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SEGNO

2024, Fabulazioni.it

Scritto pubblicato nella sezione "SCHEMI" del sito fabulazioni.it

Agosto/2024 Fabio Treppiedi SEGNO Il segno è cifra, tratto distintivo, prova che c’è la mano del disegnatore, di Barks, di Moebius, di Pratt, di Manara, di Pazienza. I segni così intesi e tutte le loro differenze non rimandano solo a Per fare il fumetto bisogna partire dal segno. Il questioni di stile per cultori e segno è una metafora meravigliosa, è la prima specialisti ma anche allo stile come cosa che mi viene in mente…noi siamo questione a sé, ad un enigma circondati da oggetti tangibili depositari di un proiettato oltre il disegno e l’arte. segno o di una serie di segni, dallo studio di Non sempre un segno che si dice questa serie di segni nasce la matematica del essere d’artista risulta poi legato ad segno e cioè il disegno una determinata mano, al Andrea Pazienza disegnatore a cui lo si attribuisce, pensando di riconoscerlo. Cruciale è scoprire in che misura il segno, più di quanto non accada in chi osserva, cortocircuiti la memoria e l’attitudine al riconoscimento di chi crea, dell’artista stesso, del disegnatore che si presume ne possieda uno tutto suo e lo tenga sempre lì, Il corpo è per l’artista un Teatro di Operazioni, l’ambito di una ricerca, nella sua mano. Il segno è plurale, in esso ne un modello sempre a portata di va più dell’apertura all’ignoto che al noto, mano e a buon mercato, un Robot, quindi della revoca in questione dell’artista l’avvio d’una investigazione, la canone di sé, detentore presunto di un segno verifica del gesto, il veicolo dell’Arte inequivocabile, fin troppo singolare, e le arti altre. Perciò io NON amo il riconoscibile persino quando la mano non è la mio corpo in quanto di serie A, ma sua. Meno canonicamente, nella pluralità dei per la tenerezza che mi fa quando segni l’enigma dello stile s’intensifica, mi saluta denutrito un mattino allo cristallizzato già nel nostro dire “segno”, al specchio che non mi guardavo da tempo. I muscoli, singolare, per intendere un che di molteplice, molto l’assommarsi cioè del riconoscibile e del non drappeggiati come veline sulle ossa riconoscibile nel disegno, nei segni che Andrea Pazienza cortocircuitano il nostro inconsapevole osservarli, il non riconoscerli ancora, l’erroneo attribuirli. Andrea Pazienza attesta la difficoltà dello stile, sperimenta l’attrito del non canonico sentendo 1 Agosto/2024 di non detenere segno, di non poterne fissare uno come il proprio. Difficoltà che gli appassionati al contrario faticheranno ad attestare, addestrati nel tempo a riconoscere un segno, quello di Paz, certamente destinato alla celebrità. Questo destino è solo la chiosa dell’enigma, un finale spesso ingombrante che lascia nell’ombra la difficile esperienza, visceralmente vissuta da Pazienza, del dover ogni volta ricominciare a disegnare sentendo di non essere padrone del segno, pur nella consapevolezza che è sempre da questo che “bisogna partire”. Sceverato dal rinfocolarsi del cliché dell’artista che si riconosce dal segno, il disegnare può scorgersi per come viene sperimentato: un prolungamento nel racconto dei tratti di un rompicapo di vita vissuta in cui ci s’imbatte, di un meraviglioso che travolge. Nel complesso il segno, il rompicapo nella sua interezza, è l’onda che parte dall’“oggetto tangibile” in cui il segno è ingabbiato, investe il corpo dell’artista (come se del segno questo accusasse il colpo) e trapassa, ad opera dell’artista, su un piano in cui non c’è più oggetto tangibile, di là dal tempo, lì dove il segno cessa di essere un rompicapo e l’iniziale urto violento della sua onda diviene un librarsi sublime e inarrestabile. Il segno è “metafora” proprio per il dinamismo