1
Maurizio Allocca, v150123
LIBRO DEGLI ATTI
SERATE DI APPROFONDIMENTO BIBLICO
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
2
Maurizio Allocca, v150123
ATTI DEGLI APOSTOLI – PRIMA SERATA
PROGRAMMA SERATA INTRODUTTIVA
•
PREFAZIONE (Perché approcciarsi a uno scritto di 2000 anni fa?)
•
BIBLIOGRAFIA
•
PATERNITA’ DELLO SCRITTO
✓ Prove Interne
✓ Prove Esterne
✓ Prove A Sfavore
•
LUCA E IL SUO TEMPO
•
LUOGO E DATA DI COMPOSIZIONE
•
FAMILIARITÀ TRA IL VANGELO E IL LIBRO DEGLI ATTI
•
TEMI LETTERARI E SPIRITUALI DELL’OPERA
•
CARATTERISTICHE LETTERARIE
✓ Lingua Di Composizione
✓ Genere Letterario
✓ Stile Letterario
•
SCOPO DELLO SCRITTO
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
3
Maurizio Allocca, v150123
PREFAZIONE
Approcciando questo scritto, credo sia importante partire da una domanda, che dà anche un senso al tempo
che abbiamo deciso di dedicare: perché approcciarci ad uno scritto che riporta l’esperienza comunitaria e
cristiana di fratelli vissuti venti secoli fa? Certamente leggere gli Atti degli Apostoli è un po’ come tornare a
casa; tornare in quel luogo dove tutto ha avuto inizio. Avere la possibilità di riscoprire le radici della vita
cristiana per come questi nostri primi fratelli l’hanno vissuta. Inoltre, questo scritto non è solo un resoconto
storico, ma è anche un libro ispirato da Dio, che noi crediamo essere Parola di Dio, con tutto il suo valore
pedagogico e che si pone in diretta continuità con la narrazione dei Vangeli. Dio ci ha quindi voluto lasciare
una testimonianza in cui rispecchiarci nel merito dell’esperienza della prima cristianità, quella che per prima
è stata depositaria dell’annuncio evangelico, sia per quanto concerne la qualità della vita comunitaria sia per
la qualità della risposta che quella generazione di fratelli e di sorelle diede al mandato di Gesù ancora oggi
attuale e vincolante. Nei 28 capitoli di questo scritto troveremo raccolte esperienze e testimonianze, non
solo storiche ma anche teologiche che in questo spazio, sarà impossibile, poterle citarle tutte e che rendono
il libro degli atti uno scritto universale per la Chiesa di ogni tempo, da quella degli inizi a quella che vedrà la
fine dei tempi. Quindi, nel rispecchiarci nell’esperienza di quelle prime comunità, descritte nel libro degli Atti,
ricerchiamo gli elementi che possano oggi aiutarci a maturare, accrescere, anche tramite la rettifica e la
correzione, la nostra esperienza personale e comunitaria. Approcciamo quindi questo scritto, non come se
fossimo persone curiose che ricercano informazioni, ma come credenti, come discepoli desiderosi di essere
formati dalla Parola di Dio. Questa introduzione, viene confermata anche dall’autore stesso di questo scritto,
che unico nel suo genere, non solo tra gli scrittori sacri del Nuovo Testamento, ma anche in tutta la letteratura
cristiana del I secolo, ha avvertito di dover intraprende questo ulteriore percorso, per i credenti della sua
generazione, raccontando gli eventi che sono avvenuti dall’ascensione di Gesù al Cielo fino a quello che lui
ritiene essere la conferma, più che la realizzazione della promessa di Gesù ai suoi discepoli contenuta nel
grande mandato. Chiudo questa breve introduzione aggiungendo un ultimo punto. L’autore di questo scritto
certamente non è consapevole, come tra l’altro tutti gli scrittori sacri del Nuovo Testamento, di scrivere
un’opera oggetto di un’ispirazione speciale da parte dello Spirito Santo, ma a questa da certamente un
grande valore, più di ogni altro, rispetto agli autori neotestamentari. Lui è conscio di scrivere un’opera
letteraria con deliberata abilità e autorità, scritta nello stile proprio della Septuagintai. Nelle sue intenzioni
questa è un’opera di grande ambizione pastorale e come vedremo anche di grande respiro teologico.
Finita questa breve prefazione, affronteremo ora senza entrare troppo nel merito e senza alcuna pretesa di
essere esaustivi gli aspetti introduttivi dello scritto. Anticipo che ai più istruiti, certamente non sfuggirà,
soprattutto per quanto riguarda la discussione attorno all’identità dell’autore, e l’attendibilità storica dello
scritto, la mancanza di alcune argomentazioni molto citate nei testi specialistici di critica testuale come, per
esempio, la questione/assenza di un vocabolario medico, oppure certamente più rilevante, alcune
incoerenze narrative, storiche e teologiche sollevate da diversi studiosi soprattutto nel merito del ritratto di
Paolo. Alcune di queste tematiche per gli obiettivi che ci prefiggiamo non sono rilevanti e in alcuni casi non
sono neanche di particolare utilità altre invece che ci permettono di familiarizzare con lo scrittore e lo scritto
aiutandoci a comprendere meglio i contenuti dell’opera e su queste mi sono concentrato, mentre rimando
ai testi specialistici per il resto.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
4
Maurizio Allocca, v150123
BIBLIOGRAFIA
•
•
•
•
•
•
Atti degli Apostoli (Trascrizione di un Corso Biblico Diocesano) – Don Claudio Doglio
Gli Atti degli Apostoli – Howard Marshall, Anno 2000, Edizioni GBU costo Euro 24,50
Paolo di Tarso – Rinaldo Fabris, Anno 2008, Edizione Paoline, costo Euro 12,00
La Nascita del Cristianesimo - Enrico Norelli, Edizione Il Mulino, Anno 2018, costo Euro 13,00
San Paolo - Angelo Penna, Edizione Paoline, libro fuori catalogo
La lettera ai Galati - Cole R. Alan, Edizione GBU, costo Euro 12,76
PATERNITA’ DELLO SCRITTO
Nel merito della paternità, per quanto non vi sia una piena accettazione da parte di tutti gli studiosi,
nell’identificare Luca come autore di questo scritto, è comunque una tesi che gode di crediti importanti.
Mentre possiamo definire unanime il consenso, che l’autore del libro degli Atti sia anche lo stesso che ha
scritto, in un primo tempo, il Vangelo secondo Luca. Di quella che in realtà è da considerarsi un'unica opera
scritta in due volumi ma che per fini redazionali fu inserita nel Nuovo Testamento non rispettando più la sua
consequenzialità.
A favore dell’identità Lucana abbiamo sia delle prove interne al testo, che esterne.
PROVE INTERNE
•
Citato come collaboratore nelle lettere di Paolo (Col 4,4; File 4,2; II Tm 4,11)
•
Le sessioni «NOI»: il racconto passa dalla terza persona
plurale, alla prima persona plurale (Atti: 16,10-17; 20,5-15; 21,1-18; 27,1-28,16).
Tra le prove testuali la più rilevante vi è la presenza di diversi passi (4 per la precisione), tutti inerenti a viaggi
in mare, dove il racconto passa dalla terza persona plurale, alla prima persona plurale: all’uso del “noi”.
L’interpretazione più plausibile è stata di considerarli provenienti dalla penna di un compagno di viaggio di
Paolo, probabilmente annotazioni tratte da un diario, di qualcuno che fosse fisicamente presente in quegli
specifici avvenimenti che racconta in prima persona. Il fatto che siano stati inclusi nella narrazione in modo
quasi testuale senza alcun cambiamento di stile ha spinto molti studiosi a identificare l’autore di quella fonte,
con lo stesso del Libro. I collaboratori di Paolo citati nel Libro di cui siamo a conoscenza, non sono molti e
analizzando i testi è stata possibile di volta in volta escludere parte di questi, o perché citati dalla fonte del
“noi”, o perché dalla narrazione sappiamo che non potevano essere presenti, per cui è stato possibile arrivare
a Luca.
PROVE ESTERNE
•
Tradizione antica e ben attestata (le fonti più rilevanti)
✓
✓
✓
✓
Ireneo di Lione (Contro le eresie 3,14,1; 15,1)
Tertulliano (Contro Marcione 4.2.2)
Clemente Alessandrino (Pedagogo 2.1.15 e Miscellanea 5.12.82)
Canone Muratoriano
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
5
Maurizio Allocca, v150123
•
Tradizione non contestata
•
Luca non è un personaggio nell’economia del Nuovo Testamento «famoso»
A conforto di questa scelta abbiamo anche il sostegno di una tradizione antica e ben attestata non solo di
Luca come autore del Vangelo: Ireneo di Lioneii nel 180 d.C. menziona Luca come autore del Vangelo e della
Testimonianza di Luca sugli apostoliiii; Nello stesso periodo Tertullianoiv nomina il «Commentario di Luca»v; il
canone muratorianovi, un prezioso documento latino datato alla fine del II secolo, attribuendolo a Luca, lo
intitola «Atti di tutti gli Apostoli». Difficile dire se la convinzione dei padri primitivi fosse basata unicamente
sulla deduzione testuale dell’uso del “Noi” nei passi del Libro, oppure nasceva da tradizioni indipendenti.
Abbiamo però due evidenze a sostegno della seconda possibilità, la prima è che stata una assegnazione
“incontestata”, in quanto non abbiamo altre testimonianze di attribuzioni fatte nel merito dell’identità
dell’autore di questo scritto da parte dei Padri; la seconda considerazione e che Luca non era più famoso di
altri tra i collaboratori di Paolo per cui non si capirebbe per quale motivo avrebbero dovuto attribuire a lui
questo scritto se non fosse davvero stato l’autore.
Di seguito, riporto anche l’elenco delle prove a sfavore di questa tesi, che non tratteremo. Vi rimando però
all’ottimo testo di Marshall citato nella bibliografia, che comunque anticipo che è favorevole alla paternità
lucana e che affronta singolarmente ognuna di queste obiezioni. Ma segnalo anche il Nuovo dizionario Biblico
di René Pache che è un testo che molti di noi hanno nella loro biblioteca.
PROVE A SFAVORE
Questioni sollevate ma ancora dibattute tra gli studiosi esistono posizioni sulle stesse questioni molto
differenti
•
•
•
•
La questione del vocabolario - mancanza di vocaboli medici
Inesattezze storiche
Discordanze tra il libro degli Atti e le lettere di Paolo su alcune tematiche (apostolato, ruolo della
Legge, cronologia paolina)
La mancanza di alcuni riferimenti ritenuti inerenti per le argomentazioni trattate (la crisi dei galati, le
epistole paoline)
LUCA E IL SUO TEMPO
Cosa sappiamo di Luca, o meglio che cosa la tradizione ci attesta su questa persona?
La nostra storia, inizia nella prima decade dell’anno 0, ma per la gente di quel tempo questa datazione non
avrebbe avuto un senso. Loro avrebbero detto Nell'anno 36 dell’impero di Gaio Giulio Cesare Augusto,
seguito dal nome dei consoli in carica in quel momento. Abbiamo un esempio di questa datazione proprio in
Luca 3.1, prima di introdurre il ministerio di Giovanni Battista, episodio che avverrà circa 20 anni dopo la
storia che stiamo raccontando : “Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, quando Ponzio
Pilato era governatore della Giudea, ed Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
6
Maurizio Allocca, v150123
dell'Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell'Abilene, 2 sotto i sommi sacerdoti Anna e Caiafa, la
parola di Dio fu diretta a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.”
Il luogo in cui tutto inizia come avete capito dalla datazione è in una provincia dell’Impero Romano, più
precisamente una città. Non molto antica ai tempi in cui nasce Luca, fondata circa tre secoli prima, dopo il
disfacimento dell’Impero di Alessandro Magno, da un suo generale che la fa divenire la capitale del Regno
dei Seleucidi. Parliamo quindi di una città ellenica, greca, anche se fondata in Siria, vicino al Mar Mediterraneo
ed è al centro di un crocevia d’importanti vie di comunicazioni e commerciali che collegano tre continenti,
l’Africa, l’Asia e l’Europa. Circa un secolo prima del periodo di cui raccontiamo, diventa una provincia romana.
ondata all'incirca nel 300 a.C. da Seleuco I
Nicatore, uno dei generali di Alessandro Magno
anche chiama diàdochi, e cioè pretenden
che, dopo la morte di Alessandro Magno, si
contesero il Regno Macedone in guerre e
ba aglie durate circa 0 anni e per più di due
secoli fu la capitale del Regno dei Seleucidi.
Seleuco gli diede questo nome in onore del
proprio padre An oco.
Nel 6 a.C. Pompeo conquistò la regione e
cos tuì la provincia romana della Siria; di essa
An ochia divenne la capitale.
Antiochia, questo è il nome della città, era già una città importante ma cresce ulteriormente e all’epoca dei
fatti è divenuta la terza città in ordine di grandezza dell’Impero Romano, dopo Roma e Alessandria d’Egitto,
e conta circa mezzo milione di abitanti. Come tutte le città ricche è una realtà cosmopolita, un crogiolo di
razze, etnie, lingue, di religioni, questo anche per la sua particolare posizione geografica, situata in una parte
di Mondo attraversata in passato da grandi flussi migratori, molti di questi imposti forzatamente, e che ha
visto il susseguirsi di diversi imperi. In questa città verso la fine del primo decennio nasce il protagonista di
cui parliamo. Nasce in una famiglia benestante di lingua greca e gli danno ovviamente un nome greco-latino,
Lukios, italianizzato Luca. Della sua infanzia sappiamo poco, così come della sua adolescenza. Certamente
seguì l’intero percorso di studio dei tempi, solitamente costituito, durante il periodo dell’Impero, da tre cicli
d’istruzione. Dai sei agli undici anni, Luca frequenta il Ludus dove impara a scrive, leggere e contare. Nel
secondo ciclo, studia grammatica, legge i classici latini e greci. Acquisisce nozioni di storia, geografia,
astronomia e fisica. Nel terzo ciclo che definiremo universitario, si studiava diritto, retorica, filosofia e la
matematica. Luca terminati gli studi, sappiamo che sceglierà la professione medica. Fino al II secolo non
esisteva ancora una vera e propria scuolavii, tanto è vero che Plinio il Vecchio, contemporaneo di Luca, scrisse
nella sua poderosa opera storia naturale: «I medici imparano a nostro rischio e pericolo e fanno esperimenti
con la morte…”viii Perché l’unico modo per acquisire la professione medica era tramite un apprendistato,
ovviamente fatto sulla pelle dei pazienti. La famiglia di Luca è certamente benestante, perché Bisognava
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
7
Maurizio Allocca, v150123
avere importanti possibilità economiche per poter accedere al secondo, ma soprattutto al terzo ciclo di studi.
Luca è quindi una persona istruita, possiede una buona cultura. Chi leggerà in futuro i suoi scritti nella sua
lingua originale, avrà modo di apprezzare un greco fluente ed elegante, uno dei migliori di tutto il Nuovo
Testamento che condivide con l’autore della lettera agli Ebrei. Una conoscenza importante della Bibbia scritta
in greco, detta dei "Settanta", e una notevole capacità narrativa e letteraria. Nonostante non sia uno scrittore
di professione. Verso i 40 anni, Luca probabilmente dal punto di vista sociale ed umano, è un uomo realizzato,
ha una buona posizione, vive in una città di notevole prestigio, ha una sua cultura e una religione. In quanto
greco, conosce la mitologia classica e condivide più o meno le credenze degli antichi greci, quando incontra
in modo casuale un gruppo di greci provenienti da Gerusalemme. Ora però dobbiamo fare un salto e spostarci
seguendo la costa del mediterraneo in direzione dell’Africa, a circa 700 km di distanza da Antiochia, in una
piccola provincia romana, chiamata Giudea, è una Provincia “imperiale”, da distinguersi da quelle
“senatorie”, perché considerata più a rischio di rivolta. In questa provincia, abita un popolo molto particolare
in cui l’identità etnica, religiosa e geografica, sono fuse insieme. In questa terra circa 10 anni prima che Luca
nascesse è avvenuto qualcosa di molto particolare, nasce in Giudea, il Salvatore, colui che gli abitanti di
questa terra, gli ebrei, aspettavano riferendosi a lui come il Messia: “L’unto del Signore”. Il salvatore che Dio
aveva promesso al popolo ebraico, che sarebbe stato il garante di una nuova alleanza, che avrebbe purificato
il popolo e dato vita ad una nuova epoca, in cui finalmente gli ebrei, il suo popolo, avrebbero visto realizzarsi
le grandi e antiche promesse di pace e di prosperità. Un evento, che noi possiamo dire ha cambiato la storia
dell’umanità, ma la cui lettura non fu immediata, non fu subito chiaro a tutti cosa avvenne. Come predisse
un profeta vissuto 700 anni prima di allora, annunciando la sua nascita: (IS 53:3): Egli è cresciuto davanti a
lui come una pianticella, come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma né bellezza da
attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci.”. Così è avvenuto. Il Salvatore di tutta L’umanità, il iglio
di Dio, è venuto nel mondo, incarnandosi nel seno di un vergine; ma nonostante la meraviglia di questo atto
e degli annunci che accompagnarono il suo arrivo rivolti nell’intimità a pochissime persone, egli velò la sua
natura, non apparendo secondo la potenza, la dignità e la forza che gli erano proprie. Presentandosi come
un semplice uomo. Poco si sa della sua infanzia, ancora meno della sua giovinezza, dobbiamo arrivare alla
sua età adulta perché s’inizi a parlare di lui. olle di persone iniziano a seguirlo a cercarlo perché si sparge la
voce che un grande profeta, come quelli del passato, è nato nuovamente in Israele. Compie grandi miracoli
e mostra una sapienza che può provenire solo da Dio, e diversi in Israele iniziano a pensare che Lui sia
veramente il messia promesso. Ma la sua figura dà anche molto fastidio, è un personaggio reputato
ingombrante dall’élite a livello politico e religioso. La Giudea è in un momento molto delicato, con la morte
di Erode il Grande non è più un protettoratoix, i governatori locali, e le autorità religiose hanno paura di
vedersi ulteriormente limitate le proprie autonomie e una rivolta nel nome del Messia contro l’oppressione
romana, molto odiata dal popolo, la vedono solo come una disgrazia. Da un lato quindi abbiamo un popolo
che aspetta la realizzazione delle antiche promesse e che vede nella venuta del messia, il grande liberatore,
la possibilità di affrancarsi dallo stato di oppressione e di miseria nella quale vivono, dall’altro parte abbiamo
invece chi ha paura di perdere il potere politico che ha acquisito anche grazie all’occupazione romana, o di
perdere la propria autorità religiosa. Viene quindi organizzata una congiura, grazie al tradimento di uno dei
discepoli, riescono ad arrestarlo di notte, al fine di evitare disordini, e con il compiacimento del prefetto della
Giudea, Ponzio Pilato che accondiscende alla richiesta delle autorità del Sinedriox, lo fa giustiziare per
crocifissione, secondo la Legge Romana. Quello che però sembrava essere solo il frutto di un disegno umano,
alla fine per motivazioni differenti e molto più alte, si scopre essere un proponimento stesso di Dio. Gesù era
davvero il messia promesso ed era necessario che quanto gli è avvenuto accadesse. Deposto nel sepolcro
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
8
Maurizio Allocca, v150123
dopo tre giorni risorge e si mostra ai suoi discepoli, resta con loro ancora 40 giorni, poi ascende di nuovo al
cielo, ed i suoi discepoli iniziano a raccontare quanto è accaduto e riferire alle persone che incontrano che
Gesù era davvero il messia ed era necessario che accadesse ogni cosa. Molte persone a Gerusalemme
credono alle loro parole, tra cui anche degli ebrei ellenisti, (ebrei di lingua greca, che abitano nelle diaspore,
fuori dalla Giudea), che nel periodo della Pasqua sono in pellegrinaggio a Gerusalemme. La comunità di
Gerusalemme cresce velocemente, fino ad entrare in aperto contrasto con le autorità religiose, da cui nasce
una prima persecuzione contro i cristiani, fomentata dal Sinedrio, che può approfittare di un vuoto di potere,
essendo Ponzio Pilato stato destituito e non essendoci ancora il nuovo prefetto. La persecuzione avviene in
particolare contro gli ebrei ellenistici, come Stefano, che viene lapidato. A seguito di questo, i cristiani della
diaspora fuggono da Gerusalemme ritornando nelle loro città di origine. Dopo circa due anni dei cristiani in
visita alla chiesa di Gerusalemme riportano notizie “allarmanti”, di qualcosa che sta avvenendo proprio in
Antiochia, per la prima volta il Vangelo viene predicato ai gentili, così chiamate le persone non ebree, (Cfr.
At:11.20-26). La notizia viene accolta in modo incerto per cui gli apostoli decidono di mandare qualcuno che
reputano degno di fiducia e viene scelto un certo Barnaba che dopo un primo sopraluogo, va a Tarso (dista
circa 250 km), dove da alcuni anni, Paolo si era cautamente ritirato, e lo convince a venire con lui ad Antiochia.
Perché Paolo? Difficile dirlo, probabilmente si ricordava di lui, doveva averlo incontrato a Gerusalemme anni
prima e gli aveva fatto una buona impressione. Inoltre, Paolo conosce il greco, l’aramaico e l’ebraico. Paolo
accetta e per un anno lui e Barnaba si fermano ad Antiochia. Possiamo a questo punto ritornare alla storia di
Luca, nel punto dove l’avevamo interrotta al momento del suo incontro con questi ebrei cristiani di lingua
greca fuggiti da Gerusalemme, da cui sente parlare di questo Messia, in greco: «Christòs”, cioè “Unto”, il
Consacrato di Dio. Luca probabilmente da uomo di cultura, o forse solo per curiosità inizia ad interessarsi.
Vuole sapere di più, vuole comprendere, per quale motivo queste persone credono nel Messia come a un
salvatore. Ascolta il loro insegnamento e poco alla volta si avvicina al cristianesimo e subito, o poco dopo, ha
probabilmente anche modo di conoscere i responsabili di questo gruppo, tra cui appunto, Barnaba,
un’autorità della Chiesa di Gerusalemme; un uomo, come dice il suo soprannome, presumibilmente molto
eloquente, Bar–nabá figlio dell’esortazione e poi anche una seconda persona, grande conoscitore della
Scrittura, fine teologo, abile a disquisire, di nome Paolo. Luca, come diremo noi, si converte e diventa
cristiano e si impegna profondamente del servizio, fino a divenire uno stretto collaboratore di Paolo.
Possiamo datare la sua conversione attorno agli anni 40-45 d.C., e per oltre venti anni accompagna Paolo in
molti dei suoi viaggi. Lo segue, lo ascolta, lo interroga, annota mentalmente e prende appunti. Inoltre, ha
modo di incontrare molte altre persone, anche discepoli che hanno avuto modo di conoscere
personalmente Gesù, che interroga raccogliendo maggiori informazioni, riguardo la vita di Gesù e di ciò
che è avvenuto immediatamente dopo. Segue Paolo in Anatolia l’attuale Turchia , lo accompagna in Grecia
e probabilmente si ferma poi a ilippi, città dell’attuale Macedonia al Nord della Grecia e li vi rimane per
qualche anno, probabilmente per seguire la realtà locale, mentre Paolo continua il suo viaggio missionario.xi
Probabilmente quando Paolo scrive ai ilippesi nell’anno 56xii, fra i cristiani di ilippi c’è anche Luca. Quando
nell’anno 61, Paolo arriva a Roma prigioniero, Luca è con lui, datazioni che vi chiedo di non prendere alla
lettera, perché vi sono almeno due se non tre diverse cronologie paoline comunemente accettate dagli
studiosixiii). In quegli anni a Roma, troviamo secondo la tradizione e la testimonianza della stessa scrittura,
diversi collaboratori di Paolo, tra cui probabilmente anche l’evangelista Marcoxiv (cugino di Barnaba Cfr. Cl
4.10), Tito e Timoteo (II TM, 4:9-12) e diverse tradizioni non tutte ben attestate, collocano anche la presenza
di Pietro e di Sila, detto anche Silvano e dello stesso Barnabaxv. Mentre maggiore attestazione ha il fatto che
sono proprio questi gli anni in cui gli uomini della comunità apostolica stanno componendo gli scritti che
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
9
Maurizio Allocca, v150123
formeranno il Nuovo Testamento. Dalla loro predicazione, dallo scambio delle loro idee, dal reciproco
confronto, nascono le opere neotestamentarie. In quegli anni Marcoxvi scrive il suo vangelo; Paolo, che ha già
scritto ai Romani (lo scritto è precedente al suo arrivo a Roma), manda importanti lettere ai Colossesixvii e agli
Efesinixviii. Luca per adesso, non ha ancora pubblicato i suoi scritti , probabilmente però ha iniziato a metterci
mano. Non sono anni facili e Luca accompagna Paolo nei suoi ultimi anni, e nella seconda lettera a Timoteo,
che è anche ultima in ordine di tempo pervenutaci, Paolo dopo aver annunciato la sua morte, scrive: «Tutti
mi hanno abbandonato solo Luca è con me». Di tanti discepoli, nel momento estremo del bisogno, Paolo può
contare solo su Luca.xix Dopo la morte di Paolo, avvenuta negli anni tra il 62- 67, considerando le differenti
cronologie, Luca probabilmente si allontana da Roma, da questo momento non abbiamo più fonti sicure. La
tradizione, lo vuole in Grecia, in qualche città della Boezia o anche detta Beozia, dove probabilmente
trascorre l’ultima parte della sua vita, supportando le comunità cristiane per tutti gli anni 70-80.
Questa tesi e supportata da un unico testo latino, chiamato «Prologo anti-marcionita», datato II-III secolo:
«Luca è un Siro di Antiochia, medico di professione, discepolo degli apostoli; in seguito, seguì Paolo fino al suo
martirio, servendo Dio in modo irreprensibile: non ebbe mai moglie, né generò figli; ad ottantaquattro anni
morì in Beozia pieno di Spirito Santo. Quando erano già stati scritti dei Vangeli - da Matteo in Giudea, da
Marco in Italia - mosso dallo Spirito Santo scrisse in Grecia questo Vangelo».
LUOGO E DATA DI COMPOSIZIONE
Nel merito della composizione del Libro degli Atti, avendo questo certamente avuto una lunga redazione è
quasi impossibile attribuirgli un solo luogo. La tradizione attesta che, come il Vangelo, «fu scritto per coloro
che provenivano dalle genti», cioè per i greci convertitesi dal paganesimo (Origene), ipotesi
supportata anche dagli scritti di Luca, e non solo perché scrive in greco, ma perché è evidente che scrive per
un auditorio di lingua e di cultura greca, proveniente dal paganesimo. Vi sono quindi diverse ipotesi
divergenti. L’ipotesi prevalente e che sia stato composto nella regione dell’Acaia una regione a nord
dell’Arcadia ; Altri nella Boezia o Beozia. Girolamo unica voce fuori del coro, propende per Roma in quanto
meta del racconto. Gli studiosi moderni hanno proposto anche Efeso o Cesarea; il luogo più accreditato, però,
almeno per la prima fase di abbozzo del materiale sarebbe Antiochia, la chiesa madre di Luca e della
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
10
Maurizio Allocca, v150123
cristianità greca legata a Paolo. Comunque, non è un dato importante. Sulla data di composizione del Libro
degli Atti, bisogna invece fare riferimento al Terzo Vangelo, in quanto certamente scritto prima. Senza
addentrarci troppo, anche in questo caso, in una materia molto tecnica, possiamo dire che gli Atti degli
Apostoli furono scritti da Luca dopo il Vangelo, fra il 70 e l’80 d.C. utilizzando le conoscenze e le informazioni
documentate raccolte nei lunghi anni di ministero con Paolo, mettendole per iscritto. Nasce in questo modo
il secondo volume di una stessa opera. Il primo volume noi lo chiamiamo il Vangelo secondo Luca, il secondo
volume lo intitoliamo gli Atti degli Apostoli.
FAMILIARITÀ TRA IL VANGELO E IL LIBRO DEGLI ATTI
Il legame tra il Libro degli Atti e il Vangelo di Luca è visibile fin dall’introduzione: At 1,1: Nel mio primo libro,
o Teofilo, ho parlato di tutto quello che Gesù cominciò a fare e a insegnare 2 fino al giorno che fu elevato
in cielo, dopo aver dato mediante lo Spirito Santo delle istruzioni agli apostoli che aveva scelti.”
Particolare interessante che Luca non parla propriamente di un «libro», ma di un «protos logos», cioè di un
«discorso». L’autore si riferisce alla sua opera come quindi a due discorsi concatenati, di cui il primo tratta di
Gesù fino alla sua ascensione ed il secondo riprende la narrazione degli eventi proprio da questo punto. La
dedica a Teofilo lascia quindi intendere che gli Atti sono, da un punto di vista narrativo, un’opera in stretta
continuità con il Vangelo. L’usanza di dedicare l’opera a un personaggio illustre è abbastanza comune negli
scritti ellenistici, personaggio però di cui, in questo caso, non abbiamo alcuna informazione. Teofilo è un
nome comune sia per i greci che per gli ebrei ellenistici. Luca lo saluta utilizzando un titolo onorifico: “krátiste”
che possiamo tradurre come “eccellenza, illustrissimo, solitamente riservato ai membri dell’ordine
senatoriale, che di fatti ritroviamo sempre negli Atti, applicato ai procuratori Felice (At 24,3) e Festo (At
26,25 . Una prima ipotesi e che si possa quindi trattare di un importante funzionario dell’amministrazione
greco-romana, questo può essere anche avallato da testimonianze come quella di Tertullianoxx, padre latino,
che riferisce attorno al 200, che varie figure politiche importanti avevano aderito al cristianesimo. Altri hanno
ipotizzato che questa figura invece, possa essere inventata (fittizia). Anche in questo caso abbiamo una
tradizione abbastanza antica perché Origene padre greco e contemporaneo di Tertulliano, basandosi sul
significato etimologico di Teofilo: «Teó-filos» composto da due parole: Teos (Dio) e filos, (amico)xxi, che
significa: «amico di Dio». Suppone nel suo commento che Luca lo utilizzi intenzionalmente per dedicare il
suo scritto a tutti i veri «Teofili» di ogni tempo, con il desiderio di rafforzare la loro fede dimostrando che
questa fede a loro trasmessa dall’insegnamento degli apostoli è fondata sulle parole stesse di Cristo. Quindi
condurre tutti noi, verso una conoscenza più solida e compiuta, sia del messaggio di Cristo sia delle vicende
della Chiesa. Le familiarità tra i due scritti non si fermano all’intestazione, è opinione quasi unanime tra gli
studiosi che entrambe le opere appartengano allo stesso autore sulla base di una tradizione antica e ben
attestata ed evidenti concordanze linguistiche e teologiche tra gli scritti, anche in questo caso si rimanda per
approfondimenti a testi specialistici.
TEMI LETTERARI E SPIRITUALI DELL’OPERA
Entriamo ora maggiormente nel merito del Libro degli Atti, partendo dalla sua struttura. L’opera è composta
da tante storie. Un lungo racconto che segue un filo cronologico e narra le vicende di diversi personaggi,
legate tutti da unico filo conduttore che è quello della missione affidata da Gesù ai suoi discepoli dopo la
risurrezione. Proprio il tema della missione, si fonde con il tema del viaggio che è uno degli aspetti principali
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
11
Maurizio Allocca, v150123
dell’opera di Luca, che tratteggia il discepolo come una persona in viaggio, in movimento continuo. Tutta
l’opera di Luca ha questo forte dinamismo. I protagonisti di questi racconti coprono distanze geografiche se
non impensabili, importanti per i loro tempi. Due condizioni sono sempre costanti in questo viaggiare. I
discepoli non viaggiano mai da soli e per quanto viaggiano non sono dei girovaghi, ma hanno una metà
precisa. Questo viaggiare, si trasforma in un viaggio interiore in cui il discepolo non è solo qualcuno in
cammino con Gesù, ma anche qualcuno che cammina verso Gesù. Verso la pienezza dell’incontro con Gesù.
Il libro degli Atti ci restituisce un’immagine del discepolo, come di qualcuno sempre in perenne movimento,
di una persona non statica, mai ferma nei suoi spazi, che non è barricata nella sua confort zone. In questo
viaggiare, si trova ad attraversa le vicende di altre persone e condivide le esperienze di altri uomini, portando
tramite la sua esperienza/testimonianza la presenza di Gesù, in queste vite. , che divengono quindi delle
mete stesse nel cammino del discepolo. Questa tematica è presente a partire dal Vangelo di Luca, in cui
abbiamo lunghe sessioni dello scritto che ci raccontano del viaggio dei discepoli con Gesù dalla Galilea verso
Gerusalemme. Questo viaggio diventa a sua volta un viaggio «spirituale» che Luca trasforma anche in un
tema letterario e teologico. Gerusalemme è al centro di tutta la sua opera. Nel Vangelo tutto tende a
Gerusalemme e negli Atti, tutto parte da Gerusalemme e diventa la continuazione del viaggio, di un Gesù
ora risorto che accompagna i discepoli chiamati a continuare la sua missione, secondo il programma di At
1,8: “mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra”.
Vicende che si interrompono con l’arrivo di Paolo a Roma, in quanto l’autore ritiene ormai di aver esaurito il
compito letterario che si era prefissato, una volta che il Vangelo è arrivato nella capitale politica del mondo
allora conosciuto. Quello che simbolicamente viene considerato il centro del mondo. Il tema del viaggio è
suggerito anche dalla parola stessa che usavano i cristiani al tempo di Paolo e Luca, per riferirsi alla loro fede,
utilizzando un termine che noi possiamo tradurre sia come: «via» o «strada». Abbiamo diversi esempi nel
Libro degli Atti:
•
«...seguaci della via di Cristo» (At 9,2);
•
«…era stato ammaestrato nella via del Signore… gli esposero con maggiore accuratezza la via di
Dio» (18,25.26);
•
«…dicendo male in pubblico di questa nuova via» (19,9);
•
«scoppiò un gran tumulto riguardo alla nuova via» (19,23);
•
«Io perseguitai a morte questa nuova via» (22,4);
•
«Adoro il Dio dei miei padri, secondo quella via che essi chiamano setta... Allora Felice, che era
assai bene informato circa la nuova via, li rimandò...» (24,14.22).
Le traduzioni in lingua corrente hanno spesso tradotto il termine preferendo l’uso della parola «dottrina»,
cioè insegnamento, rendendo meno immediato comprendere la visione che i primi cristiani avevano della
propria fede. Il Cristianesimo per Luca non è una teoria, non è un insegnamento, non è un portare avanti
un’idea, non è un “io porto”, ma è un “io seguo” è seguire una persona che cammina davanti a me, non in
modo astratto con sé seguissi solo il suo esempio facendo mie le sue idee, ei suoi insegnamenti. I cristiani
seguono, o come scrive Paolo inseguono, nella speranza di afferrarlo una persona vivente: Gesù. Questo è il
motivo per cui ci presenta la vita del discepolo come un’esistenza “in cammino”. Perché Gesù è in cammino
tramite l’azione dello Spirito Santo che ancora oggi opera fin quando il Regno di Dio non sarà pienamente
realizzato. Luca nel suo scritto vuole rendere evidente tutto questo. Riporta tutto questo come fosse un
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
12
Maurizio Allocca, v150123
inviato (un giornalista) in una campagna di guerra, perché non sono tutti successi facili; riporta la marcia
vittoriosa della predicazione cristiana, la «corsa» della Parola di Dio che partita da Gerusalemme raggiunge
gli estremi confini della terra.
Gli Atti degli Apostoli non sono quindi un trattato di teologia, almeno non lo sono per quelle che possono
essere le nostre aspettative moderne, e non possiamo avere la pretesa di ricercare in esso una sintesi
esaustiva della dottrina dei primi cristiani. Anzi stonano in uno scritto come questo, l’unico che abbiamo sulla
storia della chiesa, la mancanza di temi importanti come l’ecclesiologia. Troviamo invece moltissima teologia
inespressa o appena abbozzata che fa da sfondo o da orizzonte al carattere pastorale dello scritto. Luca
riporta più volte il messaggio della salvezza, in vari discorsi fatti pronunciare da diversi personaggi, ma non
entra mai nel merito della dottrina specifica. Uno degli scopi principali che ha mosso l’autore è quello di
esortare, incoraggiare i credenti della propria generazione. In esso ritroviamo il cuore dell’insegnamento
apostolico, che è l’evento della risurrezione di Gesù Cristo, della sua ascesa in gloria. L’esaltazione di Gesù, e
questa è una grande intuizione teologica di Luca, non coincide con la venuta del regno messianico definitivo.
Questo ritorno diviene attesa e speranza per il futuro, ma nel tempo presente, la Chiesa ha il compito di
annunciare gli eventi di cui è stata testimone; eventi che non sono mitologici ma realmente accaduti, come
Luca scrive nel suo Vangelo, e che sono stati fedelmente trasmessi degli apostoli alla cristianità, in mezzo a
prove e difficoltà, grazie alla vita del Cristo risorto. Questo è il motivo per cui i credenti possono testimoniare
con piena fiducia e dando assoluto credito al messaggio di cui sono divenuti latori. Testimoniare ciò che è
stato e ciò che sarà, è l’oggetto della predicazione apostolica che prende forma nell’annuncio del Vangelo
affidato ad ogni credente e che deve essere comunicato a tutte le genti fino a quando di nuovo Gesù non
ritornerà per stabile una volta per tutte il suo Regno. Ma questo sarebbe stato e sarebbe impossibile senza il
dono dello Spirito, di cui riporta Luca, in At 1,8: “Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su
di voi, e mi SARETE TESTIMONI”. Lo Spirito Santo, ricorda alla sua generazione, ha reso tutto questo possibile.
Ha abilitato; reso abili gli apostoli nel fare questo, ed i frutti, l’evidenza di tutto questo afferma Luca, è nella
nascita di numerose comunità di credenti a partire dall’epoca apostolica fino ad oggi, cosa di cui noi siamo
testimoni oculari al tempo presente. Lo Spirito Santo è appunto uno dei grandi protagonisti di quest’opera
che Luca descrive continuamente in azione nella diffusione della Chiesa e proprio per tale insistenza gli
Atti sono stati chiamati il «Vangelo dello Spirito Santo». Alcune formule da lui utilizzate sono entrare nel
nostro vocabolario: «essere pieni di Spirito Santo», «ricevere lo Spirito Santo», «essere battezzati nello
Spirito Santo». L’autore vede lo Spirito come il compimento del progetto di Dio, la pienezza della rivelazione,
che riempie coloro che accettano Gesù Cristo come salvatore; lo Spirito è il Dono per eccellenza, è una “forza”
potente che produce opere nuove e grandi. La Chiesa nel Libro degli Atti è strettamente legata all’azione
dello Spirito. La chiesa che lui descrive negli atti si muove in perfetta sintonia con lo Spirto Santo, At 5,32: «Di
queste cose siamo testimoni noi e lo Spirito Santo»; In At 15,28 «Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi
...». L’opposizione allo Spirito, è invece presentato come un peccato gravissimo come avremo modo di
commentare analizzando l’episodio di Anania e Saffira, (At 5,3). In questo quadro di intimità o meglio di
comunione d’intenti tra la Chiesa e lo Spirito, Luca sottolinea di volta in volta alcuni aspetti: l’obbedienza agli
apostoli, che diviene ascolto attivo della Parola, il forte senso della missione, l’assiduità nello stare assieme
tra credenti, l’impegno comune nella preghiera, la condivisione, quindi la generosità dei credenti nel mettere
a disposizione i beni materiali, la gioia in generale come segno della visitazione di Dio, ma di mostrata anche
nelle persecuzioni, quindi un senso di grande fiducia nella protezione di Dio. Il libro degli Atti si presenta,
come abbiamo detto, come un naturale proseguo del Vangelo e descrive gli eventi che hanno portato la
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
13
Maurizio Allocca, v150123
cristianità dalla prima predicazione di Cristo alla realtà storica consolidata della Chiesa. Questa opera ha
quindi il merito di coprire un importante “vuoto” perché nessuna delle narrazioni dei Vangeli di fatti ci riporta
cosa sia avvenuto dopo l’ascesa al cielo di Gesùxxii. Motivo per cui l’opera di Luca, assume una grande
importanza se si vuole conoscere i primi passi compiuti dalla comunità cristiana e le difficoltà che ebbero gli
apostoli nella loro opera missionaria. Infatti, iniziano proprio dove termina il Vangelo di Luca, con un
passaggio che vede la comunità nascente e non solo idealmente, affidata dalle mani di Cristo all’abbraccio
dello Spirito Santo, promesso e donato da Lui.
CARATTERISTICHE LETTERARIE
LINGUA DI COMPOSIZIONE
Facciamo ora anche qualche accenno alle caratteristiche letterarie e peculiarità dello scritto. L’opera è scritta
in greco, non in un greco classico, ma come per tutti gli scritti del Nuovo Testamento nel greco Koinexxiii. Un
greco di qualità eccellente, colto, stilisticamente il migliore del Nuovo Testamento insieme a quello della
Lettera agli Ebrei. Greco che diventa invece più incerto, più “semitizzante”, quando integra nel testo
materiale proveniente da fonti documentali indipendenti, di cui Luca fa abbondante usoxxiv, che rende
evidente che i documenti da cui attinge non sono di madre lingua greca, ma o scritti in aramaico e poi tradotti,
oppure scritti da persone in greco ma non di madrelingua greca. Altro particolare interessante, che abbiamo
accennato nella prefazione, è la presenza dei «septuagintismi», cioè Luca fa voluti richiami di forme greche
proprie della versione veterotestamentaria detta dei LXX. Luca, infatti, conosce l’Antico Testamento nella sua
versione greca e da questa ha imparato una specie di «stile biblico». Questa cosa è simpatica perché neanche
lo scrittore sacro si è dimostrato essere immune, come noi dal famoso “biblese”, che assimiliamo a seconda
delle versioni che utilizziamo in questo caso però gli studiosi sono concordi nell’affermare che è qualcosa di
voluto.
GENERE LETTERARIO
Lo Scritto degli Atti si presenta come un libro storico, ma con delle particolarità che vanno tenute in conto.
Bisogna innanzi tutto riconoscere che gli Atti degli Apostoli sono un libro singolare, nato in un’occasione
particolare, che non assomiglia nello specifico a nessun altro è un unicum nel suo tempo, possiamo definirlo
quasi un capostipite di un genere letterario fino ad allora sconosciuto. Ci sono degli elementi e delle analogie
che ritroviamo in modo parziale in altri generi letterari del tempo, come per esempio, i racconti delle imprese
di eroi, o di alcune divinità mitologiche, o anche ai diari di viaggi. Ma queste somiglianze restano molto
parziali. In termini moderni non vi è una particolare unanimità da parte degli studiosi nel definirlo, prevale
certamente il suo carattere storico ma questo scritto è più di questo. Certamente è indubbio che Luca abbia
in mente un’opera storica come afferma lui stesso nel prologo dello scritto. Però questo non deve farci cadere
nell’errore che lo faccia da storico. Gli Atti degli apostoli pur definendosi un’opera storica, non sono scritti da
uno storico e questo fa molta differenza. L’obbiettivo di Luca e di natura teologica, non storica, nonostante
lo scritto abbia comunque un importante attendibilità storica, sul quale la critica moderna, dopo lo
scetticismo del XIX secolo ha dovuto ricredersixxv. Luca però parte da una precomprensione teologica di cui
è convinto e legge gli avvenimenti con il filtro di questa teologia. Gli Atti degli Apostoli sono un’opera
teologica fatta in forma narrativa. Si spiega che cos’è la Chiesa attraverso il racconto di avvenimenti
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
14
Maurizio Allocca, v150123
significativi; insegna l’importanza dello Spirito Santo, mostrandone l’azione; parla del battesimo e della Santa
Cena, raccontando episodi fondamentali in cui vengono celebrati. Il suo intento non è quello di fare un
resoconto dei fatti, secondo le convenzioni seguite da uno storico, e non vuole neppure raccontare tutto ciò
che è successo nella Chiesa. Gli Atti non sono un’opera esaustiva e completa: non si parla, ad esempio, degli
altri apostoli, non si racconta l’esito della missione di Pietro come quella di Paolo. Molti particolari che
conosciamo dalle epistole paoline sono omessi. Si tratta di un’opera di catechesi. A Luca sta a cuore la sua
situazione comunitaria, a cui si si rivolge secondo le necessità che lui vede importante soddisfare. Non
presenta una cronologia rigorosa, né tanto meno una datazione rigorosa degli eventi. Raramente troviamo
indicazioni precise come per il soggiorno di Paolo a Corinto, At 18.11 «si fermò un anno e mezzo» oppure a
Efeso, At19.10 «questo durò due anni». Gli unici dati che permettono un confronto con la storia universale
li troviamo in At 11,26-28 in cui si parla di una carestia durante l’impero di Claudioxxvi. In Atti 12,20-23 in cui
nomina la morte di Erode Agrippa I, che avvenne probabilmente nell’anno
e in At 18,2 a proposito di
Aquila e Priscilla in cui menziona la cacciata dei giudei da Roma, episodi che ci permettono quanto meno di
dare una datazione approssimativa agli eventi. Importanti invece gli l’episodi riportati in At 18,12-18 in cui si
racconta l’incontro tra Paolo e Gallione proconsole d’Acaiaxxvii e in At 2 ,27 in cui si riporta l’insediamento di
Antonio Felice come procuratore di Giudea. Queste due date «sicure» ci permettono di datare gli eventi
descritti da Lucaxxviii. Tutto ciò, non è da intendersi come una mancanza, ma semplicemente che le intenzioni
dell’autore nel merito della sua opera, pur avendo essa un carattere storico, divergono da quelle di uno
storico di professione.
STILE LETTERARIO
Dal punto di vista della costruzione letteraria Luca si dimostra essere un eccellente scrittore per i canoni del
suo tempo. Riesce a innestare e armonizzare documenti aventi differenze stilistiche, senza che la narrazione
perda di fluidità e di compattezza. Questa armonia nasce da una sapiente opera redazionale dello scritto.
Citerò velocemente le caratteristiche letterarie rilevanti.
PRIMA CARATTERISTICA
Luca bilancia nella narrazione gli episodi riguardanti sia Pietro che Paolo in modo corrispondente. Entrambi
fanno un importante discorso inaugurale, entrambi si scontrano con un mago; risanano uno storpio;
risuscitano un morto; entrambi sono incarcerati e miracolosamente liberati da un intervento divino.
L’equiparazione delle vicende riguardanti Pietro e Paolo ha certamente uno scopo che va oltre il fine
letterario. Luca vuole mettere in luce una continuità nel merito dell’opera di Dio, nel passaggio tra la
generazione apostolica alla chiesa, e probabilmente anche confermare/riabilitare il ministerio di Paolo a
seguito della polemica sorta con i giudeo cristiani.
SECONDA CARATTERISTICA
La Seconda caratteristica letteraria, a cui abbiamo già accennato, che incontriamo negli Atti degli Apostoli è
la presenza di alcune sezioni in cui il narratore adopera la prima persona plurale:
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
15
Maurizio Allocca, v150123
•
16,10-17 (viaggio da Troade a Filippi);
•
20,5-15 (viaggio da Filippi a Mileto);
•
21,1-18 (viaggio da Mileto a Cesarea/Gerusalemme);
•
27,1-28,16 (viaggio da Cesarea a Roma).
Queste pericopi sono ben caratterizzate e ben inserite nella narrazione degli eventi e descrivono viaggi
avvenuti via mare. Molto probabilmente si tratta di annotazioni relative ad un diario, oggi lo chiameremo un
taccuino da viaggio in cui Luca riportava le sue annotazioni durante i viaggi. Prendiamo in considerazione, ad
esempio, il primo caso e leggiamo il testo, notando la differenza fra i versetti che precedono e seguono la
sezione “noi”:
«Raggiunta la Misia, si dirigevano verso la Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, attraversata
la Misia, discesero a Troade. Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un macedone e
lo supplicava: «Passa in Macedonia e aiutaci!». Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammo di
partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore. Salpati
da Troade, facemmo vela verso Samotracia e il giorno dopo verso Neapoli e di qui a Filippi, colonia romana
e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni; il sabato uscimmo fuori
della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle
donne colà riunite. C’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città
di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo esser stata
battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: «Se avete giudicato ch’io sia fedele al Signore, venite ad abitare
nella mia casa». E ci costrinse ad accettare. Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una
giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procurava molto guadagno ai suoi padroni facendo
l’indovina. Essa seguiva Paolo e noi gridando: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la
via della salvezza»... episodio dell’imprigionamento di Paolo e Sila ... Poi li fecero uscire e li pregarono di
partire dalla città. Usciti dalla prigione, si recarono a casa di Lidia dove, incontrati i fratelli, li esortarono e poi
partirono. Seguendo la via di Anfipoli e Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c’era una sinagoga dei
Giudei» (At 16,7- 17.39-40; 17,1).
Il cambio di persona è improvviso e immotivato. La conclusione più semplice che si può ricavare è che colui
che scrive era presente per quel tratto di viaggio. Infatti, la sezione noi inizia alla partenza da Troade, racconta
il soggiorno a Filippi e termina nel momento in cui Paolo lascia questa città per recarsi ad Anfipoli. Quindi
l’autore, Luca, si è unito a Paolo nella città di Troade e lo ha accompagnato fino a Filippi, rimanendo con lui
durante la predicazione in questa città; e, quando Paolo parte nuovamente, Luca non lo segue ma resta a
Filippi. Una controprova si ha se saltiamo alla seconda sezione- noi (20,5-15): questa volta il racconto in prima
persona inizia con la partenza da Filippi alla volta di Mileto. È possibile quindi dedurre che Luca, durante il
secondo viaggio missionario di Paolo verso l’anno 50 , si unisce a lui a Troade e lo accompagna a ilippi e qui
si ferma per qualche tempo; qui Paolo lo incontra nuovamente alla fine del terzo viaggio, verso la Pasqua del
58, e parte con lui alla volta di Gerusalemme. Possibile quindi pensare che Luca abbia tenuto una specie di
diario di viaggio durante questi spostamenti via mare insieme a Paolo. Nella fase di composizione dell’opera,
diversi anni dopo, ha poi riutilizzato i suoi vecchi appunti.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
16
Maurizio Allocca, v150123
TERZA CARATTERISTICA
L’abbondante presenza di discorsi, a cui Luca affida il compito di indicare il senso e l’orientamento degli
eventi. Nel Libro degli Atti si contano 24 discorsi, che occupano 295 versetti (su circa 1000). Gli oratori più
significativi sono Pietro e Paolo che tengono un numero quasi analogo di discorsi (otto il primo e nove il
secondo), rivolti alla comunità di cristiani, o verso uditori giudei o pagani. Abbiamo poi Stefano, e Giacomo.
I restanti 5 sono messi in bocca a personaggi non cristiani.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
1,16-22: 1.Pietro (alla comunità);
2,14-36.38-39:2.Pietro (missionario ai Giudei);
3,12-26: 3.Pietro (missionario ai Giudei);
4,8-12.19-20: 4.Pietro (missionario ai Giudei);
5,29-32: 5.Pietro (missionario ai Giudei);
5,35-39: Gamaliele;
7,2-53: Stefano (apologetico);
10,34-43: 6.Pietro (missionario ai timorati di Dio);
11,5-17: 7.Pietro (apologetico);
13,16-41: 1.Paolo (missionario ai Giudei);
14,15-17: 2.Paolo (missionario ai pagani);
15,7-11: 8.Pietro (alla comunità);
15,13-21: Giacomo;
17,22-31: 3.Paolo (missionario ai pagani);
19,25-27: Demetrio;
19,35-40: cancelliere;
20,18-35: 4.Paolo (alla comunità);
22,1-21: 5.Paolo (apologetico);
24,2-8: Tertullo;
24,10-21: 6.Paolo (apologetico);
25,24-27: Festo;
26,2-23 (25-27): 7.Paolo (apologetico);
27,21-26: 8.Paolo;
28,17-20: 9.Paolo (apologetico).
Le caratteristiche di tutti questi discorsi sono ben evidenti, hanno una funzione interpretativa degli eventi:
servono per spiegare il senso delle vicende ed evidenziare il pensiero e la predicazione degli apostoli.
QUARTA CARATTERISTICA
La presenza di sommari che si presentano come brevi quadri sintetici che l’autore inserisce adoperando del
materiale tradizionale, per arricchire e completare le descrizioni, come elementi di sutura per tenere insieme
le varie fonti. Rappresentano un importante elemento letterario del lavoro di Luca. Tre grandi sommari, sono
inseriti nella prima parte del libro, e offrono il quadro generale della comunità primitiva.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
17
Maurizio Allocca, v150123
Il primo sommario offre gli elementi essenziali:
«Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane
e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti
coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà
e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme
frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore,
lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (At 2,42-47).
Il secondo sommario evidenzia la comunione dei beni:
«La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva
sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli
rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia.
Nessuno, infatti, tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano
l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a
ciascuno secondo il bisogno» (At 4,32-35).
Il terzo sommario insiste sui prodigi che avvenivano:
«Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme
nel portico di Salomone; degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Intanto andava
aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore fino al punto che portavano
gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua
ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando
malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti» (At 5,12-16).
Altre descrizioni di questo tipo, anche se più brevi, si ritrovano altrove nel testo, insieme a brevi notizie
redazionali, che svolgono la funzione di dare un senso organico allo Scritto (cfr. 1,12- 14; 4,4.23-24.31; 5,416,1a; 11,21-24).
QUINTA CARATTERISTICA
La presenza di numerosi ritornelli tematici che ritornano periodicamente nello Scritto. Luca, infatti, insiste
parecchio sulla franchezza e il coraggio degli apostoli che continuano a predicare la parola nonostante le
persecuzioni (cfr. 4,31; 5,42; 8,4; 14,6-7; 15,35; 18,11; 28,30-31 ; altra insistenza l’autore la riserva al tema
della gioia che accompagna l’accoglienza della fede cfr. 2, 6; 8,8; 8,39; 13, 8; 13,52 . Ma quello che
troveremo maggiormente ripetuto è relativo alla crescita della Parola che coincide con l’aumento della
comunità cristiana:
•
•
2,41: «Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro
circa tremila persone»;
2,48: «Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati»;
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
18
Maurizio Allocca, v150123
•
•
•
•
•
•
•
•
•
4,4: «Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini
raggiunse circa i cinquemila»;
5,14: «Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel
Signore»;
6,7: «Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei
discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede»;
9,31: «La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria; essa cresceva
e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo»;
11,21: «E la mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si convertì al
Signore»;
11,24: «E una folla considerevole fu condotta al Signore»; 12,24: «Intanto la parola di Dio
cresceva e si diffondeva»;
13,48-49: «Nell’udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono
la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna. La parola di Dio si diffondeva per tutta
la regione»;
16,5: «Le comunità, intanto, si andavano fortificando nella fede e crescevano di numero ogni
giorno»;
19,20: «Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava».
SCOPO DELLO SCRITTO
Terminiamo questa prima parte introduttiva, con l’argomento che probabilmente è di maggiore utilità e
interesse e che è inerente allo scopo per cui Luca ha deciso di mettere mano alla penna. Come abbiamo
anticipato, Luca, non è uno scrittore di professione, non scrive per il gusto di farlo né tantomeno per
guadagnarsi da vivere. Luca è un uomo di Chiesa, è un pastore, è un collaboratore apostolico. Scrive perché
vede delle necessità pastorali, e per rispondere a delle necessità spirituali. Le necessità dello scritto sono
quindi da ritrovarsi nelle situazioni che la cristianità del suo tempo si trova a vivere, tenendo sempre
comunque a mente che il Libro degli Atti è la seconda parte di un’opera in due volumi e non è possibile non
considerare le motivazioni dello scritto non prendendo in considerazione l’opera complessiva.
Una possibile indizio sul perché Luca unico tra tutti gli autori dei Vangeli ha avvertito la necessità di scrivere
una storia degli inizi cristiani e quindi scrivere un seguito al suo Vangelo, lo possiamo trovare nel Vangelo di
Marco che è stata una delle fonti utilizzata da Lucaxxix, in cui nel prologo Marco scrive: “Inizio del Vangelo di
Gesù Cristo, Figlio di Dio” Mc 1.1 … Questo è l’inizio... e nel suo Vangelo Marco racconta gli eventi partendo
dalla nascita, fino alla resurrezione di Gesù. Luca nell’aver poi continuato il racconto degli eventi che hanno
avuto seguito, significa che li considera, in qualche modo, essere parte della stessa narrazione del Vangelo.
