Scuola delle Scienze Umane e del Patrimonio Culturale
Corso di Laurea in Filosofia (L-5)
Dipartimento di Scienze Umanistiche
FISICA E FILOSOFIA NEL PENSIERO DI
W. HEISENBERG
1
Indice
Introduzione
3
Capitolo 1 : La teoria dei quanti
6
1.1 Cenni storici
6
1.2 L’interpretazione di Copenaghen
9
1.3 Teoria quantistica e scienze della natura
14
1.4 Il problema del linguaggio
17
1.5 Critiche all’interpretazione di Copenaghen
18
Capitolo 2 : Confronto con la tradizione filosofica
20
2.1 Origine della scienza atomica
20
2.1.1 Il Timeo di Platone
24
2.2 Evoluzione del pensiero filosofico in età moderna
27
Capitolo 3 : Il pensiero etico di Heisenberg
30
3.1 Responsabilità e influenza dello scienziato nella società
31
3.2 Un nuovo tipo di equilibrio
32
Conclusione
35
Riferimenti bibliografici
37
2
Introduzione
Il lavoro che qui si intende svolgere è la lettura critica di un testo che, senza
alcuna esitazione, si può considerare fra i più sorprendenti del XX secolo: Fisica e
filosofia (1958) di Werner Heisenberg (Würzburg 1901 – Monaco di Baviera 1976),
premio Nobel per la Fisica nel 1932. Il testo ha un carattere divulgativo, scritto con
l’obiettivo di rendere nota, ad un pubblico non specializzato, la nascita della teoria
dei quanti e i suoi consecutivi sviluppi. Seguendo di pari passo l’argomentazione
dell’autore verranno messi in luce gli aspetti più interessanti di un’opera che contiene
al suo interno numerosi e vari spunti di riflessione. Sebbene lo scopo principe sia
quello della divulgazione, Heisenberg stesso, nelle prime pagine del suo libro
afferma:
Può non essere un compito trascurabile cercar di discutere queste idee della
fisica moderna in un linguaggio non troppo tecnico, per studiare le loro
conseguenze filosofiche. 1
Viene così giustificato il titolo che, per l’appunto, affianca “Fisica” e
“Filosofia”. Due termini, due discipline, connesse e ritenute complementari. La
teoria dei quanti ha delle implicazioni filosofiche, porre l’attenzione su queste viene
considerato un compito non trascurabile. Gli studi e le scoperte legate
all’interpretazione della fisica quantistica hanno, infatti, portato a nuove
considerazioni riguardo alcuni concetti e argomenti chiave della tradizione filosofica:
la realtà, il rapporto causa-effetto, il linguaggio, il rapporto scienza-società assumono
colori diversi se visti attraverso le lenti di una delle teorie scientifiche più valide e
sostenute attualmente. Condividendo l’opinione appena espressa, si cercherà di
rispettare l’idea del fisico, secondo il quale adottare entrambi i punti di vista,
scientifico e filosofico, porti considerevoli benefici. Si farà pertanto attenzione a non
tralasciare nessun aspetto che non sia prettamente scientifico, dando un notevole
spazio alle conseguenze filosofiche.
Così dicendo si è risposto, in modo grossolano, ad una domanda che,
presumibilmente, è sorta nel lettore fin dall’inizioμ quale valenza filosofica ha da
1
[Heisenberg 1961], cap. 1, pag.40.
3
offrire il testo del presente lavoro? Cosa ha da offrire Heisenberg alla curiosità di un
lettore filosofico? Illustrare adesso le implicazioni che uno dei princìpi base della
fisica quantistica, quale il princìpio di indeterminazione –
elaborato dal fisico
durante gli anni 20 del ventesimo secolo – sarebbe inadeguato; il tutto verrà trattato
nel seguito del lavoro. Possiamo, in vero, esplicitare immediatamente che dalle
poche parole citate dell’autore in oggetto emerge in toto la sua personalità eclettica.
Prestare attenzione al modo in cui un fisico teorico tenta di approcciarsi alla filosofia,
ai suoi concetti, le sue domande, la sua tradizione, risulta essere davvero interessante
per il lettore. L’intreccio e la dimestichezza con cui vengono affrontati
parallelamente argomenti relativi alla meccanica quantistica e alla tradizione
filosofica antica e moderna, rende Fisica e Filosofia una sfida che va colta dal
lettore, il quale deve impegnarsi a interpretare il pensiero dell’autore che si insinua,
talvolta in maniera davvero oscura, tra formule e parole.
Un’ulteriore risposta alle domande, poste nel precedente paragrafo, alle quali si
è tentato di rispondere, fa appello alla sensibilità del lettore. Rimanere estranei ad
una delle teorie scientifiche più influenti degli ultimi anni, che impegna tutt’oggi
fisici e scienziati di ogni parte del mondo, fa correre il rischio di rimanere del tutto
esclusi da una considerevole porzione di realtà che ci circonda. Sarebbe stimolante,
al contrario, poter intervenire all’interno del dibattito scientifico contemporaneo,
esprimendo opinioni, critiche o confutazioni. Ma ciò che più si rischierebbe di
perdere è la conoscenza di un animo curioso, sensibile, che ha avuto il coraggio di
confrontarsi con una tradizione scientifica consolidata ed una tradizione filosofica
che non rientrava a pieno fra le sue competenze, ricco di ingenuità nel modo di porsi
sempre nuove domande alle quali dare risposte, un animo che ripone grande fiducia,
non nella scienza, ma nell’uomo, nelle sue capacità e nelle sue qualità.
Il lavoro verrà strutturato come segue. Ai fini di una trattazione omogenea e
organica si è preferito procedere seguendo tre diverse aree tematiche. Avendo
individuato un unico filo conduttore che tiene insieme diversi capitoli, in base ad
esso è stato possibile individuare il tema comune ad essi.
Il primo capitolo del presente lavoro mostra, nei suoi aspetti generali, la teoria
dei quanti. Inizialmente, essa sarà inquadrata nel contesto storico in cui prende vita.
Segue la descrizione degli esiti scientifici della così detta interpretazione di
4
Copenaghen, che rappresenta l’ossatura della teoria. In essa si colloca, nello
specifico, il lavoro di Heisenberg e di altri grandi nomi della fisica del tempo. La
fisica dei quanti si pone, successivamente, in relazione con le altre scienze della
natura, quali la chimica e la biologia; si dà spazio anche ad un confronto con la
psicologia. Un problema emerso in seguito alla nascita della teoria è quello relativo
al linguaggio, al quale Heisenberg dedica, all’interno del suo testo, un intero
capitolo. Al termine della trattazione di questo primo tema verranno messe in luce le
critiche mosse all’interpretazione di Copenaghen.
Il secondo capitolo contiene al suo interno i vari riferimenti e confronti con la
filosofia. Dapprima saranno analizzati i pensatori pre-socratici, individuando in essi i
promotori della teoria atomica. Successivamente verranno prese in esame le idee di
Platone, concentrando l’attenzione sul Timeo , opera che ha da sempre suscitato in
Heisenberg grande curiosità e ammirazione. Infine si passerà all’analisi dei principali
esponenti della filosofia moderna, fra i quali Descartes e i pensatori empiristi.
Il terzo ed ultimo capitolo darà spazio ai pensieri più personali dell’autore, il
quale si pronuncia su questioni di tipo etico, quali il ruolo che un uomo di scienza ha
nei confronti della società e del tempo in cui vive. Preme qui ricordare il dramma
vissuto da Heisenberg – e non soltanto – durante gli anni del suo lavoro, gli anni che
hanno visto l’intero mondo coinvolto nell’orrore della seconda guerra mondiale. La
sensibilità dell’autore si esprime al meglio nell’ultimo paragrafo della nostra
trattazione, in cui vengono riportati i pensieri di pace e solidarietà affidati non
soltanto al testo qui in esame ma rintracciabili in tutta l’opera del fisico.
5
Capitolo 1. La teoria dei quanti
1.1 Cenni storici
Il testo Fisica e Filosofia, che il presente lavoro ha come oggetto, si apre con
un capitolo introduttivo in cui vengono descritti i primi passi, fondamentali, che la
fisica quantistica ha percorso. Risulta evidente quanto questo excursus storico sia
necessario al fine di capire al meglio il lavoro di Heisenberg, considerato uno dei
padri della disciplina da noi presa in esame, ma che, senza le ricerche dei suoi
colleghi, non avrebbe di certo potuto compiere le scoperte per il quale oggi viene
investito del ruolo suddetto. Del resto una grande rivoluzione, come quella che la
fisica quantistica ha portato, non solo nel mondo della scienza ma anche nella nostra
visione della realtà, non poteva realizzarsi per mano di un solo uomo ma soltanto
tramite l’operare di più menti. Il nostro autore sembra essere consapevole di ciò e
parlando dei suoi colleghi utilizza parole ricche di ammirazione e gratitudine. La
trattazione che seguirà ha pertanto un doppio scopo: il primo, più manifesto, di dare
al lettore gli strumenti per comprendere al meglio i successivi sviluppi del lavoro; il
secondo è quello di seguire Heisenberg nella celebrazione dei grandi fisici del
recente passato.
Parlare di fisica quantistica non è affatto facile, per cui si cercherà qui di farlo
nel modo più semplice e chiaro possibile, dando soltanto le nozioni base, quelle
necessarie per fornire, più che un’ immagine completa, i contorni di un disegno che
intende rappresentare gli studi della materia da noi trattata.
Iniziamo spiegando l’origine del nome della disciplina. Il primo personaggio
che si incontra è Max Planck, il primo a parlare di quanti. Planck, studiando il
fenomeno della radiazione, notò che le grandezze fisiche elementari non evolvono in
maniera continua, bensì discreta. Quando parliamo di “continuo” possiamo,
intuitivamente, immaginare di disegnare su un foglio con una matita una curva, una
linea, senza staccare mai la matita dal foglio. Se staccassimo la matita e a più riprese
disegnassimo la nostra figura, noteremmo degli stacchi fra un punto e un altro
dell’immagine, i segni della matita non sarebbero contigui fra loro. Queste porzioni
di disegno, divise fra loro da piccoli spazi vuoti, sono come dei piccoli pacchetti,
6
ciascuno dotato di una certa quantità. Le particelle di cui è composta la luce, i fotoni,
non evolvono in modo continuo, ma attraverso “pacchetti” di energiaν questi
pacchetti di energia sono i quanti.