che contiene, lo stesso che l’artista sprigiona accogliendone il rivelarsi, testimoniandone l’indicizzarsi dapprima silenzioso, come un movimento sempre già iniziato, tale per cui l’artista sa che il suo compito è prolungarlo nell’eterno, e che per far ciò dovrà anche risalirvi alle spalle. Oltre a rappresentare la tecnica attraverso cui il disegnatore traspone le cose sulle tavole del fumetto, il segno coincide con il modo in cui le cose stesse colgono la sensibilità del disegnatore in quanto artista. Nel fumetto, dove tutto è segno e i segni sono in tutto, si esprime la sperimentalità propria dell’arte. Si tratta di “vedere le cose” come in un tessuto nel quale i segni sviluppati sulle tavole dei fumetti – pur differenziandosene – non rimandano a una realtà assolutamente altra da quella degli “oggetti tangibili” nei quali quei segni sono inviluppati e dai quali bisogna necessariamente “partire” per creare il fumetto. Esperire i segni in siffatto modo rappresenta la via maestra, certamente tortuosa e imprevedibile, che fa del fumetto di Andrea Pazienza una sperimentazione che è vita e conoscenza al contempo. Non più chiamato soltanto a descrivere in maniera immaginaria e astratta il senso del mondo di cui il disegnatore fa esperienza, infatti, il segno è ora oggetto di una costruzione che implica per il disegnatore, ad ogni istante in cui vive e opera, uno “studio” dei segni che è anche “Esercizio con la E maiuscola”. Se a livello di esercizio infatti il “sapere disegnare” non prescinde mai dalla capacità del “corpo delle cose” e del “corpo dell’artista”, a livello di studio, d’altra parte, questo “sapere” 2 Agosto/2024 non si svilupperebbe senza l’apertura dell’artista alla variabilità e alla pluralità dei segni in rapporto al tempo e allo spazio della sua esistenza. Il “corpo dell’artista” deve a questo scopo potere “contenere una serie di segni diversi”, essendo il più delle volte preso in rapporti di forza col “corpo” delle cose e degli eventi che lo investono. Lo studio dei segni perciò parte necessariamente dal corpo “tutto sotto sequestro” dell’artista, esposto alla violenza di cui il segno è veicolo. I segni, inviluppati nel “corpo delle cose”, chiedono all’artista, con radicale insistenza, di essere sviluppati, evocati e raccontati nel segno. “Tracciare segni su segni” significa liberarli dall’involucro del tempo, portare a forma la porzione d’eternità riposta in essi. Esercizio e studio delineano un vero e proprio percorso conoscitivo, un apprendimento “matematico” dei segni, alimentato dell’inesauribile tensione tra i due sensi del tempo in gioco nella vita di ognuno. Se lo studio dei segni mira a dare una forma appropriata all’eternità in essi contenuta, l’esercizio dei segni si realizza giocoforza nel tempo che scorre inesorabile e detta le fasi dell’esistenza, determinandone l’inizio e la fine necessari. Ansie, inquietudini, eccessi e “paranoie galattiche sulle quali non tramonta il sole” si legano a questa tensione, tutta interna al “corpo delle cose”, tra tempo ed eternità. L’attitudine dell’artista, sotto questa luce, sembra maturare come una seconda natura, consistente nel restituire al mondo e a tratti ricercare 3 Agosto/2024 quella stessa violenza dalla quale ogni persona per natura fuggirebbe. Violenza avvertibile soprattutto nella sensazione di ritardo sui segni che pervade i fumetti di Andrea Pazienza. Lì dove si dà l’incolmabile scarto tra eternità dell’arte e tempo della vita, infatti, il segno ha già messo irrimediabilmente sotto scacco l’artista, colto in quella paradossale condizione di “resa invincibile” che emerge però come una prospettiva tanto più ricca di narrazioni quanto più gravida di risvolti esistenziali. Ne Il segno di una resa invincibile, scritto con l’amico