Un primo probabile intento di Luca è di voler rendere evidente il senso continuità tra la prima predicazione
apostolica e la Chiesa che nasce da questa e in questa narrazione valore probante hanno le manifestazioni
miracolose che accompagnano la vita di Gesù, come il ministerio degli apostoli prima e della chiesa dopo.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
19
Maurizio Allocca, v150123
Questo intento ha un duplice scopo per Luca, sia evangelistico, aspetto che si ritrova nel carattere apologetico
dello scritto e che da diversi studiosi è considerato quello principale; sia pastorale come Luca stesso riferisce
a Teofilo nel prologo del libro. Manifesta quindi lo scopo di confermare e rafforzare la fede della chiesa
immediatamente a cavallo di quella apostolica, di cui Luca è un testimone. Afferma che ciò che è stato
tramandato è in perfetta continuità con quanto Cristo ha detto e predicato. Questo ci porta al punto che
segue che è una sorta di, di cui, del secondo punto e che riguarda il tema del ritardo della parusia, del mancato
ritorno di Cristo, rispetto alla percezione d’imminenza con cui la prima cristianità l’ha vissuta. Una delle
motivazioni dello Scritto è anche quindi da ricercarsi nel desiderio di Luca di voler dare una risposta alla
perdita di entusiasmo dovuta a un indebolimento dell’attesa escatologica. Nella cristianità inizia a farsi strada
il pensiero che il ritorno di Cristo non sia più così imminente. Il motore primo dello spirito missionario della
prima cristianità inizia ad ingolfarsi; la presa di coscienza di questa realtà come possibilità incide sugli aspetti
motivazionali delle comunità cristiane. Nel Libro degli Atti, Luca matura un pensiero teologico che dona alla
Chiesa una differente percezione e lettura della propria identità, perché fino ad allora i cristiani, avevano
vissuto la propria missione avendo radicata la percezione che il ritorno di Cristo fosse qualcosa di vicinissimo,
ma ora, dopo diversi decenni devono confrontarsi con una realtà non pari alle aspettative e deve maturare
un pensiero differente rispetto al suo ruolo. Ora per noi questo è un concetto scontato, dopo XX secoli di
storia del cristianesimo, ma la generazione di Luca ha una visione e una percezione molto differente rispetto
alla cristianità di oggi. Tutte le energie sono impegnate in questa lotta contro il tempo, orientate verso
l’urgenza della predicazione. La prima comunità cristiana che nasce a Gerusalemme pensava di essere il
gruppo escatologico costituito nell’imminenza della fine di tutto e dell’instaurazione gloriosa del regno
messianico. Col tempo questo pensiero si trasforma e poco alla volta la cristianità matura di avere un futuro
ancora da scrivere su questa terra, un compito da svolgere. Se quindi in un primo tempo si pensava che la
storia della salvezza fosse articolata in due soli momenti: l’attesa di Israele e l’avvento di Cristo. Luca
introduce un terzo momento: Il ministerio della Chiesa, inteso come la continuazione dell’opera di Cristo. Dio
ha un progetto che si è compiuto in Gesù e che tramite i suoi discepoli continua a realizzarsi per ogni persona
di ogni tempo, purché si abbia la buona volontà di accoglierlo, di accogliere la buona notizia. Questo rende
implicito che Luca è certo che Dio diriga la storia e vede le vicende che lui riporta nel suo scritto come una
continuazione sia delle potenti azioni testimoniante nel VT, sia del ministerio di Gesù allo stesso modo è
assolutamente convinto che il Vangelo riguarda tanto gli ebrei che i gentili, e che l’inclusione dei gentili nel
disegno salvifico di Dio e assieme alla venuta del Cristo e alla nascita della chiesa un adempimento delle
profezie del Vecchio Testamento. Questo rende implicito che dal punto di vista teologico Luca consideri la
Chiesa una continuazione del giudaismo. Luca è l’autore che del Nuovo Testamento maggiormente usa il
termine progetto in riferimento all’opera compiuta da Dio. Il rischio ora, vedendo le aspettative di questo
ritorno disattese e che la chiesa a cavallo di quella apostolica, possa scoraggiarsi e perdere fiducia negli
insegnamenti, nelle parole profetiche, nella stessa figura di Gesù come messia e salvatore. In cosa si traduce
tutto questo? Nel fatto che i credenti perdano la passione per la santità, una maggiore conformità con il
mondo, una perdita di interesse verso l’opera di Cristo. La generazione di Luca inizia a prendere coscienza
che il tempo della “parusia”, della seconda venuta di Cristo, possa anche non essere così imminente. Luca,
quindi, scrive per la sua comunità, ripercorrendo alcuni eventi storici legati alla nascita della cristianità e della
comunità cristiana, e della predicazione apostolica, prima di Pietro e poi di Paolo anche con l’intento di
evidenziare che questa nuova percezione non è in realtà difforme rispetto al messaggio che gli apostoli
avevano predicato. In questa nuova visione che si delinea nell’orizzonte cristiano, la Chiesa come soggetto
inizia quindi ad assumere uno spazio meno astratto, e più importante nel progetto salvifico di Dio. Perché la
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
20
Maurizio Allocca, v150123
missione che gli è stata affidata non è più un qualcosa che si esaurisce nell’arco di una generazione, ma deve
essere allargata ad un tempo “X” indefinito. Presa coscienza di questo nuovo orizzonte Luca sente anche la
necessità di incitare e incoraggiare i cristiani perché ripartano con un uno slancio rinnovato verso la
realizzazione della missione. Da cosa possiamo avere evidenza che Luca ha a cuore questo tema? La prima
evidenza l’abbiamo già anticipata nel fatto stesso che Luca, senta la necessità, al contrario degli altri
evangelisti, di dare un maggiore compimento al suo primo scritto, aggiungendo al Vangelo, il Libro degli Atti,
con l’intento di dimostrare che la Chiesa è una continuazione nel tempo dell’opera iniziata da Cristo. La
seconda l’abbiamo dalle parole citate da Luca riportate non casualmente all’inizio degli Atti, riferite da Gesù:
«Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza
dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la
Samaria e fino agli estremi confini della terra» (At 1,7-8).
Il tema della seconda venuta di Cristo pur essendo citata nel Libro, non è vissuta con urgenza. Questa
riflessione è affidata fin da subito agli eventi narrativi, sempre all’inizio di Atti, nelle parole che gli angeli
rivolgono agli apostoli: Cfr. AT 1.11: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che
è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in
cielo».
Un invito sempre attuale, abbiamo visto degli ultimi anni diverse confessione cristiane essere attraversate da
correnti apocalittiche a partire dall’elezione di Trump, poi la pandemia, ora la guerra in Ucraina. L’invito resta
sempre attuale: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”, “Non spetta a voi conoscere i tempi e i
momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta”… Luca desidera confermare i credenti nella loro fede sulle
promesse di Dio, e non deve essere motivo di scoraggiamento il non vedere realizzato in tempi brevi il ritorno
di Cristo. Questo ritardo non è un mancato adempimento ma è in sintonia con quanto Cristo e gli apostoli
hanno insegnato, per cui non bisogna sprecare energie al fine di capire i tempi ed i modi, ma bisogna invece
continuare come fecero coloro che primi ricevettero il testimone ad impegnarsi nell’evangelizzazione e nella
testimonianza, perché come disse Gesù il tempo è sempre pronto.
Non è scorretto considerare Atti 1.8 un documento programmatico: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i
momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi
e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra»
Che narrativamente parlando, trova la sua attuazione nella la frase conclusiva del Libro degli Atti 28,30-31
«Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano
a lui, annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta
franchezza e senza impedimento». Nella descrizione delle giornate di Paolo nella fase conclusiva del suo
ministerio a Roma, Luca evidenzia che la promessa ha avuto una sua prima piena realizzazione. Il Vangelo è
arrivato nella capitale politica del mondo, nella città che senza stregua di essere contradetti era in questa
parte del nostro pianeta il centro del mondo. Le vicende narrate in Atti come in una sorta di diario di guerra
descrivono la lunga e inesorabile avanzata del Vangelo, di testimone in testimone da Gesù agli apostoli, dagli
apostoli alla chiesa. Quindi è indubbio che per Luca, la missione non si esaurisca con Paolo a Roma, ma viene
sancito un definitivo passaggio di testimone alla cristianità nelle mani della chiesa che raggiunta la sua
maturità, superata la transizione dal giudaismo, comprende la portata universale del messaggio che le è stato
affidato. Un messaggio di Salvezza che Luca espone nel libro degli Atti tramite una serie di messaggi pubblici
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
21
Maurizio Allocca, v150123
pronunciati da diversi protagonisti di questo libro e che possiamo condensare attorno a questi punti: Gesù
è il messia che i giudei attendevano, da loro condannato è stato risuscitato da Dio è divenuto a seguito di
questo fonte di salvezza in quanto offre in dono il perdono dei peccati e lo Spirito che si manifesta tramite
segni e miracoli ed esperienze di gioia nella vita di chi riceve queste benedizioni. Luca presentando il tema
della missione, non ci racconta una marcia trionfale, anzi è molto onesto nel presentare il progresso del
Vangelo a fronte di numerose opposizioni spesso anche violente, che vedremo di volta in volta verificarsi
nelle vicende raccontate negli Atti nei riguardi di incolpevoli discepoli, persona senza colpa se non quella di
avere dato credito al mandato ricevuto da Cristo. Opposizioni verso cui, Luca, invita a rimanere fermi nella
fede, ad essere fedeli e non scoraggiarsi perché nonostante questo la Parola di Dio continua ad avanzare. Dio
raggiungerà il suo scopo a dispetto di qualunque opposizione e Luca testimonia di questa verità, ma lo fa con
molto realismo. Il progresso dell’opera di Dio, ha un prezzo, ha un costo per la vita dei missionari. Non tutti
sono stati “protetti”, alcuni sono morti come Stefano e Giacomo, altri hanno avuto la vita salva, ma in nessun
caso gli è stato risparmiato il pericolo e la sofferenza Questi temi li incontreremo e li affronteremo più volte
in queste serate, bisogna però avere l’accortezza di avvicinarci e leggerli nel contesto di uno scritto che per
sua natura non è un trattato di teologia, ma un libro narrativo. L’autore non si pone il compito di fare una
trattazione estesa delle verità che espone; il suo intento principale è quello di esortare. Tramite il racconto
(appunto la narrazione) comunica importanti valori dottrinali e ci raffigura a vivo anche quello che per la
cristianità è divenuto il “modello” di vita comunitaria, che nasce dalla prima predicazione apostolica.
Partendo dall’evento centrale di tutto l’insegnamento apostolico che è la risurrezione di Gesù Cristo, con la
consapevolezza che questo evento fondante e fondamentale per la nostra fede, non coincida ancora al tempo
presente, con la piena realizzazione del regno messianico. Questa verità certa che noi chiamiamo promessa,
è attesa per il futuro, mentre nel presente il nostro compito è la predicazione del Vangelo a tutte le genti
dono che lo Spirito Santo ha reso possibile, abilitando prima gli apostoli e poi coloro che hanno raccolto il
loro testimone. Questa Libro contiene una testimonianza che ancora oggi ci sfida. Perché possiamo ancora
oggi vedere realizzate tutte le cose raccontate in questo Libro, nel merito di questi fratelli, che nonostante
fossero privi di mezzi economici, senza grandi supporti, non avevano locali, gruppi musicali, poveri di teologia,
se non di ciò che era essenziale al messaggio della salvezza, un’ecclesiologia molto primitiva ed essenziale, e
oltre tutto questo: osteggiati, perseguitati, cacciati nell’arco di una generazione conquistarono il mondo loro
conosciuto a Cristo. Milioni di comunità sono nate da quando lo Spirito è stato sparso nel giorno delle
Pentecoste. Miliardi di uomini e di donne hanno aderito alla fede, hanno creduto all’insegnamento degli
apostoli, hanno ricevuto il battesimo, sono stati perdonati dai peccati ed hanno iniziato a vivere una vita in
comunione con lo Spirito Santo e nella presenza di Dio.
Questo Spirito nel Libro degli Atti è continuamente in azione nella diffusione della Chiesa. L’autore vede lo
Spirito come il compimento del progetto di Dio, la pienezza della rivelazione, che riempie coloro che
accettano Gesù Cristo come salvatore; lo Spirito è il Dono per eccellenza, è il dono della presenza di Dio in
noi. Una forza potente che produce opere nuove e grandi, come la profezia, la rivelazione della volontà di
Dio, i carismi. All’interno di questo quadro narrativo, Luca inserisce la forza esortativa di questo modello
comunitario delle chiese fondate dagli apostoli. In cui ci descrive le caratteristiche di questa vita comunitaria.
La docilità, di questi fratelli e di queste sorelle nel porsi davanti all’azione dello Spirito; l’obbedienza agli
apostoli; l’impegno, la perseveranza nella preghiera, nel digiuno; la volontà di corrispondere all’esigenze
materiali dei poveri in mezzo a loro e verso coloro che erano attivamente impegnati nel ministerio; la gioia
nelle persecuzioni, che possiamo tradurre nella capacità e nel senso di responsabilità di accettare il prezzo di
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
22
Maurizio Allocca, v150123
questa chiamata e di questo incarico. Luca ci presenta anche questo come parte integrante del disegno
salvifico organizzato da Dio. Questo è l’esempio verso cui Chiesa di ogni tempo deve tendere se vuole
assomigliare al modo di condursi che è stato stesso di Cristo, deve fare sua come identità primaria.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
23
Maurizio Allocca, v150123
ATTI DEGLI APOSTOLI – SECONDA SERATA
PROGRAMMA DELLA SECONDA SERATA
Il programma di questa serata segue la serata introduttiva, e affronteremo i capitoli dal 1 al 5.
• CAPITOLO I
✓ Prologo (v 1)
✓ Ascensione di Gesù – Il Mandato (v2-14)
✓ L’elezione di Mattia v 15-26)
• CAPITOLO II
✓ La Pentecoste (v 1-13)
✓ I discorso di Pietro (v 14-36)
✓ Nascita della Comunità e I Sommario (v 37-47)
• CAPITOLO III
✓
✓
• CAPITOLO IV
✓
✓
• CAPITOLO V
✓
✓
✓
Il primo miracolo (v 1-11)
II discorso di Pietro (v 12-26)
Episodio dell’arresto di Pietro e Giovanni v 1-31)
II Sommario (v 32-37)
Anania e Saffira (v 1-11)
III Sommario (v 12-16)
Arresto degli Apostoli (v 17-42)
In questi primi cinque capitoli Luca sottolinea due evidenze:
•
la prima che incontriamo fin dalla lettura del prologo è “Il passaggio di consegne da Gesù agli apostoli!
Un passaggio di consegne che vede idealmente affidata la missione che era stata proprio del ministerio
terreno di Gesù, nelle mani degli apostoli.
•
La seconda evidenza, che incontreremo poco più avanti al versetto 8, di questo primo capitolo, e che
possiamo definire a tutti gli effetti un documento programmatico, e la realizzazione della prima parte
della promessa fatta agli apostoli, che ricevuto lo Spirito Santo, sarebbero divenuti testimoni di Gesù in
Gerusalemme.
PROLOGO
Atti 1.1:
“Nel mio primo libro, o Teofilo, ho parlato di tutto quello che Gesù cominciò a fare e a insegnare
Abbiamo commentato nella serata introduttiva, la parte del prologo relativa al personaggio a cui Luca dedica
l’opera, ed evidenziato il collegamento con il suo primo scritto, il Vangelo di Luca . Continuando nella lettura,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
24
Maurizio Allocca, v150123
Luca ci porta all’attenzione sul fatto che Gesù ha fornito delle istruzioni, cioè ha istruito gli apostoli, su cosa
dovessero fare. Gli apostoli, non sono stati lasciati allo sbando, e non si sono “inventati” un ministerio, un
servizio da compiere, una missione da fare. Sono stati precisamente istruiti, che è anche il motivo per cui
sono stati scelti. Il termine apostolo d’altronde non è una parola che nasce con il cristianesimo, è una parola
greca che gli scrittori sacri utilizzano inizialmente nel suo significato originale di inviato o rappresentante.xxx I
12 diventano apostoli in quanto inviati, e rappresentati di Gesù nel merito del mandato che leggeremo tra
qualche versetto. Luca ci tiene in modo particolare a voler dimostrare la continuità narrativa tra il Vangelo e
gli avvenimenti che hanno seguito, in parte raccontati anche negli Atti, come se fossero parte della stessa
storia, di un disegno unico, di uno stesso progetto. Quanto è avvenuto, quanto ha seguito non è il piano B,
perché il piano A ha avuto delle complicazioni, dovute alla condanna di Gesù, ma è parte del progetto del
disegno iniziale.
ASCENSIONE DI GESÙ – IL MANDATO
Atti 1,2-14
“2 fino al giorno che fu elevato in cielo, dopo aver dato mediante lo Spirito Santo delle istruzioni agli
apostoli che aveva scelti.” 3 Ai quali anche, dopo che ebbe sofferto, si presentò vivente con molte prove,
facendosi vedere da loro per quaranta giorni, parlando delle cose relative al regno di Dio. 4 Trovandosi con
essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l'attuazione della promessa del
Padre, «la quale», egli disse, «avete udita da me. 5 Perché Giovanni battezzò, sì con acqua, ma voi sarete
battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni». 6 Quelli dunque che erano riuniti gli domandarono:
«Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?» 7 Egli rispose loro: «Non spetta a voi sapere
i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla propria autorità. 8 Ma voi riceverete potenza quando lo
Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino
all'estremità della terra». 9 Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola,
accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. 10 E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne
andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: 11 «Uomini di Galilea, perché state a
guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella
medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo». 12 Allora essi tornarono a Gerusalemme dal monte
chiamato dell'Uliveto, che è vicino a Gerusalemme, non distandone che un cammin di sabato. 13 Quando
furono entrati, salirono nella sala di sopra dove di consueto si trattenevano Pietro e Giovanni, Giacomo e
Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d'Alfeo e Simone lo Zelota, e Giuda di
Giacomo. 14 Tutti questi perseveravano concordi nella preghiera, con le donne e con Maria, madre di Gesù,
e con i fratelli di lui.”
Dopo il saluto a Teofilo, Luca fa un breve riepilogo degli episodi raccontati nell’ultimo capitolo del suo
Vangelo. Sottolinea che dopo la risurrezione gli apostoli hanno avuto modo di incontrare ancora Gesù, sono
stati degli incontri significativi, pieni di sostanza. Un tempo di formazione fondamentale, importante. Non
dobbiamo perdere di vista, quello che questi uomini hanno vissuto; sono stati testimoni di un evento
sconvolgente come la resurrezione, e di tutti gli eventi traumatici che l’hanno anche preceduta: la cattura,
la condanna, il supplizio, la tomba. Non è stato semplice per loro, mettere tutte queste cose in fila e nel
giusto ordine, e non solo dal punto di vista intellettivo, ma anche emotivo. Dovevano essere molto scossi.
Questo tempo con Gesù risorto è certamente un tempo di consolazione, ma anche un tempo che permette
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
25
Maurizio Allocca, v150123
a tutti loro, di capire, leggere in modo nuovo tanti insegnamenti che avevano ricevuto durante la prima
esperienza terrena di Gesù. Noi siamo incoraggiati ad avere fede in qualsiasi situazione della nostra vita, me
è anche vero che quando sperimentiamo l’intervento miracoloso di Dio, anche la nostra fede cresce per cose
più grandi.
Al v4 Luca introduce un parallelo con l’episodio raccontato nel vangelo, che ruota attorno all’episodio del
Battesimo di Gesù, che segna la nascita del suo ministerio pubblico. Viene annunciato un nuovo battesimo,
che viene riferito, sarà differente da quello che ministrava il Battista. Ovviamente il collegamento degli
episodi è voluto dall’autore, perché il suo intento e di volere dimostrare la continuità tra l’opera di Gesù e
quella della Chiesa che nasce dagli apostoli, e quanto è avvenuto a Gesù all’inizio del suo ministerio e quanto
ora avviene l’autore parla al Presente agli apostoli.
Al v6, viene introdotto un argomento che abbiamo avuto modo di anticipare nella serata introduttiva,
parlando degli scopi pastorali e teologici per cui Luca ha deciso di mettere mano alla penna. La questione
riguarda il compimento delle promesse messianiche. Ora che Gesù si è manifestato e siamo certi che Lui è il
messia promesso, quando troverà pieno compimento il suo Regno?xxxi Come abbiamo anticipato, nella
teologia ebraica, che viene inizialmente ereditata dalla prima cristianità, l’avvento del messia e
l’instaurazione del Regno di Dio erano considerati due eventi consequenziali. L’avvento del Regno era quindi
percepito come immediato nella sua realizzazione, rispetto alla manifestazione del Messia. Nel cristianesimo,
da subito l’instaurazione del Regno Messianico viene derogata dalle stesse parole di Gesù alla sua seconda
venutaxxxii, ma anche questa era percepita come qualcosa d’imminente.xxxiii Luca nel suo testo scrive al
presente, ma parla di avvenimenti avvenuti almeno 50 anni prima. La domanda posta in bocca ai discepoli in
modo così esplicita e diretta, fa fortemente pensare che è un qualcosa che risponda ad una necessità
spirituale o teologica del tempo in cui sta scrivendo. La domanda è anche legittima: “Quando viene il regno
di Dio? Dicevano che doveva venire da un momento all’altro, sono invece passati 50 anni!” Luca ha maturato
un suo pensiero, che è radicato comunque sull’insegnamento tramandato dagli apostoli. Non è compito della
Chiesa determinare il «quando». La Chiesa deve concentrarsi sul ministerio che ha ricevuto, sulla missione e
svolgere la sua opera senza abbandonarsi a fantasiose ipotesi. Gesù risponde alla domanda degli apostoli,
fornendo tre indicazioni geografiche, che divengono anche indizi letterari che ci permettono di determinare
le tre parti in cui è divisa l’opera degli Atti, ma questo invito ad essere testimoni è preceduto da un annuncio
fondamentale: “Avrete la forza dello Spirito che vi renderà testimoni, prima a Gerusalemme…” ed infatti la
prima parte degli atti, fino a tutto il capitolo 5 è incentrata esclusivamente su Gerusalemme… poi: a seguire
nel territorio circostante alla Giudea e della Samaria, ed infatti i capitoli 6-15 degli Atti presentano
l’espansione della Chiesa nel territorio circostante e poi non solo nei territori limitrofi, ma addirittura in tutto
il mondo, fino agli estremiconfini della terra. Roma allora era il confine estremo della terra. L’ottica di chi
scrive è in Gerusalemme, quindi Roma è dall’altra parte del mondo, è la capitale dell’impero. Di fatti Luca
terminerà la sua opera con l’arrivo di Paolo a Roma senza raccontare ulteriormente gli avvenimenti che
seguiranno, tra cui l’esito del processo, pur sapendo l’esito che avrà avuto. Luca presuppone che anche se un
avvenimento importante, non rientra però nella sua necessità di cronaca. Le vicende di cui ci rende partecipe
sono quelle utili a dimostrare quella che lui chiama la «crescita della parola». Questa espressione resa
principalmente nella frase: «la Parola di Dio cresceva», la incontriamo spesso negli Atti. Possiamo affermare
che è un’espressione curiosa. Cosa intendere dire Luca? orse che cresceva il numero degli uomini e delle
donne che accoglievano la parola? Quindi una crescita quantitativa; o che cresceva la consapevolezza,
migliorava la vita di coloro che accoglievano la Parola di Dio? Quindi una crescita qualitativa. Magari tutte
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
26
Maurizio Allocca, v150123
e due. Magari intendeva una crescita in senso geografico, da Gerusalemme verso i confini della terra. Quello
che è certo e che Luca riporta che L’ANNUNCIO DELLA PAROLA, la predicazione del Vangelo), innesca un
movimento dinamico di crescita. Questa parola non è sterile e non lascia mai le cose così com’erano prima
che venisse proclamata, ma trasforma le situazioni. L’annuncio della Parola converte la vita delle persone.
Questa Parola “affidata” a un piccolo gruppo insignificante di persone a Gerusalemme, in poco tempo l’arco
di una generazione) arriverà fino alla capitale dell’impero.
Luca, volutamente evidenzia questa continuità a partire dall’opera di Gesù ad arrivare ora alla Chiesa.
Gesù è il compimento di un’opera, di un progetto, che non è “ancora”, la chiusura della storia, ma non è
“ancora” la parola fine ai titoli di coda. Ma è l’inizio di una storia nuova, in piena continuazione con il progetto
iniziale. In tutto questo lo Spirito Santo è visto come il collante di questo disegno che prende sempre più la
sua forma definitiva. Lo Spirito che nel Vecchio Testamento, aveva predetto tramite i profeti quanto doveva
avvenire; lo Spirito che troviamo all’opera nella nascita miracolosa di Gesù, ed ora nel racconto di Luca, il cui
titolo più corretto dovrebbe essere «gli Atti dello Spirito». In quanto Luca nel suo scritto, più che raccontare
i fatti e le azioni, compiute da singoli personaggi, racconta invece l’opera dello Spirito Santo, attraverso
alcuni dei personaggi. Tutto lo Scritto mostra con evidenza ed enfasi, come lo Spirito Santo di Dio promesso
dai Profeti, ora grazie a Gesù è stato donato agli apostoli, e dagli apostoli alla comunità dei credenti; e tutti
coloro che si lasciano realmente condurre da questo Spirito, continuano a compiere l’opera di Dio stesso.
Perché è lo Spirito Santo a cui Gesù ha lasciato il suo ministerio terreno, che porta avanti l’opera; come gli
apostoli seguivano Gesù, accompagnandolo durante il ministerio, oggi la Chiesa segue lo Spirito Santo,
continuamente all’opera, accompagnandolo nel suo ministerio.
Gesù, ritornando al testo, risponde alla domanda degli apostoli, con una promessa, e con l’invito di attendere
a Gerusalemme il suo compimento. Gli ha promesso che saranno battezzati, (letteralmente immersi), nello
Spirito Santo e questa esperienza li renderà capaci di essere suoi testimoni. Possiamo commentare che Gesù,
non risponde alla loro domanda, ma dà una risposta che ha il senso di orientarli verso quella che invece
avrebbe dovuto essere la giusta domanda: “Che cosa succederà ora?” Cosa dobbiamo fare ora che tu ritorni
al Padre? Luca, che scrive 50 anni dopo, riporta le parole di Gesù alla sua comunità di lettori, tra cui ci siamo
anche noi che appunto lo leggiamo, affinché ci focalizziamo sulle corrette priorità. Non è ancora questo il
tempo della fine. Certamente questo verrà. Quando? Lo sa solo il Padre. Noi viviamo nel tempo della
missione, della testimonianza e siamo invitati a ricercare la sorgente di quella stessa forza che rese quei primi
credenti dei testimoni. Perché loro furono testimoni di Cristo, non solo delle sue parole, ma anche del suo
carattere. Non solo del suo carattere, ma anche nelle opere da lui compite. Ai Versetti 9-11 abbiamo la
descrizione degli apostoli incantati a guardare il cielo che accoglie Gesù, con la bocca aperta, che possiamo
giudicare una naturale reazione a quello che stavano, di incredibile, assistendo. Quando due uomini in vesti
bianche evidentemente delle figure angeliche li richiamano all’attenzione. Episodio, che richiama alla
mente quanto raccontato nel Vangelo di Luca 2 .5 in cui compaiono all’improvviso, alle donne andate al
sepolcro, il mattino della Pasqua, “due uomini” all’ingresso, che chiedono alle donne: «perché cercate tra i
morti colui che è vivo?». La domanda rivolta agli apostoli ore è: «perché state a guardare il cielo?», cioè
perché state con le mani in mano? Queste figure angeliche a queste parole non aggiungono ulteriori
indicazioni da seguire agli apostoli, li richiamano a focalizzarsi sulla missione che gli è stata affidata: di essere
suoi testimoni.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
27
Maurizio Allocca, v150123
Gli apostoli rientrano a Gerusalemme, siamo al versetto 12 percorrendo un percorso di circa 15-20 minuti di
strada a passo molto lento , dal monte dell’Uliveto, chiamato anche degli Ulivi, come annota Luca, usando
l’espressione: «non distandone che un cammin di sabato” che è un’espressione tipicamente ebraica che
prende piede dalle regole da seguire durante il sabato e che equivale a circa 1,2 Kmxxxiv. Gli apostoli rientrano
nell’abitazione, probabilmente una villa, dalla scarna descrizione che abbiamo, la stessa che possiamo solo
supporre li ha ospitati anche nell’ultima cena. Di questa prima piccola comunità iniziale, subito dopo
l’ascensione al cielo di Gesù, ne fanno parte gli apostoli, rimasti ora in 11, che Luca nomina; alcune donne,
tra cui Maria, e i fratelli di Gesù. Inoltre, ci fornisce anche un’indicazione dell’attività di questo piccolo
gruppo: che erano assidui e concordi nella preghiera. Quindi rientrati a Gerusalemme, questo primo nucleo,
subito dopo l’ascesa di Gesù, si predispone a osservare ciò che gli aveva richiesto: restano in attesa dello
Spirito Santo.
L’ELEZIONE DI MATTIA
Atti 1,15-26
Il passo che segue e che chiude il capitolo 1 racconta della sostituzione di Giuda.
15 In quei giorni Pietro, alzatosi in mezzo ai fratelli (il numero delle persone riunite era di circa centoventi),
disse: 16 «Fratelli, era necessario che si adempisse la profezia della Scrittura pronunciata dallo Spirito
Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù. 17 Perché egli
era uno di noi e aveva ricevuto la sua parte di questo ministero. 18 Egli dunque acquistò un campo con il
salario della sua iniquità; poi, essendosi precipitato, gli si squarciò il ventre, e tutte le sue interiora si
sparsero. 19 Questo è divenuto così noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel campo è stato
chiamato nella loro lingua "Acheldama", cioè "campo di sangue". 20 Infatti sta scritto nel libro dei Salmi:
"La sua dimora diventi deserta e più nessuno abiti in essa"; e: "Il suo incarico lo prenda un altro". 21
Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signore Gesù
visse con noi, 22 a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato
in cielo, uno diventi testimone con noi della sua risurrezione». 23 Essi ne presentarono due: Giuseppe,
detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia. 24 Poi in preghiera dissero: «Tu, Signore, che
conosci i cuori di tutti, mostra quale di questi due hai scelto 25 per prendere, in questo ministero e
apostolato, il posto che Giuda ha abbandonato per andarsene al suo luogo». 26 Tirarono quindi a sorte e
la sorte cadde su Mattia, che fu aggiunto agli undici apostoli.
Diversi studiosi ritengono che questo episodio sia stato inserito a livello cronologico a questo punto della
narrazione per una scelta redazionale dell’autore, anche per ragioni comprensibili, tra cui quella di far
precedere il ripristino del numero degli apostoli voluti da Gesù, rispetto all’inizio della missione pubblica della
chiesa. Ipotizzano quindi che probabilmente avviene in un momento differente, non è collegabile al periodo
che intercorre tra la ascensione e la Pentecoste. Le obiezioni che vengono poste riguarda il numero di persone
indicate come 120 che sembra stridere con l’episodio raccontato subito dopo, avvenuto durante il giorno
della Pentecoste, in cui si ritorna al gruppo ristretto composto solo dagli apostoli e pochi altri, oltre la
questione logistica, di un luogo che li potesse contenere in questa prima fase. Inoltre, il ruolo di Pietro
nell’episodio assume già troppa importanza in qualità di guida per una realtà ancora acerba, in erba.
Entrambe le obiezioni hanno una loro logicità, ma nessuna di queste è per forza vincolante. Nel merito dei
testi che ho seguito per esempio Doglio le accoglie, trovandole plausibili, Marshall nemmeno le cita. Luca
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
28
Maurizio Allocca, v150123
certamente lo colloca in quel periodo, quindi prima delle Pentecoste, di fatti introduce la pericope con
l’espressione “in quei giorni”, collegando questo evento, come arco temporale all’evento appena prima
raccontato. v15 Pietro prende l’iniziativa: “alzatosi in mezzo ai fratelli”, spiega a tutti la necessità di
sostituire l’Ufficio di Giuda, ma anche decide i criteri con cui questo debba essere fatto, da cui intuiamo che
fin da subito assuma un ruolo importante all’interno del gruppo: 16”Fratelli, era necessario che si adempisse
la profezia della Scrittura pronunciata dallo Spirito Santo…” Pietro afferma: non è un caso quello che è
successo, il tradimento di Giuda non solo non ha ostacolato il disegno di Dio, ma in qualche modo “ne faceva
parte”, o magari possiamo utilizzare una frase forse è più accettabile, “era un qualcosa di necessario”.
Qualunque sia la frase che si voglia usare, è da intendersi come il compimento di un avvenimento
preordinato da Dio. Pietro conferma quindi la necessità di sostituire Giuda, utilizzando due citazioni prese dal
Salmi 69.25 e il Salmo 109,8 che dobbiamo pensare che riceva profeticamente: "La sua dimora diventi deserta
e più nessuno abiti in essa"; e "Il suo incarico lo prenda un altro". In un contesto differente che non fosse
quello di un avvenimento che stiamo leggendo nella Scrittura stessa, una lettura così attualizzata del Vecchio
Testamento, per motivare la necessità di fare un qualcosa, potremmo considerarla quantomeno forzata.
Questo ci permette comunque di osservare come gli apostoli, da subito hanno letto le Scritture (parliamo del
Vecchio Testamento) applicandole alla propria vicenda storica, in conseguenza all’essere seguaci di Cristo,
quindi sentendosi in perfetta continuità con l’opera di Dio così come tramandata dalla Scrittura. In questi
Salmi, gli apostoli hanno scorto una profezia riguardanti i loro tempi, di un avvenimento futuro negativo come
poi è stato il tradimento di Giuda. Pietro si fa interprete del progetto di Dio, e afferma: “bisogna che uno si
aggiunga”. Doveva in obbedienza alla profezia, essere ripristinato il numero degli apostoli scelti da Gesù. Si
rendeva quindi necessario sostituire colui che era venuto meno. Interessante la descrizione che Pietro da del
loro ruolo, spiegato in modo molto semplice: di essere testimoni della risurrezione di Gesù. Di fatto le
condizioni che Pietro pone, rispecchiano la necessità che chi venga scelto possa esserlo. La prima deve essere
stato con Gesù per tutto il tempo; la seconda specifica ancora meglio questo requisito stabilendo dei limiti
cronologici: dal battesimo di Gesù fino al tempo dell’assunzione, cioè durante tutto il ministero pubblico. Due
persone rispondono a queste condizioni: Giuseppe, detto Barsabba, che era soprannominato Giustoxxxv e
Mattiaxxxvi. A questo punto la comunità non sceglie con propri criteri, ma lascia che scelga Dio: 26 Tirarono
quindi a sorte e la sorte cadde su Mattia, che fu aggiunto agli undici apostoli.
LA PENTECOSTE
Atti 2,1-13
Al capitolo 2 troviamo il racconto dell’episodio fondante di tutto lo Scritto. Il capitolo 1 è di fatti
un’introduzione il cui l’autore dal punto di vista della narrazione sottolinea una continuità d’intenti per
quanto concerne l’opera di Dio a partire dalle profezie del VT e dall’altro inserisce una sorta di documento
programmatico (v 1,8 , per il proseguo; il rimanente dell’opera a partire dal capitolo 3, non è altro che il
racconto di come tutto questo poi sia venuto ed è evidente che Luca lo presenta come se fosse la diretta
conseguenza, quasi fosse una “deflagrazione” non trovo un termine più appropriato) di quanto ci riporta al
capitolo 2 e che è l’esperienza della pentecoste.
1 Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. 2 Improvvisamente si
fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. 3
Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. 4 Tutti
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
29
Maurizio Allocca, v150123
furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di
esprimersi. 5 Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il
cielo. 6 Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella
propria lingua. 7 E si stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? 8
Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa? 9 Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti
della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, 10 della Frigia e della Panfilia,
dell'Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, 11 tanto Giudei che proseliti, Cretesi e
Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue». 12 Tutti si stupivano ed erano
perplessi, dicendo l'uno l'altro: «Che cosa significa questo?» 13 Ma altri li deridevano e dicevano: «Sono
pieni di vino dolce».
Introduco una breve riflessione, che ritengo sia anche quella che con una certa prepotenza il Libro degli Atti
ci impone, nel confrontarsi con esso. Siamo tutti consapevoli, dopo anni di cammino comunitario, di quanto
è complicato portare avanti l’opera di Dio. Delle difficoltà che tutti noi a livello comunitario incontriamo nel
vedere la realizzazione dell’opera di Dio nella vita delle persone che ci circondano. Difficoltà che riscontriamo
anche verso noi stessi nel seguire questo cammino di conversione. Questa testimonianza ci pone una sfida,
e soprattutto degli interrogativi a riguardo. Perché noi non vediamo le stesse cose? Il cristianesimo nasce in
una sperduta provincia dell’Impero Romano e nel giro di un secolo migliaia di persone si convertono, anche
a distanze di migliaia di KM dal suo primo nucleo originario. Nonostante situazioni avverse, persecuzioni,
defezioni, divisioni. Nonostante un divario tecnico e tecnologico da cui noi siamo avvantaggiati. Dove
sbagliamo noi, se stiamo sbagliando? Una prima risposta che è anche quella che determina eventuali possibili
altre risposte la troviamo proprio immediatamente al capitolo due. Non è una casualità che questa esperienza
sia antecedente alla nascita della missione vera e propria della Chiesa. L’autore sottolinea, come abbiamo
anticipato, con molta enfasi la necessità di questa esperienza carismatica perché si possa poi arrivare a
concretizzare il mandato. Le stesse parole di Gesù che abbiamo appena letto prima dell’ascensione lo
sottolineano. Quando sarete immersi (battezzati) nello Spirito Santo e ne parla come se fosse una reale
esperienza fisica, riceverete potenza (per cosa?) …per essere testimoni della mia resurrezione. Spesso
abbiamo erroneamente collegata la potenza unicamente alla forza, abbiamo enfatizzato prevalentemente il
suo carattere muscolare. Essere potenti significa essere in una posizione che ti permette di dominare, quindi
di essere capaci, di avere l’abilità le risorse, le possibilità di poter fare, di compiere. Questo è quanto esprime
Gesù nel riferirsi agli apostoli. Quando sarete battezzati, immersi nello Spirito Santo, allora, solo allora avrete
potenza per essere mie testimoni fino ai confini del mondo. Ora la sfida e capire per noi, cosa preceda questa
esperienza perché si realizzi e che cosa poi la alimenti. Cosa possiamo fare sia personalmente che
comunitariamente perché ci sia una nuova Pentecoste, affinché la potenza di Dio, tramite i doni i carismi, le
potenti manifestazioni, uno spirito di ravvedimento alla sua presenza, di cui avvertiamo una grande necessità,
possa visitare nuovamente la sua chiesa in questo Paese. Non voglio dire inesattezze, quindi vi chiedo
eventualmente durante la discussione di correggermi, ma credo che alla base di ogni risveglio che la
cristianità ha vissuto vi siano stati dei movimenti carismatici.
Andiamo ora al testo, 1” Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo.”
La Pentecoste è una festività ebraica stabilita dal calendario giudaico, come dice il suo stesso nome,
“cinquantesimo giorno”, è la festa di conclusione della Pasqua ebraica e cade sette settimane dopo la Pasqua,
e ricorda la consegna della Torah sul Monte Sinai. Abbiamo letto nel capitolo 1 in riferimento a questo evento,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
30
Maurizio Allocca, v150123
che Gesù dice ai discepoli di attendete il giorno in cui il Padre realizzerà la promessa e la promessa si realizza
come leggeremo, al culmine del compimento pasquale. Ha un suo inizio nell’ evento della risurrezione, ma
trova il suo compimento nella Pentecoste. La risurrezione di Gesù resta un fatto a sé stante quasi personale
che riguarda unicamente Gesù, ma nella Pentecoste diventa un fatto che riguarda l’intera umanità. La vita di
Dio che irrompe nella nostra esistenza. A Pasqua è solo Gesù che risorge, ora il Risorto trasmette il suo spirito
di vita ai suoi discepoli, per cui ciò che è stato di Gesù viene donato ai suoi; ecco la promessa del Padre che
si compie, quella preannunciata in Ezechiele 11.19xxxvii, 36.26xxxviii, del “Cuore di carne al posto del cuore di
pietra”, o in Isaia 7.1 , dell’Emmanuel ripresa poi da Matteo 1.23 del “Dio in noi”! Cioè la trasmissione agli
uomini della vita stessa di Dio. La Pentecoste è la pienezza della Pasqua. Abbiamo accennato che questa era
una festività ebraica che aveva delle regole precise, festeggiava Il dono della Legge, fatto da Dio a Mosè sul
monte Sinai. Nella Pasqua si celebra l’uscita dall’Egitto, 50 giorni dopo si ricorda l’arrivo del popolo di Israele
al Sinai dove viene stabilità l’alleanza con Dio. La Pasqua celebra la liberazione dalla schiavitù, la Pentecoste
il vincolo della relazione, per cui Israele da allora in poi diverrà il Popolo di Dio. La Pentecoste completa la
Pasqua. La Pasqua ricorda la liberazione dall’oppressione, ma nella Pentecoste questa viene pienamente
realizzata nell’alleanza, nel Patto stipulato con Dio. Nella festa della Pentecoste, il popolo di Israele celebra:
l’alleanza, il patto, il dono della Legge. Dio sceglie questa cornice che ha rappresentato per gli ebrei la loro
consacrazione come popolo eletto, l’unico che si può fregiare di avere avuto in dono la Legge di Dio, per dare
i natali anche alla Chiesa. La Pasqua per noi cristiani è la Festa della Liberazione. La liberazione dalle
conseguenze della condanna, e dalla morte. La Pentecoste è invece il dono della nuova alleanza. Al dono
della legge subentra il dono dello Spirito, che è la sua Legge nei nostri cuori. In cui Luca vede realizzarsi la
profezia messianica citata prima di Ezechiele 36,26: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno
spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne.” Nel testo di Luca gli
studiosi si sono sbizzarriti a trovare moltissimi riferimenti legati non solo al Vecchio Testamento, ma anche
alla tradizione rabbinica e popolare, ma credo che i riferimenti che abbiamo messo in luce, in queste poche
frasi, siano sufficienti per comprendere che nella Pentecoste si avvera la promessa della nuova alleanza in
cui lo Spirito Santo viene concretamente ad abitare in noi, annullando il presupposto del peccato, e che
diveniamo comunità, popolo. Così come al Sinai nasce attorno alle tavole della Legge il popolo di Israele, così
adesso in Gerusalemme, nasce il nuovo popolo di Israele. Lo Spirito fa nascere la nuova comunità. Da quel
giorno gli apostoli sono stati trasformati, hanno maturato la scelta definitiva, si sono sentiti pienamente
investiti di questa forza, hanno capito che la promessa di Dio si era realizzata, hanno sentito che lo Spirito di
Gesù Cristo adesso era in loro, hanno capito che erano chiamati a continuare l’opera di Gesù Cristo, non a
sostituirlo, ma a divenire le sue braccia e le sue gambe. Se non fosse così sarebbe impossibile spiegare tutto
quello che avverrà da questo momento in poi.
Il giorno della Pentecoste, Luca annota, che questa prima comunità di credenti, si era radunata come
solitamente avveniva, ma ancora di più in un giorno così importante per la loro fede, quando un “rombo” dal
cielo, possiamo anche tradurlo come un “eco”, un rumore simile ad un forte vento; riempì tutta la casa dove
si trovavano. Un rumore è così intenso da divenire un frastuono, talmente intenso da trascendere i sensi, per
cui viene annotato che riempie tutta la stanza. Il rumore è così forte che è come se si fosse immersi in esso.
A questo punto compaiono delle “lingue di fuoco”, che dividendosi e posandosi sulle persone presenti in quel
luogo da loro la capacità di parlare lingue diverse. Questo avvenimento porta ad una reazione stupita dei
Giudei, presenti a Gerusalemme provenienti dalle diaspore per la Pasqua, che accorrono, ci dice la Scrittura,
attirati dal “fragore”, questo per vedere cosa stava accadendo e molti di loro restano stupiti perché ciascuno
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
31
Maurizio Allocca, v150123
li sentiva parlare nella propria lingua. L’autore ci dice che: “12 Tutti erano stupiti e perplessi”… Perplessi,
stupiti, incapaci di rispondere, vedono un qualcosa a cui non riescono a dare una spiegazione e parlandosi gli
uni gli altri annota Luca si chiedono a vicenda: «Che significa questo?».
Questa domanda, introduce il discorso di Pietro, ma soffermiamoci ancora un momento sul senso dell’evento
della Pentecoste con un piccolo riassunto. Luca presenta il dono dello Spirito Santo come la nuova alleanza,
come il dono del cuore nuovo. Una nuova alleanza che non è più prerogativa di un solo Popolo, ma di tutte
le nazioni che sono sotto il cielo. Una nuova alleanza che viene proclamata ora con tutte le lingue del
mondo, (v 8-11) che suona come un invito che viene rivolto a tutti i popoli del mondo. La Pentecoste
cristiana non è quindi un evento esclusivo, ma inclusivo. Dio non parlerà più solo nella lingua che gli ebrei
consideravano sacra per eccellenza: l’ebraico, ma ora parla in tutte le lingue che gli uomini possano conoscere
e non solo quelle, anche in ogni dialetto possibile. Il popolo della nuova alleanza, la comunità dei credenti, la
Chiesa non sarà più legata ad una lingua, qualunque essa possa essere: l’ebraico biblico, l’aramaico, o al greco
dei libri del Nuovo Testamento o quello classico dei Padri orientali o al latino, il siro il copto del cristianesimo
occidentale. Non avrà una sola lingua, come non avrà una sola cultura, non apparterrà ad una sola etnia. Per
entrare in questa nuova alleanza non sarà necessario adottare la lingua o le usanze di un popolo piuttosto
che di un altro, sarà sufficiente accogliere la voce dello Spirito Santo, e seguire i suoi insegnamenti, in
qualunque lingua e a qualunque popolo si appartenga. Questa è una prova che, come cristiani, ci troviamo
sempre ad affrontare ogni volta che scadiamo in una forma di cristianesimo naturale, in cui l’identità viene
trasportata nell’appartenenza denominazionale, negli usi liturgici, e nel folklore ecclesiastico, nelle mode
teologiche, nella cultura secolare del tempo in cui viviamo. Viva il libro degli Atti che ci ricorda in cosa consista
davvero la nostra libertà in Cristo.
I DISCORSO PUBBLICO DI PIETRO
Atti 2,14-36
Nel contesto di questo evento, di questa grande folla di persone che si raduna, avviene il primo discorso
pubblico di Pietro, che si articola in tre parti introdotte dall’utilizzo di “vocativi”, espressioni che hanno il
senso di richiamare all’attenzione gli ascoltatori: Al versetto 1 : «uomini di Giudea», al versetto 22: «uomini
di Israele», al versetto 29 conclude con: «uomini fratelli»; anche se la NRxxxix (Nuova Riveduta), come la
maggioranza delle versioni omettono la parola «uomini». In un discorso dal respiro sempre più inclusivo.
Inizia rivolgendosi ai Giudei, poi agli uomini di Israele e in ultimo utilizza la parola fratelli.
14 Ma Pietro, levatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro così: «Uomini di Giudea, e voi tutti
che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo e ascoltate attentamente le mie parole. 15 Questi non sono
ubriachi, come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno; 16 ma questo è quanto fu
annunciato per mezzo del profeta Gioele: 17 "Avverrà negli ultimi giorni", dice Dio, "che io spanderò il mio
Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle
visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. 18 Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni,
spanderò il mio Spirito e profetizzeranno. 19 Farò prodigi su nel cielo e segni giù sulla terra, sangue e fuoco,
e vapore di fumo. 20 Il sole sarà mutato in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il grande e glorioso
giorno del Signore. 21 E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato". 22 Uomini
d'Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere
potenti, prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui tra di voi, come voi stessi ben sapete, 23 quest'uomo,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
32
Maurizio Allocca, v150123
quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui,
inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; 24 ma Dio lo risuscitò, avendolo sciolto dagli angosciosi legami
della morte, perché non era possibile che egli fosse da essa trattenuto. 25 Infatti Davide dice di lui: "Io ho
avuto il Signore continuamente davanti agli occhi, perché egli è alla mia destra, affinché io non sia smosso.
26 Per questo si è rallegrato il mio cuore, la mia lingua ha giubilato e anche la mia carne riposerà nella
speranza; 27 perché tu non lascerai l'anima mia nell'Ades e non permetterai che il tuo Santo subisca la
decomposizione. 28 Tu mi hai fatto conoscere le vie della vita. Tu mi riempirai di letizia con la tua
presenza". 29 Fratelli, si può ben dire liberamente riguardo al patriarca Davide che egli morì e fu sepolto;
e la sua tomba è ancora al giorno d'oggi tra di noi. 30 Egli dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli
aveva promesso con giuramento che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti, 31
previde la risurrezione di Cristo e ne parlò dicendo che non sarebbe stato lasciato nel soggiorno dei morti,
e che la sua carne non avrebbe subito la decomposizione. 32 Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò noi
tutti siamo testimoni. 33 Egli dunque, essendo stato esaltato dalla destra di Dio e avendo ricevuto dal
Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite. 34 Davide infatti non è salito in
cielo; eppure egli stesso dice: «Il SIGNORE ha detto al mio Signore: "Siedi alla mia destra, 35 finché io abbia
posto i tuoi nemici per sgabello dei tuoi piedi"». 36 Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che
Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso».
Il suo intervento inizia spiegando alle persone presenti che sono accorse cosa sta avvenendo, collegandosi
alle accuse che gli vengono invece rivolte, cioè, di essere un gruppo di ubriachi… “Noi non siamo ubriachi ciò
che vedete e quanto il profeta Gioele cinque secoli prima aveva profetizzato in Giuda, (Gl 2,28-32).
7 "Avverrà negli ultimi giorni", dice Dio, "che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e
le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.
18 Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito e profetizzeranno. 19 Farò
prodigi su nel cielo e segni giù sulla terra, sangue e fuoco, e vapore di fumo. 20 Il sole sarà mutato in
tenebre e la luna in sangue, prima che venga il grande e glorioso giorno del Signore. 21 E avverrà che
chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato".
Tutto questo afferma Pietro lo potete vedere con i vostri occhi realizzarsi proprio ora. Pietro dice: “voi avete
assistito ad un segno, a un prodigio, avete appena assistito alla realizzazione di questa profezia, e se questo
è vero allora questi sono davvero gli ultimi giorni, i giorni definitivi, in cui “Chi invocherà il nome del Signore
sarà salvato”. La prima parte del discorso termina qui, ed inizia al v22 la seconda parte introdotta dalle parole:
“Uomini d’Israele, ascoltate queste parole”. Una seconda parte incentrata sulla figura di Gesù. Riepiloga gli
avvenimenti recenti avvenuti in Gerusalemme, di cui le persone avevano conoscenza, rileggendoli,
raccontandoli con la prospettiva non più umana ma divina. In cui sottolinea che quanto avvenuto non è stato
un caso, ma la messa in opera di un progetto: «secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio»; Voi,
tramite i romani, lo avete ucciso, ma questo è avvenuto perché è stato permesso, perché questo doveva
avvenire. Sappiate comunque che nonostante tutto, Dio lo ha risuscitato, perché non era possibile che
morisse, che la morte lo tenesse in suo potere. Termina la seconda parte del discorso con una nuova citazione
della Scrittura, questa volta presa dal Libro dei Salmi (16, 8-11)xl. Ancora una volta si tratta di una promessa
della Scrittura che afferma Pietro, ha trovato compimento in questo tempo e di cui tutti voi potete essere
testimoni. (v25) Pietro spiega che nonostante Davide scriva in prima persona, certo non è possibile che si
riferisca a sé stesso, perché afferma (v29): “voi tutti sapete che Davide è morto, è stato sepolto, e la sua
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
33
Maurizio Allocca, v150123
tomba è qui … tanto è vero che la potete visitare”. Quindi Dio ha ispirato Davide molti secoli fa a scrivere
della morte di Gesù e della sua risurrezione di cui oggi voi siete testimoni. (v32) Quel Gesù, che voi avete
condannato e colui che era stato preordinato da Dio ed è risorto, e noi tutti ne siamo testimoni. L’autore
delinea anche in modo preciso a livello teologico i tempi della salvezza. La prima parte, la storia del Vecchio
Testamento che preannuncia e prepara i tempi; la seconda parte è il compimento giunto nella pienezza dei
tempi con l’incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù; la terza parte è la nascita della Chiesa, in cui è
depositata la testimonianza apostolica. Pietro continuando nel suo ragionamento, v33 afferma che Gesù è
stato risuscitato da Dio, dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso,
come voi stessi potete vedere e udire. Questo è un segno e noi siamo la testimonianza vivente di cosa sia
avvenuto. Se dunque noi abbiamo ricevuto lo Spirito, allora è certo che quel Gesù che avete condannato era
veramente il santo di Dio e termina con la citazione tratta dal Salmo 110. v34 «Il SIGNORE ha detto al mio
Signore: "Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici per sgabello dei tuoi piedi». “Anche in
questo caso Pietro spiega che questo versetto non è riferito a Davide, ma a Cristo e conclude v36 “Sappia
dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete
crocifisso!». Signore e Cristo sono due titoli funzionali, Gesù è il nome proprio, personale, con cui Pietro
identifica agli ascoltatori la persona di cui sta parlando. Cristo è la traduzione greca del termine unto, ed è un
titolo messianico. Signore identifica la qualità divina. Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù di Nazaret
che avete appeso a una croce. Ora quell’uomo si è manifestato apertamente ed è il Kyrios il Signore, un
titolo utilizzato nel Nuovo Testamento, solo per Dio stessoxli), colui che ha in mano la storia di Israele e del
mondo intero.
NASCITA DELLA COMUNITÀ
Atti 2,37-47
37 Udite queste cose, essi furono compunti nel cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Fratelli, che
dobbiamo fare?» 38 E Pietro a loro: «Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo,
per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. 39 Perché per voi è la promessa,
per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne chiamerà». 40 E con
molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo: «Salvatevi da questa perversa generazione». 41
Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila
persone. 42 Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna,
nel rompere il pane e nelle preghiere. 43 Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti
dagli apostoli. 44 Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45 vendevano
le proprietà e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 E ogni giorno andavano
assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e
semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva al loro
numero ogni giorno quelli che venivano salvati.
Al Versetto 37 “Udite queste cose, essi furono compunti nel cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli:
«Fratelli, che dobbiamo fare?» 38 E Pietro a loro: ravvedetevi, (letteralmente), cambiate modo di pensare, i
vostri ragionamenti, le intenzioni del vostro agire e ciascuno si faccia battezzare, nel nome di Gesù Cristo, per
il perdono, la remissione dei vostri peccati, e dopo (solo dopo) riceverete il dono dello Spirito Santo.
Interessante anche questa precisazione che segue all’invito a farsi battezzare: “Nel nome di Gesù Cristo”,
per il perdono dei peccati che un modo negativo per esprimere ciò che precedentemente era stato invece
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
34
Maurizio Allocca, v150123
espresso in forma positiva, tramite la citazione del profeta Gioele: «chi invocherà il nome del Signore sarà
salvato». Ma è anche interessante il parallelo narrativo che Luca volutamente crea, rispetto al passo di
Gioele, in cui il nome del Signore da invocare per essere salvati, diviene ora: “Gesù”. (il battezzato confessava
il nome di Gesù, durante il rito). Ma perché sia possibile, dovete essere immersi nel suo nome, dovete
cambiare mentalità (ravvedervi), dovete essere immersi nella sua persona, entrare in stretto rapporto con
lui. Per voi infatti è la promessa. Ancora una volta, parola che ritorna spesso, che “oggi si è compiuta”, per
voi giudei ma anche (v39): “per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne
chiamerà”… 41 “Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a
loro circa tremila persone.”
Questa è la misura con cui siamo sfidati a sfidarci, quando invochiamo la potenza di Dio nei nostri incontri
evangelistici. Tremila persone si convertirono quel giorno, senza necessità di un gruppo di lode, senza
impianto di amplificazione. Sono passati meno di 60 giorni e Pietro da fuggiasco che scappava rinnegando di
aver seguito Gesù, ora si alza testimoniando di Lui. Tremila persone ascoltando le sue parole, si sono sentite:
“compunte”, “trafitte” nel loro cuore. Il dolore che quelle parole hanno causato, alla loro coscienza, è stato
simile ad un oggetto appuntito che ti trapassa da parte a parte. L’opera di Cristo si è fermata solo per una
breve parentesi di tempo, ora anche se asceso al cielo, tramite l’azione dello Spirito Santo nella vita dei suoi
testimoni, continua con lo stesso incedere, con la stessa incisività e forza di convinzione e come vedremo con
le stesse manifestazioni di potenza che lo accompagnavano nel suo ministerio terreno.
L’evento della Pentecoste muta radicalmente le dinamiche di questo primo nucleo di credenti, che da questo
momento in poi maturano sempre di più l’impulso di uscire fuori, di testimoniare per annunciare quella
verità, che ha espresso in modo molto intellegibile Pietro nel suo discorso, affermando, che quel Gesù che è
stato condannato è il Cristo, con tutto ciò ne consegue. Luca in questi capitoli, si concentra sulla vita e le
relazioni che vengono ad instaurarsi nella prima comunità di Gerusalemme. La Pentecoste sperimentata da
questa prima comunità, come leggiamo, non ha effetto solo sull’esperienza missionaria dei credenti, ma
anche sulla qualità delle loro azioni e di conseguenza anche delle loro relazioni. In questi capitoli Luca riporta,
una serie di sommari e di episodi, che riguardano la vita di questa prima comunità, intervallati da una serie
di discorsi pubblici di Pietro, che partendo dal primo che abbiamo appena commentato, ci presentano gli
elementi fondamentali della prima predicazione evangelica. Non abbiamo indicazioni di carattere
cronologico, ci troviamo di fronte a livello narrativo a delle scene probabilmente accostate. Non possiamo
dire, ad esempio, se l’episodio del miracolo al tempio, che incontreremo a breve, sia avvenuto il giorno dopo
Pentecoste o sei anni dopo. Sappiamo solo che probabilmente non è possibile andare oltre il 36 d.C.xlii Il
racconto di Luca per quanto concerne la storia della Chiesa di Gerusalemme, volendo sposare l’ipotesi di
datazione del Doglio, alquanto problematica da armonizzare rispetti alle datazioni delle cronologie paoline,
è ambientato nell’arco di sei anni. Anni importantissimi perché sono il momento in cui la comunità si forma
e determina la propria vita, la propria liturgia, il proprio insegnamento. Sono anni anche difficili perché sono
impegnativi sul piano della fatica, e della dedizione. Pensiamo ad un’realtà comunitaria che si trova
improvvisamente dall’oggi al domani a dover accogliere 3000 nuovi fratelli. Una realtà, tra l’altro, che sul
piano strutturale e logistico del tutto impreparata, dove tutto deve essere fatto. Notiamo anche che Luca
nei suoi sommari sulla chiesa di Gerusalemme, descrive dinamiche che hanno un carattere di tipo familiare,
di piccoli gruppi, questo proprio perché mancano ancora degli spazi comunitari che possano accogliere tutti.
