ustica
e Bologna: un filo tra due stragi” del 1995, collega gli eventi di Ustica e di Bologna ad una
possibile reazione della Libia all'accordo raggiunto, nella stessa estate del 1980, dall'Italia con
il governo di Malta. [6] Lungo questa pista, la commissione stragi presieduta dal Sen G.
Pellegrino il 13 marzo 1997 si recò a Johannesburg per ascoltare il Generale Adelio Maletti ex
capo del settore “controspionaggio” del SID, il quale alla domanda del Presidente Pellegrino su
Ustica, sul treno 904 e sulla strage di Bologna, rispose testualmente:“Ne so troppo poco per
formulare ipotesi sul treno 904 o su Bologna. Su Ustica posso forse fare una ipotesi:
penso ad un attentato libico di stile gheddafiano contro paesi occidentali variamente
amici e legati agli Usa, come più tardi avvenne nei casi di Lockerbie e del
Ciad. L'attentato all'aereo esploso e caduto nel Ciad fu una vendetta contro la Francia
per la sua politica in quella regione; quello di Lockerbie fu una vendetta contro gli Usa
per le azioni di guerra aerea condotte contro la Libia. Ustica forse fu un avvertimento
libico all'Italia”.
Alla domanda su che cosa avesse fatto precipitare l’aereo, il Generale si disse favorevole
all’ipotesi di una bomba.. Infine all’osservazione che non vi era stata alcuna rivendicazione
all’attentato, Maletti replicò: “Questo non sarebbe un elemento di contraddizione, perché il
terrorismo libico non ha mai fatto rivendicazioni”.[7]
L’occidente, ed in particolare gli Stati Uniti, per diversi anni considerò Gheddafi un elemento
pericoloso principalmente per il supporto dato al terrorismo internazionale filo palestinese,
soprattutto negli anni ottanta. Nel 1986 la risposta ad uno scontro tra unità navali libiche ed
USA nel Golfo della Sirte, in cui perirono 35 marinai libici, fu l’attentato effettuato in una
discoteca di Berlino frequentata da militari statunitensi che causò 3 morti e circa 250 feriti.
Per rappresaglia Ronald Reagan fece bombardare Tripoli e Bengasi. Nei primi mesi del 1987
Gheddafi subì l’umiliazione della disfatta del suo esercito nella guerra ad opera dei militari del
Ciad sostenuti dai francesi e dagli americani.
La ritorsione del Colonnello ai raid americani e alla sconfitta in Ciad giunse il 21 dicembre
1988 quando a Lockerbie, in Scozia, un aereo della compagnia americana Pan Am esplose in
volo uccidendo 270 persone. Il 19 settembre 1989, fu la volta della Francia, che aveva
sostenuto il Ciad, a subire la reazione violenta della Libia. Il volo UTA 772 esplose sul deserto
del Ténéré in Niger provocando la morte di 179 persone. I servizi segreti libici vennero
accusati di essere responsabili di entrambi gli attacchi. Per condanna, l'Onu impose sanzioni
economiche molto dure e la Libia entrò in una lunga fase d'isolamento. Le sanzioni vennero
ritirate nel 1999 quando i presunti organizzatori degli attacchi furono consegnati. Il reintegro
nel consesso internazionale avvenne negli anni duemila con la rinuncia, da parte libica, alle
armi di distruzione di massa e la collaborazione nella guerra al terrorismo.[8]
Nonostante le relazioni diplomatiche fra Italia e Libia siano state caratterizzate nel tempo da
frequenti tensioni, i rapporti tra i due stati non si sono mai interrotti poiché la prevalenza
degli interessi economici e la peculiare esigenza degli approvvigionamenti energetici
dell’Italia hanno permesso di superare tutte le controversie.
Quello che avvenne nel 2011 è un’altra storia!
di © Nicola Catalano – Tutti i diritti riservati
[1] In piena violazione del trattato italo-libico del 1956 che condizionava l’indipendenza del
Regno Unito di Libia al rispetto dei diritti della comunità italiana, tra il luglio e l’ottobre 1970
furono rimpatriati forzatamente ventimila italiani che subirono anche la confisca dei loro
beni. Gheddafi giustificò la confisca come parziale riparazione dei danni causati dalla
colonizzazione. Richiesta di risarcimento che il leader libico continuò sistematicamente a
richiedere all’Italia anche in seguito. Il governo italiano non reagì nei dovuti modi per evitare
uno scontro con la Libia, che avrebbe compromesso i rapporti economici mettendo in pericolo
gli investimenti già effettuati, ricercando piuttosto soluzioni tendenti sia a tutelare
l’incolumità degli italiani sia a limitare danni ai propri interessi militari ed economici, aspetto
che condizionerà quasi sempre l’atteggiamento nei rapporti con la Libia.Il Ministro degli
Esteri Aldo Moro prese in considerazione di inviare in missione segreta il Capo del settore
"contro-spionaggio” del Servizio Informazioni Difesa, l’allora Colonnello Roberto
Jucci incaricato di negoziare con il Consiglio Rivoluzionario la scarcerazione del maggior
numero possibile di italiani e di evitare loro i campi di concentramento. L’operato del
colonnello Jucci ottenne un ritorno positivo. Successivamente l’On. Moro si recò a Tripolì dove
assicurò le autorità Libiche circa l’impegno italiano a non effettuare azioni illegittime nei
confronti del governo libico.
[2] Commissione Parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata
individuazione dei responsabili delle stragi – Resoconto stenografico della seduta di giovedì 6
novembre 1997, pag. 1206.
[3] V.R. Manca, Italia-Libia, Stranamore, Roma, Koinè, 2011, pag. 34.
[4] V.R. Manca, Italia-Libia, Stranamore, op. cit., pag. 47.
[5] P.Sensini, Libia 2011, Milano, Jaca Book, 2011, pag. 63.
[6] V.R. Manca, Italia-Libia, Stranamore, op. cit., pag.54.
[7] Commissione Parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata
individuazione dei responsabili delle stragi. Doc. XXIII n. 64 Volume Secondo Tomo I , pp. 431432.
[8] . Varvelli, La Libia e l’Italia,Torino, Edizioni del Capricorno, 2016, pag.92.