Spiegato il perché del nome, spieghiamo cosa esso designa e cerchiamo di
farlo nel modo più breve. La fisica classica, che possiamo incarnare nel genio di
Isaac Newton, il quale grazie ai suoi studi ha permesso di dare ordine e forma al
mondo che ci circonda, ha volto la sua attenzione agli oggetti macroscopici. Mele,
automobili, palline da golf e persino pianeti obbediscono alle leggi della fisica
classica, in cui è facile determinare dove e quando una pallina, sulla quale abbiamo
esercitato una forza, cadrà. È facile determinare la traiettoria di un proiettile e il moto
dei pianeti del sistema solare. Ma cosa succede quando abbandoniamo il mondo del
macroscopico e ci avventuriamo nel mondo del microscopico? Nel mondo
subatomico, alcune leggi della fisica classica non valgono più e tutto sembra
obbedire a nuove e strane leggi. Il perché di tutto ciò verrà spiegato in seguito. Qui è
opportuno sottolineare il fatto che in un certo momento della storia della scienza,
volendosi addentrare nel mondo degli atomi, degli elettroni, protoni, neutroni e
fotoni – ovvero tutto ciò che compone propriamente il mondo macroscopico – non fu
più possibile applicare le leggi della fisica classica e divenne necessario mettere in
discussione tutto e trovare nuove leggi.
Uno dei primi che seppe al meglio utilizzare le nuove ipotesi di Planck fu
Albert Einstein, «genio rivoluzionario tra i fisici»2, citando le parole del nostro
autore. Il noto scienziato applicò le recenti scoperte all’effetto fotoelettrico,
l’emissione di elettroni da metalli per mezzo dell’influenza della luce. Per spiegare
perché l’energia degli elettroni emessi non dipende dall’intensità della luce ma dal
suo colore, ovvero la sua frequenza, Einstein utilizzò l’ipotesi di Planck «nel senso
che la luce consiste di quanta di energia viaggianti nello spazio»3.
Siamo di fronte ad uno dei grandi paradossi della fisica quantistica. La luce,
che secondo la fisica classica corrisponde ad un’onda, sembra adesso essere
composta da particelle.
Nel tentativo di riuscire a risolvere l’apparente contraddizione fece la sua
comparsa il viennese Erwin Schrödinger: grazie alla sua famosissima equazione che
2
3
[Heisenberg 1961], cap 2, pag. 44.
[Heisenberg 1961], cap. 2, pag. 44.
7
permette di individuare la funzione d’onda ψ, segnò un punto di svolta. Il fisico era
convinto del fatto che «una particella come l’elettrone fosse davvero un’onda di
nuovo tipo, un’onda di materia»4.
Sebbene l’ipotesi di Schrödinger fosse convincente, gli elettroni continuavano
a comportarsi come particelle. Secondo Max Born l’onda associata all’elettrone era
un’onda di probabilità. L’equazione del collega viennese permetteva di indicare la
probabilità di trovare l’elettrone nel punto x al tempo t. Se il valore di ψ è elevato le
probabilità di trovare l’elettrone nel punto x sono alte; se il valore è basso le
probabilità diminuiscono:
Probabilità in matematica o in meccanica statistica significa un’affermazione sul
nostro grado di conoscenza della situazione effettiva. […] L’onda di probabilità
[…] significa una tendenza verso qualche cosa.5
I risultati a cui giunsero questi fisici si accordavano perfettamente con gli studi
di un altro grande scienziato, anch’esso punta di diamante della neonata fisica,
nonché maestro di Heisenberg stesso, Niels Bohr:
Bohr considerò le due immagini – quella corpuscolare e quella ondulatoria –
come due descrizioni complementari della stessa realtà. Ognuna delle due
descrizioni può essere parzialmente vera. 6
Ciò che abbiamo appena citato corrisponde al “principio di complementarietà”
di Bohr, uno dei principi base della teoria dei quanti, fondamentale inoltre per gli
studi e le future scoperte di Heisenberg. In base a questo principio le descrizioni di
onde e particelle sono complementari e non possono pertanto essere osservate
contemporaneamente. Entrambe le descrizioni sono da considerarsi vere ma vanno
messe in relazione l’una con l’altra.
A Bohr si deve altresì una nuova descrizione dell’atomo, il quale si fonda a sua
volta su quella di Rutherford. Una delle prime descrizioni dell’atomo, ad opera di J.J.
Thomson nel 1905 venne denominata “plum pudding model”, ovvero modello a
panettone. Esso prevedeva una carica positiva diffusa in maniera omogenea
all’interno dell’atomo e i vari elettroni disposti in modo disordinato, proprio come
l’uvetta in un panettone, ma questo modello non riusciva ancora a spiegare
4
[Lederman, Hill 2013] pag. 20.
[Heisenberg 1961], cap. 2, pag. 56.
6
[Heisenberg 1961], cap. 2, pag. 56.
5
8
sufficientemente alcune caratteristiche degli atomi. Attraverso alcuni esperimenti,
Rutherford riuscì a invalidare questo modello e a sostituirlo con un altro che
somigliasse al sistema solare, piuttosto che a un panettone. L’atomo presenta al suo
centro un nucleo, in cui è concentrata tutta la massa e la carica positiva dell’atomo, e
attorno ad esso ruotano gli elettroni. Bohr riuscì a rendere più saldo il modello
appena proposto, applicando le nuove scoperte avvenute nell’ambito della fisica e
diede forma al primo modello quantistico di atomo. Agli elettroni sono concesse
determinate orbite, caratterizzate da quantità fissate di energia, in cui ruotare, perché
il loro moto è simile a quello delle onde. L’elettrone assorbe energia solo a pacchetti,
a quanti; assorbita una certa quantità riesce a saltare di livello, di orbita in orbita; nel
far questo emette energia, i fotoni: per questa ragione un corpo riscaldato, come un
metallo, emette luce. Gli atomi emettono luce ma soltanto con colori definiti, che
corrispondono a lunghezze d’onda a valori discreti, discontinui, ovvero quantizzati.
Questo non accadrebbe se all’elettrone, nell’atomo, fosse concessa una gamma
continua di orbite, senza salti o intervalli e lo spettro della radiazione emessa sarebbe
continuo. L’elettrone, assorbita o emessa una certa quantità di energia, invece, salta,
generando uno spettro discreto, con colori definiti.
Nel presente panorama, in cui ci si è imbattuti in grandi nomi della scienza, si
inserisce il lavoro del nostro autore. La breve e sommaria descrizione delle scoperte
che stanno alla base di una delle teorie più complesse di tutti i tempi, quale quella dei
quanti, è servita soltanto a dare un’idea, seppur sfumata, dei problemi, ai quali le
personalità da noi citate hanno dovuto dedicare la propria attenzione e anni di studi.
1.2 L’interpretazione di Copenaghen
Nel 1922 Heisenberg incontrò per la prima volta Bohr a Gottinga. Il giovane
ventunenne Heisenberg, dopo aver assistito alle lezioni di fisica atomica quantistica
tenute da Bohr, iniziò con questi una proficua collaborazione. Da quel momento,
infatti, Heisenberg si dedicò anima e corpo alla fisica quantistica e ai suoi enigmi.
Nel 1924 il nostro giovane fisico trascorse qualche tempo a Copenaghen, per
lavorare a stretto contatto con il maestro Bohr. Da questa collaborazione nasce quella
che viene oggi definita “l’interpretazione di Copenaghen”, l’interpretazione della
fisica quantistica, attualmente, più condivisa dalla comunità scientifica.
9
«L’interpretazione di Copenaghen della teoria dei quanta parte da un
paradosso»7 : qualsiasi esperimento scientifico deve poter essere descritto per mezzo
dei concetti e dei termini della fisica classica. L’uso di questi concetti, tuttavia,
risulta limitato dalle relazioni di incertezza. Gli esperimenti svolti all’interno della
fisica quantistica non portano a risultati ben determinati, così come invece accade
nella fisica classica, bensì portano a risultati probabilistici, o per meglio dire: il
risultato di un esperimento in fisica quantistica sarà una funzione di probabilità:
Nella meccanica newtoniana, ad esempio, noi possiamo cominciare col misurare
la posizione e la velocità del pianeta di cui ci accingiamo a studiare il
movimento. Il risultato dell’osservazione viene tradotto in termini matematici
[…]. In tal modo l’astronomo può predire le proprietà del sistema per qualsiasi
momento del futuro. Può, ad esempio, predire il tempo esatto di un’eclissi di
luna. Nella teoria dei quanta il procedimento è leggermente diverso. Potremmo,
ad esempio, interessarci al moto di un elettrone […] e potremmo determinare con
diversi tipi d’osservazione la posizione iniziale e la velocità dell’elettrone. Ma
questa determinazione non sarà precisa. 8
L’astronomo newtoniano può prevedere con precisione il moto degli oggetti da
lui osservato, i pianeti o la luna. Il fisico che si interessa di particelle, invece, deve
accontentarsi di ricavare dalle sue osservazioni una funzione di probabilità, che,
come abbiamo precedentemente detto, rappresenta soltanto una probabilità, la
probabilità di trovare l’elettrone in un dato punto.
Ci apprestiamo a spiegare il perché di tutto ciò servendoci della descrizione di
uno degli esperimenti più conosciuti e importanti della storia della fisica degli ultimi
anni. Questo è noto come esperimento della doppia fenditura.
Prendiamo un pannello in cui è presente una fenditura e poniamolo in
corrispondenza di una parete. Spariamo delle biglie in direzione del pannello.