Probabilmente nella prima comunità il culto principale viene ancora demandato alla partecipazione nelle
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
35
Maurizio Allocca, v150123
sinagoghe, mentre i credenti si ritrovano settimanalmente nelle case. In questa prima parte degli Atti
troviamo tre brani, che possiamo definire “documentali”, molto importanti perché ci testimoniano della vita
della prima comunità, Il primo episodio (2,42-48) segue il discorso di Pietro il giorno della Pentecoste: 2,42
“Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane
e nelle preghiere.” Oggi che viviamo un tempo in cui vi è un forte orientamento e un forte tentazione nelle
nuove generazioni di fratelli e sorelle a disgiungere la fede dalla partecipazione comunitaria, la prima
caratteristica che manifestano i credenti convertitesi a cristo è la diligenza, cioè la perseveranza nella
partecipazione alla vita comunitaria. Non è un caso che Luca inizi sottolineando questo aspetto, non
dimentichiamoci che Luca scrive ad una generazione di credenti che manifesta per la prima volta una crisi
motivazionale. In cui l’entusiasmo dell’inizio si è incrinato. Questa prima comunità manifesta una forte
partecipazione all’insegnamento «Didaché» , nel ricevere l’istruzione dagli apostoli che fin da subito hanno
un ruolo fondante per ciò che concerne la trasmissione della memoria storica della figura di Gesù, e della
formulazione della prima dottrina cristiana. Ma la prima comunità non è assidua solo nel partecipare agli
insegnamenti ma anche nel vivere l’unione fraterna, qui espressa con un termine greco a noi familiare che
è: “koinonìa”. Il fatto che venga distinta dalla partecipazione all’insegnamento descrive una dimensione di
comunione fraterna che trascende la vita comunitaria intesa come sola partecipazione agli incontri e dagli
impegni comunitari. Questa caratteristica viene ulteriormente rafforzata da quella che segue, e che viene qui
rappresentata dall’azione dello “spezzare il pane” che ha già una sua valenza dottrinale e simbolica, l’atto
compiuto del capofamiglia, prima di pranzare o cenare di benedire il pane e di spezzarlo dividendolo con i
commensali. Abbiamo nella prima cristianità un forte richiamo al ricordo dell’ultima cena di Gesù che
coincide con la celebrazione della cena pasquale. Il ripete questo gesto con assiduità nel contesto di pranzi e
cena, diviene per la prima cristianità fin da subito una testimonianza di appartenenza reciproca, di
comunione. Lo stare insieme diviene una naturale conseguenza dell’essere divenuti credenti. Nella nostra
vita dopo la conversione, scatta qualcosa dentro, per cui iniziamo a desiderare e ricercare la presenza dei
fratelli e delle sorelle. Questo sentimento era talmente forte in questi primi credenti, che “tenevano ogni
cosa in comune». Questa prima comunità vive un senso così alto di comunione, “koinonìa” che va oltre lo
stare assieme, che va oltre la condivisione della propria persona, nello spendersi nel dare amicizia e nelle
relazioni personali. La partecipazione è tale che le persone hanno iniziato a mettere in comune anche i propri
beni ed i propri averi a seconda delle necessità che venivano sottoposte. Una vita comunitaria così solidale
da somigliare ad una vera famiglia dove i rapporti di mutuo soccorso trascendono i principi di proprietà delle
cose e le appartenenze economiche che vengono distribuite tra tutti i componenti del nucleo familiare
secondo le necessità. Tutto questo scrive Luca si rinnovava ogni giorno, ed enfatizza tramite questi
“sommari”, il senso di unità e di partecipazione di questi primi fratelli. Insieme frequentavano il Tempio,
insieme “spezzavano il pane” nelle case. Alla tradizionale osservanza religiosa ebraica, legata alla frequenza
del Tempio, i credenti aggiungono la novità di questa liturgia familiare. Anche se questi pasti erano vissuti
nella semplicità e in modo informale, l’atto di spezzare il pane prima di iniziare a mangiare assume, come
abbiamo anticipato prima, un significato simbolico, fatto in ricordo dell’ultima cena di Gesù che celebra
l’appartenenza e la loro fratellanza. Ogni giorno scrive Luca, il Signore “aggiungeva” persone alla comunità.
IL PRIMO MIRACOLO
Atti 3,1-11
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
36
Maurizio Allocca, v150123
Nei capitoli dal 3 al 5 Luca si concentra sul consolidamento della realtà comunitaria di Gerusalemme. All’inizio
del capitolo 3 troviamo anche il racconto della guarigione di un paralitico.
1 Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera dell'ora nona, 2 mentre si portava un uomo, zoppo
fin dalla nascita, che ogni giorno deponevano presso la porta del tempio detta «Bella» per chiedere
l'elemosina a quelli che entravano nel tempio. 3 Vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel
tempio, egli chiese loro l'elemosina. 4 Pietro, con Giovanni, fissando gli occhi su di lui, disse: «Guardaci!»
5 Ed egli li guardava attentamente, aspettando di ricevere qualcosa da loro. 6 Ma Pietro disse:
«Dell'argento e dell'oro io non ne ho; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno,
alzati e cammina!» 7 Lo prese per la mano destra, lo sollevò; e in quell'istante le piante dei piedi e le caviglie
gli si rafforzarono. 8 E con un balzo si alzò in piedi e cominciò a camminare; ed entrò con loro nel tempio
camminando, saltando e lodando Dio. 9 Tutto il popolo lo vide che camminava e lodava Dio; 10 e lo
riconoscevano per colui che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta «Bella» del tempio; e furono pieni di
meraviglia e di stupore per quello che gli era accaduto. 11 Mentre costui teneva stretti a sé Pietro e
Giovanni, tutto il popolo, stupito, accorse a loro al portico detto «di Salomone».
Pietro e Giovanni verso le tre del pomeriggio, l’ora nona , vanno verso il tempio per la preghiera serale e
sulla strada incontrano uno storpio. A livello narrativo Luca racconta l’episodio utilizzando lo stesso linguaggio
e la stessa struttura con cui nel suo Vangelo racconta i miracoli compiuti da Gesù. Questo è un aspetto
narrativo importante che dobbiamo sottolineare unitamente al fatto che anche nel libro degli Atti, troviamo
molti episodi speculari, anche per numero di occasioni, tra loro per quanto concerne Pietro e Paolo. Evidente
scelta narrativa fatta dall’autore con lo scopo di mettere su un piano di continuità gli avvenimenti, da Gesù
ai 12, rappresentati nella narrazione principalmente da Pietro e poi, da Pietro a Paolo, che segna anche un
progresso dell’opera di Dio, in quanto il Vangelo dagli Ebrei arriva ai Gentili. Lo scopo narrativo è quello di
darci un’evidenza di naturalezza; un piano di continuità tra un avvenimento e l’altro al fine di esaltare l’unicità
dell’opera in cui cambiano gli attori, ma resta sempre identica la voce narrante dello Spirito Santo e l’azione
preordinatrice di Dio. La Chiesa è in continuità missionaria con Gesù. Paolo è in continuità missionaria con
Pietro entrambi continuato l’opera di Gesù, compiendo gli stessi atti potenti fatti da Lui, e in loro lo stesso fa
la Chiesa.
Il paralitico vedendo passare Pietro e Giovanni, probabilmente tendendo la mano, chiede dei soldi, sperando
di smuovere a compassione i due apostoli. Pietro dopo averlo fissato e avergli chiesto di guardarlo a sua volta,
gli dice (v6), la celebre frase: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù
Cristo, il Nazareno, cammina!”. La struttura a livello narrativo, come abbiamo detto ha diverse familiarità
con episodi simili racconta nel Vangelo, troviamo però un importante distinzione. Pietro sottolinea il nome
dell’autore del miracolo. L’affermazione: “Nel nome di…”, la possiamo anche leggere ed intendere come:
“per l’autorità che ho ricevuta da…”. Pietro, quindi, sta annunciando a tutti coloro che l’ascoltano che quanto
si appresta ad accadere non è per le sue capacità. Lui non ha il potere di guarire alcuno, ma avviene grazie a
quel Gesù che lui nomina. Quel Gesù che ancora continua a operare, continua a compiere gli stessi miracoli
che prima faceva, ma che ora compie tramite i suoi discepoli. Tramite tutti coloro che credono e che
crederanno ancora in lui. Quell’uomo, con la mano tesa, si aspettava del denaro ma Pietro invece si rivolge
a lui con queste parole: “non ho soldi da darti… ma ho qualcosa di molto più prezioso e lo condivido con te”.
Che cosa ha Pietro di tanto valore? Pietro ha Gesù. Non c’è nulla di scontato o di casuale negli episodi che
Luca ha scelto di raccontare. La scelta narrativa è subordinata al messaggio che lui vuole trasmetterci. Questo
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
37
Maurizio Allocca, v150123
è il racconto del primo miracolo ufficiale compiuto dalla chiesa che quindi la mette su un piano di continuità
con l’opera di Gesù. I miracoli e le guarigioni, come abbiamo avuto modo di anticipare nella parte
introduttiva, sono un’attestazione fondamentale per accreditare questa continuità. Continuità che fluisce
tramite la trasmissione della testimonianza di Cristo. Pietro ha vissuto, come gli altri discepoli, con Gesù su
questa terra per diversi anni, ha anche avuto modo di vivere il Gesù risorto prima dell’ascesa al Cielo. Ha
ricevuto il giorno della Pentecoste lo Spirito, che gli ha comunicato la stessa vita di Gesù. Nulla di tutto questo
percorso di conoscenza di Cristo è ostruito a tutti noi. Vero che non abbiamo conosciuto Gesù quando
camminava su questa terra, ma abbiamo accesso alla sua Parola, che ci permette di conoscere il modo in cui
si condusse e le parole che ha pronunciato. Nella conversione abbiamo invece incontrato Gesù risorto, e nel
battesimo dello Spirito Santo, abbiamo incontrato lo Spirito. Pietro ha questa esperienza di Gesù da dare, e
questo è quello che trasmette a questa persona che incontra. Pietro ha confidenza con Gesù. L’espressione
“Nel nome di Gesù Cristo” per noi è divenuta una formula, ma Pietro in questo contesto non la utilizza come
una formula, la sua è un’affermazione di confidenza di conoscenza personale tale da poter essere certo di
esprimere per la vita di quella persona la sua volontà. Pietro si sente così strettamente unito a Gesù nel
sentirsi in autorità, nella posizione di parlare come se Gesù operasse tramite di lui, come di fatti avviene. Non
ha tentennamenti nell’interpretare la volontà del maestro in questa situazione, non usa forme condizionali,
ma la forma verbale scelta è volutamente l’imperativo: v6 “Alzati e cammina”, dice a questa persona che si
trova nel bisogno più totale e nell’assoluta impossibilità fisica di farlo… “Tu chiedi un’offerta, ma è un qualcosa
che può dare giovamento alla tua vita solo per poche ore, ma io posso fare molto di più di questo… darti una
vita nuova.” Il primo miracolo che viene compiuto dalla chiesa, personificata in Pietro è il miracolo di rendere
un uomo storpio capace di camminare. L’episodio raccontato da Luca ha nelle sue intenzioni una sua lettura
spirituale. La guarigione miracolosa di un uomo incapace di camminare, di un individuo che ha perso la sua
dignità non solo sociale ma anche spirituale. Un uomo nato storpio nel contesto della religiosità ebraica del
tempo, legalistica e basata su un’idea retributiva della benedizione, diveniva automaticamente una persona
spiritualmente emarginata, perché era “credenza”, nonostante la Scrittura metteva in guardia verso questa
tentazionexliii, che questa sua condizione di “sfortuna” doveva essere a causa di una maledizione che
riguardava la persona o la sua famiglia che quindi veniva punita da Dio. Era quindi una persona che aveva
perso la sua dignità, senza un futuro, messa al margine dalla società, impossibilitata a riscattarsi a motivo
della sua condizione che le impediva di lavorare e di essere pienamente accettata nella sua società, destinata
a vivere unicamente della pietà altrui. Luca sceglie proprio questa persona, perché diventi un segno,
un’immagine dell’umanità senza Cristo, incapace di camminare, incapace di rialzarsi non avendo in sé la forza
morale e spirituale per farlo, ma che viene riabilitata da Cristo tramite la forza e la vita dello Spirito che fluisce
nella Chiesa e dalla Chiesa, dall’esistenza vivificata di uomini divenuti figli di Dio. La guarigione dalla sua
infermità restituisce a questa persona sia la pienezza di una vita sociale sia la riabilita dal punto di vista morale
e spirituale. Ai loro occhi non è più uno storpio a motivo della punizione di Dio è ora una persona ristabilita,
restaurata a motivo della grazia e dell’amore particolare che Dio ha nei suoi riguardi e da maledetta diviene
benedetta. Luca porta avanti questa duplice lettura, anche nella sottolineatura del gesto di Pietro al v7
nell’afferrarlo per la mano tirandolo su, nel contesto di una scena che diventa improvvisamente festosa,
immagine di una chiesa chiamata a rialzare dalla propria condizione, questa umanità lontana da Dio.
Quest’uomo, balzato in piedi, segue Pietro e Giovanni nel Tempio, pieno di gioia irrefrenabile, salta, danza
benedice il Signore. Luca utilizza lo stesso verbo per aprire e chiude la narrazione dell’episodio, al v 6 con le
parole: “alzati e cammina” e termina poi con l’immagine di questa persona che cammina seguendo un corteo
di lode che entra nel cortile del Tempio. Questo a livello narrativo non è un semplice camminare, ma
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
38
Maurizio Allocca, v150123
simboleggia anche l’entrata in una novità di vita, in un nuovo modo di vivere. Di fronte al prodigio il popolo
rimane fuori di sé per lo stupore, come è avvenuto anche nell’episodio della Pentecoste, anche se non
l’abbiamo particolarmente enfatizzato nel commento. Luca più volte sottolineerà nella sua opera lo stupore
della gente, nel voler indicare che la manifestazione della vita cristiana, è un qualcosa che va fuori
dall’ordinario. La manifestazione della vita cristiana produce stupore da parte di chi l’osserva esternamente.
Si confrontano con qualcosa che non riescono a capire e che per forza di cose l’interroga, li sfida. Non si può
restare indifferente. Le risposte possono essere differenti si può gridare al prodigio o semplicemente dire:
sono tutti ubriachi, come è avvenuto il giorno della Pentecoste, ma non rimanere indifferenti.
II DISCORSO PUBBLICO DI PIETRO
Atti 3,12-26
L’improvvisa guarigione di questa persona scatena una reazione di stupore, di disorientamento e tutti gli
sguardi si fermano sull’autore di questo miracolo. Sguardi di natura interrogativa che scrutano Pietro e che
trovandosi al centro dell’attenzione pronuncia il suo secondo discorso che va dal capitolo 3,12-26. Anche in
questo caso introdotto da un vocativo: “Uomini d’Israele…
12 Pietro, visto ciò, parlò al popolo, dicendo: «Uomini d'Israele, perché vi meravigliate di questo? Perché
fissate gli occhi su di noi, come se per la nostra propria potenza o pietà avessimo fatto camminare
quest'uomo? 13 Il Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo
Gesù, che voi consegnaste a Pilato e rinnegaste davanti a lui, mentre egli aveva giudicato di liberarlo. 14
Ma voi rinnegaste il Santo, il Giusto, e chiedeste che vi fosse concesso un omicida; 15 e uccideste il Principe
della vita, che Dio ha risuscitato dai morti. Di questo noi siamo testimoni. 16 E, per la fede nel suo nome,
il suo nome ha fortificato quest'uomo che vedete e conoscete; ed è la fede, che si ha per mezzo di lui, che
gli ha dato questa perfetta guarigione in presenza di voi tutti. 17 Ora, fratelli, io so che lo faceste per
ignoranza, come pure i vostri capi. 18 Ma ciò che Dio aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, cioè
che il suo Cristo avrebbe sofferto, egli lo ha adempiuto in questa maniera. 19 Ravvedetevi dunque e
convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati 20 e affinché vengano dalla presenza del Signore dei
tempi di ristoro, e che egli mandi il Cristo che vi è stato predestinato, cioè Gesù, 21 che il cielo deve tenere
accolto fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose; di cui Dio ha parlato fin dall'antichità per bocca
dei suoi santi profeti. 22 Mosè, infatti, disse: "Il Signore Dio vi susciterà in mezzo ai vostri fratelli un profeta
come me; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà. 23 E avverrà che chiunque non avrà ascoltato quel profeta
sarà estirpato di mezzo al popolo". 24 Tutti i profeti che hanno parlato da Samuele in poi hanno anch'essi
annunciato questi giorni. 25 Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio fece con i vostri padri, dicendo
ad Abraamo: "Nella tua discendenza tutte le nazioni della terra saranno benedette". 26 A voi per primi Dio,
avendo suscitato il suo Servo, lo ha mandato per benedirvi, convertendo ciascuno di voi dalle sue
malvagità».
Pietro si alza e rivolgendosi agli astanti, in sintesi, afferma: “voi siete stupiti perché credete che sia merito il
merito di guarigione; invece, no, è opera di Gesù che opera tramite noi.” Ancora una volta troviamo diversi
aspetti sottolineati. Il primo che è un “leitmotiv”, un filo conduttore, dell’intero scritto, che l’opera di Gesù
non si è fermata con la sua morte e resurrezione ma ancora continua tramite gli apostoli. Il riferimento che
troviamo al versetto 13 è invece una marcatura, che tutto ciò è in continuità con le promesse riportate nella
Scrittura (Antico Testamento). Seconda parte del v13, “Dio ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
39
Maurizio Allocca, v150123
consegnato e rinnegato di fronte a Pilato”, qui la sottolineatura è della colpa giudaica rispetto alla
disponibilità romana in quanto Pilato aveva invece il desiderio di liberarlo. Pietro può parlare liberamente di
questi eventi perché molte di quelle persone erano presenti a Gerusalemme quando le cose avvennero ed
erano a conoscenza dei fatti. Pietro imputa a queste persone la responsabilità di quanto successo a Gesù e
di avere fatto questo enorme sbaglio, a cui però Dio stesso ha rimediato, risuscitando Gesù dai morti e di
questo loro sono testimoni. “La prova di tutto questo? L’avete appena vista, quest’uomo che voi conoscete e
sapete da tempo che era paralitico è perfettamente guarito”. Perché, spiega Pietro, è proprio a motivo della
fede, v16 “fiducia”, che quest’uomo ha riposto in Gesù che è stato guarito. Tutto questo è un effetto, una
conseguenza della risurrezione di Gesù. Quindi Egli è vivo e la sua potenza miracolosa opera in coloro che lo
credono. Pietro si dimostra a dispetto della sua cultura, un abile oratore; dopo aver instillato il senso di colpa,
propone una soluzione alla questione v17: “voi avete sbagliato, avete commesso un grave errore, però ora
passiamo sopra la situazione, perché avete agito per ignoranza, istigati dai vostri capi, e non avete capito chi
fosse davvero quell’uomo. Inoltre, doveva anche avvenire quanto Dio aveva promesso per bocca dei profetixliv,
che annunciarono che il suo Cristo avrebbe dovuto soffrire e morire. Il progetto di Dio si è dunque realizzato
pienamente in Gesù Cristo, colui che avete ucciso per ignoranza. “Egli ha adempiuto ciò che aveva annunziato.
Pentitevi dunque e cambiate vita, cambiate mentalità, cambiate atteggiamento. Vi avverrà quanto è
avvenuto al paralitico che è stata guarito.” Dal versetto 20 troviamo inserite dal Luca una delle più antiche
formulazionixlv teologiche a proposito di Gesù. Gesù viene chiamato il Servo di Dio, si parla del tempo della
restaurazione o della consolazione che altro non sono che l’attesa imminente del completamento dell’opera.
Nell’appello di Pietro si legge l’urgenza rivolta ai suoi concittadini, e in questo traspare che Pietro si aspetta
come imminente le cose di cui parla. Cita Deuteronomio 18,15-19 (Lev 23.29), per ricordare agli Ebrei le
parole di Mosè, che aveva preannunciato la venuta di Gesù e quali conseguenze avrebbe avuto il non
ascoltarlo. “Lo ha detto Mosè, se affermate di credere a lui, allora dovete credere anche a questa sua parola.”
Subito poi cita la Genesi 12.3; 18.18 la promessa dell’alleanza che Dio fa ad Abramo ora in Gesù afferma
Pietro diviene reale, attraverso Gesù, discendete di Abramo, discendente di Davide, questa benedizione
promessa da Dio passa a tutte le famiglie della terra e arriva a voi per primi (v26).
ARRESTO DI PIETRO E GIOVANNI
Atti 4,1-31
Arriviamo quindi all’arresto di Pietro e Giovanni, che avviene proprio a seguito dell’assembramento che si è
venuto a creare con la prima guarigione. Che introduce un altro tema molto presente nella prima parte degli
Atti, in cui Luca riporta più episodi di arresti e di liberazione degli apostoli, in cui probabilmente vuole
sottolineare l’impossibilità da parte degli oppositori di bloccare l’opera di Dio e allo stesso tempo la
protezione di Dio sulla vita di coloro che si affidano a lui nel compimento dell’opera. Siamo al capitolo ,1-4
1 Mentre essi parlavano al popolo, giunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei, 2 indignati
perché essi insegnavano al popolo e annunciavano in Gesù la risurrezione dai morti. 3 Misero loro le mani
addosso e li gettarono in prigione fino al giorno seguente, perché era già sera. 4 Ma molti di coloro che
avevano udito la Parola credettero, e il numero degli uomini salì a circa cinquemila. 5 Il giorno seguente i
loro capi, con gli anziani e gli scribi, si riunirono a Gerusalemme 6 con Anna, il sommo sacerdote, Caiafa,
Giovanni, Alessandro e tutti quelli che facevano parte della famiglia dei sommi sacerdoti. 7 E, fatti condurre
in mezzo a loro Pietro e Giovanni, domandarono: «Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?»
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
40
Maurizio Allocca, v150123
8 Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, 9 se oggi siamo esaminati a
proposito di un beneficio fatto a un uomo infermo, per sapere com'è che quest'uomo è stato guarito, 10
sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele che questo è stato fatto nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno,
che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti; è per la sua virtù che quest'uomo compare
guarito in presenza vostra. 11 Egli è "la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata, ed è divenuta la pietra
angolare". 12 In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato
dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati». 13 Essi, vista la franchezza di Pietro e
di Giovanni, si meravigliavano, avendo capito che erano popolani senza istruzione; riconoscevano che
erano stati con Gesù e, 14 vedendo l'uomo che era stato guarito, lì presente con loro, non potevano dir
niente in contrario. 15 Ma, dopo aver ordinato loro di uscire dal sinedrio, si consultarono gli uni gli altri
dicendo: 16 «Che faremo a questi uomini? Che un evidente segno miracoloso sia stato fatto per mezzo di
loro è noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme, e noi non possiamo negarlo. 17 Ma, affinché ciò non si
diffonda maggiormente tra il popolo, ordiniamo loro con minacce di non parlare più a nessuno nel nome
di costui». 18 E, avendoli chiamati, imposero loro di non parlare né insegnare affatto nel nome di Gesù. 19
Ma Pietro e Giovanni risposero loro: «Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio.
20 Quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e udite». 21 Ed essi, minacciatili
di nuovo, li lasciarono andare, non trovando assolutamente come poterli punire, a causa del popolo;
perché tutti glorificavano Dio per quello che era accaduto. 22 Infatti l'uomo in cui questo segno miracoloso
della guarigione era stato compiuto aveva più di quarant'anni.
L’assemblamento che si è venuto a creare è tale che accorre il capitano del tempio, che è il secondo in ordine
di grado dopo il sommo sacerdote, ed è colui che ha la responsabilità amministrativa del Tempio, quindi una
figura molto autorevole. Accompagnato dai sadducei, che è un gruppo religioso e politico in cui militava
l’aristocrazia sacerdotale. Queste figure le incontriamo più volte nel Nuovo Testamento, in particolare nei
Vangeli e nel Libro degli Atti. Di loro non abbiamo molte informazioni, sappiamo che erano dei conservatori
molto radicali, per cui accettavano solo il Pentateuco come Scrittura e rigettavano i Profeti e negavano la
risurrezione, al contrario dei farisei. Sono a tutti gli effetti una casta e gestiscono il potere religioso a
Gerusalemme, in quanto da loro proveniva il sommo sacerdote e avevano il controllo del Sinedrio. Nei
Vangeli, si oppongono a Gesù, per il pericolo che i romani potessero intervenire in caso di una rivolta e
limitare la loro autonomia. Ora la loro attenzione è posta su coloro che portano avanti il messaggio di
resurrezione di Gesù, i suoi apostoli. Ma tutto questo non impedisce alla Parola di portare frutto e molte
persone quel giorno si aggiunsero a loro.
L’evidenza che il numero di persone che aderisce ai discepoli sia divenuto rilevante lo dimostra che il giorno
seguente (V5), dopo essere stai arrestati, Pietro e Giovanni vengono convocati davanti al Sinedrio. Luca
nomina al v6, con il titolo di Sommo Sacerdote Anna, che nonostante non sia più in carica,xlvi mantiene il titolo
onorifico e continua ad avere una forte influenza sul Sinedrio. In carica come Sommo Sacerdote, vi è Caifa
suo genero. Le altre persone citate, Giovanni e Alessandro, sono invece sconosciute. L’aristocrazia, la classe
potente e dominante del Tempio, i sadducei si riuniscono per affrontare quello che definiscono un problema
che pensavano di aver risolto appena qualche mese prima, sfiduciando Gesù davanti a Pilato e chiedendone
la vita. Chiedono conto a Pietro e Giovanni, al v7 in nome di chi agiscano. Importante ricordarsi, che Gesù è
stato condannato per cui appellarsi a Lui è un rischio. Interessante che sia Pietro a rispondere con franchezza,
apprestandosi al suo terzo discorso, lui che la notte dell’arresto di Gesù aveva negato di conoscerlo. Pietro
non gira intorno alla questione nel rispondere, “pieno di Spirito Santo”, …ispirato dallo Spirito Santo, in cui in
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
41
Maurizio Allocca, v150123
questo episodio, trovano anche adempimento le Parole di Gesù riportate in Luca 12.11. Quando poi vi
condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi del come e del che
risponderete a vostra difesa, o di quello che direte (la traduzione della NR del passo è certamente quella più
letterale, ma anche quella meno fluida) .
Il discorso di Pietro è diviso in due parti, “spezzato” dalla discussione privata che avviene tra i membri del
Sinedrio ed è molto dritto, v9: “Voi volete sapere come sia possibile che questa persona sia guarita?” La
risposta è molto netta: “Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso”, condannato (vi è in
questo inciso una voluta contrapposizione fra “voi”, coloro ai quali Pietro si rivolge il Sinedrio , e Dio: “voi”
datori di morte, “Dio” datore di vita. Nel discorso di Pietro troviamo quindi un evidente nesso di causa–
effetto. L’effetto, il risultato, che altro non è che la prova di una causa: “un uomo che è stato guarito, che
tutti sapevano senza ombra di dubbio essere malato e invalido”. La causa di tutto questo è invece la
resurrezione di Gesù. Afferma Pietro v11, è "la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata, ed è divenuta
la pietra angolare". Citazione tratta dal Salmo 118,22 un passo molto conosciuto perché spesso cantato nelle
grandi processioni a Gerusalemme e soprattutto è un richiamo alle parole stesse di Gesù, che lo inserisce alla
fine della parabola dei vignaioli, (Lc 20.17),xlvii anche in quel contesto rivolto verso l’aristocrazia religiosa del
tempo a cui stava preavvisando che Dio avrebbe affidato la vigna ad un altro popolo. La pietra scartata dai
costruttori è divenuta testata d’angolo. “Quella pietra che voi avete deciso di scartare perché non ritenuta
idonea, a cui non avete creduto per vostri interessi particolari, alla fine poi è diventata la pietra migliore,
quella che Dio ha scelto capovolgendo la situazione. Gesù è la pietra e voi siete i costruttori, voi lo avete
“scartato”, voi lo avete ucciso, ma Dio ha capovolto la situazione, Dio ha preso quella pietra e l’ha fatta
diventare il fondamento.” Il fondamento di che cosa? Il fondamento di una vita nuova, di quella che gli
apostoli cominciano a chiamare la «salvezza». Di fatti Pietro afferma v12: “In nessun altro c'è salvezza; non
vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati». Solo
in Gesù troviamo la salvezza, nella sua opera, nel suo sacrificio, nella sua risurrezione. In nessun altro è
possibile trovare salvezza. Lui è la pietra fondamentale, la pietra angolare. Più netto di così Pietro non poteva
essere nel suo discorso. Dalla reazione del Sinedrio, è evidente che vengono presi in contropiede perché
quello a cui hanno assistito non è quanto si aspettavano dal contesto. Vi è un certo stupore, di fronte a
persone che loro reputano degli ignoranti, in maniera più dispregiativa dei pezzenti, che invece sanno
argomentare, conoscono la Scrittura e la fanno parlare. Luca usa in questo contesto una parola che ritornerà
spesso nella sua opera che è la parola «franchezza», dal greco «parresia» indica l’atteggiamento di chi parla
in modo schietto. Ma ha anche un significato più legato al contesto del tempo, che indica coloro che hanno
piena facoltà di parlare perché sono in autorità per farlo. I sadducei del tempio restano stupiti di questa
“parresia” di Pietro e di Giovanni perché sono due popolani, senza istruzione, non dovrebbero avere questa
capacità di parlare di argomentare e questa autorità nel farlo. Ma hanno le mani legate, perché non possono
affermare che questi uomini sono in mala fede nella loro convinzione o si stanno ingannando quando ciò che
è avvenuto tramite loro è un evidente miracolo che non ha altra spiegazione se non quella divina. Possono
quindi solo prendere tempo e cercano quindi di limitare la risonanza del fatto e che queste persone
continuino a testimoniare riguardo a Gesù.
Luca immagina il discorso avvenuto a porte chiuse dal v16: “È chiaro che è successo un miracolo, lo sanno
tutti, questo non possiamo negarlo e allora dovremmo prendere in considerazione la spiegazione che ci ha
offerto, ma non possiamo farlo, perché è risaputo che noi l’abbiamo condannato a morte affermando il
contrario. Non possiamo discreditare il nostro potere davanti al popolo, ma non possiamo neanche
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
42
Maurizio Allocca, v150123
apertamente contestare questo miracolo, perché il popolo lo ritiene tale”. Questo è il senso del discorso che
viene fatto a porte chiuse dal Sinedrio, da cui possiamo constatare, che non vi è alcuna volontà di conoscere
la verità, ma solo di difendere il proprio potere. La scelta politica è di tappare la bocca, di limitare l’azione
degli apostoli minacciandoli, ma mantenendo la faccia difronte al popolo. Un atteggiamento in piena
contrapposizione con la franchezza “parresia” degli apostoli che si sono invece esposti, senza filtri, a rischio
di avere delle conseguenze. Alla richiesta del sinedrio, di tacere sulla loro dottrina gli apostoli rispondono:
“Voi ci date un ordine, ma da Gesù abbiamo ricevuto un ordine, contrario, a chi dobbiamo dare retta? Stiamo
parlando a degli uomini religiosi e dotti nelle cose di Dio e conoscete quale debba essere la giusta risposta.
Sapete che si obbedisce a Dio e non agli uomini. Come potete quindi chiederci di fare una cosa del genere?”
Gli apostoli concludono: “Quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e udite.”
Interessante questa precisazione perché è qualcosa con cui possiamo identificarci anche noi. Alla base della
testimonianza cristiana, vi è l’esperienza di un incontro con il Cristo risorto, da cui scaturisce la voglia, la
necessità il desiderio di condividerla.
23 Rimessi quindi in libertà, vennero ai loro e riferirono tutte le cose che i capi dei sacerdoti e gli anziani
avevano dette. 24 Udito ciò, essi alzarono concordi la voce a Dio e dissero: «Signore, tu sei colui che ha
fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi; 25 colui che mediante lo Spirito Santo ha detto
per bocca del tuo servo Davide, nostro padre: "Perché si sono agitate le nazioni, e i popoli hanno meditato
cose vane? 26 I re della terra si sono sollevati, i prìncipi si sono riuniti insieme contro il Signore e contro il
suo Cristo". 27 Proprio in questa città, contro il tuo santo servitore Gesù, che tu hai unto, si sono radunati
Erode e Ponzio Pilato, insieme con le nazioni e con tutto il popolo d'Israele, 28 per fare tutte le cose che la
tua volontà e il tuo consiglio avevano prestabilito che avvenissero. 29 Adesso, Signore, considera le loro
minacce e concedi ai tuoi servi di annunciare la tua Parola in tutta franchezza, 30 stendendo la tua mano
per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù». 31 Dopo
che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e
annunciavano la Parola di Dio con franchezza.
Di fronte alle minacce del sinedrio, la prima comunità dopo aver ascoltato il resoconto degli apostoli, alza
una preghiera che Luca precisa essere “concorde”. Una preghiera molto essenziale, in cui è riportata una
lunga citazione del Salmo 2 reinterpretata e attualizzata in senso cristologico. L’inizio della preghiera ricorda
due attributi di Dio: “Tu che hai creato”, Tu che hai parlato.” Viene invocato il Dio creatore e il Dio rivelatore.
La prima comunità cristiana ha la chiara percezione che la storia, gli avvenimenti, le situazioni passate,
presenti e future, sono sotto il controllo di Dio ed è guidata da Dio. Noi siamo inseriti in questo progetto. “Tu
avevi predetto nella tua Parola che il Messia sarebbe stato osteggiato, combattuto e noi oggi vediamo in
quello che è avvenuto che queste tue Parole sono vere.” Possiamo iniziare a notare la ripetizione e l’insistenza
su alcune tematiche da parte di Luca, anche in questo caso enfatizza, che le cose avvenute sono preordinate
da parte di Dio, sono parte integrante di un suo progetto e di una precisa volontà che Dio porta avanti.
Troviamo poi nella preghiera che abbiamo letto, una richiesta d’intervento da parte di Dio, perché gli
conceda la franchezza (altro tema molto ricorrente), perché possano ricevere in dono la libertà di
testimoniare senza avere paura per quello che possa avvenirgli. Non chiedono protezione, chiedono di
ricevere forza per non scoraggiarsi di fronte all’opposizione del nemico, di quei nemici che la Parola aveva
preannunciato. Pochi versetti, ma tutti molto sfidanti. Questi fratelli vivono le prove sapendo che sono
necessarie perché il Regno di Dio si manifesti e quindi le affrontano non sfuggendogli; non chiedendo di
essere liberati da queste, ma chiedendo a Dio la forza di viverle con coraggio. Dio risponde e durante la
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
43
Maurizio Allocca, v150123
preghiera la comunità sperimenta il dono dello Spirito che infonde vigore coraggio nella testimonianza. Luca
sottolinea ancora una volta l’assoluta dipendenza tra l’opera il progetto di Dio e lo Spirito Santo nella vita
dei credenti. Lo Spirito che abilita, che rende capaci i credenti di compiere l’opera che Dio ha preordinato.
II SOMMARIO
Atti 4,32-37
A questo punto Luca introdurre un nuovo sommario, descrivendo in questo caso un secondo quadretto
riguardante la vita comunitaria, in cui vediamo una sovrapposizione con cose già presenti nel primo
sommario.
32 La moltitudine di quelli che avevano creduto era d'un sol cuore e di un'anima sola; non vi era chi dicesse
sua alcuna delle cose che possedeva, ma tutto era in comune tra di loro. 33 Gli apostoli, con grande
potenza, rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù; e grande grazia era sopra tutti loro.
34 Infatti non c'era nessun bisognoso tra di loro; perché tutti quelli che possedevano poderi o case li
vendevano, portavano l'importo delle cose vendute, 35 e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva
distribuito a ciascuno, secondo il bisogno. 36 Ora Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba (che
tradotto vuol dire: «figlio di consolazione»), Levita, cipriota di nascita, 37 avendo un campo, lo vendette e
ne consegnò il ricavato, deponendolo ai piedi degli apostoli.
Possiamo anche notare una finezza letteraria, nel contrasto che c’è fra «moltitudine» e «uno solo». La
molteplicità diventa unità attraverso la fede. Luca ci presenta una moltitudine di persone concordi: avere un
cuore solo, un’anima sola. Essere «unanimi». Si respirava, si percepiva un pieno accordo tra queste persone.
Uno stesso modo di pensare, una medesima volontà; erano tutti reciprocamente impegnati nel perseguire lo
stesso obbiettivo. Uno stato di appartenenza reciproca e di immedesimazione in un progetto comune tanto
da travalicare i concetti di proprietà per cui le risorse venivano condivise perché tutti ne potessero godere.
Una vita comunitaria pienamente realizzata nello Spirito di Cristo. Una condizione che porta anche una
benedizione economica alla chiesa, che è l’aspetto che qui Luca sottolinea, perché la redistribuzione dei beni
elimina la povertà, che è una cosa che tutti riteniamo bellissima, ma anche la ricchezza superflua, non
necessaria, su cui probabilmente abbiamo più difficoltà a ritenerlo “bello”. Al v36 ci viene raccontato un
esempio positivo di quanto stava avvenendo nella comunità di Gerusalemme di cui è protagonista un
personaggio che incontreremo più volte nel corso dell’opera. Giuseppe soprannominato Barnaba dagli stessi
apostoli, che Luca scrive che vuol dire «figlio della consolazione o dell’esortazione», anche se vi sono molte
discussioni sull’etimologiaxlviii per cui non si sa come si sia arrivato a dargli questo significato. Barnaba è un
levita, originario di Cipro, diventato cristiano, che diventerà una colonna della comunità primitiva. Nella
comunità di Gerusalemme possiamo notare che non vi sono popolani, ma si uniscono anche sacerdoti, anche
uomini della Gerusalemme bene, i quali hanno degli appezzamenti terrieri proprio come Barnaba, v37 “che
era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l’importo deponendolo ai piedi degli apostoli.”
ANANIA E SAFFIRA
Dopo questo episodio positivo, Luca inserisce un episodio negativo e anche tragico al capitolo 5 dal v 1-11.
Atti 5,1-16
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
44
Maurizio Allocca, v150123
1 Ma un uomo di nome Anania, con Saffira sua moglie, vendette una proprietà 2 e tenne per sé parte del
prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e un'altra parte la consegnò, deponendola ai piedi degli
apostoli. 3 Ma Pietro disse: «Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore da farti mentire allo Spirito
Santo e trattenere parte del prezzo del podere? 4 Se questo non si vendeva, non restava tuo? E una volta
venduto, il ricavato non era a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai
mentito agli uomini, ma a Dio». 5 Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E un gran timore prese
tutti quelli che lo udirono. 6 I giovani, alzatisi, ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono. 7
Circa tre ore dopo sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò. 8 E Pietro, rivolgendosi a lei:
«Dimmi», le disse, «avete venduto il podere per tanto?» Ed ella rispose: «Sì, per tanto». 9 Allora Pietro le
disse: «Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito
tuo marito sono alla porta e porteranno via anche te». 10 Ed ella in quell'istante cadde ai suoi piedi e spirò.
I giovani, entrati, la trovarono morta; e, portatala via, la seppellirono accanto a suo marito. 11 Allora un
gran timore venne su tutta la chiesa e su tutti quelli che udivano queste cose.
Credo che tutti almeno una volta abbiamo sentito parlare della storia di Anania e Saffira, una coppia di
coniugi, e anche loro come Barnaba hanno delle proprietà terriere, che come lui, decidono di vendere, ma
consegnano ai piedi degli apostoli, solo una parte del denaro, affermando che era l’intera cifra ricevuta. Il
loro gesto si configura come un tentativo d’imbroglio, d’inganno. La natura del loro peccato, nel contesto
spirituale e morale in cui vive la chiesa di Gerusalemme è reputata gravissima, presuppone la rottura del
rapporto di comunione fraterna. Difficile confrontarsi serenamente con questo passaggio della Scrittura. Le
parole che Pietro rivolge ad Anania sono severe, molto severe. Non gli contesta solo la gravità dell’atto, ma
soprattutto la stupidità, la leggerezza, con cui questo è stato predeterminato e l’incapacità di non
comprendere che i beneficixlix che questi potevano ricavare da questa pratica scorretta erano assolutamente
sproporzionati rispetto al rischio. « «Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore”, bella la traduzione
della CEI, “si è così impossessato del tuo cuore”. “Io non riesco a spiegarmi come questo sia stato possibile?”
Come è potuto avvenire una cosa di questo genere?”. Che tu abbia mentito allo Spirito Santo e ti sei
trattenuto parte del prezzo del terreno, prima di venderlo. Non eri obbligato… non era forse tua proprietà e
anche vendutolo, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Come ti è venuto in mente di fare una cosa
di questo genere? “Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio». La colpa di Anania e di Saffira è di aver
imbrogliato lo Spirito Santo, di per sé cosa paradossale, perché impossibile. Tentativo che viene messo in atto
da loro consapevolmente, perché erano consci dell’inganno, ma non avevano dato peso alla conseguenza
della loro azione. In questa vi è anche l’enorme distanza tra la coscienza di Pietro, realmente stupito dal
comportamento di questi fratelli, rispetto alla loro. Non si può scherzare con Dio. Anania e Saffira sono
cristiani, fanno parte della comunità, ma hanno deciso di camminare in modo ipocrita con la volontà
d’ingannare i fratelli. Il loro è l’esempio più negativo di tutti gli Atti degli Apostoli. Luca vuole sottolineare
rimarcare, la gravità e la pericolosità di questo atteggiamento per un credente.
III SOMMARIO
Atti 5,12-16
Dopo i due esempi, abbiamo il terzo e ultimo sommario dal v12 al 16
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
45
Maurizio Allocca, v150123
12 Molti segni e prodigi erano fatti tra il popolo per le mani degli apostoli; e tutti di comune accordo si
ritrovavano sotto il portico di Salomone. 13 Ma nessuno degli altri osava unirsi a loro; il popolo però li
esaltava. 14 E sempre di più si aggiungevano uomini e donne in gran numero, che credevano nel Signore;
15 tanto che portavano perfino i malati nelle piazze e li mettevano su lettucci e giacigli, affinché, quando
Pietro passava, almeno la sua ombra ne coprisse qualcuno. 16 Anche la folla delle città intorno a
Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi; e tutti erano guariti.
Luca ripresenta la continuità tra l’opera di Gesù e quella degli apostoli, in cui vediamo ripresentarsi scene
avvenute anche durante il ministerio pubblico di Gesù, di guarigioni e miracoli, e questo aumento di
esposizione da parte della giovane comunità di Gerusalemme non passa inosservata alle autorità religiose,
che devono convivere con il problema irrisolto della condanna a morte di Gesù.
ARRESTO DEGLI APOSTOLI
Atti 5,17-42
Nell’ultima parte del capitolo 5 v 17-42 troviamo descritti gli aventi che portano al secondo arresto degli
apostoli.
17 Il sommo sacerdote e tutti quelli che erano con lui, cioè la setta dei sadducei, si alzarono, pieni di invidia,
18 e misero le mani sopra gli apostoli e li gettarono nella prigione pubblica. 19 Ma un angelo del Signore,
nella notte, aprì le porte della prigione e, condottili fuori, disse: 20 «Andate, presentatevi nel tempio e
annunciate al popolo tutte le parole di questa vita». 21 Essi, udito ciò, entrarono sul far del giorno nel
tempio, e insegnavano. Ora il sommo sacerdote e quelli che erano con lui vennero, convocarono il sinedrio
e tutti gli anziani dei figli d'Israele e mandarono alla prigione per far condurre davanti a loro gli apostoli.
22 Ma le guardie che vi andarono non li trovarono nella prigione; e, tornate, fecero il loro rapporto, 23
dicendo: «La prigione l'abbiamo trovata chiusa con ogni diligenza, e le guardie in piedi davanti alle porte;
abbiamo aperto, ma non abbiamo trovato nessuno dentro». 24 Quando il capitano del tempio e i capi dei
sacerdoti udirono queste cose, rimasero perplessi sul conto loro, non sapendo cosa ciò potesse significare.
25 Ma sopraggiunse uno che disse loro: «Ecco, gli uomini che voi metteste in prigione sono nel tempio e
stanno insegnando al popolo». 26 Allora il capitano, con le guardie, andò e li condusse via, senza far loro
violenza, perché temevano di essere lapidati dal popolo. 27 Dopo averli portati via, li presentarono al
sinedrio; e il sommo sacerdote li interrogò, 28 dicendo: «Non vi abbiamo forse espressamente ordinato di
non insegnare nel nome di costui? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far
ricadere su di noi il sangue di quell'uomo». 29 Ma Pietro e gli altri apostoli risposero: «Bisogna ubbidire a
Dio anziché agli uomini. 30 Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi uccideste appendendolo al
legno 31 e lo ha innalzato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a
Israele e perdono dei peccati. 32 Noi siamo testimoni di queste cose; e anche lo Spirito Santo, che Dio ha
dato a quelli che gli ubbidiscono».
Il sommo sacerdote a seguito del successo dell’opera missionaria che avviene in Gerusalemme, ordina di
arrestare gli apostoli, che vengono messi in prigione. Durante la notte vengono liberati in modo miracoloso.
Luca descrive anche con una certa ironia l’episodio che segue, perché il giorno dopo il sommo sacerdote dopo
aver radunato il Sinedrio invia le guardie per portarli alla loro presenza ma non vengono trovati in prigione,
e scoprono invece che sono al Tempio ad insegnare. Questa è anche un’immagine significativa
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
46
Maurizio Allocca, v150123
dell’impossibilità dell’autorità di tappare la bocca a questa forza divina. Possiamo immaginare la confusione
e la frustrazione del sommo sacerdote: “Come li ho messi in galera la sera perché non fomentino ancora il
popolo e al mattino sono di nuovo nel tempio, e continuano ad insegnare?” Lo sviluppo della narrazione non
toglie e non aggiunge nulla a quanto emerso nel primo arresto, anche il discorso di Pietro non aggiunge
elementi rispetto a quello precedente. In questo caso se proprio vogliamo trovare una particolarità abbiamo
un titolo cristologico nuovo riportato in Atti 5,31: tradotto come “principe” in greco è “archegòs” meglio la
CEI che traduce “capo” , che troviamo anche in Atti, 3,15 tradotto come “autore”. In Atti 5 viene quindi
tradotto con un’eccezione differente, perché nel primo indicava il senso di “origine”, “iniziatore”, in Atti 5 ha
il senso di “condurre”, “guidare”. Quello che guida il gruppo, quello che fa strada, quello che apre il sentiero
ed è un termine molto bello e significativo, originario di Luca, che presenta Gesù come colui che guida, che
conduce alla vita. La cose che Pietro riferisce non sono ritenute simpatiche dal sinedrio, tanto che tra le
proposte di condanna vi è anche quella capitale e a questo punto abbiamo l’intervento di un eminente
maestro.
33 Ma essi, udendo queste cose, fremevano d'ira e si proponevano di ucciderli. 34 Ma un fariseo di nome
Gamaliele, dottore della legge, onorato da tutto il popolo, alzatosi in piedi nel sinedrio comandò che gli
apostoli venissero un momento allontanati. 35 Poi disse loro: «Uomini d'Israele, badate bene a quello che
state per fare circa questi uomini. 36 Poiché, prima d'ora, sorse Teuda, dicendo di essere qualcuno; presso
di lui si raccolsero circa quattrocento uomini; egli fu ucciso, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono
dispersi e ridotti a nulla. 37 Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, ai giorni del censimento, e si trascinò dietro
della gente; anch'egli perì, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi. 38 E ora vi dico:
tenetevi lontani questi uomini e lasciatili stare; perché, se questo disegno o quest'opera è dagli uomini,
sarà distrutta; 39 ma se è da Dio, voi non potrete distruggerli, se non volete trovarvi a combattere anche
contro Dio». 40 Essi furono da lui convinti; e chiamati gli apostoli, li batterono, ingiunsero loro di non
parlare nel nome di Gesù e li lasciarono andare. 41 Essi dunque se ne andarono via dal sinedrio,
rallegrandosi di essere stati ritenuti degni di essere oltraggiati per il nome di Gesù. 42 E ogni giorno, nel
tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di portare il lieto messaggio che Gesù è il Cristo.
Gamaliele è un fariseo, il maestro di Paolo che rivolto ai colleghi del sinedrio passa in rassegna le vicende
politiche di Israele: “Pensate a quanti casi di rivoluzionari abbiamo dovuto affrontare in questi ultimi 30-40
anni, tutti i momenti c’era uno che diceva di essere il messia, vi ricordate Tèuda, quattrocento uomini armati
lo avevano seguito, lo hanno ammazzato ed è finito tutto; poi qualche anno fa, ricordate, Giuda il galileol
quale paura ci ha fatto prendere, ha messo in subbuglio tutto Israele, morto lui è finito tutto. Adesso siamo
punto a capo, lasciate perdere. Se tutto ciò viene dagli uomini tutto finirà come anche in passato è stato, ma
se per caso avessero ragione, vorreste combattere contro Dio? Sicuramente perdereste, date retta a me,
lasciate perdere”. Il Sinedrio decide di seguire il consiglio di Gamaliele, senza disdegnare di dare un messaggio
molto chiaro ai discepoli ordinando una pena corporale. Luca termina questa prima parte del Libro degli Atti,
raccontandoci che queste esperienze non solo non fiaccano la fede degli apostoli, ma addirittura la fortificano
in quanto le leggono come una conferma profetica su ciò che doveva avvenire per cui ne sono addirittura
incoraggiati come leggiamo al v42 che chiude il capitolo 5 e la nostra serata E ogni giorno, nel tempio e a
casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
47
Maurizio Allocca, v150123
ATTI DEGLI APOSTOLI – TERZA SERATA
Buonasera a tutti, in questa terza serata commenteremo i capitoli che vanno dal 6 al 14 e che rappresentano
un ulteriore progresso della Chiesa.
•
•
•
•
•
•
•
•
CAPITOLO VI
✓ Istituzione dei «sette» (v 1-7)
✓ Arresto di Stefano (v 8-15)
CAPITOLO VII
✓ Discorso di Stefano (v 1-53)
✓ Esecuzione di Stefano (v 54-60)
CAPITOLO VIII
✓ La persecuzione dei credenti (v 1-4)
✓ Filippo porta il Vangelo in Samaria (v 5-40)
CAPITOLO IX
✓ La conversione di Paolo (v 1-22)
✓ Prima attività missionaria di Paolo (v 23-31)
✓ Pietro opera con potenza (v 32-43)
CAPITOLO X
✓ La conversione di Cornelio (v 1 -48)
CAPITOLO XI
✓ Ritorno di Pietro a Gerusalemme (v 1-18)
✓ La chiesa di Antiochia (v 19-30)
CAPITOLO XII
✓ Nuove persecuzioni (v 1-25)
CAPITOLO XIII-XIV
✓ I Viaggio Missionario di Paolo
ISTITUZIONE DEI «SETTE»
Atti 1,1-7
1 In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro
gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell'assistenza quotidiana. 2 I dodici, convocata la
moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle
mense. 3 Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona
testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. 4 Quanto a noi,
continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola». 5 Questa proposta piacque a tutta la
moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone,
Parmena e Nicola, proselito di Antiochia. 6 Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
48
Maurizio Allocca, v150123
imposero loro le mani. 7 La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava
grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede.
A partire del capitolo 6 degli Atti, la Chiesa di Gerusalemme entra in una nuova fase. L’aumento dei credenti
pone questioni organizzative che nei primi anni non erano necessarie. Inoltre, aumentano gli attriti con
l’ebraismo tradizionale. Al v6.1 scopriamo, rispetto ai sommari precedenti che vi sono due gruppi distinti
nella comunità di Gerusalemme, tra cui un gruppo importante di ellenisti. Giudei di lingua e cultura greca che
provenivano dalle diaspore tra cui molti non parlavano l’aramaico, e giudei di lingua ebraica, o meglio
aramaica, nati e cresciuti nella giudea. Sono entrambe composte da ebrei, ma con due culture diverse e
nonostante siano divenuti cristiani cominciano ad avere degli attriti fra di loro perché le mentalità sono
diverse. Certamente i giudei cristiani come anche avremo modo di comprendere anche più avanti avevano
una matrice molto più radicale nei riguardi degli usi e costumi della tradizione religiosa ebraica rispetto a
quelli provenienti dalla Provincie di lingua greca. Luca non ci offre molte indicazioni cronologiche, scrive: v1
«in quei giorni, mentre aumentava il numero». (La questione viene inserita nel contesto positivo della
crescita) anzi proprio perché aumentava il numero, si determina un malcontento in una parte della comunità;
il problema è strutturale ma evidenzia una questione che ha una radice più profonda. Nel caso specifico ciò
che avviene e che il gruppo di persone che si occupavano della distribuzione di generi alimentari e di aiutare
le persone indigenti viene rimproverato (dal gruppo degli ellenici) di privilegiare le vedeva di lingua ebraica
rispetto ai cristiani di lingua greca. A questo punto, proprio perché i due gruppi sono distinti, e separati da un
problema anche linguistico, gli apostoli (v3) decidono di istituire un nuovo gruppo di responsabili e
istituiscono i sette. Nel merito del ruolo specifico e della posizione che queste persone avranno nel contesto
della chiesa di Gerusalemme, non vi è unanimità fra gli studiosi. Sempre per citare i commentari di
riferimento che io ho seguito: Doglio ritiene che queste figure, istituite dagli apostoli, ricevano mandato di
guidare il gruppo di cristiani ellenistici, mente gli apostoli quelli di lingua ebraica. Questa ipotesi sancisce
l’idea che ci troviamo di fronte a due gruppi marcatamente distinti e virtualmente separati, e che anche,
come poi è stato ipotizzato con delle distinte posizioni teologiche. Il Marshall come altri ha una posizione più
moderata, plausibile ipotizzare che vi fossero delle aree di distinzione legate anche ad aspetti importanti
della vita comunitaria, come quella celebrativa, questo avveniva anche nell’ebraismo tradizionale li , ma non
si comprende perché dover pensare che vi fosse questa marcatura pari a una spaccatura fra i due gruppi e
che il ruolo degli apostoli non fosse superpartes su entrambe le parti.
Tornando all’episodio, gli apostoli, qui denominati come i dodici, riconoscono alla critica che è stata rivolta,
un fondamento e riconoscono, che data l’attuale dimensione della chiesa, loro non riescono più a fare le cose
con la giusta attenzione. La questione è posta sul problema organizzativo, più che pratico, probabilmente la
cosa era sfuggita di mano perché lasciata alla libera iniziativa delle persone. Riconoscendo la necessità di una
migliore organizzazione si trovano ora a dover però riconoscere la difficoltà, per questioni di tempo di riuscire
a corrispondere anche a queste esigenza, e si devono dare delle priorità in questo senso. Priorità che non
vanno intese probabilmente in ordine d’importanza ma di ruolo, per cui l’esigenza di essere aiutati, di
incaricare formalmente dei fratelli, che per loro conto gestiscano questa necessità, che probabilmente va
oltre l’assicurarsi che le vedove ricevano il necessario sostentamento. Non ci aiuta, nel commento, la scelta
redazionale fatta da chi ha dato il titolo al paragrafo: “L’istituzione dei diaconi”, che sappiamo non essere
stato lo scrittore biblico. Vero che Luca usa il verbo servire, che ha la stessa radice del sostantivo reso come
diacono, ma Luca non utilizza questo titolo, sicuramente da lui conosciuto, per le persone che sono poi scelte,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
49
Maurizio Allocca, v150123
li chiama genericamente “i sette”. Questa scelta fatta dagli apostoli, sembra più in forza ad una consuetudine
ebraica che in caso di incombenze particolari, eleggeva un comitato proprio di sette uominilii. I requisiti
richiesti per queste persone confermano che la natura del ruolo che dovevano ricoprire, andava oltre il
servizio pratico alle mense. Devono essere pieni di Spirito Santo e di saggezza. Questo aggettivo ha anche il
senso di anche competente, quindi istruiti, colti, capaci di formare gli altri. Le persone che vengono scelte
(v5) sono tutte dai loro nomi degli ellenici, i più famosi perché compaiono poi anche nel proseguo del Libro
sono Stefano e ilippo. L’ultimo citato è interessante. Nicola non è un ebreo, è un proselito, uno straniero,
probabilmente un greco, che aveva chiesto di essere annesso all’ebraismo, e da lì quindi si era convertito al
cristianesimo, originario di Antiochia, la patria Luca. Le persone scelte vengono presentate agli apostoli, che
gli impongono le mani. L’imposizione delle mani è un rito in uso anche nella prassi ebraica, (abbiamo esempi
in Numeri 27 nella designazione di Giosuè) e aveva il senso di affidare un incarico, una missione, di
trasmettere una delega di autorità alla persona per quel compito specifico. Al versetto 7, come se fosse una
risposta alla ritrovata armonia delle relazioni fraterne, troviamo nuovamente sottolineata la crescita della
chiesa in Gerusalemme, e ci viene detto che la parola di Dio si diffondeva, e di conseguenza cresceva, si
moltiplicava il numero dei discepoli a Gerusalemme e tra questi vi era anche un gran numero di sacerdoti.
ARRESTO DI STEFANO
Atti 6,8-15
A questo punto l’attenzione delle Autorità in Gerusalemme diventa massima, perché la “setta dei nazareni”,
come erano inizialmente conosciuti, ora inizia a divenire una realtà rilevante. La chiesa di Gerusalemme, non
aggrega più solo dei galilei ignoranti, ma ne fanno parte sia ebrei che ebrei ellenisti di differenti estrazioni e
sappiamo anche di proseliti. Inoltre, Luca riporta che anche il gruppo sacerdotale di Gerusalemme inizia ad
essere sensibile alla predicazione cristiana e loro appartengono ad una fascia sociale colta, ricca e potente.
Dal primo nucleo sparuto e insignificante, ormai il gruppo cristiano è numeroso, colto e con notevoli
possibilità di strutture e di mezzi e le autorità di Gerusalemme iniziano a preoccuparsi e ben presto questa
preoccupazione sfocerà in aperta ostilità come leggeremo nell’immediato. L’opportunità gli viene offerta
dall’attività missionaria di Stefano, uno dei sette e la sua vicenda con relativo epilogo e raccontata dal 8 del
capitolo 6 fino a tutto il capitolo 7. Mentre nel capitolo 8 troviamo la vicenda di un secondo appartenente
alla schiera dei sette, Filippo.