Marcello D’Angelo, Andrea Pazienza dà espressione al paradosso del segno raccontando la vicenda di un gruppo di amici accomunati dalla passione per la fotografia. Nelle tavole di questa storia, il corsivo delle parole del narratore si alterna allo stampatello interno ai riquadri raffiguranti immagini sparse nella sua memoria. I personaggi della storia sono tutti immortalati, al centro della prima tavola, in una foto che suscita nel narratore il ricordo del protagonista, Michele, “il primo a sinistra”. La storia ruota fondamentalmente attorno a Michele e alla sua sensibilità indecifrabile – “che lo faceva soffrire di tutto come D’AMORE…”. –, ma il suo motivo centrale è la caccia serrata, imbastita dal narratore, di un segno che fissi in eterno la straordinaria ed enigmatica personalità di Michele. La tensione tra tempo ed eternità viene qui pienamente assunta da Andrea Pazienza, che la libera e la ricrea nel disegno. Il tempo non evita infatti di scandire le stagioni della vita dei quattro protagonisti, scorrendo inesorabilmente e, soprattutto, lasciando emergere i segni inequivocabili della giovinezza che si esaurisce, dal 4 Agosto/2024 venir meno della passione artistica rispetto alle priorità del quotidiano al tradimento dell’amore e dell’amicizia da parte del narratore e di Lella, che consumano segretamente un rapporto tradendo Sandro, ricoverato per un’epatite. Non manca tuttavia l’elemento d’eternità – fugacemente anticipato laddove il narratore intuisce che Michele ha “ormai da tempo sposato l’idea del suicidio” – che solo alla fine si scoprirà sottendere l’intera storia. Con la sola compagnia della sua terribile intuizione, il narratore deve confrontarsi anima e corpo con l’impossibilità di trovare il segno che cerca nell’arco di tempo sempre più stretto che lo separa dal giorno in cui Michele porrà fine alla sua vita. Avendo vissuto il segno che cercava come un che di sostanzialmente perduto, il narratore finirà con lo scoprire quel segno tanto agognato proprio nella morte di Non voglio pensare: questa storia mi Michele. Più nel complesso, il segno è piace, può funzionare. Il concetto non mi passa neanche per l’anticamera del destinato ad essere di volta in volta perduto cervello. Piuttosto preferisco essere proprio perché nella perdita del segno è libero, essere definito inaffidabile. riposta l’unica possibilità di ritrovarlo, di Anzi voglio rimarcare la mia assoluta farlo cioè effettivamente emergere lì, su quel inaffidabilità limite estremo che fa del fumetto Andrea Pazienza un’esperienza di vita e uno strumento di conoscenza. Il senso e la portata della rottura nella storia del fumetto che molta critica attribuisce ad Andrea Pazienza restano concentrati su questo limite. La realtà della vita irrompe prepotentemente nel dominio fantastico e solo in parte irreale del fumetto, e lo 5 Agosto/2024 fa a partire da un principio di non ipotecabilità del segno. Principio che d’altro canto permette di ricomprendere le storie di Andrea Pazienza sotto il segno – uno e molteplice – di un inedito polistilismo. Tali storie sono reali e tuttavia non meramente realistiche o di cronaca; sono fantastiche o ad alto gradiente onirico e tuttavia inassimilabili all’universo parallelo, ma alquanto separato, delle più tradizionali storie a fumetti. Sta quindi nella perdita del segno il punto di forza dell’opera di Andrea Pazienza. Il segno si mostra infatti, tra una storia e l’altra così come tra una tavola e l’altra della stessa storia, passibile di non essere riconosciuto o da subito apprezzato, né dal lettore né tantomeno dal disegnatore. Nell’“inaffidabilità assoluta” cui Andrea Pazienza aspira riecheggia l’imprevedibilità di segni talmente violenti e ambigui da non permettere al disegnatore di riconoscere