Noteremo che sulla parete, in corrispondenza della fenditura, ci saranno i segni
dell’urto delle nostre biglie. Praticando un’altra fenditura, parallela alla prima e
procedendo nel medesimo modo, noteremo anche stavolta i segni delle palline sulla
parete in corrispondenza delle due fenditure. Tutto ciò segue perfettamente le leggi
della fisica classica.
Eseguiamo lo stesso esperimento immergendo il pannello in acqua. Questa
volta osserveremo il comportamento delle onde. Attraversando una sola fenditura
7
8
[Heisenberg 1961], cap. 3, pag. 58.
[Heisenberg 1961], cap. 3, pag. 59.
10
l’onda colpirà con maggiore intensità la banda, ovvero la striscia, di parete che
corrisponde alla scanalatura. Così come accade utilizzando le biglie. Procediamo
praticando la seconda fenditura, anche questa volta parallela alla prima. Il risultato
sarà differente: otterremo un modello di interferenza, ovvero, nella nostra parete si
registreranno diverse bande, che corrispondono all’intensità dell’onda che colpisce la
parate. Non avremo soltanto due bande, come nel caso delle biglie. Questo avviene
perché le onde passando per le due scanalature si sovrappongono, generando altre
onde, destinate anch’esse ad interferire; pertanto gli effetti nella parete saranno quelli
di più onde che si scontrano su di essa.
Eseguiamo adesso lo stesso esperimento proiettando un fascio di luce. Se
abbiamo una sola scanalatura, nella parete, che in questo caso è stata sostituita da una
lastra fotografica, avremo in corrispondenza della fenditura una sola banda, una sola
striscia di luce. Come nel caso delle biglie. Pratichiamo adesso la seconda fenditura:
il risultato è un modello di interferenza, come nel caso delle onde; nella lastra
noteremo diverse bande. Il risultato portò gli scienziati ad eseguire nuovamente
l’esperimento, proiettando un fascio di luce debolissimo, avendo così la possibilità di
osservare i singoli fotoni, ovvero le particelle di cui è composta la luce. Il risultato fu
identico, quindi ancora più sorprendente. Un fotone, passando per le due scanalature
produceva un modello di interferenza nella lastra, come se si fosse sdoppiato per
passare da entrambe le fenditure e avesse pertanto interferito con se stesso.
Appare piuttosto evidente la natura della luce: essa può essere rappresentata sia
come corpuscolo che come onda.
Per cercare di venire a capo dell’enigma venne nuovamente eseguito
l’esperimento, esaminando questa volta direttamente il comportamento delle
particelle, affiancando ad una delle due fenditure un apparecchio di misurazione in
grado di registrare il passaggio della particella, se e quando questa fosse
effettivamente passata dalla scanalatura. La particella attraversa la scanalatura ma
questa volta non genera un modello di interferenza bensì produce gli effetti di una
biglia; nella lastra fotografica noteremo che il segno prodotto dalla particella è
esattamente in corrispondenza della fenditura:
11
Ora, si tratta di un risultato molto strano, giacché sembra indicare che
l’osservazione gioca un ruolo decisivo nell’evento e che la realtà varia a seconda
che noi l’osserviamo o no. 9
Non possiamo che condividere le parole di Heisenberg, il risultato è davvero
molto strano. Possiamo dirci abituati all’idea di una particella che sia onda ed anche
corpuscolo. Ma questo esperimento sembra suggerire un’altra idea, quella che le
particelle abbiano una qualche coscienza in grado di percepire la presenza di un
osservatore e, non solo, nel caso in cui le particelle siano osservate, queste cambiano
il loro comportamento. Sebbene non sia stata smentita in alcun modo questa ipotesi,
è da considerare troppo fantasiosa, persino per la fisica quantistica.
Senza dubbio possiamo dire che le particelle esibiscono la propria doppia
natura di onda e particella non contemporaneamente. Come giustificare questo
bizzarro comportamento? L’osservazione gioca un ruolo fondamentale. L’aspetto,
per così dire, soggettivo, rappresentato dalla presenza di un osservatore, interferisce
in modo decisivo sulla natura del sistema osservato, ovvero sull’oggetto
dell’osservazione. Questo però non significa che senza osservatore non esista
l’oggetto ma che l’osservatore interviene, seppur in modo non volontario, con
l’oggetto, limitando, come in questo caso, le possibilità che il sistema avrebbe se non
subisse alcuna interferenza.
Possiamo sinteticamente esprimere ciò che abbiamo finora detto nel seguente
modo: il prodotto delle incertezze relative alla posizione e alla quantità di moto di
una particella è sempre maggiore o uguale di un numero pari alla costante di Planck
divisa per quatto volte π .
Quello che abbiamo appeno enunciato è il principio di indeterminazione di
Heisenberg. Il principio esprime l’impossibilità di conoscere con esattezza due
variabili incompatibili10, quali ad esempio la quantità di moto e la posizione di una
particella. Se conosciamo la quantità di moto, o meglio, se riusciamo a determinarla
in maniera molto precisa, automaticamente rendiamo impossibile determinare in
maniera altrettanto precisa la sua posizione, e viceversa. Definire la traiettoria di una
particella in modo preciso è dunque un compito per nulla semplice. Possiamo
concentrare la nostra attenzione soltanto su una delle due variabili ma non su
9
[Heisenberg 1961], cap. 3, pag. 67.
Per variabili incompatibili si intendono due grandezze fisiche che non possono essere misurate
contemporaneamente.
10
12
entrambe, poiché concentrandoci su una di esse rendiamo imprecisa la conoscenza
dell’altra. Questa incertezza non è dovuta a strumenti di misurazione poco precisi o
inefficaci o ad osservatori disattenti, ma è la natura ad essere indeterminabile. Del
resto l’esperimento della doppia fenditura ha dimostrato quanto l’osservazione sia
importante.
Prima di trarre le nostre conclusioni ci concediamo la descrizione di un altro
esperimento, anch’esso estremamente noto, al fine di poter davvero considerare tutte
le conseguenze che la fisica quantistica porta.
L’esperimento mentale è ad opera di Schrödinger. Mettiamo all’interno di una
scatola di acciaio un gatto, una fialetta contenente una sostanza radioattiva, in una
quantità tale da permettere che, forse, nell’arco di un’ora uno dei suoi atomi decadrà
– la probabilità è del cinquanta per cento –, mettiamo anche un contatore Geiger, in
grado di rilevare il decadimento dell’atomo, qualora questo avvenga, ed infine una
fialetta di veleno che uccida il gatto. Il veleno è collegato a un martelletto che ne
distruggerà il contenitore e che verrà attivato nel momento in cui il contatore Geiger
avrà rilevato il decadimento. Passata un’ora il gatto sarà vivo o morto? Non
possiamo stabilirlo se non al momento in cui decidiamo di aprire la scatola. Fino a
quando cioè facciamo collassare una delle due possibilità che, se la scatole non
venisse aperta, continuerebbero a coesiste contemporaneamente. Il paradosso è
proprio questo, finché non apriamo la scatola, i due stati – il gatto vivo, il gatto morto
– si sovrappongono. Soltanto quando interveniamo sul sistema una delle due
possibilità si realizza. Ancora una volta è l’osservazione a modificare gli effetti:
L’osservazione stessa cambia la funzione di probabilità in modo discontinuo;
essa sceglie fra tutti gli eventi possibili quello che realmente ha avuto luogo. […]
Perciò il passaggio dal “possibile” al “reale” ha luogo durante l’atto
d’osservazione. […] Il passaggio dal possibile al reale si verifica non appena
l’interazione dell’oggetto e del dispositivo di misurazione, e quindi del resto del
mondo, è entrata in gioco. 11
Non possiamo pretendere di ottenere risultati coerenti nel mondo subatomico
utilizzando i concetti della fisica classica, poiché in essa tutto è perfettamente
prevedibile, calcolabile, misurabile e quantificabile in modo certo e sicuro.
All’interno del mondo delle particelle possiamo fare affidamento soltanto sulla
11
[Heisenberg 1961], cap. 3 pag. 69-70.
13
probabilità. Per questa ragione i risultati a cui la fisica quantistica porta sono funzioni
di probabilità, sono risultati statistici, mostrano una serie di possibilità che possono
realizzarsi. Prevedere quale di esse si verifichi con assoluta certezza è impossibile.
La grande differenza fra la fisica classica e la fisica quantistica è proprio la
pretesa di assolutezza a cui la prima tende. La seconda ha dimostrato quanto questa
pretesa non sia perfettamente in sintonia con il carattere della natura. La pretesa di
creare un mondo di leggi deterministiche, un mondo in cui il rapporto causa-effetto
sia sempre rintracciabile e tutto sia perfettamente calcolabile è del tutto vana, dal
momento che il mondo della natura è governato da leggi non causali, da particelle
che sono sia onde che particelle, da possibilità che coesistono senza entrare in
contraddizione. L’affermazione che la natura non sia retta da leggi causali non
significa che essa sia in balia del caso, il non causale non corrisponde infatti al
casuale. In natura possiamo rintracciare delle leggi, pertanto non siamo autorizzati a
parlare di caso, ma queste leggi non sono deterministiche bensì non causali, sono
funzioni di probabilità.
Il mondo che noi osserviamo è soltanto una delle tante possibilità che la natura
ha messo in atto nell’esatto istante in cui noi abbiamo deciso di osservarla.
La nostra presenza, la nostra osservazione, il nostro intervento all’interno del
mondo in cui viviamo è davvero decisivo e rilevante, questo di certo ci rassicura. Ma
ricordiamo quante possibilità la natura abbia e quante poche diventano reali.
Appare adesso chiaro quanto la fisica quantistica abbia stravolto le coscienze,
non soltanto di scienziati e fisici. I suoi enigmi, i suoi paradossi hanno rilevato tutte
le possibilità che la natura ha sempre avuto e che anni di rigore scientifico e leggi
deterministiche hanno tenuto all’oscuro.