8 Ora Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. 9 Ma alcuni della
sinagoga detta «dei Liberti», dei Cirenei, degli Alessandrini, di quelli di Cilicia e d'Asia si misero a discutere
con Stefano; 10 e non potevano resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. 11 Allora istigarono
degli uomini che dissero: «Noi lo abbiamo udito mentre pronunciava parole di bestemmia contro Mosè e
contro Dio». 12 Essi misero in agitazione il popolo, gli anziani, gli scribi; e, venutigli addosso, lo afferrarono
e lo condussero al sinedrio; 13 e presentarono dei falsi testimoni, che dicevano: «Quest'uomo non cessa
di proferire parole contro questo luogo santo e contro la legge. 14 Infatti lo abbiamo udito affermare che
quel Nazareno, Gesù, distruggerà questo luogo e cambierà gli usi che Mosè ci ha tramandati». 15 E tutti
quelli che sedevano nel sinedrio, fissati gli occhi su di lui, videro il suo viso simile a quello di un angelo.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
50
Maurizio Allocca, v150123
Nella descrizione sintetica, v8 che Luca riporta, dell’attività di Stefano non traspare nulla a riguardo della
sua attività “diaconale”. Stefano ci viene presentato intento nella sua opera missionaria rivolta agli ebrei di
lingua greca e alle opere miracolose che compie, si aggiunge anche un v10, una sapienza e una capacità di
argomentare, superiore a quella dei suoi interlocutori che sono rappresentanti delle sinagoghe elleniste
presenti in Gerusalemme. I suoi oppositori, che non avendo argomenti per controbatterlo, per zittirlo,
affinché altri non si convertano tramite le sue parole lo denunciano davanti al popolo e portano dei falsi
testimoni che iniziano ad accusarlo: (v11) affermando: «Noi lo abbiamo udito mentre pronunciava parole di
bestemmia contro Mosè e contro Dio». Troviamo un parallelo con la vicenda del processo di Gesù riportata
nei Vangeli. Stefano che è un suo discepolo, intento a fare, in parole e azioni, le stesse opere che faceva Gesù,
viene denunciato e portato davanti al sinedrio da cui sarà condannato, con la stessa accusa (o almeno
un’accusa molto simile che fu imputata a Gesù: v1 , «Infatti, lo abbiamo udito affermare che quel
Nazareno, Gesù, distruggerà questo luogo e cambierà gli usi che Mosè ci ha tramandati». Gli “usi” a cui si
riferiscono, sono probabilmente le tradizioni orali dell’interpretazione data alla legge dagli scribi, tradizioni
che erano ritenute di provenienza mosaica così come la Legge. La colpa che viene imputata a Stefano è la
stessa che fu attribuita a Gesù: cioè quella di voler distruggere il tempio quindi sovvertire il culto che Dio ha
stabilito.
DISCORSO DI STEFANO
Atti 7,1-53
Il capitolo 7 comprende quasi per la totalità il discorso di Stefano, che si presenta lungo e articolato con
all’interno anche un trattato sintetico di storia sacra, in cui racconta differenti vicende del Vecchio
Testamento.
1 Il sommo sacerdote disse: «Le cose stanno proprio così?» 2 Egli rispose: «Fratelli e padri, ascoltate. Il Dio
della gloria apparve ad Abraamo, nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in
Carran, 3 e gli disse: "Esci dal tuo paese e dal tuo parentado, e va' nel paese che io ti mostrerò". 4 Allora
egli lasciò il paese dei Caldei e andò ad abitare in Carran; e di là, dopo che suo padre morì, Dio lo fece venire
in questo paese che ora voi abitate. 5 In esso però non gli diede in proprietà neppure un palmo di terra,
ma gli promise di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui, quando egli non aveva ancora
nessun figlio. 6 Dio parlò così: "La sua discendenza soggiornerà in terra straniera, e sarà ridotta in schiavitù
e maltrattata per quattrocento anni. 7 Ma io giudicherò la nazione che avranno servita", disse Dio; "e dopo
questo essi partiranno e mi renderanno il loro culto in questo luogo". 8 Poi gli diede il patto della circoncisione; così Abraamo, dopo aver generato Isacco, lo circoncise l'ottavo giorno; e Isacco generò Giacobbe, e
Giacobbe i dodici patriarchi. 9 I patriarchi, portando invidia a Giuseppe, lo vendettero, perché fosse condotto in Egitto; ma Dio era con lui 10 e lo liberò da ogni sua tribolazione, e gli diede sapienza e grazia
davanti al faraone, re d'Egitto, che lo costituì governatore dell'Egitto e di tutta la sua casa. 11 Sopraggiunse
poi una carestia in tutto l'Egitto e in Canaan; l'angoscia era grande e i nostri padri non trovavano viveri. 12 Giacobbe, saputo che in Egitto c'era grano, vi mandò una prima volta i nostri padri. 13 La seconda
volta Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli, e così il faraone venne a sapere di che stirpe fosse Giuseppe. 14 Poi Giuseppe mandò a chiamare suo padre Giacobbe e tutta la sua parentela, composta di settantacinque persone. 15 Giacobbe discese in Egitto, dove morirono lui e i nostri padri; 16 poi furono trasportati a Sichem, e deposti nel sepolcro che Abraamo aveva comprato con una somma di denaro dai figli
di Emmor in Sichem. 17 Mentre si avvicinava il tempo del compimento della promessa che Dio aveva fatto
ad Abraamo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, 18 finché sorse sull'Egitto un altro re, che non sapeva
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
51
Maurizio Allocca, v150123
nulla di Giuseppe. 19 Costui, procedendo con astuzia contro il nostro popolo, maltrattò i nostri padri fino
a costringerli ad abbandonare i loro bambini, perché non fossero lasciati in vita. 20 In quel tempo nacque
Mosè, che era bello agli occhi di Dio; egli fu nutrito per tre mesi in casa di suo padre; 21 e, quando fu
abbandonato, la figlia del faraone lo raccolse e lo allevò come figlio. 22 Mosè fu istruito in tutta la sapienza
degli Egiziani e divenne potente in parole e opere. 23 Ma quando raggiunse l'età di quarant'anni, gli venne
in animo di andare a visitare i suoi fratelli, i figli di Israele. 24 Vedendo che uno di loro era maltrattato, ne
prese le difese e vendicò l'oppresso, colpendo a morte l'Egiziano. 25 Or egli pensava che i suoi fratelli
avrebbero capito che Dio voleva salvarli per mano di lui; ma essi non compresero. 26 Il giorno seguente si
presentò a loro mentre litigavano, e cercava di riconciliarli, dicendo: "Uomini, voi siete fratelli; perché vi
fate torto a vicenda?" 27 Ma quello che faceva torto al suo prossimo lo respinse, dicendo: "Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? 28 Vuoi uccidere me come ieri uccidesti l'Egiziano?" 29 A queste parole Mosè
fuggì e andò a vivere come straniero nel paese di Madian, dove ebbe due figli.
30 Trascorsi quarant'anni, un angelo gli apparve nel deserto del monte Sinai, nella fiamma di un pruno
ardente. 31 Mosè guardò e rimase stupito di questa visione; e, come si avvicinava per osservare meglio, si
udì la voce del Signore: 32 "Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe". Mosè,
tutto tremante, non osava guardare. 33 Il Signore gli disse: "Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove
stai è suolo sacro. 34 Certo, ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito i loro gemiti e sono disceso
per liberarli; e ora, vieni, ti manderò in Egitto". 35 Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: "Chi ti ha
costituito capo e giudice?", proprio lui Dio mandò loro come capo e liberatore con l'aiuto dell'angelo che
gli era apparso nel pruno. 36 Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nel paese d'Egitto, nel mar Rosso
e nel deserto per quarant'anni. 37 Questi è il Mosè che disse ai figli d'Israele: "Dio vi susciterà, tra i vostri
fratelli, un profeta come me". 38 Questi è colui che nell'assemblea del deserto fu con l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e con i nostri padri, e che ricevette parole di vita da trasmettere a noi. 39 Ma i nostri
padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero e si volsero in cuor loro verso l'Egitto, 40 dicendo ad Aaronne:
"Facci degli dèi che vadano davanti a noi, perché di questo Mosè, che ci ha condotti fuori dall'Egitto, non
sappiamo che cosa sia avvenuto". 41 E in quei giorni fabbricarono un vitello, offrirono sacrifici all'idolo e si
rallegrarono per l'opera delle loro mani. 42 Ma Dio si ritrasse da loro e li abbandonò al culto dell'esercito
del cielo, come sta scritto nel libro dei profeti: "Mi avete forse offerto vittime e sacrifici
per quarant'anni nel deserto, o casa d'Israele? 43 Anzi, vi portaste appresso la tenda di Moloc e la stella
del dio Refàn; immagini che voi faceste per adorarle. Perciò io vi deporterò al di là di Babilonia".
44 I nostri padri avevano nel deserto la tenda della testimonianza, come aveva ordinato colui che aveva
detto a Mosè di farla secondo il modello da lui veduto. 45 I nostri padri, guidati da Giosuè, dopo averla
ricevuta la trasportarono nel paese posseduto dai popoli che Dio scacciò davanti a loro. Là rimase fino ai
tempi di Davide, 46 il quale trovò grazia davanti a Dio e chiese di poter preparare lui una dimora al Dio di
Giacobbe. 47 Fu invece Salomone che gli costruì una casa. 48 L'Altissimo però non abita in edifici fatti da
mano d'uomo, come dice il profeta: 49 "Il cielo è il mio trono, e la terra lo sgabello dei miei piedi.
Quale casa mi costruirete, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? 50 Non ha la mia mano
creato tutte queste cose?" 51 Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d'orecchi, voi opponete sempre
resistenza allo Spirito Santo; come fecero i vostri padri, così fate anche voi. 52 Quale dei profeti non perseguitarono i vostri padri? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora
siete divenuti i traditori e gli uccisori; 53 voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli e non
l'avete osservata».
Gli studiosi hanno dibattuto a lungo sullo scopo di Stefano, perché le intenzioni non sono di semplice lettura
e in alcuni passaggi sembra soffermarsi su particolari insignificanti. Io seguirò il commento del Marshall, che
identifica due tematiche che guidano il pensiero di Stefano e che controbattono altrettante accuse:
•
La prima, che possiamo definire introduttiva e che Dio ha suscitato nel tempo diversi liberatori che il
popolo d’Israele non ha ricevuto. Non è quindi Gesù che ha parlato male contro la Legge di Mosè, ma è
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
52
Maurizio Allocca, v150123
stato lo stesso popolo d’Israele a rifiutarla, offrendo culti idolatrici opponendosi ai profeti e uccidendoli,
e non osservando quella stessa Legge.
•
La seconda e che non è vero che l’adorazione verso Dio citando la testimonianza del Vecchio
Testamento), è legata unicamente al Tempio di Gerusalemme, ma Dio stesso aveva dichiarato che nessun
luogo particolare poteva contenerlo
Il primo punto è contenuto all’interno del sommario di storia sacra cap. 7 v2-43) che inizia citando Abramo,
e la sua discendenza, Isacco, Giacobbe, poi i dodici patriarchi. Si dilunga su Giuseppe e la sua vicenda in Egitto,
da ampio spazio alla vicenda di Mosè. Al versetto 39 fino al 43 troviamo un primo affondo polemico di
Stefano: “Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero e si volsero in cuor loro verso l'Egitto…”
che introduce dopo aver preparato il terreno nei versetti che vanno dal 25-29. A Sottolineare appunto che
fin da subito i “nostri” padri furono ribelli a Mosè e Dio si ritrasse da loro e conclude con una citazione tratta
dal libro di Amos: 5,25-27, qui contestualizzata probabilmente in modo maggiormente negativo rispetto alle
intenzioni dell’autore a dimostrazione che tutto questo è avvenuto in armonia con la testimonianza dei
profeti stessi. Il secondo punto viene sviluppato nel contesto della storia d’Israele che avviene a partire dai
quarant’anni del deserto fino al tempo di Salomone, e dei luoghi di culto ad essi associati: la tenda della
testimonianza, o tabernacolo di Mosè, e il tempio di Salome. Non è semplice seguire l’argomentazione di
Stefano in questa seconda parte, che disquisisce sull’argomento con quella cavillosità tipica dei rabbini. Da
una prima lettura sembra voler mettere in contrapposizione la tenda di Mosè (v44) costruita secondo le
istruzioni ricevute da Dio, rispetto al tempio di Salomone costruito v 8 “da mano d’uomo”. Risulta però
come argomentazione poco convincente perché è impossibile che Stefano non sapesse che la costruzione
del Tempio (I Re 8), non avesse il favore di Dio. Possiamo però certamente, perché e il testo ce lo permette,
considerare nella sua argomentazione, un biasimo alla convinzione dei suoi oppositori che il Dio vivente e
trascendente vivesse effettivamente nei confini di un tempio, alla stregua di un qualsiasi idolo. Chiama di
fatti a testimone contro questa convinzione (v48), Isaia 66:1-2: «Così parla il SIGNORE: «Il cielo è il mio trono
e la terra è lo sgabello dei miei piedi; quale casa potreste costruirmi? Quale potrebbe essere il luogo del mio
riposo? Tutte queste cose le ha fatte la mia mano, e così sono tutte venute all'esistenza», dice il SIGNORE.
Gli studiosi si sono scervellati, data l’argomentazione, a capire perché non ha citato anche la seconda parte
del v2 «Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto e trema alla mia parola».
Doglio legge anche un'altra possibile argomentazione portata da Stefano nei riguardi dell’accusa che gli viene
rivolta: “Se il tabernacolo era portato di zona in zona e Dio si manifestava in base alla posizione della Tenda
e allo stesso modo il popolo lo celebrava di luogo in luogo, perché ora mi accusate di bestemmiare quand'io
affermo che Dio non è confinato in un luogo preciso, per cui lo si debba adorare solo lì? Andando oltre il
discorso, dobbiamo anche soffermarci e apprezzare la forza d’animo e la fede incrollabile che dimostra di
avere Stefano; Sa di rischiare la vita, sta parlando di fronte alle massime autorità di Gerusalemme riunite nel
sinedrio in un clima assolutamente ostile. Ma la sua franchezza non gli permette di fare sconti, Stefano (v51)
è durissimo. Possiamo anche percepire dal suo discorso che la comunità di Gerusalemme è entrata in una
fase differente. Nei discorsi di Pietro l’insistenza era sul suo ruolo di testimoni della risurrezione di Gesù,
Stefano invece spiega il senso della storia del popolo di Dio in modo compiuto, in un’ottica cristologica. Il suo
è un discorso che possiamo definire di maggiore respiro teologico, che ci permette di comprendere quanto
la prima chiesa ha iniziato a percepire di sé stessa, tramite la Scrittura. Il suo giudizio finale (51-53) rivolto
verso le autorità alla fine del suo discorso viene accolto come un affronto.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
53
Maurizio Allocca, v150123
ESECUZIONE DI STEFANO
Atti 7,54-60
54 Essi, udendo queste cose, fremevano di rabbia in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. 55 Ma
Stefano, pieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di
Dio, 56 e disse: «Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo in piedi alla destra di Dio». 57 Ma essi,
gettando grida altissime, si turarono gli orecchi e si avventarono tutti insieme sopra di lui; 58 e, cacciatolo
fuori dalla città, cominciarono a lapidarlo. I testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane,
chiamato Saulo. 59 E continuarono a lapidare Stefano mentre pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il
mio spirito». 60 Poi, messosi in ginocchio, gridò ad alta voce: «Signore, non imputare loro questo peccato».
E detto questo si addormentò.
La punizione è la più severa e in questo momento drammatico, v55 Luca scrive «Stefano, pieno di Spirito
Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra». Un ulteriore
collegamento con il processo di Gesù, è rappresentato dal riferimento alle sue parole davanti al Sinedrio,
riportate in Mc 14.62 quando Gesù disse: «Io sono; e vedrete il Figlio dell'uomo, seduto alla destra della
Potenza, venire sulle nuvole del cielo». A distanza di anni, Stefano ha proprio questa visione: Gesù seduto
alla destra della gloria di Dio, che cita v56 utilizzando un titolo messianico tratto dal Libro di Daniele (7.13):
«il iglio dell’uomo». Davanti a questa affermazione il sinedrio si scandalizza, le persone presenti si avventano
su di lui, e viene portato fuori dalla città per l’esecuzione. In questo contesto compare per la prima volta nel
Nuovo Testamento (v58) la figura di un uomo qui chiamato Saulo, che ne scriverà una grande parte. Luca
scrive che i testimoni in riferimento a coloro che avevano testimoniato contro Stefano, che secondo le
prescrizioni del Deuteronomio 17.7, dovevo essere i primi a dare seguito alla lapidazione, deposero i loro
mantelli ai suoi piedi, perché li costudisse. Il biblista Doglio aggiunge una nota a riguardo affermando che
questo lo designa come il delegato del sinedrio incaricato di verificare che l’esecuzione capitale sia eseguita
nel rispetto della prassi richiesta dalla Legge. Anche nei momenti finali della vita di Stefano richiamano quelli
di Gesù, nell’espressioni: v59 «Signore Gesù, accogli il mio spirito»; anche se la particolarità è l’invocazione
fatta proprio a Gesù e non al Padre e al v60, seguita dalla richiesta di perdono verso i suoi carnefici in
contrapposizione con i giudizi espressi durante il dibattimento.
Una particolarità, che non sarà sfuggita ad alcuni e che il Sinedrio ha potuto eseguire la condanna di Stefano
per questioni religiose, ed eseguire la sentenza, senza avere dovuto sottoporla prima alla giustizia romana,
al contrario per quanto avvenne per Gesù, rif. Gv. 18.31: «Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e
giudicatelo secondo la vostra legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte
nessuno». L’esercizio del diritto penale nelle terre occupate dai Romani era ad appannaggio dei loro Prefetti.
Non vi unanimità tra gli studiosi sulla legittimità della condanna di Stefano, da parte del Sinedrio, diversi
studiosi sono concordi a pensare sia stata una sorta di linciaggio. Il Marshall a riguardo apre ad entrambi le
ipotesi, ma di fatto una sentenza capitale per poter essere stata esercitata “legalmente” dal Sinedrio, sarebbe
potuto accadere solo dalla primavera all’autunno dell’anno 36 d.C. In quel periodo di fatti sappiamo che in
Giudea vi fu un vuoto di potere, in quanto l’allora prefetto romano Ponzio Pilato, entrato in carica nel 26,
proprio dieci anni dopo, fu richiamato a Roma a seguito di un processo in cui era imputato per falso in bilancio
in amministrazione fraudolenta. Non essendo ancora condannato risultata però ancora formalmente in
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
54
Maurizio Allocca, v150123
carica e durante la sua assenza, parte dei suoi incarichi, furono delegati al sinedrio, che ebbe quindi facoltà
di emettere la condanna a morte nei riguardi di Stefano. Ponzio Pilato sarà poi condannato e mandato in
esilio in Gallia, di lui la storia non ha lasciato altre testimonianze. Nell’autunno del 36 si insedia il nuovo
procuratore Marcello. In questi pochi mesi del 36 tra la primavera e l’autunno, il Sinedrio avrebbe potuto
avere le mani libere per poter esercitare una pressione molto più forte sulla comunità dei credenti in
Gerusalemme. Questa ipotesi però crea non pochi grattacapi nel merito della cronologia paolina, che a
questo punto la porrebbe in epoca molto più tarda rispetto a quanto convenzionalmente accettata. (vedere
appendice sulla cronologia Paolina)
LA PERSECUZIONE DEI CREDENTI
Atti 8,1-4
ino ad allora tra la comunità dei credenti e le autorità c’erano stati solo contrasti, ma non possiamo ancora
parlare di aperte persecuzioni, ma dopo l’uccisione di Stefano, le autorità organizzano una autentica e
sistematica persecuzione contro i credenti, che costringerà moltissimi di loro in Gerusalemme a fuggire nelle
regioni della Giudea e della Samaria e oltre. In particolare, le persecuzioni furono rivolte verso i cristiani
ellenici a cui Stefano apparteneva, risparmiando i cristiani giudei, tra cui gli apostoli.
1 E Saulo approvava la sua uccisione.
Vi fu in quel tempo una grande persecuzione contro la chiesa che era in Gerusalemme. Tutti furono
dispersi per le regioni della Giudea e della Samaria, salvo gli apostoli. 2 Uomini pii seppellirono Stefano e
fecero gran cordoglio per lui. 3 Saulo intanto devastava la chiesa, entrando di casa in casa; e, trascinando
via uomini e donne, li metteva in prigione. 4 Allora quelli che erano dispersi se ne andarono di luogo in
luogo, portando il lieto messaggio della Parola.
Con il capitolo 8, ufficialmente inizia la seconda parte degli Atti degli Apostoli. Gerusalemme non sarà più al
centro dell’azione narrativa descritta da Luca, anche se in qualche modo ne rimarrà il baricentro. Il campo di
azione della Parola di Dio, diventa ora la Giudea e in particolare la Samaria (i territori limitrofi a
Gerusalemme), che diventano protagoniste grazie all’opera missionaria di ilippo sempre del gruppo dei
sette . Inizia quindi a prendere forma il manifesto programmatico di Gesù, riportato in Atti 1,8 «…ma avrete
forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la
Samaria e fino agli estremi confini della terra». Nei capitoli dall’8 al 11, Luca appunto racconta, l’allargamento
della predicazione cristiana ai territori limitrofi di Gerusalemme (la Giudea e la Samaria), e getta le basi per il
terzo e ultimo progresso dell’Evangelo fino all’estremità della terra. Tre sono gli eventi che preparano il
terreno al proseguo dell’opera di Dio al di fuori del mondo ebraico: la conversione di Paolo; la discesa dello
Spirito Santo sui gentili a Cesarea; la notizia dell’arrivo dell’Evangelo ad Antiochia. Al versetto 4, Luca riposta
che la disgregazione dovuta alle persecuzioni, che ha coinvolto la parte ellenistica della comunità di
Gerusalemme, con la fuga di molti dei credenti, diviene a sua volta un’opportunità. La dispersione moltiplica
i nuclei cristiani, aumentando il raggio di azione della Parola di Dio. Quello che nelle intenzioni degli
oppositori, doveva essere un duro colpo conto i cristiani, nella speranza che smettessero di promuovere la
loro fede, inconsapevolmente diventa uno strumento di realizzazione del progetto di Dio. Ma ciò non toglie
che al presente è un momento tremendo e drammatico per i nostri fratelli di allora. Vivono ore di angoscia,
in un clima che oggi chiameremo di “caccia alle streghe”. Si viene qui meglio a delineare anche la parte che
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
55
Maurizio Allocca, v150123
ha Saulo (v3) in cui non risulta essere uno spettatore passivo degli eventi a cui partecipa, ma ne è invece, un
promotore attivo. Probabilmente si muove su specifico mandato da parte dell’autorità giudaica (il Sinedrio)
per poter agire con questa libertà. Molti credenti vengono messi in prigione, non sappiamo con quale
trattamento, molti invece per timore abbandonano Gerusalemme, probabilmente perdendo ogni cosa. Luca
accenna solo al problema, ci da solo alcune tracce ma non lo sviluppa.
FILIPPO PORTA IL VANGELO IN SAMARIA
Atti 8,5-40
Il resto del capitolo 8 è dedicato all’opera missionaria di ilippo, altro personaggio del gruppo dei sette, di
cui faceva parte Stefano e che incontreremo nuovamente anche al capitolo 21, con il titolo di
«evangelista», piccola curiosità è l’unico evangelista di cui conosciamo il nome in tutto il Nuovo
Testamento).
5 Filippo, disceso nella città di Samaria, vi predicò il Cristo. 6 E le folle unanimi prestavano attenzione alle
cose dette da Filippo, ascoltandolo e osservando i segni miracolosi che faceva. 7 Infatti gli spiriti immondi
uscivano da molti indemoniati, mandando alte grida; e molti paralitici e zoppi erano guariti. 8 E vi fu grande
gioia in quella città. 9 Ora vi era un tale, di nome Simone, che già da tempo esercitava nella città le arti
magiche e faceva stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un personaggio importante. 10 Tutti, dal
più piccolo al più grande, gli davano ascolto, dicendo: «Questi è "la potenza di Dio", quella che è chiamata
"la Grande"». 11 E gli davano ascolto, perché già da molto tempo li aveva incantati con le sue arti
magiche. 12 Ma quando ebbero creduto a Filippo, che portava loro il lieto messaggio del regno di Dio e il
nome di Gesù Cristo, furono battezzati, uomini e donne. 13 Simone credette anche lui; e, dopo essere stato
battezzato, stava sempre con Filippo; e restava meravigliato, vedendo i segni e le grandi opere potenti che
venivano fatte.
Filippo (v5) a seguito della persecuzione, lascia Gerusalemme e arriva in Samaria (le versioni si dividono: la
Nuova Riveduta parla della città di Samaria, la CEI, di una città della Samaria . All’interno di questo blocco
narrativo che arriva fino al versetto 25, troviamo dapprima la predicazione di ilippo, seguita dall’incontro
con uno strano personaggio di nome Simone, mago di professione e nella seconda parte l’arrivo di Pietro e
Giovanni come delegati dei dodici di Gerusalemme per verificare la novità che si è prodotta in Samaria.
Possiamo notare, leggendo il capitolo, come Luca enfatizzare la continuità tra la predicazione di Cristo e
quella compiuta poi dai suoi discepoli, tramite una continuità di segni e di eventi che si ripetono durante e
dopo la predicazione: liberazione dai demoni, guarigioni, conversioni. Tutte queste cose per Luca
rappresentano un tutt’uno con la manifestazione della vita di Cristo nell’esistenza degli uomini. Gesù è colui
che ci guarisce dalla nostra paralisi che ci rende incapaci di andare incontro a Dio, perché moralmente e
spiritualmente ciechi e quindi impossibilitati a redimerci dalla nostra condizione. La conclusione dell’opera
missionaria di Filippo è condensata nel versetto 8: «E vi fu grande gioia in quella città». La tematica della gioia
è qualcosa su cui vale la pena soffermarci, perché è particolarmente ricorrente in Luca e va di pari passo con
la predicazione di Cristo. L’arrivo di ilippo in Samaria porta una grande gioia. Non è semplicemente una
questione di conoscenze nuove, ma ha a che fare con un cambiamento qualitativo della vita di queste
persone che accolgono il messaggio di Cristo. Luca ci ricorda che accogliere Cristo nel nostro cuore produce
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
56
Maurizio Allocca, v150123
felicità. Le nostre comunità dovrebbero essere luoghi pieni di gioia, perché il luogo in cui Dio opera per
eccellenza. Arriviamo ora all’episodio di Simon Mago v9 , è un episodio curioso, non è chiaro che cosa
effettivamente facesse per stupire le persone ma Luca scrive che molti erano convinti che operasse tramite
la potenza di Dio (v10), questo almeno fino a quando non arriva Filippo, per cui dobbiamo intendere che si
accorgono che vi sia una differenza, anche se il testo non spiega in cosa consista. A seguito della predicazione
di Filippo Simon mago (v12) si converte e viene battezzato. Luca a questo punto sospende
momentaneamente il racconto di Simon mago per attirare l’attenzione sull’arrivo degli apostoli.
14 Allora gli apostoli, che erano a Gerusalemme, saputo che la Samaria aveva accolto la Parola di Dio,
mandarono da loro Pietro e Giovanni. 15 Essi andarono e pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito
Santo; 16 infatti non era ancora disceso su alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del
Signore Gesù. 17 Quindi imposero loro le mani ed essi ricevettero lo Spirito Santo. 18 Simone, vedendo che
per l'imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito, offrì loro del denaro, dicendo: 19 «Date
anche a me questo potere, affinché colui al quale imporrò le mani riceva lo Spirito Santo». 20 Ma Pietro gli
disse: «Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai creduto di poter acquistare con denaro il dono
di Dio. 21 Tu, in questo, non hai parte né sorte alcuna; perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. 22
Ravvediti dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se è possibile, ti perdoni il pensiero
del tuo cuore. 23 Vedo infatti che tu sei pieno d'amarezza e prigioniero d'iniquità». 24 Simone rispose:
«Pregate voi il Signore per me affinché nulla di ciò che avete detto mi accada». 25 Essi, dopo aver reso
testimonianza e aver annunciato la Parola del Signore, se ne ritornarono a Gerusalemme, evangelizzando
molti villaggi della Samaria.
Gerusalemme non è molto distante dalla Samaria parliamo di 50-60 km, e gli apostoli venuti a sapere di
questo “risveglio”, raggiungono la Samaria. Interessante è la sequenza degli eventi riportati, che ha creato
molti dibattiti tra gli studiosi, a seguito della sottolineatura di Luca che i Samaritani ricevettero lo Spirito
Santo solo a seguito dell’imposizione delle mani da parte di Pietro e Giovanni v17 . Sia il biblista Doglio,
cattolico, che Marshall, autore del commentario edito dai GBU, che credo fosse un metodistaliii , leggono tra
le righe di questo episodio, se pur con sfumature differenti, la volontà di Luca di enfatizzare la necessità che
per essere in piena comunione con Cristo, la chiesa debba essere in comunione con gli apostoli di
Gerusalemme, con la loro testimonianza, aggiungo io oggi confluita nel Canone della Scrittura. Una chiesa
può avere anche una ritualità formalmente corretta, come anche avviene in questo caso in cui le persone
erano state battezzate, ma il dono dello Spirito è un frutto della comunione apostolica. Il passo ovviamente
si presta a numerose riflessioni, che vanno sicuramente oltre alla sola accennata. Pietro e Giovanni tramite
l’imposizione delle mani, trasmettono la loro unzione su questi nuovi credenti, che ricevono lo Spirito Santo.
Questa nuova espressione carismatica, interessa particolarmente Simon Mago che offre dei soldi agli
apostoli, perché sia messo in grado anche lui di farlo. La reazione di Pietro è stizzita, (v20), tradotta
letteralmente, Pietro gli dice: “All’inferno tu e il tuo denaro” la prima parte sembra una frase detta
istintivamente, ma poi arriva alla radice della questione: «il tuo cuore (Simon Mago) non è retto davanti a
Dio». L’intenzione del tuo cuore non è conforme al sentimento di Gesù. Tu vorresti utilizzare questo dono,
per soddisfare le tue necessità, il tuo successo, per farne occasione di guadagnoliv. Il tuo credere in Gesù,
nasconde degli interessi che sono incompatibili con Cristo stesso. L’invito di Pietro a prendere seriamente la
questione perché le conseguenze potrebbero essere notevoli. I commentatori si dividono se a questo segua
un sincero pentimento di Simo Mago, perché la chiusa di Luca lascia il dubbio, in quanto non chiede
espressamente perdono, tanto è vero che alcune variati al testo riportano su alcuni manoscritti “che pianse
a dirotto”, probabilmente un’aggiunta di un copista per meglio specificare l’epilogo dell’episodio. Comunque,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
57
Maurizio Allocca, v150123
così come è stato il caso di Anania e Saffira, così il caso di Simon mago testimonia che nei primi anni la
comunità cristiana non è formata da tutti santi, le cose non sono perfette, i problemi ci sono stati fin dalle
origini. Dove la Parola viene accolta con il giusto atteggiamento, dice Luca, produce gioia, dove non viene
accolta con intenzione corretta produce amarezza.
Il secondo episodio in cui è protagonista Filippo riguarda un altro caso di evangelizzazione. Questa volta
Filippo battezza un etiope, quindi uno straniero, si potrebbe considerare anche i samaritani allo stesso
modo, in realtà prevaleva l’opinione da parte dei giudei che fossero in realtà degli eretici, degli scismaticilv
26 Un angelo del Signore parlò a Filippo così: «Àlzati e va' verso mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme
scende a Gaza. Essa è una strada deserta». 27 Egli si alzò e partì. Ed ecco un Etiope, eunuco e ministro di
Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, era venuto a Gerusalemme per
adorare, 28 e ora facendo ritorno, seduto sul suo carro, stava leggendo il profeta Isaia. 29 Lo Spirito disse
a Filippo: «Avvicìnati e raggiungi quel carro». 30 Filippo accorse, udì che quell'uomo leggeva il profeta Isaia
e gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?» 31 Quegli rispose: «E come potrei, se nessuno mi guida?» E
invitò Filippo a salire e a sedersi accanto a lui. 32 Or il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:
«Egli è stato condotto al macello come una pecora; e come un agnello che è muto davanti a colui che lo
tosa, così egli non ha aperto la bocca. 33 Nella sua umiliazione egli fu sottratto al giudizio. Chi potrà
descrivere la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra». 34 L'eunuco, rivolto a Filippo,
disse: «Di chi, ti prego, dice questo il profeta? Di se stesso, oppure di un altro?» 35 Allora Filippo prese a
parlare e, cominciando da questo passo della Scrittura, gli comunicò il lieto messaggio di Gesù.
36 Strada facendo giunsero a un luogo dove c'era dell'acqua. E l'eunuco disse: «Ecco dell'acqua; che cosa
mi impedisce di essere battezzato?» 37 [Filippo disse: «Se tu credi con tutto il cuore, è possibile». L'eunuco
rispose: «Io credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio».] 38 Fece fermare il carro, e discesero tutti e due
nell'acqua, Filippo e l'eunuco; e Filippo lo battezzò. 39 Quando uscirono dall'acqua, lo Spirito del Signore
rapì Filippo; l'eunuco non lo vide più e continuò il suo viaggio tutto allegro. 40 Poi Filippo si ritrovò in Azot;
e, proseguendo, evangelizzò tutte le città, finché giunse a Cesarea.
L’eunuco è un simpatizzante della religione ebraica, quelli comunemente chiamati proseliti. Un alto ministro
della regina Candace di Etiopia probabilmente di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme. Filippo
l’incontra che sta leggendo uno passo di un profeta di cui non capisce il senso. Questo episodio è posto subito
dopo l’evangelizzazione avvenuta in Samaria. L’episodio ha molte chiavi di lettura e si presta a possibili
interpretazioni di natura teologica. Dato il contesto dello studio si preferisce non allontanarsi dalle intenzioni
dell’autore. Luca vuole dimostrare che il Vangelo al contrario del patto con Legge, non vincola più Dio verso
i soli giudei, ma è ugualmente rivolto agli ellenisti, gli ebrei di lingua greca, come ai Samaritani, ma anche ai
proseliti, coloro che osservano le usanze ebraiche e scopriremo presto anche ai gentili, ai così detti pagani.
Luca ci racconta in modo molto suggestivo questo primo incontro tra il Vangelo è un proselito che non vive
secondo i costumi ebraici (v27). Questo già di per sé è un segno che il Regno di Dio è giunto nel cuore di
Filippo, perché mai un giudeo osservante, sarebbe andato in Samaria a predicare? Ancora meno si sarebbe
avvicinato e avrebbe conversato con uno straniero. Come era consuetudine per gli antichi la lettura avveniva
ad alta voce (v30) e quindi Filippo comprende che sta leggendo un passo del profeta Isaia che noi oggi
troviamo al capitolo 53, 7-8 delle nostre Bibbie: “il canto del servo sofferente”, ma non riesce a
comprenderlo. Anche in questo caso abbiamo un esempio di come la chiesa fin da subito ha attualizzato i
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
58
Maurizio Allocca, v150123
passi della Scrittura rileggendoli in chiave cristologica. ilippo partendo dalla lettura dell’Antico Testamento
gli annuncia il Vangelo. Abbiamo per chi ha familiarità con il testo una particolarità nel merito del v37, in cui
è riportata una della più antiche formule battesimali, che, come potete notare, è inserita tra due parentesi
quadre . Nella dispensa troverete una nota specifica e riguardolvi, anticipo solo che il versetto 37, appartiene
alla versione detta “occidentale”, del testo degli Atti, che comunemente non viene utilizzata come testo di
riferimento dei traduttori e alcune versioni come la CEI e la Riveduta l’omettono dalla numerazione dei
versetti, passano dal 36 al 38. Nella NR è stato invece inserito dai traduttori delimitato da una parentesi
quadra. L’episodio termina che una volta battezzato, ilippo viene sottratto alla vista dell’eunuco, rapito dallo
spirito di Dio, e troviamo ancora una nota tipicamente lucana, della gioia che pervade eunuco una volta
accolto Gesù nel cuore. Mentre Filippo, neanche lui sa come, si trova ad Azoto, oggi chiamata Ashdod una
città sulla costa mediterranea, dove continuerà la sua opera missionaria fino alla città di Cesarea, dove lo
ritroveremo al capitolo 21 quando Paolo sarà ospite a casa sua.
LA CONVERSIONE DI PAOLO
Atti 9,1-22
All’inizio del capitolo 9 Luca abilmente riprende il filo del discorso che aveva interrotto all’inizio del capitolo
8, e ritroviamo la figura di Saulo intenta a continuare la sua opera di persecuzione verso i cristiani.
1 Saulo, sempre spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2
e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via,
uomini e donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme. 3 E durante il viaggio, mentre si avvicinava a
Damasco, avvenne che, all'improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo 4 e, caduto in terra, udì una
voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» 5 Egli domandò: «Chi sei, Signore?» E il Signore:
«Io sono Gesù, che tu perseguiti. 6 Àlzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». 7 Gli uomini
che facevano il viaggio con lui rimasero fermi, senza parole, perché udivano la voce ma non vedevano
nessuno. 8 Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla; e quelli, conducendolo per mano,
lo portarono a Damasco, 9 dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.
Che cosa sappiamo di Sauloi? Sappiamo che si tratta di un giudeo appartenente al gruppo dei farisei,
originario di Tarso, capitale della Cilicia, città al sud dell’attuale Turchia. Venuto a Gerusalemme per studiare.
All’epoca dei fatti avrà circa 30 anni ed è nato fra il 5 e il 10, d.C. Ha studiato all’accademia di Gerusalemme,
ha avuto come maestro Gamaliele, lo stesso che abbiamo incontrato in At 5,34. Paolo è una persona molta
zelante, oggi diremmo un radicale, forse anche spinto da una voglia di arrivismo e ha volontà di scalare le
categorie sociali religiose del tempo. Paolo/Saulo è attaccato alle sue tradizioni religiose, è un integralista,
un intransigente e violento e come abbiamo anticipato molto probabilmente intravede anche un’opportunità
di carriera e si manifesta seriamente ostile verso i seguaci del nazareno (come venivano chiamati i cristiani).
Sfrutta al massimo questa situazione di potere che gli viene concessa e non pago di arrestare i credenti ellenici
in Gerusalemme, chiede di essere inviato dal Sinedrio alle comunità ebraiche della diaspora.
Damasco non è una metà casuale, è una città della Siria, a circa 240 km da Gerusalemme, e vi è una numerosa
comunità ebraica ad è governata ai tempi da Areta IV, Re dei Nabatei, una tribù araba che godette di una
certa indipendenza fino agli inizi del II secolo. Il sinedrio godeva di ottimi rapporti, in quanto condividevano
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
59
Maurizio Allocca, v150123
in comune con il loro re, un odio profondo con Erode Antipa, governatore della giudea e della Perea, (come
si dice il nemico del mio nemico e mio amico). Il Sinedrio odiava Erode perché non era un giudeo, e collabora
con i Romani (ma questo lo facevano anche loro) ma soprattutto perché non aveva rispetto per le loro
usanze. Areta IV, invece lo odiava, perché Erode aveva spostato sua figlia che aveva poi cacciato via per
prendersi in moglie la cognata. Saulo viene quindi mandato a Damasco contando sull’appoggio politico di
Areta IV, e di poter avere mano libera per agire verso gli ebrei “seguaci della via”, residenti nella città. Gli
vengono anche fornite delle lettere (v2) di presentazione da mostrare alle sinagoghe in Damasco, perché
aiutino Saulo denunciando chi del loro gruppo ha aderito a questa dottrina. Lungo la via succede però
qualcosa. Paolo è “vittima” di una potente manifestazione divina, che cambia il corso della sua vita. Lui che
perseguitava i seguaci della via, si ritrova “faccia a faccia” con la “figura celeste” di quel Cristo che lui negava
e contestava fosse risorto. Il verbo alzarsi anìstemi , che troviamo nell’episodio riferito a Paolo v6, 8 si può
tradurre anche «risorgi». Paolo al termine di questi tre giorni (v9) in cui rimase cieco, (un chiaro richiamo
all’esperienza della tomba vissuta da Gesù , vive l’esperienza spirituale della sua Pasqua passaggio , dalla
morte rinasce a nuova vita.
Troviamo anche in altri scritti del NT, accenni di questa esperienza/conversione raccontati in prima persona
direttamente da Paolo nelle sue lettere. Paradossalmente con molti meno dettagli rispetto al racconto di
Luca. In Galati 1,13-17, Paolo non accenna all’occasione del viaggio verso Damasco, ne descrive cosa avvenne
nei particolari. Scrive.: «Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo,
come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi superando nel giudaismo la maggior parte
dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei Padri. Ma quando colui che
mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare a me suo figlio,
perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, senza andare a
Gerusalemme, da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco». Paolo,
scrivendo molti anni dopo, riflettendo sulla sua esperienza afferma: «Dio da sempre mi aveva scelto, ma mi
ha chiamato in un momento preciso». Si è compiaciuto (ha trovato piacere) di rivelare a me suo figlio». Mi
ha svelato Il verbo dell’apocalisse , mi ha tolto il velo dai miei occhi e mi ha fatto capire chi fosse suo figlio.
Paolo attribuisce l’evento della via di Damasco all’intervento diretto di Dio Padre. Nella prima lettera ai
Corinzi al capitolo 15 dal v3: «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè
Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le
Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici». Quattro sono i verbi fondamentali: morì, fu sepolto, è
risuscitato, apparve. Su questo ultimo verbo Paolo si dilunga: apparve a Cefa, cioè Pietro e proseguendo… ai
dodici… «In seguito, apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora,
mentre alcuni sono morti. Inoltre, apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve
anche a me come a un aborto. Io, infatti, sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere
chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la
sua grazia in me non è stata vana»; (1Cor 15, 6-10). Paolo inserisce la propria esperienza personale nella serie
delle apparizioni di Gesù risorto; considera quindi, l’evento della via di Damasco una di queste. Come è
apparso ai dodici, a Pietro, a Giacomo, agli apostoli, e ad altri, Cristo è apparso anche Paolo. «Apparve anche
a me come ad un aborto». In greco l’apostolo adopera un termine «éktroma» che viene utilizzato per
riferirsi a casi di parti molto complicati, in cui si rende necessario intervenire in modo chirurgico non tanto
per salvare il nascituro ma la madre. Questa quarta immagine che Paolo adopera per descrivere la propria
vocazione è forse quella più affascinante. Parla della propria vicenda cristiana come di una nascita faticosa,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
60
Maurizio Allocca, v150123
è stato tirato per i capelli, ha rischiato di non nascere di morire, è stato l’evento del trauma, anche la cecità,
la notte per tre giorni, la perdita della conoscenza; è stato il trauma della nascita, ma è il momento in cui è
venuto alla luce, ha iniziato la vita, ha iniziato la nuova vita e questa nuova vita coincide con il battesimo, il
battesimo che gli è dato da un cristiano di Damasco. Ad accoglierlo nella nuova vita, o ad accompagnarlo
nella nuova vita Dio ha invia un uomo di nome Anania, che non accoglie la richiesta inizialmente con sollievo.
10 Or a Damasco c'era un discepolo di nome Anania; e il Signore gli disse in visione: «Anania!» Egli rispose:
«Eccomi, Signore». 11 E il Signore a lui: «Àlzati, va' nella strada chiamata "Diritta" e cerca in casa di Giuda
uno di Tarso chiamato Saulo; poiché ecco, egli è in preghiera 12 e ha visto in visione un uomo chiamato
Anania entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista». 13 Ma Anania rispose: «Signore, ho sentito dire
da molti, riguardo a quest'uomo, quanto male abbia fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. 14 E qui ha
ricevuto autorità dai capi dei sacerdoti per incatenare tutti coloro che invocano il tuo nome». 15 Ma il
Signore gli disse: «Va', perché egli è uno strumento che ho scelto per portare il mio nome davanti ai popoli,
ai re e ai figli d'Israele; 16 perché io gli mostrerò quanto debba soffrire per il mio nome». 17 Allora Anania
andò, entrò in quella casa, gli impose le mani e disse: «Fratello Saulo, il Signore, quel Gesù che ti è apparso
sulla strada per la quale venivi, mi ha mandato perché tu riacquisti la vista e sia riempito di Spirito
Santo». 18 In quell'istante gli caddero dagli occhi come delle squame, e ricuperò la vista; poi, alzatosi, fu
battezzato. 19 E, dopo aver preso cibo, gli ritornarono le forze. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli
che erano a Damasco 20 e si mise subito a predicare Gesù nelle sinagoghe, affermando che egli è il Figlio
di Dio. 21 Tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: «Ma costui non è quel tale che a
Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua con lo scopo di condurli
incatenati ai capi dei sacerdoti?» 22 Ma Saulo si fortificava sempre di più e confondeva i Giudei residenti
a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.
Anania ha paura di Saulo v13 e ha anche ragione di averla. Sa chi è, probabilmente l’ha saputo dai credenti
che scappati da Gerusalemme si sono rifugiati a Damasco. Il Signore si rivolge ad Anania, usando lo stesso
imperativo rivolto a Paolo: (v11) «Alzati», è un imperativo molto frequente negli Atti degli Apostoli, e deve
quindi essere caro a Luca. L’abbiamo incontrato nell’episodio di ilippo quado lo Spirito gli dice: «Alzati e va’»
verso quella strada deserta, a Paolo la voce dice: (v6) «Alzati ed entra nella città», così allo stesso modo il
Signore si rivolge ad Anania: «Alzati e va’ sulla strada». Non è solo un imperativo e anche un invito che Dio ci
rivolge; abbiamo anticipato che lo stesso verbo può anche essere tradotto come risorgi. Non è quindi un
semplice alzati, ma è una richiesta perentoria di una presa di posizione. Vivi nella tua esperienza quella
dinamica potente che il Risorto ha messo dentro di te, vivi la potenza della risurrezione. Possiamo tradurla
anche credi fermamente nella sua Parola. Dio scuote Anania con un invito implicito a superare la paura di
questo incontro con Paolo. Quella di Anania è una giustificata autodifesa di fronte ad una richiesta
inaspettata che lo invita ad andare a cercare colui dal quale sperava di non essere trovato. Il Signore invece
gli dice: supera questa paura, vagli incontro, ti sta aspettando, ha bisogno di te. Anania lo conosce come un
uomo tremendo, ma il Signore gli dice: vedrai che ti accoglie bene. Paolo è «uno strumento scelto», si
potrebbe tradurre anche come “eletto”. Dio ha scelto Paolo, la persona giusta al giusto momento; Adesso
c’è bisogno del dotto Paolo che entri nell’arena, nel campo di gioco. C’è bisogno di questa persona
competente nelle Scritture, capace di parlare, di insegnare, di formare, di evangelizzatore. Colui che è stato
scelto per essere uno strumento eletto e portare il nome di Dio dinanzi agli stranieri però prima ha bisogno
lui stesso di essere evangelizzato. Il grande teologo che insegnerà il vangelo al mondo adesso ha bisogno
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
61
Maurizio Allocca, v150123
dello sconosciuto Anania. Anania che ha fatto suo l’invito di Dio ha riconosciuto che l’esperienza di Paolo è
genuina e che porta la firma della mano di Dio, chiama ora quell’uomo tremendo e pericoloso v1 «fratello»
e ritroviamo nuovamente questo gesto molto frequente nel libro degli Atti, dell’imposizione delle mani.
Paolo il giudeo zelante mai avrebbe accettato che un seguace di Cristo potesse imporgli le mani. Perché
facendolo Paolo e come se stesse dicendo ad Anania: “riconosco che Dio è in te”, e che la benedizione che è
su di te la voglio anche io. Il battesimo (v18), nel simbolismo di Luca, coincide con il momento della luce. Il
momento in cui si nasce è il momento in cui si viene alla luce. Ma è anche il momento in cui si risorge dalla
morte, in cui si esce dalla tomba buia. Paolo ristabilitosi in forze rimane alcuni giorni insieme ai discepoli che
erano a Damasco. Subito inizia a testimoniare ai giudei di Gesù e Luca sottolinea la meraviglia di coloro che
lo ascoltavano. Lo stupore delle persone di fronte agli eventi, ai miracoli è un tema che si ripete in questo
scritto. Così i giudei a Damasco si stupiscono della testimonianza di Paolo: (v21) «Ma costui non è quel tale
che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome… e doveva venire qua appunto per
condurre in catene coloro che affermano che Gesù è il Cristo? Come mai adesso lo fa lui? Paolo come è stato
Stefano è una figura per gli oppositori molto ingombrante, eloquente nelle Scritture, abile esegeta, profondo
conoscitore della teologica ebraica, potente comunicatore ed è inevitabile che le attenzioni dei giudei vicini
al sinedrio venuti a conoscenza di questo inaspettato cambio di campo si rivolgano contro Paolo con l’intento
di ucciderlo.
PRIMA ATTIVITÀ MISSIONARIA DI PAOLO
Atti 9,23-31
A motivo di questo Paolo deve allontanarsi da Damasco con l’aiuto dei fratelli che gli procurano una via di
fuga (v25) e ritorna a Gerusalemme, dove dati i precedenti non trova molta accoglienza da parte dei
credenti a Gerusalemme.
23 Parecchi giorni dopo, i Giudei deliberarono di ucciderlo; 24 ma Saulo venne a conoscenza del loro
complotto. Essi facevano persino la guardia alle porte, giorno e notte, per ucciderlo; 25 ma i discepoli lo
presero di notte e lo calarono dalle mura dentro una cesta. 26 Quando fu giunto a Gerusalemme, tentava
di unirsi ai discepoli; ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. 27 Allora Barnaba
lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che
gli aveva parlato, e come a Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. 28 Da allora Saulo
andava e veniva con loro in Gerusalemme, e predicava con franchezza nel nome del Signore; 29 discorreva
pure e discuteva con gli Ellenisti; ma questi cercavano di ucciderlo. 30 I fratelli, saputolo, lo condussero a
Cesarea e di là lo mandarono a Tarso. 31 Così la chiesa, per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, aveva
pace ed era edificata; e, camminando nel timore del Signore e nella consolazione dello Spirito Santo,
cresceva costantemente di numero.
I suoi primi passi una volta divenuto cristiano sono difficili e dolorosi perché si trova isolato. Il gruppo cristiano
di Gerusalemme non si fida di lui (v26), mentre i giudei invece lo vorrebbero morto. Paolo trova soccorso
anche a Gerusalemme, come successo sulla via di Damasco, in un uomo che riesce a vincere la diffidenza e la
paura: Barnaba (v27). Non sappiamo come mai questo sia avvenuto cosa abbia spinto Barnaba, ma questo
incontro cambia la situazione, perché Barnaba è un fratello stimato e ha influenza sulle autorità della Chiesa
di Gerusalemme a cui presenta Paolo, garantendo per lui che si integra nella comunità e continua l’opera di
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
62
Maurizio Allocca, v150123
Stefano rivolgendo la sua testimonianza verso gli ebrei ellenisti. Ma i giudei mal avevano sopportato Stefano
ancora meno sopportano Paolo e ancora una volta in poco tempo Paolo (v29) rischia di essere ucciso. È la
seconda volta in poco tempo e non sarà l’ultima. Ancora una volta i fratelli intervengono per metterlo in
salvo. Possiamo aprire una parentesi e fare alcune ipotesi su cosa avviene a Paolo, perché qualcosa avviene,
Paolo ritorna a Tarso dove rimarrà per diversi anni fino a quando Barnaba non l’andrà nuovamente a ricercare
per portarlo con sé ad Antiochia. L’impressione leggendo quanto avviene che sia un ritorno anche mesto.
Luca tace completamente sulle motivazioni, anzi rimarca al v31, che ancora una volta nonostante la feroce
opposizione, la Chiesa cresce ed è benedetta. Usa la parola pace per esprimere lo stato d’animo interiore dei
discepoli. Sarebbe cattivo pensare che questa situazione sia anche un di cui dell’allontanamento di Paolo,
però certamente diversi tra i discepoli avranno tirato un sospiro di sollievo, perché Paolo era una persona
scomoda e ingombrante per due motivi. La prima riguarda la sua presenza indesiderata al Sinedrio, che
doveva portare numerose attenzioni ed attriti con le istituzioni ed i giudei più osservanti. La seconda interna
alla comunità dei credenti, Paolo aveva fatto del male a numerosi credenti e non tutti probabilmente
l’avevano perdonato e ancora meno avevano fiducia in lui. Più volte avrà modo di biasimarsi nei suoi scritti,
per la sua condotta passata, ma certamente non era insensibile al male che aveva fatto verso persone che ha
scoperto poi essere nel giusto e benedette da Dio. Un ulteriore aspetto riguarda lo stravolgimento di tutti
quelli che erano stati prima di allora i progetti futuri Paolo, le sue prospettive che ora divenuto cristiano
vengono meno, soprattutto la carriera religiosa, per cui aveva investito tempo e risorse e non solo sue,
probabilmente anche della sua famiglia. Più avanti dirà con serenità (Fil 3) che tutte queste cose alla fine le
ha considerate spazzatura, ma possiamo quanto meno presupporre che ha avuto necessità di un tempo
davanti a Dio. Come detto sono tutte ipotesi perché Luca tace sull’intera questione e non sappiamo nulla di
cose si dissero Paolo e gli apostoli congedandolo, sappiamo solo che torna a Tarso a mani vuote, ha 30-35
anni quindi nel pieno delle sue capacità fisiche e mentali, ma sparisce dalle scene. Sono anni di ritiro, di
silenzio, di meditazione.
PIETRO OPERA CON POTENZA
Atti 9,32-43
Dopo questa parentesi la narrazione di Luca torna a concentrarsi sulla figura di Pietro. La parte conclusiva del
capitolo 9 possiamo definirla una cornice preparatoria all’episodio che apre poi il capitolo 10 che è l’incontro
con il centurione Cornelio.
32 Avvenne che mentre Pietro andava a far visita a tutti, si recò anche dai santi residenti a Lidda. 33 Là
trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva paralitico in un letto. 34 Pietro gli disse: «Enea,
Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto». Egli subito si alzò. 35 E tutti gli abitanti di Lidda e di Saron lo
videro e si convertirono al Signore. 6 A Ioppe c'era una discepola, di nome Tabita, che tradotto vuol dire
«Gazzella»: ella faceva molte opere buone ed elemosine. 37 Proprio in quei giorni si ammalò e morì. E,
dopo averla lavata, la deposero in una stanza di sopra. 38 Poiché Lidda era vicina a Ioppe, i discepoli, udito
che Pietro era là, mandarono due uomini per pregarlo: «Non esitare a venire da noi». 39 Pietro allora si
alzò e partì con loro. Appena arrivato, lo condussero nella stanza di sopra; e tutte le vedove si presentarono
a lui piangendo, mostrandogli tutte le tuniche e i vestiti che Gazzella faceva mentre era con loro. 40 Ma
Pietro, fatti uscire tutti, si mise in ginocchio e pregò; e, voltatosi verso il corpo, disse: «Tabita, àlzati». Ella
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
63
Maurizio Allocca, v150123
aprì gli occhi; e, visto Pietro, si mise seduta. 41 Egli le diede la mano e la fece alzare; e, chiamati i santi e le
vedove, la presentò loro in vita. 42 Ciò fu risaputo in tutta Ioppe, e molti credettero nel Signore. 43 Pietro
rimase molti giorni a Ioppe, presso un certo Simone, conciatore di pelli.
Pietro è in visita pastorale in alcune città che si trovano nei dintorni di Gerusalemme. Questo particolare,
raccontato da Luca, ci permette di prendere atto che esistevano gruppi di cristiani anche fuori di
Gerusalemme. Vengono nominate due città, Lidda e Ioppe (oggi la moderna Giaffa).
Lidda è nell’entroterra andando verso la costa del mediterraneo, parliamo comunque di distanze nell’ordine
di 40 km da Gerusalemme, in questa città (v32) abbiamo la guarigione miracolosa di un paralitico, infermo
da 8 anni, di nome Enea. Nella narrazione troviamo diversi elementi che abbiamo già avuto modo di
commentare nella guarigione del paralitico di Gerusalemme al capitolo 3. Stessi elementi che ritroviamo
(v36-38) anche nel miracolo che segue a Ioppe, città a circa 20 km sulla costa mediterranea, in cui Pietro si
reca su invito di alcuni discepoli, che gli chiedono con urgenza di seguirli a motivo della morte di una discepola
di nome Tabita. Leggendo l’episodio abbiamo un primo particolare molto interessante, la morte di Tabita
avviene prima rispetto la decisione di andare a chiamare Pietro. Intenzionalmente non viene unta per la
sepoltura, ma lavata e portata in un luogo appartato della casa, in attesa dell’arrivo dell’apostolo, per cui
dobbiamo pensare che i fratelli e le sorelle di Tabita avessero fede per la sua resurrezione. Luca non riferisce
particolari nel merito, oltre a quelli che possiamo desumere dalla narrazione. Possibile che avessero ricevuto
una parola profetica a riguardo. Un particolare differente, inoltre, rispetto ad episodi precedenti, (v40) è il
tempo di preghiera iniziale di Pietro che probabilmente Luca utilizza a livello narrativo per sottolineare che
l’autore del miracolo è Gesù che opera tramite Pietro. In entrambi gli episodi, ancora una volta abbiamo l’uso
dell’imperativo/invito: v3 ; 0 “Alzati”. Un invito che Luca rivolge continuamente a tutti i suoi lettori: di
“Alzarci”, di “risorgere”, qualunque sia il nostro stato, psichico, fisico, qualunque sia la difficoltà, la vita di
risurrezione di Gesù in noi ci dona forza per vedere realizzata la sua Parola. L’avvenimento di questi miracoli,
(v35;42), porta dei risvegli in entrambi le due cittadine e molte persone credettero nel Signore.
LA CONVERSIONE DI CORNELIO
Atti 10,1-48
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
64
Maurizio Allocca, v150123
L’episodio che segue al capitolo 10 vede protagonista un centurione romano ed è un episodio che segna in
modo indelebile l’esperienza della prima chiesa.