immediatamente il proprio particolare segno, che per ciò stesso diviene oggetto, una volta ancora, d’incessante ricerca. Nel suo essere propriamente sperimentato, come visto, il segno è più ciò che l’artista tende a ritrovare che non qualcosa di acquisito una volta per tutte. Da angusto involucro dell’eternità in esso imprigionata, in quest’esperienza profonda, il segno acquisisce i caratteri e le dimensioni di una “stanza”, così la chiama Andrea Pazienza, in cui scrutare l’eternità per poi liberarla nel racconto. Oltre a suscitare esilaranti esplosioni di comicità con le vignette satiriche e le storie brevi, Andrea Pazienza è riuscito a dare forma agli aspetti più reconditi e oscuri di sé e del mondo in cui ha vissuto, dal fascino irresistibile per la violenza di Zanardi ai drammi della tossicodipendenza e dell’abbandono di Pompeo. La crisi è una condizione che nell’esperienza dei segni non manca mai: l’apprendimento dei segni non prescinde cioè dal senso di ritardo pocanzi evocato, dal turbamento, dalla perdita imprevista di certezze o punti di riferimento, quindi, da tutti quegli elementi attraverso i quali si manifesta l’essenziale violenza dei segni. Quanto più il segno è “meraviglioso” tanto più, in effetti, la meraviglia dei segni arreca anche inquietudine e dolore. L’autobiografismo di storie come Penthotal e Pompeo, infatti, è la riscrittura in segni delle ferite dell’artista, segni “su” cui Andrea Pazienza non fa che tracciare segni a sua volta. È tuttavia in rapporto a questi elementi cupi o finanche 6 Agosto/2024 mortiferi di una vita che l’apprendimento dei segni, riconfigurando originalmente la dialettica di eros e thanatos, si rivela tanto “un fenomeno legato indissolubilmente alla gioia” quanto anche “un modo per arrivare al godimento”. Natura enigmatica, questa del godimento a cui l’artista cerca di arrivare, dal momento che vi accederà necessariamente a partire dalla traumatica perdita dell’oggetto agognato. Se in un primo momento, laddove cioè il segno è sempre riconoscibile, il fenomeno del creare il fumetto si risolve nel mettersi sulle tracce dell’oggetto senza tenere conto della sua inaccessibilità, in un secondo momento, che è poi quello in cui l’enigma emerge in tutta la sua portata, sembra che sia proprio su questo accesso impossibile che si fondi la creazione, come se il compito dell’artista non fosse nient’altro che custodire quest’inaccessibilità. La differenza più rilevante tra queste due concezioni del creare artistico è che mentre nella prima la creazione sussiste anche a prescindere dall’esperienza di crisi che la origina e la motiva nella seconda, viceversa, la creazione non si separa mai da essa. L’esperienza del segno in Andrea Pazienza, sotto quest’ultima prospettiva, conferisce A seconda delle esigenze del racconto, senso alla tensione tra eternità e tempo che sia una storica comica, drammatica o anche nell’affidarle una direzione anche angosciosa, uso per ognuna di riprogettabile da una “stanza” all’altra. queste storie un segno diverso contenuto Il tutto in rapporto a “esigenze del in qualcosa di molto simile ad una stanza, racconto” che, nel loro variare, nella quale entro e nella quale ci sono già confermano il tenore di una ricerca tutti gli ingredienti che mi servono a costruire una storia di questo tipo artistica e ne rivelano la funzione critica Andrea Pazienza assunta in ogni momento della vita di chi la porta avanti. Andrea Pazienza esprime così la propria capacità di ritrovare e fare rivivere momenti e situazioni in cui, contro ogni attesa, altri modi di sentire le cose, altre situazioni possibili e altre strategie di vita ci fanno segno e prendono forma dentro il mondo, di cui facciamo esperienza come di un mistero, di un rompicapo, di un enigma. 7