Il Principio di indeterminazione di Werner Heisenberg sembra pertanto il
miglior modo possibile di descrivere questo nuovo mondo, con tutte le sue
possibilità.
1.3 Teoria quantistica e scienze della natura
Possiamo mettere da parte per un istante i complicati esperimenti ideali o di
laboratorio e seguire Heisenberg nell’interessante trattazione di un capitolo che
prevede una riflessione sui rapporti non solo della teoria quantistica con gli altri rami
14
della scienza della natura ma in generale del rapporto che vi è fra gli altri vari rami
delle scienze. All’interno del capitolo in questione emergono le idee personali
dell’autore riguardo al suddetto rapporto, un’idea affascinante che merita senz’altro
di essere brevemente accennata.
Le scienze vengono divise seguendo un ordine gerarchico, il cui criterio è il
grado di oggettività. Una scienza sarà tanto più oggettiva quanto più può essere posta
fuori di noi. Procedendo per gradi andremo incontro a scienze con un alto grado di
soggettività:
Con la parola “soggettivo” si indica soltanto che […] non è forse possibile
prescindere dal fatto che noi stessi siamo strettamente implicati nelle
connessioni.12
La fisica rappresenta il primo grado di questa gerarchia, in cui i fenomeni sono
altamente oggettivati. All’interno della fisica stessa però sono presenti diversi livelliμ
il primo è costituito dalla meccanica newtoniana, il secondo dalla termodinamica, il
terzo dall’elettricità e magnetismo e il quarto, l’ultimo, è costituito dalla teoria dei
quanti, nella quale abbiamo già avuto modo di vedere quanto l’elemento
“soggettivo” sia influente. Ogni grado racchiude in sé il precedente ed è possibile
una traduzione, seppur non precisa, dei livelli più alti nei termini dei livelli più bassi.
Procedendo oltre troviamo la chimica, ritenuta da Heisenberg la disciplina più
simile alla fisica. Attraverso le leggi della meccanica e applicando le teorie della
fisica dei quanti, alcuni concetti chimici sono diventati più comprensibili e hanno
ricevuto una formalizzazione più accurata. Il comportamento degli atomi, ad
esempio, può essere spiegato attraverso i concetti della fisica, di conseguenza i
processi chimici che in essi avvengono, sono divenuti più chiari. Ad esempio i
legami chimici, che tengono uniti gli elementi, presenti all’interno delle molecole –
come l’acqua – sono possibili poiché intervengono in essi forze elettrostatiche. Il
livello della fisica sembra pertanto fungere da sostegno al grado successivo della
chimica, in cui, è chiaro, non valgono soltanto le leggi fisiche ma intervengono altri
tipi di leggi, prettamente chimiche e inspiegabili secondo i criteri della fisica.
Il grado superiore è occupato dalla biologia. Se la chimica e la fisica godevano
di una certa somiglianza, la biologia si discosta parecchio dalle precedenti discipline.
12
[Heisenberg 2002], pag. 78.
15
Secondo l’interpretazione darwiniana è possibile ridurre i processi biologici a quelli
chimici e fisici, basta soltanto introdurre il concetto di “storia”. I processi biologici,
gli organismi in generale, hanno avuto la possibilità di evolversi nel tempo,
attraverso diversi millenni e diverse mutazioni; la natura ha selezionato gli
organismi, con annesse funzioni chimiche, più adatti alla sopravvivenza.
Ma a questa interpretazione se ne contrappone un’altra, che sembra godere di
un maggior sostegno da parte dell’ autore e che anche noi condividiamoμ l’ipotesi
sopra descritta potrebbe valere per gli organismi viventi semplici, ma nel caso di
organismi più complessi, come ad esempio l’uomo, non è possibile ridurne i
comportamenti a semplici funzioni fisiche o chimiche.
Per spiegare questi fenomeni più propriamente umani entra in scena la
psicologia. Ancora più che in biologia la psicologia sembra lontana dai gradi
inferiori e mettere in atto una riduzione di questa ai risultati delle precedenti
discipline risulta davvero difficile:
Noi, a dispetto del fatto che gli eventi fisici del cervello appartengano ai
fenomeni psichici, non ci aspettiamo che possano essere sufficienti a spiegarli.
Né avremmo il minimo dubbio sul fatto che il cervello agisce come un
meccanismo fisico-chimico se trattato come tale; ma per comprendere i fenomeni
psichici noi cominceremmo dal fatto che la mente umana entra insieme come
oggetto e come soggetto nel processo scientifico della psicologia. 13
Se vogliamo interpretare le funzioni del cervello come funzioni fisico-chimiche
siamo liberi di farlo ed otterremmo anche dei discreti risultati. Ma non riusciremo in
ogni caso a spiegare tanti fenomeni, in quanto il grado di soggettività è
vertiginosamente alto.
I gradi successivi, secondo l’autore, appartengono alle “forze creative”, quali
l’arte o la religione in cui l’aspetto soggettivo prevale o si sostituisce totalmente a
quello oggettivo.
La gerarchia descritta appare, pertanto, per nulla rigida. Sebbene non sia
possibile ridurre i gradi superiori ai primi, è sempre possibile attuare la traduzione
sopra detta:
Si vede che il mondo è stato ora diviso non in diversi gruppi di oggetti ma in
diversi gruppi di connessioni. […] Il mondo appare così come un complicato
13
[Heisenberg 1961], cap. 6, pag. 127.
16
tessuto di eventi, in cui rapporti di diverso tipo si alternano, si sovrappongono e
si combinano determinando la struttura del tutto.14
Il sistema delle scienze della natura rappresenta pertanto un sistema di
connessioni, in cui i vari ambiti, le varie discipline, sono intimamente connesse in un
intreccio elastico. La teoria dei quanti si inserisce pertanto all’interno di un coro, il
cui scopo è quello di descrivere al meglio il tutto organico che ci circonda.
1.3 Il problema del linguaggio
Fra i tanti problemi a cui Heisenberg e i suoi colleghi hanno tentato di porre un
rimedio vi è quello del linguaggio. Il problema sorto in merito era il seguente: il
linguaggio usato fino a quel momento in fisica era davvero adatto a descrivere le
recenti scoperte? Se la risposta è negativa in che modo comunicare queste scoperte?
E, ancora, come rendere comprensibile a un non addetto ai lavori le conclusioni a cui
la teoria dei quanti è giunta? Dopotutto, come in altre occasioni si è già detto, la
teoria dei quanta merita di essere conosciuta anche dai non fisici.
Cerchiamo di rispondere ai sopradetti quesiti. Heisenberg è validamente
convinto del fatto che l’unico modo per esprimere al meglio i risultati a cui si è giunti
sia quello di ricorrere al linguaggio matematico. Sufficientemente astratto e preciso,
il linguaggio dei numeri è di certo il più indicato. Ma questo escluderebbe quasi del
tutto la gente comune. Interpretare equazioni e formule non è cosa da poco e non è
cosa da tutti. Per facilitare la comunicazione è utile servirsi del linguaggio comune,
del linguaggio ordinario. Il nostro autore sa bene quanto parlare di “linguaggio” sia
problematico e fa appello all’esperienza del lettore riguardo ad un argomento del
genere. Sappiamo bene, infatti, quanto una parola possa nascondere diversi
significati e quanto sia facile creare equivoci. Parlare di fisica quantistica utilizzando
il linguaggio quotidiano, pertanto, è davvero un’impresa ardua.
È necessario ricorrere ad un lessico tecnico. Il lessico tecnico in fisica si
riferisce alla fisica classica. Sappiamo inoltre quanto la fisica quantistica si allontani
da quella classica. I suoi concetti e i suoi termini non sono del tutto appropriati al
mondo dei quanti.
14
[Heisenberg 1961], cap. 6, pag. 129.
17
Il disagio creato da questa diversità fu, per i primi fisici quantistici, enorme. I
concetti di particella, onda, atomo, causa ed effetto non potevano essere utilizzati con
leggerezza nel mondo dei quanti.
Creare nuovi termini sarebbe stato di certo bizzarro, un compito che
Heisenberg affida ai poeti. L’unica soluzione sembrò quella di utilizzare i termini
della vecchia fisica ma con dovuta cautela. Dopotutto i concetti della fisica classica
erano il fondamento su cui è potuta sorgere la fisica quantistica, ugualmente il
linguaggio della fisica classica può fungere da supporto alla neonata fisica.
Così nei libri di fisica quantistica leggiamo termini quali onda-particella, e tanti
nuovi vocaboli che sarebbe stato impensabile trovare in un testo rigoroso di fisica:
indeterminazione, incertezza, possibilità, probabilità.
Termini dai toni che possono sembrare vaghi sono gli unici adatti a descrivere i
fenomeni a cui i nuovi fisici assistono:
Ma gli atomi e le stesse particelle elementari […] formano un mondo di
possibilità e di potenzialità piuttosto che un mondo di cose o di fatti.15
Heisenberg giustifica la difficoltà riscontrata nell’ambito del linguaggio
ricordando che il mondo subatomico è un mondo di possibilità e parlare di possibilità
in maniera certa è davvero difficile. Siamo oltremodo convinti, quindi, di quanto il
linguaggio, in questa disciplina, sia da considerarsi un “problema” e condividiamo il
disagio che esso comporta. Ricordiamo il gatto nella scatola: era vivo e morto al
contempo, non esiste ancora un termine in grado di riferirsi alla sovrapposizione di
differenti stati contemporaneamente, non esiste ancora un linguaggio della
possibilità.
1.4 Critiche all’interpretazione di Copenaghen
L’interpretazione di Copenaghen è oggi la più valida. La ricerca e gli
esperimenti continuano ad andare avanti, portando la teoria a livelli di precisione
sempre più elevati. Il cammino della fisica quantistica è ancora lungo ma la via
continua ad essere quella percorsa dai primi pionieri della disciplina. Il principio di
indeterminazione è la base su cui si fondano tutte le nuove scoperte ed il metro con
cui viene valutata ogni nuova proposta.