1 Vi era in Cesarea un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte detta «Italica». 2 Quest'uomo era
pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia, faceva molte elemosine al popolo e pregava Dio
assiduamente. 3 Egli vide chiaramente in visione, verso l'ora nona del giorno, un angelo di Dio che entrò
da lui e gli disse: «Cornelio!» 4 Egli, guardandolo fisso e preso da spavento, rispose: «Che c'è, Signore?» E
l'angelo gli disse: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, come una ricordanza, davanti a Dio. 5 E
ora manda degli uomini a Ioppe e fa' venire un certo Simone, detto anche Pietro. 6 Egli è ospite di un tal
Simone, conciatore di pelli, la cui casa è vicino al mare». 7 Appena l'angelo che gli parlava se ne fu andato,
Cornelio chiamò due dei suoi domestici e un pio soldato fra i suoi attendenti 8 e, dopo aver raccontato loro
ogni cosa, li mandò a Ioppe. 9 Il giorno seguente, mentre quelli erano in viaggio e si avvicinavano alla città,
Pietro salì sulla terrazza, verso l'ora sesta, per pregare. 10 Ebbe però fame e desiderava prendere cibo. Ma,
mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi. 11 Vide il cielo aperto, e un oggetto che scendeva simile a
una grande tovaglia calata a terra per i quattro angoli. 12 In essa c'era ogni sorta di quadrupedi, rettili della
terra e uccelli del cielo. 13 E una voce gli disse: «Àlzati, Pietro; ammazza e mangia». 14 Ma Pietro rispose:
«Assolutamente no, Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di impuro e di contaminato». 15 E la
voce parlò una seconda volta: «Le cose che Dio ha purificate, non farle tu impure». 16 Questo avvenne per
tre volte; poi d'un tratto quell'oggetto fu ritirato in cielo. 17 Mentre Pietro, dentro di sé, si domandava che
cosa significasse la visione che aveva avuto, ecco gli uomini mandati da Cornelio, i quali, avendo
domandato della casa di Simone, si fermarono alla porta. 18 Avendo chiamato, chiesero se Simone, detto
anche Pietro, alloggiasse lì. 19 Mentre Pietro stava ripensando alla visione, lo Spirito gli disse: «Ecco tre
uomini che ti cercano. 20 Àlzati dunque, scendi e va' con loro, senza fartene scrupolo, perché li ho mandati
io». 21 Pietro, sceso verso quegli uomini, disse loro: «Eccomi, sono io quello che cercate; qual è il motivo
per cui siete qui?» 22 Essi risposero: «Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, del quale rende
buona testimonianza tutto il popolo dei Giudei, è stato divinamente avvertito da un santo angelo di farti
chiamare in casa sua, e di ascoltare quello che avrai da dirgli». 23 Egli allora li fece entrare e li ospitò. Il
giorno seguente si alzò e andò con loro, e alcuni fratelli di Ioppe l'accompagnarono. 24 L'indomani
arrivarono a Cesarea. Cornelio li stava aspettando e aveva chiamato i suoi parenti e i suoi amici intimi. 25
Mentre Pietro entrava, Cornelio, andandogli incontro, si gettò ai suoi piedi per adorarlo. 26 Ma Pietro lo
rialzò, dicendo: «Àlzati, anch'io sono uomo!» 27 Conversando con lui, entrò e, trovate molte persone lì
riunite, 28 disse loro: «Voi sapete come non sia lecito a un Giudeo aver relazioni con uno straniero o entrare
in casa sua; ma Dio mi ha mostrato che nessun uomo deve essere ritenuto impuro o contaminato. 29
Perciò, essendo stato chiamato, sono venuto senza fare obiezioni. Ora vi chiedo: qual è il motivo per cui
mi avete mandato a chiamare?» 30 Cornelio disse: «Quattro giorni or sono stavo pregando, all'ora nona,
in casa mia, quand'ecco un uomo mi si presentò davanti, in veste risplendente, 31 e disse: "Cornelio, la tua
preghiera è stata esaudita e le tue elemosine sono state ricordate davanti a Dio. 32 Manda dunque
qualcuno a Ioppe e fa' venire Simone, detto anche Pietro; egli è ospite in casa di Simone, conciatore di pelli,
in riva al mare". 33 Perciò subito mandai a chiamarti, e tu hai fatto bene a venire; ora dunque siamo tutti
qui presenti davanti a Dio per ascoltare tutto ciò che ti è stato comandato dal Signore».
Pietro stesso avrà la necessità di cambiare mentalità per riuscire ad abbracciare il progetto di cui Gesù lo
rende partecipe e che allo stato attuale, lui ancora non vede, o lo scorge solo in modo limitato a motivo della
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
65
Maurizio Allocca, v150123
sua dottrina, della sua tradizione. Come avvenuto nel suo soggiorno a Lidda, degli uomini, questa volta,
inviati da un centurione di nome Cornelio vanno da lui, chiedendogli di seguirlo a Cesarealvii. In questa città,
vi era la sede del procuratore della Giudea, che formalmente è il rappresentante ufficiale di Roma. Vi era
quindi una fortezza romana, in cui alloggiavano gli ufficiali e una coorte di soldatilviii, che Luca ci specifica
essere l’italica. Al comando vi era un centurione di nome Cornelio, un tipico nome gentilizio di Roma,
probabilmente doveva essere nato in Italia, a tutti gli effetti per un ebreo uno straniero, una persona
considerata impura. In più è un comandante militare di una forza di occupazione, quindi un oppressore.
Possiamo immaginare che Cornelio incarna tutte le caratteristiche di una persona odiosa per un ebreo.
L’opinione di Luca è invece differente, perché lo descrive come una persona buona, giusta, generosa anche
animata da una certa religiosità naturale. Non è ben chiaro se sia un simpatizzante ebraico, certo non è un
cristiano. Cornelio verso le tre del pomeriggio, mentre prega, ha una visione in cui un angelo gli riferisce che
le sue preghiere, e non solo quelle, non sono passate inosservate, sono state ascoltate, e di inviare qualcuno
a cercare un certo Simone detto Pietro che si trova a Giaffa (Ioppe) in una casa sulla riva del mare da un certo
Simone un conciatore di pellilix. Il giorno seguente, a questo episodio, Pietro a Ioppe, appartatosi verso
mezzogiorno sulla terrazza a pregare, vive un’esperienza spirituale difficile da descrivere. Viene rapito in
“estasi”, ed ha una visione di una tovaglia che scende dal cielo, con sopra ogni tipo di animale e di rettile, ed
una voce che lo invita a uccidere e a mangiare. Pietro si ribella a questa richiesta, (v14): “Assolutamente no,
Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di impuro e di contaminato”. (sappiamo che nel VT, vi erano
precise prescrizioni nel merito degli alimenti da mangiare). Ma la voce una seconda volta lo invita a mangiare
esortandolo: “Le cose che Dio ha purificate, non farle tu impure”. Tutto questo afferma Luca nel suo
racconto, si ripete tre volte. Dopo di che la tovaglia viene ritirata in cielo e Pietro ritorna in sé, molto
perplesso, perché non ha compreso il senso della visione. Nello stesso momento, gli emissari di Cornelio,
l’hanno rintracciato e bussano alla porta di Simone chiedendo di lui. Lo Spirito Santo, prevenendo il timore
di Pietro e delle persone che lo ospitavano, gli rivela che sono state mandate da lui e di seguirle senza
preoccupazione. L’arrivo anche solo di un soldato romano che viene a cercarti per un giudeo era certamente
un fatto di forte preoccupazione, se non di spavento vero e proprio. Possiamo vedere in questa situazione,
ancora una volta di più, la fiducia cieca che Pietro ripone nel Signore perché si fa forza e va incontro a questa
inaspettata delegazione. Preoccupazione che diviene sorpresa, quando ascolta della visione avuta da
Cornelio, da uno straniero, addirittura da un angelo, che gli ha chiesto di andarlo a cercare perché ascolti ciò
che lui ha da dire. Probabilmente Pietro, preso in contropiede, avrà pensato dentro di sé: “Cosa ho da dirgli?”
Si comporta come molti in queste occasioni: guadagna tempo: ”Ora è tardi restate qui partiamo domani…”.
L’indomani si mettono in viaggio e dopo una giornata di cammino arrivano a Cesarea. Pietro compie già un
passo importante anche solo nell’entrare nella casa di uno straniero. Un giudeo osservante non può, non
deve farlo, si contamina, nella casa di un soldato italico, di un nemico, di un oppressore. Pietro era
certamente turbato da questo pensiero, lo dice anche al v28. Durante il tragitto Pietro probabilmente, deve
aver ripensato a lungo sia alla visione della tovaglia e dei vari animali, e a questo insolito invito che ha
ricevuto, e ha iniziato a intuirne il senso. “Nessun uomo è escluso dalla grazia di Dio”. A questo punto Pietro
chiede di conoscere il motivo per cui l’hanno cercato e Cornelio gli racconta la sua visione e aggiunge: “Ho
mandato delle persone a cercarti, perché il Signore me l’ha chiesto; ma non so per quale motivo, so solo che
sono pronto ad ascoltare ciò che il Signore ti ha ordinato v33 (ti ha comandato) di dirmi”. Interessante questo
passaggio perché è paradossale, a Pietro è stato ordinato da parte del Signore di comunicare qualcosa a
Cornelio, ma se Cornelio non l’avesse mandato a chiamare non l’avrebbe mai saputo. Pietro sembra prendere
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
66
Maurizio Allocca, v150123
coscienza della cosa, e al v34, sembra quasi esprimere un pensiero ad alta voce: «In verità comprendo che
Dio non ha riguardi personali; 35 ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è
gradito.” Acquisisce quindi improvvisamente una consapevolezza su un qualcosa che prima non solo non lo
riteneva possibile, anzi era convinto del contrario; che solo il popolo di Israele appartenesse a Dio e fosse
accetto a Dio. Fino ad ora Pietro ha sempre parlato a dei giudei, adesso si rivolge ad uno straniero, a un non
ebreo.
La prima evidenza analizzando il discorso che segue e che non troviamo citazioni del Vecchio Testamento.
Cornelio e la sua gente non le conoscono, non avrebbero per loro alcun significato.
34 Allora Pietro, cominciando a parlare, disse: «In verità comprendo che Dio non ha riguardi personali; 35
ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è gradito. 36 Questa è la parola che egli
ha diretta ai figli d'Israele, portando il lieto messaggio di pace per mezzo di Gesù Cristo. Egli è il Signore di
tutti. 37 Voi sapete quello che è avvenuto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo
predicato da Giovanni, 38 vale a dire, la storia di Gesù di Nazaret: come Dio lo ha unto di Spirito Santo e di
potenza; e com'egli è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti quelli che erano sotto il potere
del diavolo, perché Dio era con lui. 39 E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nel paese dei
Giudei e in Gerusalemme; essi lo uccisero, appendendolo a un legno. 40 Ma Dio lo ha risuscitato il terzo
giorno e volle che egli si manifestasse 41 non a tutto il popolo, ma ai testimoni prescelti da Dio; cioè a noi,
che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. 42 E ci ha comandato di
annunciare al popolo e di testimoniare che egli è colui che è stato da Dio costituito giudice dei vivi e dei
morti. 43 Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il
suo nome». 44 Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo scese su tutti quelli che ascoltavano la Parola.
45 E tutti i credenti circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliarono che il dono dello Spirito Santo
fosse dato anche agli stranieri, 46 perché li udivano parlare in altre lingue e glorificare Dio. 47 Allora Pietro
disse: «C'è forse qualcuno che possa negare l'acqua e impedire che siano battezzati questi che hanno
ricevuto lo Spirito Santo come noi?» 48 E comandò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Allora
essi lo pregarono di rimanere alcuni giorni con loro.
Ma sono a conoscenza degli avvenimenti riguardanti Gesù ed è anche interessante il richiamo (v36) al
“Vangelo della pace”. Perché ha un parallelo con la terminologia usata nel linguaggio imperiale, perché Roma
porta la pace, la famosa “Pax Romana”, inaugurata da Augustolx. L’impero è un argine contro i barbari, il caos,
la fine della civiltà. Pietro usa questo riferimento che dei romani possono capire in modo molto lampante,
affermando che Dio ha portato la buona notizia della pace per mezzo di Gesù Cristo che è il Signore di tutti e
se è di tutti, lo è anche di Cornelio e della sua famiglia e della coorte italica. V37, “Sapete tutti quello che è
accaduto”. L’annuncio del Vangelo è fondato su un fatto oggettivo. “Io vi parlo di qualcosa che è accaduto,
che è successo, che è documentabile. Non è una idea, ma un fatto; non è una teoria, ma un evento storico”:
“vale a dire, la storia di Gesù di Nazaret…”. La sintesi del discorso e che vi è salvezza per chiunque creda nel
nome di Gesù! Mentre Pietro sta ancora parlando, succede qualcosa di imprevisto, di nuovo, inimmaginabile
per lo stesso Pietro: avviene una nuova Pentecoste. Lo Spirito Santo scende e battezza le persone radunate
a casa di Cornelio. Degli stranieri, incirconcisi ricevono lo Spirito Santo. Dall’ascolto delle parole dell’apostolo,
improvvisamente vi è esplosione di gioia, e tutti passano a glorificare Dio, a parlare in lingue. Di fronte a
questo evento, Pietro è perplesso, ancora una volta parla, pensando ad alta voce, quasi a mettere insieme i
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
67
Maurizio Allocca, v150123
suoi pensieri: “C'è forse qualcuno che possa negare l'acqua e impedire che siano battezzati questi che
hanno ricevuto lo Spirito Santo come noi?”.
Pietro si trova a riconosce che Dio ha scavato a fondo nel suo cuore e per farlo ha dovuto probabilmente
forzargli la mano, perché lui di sua spontanea volontà, non sarebbe mai andato a Cesarea e mai sarebbe
entrato in una casa di un romano. Dio l’ha messo in una situazione per cui gli è stato impossibile tirarsi
indietro dal non riconoscere l’opera che voleva compiere nella vita di coloro che lui considerava degli impuri,
persone lontane dalla grazia di Dio. Pietro di fronte a tutte queste evidenze non può che abbracciare la
direzione che Dio gli ha indicato.
RITORNO DI PIETRO A GERUSALEMME
Atti 11,1-18
1 Gli apostoli e i fratelli che si trovavano nella Giudea vennero a sapere che anche gli stranieri avevano
ricevuto la Parola di Dio. 2 E quando Pietro salì a Gerusalemme, i credenti circoncisi lo contestavano, 3
dicendo: «Tu sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato con loro!» 4 Allora Pietro raccontò
loro le cose per ordine fin dal principio, dicendo: 5 «Io ero nella città di Ioppe in preghiera e, rapito in estasi,
ebbi una visione: un oggetto che scendeva, simile a una grande tovaglia, calata dal cielo per i quattro
angoli, e giunse fino a me; 6 io, fissandolo con attenzione, lo esaminai e vidi quadrupedi della terra, fiere,
rettili e uccelli del cielo. 7 Udii anche una voce che mi diceva: "Pietro, àlzati, ammazza e mangia". 8 Ma io
dissi: "Assolutamente no, Signore; perché nulla di impuro o contaminato è mai entrato in mia bocca". 9
Ma la voce ribatté per la seconda volta dal cielo: "Le cose che Dio ha purificate, non farle tu impure". 10 E
ciò accadde per tre volte, poi ogni cosa fu di nuovo ritirata in cielo. 11 In quell'istante tre uomini, mandatimi
da Cesarea, si presentarono alla casa dove eravamo. 12 Lo Spirito mi disse di andare con loro, senza
farmene scrupolo. Anche questi sei fratelli vennero con me, ed entrammo in casa di quell'uomo. 13 Egli ci
raccontò come aveva visto l'angelo presentarsi in casa sua e dirgli: "Manda qualcuno a Ioppe e fa' venire
Simone, detto anche Pietro. 14 Egli ti parlerà di cose per le quali sarai salvato tu e tutta la tua famiglia". 15
Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo scese su di loro, esattamente come su di noi al
principio. 16 Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: "Giovanni ha battezzato con acqua,
ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo". 17 Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato
anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?» 18 Allora,
udite queste cose, si calmarono e glorificarono Dio, dicendo: «Dio dunque ha concesso il ravvedimento
anche agli stranieri affinché abbiano la vita».
Di ritorno a Gerusalemme, Pietro riceve una grande lavata di capo e viene duramente confrontato, precisa
Luca dai “credenti circoncisi”. Il riferimento non è molto chiaro, alcuni studiosi ritengono che si riferisca ad
una fazione, altri un modo per indicare coloro che di nascita erano giudeilxi. Ci sono pro e contro in entrambi
le ipotesi: v3 “Tu sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato con loro!” Notiamo il punto
esclamativo alla fine della frase; Non è una domanda è un’affermazione. Come a dire: “Pietro, ma Siamo
impazziti?” E Pietro è costretto a giustificarsi e inizia quindi a spiegare come la cosa sia avvenuta… “Fratelli
miei, vi garantisco che non era mia intenzione. Fosse stato per me, ma avrei preso l’iniziativa di entrare in
quella casa, tantomeno di annunciare il Vangelo, o di battezzarli; ma sono stato costretto da Dio.” Dopo la
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
68
Maurizio Allocca, v150123
chiusa di Pietro, al v18, Luca riporta che: 18 Allora, udite queste cose, si calmarono e glorificarono Dio,
dicendo: «Dio, dunque, ha concesso il ravvedimento anche agli stranieri affinché abbiano la vita». Ciò
significa, se Luca lo scrive, che prima non erano per niente calmi, erano agitati, forse anche arrabbiati. Ma
Pietro con la sua testimonianza apre uno spiraglio nei cuori dei suoi fratelli, che iniziano a prendere coscienza
che questa è davvero un’opera che viene da Dio, e iniziano quindi a glorificarlo meravigliati, sorpresi che Dio
abbia concesso anche ai pagani di convertirsi. Questo ci permette di riflettere che se anche Gesù lo aveva
detto, annunciato, gli apostoli hanno avuto necessità di un tempo per poter arrivare a cambiare quella che
per loro era una verità teologica molto radicata. Dio ha dovuto lavorare e quando sono giunti al giusto grado
di maturità, li ha messi di fronte ad un fatto compiuto e incontrovertibile di cui la chiesa ha dovuto prendere
coscienza. Tutto questo è un insegnamento che non riguarda solo la Chiesa degli Atti, ma è una dinamica
inerente al cammino della Chiesa di tutti i tempi, che matura, cresce e cambia anche nel merito di verità
radicate nella propria tradizione di fronte alla rivelazione di Dio. Al versetto 18 termina questo lungo racconto
di Cornelio, che racconta di come il Vangelo sia arrivato ai pagani, partendo dagli ebrei ellenisti in
Gerusalemme, ai proseliti, ai samaritani, fino all’eunuco straniero, poi ai pagani di Cesarea, fino all’episodio
che ora segue e che racconta la nascita della comunità di Antiochia, che segna un ulteriore svolta con il
Vangelo che supera non solo le barriere legate all’etnia, ma anche quelle geografiche, radicandosi al di fuori
dei confini della Giudea.
LA CHIESA DI ANTIOCHIA
Atti, 11,19-30
19 Quelli che erano stati dispersi per la persecuzione avvenuta a causa di Stefano, andarono sino in Fenicia,
a Cipro e ad Antiochia, annunciando la Parola solo ai Giudei, e a nessun altro. 20 Ma alcuni di loro, che
erano Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia, si misero a parlare anche ai Greci, portando il lieto messaggio
del Signore Gesù. 21 La mano del Signore era con loro; e grande fu il numero di coloro che credettero e si
convertirono al Signore. 22 La notizia giunse alle orecchie della chiesa che era in Gerusalemme, la quale
mandò Barnaba fino ad Antiochia. 23 Quando egli giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò e li esortò tutti
ad attenersi al Signore con cuore risoluto, 24 perché egli era un uomo buono, pieno di Spirito Santo e di
fede. E una folla molto numerosa fu aggiunta al Signore. 25 Poi Barnaba partì verso Tarso, a cercare Saulo;
e, dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia. 26 Essi parteciparono per un anno intero alle riunioni
della chiesa e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono
chiamati cristiani. 27 In quei giorni, alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiochia. 28 E uno di loro,
di nome Agabo, alzatosi, predisse mediante lo Spirito che ci sarebbe stata una grande carestia su tutta la
terra; la si ebbe infatti durante l'impero di Claudio. 29 I discepoli decisero allora di inviare una sovvenzione,
ciascuno secondo le proprie possibilità, ai fratelli che abitavano in Giudea. 30 E così fecero, inviandola agli
anziani, per mezzo di Barnaba e di Saulo.
Dal versetto 19, in sintesi Luca riporta, che alcuni dei fratelli che erano stati dispersi dopo la persecuzione
scoppiata al tempo di Stefano, a differenza di altri, con la benedizione di Dio, annunciarono Gesù ai greci
nella città di Antiochia che lo accolsero. L’episodio di Cornelio non è stato quindi nell’economia di Dio del
tempo, un «unicum», un evento eccezionale. Ad Antiochia, Luca documenta, per la prima volta nella storia,
la nascita di una comunità di etnia greca, di persone non di stirpe ebraica. Quando gli apostoli vengono a
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
69
Maurizio Allocca, v150123
sapere di questa realtà, decido di inviare Barnaba (At4,36), che una volta arrivato ad Antiochia, riconobbe
che tutto questo era un’opera della grazia di Dio. Da Antiochia, si reca a Tarso, e dopo aver trovato Paolo, lo
prende con sé e ritornarono insieme ad Antiochia, dove si unirono al cammino di questa comunità, per circa
un anno, per poi scendere insieme a Gerusalemme per portare un aiuto economico a seguito di una carestia
predetta da un profeta. La storia di Paolo e Barnaba s’interrompe alla fine del capitolo 11, e lascia il posto a
un nuovo blocco narrativo.
NUOVE PERSECUZIONI
Atti 12,1-25
Gli avvenimenti riportati non sono datati. Vengono introdotti da una formula, che potremmo definire molto
evanescente: “in quel tempo” e che Luca utilizza ogniqualvolta non ha elementi precisi. Siamo però aiutati
dal riferimento che troviamo nel merito di Erode, che ci permette di datare con maggiore precisione l’epoca
dei fatti. Non si tratta più di Erode Antipa, che abbiamo incontrato in precedenza, morto nel 39 d.C., ma di
Agrippa I, suo nipote, che nel frattempo gli è successo, in qualità di Re della Giudealxii, facendolo prima
deporre dai romani, e poi facendolo assassinare. Il suo regno va dal 40 al 44 d.C., e questo ci permette di
datare i fatti riportati da Luca. Al contrario del suo predecessore. (Capitolo 12)
1 In quel periodo il re Erode cominciò a maltrattare alcuni della chiesa; 2 e fece uccidere di spada Giacomo,
fratello di Giovanni. 3 Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, continuò e fece arrestare anche Pietro. Erano
i giorni degli Azzimi. 4 Dopo averlo fatto arrestare, lo mise in prigione, affidandolo alla custodia di quattro
picchetti di quattro soldati ciascuno; perché voleva farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. 5
Pietro dunque era custodito nella prigione; ma fervide preghiere a Dio erano fatte per lui dalla chiesa. 6
Nella notte che precedeva il giorno in cui Erode voleva farlo comparire, Pietro stava dormendo in mezzo a
due soldati, legato con due catene; e le sentinelle davanti alla porta custodivano il carcere. 7 Ed ecco, un
angelo del Signore sopraggiunse e una luce risplendette nella cella. L'angelo, battendo il fianco a Pietro, lo
svegliò, dicendo: «Àlzati, presto!» E le catene gli caddero dalle mani. 8 L'angelo disse: «Vèstiti e mettiti i
sandali». E Pietro fece così. Poi gli disse ancora: «Mettiti il mantello e seguimi». 9 Ed egli, uscito, lo seguiva,
non sapendo che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una
visione. 10 Come ebbero oltrepassata la prima e la seconda guardia, giunsero alla porta di ferro che
immette in città, la quale si aprì da sé davanti a loro; uscirono e s'inoltrarono per una strada; e,
all'improvviso, l'angelo si allontanò da lui. 11 Pietro, rientrato in sé, disse: «Ora so di sicuro che il Signore
ha mandato il suo angelo e mi ha liberato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei
Giudei». 12 Egli dunque, consapevole della situazione, andò a casa di Maria, madre di Giovanni detto anche
Marco, dove molti fratelli erano riuniti in preghiera. 13 Quando ebbe bussato alla porta d'ingresso, una
serva di nome Rode si avvicinò per sentire chi era 14 e, riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì
la porta, ma corse dentro ad annunciare che Pietro stava davanti alla porta. 15 Quelli le dissero: «Tu sei
pazza!» Ma ella insisteva che la cosa stava così. Ed essi dicevano: «È il suo angelo». 16 Pietro intanto
continuava a bussare e, quando ebbero aperto, lo videro e rimasero stupiti. 17 Ma egli, con la mano, fece
loro cenno di tacere e raccontò in che modo il Signore lo aveva fatto uscire dal carcere. Poi disse: «Fate
sapere queste cose a Giacomo e ai fratelli». Quindi uscì e se ne andò in un altro luogo. 18 Fattosi giorno, i
soldati furono molto agitati, perché non sapevano che cosa fosse avvenuto di Pietro. 19 Erode lo fece
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
70
Maurizio Allocca, v150123
cercare e, non avendolo trovato, processò le guardie e comandò che fossero condotte al supplizio. Poi
scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarea.
Erode Agrippa si dimostra attento agli usi e costumi religiosi giudaici e durante la sua reggenza fa uccidere
Giacomo, fratello di Giovanni, il primo degli apostoli a morire, a distanza di circa 10 anni dalla morte di Gesù;
costatando che questa azione incontra il favore dei giudei, durante la Pasqua mette in prigione anche Pietro,
con l’intento di processarlo subito dopo la celebrazione della festività. Dal v6, abbiamo il racconto della
liberazione miracolosa di Pietro dalla prigione, in cui troviamo diversi elementi, che Luca inserisce a livello
narrativo, che ricalcano l’esperienza della morte e della resurrezione di Gesù. Il primo elemento che li
accomuna è che entrambi gli episodi si collocano durante la Pasqua, per eccellenza è la Festa della
Liberazione. Il secondo elemento è l’intervento soprannaturale da parte di Dio, che rende possibile una
liberazione impossibile. Pietro è in prigione, probabilmente è certa la sua condanna a morte, ma nella notte
di Pasqua, viene miracolosamente liberato da una figura angelica. Questo intervento soprannaturale di Dio,
si configura essere per Pietro un passaggio dalla morte, alla vita, dalla schiavitù alla libertà, ma anche una
beffa, uno sfottò (se la situazione non fosse comunque drammatica) che la potenza di Dio si fa nei riguardi di
quanto Luca con insistenza scrive, nel merito di questo grande quantitativo di catene, di sentinelle, di sbarre,
messe li proprio per impedire ciò avviene comunque. Improvvisamente appare un angelo, che sveglia Pietro,
che in quel momento dorme e l’invita, utilizzando questo oramai consueto imperativo, carissimo a Luca:
“Alzati, presto!”. Nel mentre, che Pietro si alza, le catene gli cadano dalle mani, lo invita a vestirsi e lo guida
fuori dalla prigione, passando in mezzo alle guardie, con le porte che si aprano al loro passaggio, senza che
nessuno si accorga di nulla. Una volta usciti s’incamminano lungo una strada, fino a che l’angelo si allontana
e Pietro, risvegliatosi si rende conto che non è stato un sogno, perché si accorge di non essere più in prigione
e comprende quindi che è stato un intervento miracoloso a liberarlo. Si reca quindi a casa di Maria, madre di
Giovanni detto anche Marcolxiii, che la tradizione riconosce essere l’autore dell’omonimo Vangelo), che
incontreremo ancora nel corso di questo scritto. In quel momento nella abitazionelxiv si erano radunati molti
fratelli in preghiera, probabilmente sia perché preoccupati per la sorte di Pietro, ma anche in occasione della
Pasqua. A questo punto Luca introduce nella narrazione una scena surreale, ma che rende l’episodio
assolutamente genuino. Pietro arrivato all’abitazione, bussa alla porta, una donna della servitù doveva
essere una famiglia agiata), di nome Rode (Rosa), sentendo bussare, prima di aprire chiede a Pietro di
presentarsi, e una volta riconosciuta la sua voce, invece di aprire la porta corre immediatamente ad avvisare
gli altri. Invece di affrettarsi ad aprire a Pietro, nasce una discussione, alcuni non le credono, perché non
ritengono possibile che Pietro possa essere stato liberato, per cui si è certamente confusa, mentre altri
pensano che sia il suo angelo.lxv Nel frattempo Pietro continua a bussare, e chissà cosa pensa dei suoi amati
confratelli in questo momento, preoccupato qualcuno possa riconoscerlo. Finalmente gli aprono, e
l’accoglienza ricevuta deve essere molto rumorosa, perché Pietro fa loro cenno di stare zitti, non fare troppo
clamore. Spiega loro cosa è accaduto e subito dopo esce per andare in quello che Luca chiama
genericamente: “un altro luogo”, un rifugio sicuro, per sfuggire alla cattura. Il mattino seguente si crea un
grande scompiglio per la fuga di Pietro, ed Erode, non ricevendo spiegazioni convincenti sull’accaduto, da
ordine di punire le guardie e ritorna poi a Cesarea. Alla fine del capitolo dal v20, Luca racconta gli eventi
riguardanti la morte di Erode.
20 Erode era fortemente irritato contro i Tiri e i Sidoni; ma essi di comune accordo si presentarono a lui; e,
guadagnato il favore di Blasto, ciambellano del re, chiesero pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
71
Maurizio Allocca, v150123
paese del re. 21 Nel giorno fissato Erode indossò l'abito regale e, sedutosi sul trono, tenne loro un pubblico
discorso. 22 E il popolo acclamava: «Voce di un dio e non di un uomo!» 23 In quell'istante un angelo del
Signore lo colpì, perché non aveva dato la gloria a Dio; e, roso dai vermi, morì. 24 Intanto la Parola di Dio
progrediva e si diffondeva sempre di più. 25 Barnaba e Saulo, compiuta la loro missione, tornarono da
Gerusalemme, prendendo con loro Giovanni detto anche Marco.
Non ci soffermiamo ulteriormente sugli elementi storici, riporto solo che abbiamo una conferma di questo
evento, nel merito della morte di Erode, dallo storico Giuseppe lavio nella sua opera “Antichità
Giudaiche”lxvi. Al versetto 2 ritroviamo il ritornello solito della crescita: “Intanto la parola di Dio cresceva e
si diffondeva”, che Luca utilizza sia per enfatizzare che nonostante le opposizioni l’opera cresceva e si
fortificava, ma anche per legare i passaggi da un argomento a un altro e con questo filo di sutura narrativo si
chiude questa grande parentesi e incontriamo nuovamente Barnaba e Saulo che ritornano dal viaggio fatto
a Gerusalemme1 verso Antiochia e si associa a Loro anche Giovanni, detto Marco, cugino di Barnaba (Col
4,10).
I VIAGGIO MISSIONARIO DI PAOLO
Atti 12,1-14,27
Prima d’introdurre il primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba, soffermiamoci a fare delle considerazioni
nel merito della realtà che nasce ad Antiochia. La comunità cristiana di Antiochia la possiamo definire a buon
titolo una chiesa apostolica, che darà un importante impulso all’opera missionaria al di fuori della Giudea con
la fondazione di molte altre comunità. Abbiamo già in precedenza spiegato con il commento al capitolo 11,
gli eventi che portano alla nascita di questa realtà che l’autore probabilmente ha vissuto in prima persona,
essendo esso stesso di Antiochia. Interessante sottolineare, che la nascita della chiesa di Antiochia non è il
risultato di un progetto missionario, ma di un evento occasionale, in qualche modo possiamo affermare, che
la predicazione del Vangelo ai gentili sia frutto di più di una forzatura compiuta da Dio nei riguardi della sua
chiesa, che di un evento co-programmato. Ad Antiochia si viene a creare questa prima comunità composta
di persone non provenienti dalla fede ebraica, quando la notizia giunge alla comunità di Gerusalemme
decidono di inviare un loro emissario. Barnaba è un giudeo, un levita, ellenista, quindi di lingua greca,
originario di Cipro, probabilmente con delle conoscenze nella zona di Antiochia. Una persona influente nelle
comunità di Gerusalemme, che incontriamo la prima volta nel Libro degli Atti, quando viene nominato, come
esempio positivo, tra coloro che hanno venduto le proprie terre deponendo il ricavato ai piedi degli apostoli.
Barnaba è anche colui che ha garantito per Paolo una volta convertitosi dal ritornato da Damasco. Viene ora
inviato come persona di fiducia perché verifichi questa realtà nuova nata ad Antiochia. Quando Barnaba
giunse nella grande città, che gli antichi ci hanno riferito essere stata meravigliosa; una città signorile, con
grandi viali, con grandi parchi, canali, con grandi monumenti. Una città cosmopolita, e non potrebbe essere
altrimenti essendo sorta in un crocevia tra tre continenti, Europa, Asia e Africa, incontra una comunità non
sappiamo quanto numericamente rilevante. Luca scrive che: “vide la grazia di Dio”, vide, attraverso quelle
persone, attraverso il loro modo di vivere, la loro adesione, il loro impegno, riconobbe la causa che aveva
1
Si rimanda all’appendice 2, per l’analisi delle divergenze tra il racconto lucano di Atti e il resoconto di Paolo in Galati
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
72
Maurizio Allocca, v150123
prodotto quegli effetti. Luca sottolinea a riguardo in Atti 11,24 “perché egli era un uomo buono, pieno di
Spirito Santo e di fede”. La reazione positiva di Barnaba, di fronte a ciò che vede, non era un qualcosa da
ritenersi scontato. Non tutti avrebbero reagito in questo modo di fronte alla nascita di una realtà non
composta da persone proveniente dall’ebraismo. Barnaba dimostra di avere una mente aperta e nonostante
si trovi a doversi confrontare con una realtà molto differente dai suoi usi e costumi, riconosce comunque che
anche in questa diversità probabilmente di espressioni, di vocabolario, di approccio esegetico ed
ermeneutico si trova di fronte all’opera del Signore. Troviamo un gradissimo esempio su cui riflettere, perché
Barnaba non cede alla tentazione come faranno invece altri sui confratelli cristiani di Gerusalemme, di
imporre la sua mentalità, al contrario riconosce che quanto si trova di fronte è una differente espressione del
Signore e proprio perché rispetta il Signore, rispetta quella comunità, ed esorta questa nuova realtà a
perseverare con cuore risoluto nel Signore. Questo spirito viene premiato dal Signore, e una folla
considerevole si unisce al cammino di quella comunità a seguito della sua predicazione. Nel giro di poco
tempo una folla di persone si avvicina alla comunità, persone che hanno sete di Dio, ignorano le Scritture e
devono essere formate. Barnaba probabilmente si viene a trovare in difficoltà di fronte a questa continue e
crescenti necessità, ovviamente sono solo ipotesi. Gli viene in mente qualcuno che invece sarebbe perfetto
nell’aiutarlo. Una persona che molto probabilmente lo supera in conoscenza biblica, abile oratore ed
insegnante, e in questo momento non è neanche molto distante da Antiochia. Tarso è a circa 240 km. Decide
quindi di andarlo a cercare. Paolo si era ritirato nella sua città locale, dopo essere stato sfiduciato del gruppo
cristiano a Gerusalemme e aver ricevuto un tentativo di assassinio dai giudei. “Poi Barnaba partì verso Tarso,
a cercare Saulo; e, dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia.” In questa annotazione serigrafica e
sintetica di Luca si condensa probabilmente uno degli eventi più importanti nella storia del cristianesimo
antico.
Barnaba e Paolo, rimasero un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente, questo è il solo verbo
che usa Luca per descrivere il loro ministero pastorale che si concretizza nel verbo: “istruire”: formare,
educare, insegnare. Deve essere stato un anno molto intenso, ed è proprio durante questo periodo che nasce
il nome da cui ci sentiamo oggi pienamente rappresentati, quello di cristiani. Fino ad allora i cristiani erano
chiamati dai loro oppositori giudei, prevalentemente come la “setta o seguaci del nazareno”; i pagani
probabilmente non li distinguevano dagli ebrei, mentre tra loro si definivano i seguaci “della via”. Comunque,
è ad Antiochia che viene coniato e poi adottato l’aggettivo “cristiano” per riferirsi a chi seguiva Cristolxvii. Da
Antiochia viene poi esportato in tutto il bacino del Mediterraneo e dobbiamo a questo avvenimento,
nonostante l’origine del nome sia stato a motivo di scherno, se oggi abbiamo questo nome in cui tutti senza
distinzione di appartenenza denominazionale ci riconosciamo. Torniamo ora al capitolo 13, dopo oramai più
di un anno, troviamo la realtà comunitaria di Antiochia, consolidatasi e arricchita di doni e ministeri e pronta
ad entrare in una nuova fase che coinvolgere in prima persona l’apostolo Paolo.
1 Nella chiesa che era ad Antiochia c'erano profeti e dottori: Barnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene,
Manaem, amico d'infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. 2 Mentre celebravano il culto del Signore e
digiunavano, lo Spirito Santo disse: «Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho
chiamati». 3 Allora, dopo aver digiunato, pregato e imposto loro le mani, li lasciarono partire.
Nella comunità di Antiochia, Luca riporta che: “C’erano profeti e dottori”: Barnaba, Simeone
soprannominato Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode tetrarcalxviii, e Saulo. Non
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
73
Maurizio Allocca, v150123
distingue chi erano gli uni chi gli altri, li nomina senza utilizzare per alcuno il titolo di anziano o di presbitero,
ma nonostante questo è corretto pensare che questa fosse anche la squadra dei responsabili della comunità
cristiana di Antiochia. Durante il culto, lo Spirito Santo parla alla comunità. Non sappiamo esattamente in
quale modo, ma sappiamo che questo messaggio, trova un’immediata accoglienza nei cuori di tutti, perché
non vi furono discussioni a riguardo. Viene subito riconosciuta come una parola di direzione che viene dal
trono di Dio. Probabilmente era un pensiero spirituale che stava già maturando almeno nei cuori dei
responsabili e degli anziani e che arriva ora a sua piena maturazione all’ascolto della viva parola di Dio. La
chiesa di Antiochia riceve un’mandato missionario, probabilmente ha avuto la necessità di un tempo di
maturazione prima che gli venisse chiesto un sacrificio così importante in termini anche di costo.
Probabilmente è stata anche prima provata per essere approvata, magari anche Paolo aveva necessità di
essere provato prima di essere approvato. Il Paolo neoconvertito, che fin da subito cerca di mettere in pratica
la sua chiamata, probabilmente come è avvenuto non era ancora pronto. Ma Dio dice ora alla Comunità di
Antiochia: Questo è il tempo. Al v3, Incontriamo nuovamente l’imposizione delle mani da intendersi come la
trasmissione/riconoscimento di un incarico per questi fratelli, per conto e in nome di Dio. Paolo e Barnaba
non vanno per loro conto in missione; non si autoproclamano degli inviati. Lo fanno per nome e conto di Dio
a motivo della chiamata che hanno ricevuto e che è stata “riconosciuta”, “confermata”, dalla comunità di
Antiochia.
4 Essi dunque, mandati dallo Spirito Santo, scesero a Seleucia, e di là salparono verso Cipro. 5 Giunti a
Salamina, annunciarono la Parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei; e avevano con loro Giovanni come
aiutante. 6 Poi, attraversata tutta l'isola fino a Pafo, trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di
nome Bar-Gesù, 7 il quale era con il proconsole Sergio Paolo, uomo intelligente. Questi, chiamati a sé
Barnaba e Saulo, chiese di ascoltare la Parola di Dio. 8 Ma Elima, il mago (questo è il significato del suo
nome), faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede. 9 Allora Saulo, detto anche
Paolo, pieno di Spirito Santo, guardandolo fisso, gli disse: 10 «O uomo pieno d'ogni frode e d'ogni malizia,
figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, non cesserai mai di pervertire le rette vie del Signore? 11 Ecco,
ora la mano del Signore è su di te, e sarai cieco per un certo tempo, senza vedere il sole». In quell'istante,
oscurità e tenebre piombarono su di lui; e andando qua e là cercava chi lo conducesse per la mano. 12
Allora il proconsole, visto quello che era accaduto, credette, colpito dalla dottrina del Signore. 13 Paolo e
i suoi compagni, imbarcatisi a Pafo, arrivarono a Perga di Panfilia; ma Giovanni, separatosi da loro, ritornò
a Gerusalemme.
Da Antiochia, si spostano verso la costa, un percorso di 25 chilometri da cui si imbarcano diretti per Cipro,
che si trova proprio di fronte alla costa dove sorge Antiochia.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
74
Maurizio Allocca, v150123
La scelta di Cipro, alcuni studiosi hanno pensato potrebbe essere dovuta ai natali di Barnaba che è originario
di Ciprolxix, per cui avrebbero potuto contare su degli eventuali appoggi, o magari Barnaba aveva anche a
cuore di poter evangelizzare la sua famiglia. Di tutti i viaggi missionari raccontati nel libro degli Atti, non
abbiamo mai alcuna traccia dell’organizzazione degli stessi che pure ci deve essere per forza essere stata.
Questi viaggi necessitavo di organizzazione, dovevano essere cercati e pagati i mezzi di trasposto, avere un
minimo di contatti su cui appoggiarsi nel frattempo che Paolo e Barnaba, potessero rendersi autonomi,
lavorando, cercando un posto dove dormire. Luca nella sua narrazione, se non per alcune specifiche
situazioni, mitiga le asperità a cui andarono incontro Paolo e la sua squadra nei vari viaggi missionari. Poco
risalta rispetto a quanto lo stesso Paolo, riporta in II CO 11: della fatica, della fame, la sete, il freddo, i continui
percoli dai briganti e dai connazionali giudaici, sui naufragi, le punizioni fisiche. Paolo e non solo lui, ha
dimostrato una determinazione ostinata nel portare a compimento la missione che Dio gli aveva affidato.
Arrivati a Cipro, sbarcarono a Salamina, la città più antica dell’isola di Cipro, e sede in passato di un’epica
battaglia tra i greci ed i persianilxx che ha determinato anche la storia del nostro continente. Giunti
cominciarono ad annunziare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei. Questo sarà uno schema
evangelistico che paradossalmente, rispetto alla chiamata ricevuta, Paolo seguirà, almeno fino a quando gli
sarà possibile farlo senza correre rischi. Alla base di questa scelta possiamo supporre diverse motivazioni: Un
senso di riconoscenza verso il popolo ebraico per quanto riguarda la storia della rivelazione; Un forte
sentimento verso i suoi connazionali per cui spera di vederli convertiti; Un maggiore senso di sicurezza
nell’esporsi nella predicazione verso gli ebrei, data l’estrazione religiosa e culturale comune. Al v5, scopriamo
quasi casualmente anche la presenza di Marco, che dopo averli seguiti da Gerusalemme, ha deciso di
accompagnarli nel viaggio missionario. Luca nel suo racconto, non riporta l’esito dell’opera a Salamina,
sappiamo solo che ripartono e seguendo la strada costiera raggiungono Pafo, in cui essendo Cipro una
provincia senatoria romana, ha sede il proconsole romano. In questa occasione vengono invitati proprio dal
proconsole Sergio Paolo ad annunciare la loro fede. Luca lo presenta come uomo intelligente, probabilmente
una persona molto curiosa, interessata alla religione. Non è un fatto inusuale che nelle corte imperiali,
soprattutto orientali, fossero spesso invitati saggi, filosofi, maghi o indovini. Durante l’esposizione Paolo e
Barnaba, incontrano, o meglio si scontrano con una persona a seguito della sua corte: un falso profeta giudeo,
di nome Bar-Gesù, in aramaico letteralmente: «figlio di Gesù». Questo non ci deve far ipotizzare che vi sia,
per forza un collegamento a Gesù il Cristo, in quanto Gesù è comunque un nome giudaico molto comune per
quei tempi. Questa persona e spregiativamente definito mago e «falso profeta», che lo identifica come uno
di quei personaggi che si guadagnavano da vivere adulando il proprio mecenate, promettendogli grandi cose,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
75
Maurizio Allocca, v150123
offrendogli pronostici favorevoli, spiegandogli segreti e misteri. Questo proconsole è probabilmente attratto
dalle stranezze dell’Oriente, per cui fa chiamare Barnaba e Saulo con il desiderio di ascoltare il loro
insegnamento (probabilmente qualcuno doveva averli ascoltati mentre predicavano in città e li ha segnalati
conoscendo la curiosità del proconsole). Una volta che Paolo inizia a parlare, Luca scrive che questo tale BarGesù, che richiama utilizzando nel testo un termine semitico dal significato di «stregone, il mago», inizia a
contestarli, cercando di distogliere il proconsole dall’ascolto. Sul motivo possiamo fare delle ipotesi, magari
vede Paolo e Barnaba come due possibili antagonisti con il quale non vuole dividere il mecenate; oppure
teme che il proconsole possa simpatizzasse con questa fede, oppure convertirsi ed è cosciente che la fede
cristiana come tra l’atro quella ebraica, probabilmente non distingue tra le due , non tollera persone che
praticano la magia e potrebbe finire in mezzo ad una strada. Dal v9, fino alla fine dello scritto si realizza un
evento narrativo molto curioso, perché Luca fino ad ora ha sempre utilizzato il nome ebraico di Paolo:
“Saulo”, da adesso in poi utilizzerà il suo nome greco: “Paolo”, nonostante in realtà sia un nome di origine
latina,lxxi che è stato poi adottato anche dalla parte ellenica dell’impero . Il motivo di questa scelta narrativa
è una questione irrisolta.lxxii Tornando al testo, v9-11 Luca riporta la reazione severa di Paolo, di fronte
all’atteggiamento di questo individuo: “O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, (non
Più Bar- Jesus, figlio di Gesù ma Bar-Satan, figlio del diavolo) nemico di ogni giustizia, quando cesserai di
sconvolgere le vie diritte del Signore? Ecco la mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo
tempo non vedrai il sole”. L’espressione: “la mano del Signore” che Luca ha usato fino ad ora per descrivere
il favore di Dio che accompagna i suoi figli, in questo contesto designa un suo intervento punitivo. La
punizione che Paolo gli profetizza è la stessa sperimentata da lui, sulla via di Damasco. Di colpo, scrive Luca,
l’oscurità piomba su questa persona e inizia a brancolare nel buio. Questo personaggio, come è stato per
Paolo, ha avuto la presunzione di framettersi tra Dio e il suo proposito. Certamente Luca vuole anche
trasmettere un insegnamento spirituale, che va oltre l’episodio e che può anche avere differenti letture.
Abbiamo di fronte una persona convinta della propria verità tanto da opporsi a chi è portatore della vera
Verità, per cui Dio decide di dargli un segno, come nel caso di Paolo, dandogli evidenza nel naturale di ciò che
è nello spirituale. Una persona che crede di vedere, ma in realtà è solo un cieco che a tastoni cerchi chi lo
guidi. L’evento colpisce tutti i presenti, e Luca ci riferisce che il proconsole a seguito di questo credette nella
dottrina del Signore. Una ulteriore lettura possibile a livello narrativo, che possiamo anche ipotizzare voluta
da Luca, ci presenta come primo frutto di questo viaggio missionario, la conversione di un proconsole
romano, che accoglie la parola di Dio, da contrapporsi al poco ascolto ricevuto invece dall’ambiente delle
sinagoghe. Paolo e Barnaba, lasciano Cipro, salpano da Pafo, e fanno rotta verso la Panfilia. Alcuni esegeti a
seguito della scoperta di una antica iscrizione ad Antiochia di Pisidia che nomina il proconsole Sergio Paolo,
come latifondista della zona, hanno ipotizzato che questo sia avvenuto su suggerimento del Proconsole
stesso, che avrebbe potuto garantire loro degli appoggi per trovare ospitalità in quella zona dell’altopiano
anatolico . Sbarcano probabilmente ad Attalia, sulla terraferma sulla cosa dell’attuale Turchia e proseguono
verso Perge. Giovanni (che noi conosciamo principalmente con il nome di Marco), si separa e decide di
ritornare a Gerusalemme. Luca non ci dice nulla sul motivo, sappiamo da eventi riportati più avanti che Paolo
non prese bene la scelta e questo diverrà motivo di separazione poi tra Paolo e Barnaba. Questa scelta ha
avvalorato per alcuni studiosi che l’arrivo in Anatolia, che noi conosciamo come “Asia Minore”, oggi territorio
della Turchia, fosse un cambio di programma, dovuto all’inaspettato aiuto avuto dal proconsole, e forse
allungava a tempo indefinito la trasferta missionaria. Queste ovviamente sono ipotesi.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
76
Maurizio Allocca, v150123
14 Essi, passando oltre Perga, giunsero ad Antiochia di Pisidia; ed entrati di sabato nella sinagoga, si
sedettero. 15 Dopo la lettura della legge e dei profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli,
se avete qualche parola di esortazione da rivolgere al popolo, ditela».
Paolo e Barnaba, da Perge proseguono verso Antiochia di Pisidialxxiii. Luca nella narrazione, come abbiamo
anche già accennato, da pochissima evidenza alle difficoltà logistiche sostenute dai missionari per
raggiungere i luoghi delle missioni. Antiochia di Pisidia era una città posta a circa 1100 e 1200 mt sopra il
livello del mare, circondata dalla catena montuosa del Tauro, raggiungibile tramite la via Sebaste, una via
militare romana carrozzabile, larga 6-8 metri, terminata pochi anni prima dell’anno 0, che aveva sostituito le
mulattiere ed i sentieri di montagna. Ma nonostante questo il viaggio da Perge ad Antiochia di Pisidia
rimaneva un viaggio faticoso, lungo alcune centinaia di chilometri, in zone infestate dai briganti.
14 Essi, passando oltre Perga, giunsero ad Antiochia di Pisidia; ed entrati di sabato nella sinagoga, si
sedettero. 15 Dopo la lettura della legge e dei profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli,
se avete qualche parola di esortazione da rivolgere al popolo, ditela». 16 Allora Paolo si alzò e, fatto cenno
con la mano, disse: «Israeliti, e voi che temete Dio, ascoltate. 17 Il Dio di questo popolo d'Israele scelse i
nostri padri, fece grande il popolo durante la sua dimora nel paese d'Egitto, e con braccio potente, lo trasse
fuori. 18 E per circa quarant'anni sopportò la loro condotta nel deserto. 19 Poi, dopo aver distrutto sette
nazioni nel paese di Canaan, distribuì loro come eredità il paese di quelle. 20 Tutto questo per circa
quattrocentocinquant'anni. Dopo queste cose, diede loro dei giudici fino al profeta Samuele. 21 In seguito
chiesero un re; e Dio diede loro Saul, figlio di Chis, della tribù di Beniamino, per un periodo di quarant'anni.
22 Poi lo rimosse e suscitò loro come re Davide, al quale rese questa testimonianza: "Io ho trovato Davide,
figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore, che eseguirà ogni mio volere". 23 Dalla discendenza di lui,
secondo la promessa, Dio ha suscitato a Israele un salvatore, Gesù. 24 Giovanni, prima della venuta di lui,
aveva predicato il battesimo del ravvedimento a tutto il popolo d'Israele. 25 E quando Giovanni stava per
concludere la sua missione disse: "Che cosa pensate voi che io sia? Io non sono il Messia; ma ecco, dopo di
me viene uno al quale io non sono degno di slacciare i calzari". 26 Fratelli, figli della discendenza di
Abraamo, e tutti voi che avete timor di Dio, a noi è stata mandata la Parola di questa salvezza. 27 Infatti
gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi non hanno riconosciuto questo Gesù e, condannandolo,
adempirono le dichiarazioni dei profeti che si leggono ogni sabato. 28 Benché non trovassero in lui nulla
che fosse degno di morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso. 29 Dopo aver compiuto tutte le cose che erano
scritte di lui, lo trassero giù dal legno e lo deposero in un sepolcro. 30 Ma Dio lo risuscitò dai morti; 31 e
per molti giorni egli apparve a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, i quali ora sono
suoi testimoni davanti al popolo. 32 E noi vi portiamo il lieto messaggio che la promessa fatta ai padri 33
Dio l'ha adempiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche è scritto nel salmo secondo: "Tu sei
mio Figlio, oggi io t'ho generato". 34 Siccome lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia più a
tornare alla decomposizione, Dio ha detto così: "Io vi manterrò le sacre e fedeli promesse fatte a Davide".
35 Difatti egli dice altrove: "Tu non permetterai che il tuo Santo subisca la decomposizione". 36 Ora Davide,
dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, si è addormentato ed è stato unito ai suoi padri,
e il suo corpo si è decomposto; 37 ma colui che Dio ha risuscitato non ha subìto decomposizione. 38 Vi sia
dunque noto, fratelli, che per mezzo di lui vi è annunciato il perdono dei peccati; 39 e, per mezzo di lui,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
77
Maurizio Allocca, v150123
chiunque crede è giustificato di tutte le cose, delle quali voi non avete potuto essere giustificati mediante
la legge di Mosè. 40 Guardate dunque che non vi accada ciò che è detto nei profeti: 41 "Guardate, o
disprezzatori, stupite e nascondetevi, perché io compio un'opera ai giorni vostri, un'opera che voi non
credereste, se qualcuno ve la raccontasse"».
Una volta arrivati ad Antiochia, nel giorno di sabato, quando si riunisce la comunità giudaica, Paolo e Barnaba
si recano in sinagoga, per partecipare alla preghiera comune. Nelle sinagoghe, nell’ufficio del sabato, viene
sostanzialmente fatta la lettura della Bibbia. La prima lettura quella detta solenne è tratta dal Pentateuco,
che viene letta integralmente, brano dopo brano in un ciclo di tre anni. Dopo la lettura del brano del
Pentateuco, segue un brano tratto dai Profeti, in qualche modo correlato. In ultimo viene tenuta l’omelia, la
spiegazione, il commento sulle letture fatte. Questo non è un compito esclusivo del rabbino o del capo della
sinagoga, può anche incaricare altri, soprattutto se c’è l’occasione di avere dei visitatori illustri.
Evidentemente Barnaba e Paolo sono stati riconosciuti come dottori, in più provengono da Gerusalemme, e
quindi i giudei di Antiochia di Pisidia approfittano di questa felice circostanza e li invitano a tenere l’omelia.
Luca riporta in questo episodio il primo discorso di Paolo, la cui struttura è molto simile a quello tenuto da
Pietro il giorno della Pentecoste. Anche in questo caso è trifasico, e come in quello di Pietro a Pentecoste,
ognuna di queste fasi viene introdotta da dei vocativi: “Uomini di Israele…; fratelli, figli della stirpe di
Abramo…; vi sia dunque noto fratelli…”. Il messaggio inizia con una sintesi della storia dell’Antico Testamento,
per poi nella fase centrale presentare il Gesù storico, con la sua morte e risurrezione, fino alla terza fase dove
abbiamo la chiusa teologica in cui espone la salvezza portata da Cristo. Dal v17 inizia la prima parte, abbiamo
come accennato un piccolo sunto della storia della salvezza; Paolo con brevi accenni ripercorre la storia, dalla
schiavitù in Egitto, fino a Giovanni Battista, (evidentemente considerato da tutti un profeta). Il riassunto ha
lo scopo di introdurre la figura storica di Gesù, sottolineando che in lui vi è il compimento della storia di
Israele e l’adempimento delle promesse e le profezie a riguardo. La conclusione della prima parte del
discorso è affidata v25 alle parole stesse di Giovanni Battista. Al v 26 inizia la seconda parte, incentrata sul
ministero terreno di Gesù di cui Luca ripercorre gli eventi legati alla condanna e all’esecuzione, sottolineando
che in queste si sono adempiute: “tutte le cose che erano scritte di lui”, ma nonostante ciò: Dio lo risuscitò
dai morti; 31 e per molti giorni egli apparve a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, i
quali ora sono suoi testimoni davanti al popolo”. Abbiamo in pochi versetti, il riassunto del vangelo, in cui
ritroviamo gli elementi essenziali del ministero di Gesù, della sua morte e della sua risurrezione, che sono
confluiti nel «credo»lxxiv che ancora oggi recitiamo. Fu crocifisso, morì e fu sepolto, è risuscitato ed è apparso.
Dal versetto 32 fino al 37 vengono aggiunte delle prove scritturali. Secondo la tradizione ebraica una delle
modalità nello svolgimento dell’omelia è quella chiamata «la collana di perle» cioè utilizzare una serie di
citazioni concentriche rispetto al cuore del messaggio e Paolo sgrana questa serie di citazioni dimostrando di
avere assoluta conoscenza degli stili espositivi ebraici del tempo. Le citazioni utilizzate da Paolo, tratte da
differenti Libri della Scrittura, non sono per noi di immediata lettura. Direi di non addentraci troppo, ma di
analizzarle velocemente. La prima citazione è tratta dal Salmo 2,7: “Il SIGNORE mi ha detto: «Tu sei mio
figlio, oggi io t'ho generato”. La generazione di Gesù, nel pensiero di Paolo, coincide con la sua risurrezione.
Il Padre ha generato Gesù nel momento in cui lo ha fatto risorgere, questo non ha nulla a che fare con
qualsiasi presupposto adozionisticolxxv. Il riferimento non è alla sua natura, ma all’atto potente compiuto da
Dio nel riportarlo in vita, che coincide con la sua intronizzazione, con il compimento spirituale delle promesse
messianiche. V34 Paolo anticipa la citazione del Salmo 16,10, (v35) lo stesso citato anche da Pietro il giorno
della Pentecoste a cui rimando per il commento nella dispensa, che è collegato strettamente ad Isaia 55,3
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
78
Maurizio Allocca, v150123
(v34b) "Io vi manterrò le sacre e fedeli promesse fatte a Davide”. Queste promesse trovano la loro piena
realizzazione nella risurrezione di Gesù – interessante che Paolo non segue la LXX, che usa il verbo “farò” o
“elargirò”, ma “manterrò” – probabilmente da collegarsi al riferimento del Salmo 16, “che il suo corpo non
vedrà la decomposizione”. La terza parte inizia al v38, preceduto dal vocativo: “Vi sia dunque noto fratelli…”
Seguita da quella che è un’affermazione tipicamente paolina riportata da Luca che ritroveremo ben
sviluppata nella lettera ai Romani, al capitolo 3 dal versetto 21 “Ora però, indipendentemente dalla legge, è
stata manifestata la giustizia di Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: 22 vale a dire la
giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti coloro che credono - infatti non c'è
distinzione: 23 tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”. Il discorso termina con un’ultima
citazione tratta dal profeta Abacuc, che possiamo definire fortemente esortativa che troviamo al v41. Paolo
usa le parole del profeta, per dire ai suoi connazionali: “Non siate come coloro di cui parla il profeta, perché
le sue parole sono proprio a proposito dell’annuncio che oggi avete ricevuto”. La reazione dell’auditorio è
interlocutoria, sono spiazzati da quanto hanno ascoltato, d’altronde un predicatore di cui non sanno nulla,
gli ha appena detto che il messia è arrivato e che quelle grandi promesse che da secoli questo popolo attende
si sono compiute. Hanno quindi necessità di maturare quanto hanno ascoltato, e chiedono a Paolo e Barnaba
di ritornare anche il prossimo sabato ma nel frattempo, diversi tra gli ebrei ed i proseliti, vogliono saperne di
più, perché sono rimasti fortemente interessati da quell’annuncio e si intrattengono con gli apostoli.
42 Mentre uscivano, furono pregati di parlare di quelle medesime cose il sabato seguente. 43 Dopo che la
riunione si fu sciolta, molti Giudei e proseliti pii seguirono Paolo e Barnaba; i quali, parlando loro, li
convincevano a perseverare nella grazia di Dio. 44 Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per udire
la Parola di Signore. 45 Ma i Giudei, vedendo la folla, furono pieni di invidia e, bestemmiando,
contraddicevano le cose dette da Paolo. 46 Ma Paolo e Barnaba dissero con franchezza: «Era necessario
che a voi per primi si annunciasse la Parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della
vita eterna, ecco, ci rivolgiamo agli stranieri. 47 Così infatti ci ha ordinato il Signore, dicendo: "Io ti ho posto
come luce dei popoli, perché tu porti la salvezza fino all'estremità della terra"». 48 Gli stranieri, udendo
queste cose, si rallegravano e glorificavano la Parola di Signore; e tutti quelli che erano ordinati a vita
eterna, credettero. 49 E la Parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. 50 Ma i Giudei istigarono
le donne pie e ragguardevoli e i notabili della città, scatenarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba
e li cacciarono fuori dal loro territorio. 51 Allora essi, scossa la polvere dei piedi contro di loro, andarono a
Iconio, 52 mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.
Il sabato seguente, scrive Luca, quasi tutta la città si raduna per ascoltare la parola di Dio. In quella settimana
ad Antiochia, per lo meno nell’ambiente giudaico, si deve aver fatto un gran parlare della predicazione di
Paolo, è stato un annuncio forte, detto con convinzione, inaspettato e sconvolgente per i suoi contenuti.
Deve aver fatto talmente breccia dal punto di vista comunicativo, che la notizia si sparge anche al di fuori
della comunità giudaica. La curiosità muove una folla importante. Non tutti i giudei, la parte più conservatrice
e intransigente, orgogliosa della loro dignità elettiva di popolo santo, vede di buon occhio quella moltitudine
che si raduna per ascoltare Paolo. Forse la gelosia di cui parla Luca non è tanto un atteggiamento invidioso
nei confronti di Paolo forse è qualcosa di meno scontato, una difficoltà nel rinunciare a quel sentimento
esclusivistico di sentire Dio una propria proprietà. “Dio è nostro, cosa ci fanno tutti questi impuri nella casa
del Signore?”. La necessità di difendere quella che viene considerata una propria verità spirituale, che
appartiene solo a loro. Il desiderio di chiudere e di conservare quel privilegio che sono convinti di avere e che
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
79
Maurizio Allocca, v150123
non vogliono condividere con questa folla. Per questo motivo contraddicono Paolo, arrivano addirittura a
bestemmiare, a negare fortemente. Paolo e Barnaba a quel punto con molta franchezza, così come avevano
fatto Pietro e Giovanni davanti al sinedrio, con quello stesso atteggiamento esplicitano il criterio della loro
missione: v46 “Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete
e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani”. Come nella storia di Israele, dice
Paolo, il popolo è primo destinatario, così anche nella missione della Chiesa: “voi siete i primi destinatari,
“avete un diritto di prelazione”, ma non siete gli unici destinatari. Paolo continua nella sua argomentazione
citando il profeta Isaia, capitolo 49, un versetto tratto dal canto del servo di Yahweh: “Io ti ho posto come
luce per le genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Questa citazione suona alle
orecchie dei giudei come una frustata, perché la missione del servo citato da Isaia è rivolta verso Israele, ed
è un passo riconosciuto come messianico dagli ebrei. Paolo e Barnaba auto-attribuendosi questa missione in
qualità di seguaci di Cristo dichiarano egli stesso essere il Messia. Possiamo definire la convinzione di Paolo
granitica, per usare un termine desueto, tetragona. Chi di noi si sentirebbe di fare un’affermazione così forte
davanti ad una folla di oppositori? Come sempre avviene in Luca, dove la Parola di Dio è predicata, Luca
sottolinea la gioia di chi l’accoglie. Questa giornata meravigliosa di conversioni porta però anche un carico di
risentimento da parte dei giudei nei riguardi di Paolo e Barnaba, per cui tramite alte conoscenze, qui parla di
donne pie di alto rango che hanno accesso ai notabili e funzionari delle autorità locali, riescono a far mettere
gli apostoli al bando e devono quindi lasciare la città. Questa dinamica si ripresenterà con una certa frequenza
in tutte le loro evangelizzazioni nelle sinagoghe, c’è chi accetta con entusiasmo, ma vi sarà sempre un gruppo
intransigente e ostinato che si opporrà. I due missionari uscendo dalla città nei riguardi di questa frangia,
obbedendo alle parole di Gesù (Mt 10,14), si scuotono la polvere dei piedi, tramite un plateale gesto
simbolico si levano i sandali dai piedi e li sbattono l’uno contro l’altro davanti a sé, come segno di rottura nei
riguardi di queste persone che non li hanno ricevuti: “Noi non vogliamo più avere niente a che fare con voi,
neanche la polvere delle vostre strade ci portiamo via”. La comunità che resta ad Antiochia, invece, piccola o
grande che sia, è caratterizzata dalla presenza dello Spirito Santo e da un atteggiamento gioioso.
Il capitolo 14 si apre con Paolo e Barnaba a Iconio.
1 Anche a Iconio Paolo e Barnaba entrarono nella sinagoga dei Giudei e parlarono in modo tale che una
gran folla di Giudei e di Greci credette. 2 Ma i Giudei che avevano rifiutato di credere aizzarono e
inasprirono gli animi dei pagani contro i fratelli. 3 Tuttavia rimasero là per molto tempo, predicando con
franchezza e confidando nel Signore che rendeva testimonianza alla Parola della sua grazia e concedeva
che per mano loro avvenissero segni e prodigi. 4 Ma la popolazione della città era divisa: gli uni tenevano
per i Giudei, e gli altri per gli apostoli. 5 Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei, d'accordo
con i loro capi, di oltraggiare gli apostoli e lapidarli, 6 questi lo seppero e fuggirono nelle città di Licaonia,
Listra e Derba e nei dintorni; 7 e là continuarono a evangelizzare.
Anche in questo caso poco sappiamo del viaggio, la distanza non è impegnativa, da Antiochia sono circa 160
km. Una volta arrivati seguono lo stesso approccio che hanno avuto dall’inizio del viaggio missionario,
cercano la comunità giudaica del luogo, ed una volta trovata si recano presso la sinagoga dove annunciano il
Vangelo. Luca esplicita in questa situazione che un gran numero di persone, non solo di giudei, ma anche
greci credette e anche qui si ripete quanto avvenuto ad Antiochia, parte della comunità giudaica che si
oppone alla loro predicazione fomentano gli abitanti di Iconio contro di loro, ma nonostante questo Paolo e
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
80
Maurizio Allocca, v150123
Barnaba rimangono per un certo tempo in questo luogo. Luca non deve avere molte informazioni sugli
avvenimenti a riguardo per cui non riporta quasi nulla sulle attività svolte da Paolo e da Barnaba, così come
non fornisce indicazioni cronologiche precise, per cui usa una formula indefinita: “per un certo tempo”,
probabilmente qualche mese. Conosce però l’epilogo che riporta al v4, che costringe Paolo e Barnaba a dover
fuggire in tutta fretta, quando vengono avvisati di essere in serio e reale pericolo, per cui abbandonano la
città e proseguono verso Listra.
8 A Listra c'era un uomo che, paralizzato ai piedi, se ne stava sempre seduto e, siccome era zoppo fin dalla
nascita, non aveva mai potuto camminare. 9 Egli udì parlare Paolo; il quale, fissati gli occhi su di lui e
vedendo che aveva fede per essere guarito, 10 disse ad alta voce: «Àlzati in piedi». Ed egli saltò su e si mise
a camminare. 11 La folla, veduto ciò che Paolo aveva fatto, alzò la voce, dicendo in lingua licaonica: «Gli
dèi hanno preso forma umana e sono scesi fino a noi». 12 E chiamavano Barnaba, Giove e Paolo, Mercurio,
perché era lui che teneva il discorso. 13 Il sacerdote di Giove, il cui tempio era all'entrata della città,
condusse davanti alle porte tori e ghirlande e voleva offrire un sacrificio con la folla. 14 Ma gli apostoli
Barnaba e Paolo, udito ciò, si strapparono le vesti e balzarono in mezzo alla folla, gridando: 15 «Uomini,
perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani come voi; e vi predichiamo che da queste vanità vi
convertiate al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi. 16 Egli, nelle
generazioni passate, ha lasciato che ogni popolo seguisse la propria via, 17 senza però lasciare se stesso
privo di testimonianza, facendo del bene, mandandovi dal cielo pioggia e stagioni fruttifere e saziando i
vostri cuori di cibo e di letizia». 18 E con queste parole riuscirono a stento a impedire che la folla offrisse
loro un sacrificio.19 Allora giunsero da Antiochia e da Iconio alcuni Giudei, i quali sobillarono la folla; essi
lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto. 20 Ma mentre i discepoli venivano
attorno a lui, egli si rialzò ed entrò nella città.
Il racconto che segue è maggiormente caratterizzato, evidentemente Luca ha maggiori dettagli a riguardo.
Dalla Pisidia arrivano ora nella regione della Licaonia. Qui si trovano ad affrontare per la prima volta un
progetto evangelistico differente rispetto a quanto avevano fatto in precedenza in questo primo viaggio
missionario. A Listra non è presente una comunità giudaica, non possono quindi appoggiarsi alla sinagoga
per la loro attività missionaria. Possiamo provare a ricostruire il contesto della scena che viene descritta,
probabilmente Paolo e Barnaba scelgono un luogo affollato, di passaggio, e la presenza di un infermo in quel
luogo, avvalora questa possibilità. Abbiamo già accennato ai parallelismi narrativi che troviamo nel Libro degli
Atti, in particolare per gli avvenimenti che caratterizzano la storia di Pietro e di Paolo. Anche in questo caso
il primo miracolo “ufficiale”, compiuto da Paolo, è la guarigione di un paralitico, come anche quello di Pietro,
che abbiamo commentato al capitolo 3. Luca riporta che Paolo vedendolo intento ad ascoltare, scorge in lui
la fede per ricevere la guarigione e a voce alta gli dice: “Alzati in piedi!”. Ancora una volta ritorna l’uso di
questo imperativo, che possiamo dire che impera in tutti questi episodi di guarigione. La guarigione è tanto
repentina, che quest’uomo che non aveva mai camminato, scrive Luca, balza in piedi, con slancio e inizia a
camminare. La reazione della gente è di stupore e la situazione prende probabilmente una piega inaspettata
anche per Paolo e Barnaba, di fronte al miracolo le persone reagiscono sulla base della loro religiosità.
Iniziano a gridare nel loro dialetto “Gli dèi hanno preso forma umana e sono scesi fino a noi”. Sono greci e
quindi identificano Barnaba, probabilmente di stazza importante, con Giove, (Zeus traduce più correttamente
la CEI, essendo greci , e l’altro, piccolino ma “chiacchierone”, lo chiamano Mercurio, (anche in questo caso
la CEI usa la divinità greca corrispondente Hermes), che nella mitologia greca oltre ad essere figlio di Zeus è
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
81
Maurizio Allocca, v150123
anche il suo messaggero. La notizia fa il giro della città e il sacerdote di Zeus il cui tempio era all’ingresso della
città, si organizza subito per non perdere l’occasione di una visita del suo superiore e quindi porta tori e
corone, per offrire un sacrificio in onore di Zeus e di Hermes. Paradossalmente i greci si dimostrano più pronti
a credere di fronte al miracolo, a dispetto degli ebrei. Barnaba e Paolo si trovano quindi in difficoltà a gestire
un entusiasmo e una situazione imprevista a cui non erano preparati e devono trovare il modo per fermare
quello che sta avvenendo: v15 “Uomini (non usa la consueta parola fratelli), gli dice, perché fate questo?
Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi esortiamo, vi scongiuriamo di convertirvi da queste
vanità, da queste stupidaggini, al Dio vivente. Questi che voi venerate sono idoli muti, noi vi predichiamo il
Dio vivo che è il creatore, che ha fatto il cielo, la terra… Lui che nelle generazioni passate, ha lasciato che ogni
popolo seguisse la sua strada, ma nonostante non sia fatto conoscere in modo esplicito, ha comunque dato
sempre prova di sé concedendovi ricchi raccolti, cibo e serenità… Tutto ciò che di buono c’è stato nella vostra
vita viene da questo Dio che non conoscete, eppure lui si è preso cura di voi e adesso, attraverso di noi, avete
la possibilità di conoscerlo”. Ritroviamo qui espressa un’argomentazione tipicamente paolina che
ritroveremo al capitolo 3 della sua lettera ai Romani. Paolo e Barnaba riescono a far desistere la folla, ma non
ci viene se la loro predicazione ha successo, tanto più che da Antiochia e da Iconio arriva un gruppetto di
giudei che ha deciso di inseguirli. Di fatti possiamo affermare che si tratta di una vera e propria spedizione
punitiva, e trovato Paolo, lo lapidano e creduto morto portano il suo corpo fuori la città; dove riferisce Luca,
i discepoli lo trovarono, usando il plurale; quindi, è possibile che la predicazione deve avere avuto un minimo
di successo, forse tra questi vi sono anche la mamma e la nonna di Timoteo (At 16,1)lxxvi, citate II Tm 1,5. Luca
riporta senza molta enfasi, senza troppo sottolineare l’evento miracoloso che accade, che Paolo
semplicemente si alzò, dobbiamo presumere senza essere aiutato, nonostante fosse stato appena lapidato,
e ritornò con loro in città. Paolo riporterà il ricordo di questa esperienza tra le sue “fatiche apostoliche” in II
Co 11.25.
Il giorno seguente partì con Barnaba per Derba. 21 E, dopo aver evangelizzato quella città e fatto molti
discepoli, se ne tornarono a Listra, a Iconio e ad Antiochia, 22 fortificando gli animi dei discepoli ed
esortandoli a perseverare nella fede, dicendo loro che dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte
tribolazioni. 23 Dopo aver designato per loro degli anziani in ciascuna chiesa, e aver pregato e digiunato, li
raccomandarono al Signore, nel quale avevano creduto. 24 Quindi, attraversata la Pisidia, giunsero in
Panfilia. 25 Dopo aver annunciato la Parola a Perga, scesero ad Attalia; 26 e di là salparono verso Antiochia,
da dove erano stati raccomandati alla grazia di Dio per l'opera che avevano compiuta. 27 Giunti là e riunita
la chiesa, riferirono tutte le cose che Dio aveva compiute per mezzo di loro e come aveva aperto la porta
della fede agli stranieri. 28 E rimasero con i discepoli parecchio tempo.
Lasciata Listra i due apostoli raggiungono l’ultima tappa di questo primo viaggio: la città di Derbe. Anche per
questa città Luca non ha notizie molto dettagliate, si limita a scrivere che la loro predicazione ebbe un discreto
successo e un numero considerevole di discepoli si uni a loro.
In questo primo viaggio missionario, nascono almeno quattro piccole comunità: Antiochia, Iconio, Listra e
Derbe, che Paolo, decide di visitare nuovamente durante il viaggio di ritorno per esortare i discepoli a restare
saldi nella fede di fronte alle prove e alle sofferenze, che presentano a ragione, avendole anche loro
sperimentate, come inevitabili. v23, “Dopo aver designato per loro degli anziani in ciascuna chiesa, e aver
pregato e digiunato, li raccomandarono al Signore, nel quale avevano creduto.” In greco «presbiteri». Non
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
82
Maurizio Allocca, v150123
abbiamo particolari in formazioni a riguardo sulle modalità e sulle effettive funzioni, certamente identificano
tra i discepoli persone mature a cui affidare il compito di incoraggiare, consigliare e guidare gli altri fratelli.
Dopo avere pregato e digiunato li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Troviamo in questa frase
il richiamo all’inizio del viaggio. Erano partiti a seguito di una celebrazione liturgica a cui era seguito un
digiuno, e così avviene ora per il loro ritorno, subito a seguito di un momento di preghiera e di digiuno. Come
loro erano stati affidati alla grazia del Signore, affidano anche loro i presbiteri nelle varie comunità fondate
alla stessa grazia. Luca conclude il cerchio del viaggio con la stessa terminologia. Attraversano la Pisidia, la
Panfilia, arrivano a Perga (cartina Perge), in cui predicano il Vangelo, e proseguono verso la città portuale di
Attalia e fanno vela per Antiochia. Non appena furono arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello
che Dio aveva compiuto per mezzo loro. Sono passati diversi anni dalla loro partenza (2-5 a secondo delle
cronologie che si vuole seguire) e Luca riporta che ora è invece il momento di fermarsi e rimasero parecchio
tempo con i discepoli.
ATTI DEGLI APOSTOLI – QUARTA SERATA
PROGRAMMA QUARTA SERATA
• CAPITOLO XV
✓
✓
L’Assemblea di Gerusalemme v 1-35)
Inizio secondo viaggio missionario di Paolo (v 36- 41)
• CAPITOLO XVI
✓
✓
✓
Derbe e Listra (v 1-5)
Troas (v 6-10)
Filippi (v 11-40)
• CAPITOLO XVII
✓ Tessalonica (v 1-9)
✓ Berea (v 10-15)
✓ Atene (v 10-34)
• CAPITOLO XVIII
✓ Corinto (v 1-17)
✓ Ritorno ad Antiochia (v 18-22)
✓ Inizio terzo viaggio missionario di Paolo (v 23-28)
• CAPITOLO IXX
✓ Efeso (v 1-41)
• CAPITOLO XX
✓ Macedonia e Grecia (v 1-12)
✓ Sosta a Troas (v 13-16)
✓ Discorso agli Anziani di Efeso (v 17-38)
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
83
Maurizio Allocca, v150123
• CAPITOLO XXI
✓ In viaggio verso Gerusalemme (v 1-16)
✓ Incontro con la Chiesa di Gerusalemme (v 17-26)
✓ Arresto nel Tempio (v 27-40)
• CAPITOLO XXII
✓ Detenzione a Gerusalemme (v 1-30)
• CAPITOLO XXIII
✓ Detenzione a Gerusalemme (v 1-22)
✓ Trasferimento a Cesarea (v 23-35)
• CAPITOLO XXIV
✓ Paolo difronte al Governatore Felice (v 1-27)
• CAPITOLO XXV
✓ Paolo difronte al Governatore Festo (v 1-12)
✓ Visita di Re Agrippa (v 13-27)
• CAPITOLO XXVI
✓ Discorso di Paolo difronte a Re Agrippa (v 1-32)
• CAPITOLO XXVII
✓ Partenza per Roma (v 1-13)
✓ Il naufragio (v 14-44)
• CAPITOLO XXVIII
✓ Malta (v 1-10)
✓ Paolo a Roma (v 11-30)
Antiochia – Chiesa di San Pietro
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
84
Maurizio Allocca, v150123
Siamo arrivati al capitolo 15. Nell’ordine affronteremo i seguenti eventi che Luca ci presenta nel racconto. Il
Concilio di Gerusalemme; il secondo e il terzo viaggio missionario di Paolo; il periodo della sua prigionia con
il viaggio verso Roma. In questi capitoli, come vedremo, la narrazione viene decisamente rapita dagli eventi
missionari riguardanti la vita dell’apostolo Paolo, e sempre di più si sposta per lunghissimi tratti lontano da
Gerusalemme. Nonostante i tentativi di Luca di mitigare la questione, si evidenzierà in misura crescente una
frattura tra Paolo e la frangia più radicale dei giudeo cristiani di Gerusalemme, come già avvenuto con il
giudaismo tradizionale e le sue autorità. Questa spaccatura comporterà la nascita di attriti e incomprensioni
per l’apostolo anche con la parte ellenica della chiesa e tra queste, anche con alcune delle comunità fondate
da lui (Galati e Corinzi). Non è un caso il grido di Paolo, nella seconda e ultima sua lettera, quando nella II
Timoteo (1,15;4,16) per due volte scrive, anche se non sono affermazioni di facile contestualizzazione che sia
in Asia (Asia Minore), sia a Roma molti (tutti) lo avevano abbandonato.
L’ASSEMBLEA DI GERUSALEMME 2
Atti 15,1-35
La fine del capitolo 14 coincide con il ritorno di Paolo e Barnaba ad Antiochia dal loro primo viaggio
missionario. Nonostante le difficoltà incontrate, la missione è andata bene, sono nate delle nuove comunità
composte principalmente da persone provenienti dal paganesimo, che Paolo e Barnaba hanno accolto, senza
farle passare attraverso le pratiche rituali del giudaismo, così come il modello di Antiochia. Nella cristianità,
la cui matrice è allo stato attuale ancora fortemente legata alla tradizione giudaica, si impone a seguito
dell’espandersi nel cristianesimo al di fuori delle comunità giudaiche, una questione che possiamo definire
di metodo: è corretto che i credenti che provengono dal paganesimo, non debbano seguire le prassi
tradizionali ebraiche a cui invece si sentono ancora vincolati i credenti nati dall’ebraismo? La questione, in
realtà nasconde qualcosa di più sostanziale, che nello sviluppo teologico che seguirà non sfuggirà all’acume
di Paolo, perché la questione sotto intende ad una domanda più rilevante: che cosa è necessario per essere
salvati? Al capitolo 15 del libro degli Atti troviamo proprio la trattazione di come la Chiesa si confrontò, per
dare quanto meno una prima risposta, nel merito della questione inerente all’accoglienza dei credenti greci,
quindi non provenienti dal giudaismo.
1 Alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli, dicendo: «Se voi non siete circoncisi secondo il rito di
Mosè, non potete essere salvati». 2 E siccome Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano vivacemente
con loro, fu deciso che Paolo, Barnaba e alcuni altri fratelli salissero a Gerusalemme dagli apostoli e anziani
per trattare la questione. 3 Essi dunque, accompagnati per un tratto dalla chiesa, attraversarono la Fenicia
e la Samaria, raccontando la conversione degli stranieri e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. 4 Poi,
giunti a Gerusalemme, furono accolti dalla chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono le grandi cose
che Dio aveva fatte per mezzo di loro. 5 Ma alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, si
alzarono dicendo: «Bisogna circonciderli e comandare loro di osservare la legge di Mosè».
L’occasione è data dalla visita di alcuni fratelli provenienti dalla Giudea, nella comunità di Antiochia, i quali
probabilmente chiamati a portare un loro contributo nella predicazione, insistono sulla necessità della pratica
della circoncisione, per l’ottenimento della salvezza. Paolo e Barnaba si oppongono risolutamente e la
2
Si rimanda all’appendice 2, per l’analisi delle divergenze tra il racconto lucano di Atti e il resoconto di Paolo in Galati
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
85
Maurizio Allocca, v150123
discussione diviene molto animata. Nella comunità di Antiochia sorge quindi quella che noi definiremmo, una
discussione teologica, polarizzata attorno a due posizioni: la prima sostenuta da un gruppo di giudaizzanti
che ritiene necessaria la legge di Mosè, ed una seconda sostenuta da Paolo e Barnaba che ritengono che non
sia necessaria. La discussione non trova una sua risoluzione perché le parti non vogliono cedere terreno,
tanto da divenire probabilmente divisoria a livello comunitario. Motivo per cui Paolo e Barnaba e alcuni altri
di loro vengono incaricati (delegati), dalla Comunità di Antiochia, di recarsi nella chiesa di Gerusalemme e di
sottoporre la questione agli apostoli e agli anziani, (presbiteri). Questa precisazione ci permette di
comprendere qualcosa in più sulla composizione del governo della Chiesa di Gerusalemme, oltre gli apostoli,
vi era quindi un collegio di anziani, costituito dai capi famiglia secondo un modello che rispecchiava
l’ambiente sinagogale. La piccola delegazione parte, accompagnata per un tratto dalla comunità, e dalla Siria
seguono la via delle carovane verso l’Egitto, attraversando la fenicia e poi la Samaria, e nel frattempo si
appoggiano sulle comunità cristiane, che accolgono con gioia la notizia della conversione dei pagani. Giunti
a Gerusalemme furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e Paolo e Barnaba riferirono tutto
ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro. Possiamo notare come Luca enfatizzi, che quanto era avvenuto
era un’opera stessa di Dio. Al sentire quanto è avvenuto, un gruppo di credenti della chiesa di Gerusalemme,
che viene precisato proveniente dall’ambiente dei farisei, esprimono delle perplessità nel merito della
metodologia adoperata da Paolo e Barnaba nei riguardi di questi credenti. Secondo la loro comprensione era
necessario che questi nuovi fratelli, non solo dovevano essere circoncisi, ma anche osservare la legge di Mosè.
L’osservare la Legge di Mosè include anche l’adesione a tutta una serie di rituali che gli ebrei osservano.
Anche nella chiesa di Gerusalemme avviene quanto è avvenuto ad Antiochia, l’assemblea si divide e discute.
Luca non ci racconta nulla del dibattito che può anche essere stato lungo ed acceso, riporta invece in modo
schematico l’intervento dei due principali rappresentanti della comunità di Gerusalemme, Pietro e Giacomo.
rappresentativi degli apostoli e del collegio degli anziani.
6 Allora gli apostoli e gli anziani si riunirono per esaminare la questione. 7 Ed essendone nata una vivace
discussione, Pietro si alzò in piedi e disse: «Fratelli, voi sapete che dall'inizio Dio scelse tra voi me, affinché
dalla mia bocca gli stranieri udissero la Parola del vangelo e credessero. 8 E Dio, che conosce i cuori, rese
testimonianza in loro favore, dando lo Spirito Santo a loro, come a noi; 9 e non fece alcuna discriminazione
fra noi e loro, purificando i loro cuori mediante la fede. 10 Or dunque perché tentate Dio mettendo sul
collo dei discepoli un giogo che né i padri nostri né noi siamo stati in grado di portare? 11 Ma noi crediamo
che siamo salvati mediante la grazia del Signore Gesù allo stesso modo di loro». 12 Tutta l'assemblea
tacque e stava ad ascoltare Barnaba e Paolo, che raccontavano quali segni e prodigi Dio aveva fatti per
mezzo di loro tra i pagani.
L’intervento di Pietro, viene riportato per primo e per la terza volta troviamo in Atti riportato il racconto
dell’episodio avvenuto a casa del Centurione Cornelio, che possiamo leggere come una sorta di prefazione al
dibattito che segue, in cui, l’apostolo ricorda rievocando gli eventi, che non fu una sua iniziativa quella di
entrare in casa di un pagano, ma di avere solo eseguito quanto Dio gli comandava e fu certamente allo stesso
modo una deliberata decisione di Dio, avere loro concesso il suo Spirito. Questa sottolineatura della discesa
dello Spirito Santo è fondamentale perché nella chiesa primitiva, era un segno inequivocabile di una reale
conversione. Il senso dell’argomentazione di Pietro rivolta a quella parte di confratelli che ritiene essenziale
l’osservanza della Legge suona in questo modo: “noi e loro abbiamo ricevuto il medesimo Spirito, ma voi dite
che loro sono comunque da considerarsi impuri, perché non osservano la Legge ed i rituali, ma questo è un
controsenso proprio perché Dio ha donato ad entrambi lo stesso spirito senza fare distinzioni (v9),
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
86
Maurizio Allocca, v150123
discriminazioni. Dio li ha purificati mediante la fede… cioè, “donando” a loro la fede (quindi una grazia
concessa) di credere in Cristo Gesù. Quindi ciò che li rende puri, non è la circoncisione, non è l’osservanza
della legge, perché se così fosse lo Spirito Santo non sarebbe sceso su di loro, ma la fede in Gesù. Sapendo
questo, (v10) perché chiedete a loro di perseguire un’alleanza con Dio, sulla base di ciò che sappiamo è stato
un fallimento per tutti noi. Di fatti, come popolo ebraico non siamo riusciti a rispettare il Patto che avevamo
sottoscritto con Dio, e la nostra storia lo dimostra, e voi volete comunque imporre questo peso sulle spalle di
coloro che non lo conoscevano? Fare questo significa opporsi all’opera stessa che Dio sta facendo. Perché noi
crediamo (v11) “che siamo salvati mediante la grazia del Signore Gesù allo stesso modo di loro”. Abbiamo
sottolineato nella serata introduttiva, che l’opera di Luca nonostante la possiamo definire teologicamente
povera, in realtà è ricca di pensieri teologici che lascia inespressi, come in questo caso. L’argomentazione di
Pietro ha tutti gli elementi che ritroveremo sviluppati nelle opere più mature di Paolo. “Noi che siamo ebrei,
che apparteniamo pienamente al popolo di Israele e che osserviamo la legge, in virtù di che cosa siamo
salvati? In virtù di questa legge? Allora se così fosse è inutile che venisse il Cristo; è inutile averlo ascoltato e
che credessimo in lui. Non riteniamo forse di essere salvati perché abbiamo creduto nel Cristo? Perché
osservanti della legge lo eravamo anche prima, ma abbiamo scoperto la salvezza solo grazie a Lui. Questa
stessa grazia del Signore Gesù Cristo la hanno ricevuta anche loro (in riferimenti ai gentili) ed è questa che
salva, non l’osservanza delle regole.” Le parole di Pietro v 12, colpiscono nel segno, perché Luca ci racconta
di un grande silenzio. Arriviamo ora all’intervento di Giacomo, che sorprende per l’apertura, in quanto dalle
testimonianze che ritroviamo nel NT, spicca come una persona molto conservatrice e legata alla tradizione
giudaica.
13 Quando ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse: 14 «Fratelli, ascoltatemi: Simone ha
riferito come Dio all'inizio ha voluto scegliersi tra gli stranieri un popolo consacrato al suo nome. 15 E con
ciò si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: 16 "Dopo queste cose ritornerò e ricostruirò la tenda
di Davide, che è caduta; e restaurerò le sue rovine e la rimetterò in piedi, 17 affinché il rimanente degli
uomini e tutte le nazioni, su cui è invocato il mio nome, cerchino il Signore, dice il Signore che fa queste
cose, 18 a lui note fin dall'eternità". 19 Perciò io ritengo che non si debba turbare gli stranieri che si
convertono a Dio; 20 ma che si scriva loro di astenersi dalle cose contaminate nei sacrifici agli idoli, dalla
fornicazione, dagli animali soffocati e dal sangue. 21 Perché Mosè fin dalle antiche generazioni ha in ogni
città chi lo predica nelle sinagoghe dove viene letto ogni sabato».
Giacomo, si riallaccia all’affermazione di Pietro, rafforzandola con una citazione biblica tratta dal Libro di
Amos capitolo 9 versetti 11-12, che riconosce come una profezia messianica. La citazione testuale è tratta
dalla LXX (la versione in lingua greca), che differisce dal testo ebraico (masoretico). Il testo ebraico recita: “In
quel giorno io restaurerò il regno di Davide, ridotto come una capanna in rovina… Il testo greco, citato da
Giacomo riporta: "Dopo queste cose ritornerò e ricostruirò la tenda di Davide, che è caduta…”. Questa è
una promessa rivolta alla discendenza regale di Giuda. Al tempo di Amos, che ha profetizzato nel Regno
d’Israele, nell’VIII secolo a.C. contemporaneo di Osea, la dinastia davidica che regnava su Gerusalemme era
in decadimento di fatti Amos si riferisce a questa come ad una capanna, quindi è divenuta una abitazione
precaria, angusta, misera. La traduzione greca che è posteriore a quella ebraica, scritta nel III secolo a.C.
afferma che questa dinastia invece è caduta. Da vacillante la linea regale davidica si è estinta nel VI secolo
a.C. (2 secoli dopo il profeta) con la ribellione di Sedechia (II Re 24)lxxvii. Amos, nel testo ebraico, annunciava
che Dio avrebbe rialzato la linea regale davidica, in modo tale che Israele ereditasse anche ciò che restava del
popolo di Edom (Paese loro confinante). Anche in questo caso la LXII traduce in modo differente, si perde la
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
87
Maurizio Allocca, v150123
connotazione di una conquista militare, il verbo “jarasch” “ereditare”, viene sostituito con il verbo “darasch”
“cercare” e alle stesse consonanti ebraiche che erano lette “Edom”, vengono cambiate le vocali e viene letto
“Adam” il testo premasoretico dalla quale derivano entrambi le versioni era consonantico, per cui le vocali
venivano aggiunte nella lettura , per cui non più: “erediteranno il resto di Edom”, come riporta la versione
ebraica, ma “lo cercheranno il resto degli uomini”. Gli altri uomini oltre a Israele, cercheranno il Signore.
Giacomo cita questo testo per affermare che le parole dei Profeti si accordano con quanto si trovano al
presente ad assistere. Nella Scrittura, anche se si rende necessario lo sforzo interpretativo, cercando di
cogliere il senso attuale delle antiche parole troviamo come chiesa e come cristiani, la direzione rispetto ai
problemi contingenti e attuali. Anche quando queste mettono in discussione tradizioni radicate. Pensiamo a
Lutero e alla sua formulazione della “salvezza per sola fede”, pensiamo al gesto più rivoluzionario di tutta la
riforma il ripristino del battesimo biblico ad opera dei discepoli di Zwingli che furono poi conosciuti,
paradossalmente con il nome di anabattisti (contro il battesimo). Ci vuole coraggio e fede, ricordiamoci le
parole di avvertimento di Gesù, Lc 5.39: E nessuno, che abbia bevuto vino vecchio, ne desidera del nuovo,
perché dice: "Il vecchio è buono"“. Giacomo conclude, con le parole: v19; “Per questo io ritengo (a motivo
di quanto abbiamo appena letto in Amos) che non si debba turbare gli stranieri che si convertono a Dio.
Giacomo si dimostra quindi capace di riconoscere che nonostante trovi il vino vecchio ancora molto buono,
che l’opera di Dio, almeno questa parte dell’opera, l’ha sopravanzato, sta fuggendo con passi rapidi davanti
a ciò che ha sempre ritenuto impensabile. Non sempre è possibile stare sulla cresta dell’onda. Ma non tutti
ci riusciranno. Nonostante l’apertura però Giacomo, deve mediare tra due posizioni differenti e deve quindi
anche dare qualcosa in cambio a chi non riesce ad ancora ad accettare questo cambiamento, ed anche questo
io credo sia un insegnamento di cui dobbiamo fare tesoro.
22 Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa, di scegliere tra di loro alcuni uomini da
mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba: Giuda, detto Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli.
23 E consegnarono loro questa lettera: «I fratelli apostoli e anziani, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia
che provengono dal paganesimo, salute. 24 Abbiamo saputo che alcuni fra noi, partiti senza nessun
mandato da parte nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre. 25 È parso
bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere degli uomini e di mandarveli insieme ai nostri cari
Barnaba e Paolo, 26 i quali hanno messo a repentaglio la propria vita per il nome del Signore nostro Gesù
Cristo. 27 Vi abbiamo dunque inviato Giuda e Sila; anch'essi vi riferiranno a voce le medesime cose. 28
Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso all'infuori di queste cose, che sono
necessarie: 29 astenervi dalle carni sacrificate agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla
fornicazione; da queste cose farete bene a guardarvi. State sani»
Giacomo pone quindi delle condizioni v20 e chiede, ma possiamo dire ordina, perché questo è il tenore: “di
astenersi dalle cose contaminate nei sacrifici agli idoli, dalla fornicazione, dagli animali soffocati e dal
sangue...”. La prima richiesta riguarda il divieto di mangiare le carni che vengono dalla macellazione degli
animali sacrificati agli idoli. La seconda condizione, riguarda invece divieto di mangiare gli animali soffocati
nel sangue, è una prescrizione alimentare che gli ebrei hanno ricevuto nel Vecchio Testamento (De, 12.15;
Lv, 3.2 e 8.13 , e riguarda la modalità di macellazione dell’animale, che doveva avvenire solo e unicamente
per “scannamento”, quindi tramite dissanguamento dell’animale. In tutti i casi in cui la macellazione
dell’animale avviene in modo differente, non so per esempio per restare sempre nel macabro, alle galline
solitamente i nostri nonni “tiravano il collo”, l’animale quindi moriva per usare la stessa espressione biblica:
“soffocato nel suo sangue”. Il divieto tradotto come “fornicazione”, in altre versioni CEI è più correttamente
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
88
Maurizio Allocca, v150123
tradotto per preservare il senso con “impudicizia”. Deve riferirsi alle questioni che riguardano il costume dei
greci, che gli ebrei percepivano come particolarmente scandaloso. Il perché di queste richieste è motivato,
dal fatto che gli ebrei considerano queste usanze sacrali e fondamentali, e se anche abbiamo stabilito che
non sono necessarie per la salvezza, tuttavia, è necessaria questa rinuncia, al fine di non scandalizzare i giudei
siano essi fratelli o ebrei. La richiesta trova accoglienza nell’assemblea, e v22 “gli apostoli, gli anziani e tutta
la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba”. Affinché
nessuno potesse dubitare della volontà espressa dalla Chiesa di Gerusalemme contestando le eventuali
parole di Paolo e Barnaba. Vengono scelti Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande
considerazione tra i fratelli, a cui fu affidata una lettera indirizzata alla comunità di Antiochia. Paolo, Barnaba
insieme alla delegazione della comunità di Gerusalemme, tornano quindi ad Antiochia, e radunata la
comunità leggono la lettera.
30 Essi dunque presero commiato e scesero ad Antiochia, dove, radunata la moltitudine dei credenti,
consegnarono la lettera. 31 Quando i fratelli l'ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che essa
portava loro. 32 Giuda e Sila, anch'essi profeti, con molte parole li esortarono e li fortificarono. 33 Dopo
essersi trattenuti là diverso tempo, i fratelli li lasciarono ritornare in pace a coloro che li avevano inviati.
34 [Ma parve bene a Sila di rimanere qui.] 35 Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando e
portando, insieme a molti altri, il lieto messaggio della Parola del Signore.
La prima parte precisa che quanto è stato espresso da questi fratelli giudei. Se pur provenienti dalla chiesa di
Gerusalemme, non rappresenta l’opinione degli apostoli e degli anziani della stessa Chiesa. La lettera poi
continua con un lusinghiero elogio a Paolo e Barnaba, probabilmente perché il loro operato probabilmente
nella disputa, era stato oggetto di discredito da parte di qualcuno. Viene quindi introdotta la questione dei
divieti utilizzando la celebre formula v28: “Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi”, quindi sottolineano
che la decisione raggiunta ritengono sia ispirata dallo Spirito Santo.
INIZIO SECONDO VIAGGIO MISSIONARIO DI PAOLO
Atti 15,36-41
36 Dopo diversi giorni Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i fratelli di tutte le città in cui
abbiamo annunciato la Parola del Signore, per vedere come stanno». 37 Barnaba voleva prendere con loro
anche Giovanni detto Marco. 38 Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era separato
da loro già in Panfilia e che non li aveva accompagnati nella loro opera. 39 Nacque un aspro dissenso, al
punto che si separarono; Barnaba prese con sé Marco e s'imbarcò per Cipro. 40 Paolo, invece, scelse Sila e
partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore. 41 E percorse la Siria e la Cilicia, rafforzando le
chiese.
Alla fine del capitolo 15, Luca riporta la nascita di un dissidio tra Paolo e Barnaba, che nasce a seguito della
decisione di ritornare a fare visita ai fratelli delle Città che hanno visitato, questo anche per renderli partecipi
delle disposizioni ricevute dalla chiesa di Gerusalemme. Tra Paolo e Barnaba nasce un contrasto, perché
Barnaba vorrebbe che al viaggio partecipasse anche suo cugino Giovanni detto Marco, Paolo invece si oppone
a motivo del suo abbandono durante il primo viaggio missionario. Luca tace sia sui motivi che spinsero Marco
ad abbandonare i propri compagni di viaggio durate la prima missione, sia sulle motivazioni per cui Paolo è
in disaccordo. il contrasto è però insanabile per cui alla fine si separano. Barnaba insieme con Marco ritorna
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
89
Maurizio Allocca, v150123
a Cipro e Paolo sceglie come collaboratore Sila, uno dei fratelli inviati nella delegazione della Chiesa di
Gerusalemme e partono in direzione della Cilicia, probabilmente passando anche da Tarso, luogo natio di
Paolo, dove ancora abita la sua famiglia.
DERBE E LISTRA
Atti 16,1-5
Dalla Cilicia, seguendo lo stesso percorso IV secoli prima percorso dall’esercito macedone di Alessandro
Magno, all’alba della battaglia di Isso, attraverso una stretta gola a circa 1.100 metri di quota, nella catena
montuosa del Tauro, chiamata le “Porte delle Cilicia”, giungono nell’altipiano anatolico. Inizia in questo modo
il secondo viaggio missionario, che occupa i capitoli 16 e 18 del libro degli Atti.
Giunse anche a Derba e a Listra; e là c'era un discepolo, di nome Timoteo, figlio di una donna ebrea
credente, ma di padre greco. 2 Di lui rendevano buona testimonianza i fratelli che erano a Listra e a Iconio.
3 Paolo volle che egli partisse con lui; perciò lo prese e lo circoncise a causa dei Giudei che erano in quei
luoghi; perché tutti sapevano che il padre di lui era greco. 4 Passando da una città all'altra, trasmisero ai
fratelli, perché le osservassero, le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano a Gerusalemme.
5 Le chiese dunque si fortificavano nella fede e crescevano ogni giorno di numero. 6 Poi attraversarono la
Frigia e la regione della Galazia, essendogli stato impedito dallo Spirito Santo di annunciare la Parola in
Asia; 7 e, giunti ai confini della Misia, cercavano di andare in Bitinia; ma lo Spirito di Gesù non lo permise
loro; 8 e, oltrepassata la Misia, discesero a Troas. 9 Paolo ebbe durante la notte una visione: un Macedone
gli stava davanti e lo pregava dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici». 10 Appena ebbe avuta quella
visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là ad annunciare
loro il vangelo.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
90
Maurizio Allocca, v150123
Le prime tappe, una volta in Anatolia, sono le città di Listra e Derbe visitate durante il precedente viaggio
missionario. Sono passati già alcuni anni e a Listra Paolo incontra probabilmente un nuovo frutto di questa
comunità, in quanto dalla descrizione dell’incontro non sembra che si conoscessero. Un discepolo di nome
Timoteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco. Nella seconda lettera che scriverà a Timoteo,
circa 10 anni dopo, Paolo citerà sia la mamma, Eunice, che la nonna Loide, di Timoteo, che elogerà come due
donne di fede e dallo stesso scritto sappiamo che Timoteo, 3.15 fin dall’infanzia ha avuto conoscenza delle
Scritture. La mamma e la nonna, di estrazione giudaica divenute cristiane, devono aver trasmesso a Timoteo
la conoscenza e l’amore per la Parola di Dio che ha portato a suo tempo frutto nella vita di Timoteo. Questo
è un incoraggiamento anche per noi non solo a trasmettere l’amore per questa Parola, ma anche a trascurare
di insegnarla. Timoteo era un credente stimato nella comunità di Listra e Paolo deve averne avuto fin da
subito una buonissima impressione v3, di fatti gli propone di seguirlo, cosa che Timoteo accetta. A questo
punto Luca riporta una decisione di Paolo riguardo Timoteo che sembra contraddire quanto sia stato l’esito
della discussione teologica avvenuta durante il Concilio di Gerusalemme. Fa circoncidere Timoteo, questo a
causa dei giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infatti sapevano che suo padre era greco, mentre sua
madre e giudealxxviii. Nella lettera ai Galati (capitolo 2) abbiamo una situazione simile in cui però Paolo prende
una decisione differente, quando a Gerusalemme si oppone alla pretesa da parte di alcuni fratelli della chiesa,
di far circoncidere Tito. Sembra un apparente contraddizione, ma in realtà sono decisioni che maturano in
contesti differenti. Paolo a Gerusalemme si impunta perché teme, che dare seguito a questa pretesa, ne
possano derivare conseguenze scorrette, come il pensare che sia indispensabile questa prassi. In questo caso,
non sente costrizione, non è un problema che riguarda le comunità cristiane, ma riguarda i rapporti con le
diaspore giudaiche e non vuole precludere la possibilità di poter essere ricevuto da queste e poter
testimoniare di Cristo.
Luca di quanto accade in questa prima parte del viaggio, non riporta quasi nulla, ma solo che spostandosi da
città in città riportavano le decisioni che erano state prese nel Concilio di Gerusalemme, e subito dopo
aggiunge il “solito” ritornello della crescita, quasi a sottolineare che questo fosse una sorta di cui, dell’unità
di fede, che la cristianità esprimeva. Sappiamo che
il viaggio non va secondo i programmi che si erano prefissi. Luca non riporta i motivi per cui si trovano più
volte nelle condizioni di cambiare itinerario, ma riporta la causa, affermando che è stato dovuto allo Spirito
Santo che aveva quindi decido diversamente. Paolo, Sila e Timoteo, stanno percorrendo quella parte di
mondo conosciuta come l’Anatolia, che oggi ha il nome di Turchia, un paese che geograficamente si estende
tra Europa e Asia Minore, ma ai tempi quella parte di mondo era considerata Asia. Questo però non ci deve
ingannare, perché quando Luca afferma che lo Spirito Santo, impedisce a Paolo di recarsi in Asia, non parla
del continente, ma della provincia romana che porta proprio il nome di Asia e che è situata ad ovest
dell’attuale Turchia, e il cui capoluogo/capitale è la città di Efeso.
TROAS
Atti 16,6-10
Procedono allora verso est in direzione della Galazia e provano poi ad entrare in Bitinia, anche in questo caso
senza successo, per cui attraversano la Misia ed arrivano fino a Troas (Troade), città sul mare Egeo, a nord
della Turchia, all’estremo confine dell’allora Anatolia. Qui Paolo, Sila e Timoteo, di fronte allo stretto dei
Dardanelli, s’interrogano su quale strada prendere. Solo una piccola lingua di mare li separa dall’Europa, ma
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
91
Maurizio Allocca, v150123
nonostante la piccola distanza il salto sarebbe enorme. Non è una decisione facile, vorrebbe dire allontanarsi
ancora di più da Gerusalemme, che ancora per loro è il baricentro della loro fede. Di entrare in contatto con
un mondo completamente nuovo, con una cultura differente.
Stretto dei Dardanelli
Sono al confine che segna la fine dell’Oriente e
l’inizio dell’Occidente nel mondo antico. Che sia
una scelta combattuta decidere quale direzione
prendere, lo dimostra che: “Durante la notte
apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un
macedone che lo supplicava: “Passa in Macedonia
e soccorrici!”. Paolo in sogno (probabilmente), ha
una visione, e vede (sempre probabilmente) un
uomo vestito secondo il costume tradizionale della
Macedonia che chiede il suo aiuto. Il giorno
seguente possiamo ipotizzare che si confida con i
propri collaboratori e decidono di partire per
l’Europa, riconoscendo che l’invito gli è stato rivolto
dallo Spirito Santo. Luca prosegue la narrazione dal versetto 10: “Appena ebbe avuta quella visione,
cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là ad annunciare loro il
vangelo”. Qui i più attenti di voi avranno notato che vi è un cambiamento importante a livello narrativo. Il
racconto improvvisamente, senza nessuna spiegazione, passa dalla terza persona plurale, alla prima persona
plurale. “Loro/Essi” viene sostituito dal “noi”. Da ciò gli studiosi hanno dedotto, che da questo momento a
Paolo, Sila e Timoteo, si aggiunge una quarta persona che come abbiamo ipotizzato nella serata introduttiva,
deve essere l’autore dello scritto, cioè Luca. Poiché non compare prima nella narrazione, si deve per forza
pensare che l’incontro avviene proprio a Troas. Ora che cosa Luca ci facesse così lontano da Antiochia, luogo
in cui risiedeva è impossibile saperlo, sono state ovviamente fatte diverse ipotesi ma nessuna si può dire
certa e comunque non aggiungono nulla alla narrazione.
FILIPPI
Atti 16,11-40
11 Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; 12 di là ci
recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e
restammo in quella città alcuni giorni. 13 Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove
pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e, sedutici, parlavamo alle donne là riunite. 14 Una donna della
città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, stava ad ascoltare. Il Signore le
aprì il cuore per renderla attenta alle cose dette da Paolo. 15 Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci
pregò dicendo: «Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, entrate in casa mia e alloggiatevi». E ci
costrinse ad accettare.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
92
Maurizio Allocca, v150123
S’imbarcano fanno scalo sull’isola di Samotracia, sbarcano a Neapoli e arrivano a ilippi, importante centro
della provincia della Macedonia e finalmente Luca ci riporta degli accadimenti nel merito della loro opera
missionaria. In realtà anche questo potrebbe essere parte dell’intento narrativo. Perché fino ad ora Paolo ei
suoi compagni avevano visitato luoghi già raggiunti nel primo viaggio missionario, mentre ora arrivano in
Europa e Luca una volta arrivati a Filippi, diviene più dettagliato nel merito della missione; riferisce che
restarono alcuni giorni. Il sabato si recano al fiumelxxix nella speranza di incontrare degli ebrei radunatesi per
la preghieralxxx. Incontrano invece delle donne a cui iniziano a testimoniare. Una di queste donne, di nome
Lidia, una commerciante di porpora, della città di Tiàtira, dell’entroterra di Efeso, inizia ad ascoltare Paolo,
ed il Signore, scrive Luca, gli aprì il cuore. Luca adopera la stessa espressione che usa alla fine del suo Vangelo,
al capitolo 2 quando Gesù risorto, si presenta ai discepoli nell’alto solaio, v 5 “ Allora aprì loro la mente per
capire le Scritture “. Il Signore interviene nella vita di Lidia, perché possa comprendere ed è la prima persona
che ufficialmente si converte nel nostro continente ed ancora una volta Gesù risorto si presenta per primo
ad una donna. Una donna anche socialmente importante è una commerciante che fa compravendita di
“porpora”, un pigmento di origine organica, molto costoso che serviva per colorare i capi. Deve essere a capo
di un’azienda, avere dei dipendenti. Luca riporta che viene battezzata insieme alla sua famiglia, ma può anche
essere inteso alla “sua casa”, in senso più allargato, comprende tutto ciò a cui fa capo il suo ruolo.
Probabilmente anche per questo particolare di natura sociale non è ebrea, ma lo possiamo dedurre anche
dall’espressione usata da Luca che specifica al v1 , “timorata di Dio”, che è utilizza anche presentando
Cornelio. Questa donna apre immediatamente il proprio cuore, e le proprie disponibilità a Paolo e ai suoi
collaboratori, tanto da offrirgli la propria ospitalità, con tanta insistenza, che Luca deve scrivere: “che ci
costrinse ad accettare.”. Questa frase di Luca, quasi detta con il sorriso, ci permette di soffermarci nel merito
degli aspetti logistici delle missioni di Paolo. Il fatto che Luca si senta nella necessità quasi di giustificare il
motivo per cui decidono di accettare l’ospitalità di questa neoconvertita ci permette di ipotizzare che si erano
probabilmente dati delle regole deontologiche a riguardo in quanto missionari. Nonostante certamente
avessero necessità di essere aiutati, l’itinerario seguito non era stato previsto, si trovano in un luogo dove
non vi è una presenza giudaica su cui appoggiarsi. Hanno certamente delle risorse economiche, ma
ricordiamoci che questi viaggi duravano anni ed erano del tutto insoddisfacenti per finanziare l’intera attività
missionaria, devono quindi mettere in conto una buona dose di provvidenza da parte dello Spirito Santo
perché li aiuti a trovare tetti sotto cui dormire, cibo e passaggi per i viaggi, eppure nonostante questo questa
donna deve insistere perché accettino la sua ospitalità.
16 Mentre andavamo al luogo di preghiera, incontrammo una serva posseduta da uno spirito di
divinazione. Facendo l'indovina, essa procurava molto guadagno ai suoi padroni. 17 Costei, messasi a
seguire Paolo e noi, gridava: «Questi uomini sono servi del Dio altissimo e vi annunciano la via della
salvezza». 18 Così fece per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti ordino, nel
nome di Gesù Cristo, che tu esca da costei». Ed egli uscì in quell'istante. 19 I suoi padroni, vedendo che la
speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza davanti alle
autorità; 20 e, presentatili ai pretori, dissero: «Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città 21
e predicano riti che a noi Romani non è lecito accettare né praticare». 22 La folla insorse allora contro di
loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero battuti con le verghe. 23 E, dopo aver
dato loro molte vergate, li cacciarono in prigione, comandando al carceriere di sorvegliarli attentamente.
24 Ricevuto tale ordine, egli li rinchiuse nella parte più interna del carcere e mise dei ceppi ai loro piedi.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
93
Maurizio Allocca, v150123
Dopo un certo periodo, che non possiamo quantificare, mentre si recano alla preghiera, incontrano: “una
giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione”, in greco: “pneuma pitóna”, spirito di pitone. Il Pitone
a cui Luca si riferisce, è un personaggio della mitologia greca. La leggenda racconta che Apollo uccidendo il
drago serpente, che custodiva l’oracolo di Delfi, s’impossesso della sacerdotessa a cui diede il nome di
“pizia”, pitonessa . Allo stesso modo con cui lo spirito di Apollo, si manifestava tramite la pizia, avveniva per
questa ragazza, che posseduta da uno spirito parlava in suo nome, ed era un’occasione di guadagno per i suoi
padroni essendo lei schiava. Luca racconta che questa ragazza per molti giorni seguì Paolo ei suoi
collaboratori e come fosse un araldo li annunciava gridando: “Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e
vi annunziano la via della salvezza”. Paolo ci mette molti giorni a perdere la pazienza, possiamo fare diverse
ipotesi, magari solo dopo per rivelazione scopre che la persona non è libera, magari non vuole in un ambiente
nuovo scatenare troppo clamore, magari non è convinto che la ragazza voglia davvero ravvedersi. Il motivo
reale non ci viene detto, sappiamo solo che a un certo punto Paolo, infastidito si rivolge allo spirito che era
dentro alla ragazza cacciandolo v18: “Io ti ordino, nel nome di Gesù Cristo, che tu esca da costei”. E lo spirito
si allontanò all’istante. La ragazza perde le sue capacità divinatorie, e i suoi padroni le possibilità di guadagno
e da qui nasce una contesa per cui trascinano i discepoli nella piazza principale davanti ai capi della città con
la seguente accusa: v20 “Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città 21 e predicano riti che a
noi Romani non è lecito accettare né praticare”. Questo è un paradosso che accompagnerà i missionari
giudeo cristiani per molti anni, nelle città dove ci sono grandi comunità di giudei, saranno accusati da loro di
essere traditori, dove non ci sono, come in questo caso Paolo viene accusato di essere un giudeo e di
turbare la quiete dei romani. La folla, evidentemente xenofoba, reagisce in modo negativo contro lo
straniero (in 2000 anni non abbiamo fatto molti progressi). L’accusa di essere un giudeo ottiene l’effetto
voluto, per cui la gente si anima in modo violento. Filippi aveva lo status di colonia romana, in quanto a
seguito di campagne di guerra, si erano stanziati dei cittadini romani e/o latini, per cui era una città legata da
vincoli di eterna alleanza con la madrepatria. Questo status, la rendeva una comunità autonoma, anche se
situata in un territorio conquistato e in quanto tale aveva dei privilegi, tra cui un sistema di tassazione molto
leggero. L’ultima cosa che quindi le autorità di ilippi desiderano, era che degli stranieri potessero turbare
l’ordine pubblico creandogli difficoltà con l’Autorità imperiale con il rischio di perdere i loro privilegi. I Pretori,
quindi intervengono duramente, fecero strappare loro i vestiti, e ordinarono di bastonarli: “E, dopo aver
dato loro molte vergate, li cacciarono in prigione, comandando al carceriere di sorvegliarli attentamente.
24 Ricevuto tale ordine, egli li rinchiuse nella parte più interna del carcere e mise dei ceppi ai loro piedi.”
Questo è quanto avviene ancora oggi a tanti nostri fratelli e sorelle in alcune parti del mondo.
25 Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano. 26 A un
tratto vi fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta; e in quell'istante tutte le porte si
aprirono e le catene di tutti si spezzarono. 27 Il carceriere si svegliò e, vedute tutte le porte del carcere
spalancate, sguainò la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. 28 Ma Paolo gli gridò
ad alta voce: «Non farti del male, perché siamo tutti qui». 29 Il carceriere, chiesto un lume, balzò dentro
e, tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila; 30 poi li condusse fuori e disse: «Signori, che debbo
fare per essere salvato?» 31 Ed essi risposero: «Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia».
32 Poi annunciarono la Parola del Signore a lui e a tutti quelli che erano in casa sua. 33 Ed egli li prese con
sé in quella stessa ora della notte, lavò le loro piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. 34 Poi li fece
salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e si rallegrava con tutta la sua famiglia, perché aveva creduto
in Dio.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
94
Maurizio Allocca, v150123
Abbiamo anticipato nella prima serata, che a livello narrativo, Luca volutamente crea dei paralleli fra le
vicende di Pietro e quelle di Paolo. L’episodio che segue ripropone proprio uno di questi paralleli. Il primo lo
abbiamo commentato a proposito della liberazione di Pietro al capitolo 12 mentre adesso segue un evento
simile riguardante Paolo e Sila. Il racconto di Luca inizia con questa immagine di Paolo e Sila incarcerati che
in quella stessa notte, nonostante i dolori delle battiture, sono in preghiera e cantano inni a Dio, mentre i
carcerati stavano ad ascoltarli. Un’immagine di grande serenità, di due persone, che nella loro situazione con
tutti i risvolti che questa potrà prendere, anche drammatici, si sono affidati completamente a Dio. Sono pronti
a tutto, v26 “A un tratto vi fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta, e in quell'istante
tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si spezzarono.” Il carceriere viene improvvisamente svegliato
da quel boato e corre verso le celle, e vedendo le porte aperte, il suo primo pensiero e che tutti i prigionieri
siano scapati, e non potendolo spiegare va nel panico; sa che sarà ritenuto responsabile ed estrae la spada;
meglio morire con una breve agonia che torturato. Paolo interviene e lo ferma, gli grida, “Non farti del male,
siamo tutti qui”. Nessuno dei prigionieri pure avendo l’occasione ha deciso di fuggire, qualcosa d’incredibile
deve essere avvenuto, tanto che l’esperienza avuta deve aver convinto anche i compagni di prigionia di Paolo
e Sila, che sia stato davvero un intervento divino, e ora convinti da Paolo decidono di rimanere in carcere
anche se nulla gli impedisce di scappare. Anche il carceriere è molto scosso, non abbiamo molti riferimenti
per riuscire a ricostruire davvero cosa sia avvenuto, ma certo il carceriere riconosce in Paolo e Sila, l’agire di
una potenza divina, non a caso si getta ai loro piedi, v30: “Signori, cosa devo fare per esser salvato?”. Il titolo
con cui li appella, non è un semplice titolo di rispetto è un’termine forte nella lingua greca: “Kyrios”, Signore ,
nel NT è un titolo divino usato per Gesù. Paolo e Sila gli rispondono: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato
tu e la tua casa e la tua famiglia”. “Non siamo noi dei Kyrioi (Signori), credi invece nell’unico vero Kyrios: il
Signore Gesù! In greco il verbo utilizzato è un imperativo aoristo, quindi indica un’azione che incomincia o
che è avvenuta in un tempo preciso. Potremmo quindi anche tradurre con “comincia a credere! Fa il salto;
deciditi, affidati al Signore e sarai salvato”. Importante notare che il verbo è passivo: non sei tu che ti salvi,
ma vieni salvato; tuo è l’atto di fede e la scelta di affidarsi, ma è Lui che ti salva. Il carceriere come è avvenuto
per Lidia di cui abbiamo letto sopra, si mette a completa disposizione di Paolo e Sila, gli apre la casa, non
prima di averli lavato le piaghe dovute alle battiture che hanno ricevuto. Anche in questo caso, Luca non si
stanca di rimarcare come in tutti gli altri casi di conversione, la presenza della gioia nella vita delle persone.