15
[Heisenberg 1961], cap. 10, pag. 217.
18
Non è difficile pensare, però, quanto questa teoria abbia creato dissensi e
quanto poco sia stata accettata durante i suoi primi anni di vita.
In generale, la critica che viene mossa più di frequente alla teoria riguarda il
forte peso che viene attribuito all’osservazione. Einstein e Schrödinger, ad esempio,
condividevano l’idea che oltre la nebulosa probabilistica proposta dalla teoria dei
quanti, vi fosse ancora un mondo determinatamente ordinato. Era questione di
tempo, la teoria quantistica sarebbe stata considerata soltanto una fase e presto si
sarebbe tornati all’ordine della fisica classica.
Compito della scienza è descrivere il mondo in maniera oggettiva, i fisici
quantistici non erano all’altezza di questo compito e non potevano essere pertanto
considerati dei veri scienziati.
Le innumerevoli, apparenti, contraddizioni presenti nella teoria, non erano
ammissibili, non era possibile fondare una nuova fisica su concetti così poco chiari
che si discostavano così tanto da quelli classici. Era la fisica quantistica ad essere in
errore.
Heisenberg risponde alle critiche sostenendo, ancora una volta, che tutte le
incomprensioni nate sono causate da un linguaggio che non permette un’accurata
analisi dei risultati quantistici. Ricorda ai suoi colleghi che compito della scienza è
descrivere la natura, e se essa risulta influenzata dalla nostra osservazione non siamo
autorizzati ad ignorare il fenomeno.
Chi non rimane sconcertato dalla fisica quantistica non l’ha capita fino in
fondo. Le sue interpretazioni sulla realtà appaiono inizialmente contro intuitive. Ma
la coerenza alla quale sono giunti anni di esperimenti e ricerca non può lasciarci
ancora scettici.
Se non siamo ancora riusciti a comprendere questa disciplina non dobbiamo lasciarci
scoraggiare. Uno degli insegnamenti, che qui riteniamo fondamentali, che possiamo
trarre da questa teoria è che il mondo è pieno di possibilità, non darne neanche una
alla fisica dei quanti sarebbe davvero un grave errore.
19
Capitolo 2. Confronto con la tradizione filosofica
Per procedere oltre nel nostro lavoro dobbiamo fare una precisazione
riguardante il contenuto del presente capitolo. Heisenberg parla di filosofia in qualità
di appassionato della disciplina. La sua grande curiosità nei confronti della filosofia e
dei suoi protagonisti lo ha portato spesso a leggere opere filosofiche di diverse
epoche, approfondendo varie tematiche. L’approccio rimane ugualmente quello di un
lettore curioso. Questo implica una conoscenza non troppo dettagliata di un campo
che, al pari della fisica, richiede, per poter essere compreso fino in fondo,
competenze specifiche.
Chi è del settore sa bene quanto sia problematico parlare di filosofia antica ed
in particolare dei pensatori pre-socratici. In questo caso, ad esempio, spesso è
necessario compiere un attento studio filologico ed un’accurata analisi delle fonti.
Tutto questo rimane estraneo all’approccio di Heisenberg, la cui lettura dei filosofi
antichi si attiene ad un’interpretazione piuttosto immediata del testo.
Non dobbiamo però in nessun modo accusare Heisenberg di superficialità o
giudicare le sue riflessioni in merito alla filosofia banali e inopportune.
Crediamo sia ammirevole l’interesse nutrito dal fisico, il quale dimostra
un’autentica curiosità e non manca mai di sottolineare quanto lo studio della filosofia
sia stato fondamentale al fine della sua formazione professionale e, più in generale,
intellettuale.
Alla luce di ciò, il lettore del presente lavoro, potrà, forse, apprezzare ancora di
più l’impegno dimostrato dal fisico nell’intento di esprimere le sue considerazioni in
merito ad un ambito che non rientra propriamente nelle sue competenze.
2.1 Origine della scienza atomica
L’origine del concetto di atomo risale alla filosofia antica, ancor prima della
nascita della scienza moderna intorno al diciassettesimo secolo. Heisenberg ritiene
interessante paragonare l’originaria concezione di atomo all’attuale posizione
sostenuta nelle scienze naturali nei confronti del medesimo concetto.
20
L’idea di atomo è nata per dare una soluzione ai seguenti problemi: individuare
la causa materiale di tutte le cose e cercare di ridurre ogni cosa a un principio unico.
Queste problematiche, secondo l’opinione del fisico, che condividiamo apertamente,
non hanno ottenuto ancora una soluzione. Ed è proprio il tentativo di trovarne una
che alimenta la passione di filosofi e fisici, i quali condividono il medesimo scopo,
seppur intraprendendo percorsi differenti.
Nel sesto secolo a.C. fu Talete uno dei primi pensatori che cercò di dare una
risposta alle suddette domande, attribuendo all’elemento dell’acqua le caratteristiche
di causa materiale e principio unico, definendola «sostanza fondamentale, di cui tutte
le altre cose fossero forme transitorie»16.
Anassimene considerava questa sostanza fondamentale l’aria. Un passo
successivo sembrò averlo compiuto Eraclito, il quale riteneva che il principio unico
fosse il cambiamento. Non essendo questo qualcosa di materiale ma astratto e non
potendo pertanto attribuirgli anche il ruolo di causa materiale, esso viene
rappresentato nella filosofia eraclitea dal fuoco: materia e forza motrice di tutte le
cose.
L’idea di far derivare da un’unica sostanza la varietà delle cose e la
molteplicità degli eventi venne abbandonata da Empedocle. Egli ipotizzò che gli
elementi fondamentali fossero quattro: acqua, terra, aria e fuoco; questi elementi, o
radici, vengono mescolati grazie all’Amore e divisi dalla Contesa. Per la prima volta
viene sostenuta l’idea che la mescolanza o la separazione di sostanze diverse può
spiegare la molteplicità delle cose. Questa idea venne accentuata da Anassagora,
secondo il quale esistevano infiniti semi piccolissimi di cui erano composte tutte le
cose e che non potevano essere ridotti ai quattro elementi di Empedocle. Tutti i tipi
di semi si trovano in ogni cosa, «solo la proporzione può mutare da una cosa
all’altra»17; i semi sono sempre tutti presenti ma in quantità diverse ed è la
proporzione di queste quantità che determina la differenza fra una cosa e l’altra.
Il passo da questa idea a quella di atomo fu breve. Per la prima volta nella
storia, grazie a Leucippo e Democrito, venne utilizzato il concetto di atomo, ovvero:
16
17
[Heisenberg 1961], cap. 4, pag.76.
[Heisenberg 1961], cap. 4, pag.82.
21
L’idea dell’esistenza di piccolissime particelle ultime – noi diremmo particelle
elementari – come componenti fondamentali della materia. 18
Queste particelle, che Heisenberg paragona immediatamente alle particelle
elementari di cui la fisica contemporanea parla, vengono denominate atomi, dal
greco ἄτομος la cui traduzione è “indivisibile”, in quanto il termine nasce
dall’unione di alfa privativo e del verbo τέ
ω, tagliare. La prima caratteristica che
viene attribuita a queste particelle è dunque, secondo il pensiero di Democrito,
l’indivisibilitàμ gli atomi sono la «la minima indivisibile unità di materia»19. Ma
questi atomi sono anche eterni e indistruttibili ed hanno grandezza finita. Gli atomi
inoltre si muovono nello spazio, e il loro moto è possibile grazie alla presenza del
vuoto. Muovendosi hanno la possibilità di incontrarsi e aggregarsi, da questa
aggregazione nasce la materia, la varietà delle cose. La proprietà più importante che
gli atomi posseggono è l’esistenza. L’atomo è ciò che più in massimo grado esiste,
ciò che permette l’esistenza di ogni cosaμ
Ma [gli atomi] non avevano altre proprietà fisiche. Non avevano né colore né
odore né gusto. Le proprietà della materia che percepiamo con i sensi si suppone
che siano prodotte dai movimenti e dalle posizioni degli atomi nello spazio.
Come con le stesse lettere dell’alfabeto si possono scrivere sia una tragedia che
una commedia, così la moltitudine degli eventi di questo mondo può venire
realizzata dagli stessi atomi attraverso diverse guise di ordinamento e di
movimento. 20
Paragonati alle lettere dell’alfabeto che possono dare origine a diverse
composizioni, gli atomi devono poter spiegare la differenza dei fenomeni e le qualità
della materia. Ma per far questo non possono possedere tutte queste qualità.
Democrito ha pertanto privato l’atomo di tutte quelle proprietà sensibili, lasciando la
qualità dell’indivisibilità, dell’essere e del movimento.
Senza addentrarci oltre nella descrizione dell’impianto filosofico democriteo,
abbiamo a disposizione tutto ciò che serve per mettere in atto il confronto del
concetto di atomo del filosofo greco con quello della fisica di oggi.
Possiamo immediatamente far notare che oggi l’atomo non è più considerato
la “minima unità della materia”, questa definizione può essere, semmai, attribuita
alle particelle elementari di cui è composto l’atomo, come elettroni, neutroni, etc. :
18
[Heisenberg 1961], cap. 4,pag. 82.
[Heisenberg 1961], cap. 4,pag.82.
20
[Heisenberg 1961], cap. 4,pag.83.
19
22
Se ci poniamo la domandaμ che cos’è una particella elementare, noi diciamo, ad
esempio, semplicemente un neutrone, ma non possiamo darne una raffigurazione
bene definita né spiegare che cosa esattamente intendiamo con questa parola.
Possiamo usare varie raffigurazioni e descriverlo una volta come una particella,
una volta come un’onda o come un complesso d’onde. Ma sappiamo che nessuna
di queste descrizioni è precisa.21
Una particella subatomica, come un neutrone, non ha di certo né odore né
colore, come gli atomi di Democrito, e sappiamo anche che è capace di muoversi
nello spazio, per certi versi, quindi, è simile agli atomi descritti dal filosofo greco.