Questo è un sentimento sempre più sconosciuto nella nostra società, che vive un senso perenne
d’insoddisfazione. Il contrario della gioia, che è invece uno stato dell’anima, di viva, completa, incontenibile
soddisfazione, di appagamento. Dio, afferma Luca, è colui che risponde completamente, che soddisfa
completamente, che riempie perfettamente che s’incastra in modo preciso nelle nostre anime. Da quando
Paolo è stato arrestato, è passata una sola notte, ma quella sola notte ha trasformato completamente il cuore
di questo carceriere, da persona dura, abituata ad eseguire comandi che portano spesso sofferenze alle
persone, che ha rinchiuso Paolo nella cella più buia, che ha provveduto a stringergli i ceppi ai piedi, diviene
un uomo trasformato che si inginocchia davanti a coloro che reputava nemici o ostili, che gli lava le piaghe,
apre la sua casa, gli offre il suo cibo. Questi sono i segni di una vera conversione, di un uomo visitato
profondamento dalla grazia di Dio e liberato dai suoi legami.
35 Fattosi giorno, i pretori mandarono i littori a dire: «Libera quegli uomini». 36 Il carceriere riferì a Paolo
queste parole, dicendo: «I pretori hanno mandato a dire che siate rimessi in libertà; or dunque uscite, e
andate in pace». 37 Ma Paolo disse loro: «Dopo averci battuti in pubblico senza che fossimo stati
condannati, noi che siamo cittadini romani, ci hanno gettati in prigione; e ora vogliono rilasciarci di
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
95
Maurizio Allocca, v150123
nascosto? No davvero! Anzi, vengano loro stessi a condurci fuori». 38 I littori riferirono queste parole ai
pretori; e questi ebbero paura quando seppero che erano Romani. 39 Essi vennero e li pregarono di
scusarli; e, accompagnandoli fuori, chiesero loro di andarsene dalla città. 40 Allora Paolo e Sila, usciti dalla
prigione, entrarono in casa di Lidia; e, visti i fratelli, li confortarono, poi partirono.
Il giorno dopo arriva l’ordine di scarcerazione, questo rende evidente che i magistrati della città non avevano
nulla di reale da poter contestare. Il carceriere lo riferisce a Paolo ma Paolo contesta ai pretori il loro operato,
perché non hanno agito nel rispetto del diritto romano. V37: “Dopo averci battuti in pubblico senza che
fossimo stati condannati, noi che siamo cittadini romani, ci hanno gettati in prigione; e ora vogliono
rilasciarci di nascosto? No davvero! Anzi, vengano loro stessi a condurci fuori”. Nessuno poteva infliggere
una pena corporale a un cittadino romanolxxxi, senza un regolare processo. Gli stessi centurioni potevano
colpire le reclute, con cittadinanza romana, a scopo disciplinare, solo e unicamente utilizzando un bastone in
legno di vite chiamato appunto “vitis”, che doveva essere stato toccato dall’imperatore in persona. Quindi
questi pretori hanno fatto un grave abuso, fidandosi unicamente della testimonianza dei padroni della
schiava, hanno creduto che fossero solo dei giudei, sono quindi in grave torto, avendo condannato e punito
dei cittadini romani senza una regolare processo come imponeva il diritto romano. Dall’affermazione di Paolo
sembra che non sia stato solo un fraintendimento, è probabile che lui avesse detto di essere cittadino romano
e non è stato creduto, o almeno lui è convinto che sia così, per cui esige delle scuse. I magistrati avvisati dalle
guardie che erano andati per liberarli, sono sorpresi di apprenderlo, si spaventano perché ciò che hanno fatto
è grave, per cui, accorrono per cercare una soluzione bonaria e si scusano riconoscendo il torto, ma li pregano
di partire. Non possono cacciarli, ma probabilmente la situazione in città è ancora molto agitata e temono
disordini e che possa accadere loro qualcosa di male che li metterebbe ancora più in difficoltà e Paolo, Sila e
Timoteo ascoltano questa richiesta. Si recarono a casa di Lidia dove, incontrati i fratelli, li salutano e li
incoraggiano. Da questo punto in poi il racconto ritorna in terza persona plurale, per cui possiamo
dedurre che Luca, resta a Filippi e non riparte con loro. Quando tra qualche anno Paolo scriverà la
lettera ai Filippesi, oltre a Lidia e alla sua famiglia, al carceriere, di cui non si saprà mai il nome e alla sua
famiglia molti altri ascolteranno le parole di scritte da Paolo, grazie anche all’opera missionaria che nel
frattempo porta avanti Luca. Lui non è un giudeo ellenista (come i giudei delle diaspore), è nato ad Antiochia
che se anche è una città dell’asia minore, è stata fondata dai greci e la sua cultura è greca e probabilmente e
la persona che ha maggiore affinità per continuare l’opera in questo luogo.
TESSALONICA
Atti 17,1-9
Siamo arrivati al capitolo 17, sempre procedendo sulla via Egnazia, Paolo, Sila e Timoteo, dopo aver percorso
152 chilometri arrivano a Tessalonica, capitale della provincia di Macedonia.
1 Dopo essere passati per Amfipoli e per Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c'era una sinagoga dei
Giudei; 2 e Paolo, com'era sua consuetudine, entrò da loro, e per tre sabati tenne loro ragionamenti tratti
dalle Scritture, 3 spiegando e dimostrando che il Cristo doveva soffrire e risuscitare dai morti. «E il Cristo»,
egli diceva, «è quel Gesù che io vi annuncio». 4 Alcuni di loro furono convinti e si unirono a Paolo e Sila, e
così una gran folla di Greci pii e non poche donne delle famiglie più importanti. 5 Ma i Giudei, mossi da
invidia, presero con loro alcuni uomini malvagi tra la gente di piazza; e, raccolta quella plebaglia, misero in
subbuglio la città; e, assalita la casa di Giasone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo. 6 Ma
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
96
Maurizio Allocca, v150123
non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli davanti ai magistrati della città, gridando:
«Costoro, che hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui, 7 e Giasone li ha ospitati; ed essi
tutti agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c'è un altro re: Gesù». 8 E misero in agitazione la
popolazione e i magistrati della città, che udivano queste cose. 9 Questi, dopo aver ricevuto una cauzione
da Giasone e dagli altri, li lasciarono andare.
Sembra evidente che la strategia sia di scegliere i grandi centri urbani, soprattutto i centri di commercio, di
comunicazione sociale molto attiva. A Tessalonica nonostante sia anche questa una colonia, quindi una città
a statuto speciale, vi è una sinagoga, e una buona presenza giudaica. Secondo una consuetudine che abbiamo
imparato a conoscere, Paolo, inizia la sua opera missionaria proprio dalla sinagoga e per 3 sabati (giorno di
preghiera in cui si radunano gli ebrei a pregare), partecipa agli incontri e discute con i giudei sulla base delle
Scritture, spiegando come le profezie attorno al Cristo, in esse contenute, hanno trovato esaudimento nella
figura di Gesù. Ovviamente trova un terreno comune che è quello delle Scritture del Vecchio Testamento. La
predicazione di Paolo ha successo, non solo alcuni dei giudei vengono convinti dalle sue parole, ma anche
un buon numero di greci simpatizzanti e non poche donne della nobiltà. Si crea quindi a Tessalonica una
comunità eterogenea. Anche in questo caso come nelle altre città visitate molte donne si manifestano essere
sensibili al messaggio del Vangelo. Anche a Tessalonica, si ripete quello che è già avvenuto in altre realtà in
cui vi è un forte presenza giudaica. La frattura provocata dalla predicazione del Vangelo all’interno della
comunità che frequenta la sinagoga, provoca la reazione di alcuni di questi, che con l’aiuto di alcuni individui
facinorosi creano disordine, nasce un tumulto di piazza, lo scopo e di fare ricadere la responsabilità sul gruppo
di Paolo, che nel frattempo cercano al fine di portarlo davanti alle autorità per accusarlo. Arrivano a casa di
un certo Giasone, dove probabilmente Paolo soggiornava, ma non lo trovano, per cui se la prendono con il
padrone di casa e alcuni fratelli che erano presenti, che vengono portati davanti ai magistrati, letteralmente
“politarchi”. Questa annotazione di Luca, è stata per diverso tempo contestata da diversi studiosi per mettere
in dubbio anche la veridicità storica della narrazione, in quanto questo titolo, fino alla seconda metà del
900lxxxii era praticamente sconosciuto, fino a quando non sono state ritrovate iscrizioni che lo riportavano.
L’accusa che viene mossa a Paolo è di sommossa politica, e ritroviamo formulata una denuncia che per secoli
accompagnerà i cristiani v7 “ed essi tutti agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c'è un altro re:
Gesù”. Stravolgendo la predicazione sul regno di Dio accusano Paolo e Sila di essere dei predicatori politici
a favore di un altro re, che viene quindi presentato come un antagonista dell’imperatore di Roma. Questa
accusa mette in forte agitazione sia la popolazione che i magistrati, che temono di poter aver problemi con
Roma, fanno quindi una forte pressione su Giasone a cui gli sequestrano una somma di denaro, con l’impegno
di restituirla probabilmente qualora la smetterà di dare ospitalità a Paolo e Sila. La situazione non è semplice,
Paolo e suoi collaboratori, dopo un consulto notturno v10, decidono di partire verso Berea, incoraggiati anche
dai fratelli appena convertitesi probabilmente preoccupati per la loro incolumità, e ripartono quella notte
stessa. Non abbiamo elementi temporali, per stabilire quanto tempo Paolo e i suoi compagni si siano fermati
sia Filippi che a Tessalonica, gli studiosi ipotizzano un periodo massimo di 3-4 mesi. Nel caso di Tessalonica,
a differenza di Filippi, la comunità che Paolo lascia al momento della partenza, sembra essere meno formata,
anche se come sappiamo poi dalla corrispondenza paolina del Nuovo Testamento, nascerà una fiorente
comunità.
BEREA
Atti 17,10-15
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
97
Maurizio Allocca, v150123
10 Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; ed essi, appena giunti, si recarono
nella sinagoga dei Giudei. 11 Ora questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché
ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano
così. 12 Molti di loro dunque credettero, e così pure un gran numero di nobildonne greche e di uomini. 13
Ma quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che la Parola di Dio era stata annunciata da Paolo
anche a Berea, si recarono là, agitando e mettendo sottosopra la folla. 14 I fratelli allora fecero subito
partire Paolo, conducendolo fino al mare; ma Sila e Timoteo rimasero ancora là. 15 Quelli che
accompagnavano Paolo lo condussero fino ad Atene e, ricevuto l'ordine di dire a Sila e a Timoteo che
quanto prima si recassero da lui, se ne tornarono indietro.
Paolo e i suoi compagni si spostano di una cinquantina di chilometri e arrivano a Berea, come da prassi, il
giorno della preghiera (il sabato) si recano nella sinagoga, presente in questa città, e trova, scrive Luca, dei
giudei dai sentimenti più nobili rispetto di quelli di Tessalonica che accolgono la Parola con grande
entusiasmo e non solo al sabato, ma ogni giorno qualcuno si sofferma con Paolo a studiare le Scritture con
lo scopo di verificare (in senso positivo) il suo insegnamento. Luca riporta che: “Molti di loro dunque
credettero, e così pure un gran numero di nobildonne greche e di uomini.” Ancora una volta troviamo
questa sottolineatura, legata, non tanto alla presenza femminile, ma specificatamente alle nobildonne.
Persone agiate di una classe sociale alta. Anche a Berea vediamo nascere una nuova comunità anche in
questo caso molto eterogenea. I giudei di Tessalonica, avendo saputo che Paolo era a Berea, (v13), decidono
di raggiungerlo per ostacolare anche in quella città, la sua opera missionaria. Paolo è costretto, ancora una
volta ad allontanarsi in modo furtivo, aiutato dai fratelli che lo fanno partire via mare, mentre Sila e
probabilmente anche Timoteo (non è chiaro se Timoteo sia rimasto a Tessalonica) rimangono per ora a Berea.
ATENE
Atti 17, 16-34
Paolo si imbarca e via mare arriva al Pireo, al porto di Atene. Dove si è raccomandato con Sila e Timoteo di
raggiungerlo al più presto.
16 Mentre Paolo li aspettava ad Atene, lo spirito gli s'inacerbiva dentro nel vedere la città piena di idoli.
17 Frattanto discorreva nella sinagoga con i Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con
quelli che vi si trovavano. 18 E anche alcuni filosofi epicurei e stoici conversavano con lui. Alcuni dicevano:
«Che cosa dice questo ciarlatano?» E altri: «Egli sembra essere un predicatore di divinità straniere», perché
annunciava Gesù e la risurrezione. 19 Presolo con sé, lo condussero su nell'Areòpago, dicendo: «Potremmo
sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? 20 Poiché tu ci fai sentire cose strane. Noi
vorremmo dunque sapere che cosa vogliono dire queste cose». 21 Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri
non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità. 22 E Paolo, stando in piedi in
mezzo all'Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. 23 Poiché,
passando e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio
sconosciuto. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio. 24 Il Dio che ha fatto il mondo
e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da
mani d'uomo; 25 e non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a
tutti la vita, il respiro e ogni cosa. 26 Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino
su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate e i confini della loro abitazione,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
98
Maurizio Allocca, v150123
27 affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da
ciascuno di noi. 28 Difatti in lui viviamo, ci moviamo e siamo, come anche alcuni vostri poeti hanno detto:
"Poiché siamo anche sua discendenza". 29 Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che
la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione umana. 30 Dio
dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si
ravvedano, 31 perché ha fissato un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo
che egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti risuscitandolo dai morti». 32 Quando sentirono
parlare di risurrezione dei morti, alcuni se ne beffavano; e altri dicevano: «Su questo ti ascolteremo un'altra
volta». 33 Così Paolo uscì di mezzo a loro. 34 Ma alcuni si unirono a lui e credettero; tra i quali anche
Dionisio l'areopagita, una donna chiamata Damaris e altri con loro.
Paolo arriva ad Atene, la prima città stato che la storia dell’umanità abbia conosciuto, certamente uno dei
maggiori centri dell’antica Grecia, sicuramente il più prestigioso. Inutile ricordare l’influenza culturale, che
non solo già allora aveva avuto e che avrà anche nei secoli avvenire. Paolo non doveva essere di buono umore.
Dal suo arrivo in Grecia, nonostante il Vangelo attecchiva grazie alla sua opera missionaria, ogni volta si
trovava a dover scappare non potendo mai consolidare la sua opera. Doveva sempre allontanarsi di fretta in
furia, lasciando le cose a metà per non mettere a rischio la vita dei suoi collaboratori o ritorsioni nei riguardi
dei fratelli e delle sorelle che accettavano il Vangelo. Ad Atene Paolo si trova da solo e con un certo disagio
personale si trova a confrontarsi con una cultura molto differente dalla sua, e con della gente molto radicata
nella propria identità millenaria. In particolare, il disagio gli è causato dall’enorme numero di
rappresentazioni delle divinità più disparate presenti nella città. Luca riporta che addirittura si inacerbiva il
suo spirito a vedere tutti questi idoli, gli provocava un senso di dolore, di fastidio intenso. Diversamente da
come fino ad ora ha svolto la sua opera missionaria, ad Atene, non la limita solo alla sinagoga, ma anche alla
piazza principale, “l’agorà”. Questo è probabilmente suggerito a Paolo anche da un’abitudine consolidata ad
Atene, in quanto in questo spazio non era inusuale imbattersi in filosofi e maestri religiosi intenti a discutere
delle loro credenze. Proprio in questo luogo Paolo inizia a discutere, senza particolare successo, con diversi
filosofi, sia epicurei che stoici. Le distanze sono enormi, l’epicureismo è fondamentalmente una dottrina
filosofica agnostica, mentre lo stoicismo, e panteista e determinista, inoltre i greci hanno un’opinione
altissima della loro sapienza e molto bassa di quelle altrui siano, popoli o individui. Alcuni pensano sia solo
un ciarlatano, altri, un pittoresco personaggio che parla di religioni orientali. Ma qualcosa deve attrarre questi
filosofi, probabilmente riconoscono a Paolo un grado culturale ed una capacità dialettica da cui un credito
“accademico”, assieme anche alla stranezza di ciò che racconta e gli danno quindi la possibilità di poter
pubblicamente esporre la sua dottrina: “kainos didaché”, testualmente, un insegnamento nuovo. L’evento
pubblico ha una buona risonanza, Luca riporta, che si radunano non solo gli ateniesi, ma anche gli stranieri,
in quanto, in questa città, non avevano passatempo più gradito che discutere di tutte le cose nuove.
Il discorso di Paolo possiamo considerarlo un unicum nel suo genere per quanto concerne il Libro degli Atti.
Non è un discorso con contenuti kerigmatici, non parte dalla parola rivelata. Queste persone non hanno
alcuna conoscenza della Scrittura. Paolo approccia l’argomento, volendo dimostrare l’esistenza di Dio,
partendo dall’osservazione della natura, quindi tramite l’uso della ragione. Oggi diremmo che approccia
l’argomento utilizzando la teologia naturale.lxxxiii Nel farlo, utilizza argomentazioni comuni, comprensibili all’
uditorio, che sono proprie dall’epicureismo, per quanto riguarda la critica alla superstizione, e dello
stoicismo, che vede l’umanità come partecipe, portatrice dentro di sé di una scintilla del principio creatore
di ogni cosa (Logos), da qui la responsabilità morale e la ricerca di una vita etica. L’intento è di rendere
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
99
Maurizio Allocca, v150123
evidente, che queste hanno entrambe ragione nella critica che rivolgono attorni a questi punti, ma hanno
torto perché secondo Paolo, come affermerà in Romani 1, avrebbero dovuto portare questi filosofi a credere
nel vero e unico Dio. Lo spunto gli viene dato proprio dai numerosi altari votivi presenti in Atene, (v22), tra
cui uno l’ha colpito, perché innalzato: “Al Dio ignoto”. Probabilmente fatto costruire da qualcuno che non
sapeva bene quale divinità ringraziare. Paolo comunque legge in questa espressione di religiosità una
propositività, un senso di ricerca che non è stato ancora colmato solo perché non hanno ancora conosciuto
l’unico vero Dio. v23 “Io sono qui proprio per annunciarvi il Dio che voi adorate senza conoscere”. Dopo
aver dato evidenza delle cose positive, passa alla parte che possiamo definire polemica. Siete religiosi, è un
dato di fatto, però vi sbagliate perché il Dio creatore del cielo e della terra non abita in costruzioni fatte da
mano di uomini (il tema della superstizione, dell’idolatria) è lui invece che dà la vita a tutti e ha fatto nascere
tutte le nazioni, da un uomo solo (un riferimento a Adamo), e ha stabilito sia i loro confini ma anche le loro
epoche. Dio, afferma Paolo, ha un progetto ed è colui che conduce la storia (in questo gli stoici potevano
identificarsi) e non si è lasciato senza una testimonianza, Dio ha fatto in modo che l’uomo fosse nella
possibilità/ necessità di cercarlo, anche se spesso andando a tentativi, come un cieco che mette le mani
avanti, orientandosi con il tatto. Alcuni studiosi pensano che questo sia un’allusione alla ricerca filosofica dei
greci. Eppure, Dio, afferma Paolo non è lontano. Le affermazioni che seguono v28, per chi ha familiarità con
il linguaggio del NT “hanno un suono differente”, di fatti sono citazioni tratte da opere di filosofi, come lui
stesso afferma. Una citazione è tratta dal poema dei “ enomena” di Arato di Soli, conterraneo di Paolo,
vissuto nel III secolo avanti Cristo. Paolo non cita la Bibbia agli ateniesi, cita i loro scrittori, per trovare dei
punti comuni con la rivelazione cristiana. Se noi siamo parenti degli dèi, come dicono i vostri profeti, e siamo
fatti di carne e sangue e siamo esseri viventi, come possiamo pensare che loro invece siano fatti di cose
materiali come oro, argento, o pietra? Avete vissuto nell’ignoranza, adesso, tuttavia, Dio vi ordina a voi e a
tutti gli altri di “metanoéin”, di ravvedervi, di cambiare mentalità, perché Dio ha stabilito un giorno nel quale
giudicherà tutta la terra con giustizia per mezzo di un uomo e quest’uomo lo ha designato e ne ha dato prova
sicura a tutti, avendolo risuscitato dai morti. Su questa affermazione il discorso di Paolo si schianta, perché
per i greci su questo punto non vi è discussione. Paolo ha toccato un tasto che la cultura filosofica greca del
tempo, forgiata dal pensiero di Platone, non è assolutamente in grado di mettere in discussione. Il discorso
teologico a questo punto passa in secondo piano e viene subordinato a quello filosofico, e probabilmente
questo è il limite dell’argomentazione così approcciata da Paolo. L’argomento senza entrare troppo nello
specifico della questione filosofica riguarda la divisione netta che i greci fanno tra spirito/anima (elemento
positivo) e materia elemento negativo . Se Paolo, avesse parlato dell’immortalità dell’anima lo avrebbero
ascoltato con interesse, invece ha parlato di risurrezione, per i greci un’idea “pittoresca” orientale senza alcun
senso. Lo spirito dell’uomo, la parte eterna e buona dell’uomo, per loro potrà trovare la sua piena
realizzazione e libertà solamente quando finalmente sarà liberata dal suo corpo mortale, dalla materia che
l’imprigiona. Solo allora potrà finalmente arrivare nel mondo delle idee e tu invece mi parli di un ritornare
dell’anima nel proprio corpo? Alcuni lo deridono pubblicamente, altri trovano una scusa per allontanarlo.
Nonostante questo, alcuni (pochi) decidono di saperne di più e divennero credenti. Il fatto che la predicazione
di Paolo non ebbe particolare successo è dimostrato dal fatto che non abbiamo alcuna testimonianza antica
sulla la comunità di Atene.
CORINTO
Atti 18,1-17
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
100
Maurizio Allocca, v150123
Paolo non si trattiene oltre ad Atene, stanco, deluso, amareggiato anche per le persecuzioni e per i fallimenti,
nell’autunno del 50 Paolo arriva a Corinto, una città molto grande, posizionata proprio sull’istmo che porta il
suo nome.
1 Dopo questi fatti egli lasciò Atene e si recò a Corinto. 2 Qui trovò un Giudeo, di nome Aquila, oriundo del
Ponto, giunto di recente dall'Italia insieme con sua moglie Priscilla, perché Claudio aveva ordinato a tutti i
Giudei di lasciare Roma. Egli si unì a loro. 3 Essendo del medesimo mestiere, andò ad abitare e a lavorare
con loro. Infatti, di mestiere, erano fabbricanti di tende. 4 Ma ogni sabato insegnava nella sinagoga e
persuadeva Giudei e Greci. 5 Quando poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò
completamente alla Parola, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo. 6 Ma poiché essi facevano
opposizione e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo;
io ne sono netto; da ora in poi andrò dai pagani». 7 E, uscito di là, entrò in casa di un tale chiamato Tizio
Giusto, che temeva Dio e aveva la casa attigua alla sinagoga. 8 Ma Crispo, capo della sinagoga, credette nel
Signore insieme a tutta la sua famiglia. Molti Corinzi, udendo, credevano e venivano battezzati. 9 Una notte
il Signore disse in visione a Paolo: «Non temere, ma continua a parlare e non tacere; 10 perché io sono con
te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa
città». 11 Ed egli rimase là un anno e sei mesi, insegnando tra di loro la Parola di Dio.
Siamo al capitolo 18, Corinto è una città che ha una storia drammatica alle spalle. Distrutta dai romani un
secolo prima per dare un esempio alla Grecia è stata poi ricostruita. L’attuale popolazione che ha sostituito
quella precedente è composta in prevalenza da immigrati, in particolare, si tratta di veterani delle guerre cui
gli imperatori o i generali, hanno regalato case e terreni. Corinto è una città senza cultura, senza tradizioni,
né religiose, né politiche, né culturali, né sociali, è una città proletaria con un grande commercio legato al
porto e con una vita altamente immorale. È una città famosa nell’antichità per la sua immoralità, nel
linguaggio greco volgare “corinteggiare” (korinthiazomai) corrisponde a gozzovigliare, avere uno stile di vita
dissoluto. Appellare una ragazza con il termine “corinzia” non era propriamente un complimento. Paolo
arriva in questa città malfamata, di basso livello, in cui gran parte della popolazione vive di espedienti. E a
Corinto, a differenza di Atene, la missione di Paolo ha successo. In questo ambiente malfamato nasce una
delle comunità cristiane più ferventi e attive, al contrario di ciò che è avvenuto nella ricca e raffinata Atene.
Paolo, come abbiamo accennato, arriva a Corinto abbastanza demoralizzato dall’andamento della missione,
deve cercare alloggio e per i primi giorni forse si accontenta di quel che capita; ma Dio che consola i suoi figli
gli viene incontro in un momento di difficoltà e frequentando la sinagoga, incontra, una coppia di sposi, lui
si chiama Aquila e lei Priscilla, diminutivo di Prisca. Sono originari del Ponto, della Anatolia settentrionale,
lavoravano nel commercio di tende e stuoie. Si sono dovuti trasferire a Corinto da Roma, perché a causa di
tumulti avvenuti all’interno della comunità giudaica di Roma, l’imperatore Claudio nel 9 ha espulso una
parte dei giudei dalla capitale e la sinagoga alla quale erano legati Aquila e Priscilla probabilmente è stata
sciolta. L’evento è anche ricordato dallo storico latino Svetoniolxxxiv il quale nella sua “Vita dei Cesari” a
proposito di Claudio dice che espulse dei giudei da Roma a motivo di continue sommosse, a causa di un certo
Cresto, gli studiosi discutono sull’identità di questo personaggio, perché diversi pensano che il riferimento
possa essere a Cristo). A Roma potrebbe essere avvenuto, quanto avvenuto anche nelle sinagoghe visitate
da Paolo. L’arrivo del messaggio cristiano spacca queste realtà in particolare attratti da questo messaggio
sono i proseliti e le donne (nobildonne, più volte citate) che abbandonano la Sinagoga. Questo comporta un
enorme danno per queste realtà sia economico che politico, da qui i disordini. Aquila e Priscilla decidono di
andare a Corinto e trasportano il loro commercio in questa città, è la più romana delle città di oriente, è una
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
101
Maurizio Allocca, v150123
città di grande traffico, ha due porti, grande commercio, grande movimento di persone; quindi, una città
indicata per aprirvi un commercio. Sono giudei, non sappiamo se fossero già cristiani, frequentano la
sinagoga e incontrano Paolo. Paolo che gli riferisce di essere un tessitore, (18:1-2), professione
probabilmente imparata a Tarso, famosa per la lavorazione dei tessuti di capra, (ciliciumlxxxv), non è un fatto
anomalo, perché era consuetudine per gli ebrei, nella giovinezza, imparare anche una professione manuale.
Paolo trova in tempi rapidi una sistemazione e nel tempo libero, discute nelle sinagoghe cercando di
persuadere sia i giudei sia i greci. Mentre si trova a Corinto arrivano nel frattempo Sila e Timoteo dalla
Macedonia. Evidentemente tra Paolo ei suoi collaboratori, doveva esserci una buona rete di comunicazione
per essere stati in grado di rintracciarlo. Arrivati loro, probabilmente provvedono al suo sostentamento e
Paolo può dedicarsi totalmente alla predicazione. Come sempre avvenuto, anche in questo caso, dopo un
certo periodo entra in rotta con la sinagoga, e non è più gradito; viene osteggiato, insultato. Luca riferisce
che la separazione non è indolore, dalla formula solenne utilizzata da Paolo: “Il vostro sangue ricada sul
vostro capo: io sono innocente; da ora in poi io andrò dai pagani”. Dal momento della rottura non può più
andare in sinagoga, non ha più a disposizione gli spazi messi a disposizione per l’insegnamento e il confronto.
Paolo ha bisogno di un altro ambiente. Gli viene offerto da un certo Tito Giusto che aveva una casa proprio
di fianco alla sinagoga e quindi Paolo si sposta di poco. Una delle prime conversioni è proprio il capo
della sinagoga di nome Crispo e tutta la sua famiglia con lui. Ovviamente questo non può che far peggiorare
i rapporti con i giudei e Paolo probabilmente inizia a temere eventuali ritorsioni, ma viene confortato, da una
visione notturna, che lo incoraggia a restare a Corinto. Dio in sogno gli dice di non aver paura e di continuare
la sua opera missionaria, ha ancora un popolo numeroso in questa città. Paolo prende coraggio e resta a
Corinto un anno e mezzo.
12 Poi, quando Gallione era proconsole dell'Acaia, i Giudei, unanimi, insorsero contro Paolo e lo
condussero davanti al tribunale, dicendo: 13 «Costui persuade la gente ad adorare Dio in modo contrario
alla legge». 14 Paolo stava per parlare, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di qualche ingiustizia o
di qualche cattiva azione, o Giudei, io vi ascolterei pazientemente, come vuole la ragione. 15 Ma se si tratta
di questioni intorno a parole, a nomi e alla vostra legge, vedetevela voi; io non voglio essere giudice di
queste cose». 16 E li fece uscire dal tribunale. 17 Allora tutti afferrarono Sostene, il capo della sinagoga, e
lo picchiavano davanti al tribunale. E Gallione non si curava affatto di queste cose.
inalmente in questo luogo ha il tempo di consolidare l’opera pastorale, che non gli è stata concessa nelle
altre realtà, da cui ha dovuto allontanarsene dopo pochi mesi. Rimane a Corinto, fino all’estate del 52, in cui
arriva un nuovo governatore, il proconsole Gallione, fratello di un personaggio famoso nella letteratura
Latina, il filosofo Seneca e i giudei, approfittano del cambio del governatore per citare Paolo in giudizio e lo
accusano di rendere un culto a Dio in modo contrario alla legge. Dalla narrazione di Luca, non è chiaro quale
fosse l’oggetto dell’accusa, ma Gallione si dimostra un abile magistrato, con una discreta esperienza nella
gestione di queste contese e carpisce la malizia dei giudei che si nasconde dietro le accuse che rivolgono a
Paolo. La disfatta e tale che a pagarne le spese è il capo della sinagoga, che viene malmenato o dagli stessi
giudei perché ritenuto di non essere stato capace di organizzare l’accusa, o forse dai greci, che approfittando
della sentenza negativa, e decidono di infierire anche loro a mo’ di lezione. L’occasione del processo davanti
a Gallione è un riferimento di grande utilità che ci permette di datare l’episodio. Grazie ad un importante
scoperta archeologica rinvenuta a Delfi, è possibile datare l’arrivo di Gallione nell’estate del 52. Questo è
l’unico episodio in tutto il racconto degli Atti e dell’epistolario paolino che si può agganciare sicuramente
alla cronologia universalelxxxvi.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
102
Maurizio Allocca, v150123
RITORNO AD ANTIOCHIA
Atti 18, 18-22
18 Quanto a Paolo, dopo essersi trattenuto ancora molti giorni, prese commiato dai fratelli e, dopo essersi
fatto radere il capo a Cencrea, perché aveva fatto un voto, s'imbarcò per la Siria con Priscilla e Aquila. 19
Quando giunsero a Efeso, Paolo li lasciò là; poi, entrato nella sinagoga, si mise a discorrere con i Giudei. 20
Essi lo pregarono di rimanere da loro più a lungo, ma egli non acconsentì; 21 e dopo aver preso commiato
e aver detto: «Dio volendo, tornerò da loro», salpò da Efeso; 22 giunto a Cesarea, salì a Gerusalemme e,
salutata la chiesa, scese ad Antiochia.
Dopo parecchi giorni, difficili da quantificare, (quando Luca si mantiene sul generico significa che non ha
riferimenti precisi , Paolo prende congedo dai fratelli e s’imbarca diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e
Aquila ma prima di imbarcarsi a Cencrea, (porto orientale di Corinto), fatto curioso, si taglia i capelli a causa
di un voto che aveva fatto. Sbarcati ad Efeso, in Asia Minore, Priscilla e Aquila si fermano, e apriranno
probabilmente una nuova attività commerciale e missionaria. Paolo dopo pochi giorni, nonostante trovi
un’apertura per testimoniare il Vangelo nella sinagoga, s’imbarca nuovamente verso Cesarea. Probabilmente
è stanco ha fretta di tornare o ha delle urgenze di cui non sappiamo, si congeda, con un laconico: “ritornerò,
se Dio vorrà”. Sbarcato a Cesarea, prosegue per Gerusalemme, saluta gli anziani e riparte per Antiochia.
Siamo nella tarda estate dell’anno 52 e Paolo si ferma ad Antiochia per circa un anno e mezzo.
INIZIO TERZO VIAGGIO MISSIONARIO DI PAOLO
Atti 18,23-28
23 Dopo essersi fermato qui qualche tempo, partì, percorrendo la regione della Galazia e della Frigia
successivamente, fortificando tutti i discepoli. 24 Ora un Giudeo di nome Apollo, oriundo di Alessandria,
uomo eloquente e versato nelle Scritture, arrivò a Efeso. 25 Egli era stato istruito nella via del Signore; ed
essendo fervente di spirito, annunciava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù, benché avesse
conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni. 26 Egli cominciò pure a parlare con franchezza nella
sinagoga. Ma Priscilla e Aquila, dopo averlo udito, lo presero con loro e gli esposero con più esattezza la
via di Dio. 27 Poi, siccome voleva andare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di
accoglierlo. Giunto là, egli fu di grande aiuto a quelli che avevano creduto mediante la grazia di Dio, 28
perché con gran vigore confutava pubblicamente i Giudei, dimostrando con le Scritture che Gesù è il Cristo.
Nell’anno 54, probabilmente in primavera, Paolo parte per la terza volta, attraversa nuovamente le regioni
dell’altopiano anatolico, visitando le città della Galazia in cui aveva fondato delle comunità durante il primo
viaggio, ma non si ferma. Alla fine del capitolo 18, prima di presentare il terzo viaggio missionario di Paolo,
Luca apre una parentesi su un personaggio di nome Apollo un giudeo di origine alessandrina, che
troveremo nominato anche nella I Corinzi. Uomo colto e “versato” dotato, competente nelle scritture
parliamo del Vecchio Testamento , iniziato all’insegnamento cristiano, discute con giudei nella sinagoga, qui
incontra Priscilla e Aquila, che gli esposero con maggiore precisione l’insegnamento cristiano, La “Via” di
Dio , dopo di che gli diedero dei contatti per l’Acaia, dove si recò portando un grande sostegno all’opera di
Dio. La citazione di Apollo da parte di Luca è comprensibile solo se ai tempi in cui Luca scrive doveva essere
conosciuto per cui impossibile parlare della realtà di Corinto senza citarlo.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
103
Maurizio Allocca, v150123
EFESO
Atti 19,1-41
1 Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, dopo aver attraversato le regioni superiori del paese, giunse a Efeso
e vi trovò alcuni discepoli. 2 Egli disse loro: «Riceveste lo Spirito Santo quando credeste?» Gli risposero:
«Non abbiamo neppure sentito dire che ci sia lo Spirito Santo». 3 Egli disse: «Con quale battesimo siete
dunque stati battezzati?» Essi risposero: «Con il battesimo di Giovanni». 4 Paolo disse: «Giovanni battezzò
con il battesimo di ravvedimento, dicendo al popolo di credere in colui che veniva dopo di lui, cioè in Gesù».
5 Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesù; 6 e, avendo Paolo imposto loro le mani, lo
Spirito Santo scese su di loro ed essi parlavano in lingue e profetizzavano. 7 Erano in tutto circa dodici
uomini.
Mentre Apollo è a Corinto Paolo arriva a Efeso, dopo circa due anni, dal brevissimo soggiorno al termine del
secondo viaggio missionario. In questo modo comincia il capitolo 19. probabilmente, ma non lo sappiamo,
potrebbe avere ritrovato Aquila e Priscilla e una piccola comunità cristiana a cui avrebbero potuto dare vita.
Luca ci riferisce, che Paolo incontra un gruppo di discepoli, quindi sembra indentificarli come cristiani, anche
se gli studiosi su questo punto discutono a riguardolxxxvii, comunque sia dopo aver ascoltato Paolo, vengono
battezzati in acqua e, quando Paolo impone loro le mani avviene un episodio di cui colpisce la similitudine
con il piccolo gruppo che sperimenta la Pentecoste a Gerusalemme. Una sottolineatura narrativa, che vuole
mostrare la continuità dell’opera di Dio, che sia a Gerusalemme, come a Cesarea, a casa di Cornelio, o a Efeso
che si tratti di Pietro o di Paolo, di giudei, romani o greci.
8 Poi entrò nella sinagoga, e qui parlò con molta franchezza per tre mesi, esponendo con discorsi persuasivi
le cose relative al regno di Dio. 9 Ma siccome alcuni si ostinavano e rifiutavano di credere dicendo male
della Via in presenza della folla, egli, ritiratosi da loro, separò i discepoli e insegnava ogni giorno nella
scuola di Tiranno. 10 Questo durò due anni. Così tutti coloro che abitavano nell'Asia, Giudei e Greci,
udirono la Parola del Signore. 11 Dio intanto faceva miracoli straordinari per mezzo di Paolo; 12 al punto
che si mettevano sopra i malati dei fazzoletti e dei grembiuli che erano stati sul suo corpo, e le malattie
scomparivano e gli spiriti maligni uscivano.
Anche ad Efeso, Paolo segue la solita prassi missionaria, si reca alla sinagoga, dove per tre mesi, riesce ad
avere un dialogo franco, prima che si incrinino i rapporti e inizi ad essere apertamente contestato, motivo
per cui Paolo, abbandona l’ambiente della sinagoga e ne separa i discepoli (coloro che avevano creduto e
accolto la sua testimonianza) e continua a portare avanti l’insegnamento delle Scritture ogni giorno, “…nella
scuola di un certo Tiranno”. Come era accaduto a Corinto, Paolo si trova costretto ad abbandonare la
sinagoga, e deve cercare una sede alternativa, e quindi prende in affitto o ottiene gratuitamente per la
generosità di questo Tiranno un locale da adoperare per incontrare le persone. Questo avviene per circa due
anni; Luca riporta … v10 “…che tutti gli abitanti della provincia d’Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la
parola del Signore”. Paolo nello sviluppo della sua opera, ha sempre prediletto le grandi metropoli, in quanto
solitamente alla base della loro crescita sorgono in prossimità di intersecazioni d’importanti rotte
commerciali, per cui le considera ideali punti di irradiazione per il messaggio cristianesimo. Dopo essersi
fermato a Tessalonica, capitale della Macedonia, si ferma a Corinto, capitale dell’Acaia e adesso si ferma
tre anni a Efeso, capitale della provincia romana denominata Asia.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
104
Maurizio Allocca, v150123
Efeso era una città splendida, una delle più belle città del mondo antico, certamente per numero di abitanti
una delle più grandi di tutta l’Asia minore. Una città colta, una città, diremmo oggi, universitaria, di grande
prestigio culturale, piena di biblioteche, era anche un importante centro religioso perché conservava il
santuario più famoso dell’antichità, il santuario della dea Artemide (Diana per i latini), costruito fuori dalla
città, in un’area sacra, collegata al centro cittadino con una via splendida chiamata, appunto, la via sacra, su
cui passava la processione che portava in centro la statua della dea Artemide. Era un luogo di pellegrinaggio
per tutto il mondo antico, e attorno a questo turismo religioso vi era un fiorente e importante mercato. Aveva
anche la fortuna di avere uno sbocco sul mare alle cui spalle si apriva una valle che ospitava una pianura di
grandi dimensioni in cui confluiva quasi tutta la produzione agricola e industriale della valle del Meandro, e
del Lico. Paolo non è solo, ha molti collaboratori, non sappiamo se la sua opera missionaria si ferma ad Efeso,
o se contribuisce anche alla nascita di comunità nelle città limitrofe a Smirne, Mileto, Colossi, Laodicea,
Tiatira, da cui sappiamo dalla stessa Scrittura l’esistenza di comunità cristiane. L’impatto del ministerio di
Paolo sulla realtà di Efeso è fortissimo, Luca riporta che: “Dio intanto faceva miracoli straordinari per mezzo
di Paolo; 12 al punto che si mettevano sopra i malati dei fazzoletti e dei grembiuli che erano stati sul suo
corpo, e le malattie scomparivano e gli spiriti maligni uscivano”. Abbiamo anche in questo caso un esempio
di racconto parallelo, con l’episodio di At 5.15: “tanto che portavano perfino i malati nelle piazze e li
mettevano su lettucci e giacigli, affinché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra ne coprisse
qualcuno”. L’intento narrativo, di Luca, come più volte anticipato è di dare anche un senso di continuità e di
progressività all’opera di Dio nella narrazione. Cambiamo gli interpreti, cambiano gli scenari, ma non cambia
il risultato.
13 Or alcuni esorcisti itineranti giudei tentarono anch'essi d'invocare il nome del Signore Gesù su quelli che
avevano degli spiriti maligni, dicendo: «Io vi scongiuro, per quel Gesù che Paolo annuncia». 14 Quelli che
facevano questo erano sette figli di un certo Sceva, giudeo, capo sacerdote. 15 Ma lo spirito maligno rispose
loro: «Conosco Gesù, e so chi è Paolo; ma voi chi siete?» 16 E l'uomo che aveva lo spirito maligno si scagliò
su tutti loro; e li trattò in modo tale che fuggirono da quella casa, nudi e feriti. 17 Questo fatto fu risaputo
da tutti, Giudei e Greci, che abitavano a Efeso; e tutti furono presi da timore, e il nome del Signore Gesù
era esaltato. 18 Molti di quelli che avevano creduto venivano a confessare e a dichiarare le cose che
avevano fatte. 19 Fra quanti avevano esercitato le arti magiche molti portarono i loro libri e li bruciarono
in presenza di tutti; e, calcolatone il prezzo, trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento. 20 Così
la Parola di Dio cresceva e si affermava potentemente. 21 Dopo questi fatti Paolo si mise in animo di andare
a Gerusalemme, passando per la Macedonia e per l'Acaia. «Dopo essere stato là», diceva, «bisogna che io
veda anche Roma». 22 Mandati in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timoteo ed Erasto, egli si fermò ancora
per qualche tempo in Asia.
Luca riporta due episodi avvenuti durante il ministerio di Paolo, che ci permettono di capire quanto il
cristianesimo si è diffuso a Efeso, e Paolo sia conosciuto. Il primo dai risvolti ironici, vede il coinvolgimento di
alcuni esorcisti itineranti giudei, sono sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo. Cercano di
liberare una persona posseduta, utilizzando il nome di Gesù, prassi che hanno osservato da altri ministri
cristiani ed in particolare da Paolo che citano. La conclusione però non è quella sperata. Lo spirito dentro la
persona v15: “rispose loro: “Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?”. A cui segue una reazione
violenta da parte della persona posseduta, che costringe questi sette giovani a scappare denudati e malconci.
L’episodio ha un effetto deflagrante nella ricca e numerosa comunità di coloro che esercitano le arti
divinatorie in Efeso per cui afferma Luca, che molti di loro si convertirono e oltre a confessare il loro peccato,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
105
Maurizio Allocca, v150123
portano i loro libri divinatori per essere bruciati, a dimostrazione di un taglio netto con la loro precedente
vita. Il valore complessivo di queste opere, annota Luca, fu di 50.000 dramme di argento. Doveva essere un
valore eccezionale perché rimanesse nella memoria comunitaria. Al v20, ritroviamo il ritornello sulla crescita
tanto caro a Luca: “Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava”.
23 In quel periodo vi fu un gran tumulto a proposito della nuova Via. 24 Perché un tale, di nome Demetrio,
orefice, che faceva tempietti di Diana in argento, procurava non poco guadagno agli artigiani. 25 Riuniti
questi e gli altri che esercitavano il medesimo mestiere, disse: «Uomini, voi sapete che da questo lavoro
proviene la nostra prosperità; 26 e voi vedete e udite che questo Paolo ha persuaso e sviato molta gente
non solo a Efeso, ma in quasi tutta l'Asia, dicendo che quelli costruiti con le mani non sono dèi. 27 Non solo
vi è pericolo che questo ramo della nostra arte cada in discredito, ma che anche il tempio della grande dea
Diana non conti più, e che sia perfino privata della sua maestà colei che tutta l'Asia e il mondo adorano».
28 Essi, udite queste cose, accesi di sdegno, si misero a gridare: «Grande è la Diana degli Efesini!» 29 E la
città fu piena di confusione; e trascinando con sé a forza Gaio e Aristarco, macedoni, compagni di viaggio
di Paolo, si precipitarono tutti d'accordo verso il teatro. 30 Paolo voleva presentarsi al popolo, ma i
discepoli glielo impedirono. 31 Anche alcuni magistrati dell'Asia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo
di non avventurarsi nel teatro. 32 Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; infatti l'assemblea era confusa;
e i più non sapevano per quale motivo si fossero riuniti. 33 Dalla folla fecero uscire Alessandro, che i Giudei
spingevano avanti. E Alessandro, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al
popolo. 34 Ma quando si accorsero che era giudeo, tutti, per quasi due ore, si misero a gridare in coro:
«Grande è la Diana degli Efesini!» 35 Allora il segretario, calmata la folla, disse: «Uomini di Efeso, c'è forse
qualcuno che non sappia che la città degli Efesini è la custode del tempio della grande Diana e della sua
immagine caduta dal cielo? 36 Queste cose sono incontestabili; perciò dovete calmarvi e non fare nulla in
modo precipitoso; 37 voi infatti avete condotto qua questi uomini, i quali non sono né sacrileghi né
bestemmiatori della nostra dea. 38 Se dunque Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno qualcosa
contro qualcuno, ci sono i tribunali e ci sono i proconsoli: si facciano citare gli uni e gli altri. 39 Se poi volete
ottenere qualcos'altro, la questione si risolverà in un'assemblea regolare. 40 Infatti corriamo il rischio di
essere accusati di sedizione per la riunione di oggi, non essendovi ragione alcuna con la quale poter
giustificare questo tumulto». 41 Detto questo, sciolse l'assemblea.
Attorno al 57 sono passati circa due anni dall’arrivo ad Efeso di Paolo. Il Vangelo è penetrato in modo
importante nel tessuto sociale di Efeso e della sua provincia e inizia a danneggiare gli interessi economici di
alcune categorie di persone. Paolo si è messo in cuore, nel frattempo, di ritornare a Gerusalemme, passando
prima per la Macedonia e la Grecia, poi probabilmente fermarsi ad Antiochia per organizzare un quarto
viaggio missionario questa volta a Roma. Invia i suoi collaboratori, Timoteo ed Erastolxxxviii perché curassero i
particolari del viaggio in macedonia, ma verso la fine dell’anno 56, v23 , scoppia la rivolta degli argentieri,
una sorta di tumulto di tipo economico-sindacale, dovuto alla predicazione di Paolo che procura danno al
turismo religioso. Nasce un’agitazione che confluisce nel meraviglioso teatro di Efeso, ancora oggi visitabile,
appoggiato a una collina, con una capienza di 25.000 posti e Gaio e Aristarco, due collaboratori di Paolo, di
Tessalonica che erano a Efeso per dare una mano a Paolo, vengono trascinati dalla folla. Paolo vorrebbe
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
106
Maurizio Allocca, v150123
intervenire, ma sia i discepoli, che alcune autorità della città, che lo conoscono, lo invitano a desistere per il
rischio che la situazione degeneri in tumulti e possa essere aggredito resta quindi in disparte. Vige una grande
confusione, a un certo punto cerca d’intervenire anche un giudeo che però viene fatto tacere dal frastuono
delle voci. Questo fino all’intervento del cancelliere della città un magistrato, a cui Luca mette in bocca un
discorso di grande eloquenza politica: “Uomini di Efeso, c'è forse qualcuno che non sappia che la città degli
Efesini è la custode del tempio della grande
Diana e della sua immagine caduta dal
cielo? Queste cose sono incontestabili;
perciò, dovete calmarvi e non fare nulla in
modo precipitoso; (come a dire, l’evidenza è
tale da essere incontestabile, e di fatti
nessuno la nega, come mai vi alterate
dicendo il contrario?) voi, infatti, avete
condotto qua questi uomini, (Gaio e
Anfiteatro di Efeo
Aristarco) i quali non sono né sacrileghi né
bestemmiatori della nostra dea. (come a dire
le ragioni sono ben altre, non prendiamoci in giro) Se dunque Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno
qualcosa contro qualcuno, ci sono i tribunali e ci sono i proconsoli: si facciano citare gli uni e gli altri. Se poi
volete ottenere qualcos'altro, la questione si risolverà in un'assemblea regolare. Infatti, corriamo il rischio
di essere accusati di sedizione per la riunione di oggi, non essendovi ragione alcuna con la quale poter
giustificare questo tumulto”. Detto questo, sciolse l'assemblea.”
Nella I Co 15,32lxxxix, Paolo dirà di aver lottato con le belve ad Efeso, molti studiosi ritengono che sia da
intendersi metaforicamente, sia perché come cittadino romano era difficile che potesse avere quel genere di
supplizio, ma anche perché sarebbe stato un evento che difficilmente Luca avrebbe omesso, soprattutto
essendone poi uscito illeso. Non sappiamo a quale specifico episodio Paolo possa riferirsi, possiamo però
ipotizzare che Paolo dovette certamente affrontarne diversi di episodi drammatici durante la sua
permanenza ad Efeso e non solo, e che questo episodio sia stato solo uno di questi, che probabilmente viene
raccontato dal Luca, perché quello conclusivo.
MACEDONIA E GRECIA
Atti 20,1-12
La presenza di Paolo ad Efeso è divenuta motivo di tensione sociale per cui decide come ha fatto altre volte
di allontanarsi, ritiene che sia giunto il momento di partire.
1 Cessato il tumulto, Paolo fece chiamare i discepoli e, dopo averli esortati, li salutò e partì per la Macedonia.
2 Attraversate quelle regioni, rivolgendo molte esortazioni ai discepoli, giunse in Grecia. 3 Qui si trattenne
tre mesi. Poi, dato che i Giudei avevano ordito un complotto contro di lui mentre stava per imbarcarsi per
la Siria, decise di ritornare attraverso la Macedonia. 4 Lo accompagnarono Sòpatro di Berea, figlio di Pirro,
Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derba, Timoteo e, della provincia d'Asia, Tichico e Trofimo. 5
Questi andarono avanti e ci aspettarono a Troas.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
107
Maurizio Allocca, v150123
Siamo al capitolo 20, Paolo lascia Efeso e decide v2 di tornare in Macedonia e da lì, in Grecia, si ipotizza parli
dell’Acaia e quindi Corinto, dove si fermerà tre mesi. La realtà e che dagli Atti, non sappiamo molto del suo
itinerario. Diversi studiosi ipotizzano, che in questa finestra debba essere inserito quello che riporta Paolo
nella II CO, 2.12-13xc, del mancato incontro con Tito, che aveva mandato a Corinto a seguito della crisi che si
era aperta con quella comunità. Se fosse così allora dovremmo ipotizzare, contrariamente all’itinerario
proposto dalla cartina del III viaggio missionario, che Paolo abbia lasciato Efeso, e abbia poi proseguito per la
Macedonia via terra, arrivato a Troas, dove probabilmente aveva appuntamento con Tito, non vedendolo
arrivare va probabilmente in ansia, come lui stesso scrive, e decide di andargli incontro partendo per la
Macedonia, dove finalmente si ricongiunge con lui e viene tranquillizzato dalle notizie che riceve a riguardo
di Corinto. Quindi lo rimanda indietro, con una sua lettera, per organizzare e preparare la comunità per il
suo arrivo. Paolo arriva a Corinto nell’inverno del 57 o del 58, dove si ferma tre mesi, e in cui si pensa scriva
la lettera ai Romani, in attesa d’imbarcarsi per la Siria in primavera. Un complotto di giudei, gli scombussola
i progetti e decide di far ritorno via terra. Il versetto 4 del capitolo riporta anche un elenco di collaboratori
di Paolo, di cui leggendo le località di provenienza intuiamo che sono discepoli provenienti dalle diverse
comunità da lui fondate. Lo attendono a Troas, un porto sul mar Egeo sulla parte settentrionale della Turchia,
che abbiamo già incontrato nel secondo viaggio missionario di Paolo.
6 Trascorsi i giorni degli Azzimi partimmo da Filippi e, dopo cinque giorni, li raggiungemmo a Troas, dove
ci trattenemmo sette giorni. 7 Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane,
Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a mezzanotte. 8
Nella sala di sopra, dov'eravamo riuniti, c'erano molte lampade; 9 un giovane di nome Eutico, che stava
seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo, poiché Paolo tirava in lungo il suo dire;
egli, sopraffatto dal sonno, precipitò giù dal terzo piano e venne raccolto morto. 10 Ma Paolo scese, si gettò
su di lui e, abbracciatolo, disse: «Non vi turbate, perché la sua anima è in lui». 11 Poi risalì, spezzò il pane
e prese cibo; e dopo aver ragionato lungamente sino all'alba, partì. 12 Il giovane fu ricondotto vivo, ed essi
ne furono oltremodo consolati.
La narrazione ritorna improvvisamente ad utilizzare il “noi”, dopo averlo abbandonato in una pericope al
capitolo 16, durante la visita a ilippi. Questo è avvenuto attorno all’anno 50, possiamo quindi immaginare
che Luca sia stato a Filippi tutto questo tempo. Nella primavera del 58 precisamente nei giorni degli azzimi,
durante il periodo della Pasqua ebraica, Luca si unisce di nuovo a Paolo, partono assieme da Filippi e dopo 5
giorni, (v6) raggiungono Troas dove si riuniscono con i discepoli e si fermano in quel luogo per sette giorni.
In questo luogo, Luca riporta, un episodio curioso, se pur drammatico, che avviene un sabato sera, secondo
il nostro calendarioxci, durante o precedentemente alla celebrazione del culto, qui indicata con lo “spezzare
del pane”, un ragazzoxcii di nome Eutico si addormenta mentre era sul ciglio di una finestra e cade dal piano
superiore (il terzo) dove erano radunati e la Scrittura ci dice che “venne raccolto morto”. Dobbiamo quindi
presumere che fosse realmente morto, quando venne soccorso. Paolo, nel frattempo si precipita giù con gli
altri, (v10) abbraccia il ragazzo a terra, rassicurando tutti: “Non vi turbate, perché la sua anima è in lui”.
L’espressione usata da Paolo lascia invece nel dubbio se realmente Eutico fosse morto nella caduta, ma
narrativamente parlando Luca non avrebbe riportato l’episodio se realmente non fosse avvenuto un
miracolo, per cui la frase di Paolo si può intendere che la riferisca dopo aver pregato per lui.
SOSTA A TROAS
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
108
Maurizio Allocca, v150123
Atti 20,13-16
13 Quanto a noi, che eravamo partiti con la nave, facemmo vela per Asso, dove avevamo intenzione di
prendere a bordo Paolo; perché egli aveva stabilito così, volendo fare quel tragitto a piedi. 14 Quando ci
raggiunse ad Asso, lo prendemmo con noi e arrivammo a Mitilene. 15 Di là, navigando, arrivammo il giorno
dopo di fronte a Chio; il giorno seguente approdammo a Samo, e il giorno dopo giungemmo a Mileto. 16
Paolo aveva deciso di oltrepassare Efeso, per non perdere tempo in Asia; egli si affrettava per trovarsi a
Gerusalemme, se gli fosse stato possibile, il giorno della Pentecoste.
L’indomani Paolo riparte, e Luca puntualmente ci riporta le tappe del Viaggio, per ragioni che non sappiamo
Paolo di separa e procede via terra, mentre il resto della squadra fa vela fino ad Asso (circa 20 Km da Troas
verso Sud) dove si ricongiungono. Procedono circumnavigando la costa della Turchia, Paolo (v16) vorrebbe
arrivare a Gerusalemme per il giorno di Pentecoste, mancano circa 50 giorni, ma prima vuole salutare la
chiesa di Efeso e per evitare di perdere troppo tempo preferisce fare scalo a Mileto, località a circa 50 km da
Efeso e manda a chiamare gli anziani della chiesa. Evidentemente, può permettersi di scegliere le tappe,
dobbiamo pensare che non sia una nave pubblica, probabilmente è una piccola imbarcazione messa a
disposizione da qualcuno che prende ordini da Paolo.