Ma ancora una volta Heisenberg ci riporta nel mondo complesso della fisica
quantistica affermando che dell’atomo noi, oggi, non possiamo dare alcuna
definizione precisa. Sappiamo fin troppo bene quanto sia bizzarro il comportamento
delle particelle – ricordiamo ad esempio i fotoni – e quanto sia pertanto difficile
darne una definizione:
L’unica cosa alla quale si può ricorrere è una funzione di probabilità. […] è una
possibilità di essere, una tendenza ad essere. Perciò la particella elementare della
fisica moderna è ancor più astratta dell’atomo dei Greci.22
Le particelle elementari della fisica non posseggono neanche la qualità
fondamentale dell’essere, sono descritte come una possibilità, una tendenza ad
essere. Democrito ha potuto descrivere i suoi atomi utilizzando proprietà ben
definite, un fisico oggi può parlare delle particelle elementari usando soltanto una
funzione di probabilità. Siamo d’accordo con l’affermazione di Heisenberg, la
particella dei Greci sembra essere qualcosa di molto più concreto, la particella degli
scienziati contemporanei è talmente astratta da non potergli attribuire rigorosamente
neanche una qualità. Ma nonostante ciò oggi le descrizioni dell’atomo sono da
considerarsi altamente precise e rigorose, in quanto poggiano su un terreno molto
solido, reso tale dalle numerose conferme che gli esperimenti hanno portato. Le idee
democritee, per quanto sorprendenti, sono delle ipotesi, speculazioni filosofiche che
non avevano alcun fondamento scientifico, poiché non sono state verificate da
nessun genere di esperimento o dimostrazione.
Gli esperimenti eseguiti in ambito atomico hanno persino dimostrato che le
particelle elementari non sono né indistruttibili né eterne. Se due particelle si urtano
21
22
[Heisenberg 1961], cap. 4, pag.87.
[Heisenberg 1961], cap. 4, pag.87.
23
molte nuove particelle possono crearsi dall’energia emessa dalla vecchie – che
scompaiono – in seguito all’urto.
Riteniamo, con Heisenberg, che le ipotesi dei filosofi greci siano da
considerarsi geniali. Alcune considerazioni dei pensatori di cui abbiamo parlato si
sono avvicinate sorprendentemente ai risultati ottenuti dalla fisica moderna. È chiaro
che studi e strumenti tecnici sempre più raffinati hanno permesso al progresso
scientifico di evolversi, discostandosi alquanto da vecchie teorie e talvolta trovando
risposte a domande formulate migliaia di anni fa.
Crediamo che il motivo per cui Heisenberg ha voluto dedicare alcune pagine
del suo testo al racconto dell’origine della scienza atomica, sia il conforto e lo
stupore di aver trovato nella filosofia greca del sesto secolo a.C. le stesse domande
alle quali il fisico ha tentato di dare delle risposte tramite i suoi studi.
2.1.1
Il Timeo di Platone
Se Democrito gode di una certa stima da parte di Heisenberg, le simpatie di
quest’ultimo sono tutte rivolte a Platone. Il fisico sostiene che, ancor più dei presocratici, è Platone ad aver descritto meglio e in maniera conforme alla fisica
quantistica la struttura della materia e il rapporto che intercorre fra questa e le sue
parti fondamentali. È grazie alla lettura del Timeo, nei primi anni di liceo, che
Heisenberg scopre il pensiero di Platone riguardo la nascita del mondo e la sua
struttura materiale. Fin da subito il futuro fisico avverte una profonda sintonia fra sé
e il grande filosofo greco. Negli anni questo legame intellettuale si rafforza sempre di
più e porta Heisenberg a considerare Platone, non soltanto uno dei più grandi
pensatori che la storia abbia mai avuto, ma anche un precursore, per certi versi, delle
sue stesse idee.
Il Timeo è il dialogo in cui viene descritta, per mezzo di un mito, l’origine
dell’universo e in cui fa la sua comparsa la figura emblematica del Demiurgo. In
questa sede non entreremo nei dettagli del famoso e complesso dialogo platonico ma
faremo soltanto riferimento a ciò che Heisenberg afferma all’interno di Fisica e
Filosofia riguardo ad esso. A tal proposito, il nostro lettore sappia che il fisico cita
spesso Platone e il Timeo all’interno delle sue opere, ma dal momento che oggetto
del nostro lavoro è il testo Fisica e Filosofia, faremo riferimento soltanto ad esso.
24
Non indugiando oltre, dobbiamo fornire un’altra informazione riguardo al
dialogo in questione: in esso vi sono forti richiami e riferimenti alle dottrine
pitagoriche:
Sembra che i Pitagorici siano stati i primi ad intendere la forza creativa inerente
alle formulazioni matematiche. La loro scoperta che due corde suonano in
armonia se le loro lunghezze sono in rapporto semplice dimostra cosa possano le
matematiche per l’intelligenza dei fenomeni naturali. 23
Al nostro orecchio un complesso di note appare armonico quando in esso sono
in atto alcune relazioni matematiche, sebbene non se ne abbia coscienza. La
matematica è indispensabile per lo studio dei fenomeni naturali che sembrano essere,
del resto, governati proprio da leggi matematiche. Individuandole si può intendere la
grande armonia della natura. Avvolta in un alone di misticismo, per i Pitagorici, la
matematica era l’oggetto privilegiato dei propri studi in quanto in essa sembrava
fondarsi il mistero della vita.
Platone era a conoscenza di alcune dottrine pitagoriche e in particolare della
loro scoperta riguardo ai solidi regolari e alla possibilità di combinarli con gli
elementi descritti da Empedocle. Platone descrive, all’interno del dialogo, l’elemento
terra come un cubo, l’aria come un ottaedro, il fuoco come un tetraedro e l’acqua
come un icosaedro. Possiamo considerare i quattro elementi, rappresentati dai solidi
regolari, atomi. Platone dimostrò che essi non erano indivisibili poiché i solidi
regolari vengono costituiti per mezzo di due triangoli base, l’equilatero e l’isoscele,
che uniti formano la superfice dei solidi. Gli elementi possono perciò essere
trasformati l’uno nell’altro, combinando diversamente i triangoli che li costituiscono:
Ma i triangoli fondamentali non possono essere considerati come materia giacché
essi non hanno estensione spaziali. L’unità della materia si crea soltanto quando i
triangoli si mettono insieme per formare un solido regolare. Le più piccole
particelle di materia non sono gli Enti fondamentali, come nelle filosofia di
Democrito, ma sono forme matematiche. 24
Questo passaggio può risultare oscuro se non si tiene bene in mente la dottrina
delle idee di Platone. I triangoli di cui qui si parla non sono triangoli concreti, formati
da qualche materiale in particolare, ma l’idea di triangolo. Questa idea, o forma va ad
informare la materia da cui nascono le cose sensibili.
23
24
[Heisenberg 1961], cap. 4, pag.84.
[Heisenberg 1961], cap. 4, pag.86.
25
Ciò che ci permette di comprendere il mondo è, in Platone, l’idea, la simmetria
matematica che soggiace e ordina i fenomeni della natura.
Come i corpi regolari della filosofia platonica, le particelle elementari della
fisica sono determinate da condizioni matematiche di simmetria. Per la fisica,
all’origine non c’è più l’oggetto materiale ma la simmetria matematica. Per
descrivere le particelle ci si serve di funzioni di probabilità, funzioni matematiche.
Secondo Heisenberg l’origine dell’universo è legata ad un principio unico, in
senso metafisico e strettamente filosofico, e questo è la matematica, che governa il
mondo materiale.
Il fondamento del mondo è un qualcosa di incorporeo, di ideale. Per
comprendere i fenomeni della natura dobbiamo pertanto individuare per prima la
struttura ideale, matematica, che li compone. La forma precede la sostanza.
Nell’esprimere queste opinioni Heisenberg, all’interno del suo testo, appare
talvolta poco chiaro. Possiamo sinteticamente qui riassumere il nocciolo del suo
pensiero in merito alla filosofia platonica. L’astrattezza, dovuta anche al ricorso del
mito, con il quale Platone parla della nascita del mondo e delle particelle di cui esso è
composto, è notevolmente vicina al modo in cui oggi possiamo parlare del mondo
subatomico. Il fondamento della natura e del mondo sensibile non è qualcosa di
altrettanto materiale, bensì un insieme di leggi caratterizzate da una forte simmetria
che dà armonia ed ordine ai fenomeni. Possiamo renderci conto di ciò osservando le
corde – o le forme create da un caleidoscopio – e l’armonia che il loro movimento
produce, armonia che è data da formulazioni matematiche. Questa idea, che
Heisenberg rintraccia nelle pagine del Timeo, corrisponde al pensiero personale del
fisico.
Non è nostro interesse giudicare giuste o sbagliate le idee di Heisenberg,
possiamo condividerle o meno. Stupisce senz’altro il forte legame e la somiglianza
tra il pensiero di Platone e quello del fisico. Continuiamo, inoltre, a sostenere quanto
sia lodevole l’interesse dello scienziato di creare un ponte e un confronto fra sé, la
sua disciplina, i suoi studi e il mondo filosofico.
26
2.2 Evoluzione del pensiero filosofico in età moderna
Fra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo lo sviluppo della scienza moderna
venne fortemente influenzato dalle idee filosofiche dell’epoca e, poco a poco, questo
processo s’invertì, portando i filosofi a guardare ai risultati a cui la scienza era giunta
e tentando di adottare lo stesso rigore, presente nelle scienze, nei propri sistemi.
Le idee che più hanno influenzato la scienza moderna sono state, secondo
Heisenberg, quelle del francese René Descartes. Il fisico ritiene che questa influenza
sia stata tutt’altro che positivaμ
La filosofia e la scienza naturale si svilupparono nel periodo seguente sulla base
della polarità fra «res cogitans» e «res extensa», e la scienza naturale concentrò il
suo interesse sulla «res extensa».25
Il dualismo cartesiano viene definito del nostro autore «superficiale» e contiene
grandi difetti. Ma questo dualismo ebbe grande successo nei secoli seguenti,
soprattutto nelle scienze della natura.
La meccanica di Newton, e in generale la fisica classica, si sono sviluppate su
questo modello. Il presupposto della fisica classica era quello di poter descrivere
accuratamente la natura senza parlare di noi, in quanto appartenenti a due mondi
separati.
La teoria dei quanti ha però dimostrato quanto sia complicato distinguere così
nettamente il mondo esterno da noi:
La scienza naturale non descrive e spiega semplicemente la natura; essa è una
parte dell’azione reciproca fra noi e la natura. […] E’ qualcosa, questo, cui
Descartes poteva non aver pensato, ma che rende impossibile una netta
separazione fra il mondo e l’Io. 26
Il rapporto fra oggetto e soggetto, nelle scienza della natura, non è sempre
caratterizzato da una forte distinzione e la teoria dei quanti ne è una dimostrazione.
Separare il mondo e l’Io in maniera netta non è, pertanto, possibile in quanto legati
da un rapporto che li mette in relazione.
La filosofia empirista, nata in contrapposizione alle idee cartesiane,
rappresenta per Heisenberg la voce della scienza moderna, e ne mostra i limiti.
25
26
[Heisenberg 1961], cap. 4, pag.97.
[Heisenberg 1961], cap. 4, pag.99.
27
Egli non ritiene infatti valide né condivisibili alcune delle idee espresse dai
pensatori principali di questa corrente filosofica del Seicento.
Il fisico spende pochissime parole per parlare dell’empirismo, di cui dà
sintetiche informazioni, limitandosi a citare i nomi dei maggiori esponenti, quali
Locke, Berkeley e Hume e offrendo limitate informazioni relative alle idee espresse
da questi filosofi. Si evince da ciò il poco interesse di Heisenberg nei confronti di
questa corrente di pensiero.
Nei confronti della filosofia moderna il fisico non nutre sentimenti
particolarmente positivi e non si leggono, all’interno delle pagine in cui viene trattato
l’argomento, parole di ammirazione e stima. Parlando di Platone e dei primi filosofi
greci, al contrario, si avverte un forte coinvolgimento emotivo.
Mettendo da parte questo tipo di considerazioni, che non intendono
minimamente sminuire il lavoro del nostro autore, il quale riesce, in ogni occasione e
in ogni capitolo, a mantenere viva l’attenzione del lettore, dimostrando una buona
dimestichezza nel trattare argomenti differenti, ci apprestiamo a trarre le nostre
conclusione in merito al presente capitolo.
Heisenberg è riuscito a far comunicare discipline ritenute spesso inconciliabili
ed epoche lontane fra loro. La filosofia antica sembra potersi considerare la base
della fisica attuale. La teoria dei quanti sembra, invece, trovare la sua origine nelle
idee di Platone, noi qui azzardiamo dicendo che la teoria dei quanti fonda le sua
radici nel pensiero filosofico. Gli errori della fisica classica appaiono causati da
alcune idee, forse male interpretate, di un grande filosofo del tempo. Con ciò che
abbiamo finora detto non intendiamo ridurre la scienza alla filosofia e viceversa. Le
due discipline hanno senz’altro competenze, ambiti, modi di agire differenti e non è
nostra intenzione approfondire il complesso legame che intercorre fra le due.
Riteniamo interessante sottolineare, tuttavia, la comunità di intenti di entrambe,
ovvero il desiderio da parte sia della filosofia che della fisica, di rispondere a
domande circa l’origine dell’universo e la sua strutturaν restando, quanto più
possibile, fedeli alle idee e le interpretazioni del nostro autore.
La fisica e la filosofia hanno da sempre comunicato, forse non in maniera
chiara né cosciente. Il panorama illustrato dal nostro fisico mostra quanto e come sia
facile fare confronti fra le due e quanto sia armonico il coro prodotto dalle due voci.
28
Se il lettore del presente lavoro è stato inizialmente scettico, adesso dovrebbe
apparirgli chiaro che il rapporto fra fisica e filosofia esiste e viene brillantemente
dimostrato da Heisenberg e la sua opera.
Riteniamo che la sfida di confrontarsi con la tradizione filosofica intrapresa da
Heisenberg sia stata superata con grande abilità.
29
Capitolo 3. Il pensiero etico di Heisenberg
In quest’ultima parte del nostro lavoro ci dedicheremo all’esposizione del
capitolo finale di Fisica e Filosofia, in cui Heisenberg si lascia andare a
considerazioni personali riguardanti temi che abbiamo definito etici. Abbiamo
preferito procedere nella seguente esposizione dividendo in due parti il capitolo che,
all’interno del testo, è unico. Questo è giustificato dal fatto che sono state individuate
in esso due differenti tematiche: la prima concernente il ruolo che lo scienziato ha nei
confronti della società in cui vive; la seconda affronta un tema molto più ampio, in
cui il fisico esprime la sua opinione e le sue speranze sul destino dell’uomo nel suo
prossimo futuro.
Per comprendere al meglio questi pensieri così personali è stato utile disporre
degli altri testi scritti dall’autore. In ogni suo libro, infatti, Heisenberg inserisce una
sezione in cui dà voce ai suoi pensieri riguardo la società, l’uomo e gli accadimenti
storici del suo tempo.
E’ necessario, prima di procedere oltre, ricordare che Heisenberg è accusato di
aver collaborato con il governo nazista. Questa accusa non è stata ancora oggi
verificata, ma non è stato possibile neanche smentirla del tutto. Essendo pertanto
ancora aperto il dibattito si è preferito qui limitarsi a riportare il contenuto presente
all’interno del testo in oggetto.
Le parole e i toni usati dal nostro autore in questo specifico capitolo del libro
risultano essere particolarmente ricchi di positività e speranza. Se questo sia stato un
modo per allontanare le accuse subite, distogliendo l’attenzione su di sé, o un sincero
modo di esprimersi, preferiamo che sia il nostro lettore a scegliere l’ipotesi ritenuta
più credibile.
Messe da parte le ombre che oscurano la figura di Heisenberg, abbiamo voluto
cogliere il suo messaggio di pace del libro, qualunque sia stato lo scopo per cui esso
è presente, perché crediamo che il progetto di equilibrio, di cui parla il fisico, sia in
ogni caso valido e se messo in atto possa portare davvero alla pace sperata.
30
3.1 Responsabilità e influenza dello scienziato nella società
Le conseguenze causate dagli sviluppi della fisica moderna non sono state
sempre totalmente positive. Una di queste consiste nell’invenzione di ordigni
nucleari. Chi non nutriva particolare fiducia nel lavoro degli scienziati, che con le
loro ricerche hanno portato – come nel caso della teoria dei quanti – a mettere in
discussione concetti tradizionali e consolidati nel tempo, ha trovato un valido
sostegno per dar forza alle proprie argomentazioni: la scienza moderna non è una
buona scienza, non ha portato alcun beneficio e non ha favorito il progresso
dell’umanità poiché, a causa delle sue scoperte e delle invenzioni sorte grazie alle
nuove teorie, ha piuttosto portato solo morte e distruzione.
La nuova scienza, a cui Heisenberg aveva dedicato tutta la vita, aveva davvero,
come sostenevano alcuni, condotto soltanto a morte e distruzione? Se così fosse, il
fisico e i suoi colleghi avrebbero dovuto portare con sé per sempre un gravoso
fardello.
Ma né Heisenberg, e neanche noi, crediamo che sia giusto attribuire la colpa
delle disgrazie avvenute alla nuova scienza e alle teorie nate negli anni precedenti lo
scoppio della guerra.
Però è senz’altro giusto interrogarsi sul ruolo che lo scienziato svolge
all’interno della società in cui vive:
L’influenza politica della scienza è diventata molto più forte di quel che fosse
prima della seconda guerra mondiale, il che ha gravato lo scienziato,
specialmente il fisico atomico, di una responsabilità raddoppiata.27
Lo scienziato ha in effetti delle responsabilità, oggi più di un tempo, e una più
di tutte è da considerarsi fondamentale, ovvero: prendere una posizione.
Lo scienziato ha davanti a sé due alternative. La prima prevede di essere attivo
e partecipare alla vita politica e sociale delle comunità di cui fa parte, avendo così
l’opportunità di illustrare l’importanza delle ricerche da lui svolte, mettendone in
luce anche i rischi e le conseguenze peggiori a cui esse potrebbero portare. In questo
caso lo scienziato potrebbe essere chiamato a prendere delle decisioni anche di tipo
politico, sull’eventuale utilizzo delle ricerche da lui svolte in ambiti non prettamente
accademici; sarebbe così personalmente responsabile delle suddette decisioni.
27
[Heisenberg 1961], cap. 11,pag.223.
31
Oppure può restare al di fuori della vita politica e quindi evitare l’onere di dover
prendere parte al dibattito in merito a determinate scelte, ma in questo caso sarebbe
responsabile di eventuali «cattive decisioni che egli avrebbe potuto impedire»28 .
Bisogna, secondo Heisenberg, prendere una decisione in merito; bisogna
decidere se intervenire attivamente o passivamente nel destino, non soltanto del
proprio Paese, ma dell’intera umanità: la responsabilità è data da questa scelta.
Il fisico sostiene apertamente che sia senza dubbio preferibile scegliere la via
dell’impegno, in quanto si è scienziati e cittadini al tempo stesso, ed è necessario
contribuire alle decisioni che riguardano il destino della propria società.
Ma il nostro autore fa un passo ulteriore, dicendo che lo scienziato dovrebbe
sempre agire in favore della pace, una pace non circoscrivibile a quella del suo Paese
di appartenenza, ma riconducibile all’umanità intera.
Il messaggio di pace promosso da Heisenberg rivela la sua profonda sensibilità
di uomo scosso e turbato dagli eventi vissuti. Una sensibilità sorretta dal coraggio di
fare una scelta. La scelta di portare avanti una teoria le cui basi non erano del tutto
solide; di relazionarsi con grandi tematiche filosofiche e con le personalità di una
disciplina complessa e insidiosa come la filosofia; la scelta di schierarsi dalla parte
della pace.
Il fisico non si è quindi sottratto alle sue responsabilità, esponendosi in prima
persona attraverso affermazioni relative ai doveri che un uomo della sua professione
possiede nei confronti della società.
3.1 Un nuovo tipo di equilibrio
Il miglior modo per ottenere la pace è creare «un nuovo tipo di equilibrio»29
volto a fondere insieme le varie comunità, formandone una soltantoν l’umanità si
troverebbe congiunta in una singola unità, in cui solidariamente si lavora per
migliorare sempre di più le condizioni di vita di ciascuno, senza distinzione alcuna.
Heisenberg è perfettamente consapevole delle conseguenze che il secondo
conflitto mondiale porterà ancora negli anni futuri e si dichiara preoccupato per il
futuro. La crescente diffusione di ordigni nucleari posseduti da diverse nazioni
28
29
[Heisenberg 1961], cap. 11,pag.224.
[Heisenberg 1961], cap. 11,pag.239.
32
porterà ad una pace fittizia. Se è pur vero che lo scoppio di un’altra guerra mondiale
non sembra potersi realizzare nuovamente, in quanto essa avrebbe senz’altro
conseguenze nefaste per l’intera umanità, mettendo a repentaglio persino la
possibilità di vita sulla Terra, a causa dell’utilizzo di armi di distruzione di massa –
quali per l’appunto gli ordigni nucleari – al contempo, secondo il fisico, dilagheranno
fenomeni di guerriglia, in cui verranno utilizzate le armi convenzionali:
Al contrario, l’assurdità della guerra condotta con ordigni termonucleari può
agire piuttosto come un incentivo per la guerra a scala ridotta. Ogni nazione o
gruppo politico che sia convinto del suo diritto storico o morale ad imporre con
la forza cambiamenti alla situazione in atto sarà convinto che l’uso delle armi
convenzionali per attuare i suoi fini non implicherà grandi rischi; riterrà che
l’altra parte non farà certo ricorso alle armi nucleari giacché quella sentendosi
storicamente e moralmente dalla parte del torto in quella questione non affronterà
certo il rischio d’una guerra nucleare su larga scala.30
Abbiamo voluto riportare questa lunga citazione in quanto riteniamo che il
nostro autore abbia con lungimiranza descritto la situazione contemporanea,
descrivendo anzitempo fatti che sono sotto lo sguardo di tutti.
La pace è pertanto continuamente minacciata e richiede un impegno costante e
collettivo per essere stabilita.
Il fisico si rivolge ai giovani, ai futuri componenti della comunità scientifica e
non solo, lasciando loro come eredità il suo lavoro scientifico e letterario.
È stato possibile creare un’interazione fra fisica e filosofia, poiché quando si
hanno i medesimi scopi, i medesimi obiettivi, è facile poter creare dei ponti di
comunicazione. È auspicabile crearne sempre di nuovi e diversi che uniscano non
soltanto discipline e studi differenti ma anche culture e società.
Crediamo fermamente nell’intento del fisico, il quale ha cercato di dimostrare,
all’interno dell’opera da noi trattata, che la collaborazione porta sempre ad un
risultato migliore di quello ottenuto lavorando singolarmente. La cooperazione di
differenti discipline, ad esempio, risulta più fruttuosa rispetto al lavoro svolto da una
singola disciplina che non si apre al dialogo con le altre. I risultati della fisica
quantistica ricevono un completamento se letti in chiave filosofica e la filosofia
trova nella fisica un’ottima compagna nell’indagare i grandi perché.
30
[Heisenberg 1961], cap. 11,pag.222.
33
Anche la ricerca scientifica troverebbe grandi giovamenti se realizzasse una
densa collaborazione fra le grandi menti di tutto il mondo, e a tal proposito
Heisenberg cita l’organizzazione di Ginevra che nel 1954 ha dato origine al CERN
(Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) e che vede oggi coinvolta
un’equipe internazionale di scienziati impegnati in un brillante programma di ricerca.
I sogni del fisico sembrano in parte essersi realizzati, ma il cammino che
l’umanità deve intraprendere affinché si giunga ad una sincera collaborazione fra
nazioni, culture e tradizioni è ancora lungo. Soltanto quando tutti gli uomini
riusciranno a dialogare fra loro mettendo in comune ciò che di più prezioso hanno,
ovvero le proprie idee, la propria passione e i propri sogni, il pericolo di una nuova
guerra sarà finalmente debellato e la pace stabilita. La realtà risulta così essere un
sistema di relazioni, in cui fatti e persone sono strettamente connessi e uniti nella
realizzazione di obiettivi comuni.
L’autorità di Heisenberg in ambito scientifico è senza dubbio indiscussa,
vogliamo pertanto fare appello ad essa per portare il lettore a prendere in
considerazione e a riflettere sulle parole fino ad ora espresse. Siamo convinti del
fatto che gli studi e le teorie sviluppate dal fisico non sarebbero nate se, dietro a
talento, intelligenza e genialità, non vi fosse stato anche un animo sensibile e pieno
di virtù. In qualità di scienziato ha contribuito in maniera fondamentale alla
creazione di una teoria che sembra poter portare a scoperte sorprendenti, capaci di
dare finalmente tante risposte sulla realtà che ci circonda. In qualità di uomo ha
contribuito ad alimentare i sentimenti di impegno civile, responsabilità, speranza e
fratellanza, fondamentali per la realizzazione di una realtà che sia quanto meno un
luogo in cui poter continuare a vivere in pace.
34
Conclusione
In questo lavoro abbiamo presentato il contenuto di Fisica e Filosofia
lasciandoci guidare dall’autore, W. Heisenberg, e cercando al contempo di mettere in
rilievo gli aspetti che abbiamo ritenuto essere più interessanti.
Abbiamo quindi iniziato introducendo il lettore nel mondo della fisica
quantistica, parlando, brevemente, degli autori e dei loro rispettivi studi che hanno
segnato l’inizio della nascita della teoria dei quanti. Così facendo abbiamo potuto
dedicarci alla trattazione dell’interpretazione di Copenaghen, al cui interno si
inserisce il lavoro di Heisenberg. Attraverso la descrizione di esperimenti e
l’enunciazione di principi base della fisica quantistica, come il principio di
indeterminazione, è stato possibile rivelare le conseguenze filosofiche che essi hanno
portato. Ricordiamo fra queste: la fondamentale importanza che il soggetto ha
nell’atto dell’osservazione di un evento e l’individuazione di leggi non causali che,
sostituendosi a un modello tradizionale di tipo deterministico, governano gran parte
dei fenomeni del mondo naturale. Tutto ciò comporta una nuova descrizione della
realtà per cui è necessario utilizzare termini, considerati ambigui, come probabilità o
indeterminato; emerge, inoltre, un mondo di possibilità nascosto dietro ogni evento.
L’idea personale dell’autore, relativa al rapporto fra le varie scienze della
natura, consente di concepirle come una sistema unitario in cui le varie parti, ovvero
le diverse discipline, sono in relazione fra loro.
Le critiche di cui la fisica quantistica è stato oggetto, dovendo affrontare anche
l’ostacolo relativo al problema di un linguaggio non adatto ad esprimere le nuove
teorie, ha mostrato le difficoltà riscontrate dai pionieri della disciplina. Sebbene, ad
oggi, la teoria abbia basi solidissime e goda dell’approvazione della maggior parte
della comunità scientifica, lo scontro con la tradizione che l’ha preceduta non è stato
semplice e l’esito positivo non è stato affatto scontato. Le prove sostenute da chi
considerava errata e assurda la teoria dei quanti, si sono dimostrate incapaci di
confutarla, e al contrario, spesso, esse sono diventate prove a favore della teoria,
dimostrandone la validità e l’efficacia.
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Si è data al lettore la possibilità di interpretare il pensiero di alcuni dei grandi
filosofi del passato seguendo un punto di vista inusuale: quello di un fisico. Grazie ad
Heisenberg, e alle sue opinioni in merito, la dottrina platonica è diventata, per certi
versi, la base filosofica della teoria dei quanti. L’idea di atomo di Democrito è stata
riconsiderata alla luce delle nuove conoscenze in ambito fisico e chimico. La fisica
moderna, invece, trova il proprio presupposto filosofico nel pensiero di Descartes e
nel suo dualismo.
La fisica e la filosofia vengono così congiunte dall’autore, in una relazione di
complementarietà. Una non è l’opposto dell’altra, ma sono parti che, se unite,
riescono ad arricchire le nostre conoscenze. Entrambe, del resto, si influenzano
vicendevolmente: sistemi filosofici sono stati la base di metodi e teorie scientifiche, e
le nuove teorie hanno spesso portato, come nel caso della fisica dei quanti, nuovi
argomenti di riflessione filosofica.
Tramite ciò di cui abbiamo parlato durante lo svolgimento del nostro lavoro, di
cui qui si è dato un piccolo resoconto, crediamo di aver rispettato gli obiettivi e
risposto alle domande, posti inizialmente. Auspicavamo, inoltre, di rendere la
conoscenza del nostro autore quanto più completa possibile. Pertanto, al termine,
abbiamo riportato i pensieri e le riflessione del fisico riguardanti tematiche delicate:
il ruolo dello scienziato, la pace e il futuro dell’umanità.
Heisenberg è riuscito a concentrare all’interno di un unico testo fisica,
filosofia, tradizione, innovazione e sentimento, alternando momenti di alto rigore
scientifico a momenti di forte coinvolgimento emotivo. Fra le pagine di Fisica e
Filosofia troviamo tutta la passione e la genialità di un grande uomo di scienza e di
spirito.
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Riferimenti bibliografici
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