DISCORSO AGLI ANZIANI DI EFESO
Atti 20,17-38
17 Da Mileto mandò a Efeso a chiamare gli anziani della chiesa. 18 Quando giunsero da lui, disse loro: «Voi
sapete in quale maniera, dal primo giorno che giunsi in Asia, mi sono sempre comportato con voi, 19
servendo il Signore con ogni umiltà e con lacrime, tra le prove venutemi dalle insidie dei Giudei; 20 e come
non vi ho nascosto nessuna delle cose che vi erano utili, e ve le ho annunciate e insegnate in pubblico e
nelle vostre case, 21 e ho avvertito solennemente Giudei e Greci di ravvedersi davanti a Dio e di credere
nel Signore nostro Gesù. 22 Ed ecco che ora, legato dallo Spirito, vado a Gerusalemme senza sapere le cose
che là mi accadranno. 23 So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene
e tribolazioni. 24 Ma non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a
termine la mia corsa e il servizio affidatomi dal Signore Gesù, cioè di testimoniare del vangelo della grazia
di Dio. 25 E ora, ecco, io so che voi tutti fra i quali sono passato predicando il regno non vedrete più la mia
faccia. 26 Perciò io dichiaro quest'oggi di essere puro del sangue di tutti; 27 perché non mi sono tirato
indietro dall'annunciarvi tutto il consiglio di Dio. 28 Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale
lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio
sangue. 29 Io so che dopo la mia partenza si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno
il gregge; 30 e anche tra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trascinarsi dietro
i discepoli. 31 Perciò vegliate, ricordandovi che per tre anni, notte e giorno, non ho cessato di ammonire
ciascuno con lacrime. 32 E ora vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia, la quale può edificarvi e darvi
l'eredità di tutti i santificati. 33 Non ho desiderato né l'argento, né l'oro, né i vestiti di nessuno. 34 Voi
stessi sapete che queste mani hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano con me. 35 In ogni
cosa vi ho mostrato che bisogna venire in aiuto ai deboli lavorando così, e ricordarsi delle parole del Signore
Gesù, il quale disse egli stesso: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere"». 36 Quando ebbe dette queste
cose, si pose in ginocchio e pregò con tutti loro. 37 Tutti scoppiarono in un gran pianto; e si gettarono al
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
109
Maurizio Allocca, v150123
collo di Paolo e lo baciarono, 38 dolenti soprattutto perché aveva detto loro che non avrebbero più rivisto
la sua faccia; e l'accompagnarono alla nave.
Gli anziani, o letteralmente “presbiteri”, sono i capi della comunità di Efeso. Quelle persone che Paolo, ha
costituito negli anni, come responsabili della comunità. Davanti a cui tiene un discorso solenne e importante.
Questo è il terzo grande discorso di Paolo negli Atti. (Il primo è quello nella sinagoga di Antiochia di Pisidia,
del primo viaggio, il secondo è il discorso all’Areòpago al capitolo 17 , durante il secondo viaggio. Un discorso
intenso, personale, prospettico con una forte esortazione rivolta a coloro che dopo di lui dovranno guidare
questa realtà cristiana. Paolo insiste soprattutto nel ricordo del proprio comportamento, è un modo abituale
che egli adopera anche nelle sue lettere, per presentare la propria esperienza come un modello da imitare.
Potrebbe sembrare antipatico che lui si presenti in questo modo, ma è in realtà era un’esigenza in un tempo
in cui nella comunità primitiva tutto doveva ancora essere scritto per la prima volta. La gente di Efeso non
aveva possibilità di immaginare il cristiano e la vita cristiana se non facendo riferimento a delle persone di
sicura fede cristiana. Noi oggi abbiamo una tradizione ricca di modelli scritturali e storici, i cristiani di Efeso
avevano conosciuto Paolo e pochi altri a cui fare riferimento ed è inevitabile che all’inizio Paolo dica:
“prendete esempio da me, quello che avete visto fare da me è quello che dovete fare”. Il discorso si configura
come una sorta di testamento spirituale di Paolo con cui si congeda, dalla comunità con cui forse, si rispecchia
maggiormente, che sente più sua, sapendo che non avrebbe più avuto modo di rivederla. Il soggiorno ad
Efeso è stato certamente tra i più fecondi dal punto di vista del ministerio, ha prodotto grandi successi, e
durante questo tempo Paolo ha scritto diverse delle lettere che ci sono pervenute, ma è stato segnato anche
da molte lacrime; è successo molto di più di quanto Luca ci ha raccontato. Dal suo epistolario sappiamo che
Paolo, oltre le persecuzioni, ha avuto anche problemi di salute, ha dovuto affrontare problemi comunitari
con le realtà di Corinto e con la comunità della Galazia, ha perso amici fraterni, eppure afferma (v20): “Non
mi sono mai sottratto, non ho mai detto di no, non mi sono mai ritirato, tutto quello che era necessario e utile
l’ho fatto per voi”. Quali sono le urgenze di cui parla Paolo? L’insegnamento e l’evangelizzazione. Paolo dice
non mi sono mai sottratto dovunque vi fosse una porta aperta, in pubblico come in privato, nelle vostre case
come nelle assemblee. Senza alcuna distinzione verso alcuno, giudei, come greci utilizzato nel senso più
ampio di gentili, stranieri, pagani non ebrei . Afferma, l’ho fatto, “solennemente” traduce la NRxciii come la
Nuova Diodati, (la parola in italiano ha un gamma estesa di significati per cui non è molto felice come scelta);
meglio la CEI e della Riveduta: “scongiurando”, esortando, chiunque gli abbia offerto la possibilità
ascoltandolo, ad avere fede nel Signore Gesù Cristo. V22: “Legato dallo Spirito”, costretto. Paolo apre il suo
cuore e condivide le sue ansie per questo viaggio verso Gerusalemme, non è una sua decisione andarci,
probabilmente se potesse farebbe diversamente, ma è cosciente che questa è la volontà di Dio e questo è
quanto basta. Non sa cosa potrà succedergli a Gerusalemme, ma sa che in quel luogo è in pericolo. Non è
ben voluto dai giudei, ma neanche dai giudeo cristiani con cui in questi anni la frattura come vedremo si è
ancora più acuita. Aggiunge anche, che comunque a Gerusalemme non sarà diverso da quanto è sempre
avvenuto e avverrà…”lacrime e gioie”, potrebbe anche essere letta in questo modo l’affermazione: lo Spirito
Santo mi attesta. L’esperienza è stata un buon insegnante. Paolo ha visto l’opera missionaria fiorire in mezzo,
problemi logistici, fame e sete, prigioni, battiture, percosse. Ma non mi importa ciò che sarà e queste cose
non sono un merito, l’unica cosa che conta e che possa portare a termine ciò che mi è stato affidato dal
Signore Gesù di testimoniare del Vangelo. La percezione di Paolo è che non rivedrà più questi fratelli,
probabilmente è convinto che Gerusalemme sarà il suo capolinea, ma si sente in pace nei riguardi degli
Efesini; ha svolto diligentemente il proprio mandato. Al versetto 28 si rivolge agli anziani usando il titolo di
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
110
Maurizio Allocca, v150123
vescovi, in quanto per gran parte del primo secolo i termini, presbiteri, episcopi e vescovi erano equivalenti.
In primis, l’apostolo li esorta a vegliare su loro stessi e poi sul gregge. Svolgete il vostro ministerio, senza
inorgoglirvi, senza sentirvi invincibili, ma costantemente preoccupatevi di vivere in aderenza alla vita e alla
testimonianza di Cristo. Voi avete bisogno, avete le stesse debolezze, al pari di chi siete stati chiamati a
badare. Il termine “episcopo” da cui poi “vescovo”, significa “sorvegliante”. Nell’antica Grecia, gli episcopi
erano figure statali con incarichi ispettivi, o anche magistrati facenti parti di collegi incaricati di sorvegliare
determinate questioni. Nella chiesa ellenica, prima di divenire un titolo era un modo di indicare i responsabili,
con il significato di “sorvegliante”. Non sono a conoscenza della specifica valenza linguistica per cui si è
imposto, forse per indicare: “colui che presiede”, ma è una mia supposizione. L’ambiente giudaico più
affezionato al modello sinagogale preferiva il titolo di “anziano”, in greco “presbitero”.
Al versetto 28, Segue una formulazione che ha dato vita a livello traduttivo a numerosi dibattiti, introdotta
da un’espressione molto cara a Paolo, che troviamo in diverse sue lettere: “la Chiesa di Dio” e che deve
suonare come un monito agli anziani di Efeso, “che egli ha acquistata con il proprio sangue”. La NR traduce
in modo letterale, mentre la CEI fa una scelta più decisa: “che egli si è acquistata con il suo sangue”. La NR
preferisce non forzare il testo e lasciare la possibilità di intendere che il soggetto possa anche essere
sottointeso e non sia Dio, ma Gesù anche se non nominato. La CEI invece identifica che il soggetto sia Dio,
che ha versato il suo sangue per cui in questo caso avremmo una delle formulazioni più esplicite sulla divinità
di Gesù. In entrambi i casi, la questione posta da Paolo non riguarda la deità di Cristo, ma di rendere evidente
ai presbiteri che devono vegliare su una realtà che non è di loro proprietà, che non viene da loro, non è nata
da loro, non appartiene a loro il ministero, ma è di Dio ed è un dono dello Spirito. La Chiesa è di Dio ed è nata
dal sangue di Gesù Cristo. Prosegue poi la sua argomentazione: 29 Io so che dopo la mia partenza entreranno
fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; 30 perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a
insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé. Non sappiamo se Paolo si riferisca a una
parola di conoscenza. Possibile invece che lui alluda a quanto ha visto avvenire sia a Corinto che in Galazia,
probabilmente è consapevole che dopo la sua partenza, lupi rapaci travestiti da fratelli cercheranno
d’insediarsi per divorare la comunità e anche voi che siete chiamati a proteggerla è possibile siate corrotti da
queste persone. 31 Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di
esortare fra le lacrime ciascuno di voi. Tre anni di lacrime, di esortazioni, di formazione personale legata a
ciascuno di voi. 32 Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di
concedere l'eredità con tutti i santificati. Difficile in questo passaggio comprendere se l’utilizzo della “parola
(logos) della sua grazia”, sia riferita a Gesù oppure alla Parola di Dio. Comunque, una parola che ha il potere
di costruire, di edificare, di preservare affinché ognuno di noi riceva l’eredità che gli è stata promessa nei
cieli. V33, Paolo, ancora una volta, presenta sé stesso, il suo atteggiamento nei riguardi del proprio ministerio,
il suo servizio, come un modello da seguire per i ministri e gli anziani di Efeso. “Dovete essere come me! Ho
servito ognuno di voi, senza prendere nulla da voi, questo è lo spirito nel servire la Chiesa che dovete avere
anche voi. Il vostro desiderio non deve essere rivolto al ricevere, ne soldi, ne onori, né riconoscimento ma a
dare a servire in particolare i deboli”, forse non semplicemente i poveri, ma possiamo anche intendere i deboli
nella fede, quelli che non ci arrivano, quelli che non ce la fanno e chiude con una citazione non scritta di Gesù
perché non è riportata nei Vangeli: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!”
IN VIAGGIO VERSO GERUSALEMME
Atti 21,1-16
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
111
Maurizio Allocca, v150123
1 Dopo esserci separati da loro, salpammo e giungemmo direttamente a Cos, il giorno seguente a Rodi e di
là a Patara. 2 E, trovata una nave diretta in Fenicia, salimmo a bordo e salpammo. 3 Giunti in vista di Cipro,
e lasciatala a sinistra, navigammo verso la Siria e approdammo a Tiro, perché qui si doveva scaricare la
nave. 4 Trovati i discepoli, soggiornammo là sette giorni. Essi, mossi dallo Spirito, dicevano a Paolo di non
mettere piede a Gerusalemme; 5 quando però fummo al termine di quei giorni, partimmo per continuare
il viaggio, accompagnati da tutti loro, con le mogli e i figli, sin fuori dalla città; dopo esserci inginocchiati
sulla spiaggia, pregammo e ci dicemmo addio; 6 poi salimmo sulla nave, e quelli se ne tornarono alle loro
case.
Siamo al capitolo 21. Luca riprende la narrazione, utilizzando ancora gli appunti del suo diario di viaggio, in
modo schematico riporta le tappe della loro navigazione partendo da Mileto (che abbiamo detto e sulla costa
mediterranea a pochi km da Efeso), arrivano a Tiro, città antichissima tra la Siria e la Palestina. Questa volta
Paolo, come avviene nei primi due viaggi missionari, non va ad Antiochia, ma a Gerusalemme. Tra i motivi
della visita deve anche consegnare la colletta di cui era stato incarico dagli apostoli di Gerusalemme, che le
comunità della Grecia avevano raccolto per aiutare i confratelli della Giudea vittime della carestia. A Tiro
c’è una presenza cristiana una comunità di cui non abbiamo informazioni. Paolo si trattiene una settimana e
Luca ci racconta, che questi fratelli “mossi”, animati, spinti dallo Spirito supplicano Paolo di non andare a
Gerusalemme, preoccupati per Paolo. Anche in questo caso abbiamo una bella scena finale, con diverse
famiglie della comunità che accompagnano l’apostolo fino alla spiaggia, dove probabilmente si sarebbe
imbarcato e dopo un momento di benedizione comune si salutano con affetto. Fanno tappa a Tolemaide
dove si fermano un giorno e approdano infine a Cesarea, in Palestina.
7 Terminata la navigazione, da Tiro arrivammo a Tolemaide; e, salutati i fratelli, restammo un giorno con
loro. 8 Ripartiti il giorno dopo, giungemmo a Cesarea; ed entrati in casa di Filippo l'evangelista, che era uno
dei sette, restammo da lui. 9 Egli aveva quattro figlie non sposate, le quali profetizzavano. 10 Eravamo là
da molti giorni, quando scese dalla Giudea un profeta, di nome Agabo. 11 Egli venne da noi e, presa la
cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: «Questo dice lo Spirito Santo: "A Gerusalemme i Giudei
legheranno così l'uomo a cui questa cintura appartiene, e lo consegneranno nelle mani dei pagani"». 12
Quando udimmo queste cose, tanto noi che quelli del luogo lo pregavamo di non salire a Gerusalemme.
13 Paolo allora rispose: «Che fate voi, piangendo e spezzandomi il cuore? Sappiate che io sono pronto non
solo a essere legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù». 14 E, poiché non si
lasciava persuadere, ci rassegnammo dicendo: «Sia fatta la volontà del Signore». 15 Dopo quei giorni, fatti
i nostri preparativi, salimmo a Gerusalemme. 16 Vennero con noi anche alcuni discepoli di Cesarea, che ci
condussero in casa di un certo Mnasone di Cipro, discepolo di vecchia data, presso il quale dovevamo
alloggiare.
A cesarea, incontriamo nuovamente un personaggio che avevamo lasciato parecchi capitoli fa, (capitolo 8),
fanno visita a ilippo, “uno dei Sette”, scelto per il diaconato nella chiesa di Gerusalemme. Senza ripercorrere
la sua storia, è l’unico personaggio che nel Nuovo Testamento viene chiamato con il titolo di “evangelista”,
probabilmente gli veniva riconosciuto un ministero specifico nella predicazione del Vangelo. Non abbiamo
particolari elementi nella testimonianza del Nuovo Testamento per meglio definire a che cosa facesse
riferimento questo titolo. Filippo aveva 4 figlie che avevano un dono profetico. A Cesarea, durante la
permanenza di Paolo arriva a casa di Filippo, (v10), un personaggio, anche lui già incontrato nella narrazione,
un certo Agaboxciv, un profeta della giudea, che mosso dalla Spirito Santo profetizza che Paolo una volta giunto
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
112
Maurizio Allocca, v150123
a Gerusalemme sarà arrestato, per cui i discepoli e collaboratori di Paolo, nuovamente lo esortano a desistere
dalle sue intenzioni. V13 Paolo gli rispose: “Perché fate così, continuando a piangere e aspezzarmi il cuore?
Ancora una volta li rassicura che lui è cosciente di quello che sta facendo e che è pronto a pagare il prezzo di
tutto questo, ma non può opporsi/non vuole opporsi a quelle che lui crede sia la volontà di Dio. Dice: Io sono
pronto non soltanto a esser legato, ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù”. Impossibile
non pensare che questa sia una sottolineatura a livello narrativo in cui Luca, mette in parallelo l’esperienza
di Gesù che cammina verso Gerusalemme con i suoi discepoli consci dei pericoli che lo attendevano per stessa
ammissione di Gesù e la stessa esperienza che sta vivendo ora Paolo. Ma vedendo che Paolo non si faceva
dissuadere, i discepoli si rassegnano e a questo punto dicono: “Sia fatta la volontà del Signore!”. Questo però
ci permette di fare una riflessione. Paolo per quanto Luca si sforzi a livello narrativo di far credere il contrario
non è ben voluto a Gerusalemme. La frattura tra Paolo e alcune frange della comunità di Gerusalemme deve
essere molto grave.
INCONTRO CON LA CHIESA DI GERUSALEMME
Atti 21,17-26
17 Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente. 18 Il giorno seguente Paolo si recò con noi
da Giacomo; e vi si trovarono tutti gli anziani. 19 Dopo averli salutati, Paolo si mise a raccontare
dettagliatamente quello che Dio aveva fatto tra i pagani, per mezzo del suo servizio. 20 Ed essi, dopo averlo
ascoltato, glorificavano Dio. Poi gli dissero: «Fratello, tu vedi quante migliaia di Giudei hanno creduto; e
tutti sono zelanti per la legge. 21 Ora sono stati informati su di te che vai insegnando a tutti i Giudei sparsi
tra i pagani ad abbandonare Mosè, e dicendo di non circoncidere più i loro figli e di non conformarsi più ai
riti. 22 E allora? Sicuramente verranno a sapere che tu sei venuto. 23 Fa' dunque quello che ti diciamo: noi
abbiamo quattro uomini che hanno fatto un voto; 24 prendili con te, purìficati con loro e paga le spese per
loro affinché possano radersi il capo; così tutti conosceranno che non c'è niente di vero nelle informazioni
che hanno ricevute sul tuo conto; ma che tu pure osservi la legge. 25 Quanto ai pagani che hanno creduto,
noi abbiamo scritto decretando che si astengano dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dagli animali
soffocati e dalla fornicazione». 26 Allora Paolo, il giorno seguente, prese con sé quegli uomini e, dopo
essersi purificato con loro, entrò nel tempio annunciando di voler compiere i giorni della purificazione, fino
alla presentazione dell'offerta per ciascuno di loro.
A Gerusalemme, Paolo e la sua squadra, nonostante la situazione hanno un’accoglienza festosa, alcuni
studiosi commentano, sulla base del v22, che probabilmente si tratta della parte “ellenistica” della chiesa di
Gerusalemme. Il giorno seguente Paolo, ha un incontro più riservato con gli anziani, tra cui Giacomoxcv.
Nessuno dei dodici viene nominato, molto probabilmente non erano più a Gerusalemme. Paolo racconta
l’esito delle sue missioni che viene accolto con gioia, a questo punto gli anziani esternano a Paolo la forte
preoccupazione per la sua presenza a Gerusalemme. La questione non riguarda solo le relazioni tra Paolo ei
giudei, ma anche tra i molti giudei che si erano convertiti (Luca riferisce migliaia) e la cui conversione aveva
avuto un effetto differente rispetto a quella dei giudei delle diaspore. Invece di crearsi un distacco da alcune
prassi, la conversione aveva riacceso lo zelo per la Legge e quindi l’osservanza alle prescrizioni da questa
richieste e che fomentati sempre da altri cristiani giudaizzanti avevano sviluppato una forte repulsione verso
le argomentazioni di Paolo accusato di volere: “abbandonare Mosè, e dicendo di non circoncidere più i loro
figli e di non conformarsi più ai riti.“ Ci sono molte voci negative nei suoi confronti e allora gli consigliano
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
113
Maurizio Allocca, v150123
moderazione, di essere diplomatico, hanno rispetto per Paolo, non lo mandano via e non gli chiedono di
andarsene, ma la situazione è tesa e complicata, la sua presenza a Gerusalemme è molto scomoda e gli
propongono una possibile soluzione per mettere a tacere parte di queste voci. Gli dicono che ci sono quattro
cristiani che avevano fatto un voto, probabilmente di nazireatoxcvi, cioè un impegno a digiunare, astenersi per
un certo periodo di tempo, dalle bevande alcoliche e altro, e tra queste prassi anche il non tagliarsi i capelli.
Alla fine di questo tempo, la prassi religiosa ebraica, voleva che si dovessero tagliare i capelli a zero e che
questi dovevano poi essere bruciati con le offerte durante un sacrificio nel tempio di Gerusalemmexcvii. La
pratica dei riti duravacirca una settimana e aveva un costo. Propongono a Paolo di accompagnare queste
persone al Tempio e di provvedere lui stesso al pagamento degli animali e delle offerte necessarie per i
sacrifici, questo avrebbe rassicurato i suoi confratelli che non era contro la Legge di Mosè.
ARRESTO NEL TEMPIO
Atti 21,27-40
27 Quando i sette giorni stavano per compiersi, i Giudei dell'Asia, vedendolo nel tempio, aizzarono tutta la
folla e gli misero le mani addosso, gridando:
28 «Israeliti, venite in aiuto: questo è l'uomo
che va predicando a tutti e dappertutto contro
il popolo, contro la legge e contro questo
luogo; e, oltre a ciò, ha condotto anche dei
Greci nel tempio e ha profanato questo santo
luogo». 29 Infatti, prima avevano veduto
Trofimo di Efeso in città con Paolo, e
pensavano che egli lo avesse condotto nel
tempio. 30 Tutta la città fu in agitazione e si
fece un assembramento di gente; afferrato
Paolo, lo trascinarono fuori dal tempio, e
subito le porte furono chiuse. 31 Mentre cercavano di ucciderlo, fu riferito al tribuno della coorte che tutta
Gerusalemme era in subbuglio. 32 Ed egli, presi immediatamente dei soldati e dei centurioni, si precipitò
verso i Giudei, i quali, vedendo il tribuno e i soldati, cessarono di battere Paolo. 33 Allora il tribuno si
avvicinò, prese Paolo e ordinò che fosse legato con due catene; poi domandò chi fosse e che cosa avesse
fatto. 34 E nella folla gli uni gridavano una cosa e gli altri un'altra; per cui, non potendo sapere nulla di
certo a causa della confusione, ordinò che fosse condotto nella fortezza. 35 Quando Paolo arrivò alla
gradinata dovette, per la violenza della folla, essere portato di peso dai soldati, 36 perché una marea di
gente incalzava, gridando: «A morte!»
Paolo accetta, prende con sé questi uomini, entra nel Tempio, ma verso la fine dei giorni fissati per la
purificazione, v27 alcuni giudei della provincia d’Asia della zona di Efeso, che lo hanno riconosciuto,
fomentano la gente contro di lui, accusandolo di essere: contro il popolo, contro la legge e contro il Tempio
e di averlo profanato essendosi fatto accompagnare da alcuni greci proprio all’interno del Tempioxcviii. Luca
specifica v29 , che l’equivoco nasceva dal fatto che quello stesso giorno avevano veduto Paolo in città
accompagnato da un certo Trofimoxcix un suo collaboratore di Efeso e pensavano che Paolo lo avesse fatto
entrare nel tempio. Dalla reazione dei giudei a questa notizia, si evince che a Gerusalemme non vi fosse un
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
114
Maurizio Allocca, v150123
ambiente sereno a livello politico e sociale, v 30 , nasce un’agitazione di piazza e trovato Paolo e lo trascinano
fuori dal Tempio, sulla grande spianata. Paolo rischia seriamente il linciaggio, viene spinto, preso a calci e
battuto con le maini. Il disordine che si è venuto a creare deve coinvolgere molte persone e ci deve essere
molto clamore, perché il tribuno, che comanda la corte di soldati romani, alloggiata nella fortezza Antonia
adiacente alla spianata del Tempio, avvisato, intervenire immediatamente scortato dai soldati; attraverso la
scalinata che collega la fortezza romana con il piazzale del tempio. Il popolo vedendo i centurioni arrivare si fa
immediatamente da parte. Il tribuno ordina di arrestare Paolo, Luca, scrive che viene incatenato sul posto,
(probabilmente gli mettono anche dei ceppi ai piedi, perché riferisce di due catene) e inizia a interrogare la folla,
cercando di capire il motivo del tumulto, ma ottiene solo risposte confuse, per cui molte persone si erano unite
alla folla senza avere un’idea chiara.
37 Quando Paolo stava per essere introdotto nella fortezza, disse al tribuno: «Mi è permesso dirti qualcosa?»
Quegli rispose: «Sai il greco? 38 Non sei dunque quell'egiziano che tempo fa sobillò e condusse nel deserto
quei quattromila briganti?» 39 Ma Paolo disse: «Io sono un Giudeo di Tarso, cittadino di quella non oscura
città di Cilicia; e ti prego che tu mi permetta di parlare al popolo». 40 Il tribuno glielo permise e Paolo, stando
in piedi sulla gradinata, fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un gran silenzio, parlò loro in ebraico,
dicendo:
DETENZIONE A GERUSALEMME
Atti 22,1-30
Paolo viene scortato nella fortezza, ma prima di essere introdotto, rivolgendosi al tribuno in lingua greca, chiede
di poter parlare con la folla. Il tribuno resta inizialmente meravigliato e dal commento di Luca comprendiamo
anche il perché del trattamento che aveva rivolto a Paolo appena arrivato, in quanto pensava (v38) che si
trattasse di un egiziano che si era reso protagonista di alcune rivolte che avevano coinvolto numerose
persone.
1 «Fratelli e padri, ascoltate ciò che ora vi dico a mia difesa». 2 Quando ebbero udito che egli parlava loro
in lingua ebraica, fecero ancor più silenzio. Poi disse: 3 «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma
allevato in questa città, educato ai piedi di Gamaliele nella rigida osservanza della legge dei padri; sono
stato zelante per la causa di Dio, come voi tutti siete oggi; 4 perseguitai a morte questa Via, legando e
mettendo in prigione uomini e donne, 5 come me ne sono testimoni il sommo sacerdote e tutto il collegio
degli anziani; avute da loro delle lettere per i fratelli, mi recavo a Damasco per condurre legati a
Gerusalemme anche quelli che erano là, perché fossero puniti. 6 Mentre ero per strada e mi avvicinavo a
Damasco, verso mezzogiorno, improvvisamente dal cielo mi sfolgorò intorno una gran luce. 7 Caddi a terra
e udii una voce che mi disse: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" 8 Io risposi: "Chi sei, Signore?" Ed egli
mi disse: "Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti". 9 Coloro che erano con me videro sì la luce, ma non
intesero la voce di colui che mi parlava. 10 Allora dissi: "Signore, che devo fare?" E il Signore mi disse:
"Àlzati, va' a Damasco, e là ti saranno dette tutte le cose che ti è ordinato di fare". 11 E siccome non ci
vedevo più a causa del fulgore di quella luce, fui condotto per mano da quelli che erano con me; e così
giunsi a Damasco. 12 Un certo Anania, uomo pio secondo la legge, al quale tutti i Giudei che abitavano là
rendevano buona testimonianza, 13 venne da me e, accostatosi, mi disse: "Fratello Saulo, ricupera la
vista". E in quell'istante riebbi la vista e lo guardai. 14 Egli soggiunse: "Il Dio dei nostri padri ti ha destinato
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
115
Maurizio Allocca, v150123
a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua bocca. 15 Perché tu gli
sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai viste e udite. 16 E ora, perché indugi? Àlzati, sii
battezzato e lavato dei tuoi peccati, invocando il suo nome". 17 Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre
pregavo nel tempio, fui rapito in estasi, 18 e vidi Gesù che mi diceva: "Affrèttati, esci presto da
Gerusalemme, perché essi non riceveranno la tua testimonianza su di me". 19 E io dissi: "Signore, essi
sanno che io incarceravo e flagellavo nelle sinagoghe quelli che credevano in te; 20 quando si versava il
sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di coloro che lo
uccidevano". 21 Ma egli mi disse: "Va', perché io ti manderò lontano, tra i popoli"».
Con il capitolo, inizia l’ultimo periodo della vita di Paolo, quello della prigionia. Siamo verso la festa di
Pentecoste dell’anno 58, a Gerusalemme e Luca nell’introdurlo, ci presenta una scena epica: Paolo incatenato
in mezzo a due gendarmi romani, è in piedi in cima alla scalinata che collega la fortezza Antonia alla spianata
del tempio, di fronte a lui c’è una massa di giudei inferociti che vogliono la sua vita. La tensione deve essere
al massimo, Paolo fa cenno con la mano, attirando l’attenzione della folla, chiedendo di poter parlare e la
folla fa silenzio. Parla in ebraico, più probabilmente in aramaicoc, e la gente ascolta. “Sono un giudeo, anche
se nato nella diaspora, fin dalla giovane età sono cresciuto a Gerusalemme come discepolo di Gamaliele, nella
rigida osservanza della Legge dei Padri, fino a divenire persecutore di coloro che hanno creduto in Cristo Gesù,
sono passati 2 anni, ma è noto a tutto il sinedrio chi io sia e quale sia stata la mia condotta.”
Paolo ricorda ai suoi oppositori, come lui fosse stato un fiero oppositore di questa dottrina di come avesse
su incarico dello stesso sinedrio, perseguitato e arrestato coloro che vi avevano aderito. “Proprio mentre mi
recavo a Damasco su incarico del Sinedrio, mi apparve il Signore Gesù”. Paolo racconta l’esperienza
soprannaturale, avvenuti alla sua conversione: la luce, la voce dal cielo, la cecità, il suo arrivo a Damasco, la
visita di Anania, il recupero della vista, il suo battesimo, la sua chiamata profetica, e continua poi raccontando
un episodio avvenuto durante il primo soggiorno a Gerusalemme che scopriamo solo ora in questo passaggio
della Scrittura, mentre era proprio nel Tempio di Gerusalemme a pregare, fu rapito in estasi, ebbe un
esperienza visiva e uditiva di Gesù, che lo invitava ad andare via da Gerusalemme, perché i giudei non
avrebbero ricevuto la sua testimonianza, e Paolo racconta di aver insistito perché potesse rimanere, perché
era convinto che il suo credito presso i giudei di Gerusalemme a motivo della sua condotta lo avrebbe fatto
ascoltare, ma Gesù gli disse contro la sua volontà: “Va via da Gerusalemme io ti mando agli stranieri.”
Il discorso di Paolo non ottiene un buon successo, è un fallimento, di fatti non lo lasciano terminare, così
come Paolo aveva anticipato ai suoi stessi interlocutori nelle parole che aveva ricevuto da Gesù nella visione
avuto nel Tempio: “Perché essi non riceveranno la tua testimonianza su di me”. Il suo proclamarsi un inviato
di Dio è la goccia che fa traboccare il vaso, la folla a questo punto inizia a gridare in modo plateale secondo
l’usanza orientale, gettando i mantelli e lanciando polvere in aria, contro di lui e verso il tribuno che lo ha in
custodia perché lo giustizi.
22 Lo ascoltarono fino a questa parola; poi alzarono la voce, dicendo: «Togli via dal mondo un uomo simile;
perché non è degno di vivere». 23 Com'essi gridavano e gettavano via i loro vestiti e lanciavano polvere in
aria, 24 il tribuno comandò che Paolo fosse condotto nella fortezza e che venisse interrogato mediante
tortura, allo scopo di sapere per quale motivo gridassero così contro di lui. 25 Quando lo ebbero disteso e
legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che era presente: «Vi è lecito flagellare un cittadino romano,
che non è stato ancora condannato?» 26 Il centurione, udito questo, andò a riferirlo al tribuno, dicendo:
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
116
Maurizio Allocca, v150123
«Che stai per fare? Quest'uomo è romano!» 27 Il tribuno andò da Paolo e gli chiese: «Dimmi, sei romano?»
Ed egli rispose: «Sì». 28 Il tribuno replicò: «Io ho acquistato questa cittadinanza per una grande somma di
denaro». E Paolo disse: «Io, invece, l'ho di nascita». 29 Allora quelli che stavano per sottoporlo a
interrogatorio si ritirarono subito da lui; e anche il tribuno, sapendo che egli era romano, ebbe paura
perché lo aveva fatto legare. 30 Il giorno seguente, volendo sapere con certezza di che cosa egli fosse
accusato dai Giudei, lo liberò e ordinò ai capi dei sacerdoti e a tutto il sinedrio di radunarsi; e, condotto giù
Paolo, lo fece comparire davanti a loro.
Per paura che la situazione degeneri il tribuno ordina ai soldati di portarlo velocemente nella fortezza, con
l’intenzione di interrogarlo e secondo la dura prassi dei militari romani, invita a flagellarlo perché Paolo riveli
quali siano i veri motivi per cui così aspramente ce l’hanno con lui. Lo legano con le cinghie, ma prima di
lasciarsi flagellare Paolo si rivolge al centurione rivelandogli di essere cittadino romano, che avvisa
immediatamente il tribuno che accorre. Luca, ci presenta un siparietto curioso ma che è uno spaccato
dell’impero, perché il tribuno riferisce che ha acquistato la cittadinanza “pagandola cara” dobbiamo
intendere, tramite la corruzione di un funzionario), Paolo riferisce di averla per diritto di nascita e questo
imbarazza ancora maggiormente il tribuno, perché aveva incatenato Paolo senza un reale ragione legale. La
situazione cambia immediatamente, l’essere cittadino dava diritto a dei privilegi uno fra tutto non potevi
essere punito se prima la tua colpa non venisse appurata da un tribunale romano (per comprendere i privilegi
che Paolo aveva come cittadino romano, basti pensare alla vicenda di Gesù, che fu torturato e condannato,
senza la necessità che Pilato dovesse attendere l’esito di un processo di un tribunale romano). Tuttavia, essendo
comunque Paolo stato accusato, il tribuno deve procedere ad un interrogatorio e ad un processo; quindi,
volendo il tribuno appurare i fatti decide di convocare il sinedrio affinché le parti fossero messe a confronto.
Siamo arrivati al capitolo 23, e prima di proseguire nel commento, vi è un silenzio che fa però rumore nella
narrazione di Luca, l’assenza di ogni commento riguardante la chiesa di Gerusalemme da tutti questi eventi.
1 Paolo, fissato lo sguardo sul sinedrio, disse: «Fratelli, fino ad oggi mi sono condotto davanti a Dio in tutta
buona coscienza». 2 Il sommo sacerdote Anania comandò a quelli che erano vicini a lui di percuoterlo sulla
bocca. 3 Allora Paolo gli disse: «Dio percuoterà te, parete imbiancata; tu siedi per giudicarmi secondo la
legge e violando la legge comandi che io sia percosso?» 4 Coloro che erano là presenti dissero: «Tu insulti
il sommo sacerdote di Dio?» 5 Paolo disse: «Fratelli, non sapevo che fosse sommo sacerdote; perché sta
scritto: "Non dirai male del capo del tuo popolo"». 6 Ora Paolo, sapendo che una parte dell'assemblea era
composta di sadducei e l'altra di farisei, esclamò nel Sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; ed
è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti che sono chiamato in giudizio». 7 Appena ebbe
detto questo, nacque contesa tra i farisei e i sadducei, e l'assemblea si trovò divisa. 8 Perché i sadducei
dicono che non vi è risurrezione, né angelo né spirito; mentre i farisei affermano tutte queste cose. 9 Ne
nacque un grande clamore; e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi, protestarono dicendo: «Non
troviamo nulla di male in quest'uomo; e se gli avesse parlato uno spirito o un angelo?» 10 Poiché il
contrasto andava crescendo, il tribuno, temendo che Paolo fosse fatto a pezzi da quella gente, comandò ai
soldati di scendere e di portarlo via di mezzo a loro, e di condurlo nella fortezza. 11 La notte seguente il
Signore gli si presentò e disse: «Fatti coraggio; perché come hai reso testimonianza di me a Gerusalemme,
così bisogna che tu la renda anche a Roma».
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
117
Maurizio Allocca, v150123
Paolo viene quindi portato dal tribuno innanzi al sinedrio, la suprema corte giudaica, composta dal sommo
sacerdote che presiede la commissione e da 70 autorevoli membri. Il sommo sacerdote è un tale Anania,
anche lui ha avuto diverse vicissitudini come ci racconta Giuseppe lavio nelle sue “Antichità Giudaiche”.
Nominato verso il 47, arrestato e inviato a Roma nel 52, prosciolto poté ritornare a Gerusalemme, morirà
assassinato nel 66 all’inizio della guerra giudaica. Il confronto inizia nel peggiore dei modi. Paolo esordisce
affermando di avere servito Dio in buona coscienza, ottenendo la reazione avversa del Sommo Sacerdote
Anania, che comanda agli assistenti di dargli uno schiaffo sulla bocca. La reazione di Paolo, forse perché non
se l’aspettava ci ricorda che è un uomo; è molto dura, e desta scalpore perché non è lecito rispondere in
questo modo al sommo sacerdote, per cui ripreso Paolo si scusa dicendo di non sapere che Anania fosse il
sommo sacerdote e cita il libro dell’esodo: “Non insulterai il capo del tuo popolo”.ci A dire: se lo avessi saputo,
non lo avrei fatto. Quello che avviene dopo ci presenta un Paolo in una veste diversa. La cosa che si è resa già
evidente dal discorso fatto sulle scalinate della fortezza e che Paolo ha determinato l’inutilità almeno per lui
di dover argomentare con i giudei di Gerusalemme sulla messianicità di Cristo, come hanno invece a più
riprese fatto Pietro nel giorno della Pentecoste o Stefano prima del martirio, partendo dalle Scritture del
Vecchio Testamento. Certamente è una sua scelta deliberata, forse proprio in forza della parola profetica che
riporta in At 22.18, per cui ritiene inutile insistere nei riguardi dei giudei di Gerusalemme. A dimostrazione
che qualcosa sia cambiato nell’approccio di Paolo è che anche in questa occasione davanti alle massime
cariche religiose di Gerusalemme rinuncia a argomentare e si dimostra invece un abile politico, ben sapendo
che nel sinedrio una parte era composta da sadduceicii, e una parte da farisei, Paolo approfitta di questa
suddivisione del sinedrio, giocando su un loro contrasto teologico, che riguardava la resurrezione. A un certo
punto a “gran voce”, quindi quasi gridando, traduce la CEI, contro il più pacato “esclamò” della NR, afferma:
“Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; (rivolgendosi alla frangia dei farisei) ed è a motivo della speranza e
della risurrezione dei morti che sono chiamato in giudizio”. Lo scopo che si prefigge è di mettere la pulce
nelle orecchie ai farisei, che l’unica sua colpa per cui si trova in giudizio è di credere nella risurrezione.
“Fratelli il motivo per cui si vuole condannarmi, non è a causa delle accuse che mi vengono rivolte di voler
sovvertire la Legge, ma perché credo nella risurrezione”. Questo, dobbiamo dirlo, anche se non suona
simpatico, come “astutamente” aveva previsto Paolo, provoca la reazione dei farisei, che si sentono indignati
per questo sotterfugio dei sadducei e scoppia una disputa molto accesa, di cui Luca si affretta (v8) a spiegarne
la natura L’intervento nel sinedrio non è servito al tribuno per meglio comprendere la natura delle accuse
rivolte a Paolo, anzi la confusione è tale che temendo un tumulto che possa mettere a rischio l’incolumità di
Paolo lo riporta nella fortezza Antonia. Al v11, Luca riporta, come avvenuto al capitolo 18 durante il soggiorno
a Corinto, che Paolo riceve, una forte esortazione da parte di Dio ad essere coraggioso, che arriva
probabilmente in momento ancora di abbattimento per la sua situazione come doveva essere stato a Corinto.
Paolo è in carcere, non è padrone della sua libertà e sa comunque che fino a quando resta a Gerusalemme
rischia la vita. Il Signore in una visione notturna, in un sogno, gli annuncia che nulla è cambiato rispetto ai
piani che aveva per lui, che con la stessa franchezza con cui ha reso la sua testimonianza a Gerusalemme
dovrà farlo anche a Roma.
12 Quando fu giorno, i Giudei ordirono una congiura e, con imprecazioni contro se stessi, fecero voto di
non mangiare né bere finché non avessero ucciso Paolo. 13 Ora quelli che avevano fatto questa congiura
erano più di quaranta. 14 Si presentarono ai capi dei sacerdoti e agli anziani e dissero: «Abbiamo fatto
voto, scagliando l'anatema contro noi stessi, di non mangiare nulla finché non abbiamo ucciso Paolo. 15
Perciò voi con il sinedrio presentatevi al tribuno per chiedergli di condurlo giù da voi, come se voleste
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
118
Maurizio Allocca, v150123
conoscere più esattamente il suo caso; e noi, prima che egli arrivi, siamo pronti a ucciderlo». 16 Ma il
figlio della sorella di Paolo, venuto a sapere dell'agguato, corse alla fortezza, ed entrato riferì tutto a
Paolo. 17 Paolo, chiamato a sé uno dei centurioni, disse: «Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha
qualcosa da riferirgli». 18 Egli lo prese e lo condusse dal tribuno, e disse: «Paolo, il prigioniero, mi ha
chiamato e mi ha pregato di condurti questo giovane, che ha qualcosa da dirti». 19 Il tribuno lo prese per
mano e, appartatosi con lui, gli domandò: «Che cosa hai da riferirmi?» 20 Ed egli rispose: «I Giudei si sono
messi d'accordo per pregarti che domani tu riconduca giù Paolo nel sinedrio, come se volessero informarsi
meglio del suo caso; 21 ma tu non dar retta a loro, perché più di quaranta uomini di loro gli tendono un
agguato e, con imprecazioni contro se stessi, hanno fatto voto di non mangiare né bere finché non lo
abbiano ucciso; e ora sono già pronti, aspettando il tuo consenso». 22 Il tribuno dunque congedò il
giovane, dopo avergli comandato: «Non parlare con nessuno di quanto mi hai svelato».
I giudei, come da timori di Paolo, visto che per le vie legali non riuscivano a venirne a capo della questione,
decidono di agire in prima persona. Il piano prevede la collaborazione del Sinedrio, che deve richiedere al
tribuno di far comparire di nuovo Paolo davanti a loro per completare la disamina mentre 40 giudei
presentanti come fanatici integralisti da Luca, hanno fatto un solenne giuramento di non toccare più cibo,
né bevanda, finché non avessero ucciso Paolo, sono pronti a tendergli un agguato. Il piano sembra ben fatto
ma gli ideatori non hanno considerato la necessità della segretezza. Il figlio della sorella di Paolo, di cui fino
ad ora non sapevamo nulla riguardo la sua esistenza, viene a sapere del complotto e si reca alla fortezza per
avvisare suo zio, che lo fa portare da uno dei centurioni al tribuno stesso. Il tribuno, dopo aver ascoltato il
nipote di Paolo, lo congeda raccomandandogli di non riferire nulla a nessuno in quanto consapevole che sta
rischiando la vita.
TRASFERIMENTO A CESAREA
Atti 23,23-35
23 Poi, chiamati due centurioni, disse loro: «Tenete pronti fin dalla terza ora della notte duecento soldati,
settanta cavalieri e duecento lancieri, per andare fino a Cesarea; 24 e abbiate pronte delle cavalcature per
farvi montare su Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice». 25 Scrisse anche una
lettera del seguente tenore: 26 «Claudio Lisia, all'eccellentissimo governatore Felice, salute. 27
Quest'uomo era stato preso dai Giudei e stava per essere ucciso da loro, quando sono intervenuto con i
soldati e l'ho liberato dalle loro mani, avendo saputo che era cittadino romano. 28 Volendo sapere di che
cosa lo accusavano, lo condussi nel loro sinedrio. 29 Ho trovato che era accusato per questioni relative alla
loro legge, ma che non era incolpato di nulla che fosse meritevole di morte o di prigione. 30 Però mi è stato
riferito che si tendeva un agguato contro quest'uomo; perciò l'ho subito inviato da te, ordinando anche ai
suoi accusatori di dire davanti a te quello che hanno contro di lui». 31 I soldati dunque, com'era stato loro
ordinato, presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipatrìda. 32 Il giorno seguente lasciarono partire i
cavalieri con lui e ritornarono alla fortezza. 33 Quelli, giunti a Cesarea e consegnata la lettera al
governatore, gli presentarono anche Paolo. 34 Egli lesse la lettera e domandò a Paolo di quale provincia
fosse e, saputo che era di Cilicia, 35 gli disse: «Ti ascolterò meglio quando saranno giunti anche i tuoi
accusatori». E ordinò che fosse custodito nel palazzo di Erode.
Il tribuno, compreso che Gerusalemme non è più un posto sicuro per Paolo organizza immediatamente il suo
trasferimento con un importante scorta armata a Cesarea, dal governatore Antonio Feliceciii, accompagnato
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
119
Maurizio Allocca, v150123
da una lettera di presentazione, in cui riporta brevemente i fatti e chiede aiuto al governatore delegandolo
nella risoluzione della questione. Paolo giunto a Cesarea, viene ricevuto fugacemente dal governatore che
dopo essersi informato sulla provenienza, riferisce che ascolterà ciò che ha dire quando arriveranno anche i
suoi accusatori.
PAOLO DIFRONTE AL GOVERNATORE FELICE
Atti 24,1-27
1 Cinque giorni dopo, il sommo sacerdote Anania discese con alcuni anziani e con un avvocato di nome
Tertullo, e si presentarono al governatore per accusare Paolo. 2 Egli fu chiamato e Tertullo cominciò ad
accusarlo, dicendo: 3 «Siccome per merito tuo, eccellentissimo Felice, godiamo molta pace, e per la tua
previdenza sono state fatte delle riforme in favore di questa nazione, noi in tutto e per tutto lo
riconosciamo con viva gratitudine. 4 Ora, per non trattenerti troppo a lungo, ti prego di ascoltare
brevemente, secondo la tua benevolenza. 5 Abbiamo dunque trovato che quest'uomo è una peste, che
fomenta rivolte fra tutti i Giudei del mondo ed è capo della setta dei Nazareni. 6 Egli ha perfino tentato di
profanare il tempio; perciò lo abbiamo arrestato; [e volevamo giudicarlo secondo la nostra legge; 7 ma il
tribuno Lisia è intervenuto e lo ha tolto con violenza dalle nostre mani, 8 ordinando che i suoi accusatori si
presentassero davanti a te;] interrogandolo, potrai tu stesso aver piena conoscenza di tutte le cose di cui
noi lo accusiamo». 9 I Giudei si unirono anch'essi nelle accuse, affermando che le cose stavano così.
Dopo cinque giorni, una delegazione capeggiata dal sommo sacerdote Anania in persona con alcuni anziani
e un avvocato, di nome Tertullo, si presentano dal governatore. In questo passaggio, abbiamo un altro
esempio delle abilità di scrittore di Luca, nell’uso della retorica, in cui a livello narrativo ricostruisce, in modo
credibile quella che poteva essere stata l’arringa dell’avvocato difronte al governatore. L’intervento v3 ,
Inizia con un tono fortemente adulatore nei confronti dell’autorità ringraziandolo per la sua buona
amministrazione nei confronti dei giudei, per poi passare ai capi di accusa nei riguardi di Paolo. La questione
dell’ingresso al Tempio anche se citata, l’avvocato è cosciente che non è di particolare interesse penale per
il governatore, per cui calca più la mano sul presentare Paolo come una persona socialmente pericolosa, un
fomentatore aderente alla setta dei nazarei i seguaci di Gesù , di cui è addirittura il capo. L’avvocato,
presenta volutamente i “seguaci della via”, come fanatici e integralisti, più o meno doveva essere il pensiero
che il governatore, come tutti i romani, aveva in generale senza distinzione alcuna degli ebrei). Alle accuse a
questo punto si unisce anche il resto della delegazione. La sensazione a livello narrativo e che il governatore,
come avvenuto al tribuno prima di lui, non ha capito molto della questione che a lui ovviamente sembra
una questione puramente religiosa senza particolari risvolti penali, per cui fa cenno all’imputato di parlare.
10 Allora Paolo, dopo che il governatore gli ebbe fatto cenno di parlare, rispose: «Sapendo che già da molti
anni tu sei giudice di questa nazione, parlo con più coraggio a mia difesa. 11 Perché tu puoi accertarti che
non sono più di dodici giorni da quando salii a Gerusalemme per adorare; 12 ed essi non mi hanno trovato
nel tempio a discutere con nessuno né a fare assembramenti di popolo, né nelle sinagoghe né in città; 13
e non possono provarti le cose delle quali ora mi accusano. 14 Ma ti confesso questo, che adoro il Dio dei
miei padri, secondo la Via che essi chiamano setta, credendo in tutte le cose che sono scritte nella legge e
nei profeti; 15 avendo in Dio la speranza, condivisa anche da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giusti
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
120
Maurizio Allocca, v150123
e degli ingiusti. 16 Per questo anch'io mi esercito ad avere sempre una coscienza pura davanti a Dio e
davanti agli uomini. 17 Dopo molti anni sono venuto a portare elemosine alla mia nazione e a presentare
delle offerte. 18 Mentre io stavo facendo questo, mi hanno trovato purificato nel tempio, senza
assembramento e senza tumulto; 19 e vi erano alcuni Giudei dell'Asia; questi avrebbero dovuto comparire
davanti a te ed accusarmi, se avevano qualcosa contro di me. 20 Oppure dicano costoro quale misfatto
hanno trovato in me, quando mi presentai davanti al sinedrio; 21 a meno che si tratti di questa sola parola
che gridai, quando comparvi davanti a loro: "È a motivo della risurrezione dei morti, che io sono oggi
giudicato da voi"». 22 Allora Felice, che era assai bene informato su questa Via, li rinviò dicendo: «Quando
sarà giunto il tribuno Lisia, esaminerò il caso vostro». 23 E ordinò al centurione che egli fosse custodito,
permettendogli però una certa libertà e senza vietare ad alcuno dei suoi di rendergli dei servizi.
La difesa di Paolo è ineccepibile, è un uomo che sa parlare bene, che sa misurare le parole che usa. Neanche
Paolo sfugge alla tentazione della retorica per cui l’argomentazione viene introdotta dai complimenti verso il
governatore (una forma di cortesia), Dopo di che affronta e smonta una alla volta, le accuse che gli sono state
mosse in qualità di fomentatore, di agitatore. Parte dai fatti; fatti di cui il Governatore, riferisce Paolo, poteva
accertarsi. Al momento dell’aggressione, era nel tempio intento a adorare: “Al contrario di quanto affermano
non stavo discutendo o contestando né fomentando nessuno contro chi che sia, nel Tempio, come nelle
sinagoghe o in città.” Ammette di essere un “seguace della “Via”, tramite cui “adoro il Dio dei miei padri, ….
credendo in tutte le cose che sono scritte nella legge e nei profeti”. Questa non è un’eresia afferma Paolo,
perché io seguo Dio, credendo conformemente alla Legge e tutto quello che sta scritto nei Profeti. Condivido
con loro la stessa speranza nella resurrezione per questo mi sforzo di conservare in ogni momento una
coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini. Paolo riferisce a questo punto anche il motivo
principale della sua visita a Gerusalemme, a causa di un impegno preso verso la comunità di Giudea a motivo
della recente carestia, di raccogliere dei soldi per una colletta dalle chiese dell’Asia Minore e della Grecia. Poi
spiega maggiormente nel dettaglio da chi è partita l’accusa dei giudei di Efeso presenti a Gerusalemme , ma
lui non comprende perché dato che l’accusano non siano presenti di persona per riferirlo, proprio la
mancanza di elementi probatori, dimostra che lui è in giudizio da parte dei suoi accusatori, non per quanto
viene sollevato ma per la sua fede nella resurrezione dei morti. Le questioni religiose non sono materia penale
per un tribunale romano e Luca riporta che Felice era bene informato sulla materia delle controversie tra
giudaismo tradizionale e cristianesimo, inizia quindi ad avere le idee più chiare e si rende conto che non c’è
materia per un giudizio romano e allora probabilmente con una scusa rinvia il processo fino all’arrivo del
tribuno Lisia. In poche parole, si riserva di sentire la testimonianza del tribuno della fortezza Antonia, prima
di prendere una sua decisione. Congeda tutti, tranne Paolo che viene trattenuto nella fortezza anche se con
libertà di movimento e di ricevere visite.
24 Dopo alcuni giorni Felice, venuto con sua moglie Drusilla, che era giudea, mandò a chiamare Paolo e lo
ascoltò circa la fede in Cristo Gesù. 25 Siccome Paolo parlava di giustizia, di temperanza e del giudizio
futuro, Felice si spaventò e replicò: «Per ora va'; e quando ne avrò l'opportunità, ti manderò a chiamare».
26 Egli sperava, allo stesso tempo, che Paolo gli avrebbe dato del denaro: per questo lo mandava spesso a
chiamare e conversava con lui. 27 Trascorsi due anni, Felice ebbe per successore Porcio Festo; e Felice,
volendo guadagnare il favore dei Giudei, lasciò Paolo in prigione.
Questo soggiorno di Paolo come ospite del governatore dura due anni. Un periodo forzato, Felice non vuole
liberarlo probabilmente per non incrinare i rapporti con i giudei, ma non può consegnaglielo perché cittadino
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
121
Maurizio Allocca, v150123
romano, e nell’uno o nell’altro caso Luca, riferisce che ha un interesse personale a trattenerlo perché
vorrebbe trarre da Paolo un interesse economico per farlo. In questo periodo Paolo a più riprese ha modo
di parlare con Felice della sua fede in Gesù, che si manifesta essere una persona dalla scorsa dura. Non è
insensibile alla testimonianza di Paolo, ma allo stesso tempo non vuole accettarla nel suo cuore. Ha altri
obiettivi di vita a cui non vuole rinunciare, non ha nessun interesse nel ricercare la verità. Anzi cerca il proprio
interesse personale anche nella vicenda di Paolo da cui vorrebbe dei soldi per liberarlo. Paolo non cede alle
sue richieste velate e per questo motivo resta in questa detenzione fino alla fine del mandato di Felice.
PAOLO DIFRONTE AL GOVERNATORE FESTO
Atti 25,1-12
1 Festo, dunque, giunse nella provincia, e tre giorni dopo salì da Cesarea a Gerusalemme. 2 I capi dei
sacerdoti e i notabili dei Giudei gli presentarono le loro accuse contro Paolo; 3 e con intenzioni ostili lo
pregavano, chiedendo come un favore, che lo facesse venire a Gerusalemme. Essi intanto avrebbero
preparato un'imboscata per ucciderlo durante il viaggio. 4 Ma Festo rispose che Paolo era custodito a
Cesarea e che egli stesso doveva partir presto. 5 «Quelli dunque che hanno autorità tra di voi», disse egli,
«scendano con me, e se vi è in quest'uomo qualche colpa, lo accusino». 6 Rimasto tra di loro non più di
otto o dieci giorni, Festo discese a Cesarea; e il giorno dopo, sedendo in tribunale, ordinò che Paolo gli
fosse condotto davanti. 7 Quando egli giunse, i Giudei che erano scesi da Gerusalemme lo circondarono,
portando contro di lui numerose e gravi accuse, che non potevano provare; 8 mentre Paolo diceva a sua
difesa: «Io non ho peccato né contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare». 9 Ma
Festo, volendo fare cosa gradita ai Giudei, disse a Paolo: «Vuoi salire a Gerusalemme ed essere giudicato
in mia presenza intorno a queste cose?» 10 Ma Paolo rispose: «Io sto qui davanti al tribunale di Cesare,
dove debbo essere giudicato; non ho fatto nessun torto ai Giudei, come anche tu sai molto bene. 11 Se
dunque sono colpevole e ho commesso qualcosa da meritare la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle
cose delle quali costoro mi accusano non c'è nulla di vero, nessuno mi può consegnare nelle loro mani. Io
mi appello a Cesare». 12 Allora Festo, dopo aver conferito con il Consiglio, rispose: «Tu ti sei appellato a
Cesare; a Cesare andrai».
Al capitolo 25 ci viene presentato il nuovo procuratore; Porcio Festo arriva a Cesarea nel 60, un uomo
onesto, un buon romano, concreto e preciso nell’amministrazione, ma è pur sempre un politico e lascia Paolo
in prigione per dimostrare benevolenza verso i giudei. Entrato in carica si reca a Gerusalemme dove il
sinedrio che nonostante siano passati 2 anni ancora il loro odio non si è placato nei riguardi di Paolo per cui
gli sottopongono ancora la questione e chiedono con insistenza, come quasi fosse un favore personale di
farlo venire a Gerusalemme. Lo scopo riferisce Luca era di tendergli un agguato durante il tragitto con
l’intenzione di ucciderlo. Festo riconosce la legittimità della richiesta, perché anche lui come Felice riconosce
che è una controversia di natura religiosa e spetterebbe al sinedrio occuparsene; tuttavia, è necessario che
l’imputato sia d’accordo perché è un cittadino romano e ha diritto di essere giudicato da un tribunale romano.
A questo punto invita una delegazione del sinedrio a presentarsi nuovamente a Cesarea e l’epilogo
dell’incontro ricalca quello avvenuto in precedenza, le accusa che vi vengono rivolte non sono provabili e
Festo si rende conto che sono dei meri pretesti, ma nonostante questo prevalgono le opportunità di natura
politica, Festo desidera mantenere buone relazioni con queste autorità giudaiche, è appena arrivato e vuole
garantirsi una amministrazione serena e quindi rivolge a Paolo la seguente domanda: “Vuoi andare a
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
122
Maurizio Allocca, v150123
Gerusalemme per essere là giudicato di queste cose, davanti a me?”. Quindi da un lato tende la mano ai
giudei, dall’altro difende il diritto di Paolo, assicurandogli la sua presenza e mediazione. Paolo è nella
posizione di accettare, come anche rifiutare la proposta, e decide di rifiutare e di appellarsi a Cesare. Difficile
intuire le ragioni di Paolo e la ragione del viaggio a Roma non è da sola plausibile, per due motivi: il primo che
appellandosi alla Legge romana, potrebbe anche essere inviato in Cilicia, sua terra natia, per essere
processato e non per forza nella capitale; Inoltre non può sapere il trattamento giudiziario che gli sarà
riservato una volta a Roma, potrebbe anche essere incarcerato in attesa di processo. Secondo è certamente
consapevole che in un confronto con il Sinedrio alla presenza di Festo, ha molte probabilità che invece venga
liberato e quindi avrà poi la possibilità di organizzare il viaggio verso Roma in piena autonomia e libertà di
movimento. Probabilmente non si fida delle autorità giudaiche e ha paura che possano complottare per la
sua vita, come hanno già provato a fare, per cui preferisce il male minore tra i due e sceglie di essere giudicato
da un Tribunale romano. Festo, una volta ricevuta la risposta di Paolo, si prende un momento di riflessione e
sancisce la sua decisione con la famosa formula: “Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai”.
VISITA DI RE AGRIPPA
Atti 25,13-27
13 Dopo diversi giorni il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea, per salutare Festo. 14 E poiché si
trattennero là per molti giorni, Festo raccontò al re il caso di Paolo, dicendo: «Vi è un uomo che è stato
lasciato in carcere da Felice, 15 contro il quale, quando mi recai a Gerusalemme, i capi dei sacerdoti e gli
anziani dei Giudei sporsero denuncia, chiedendomi di condannarlo. 16 Risposi loro che non è abitudine dei
Romani consegnare un accusato prima che abbia avuto gli accusatori di fronte e gli sia stato dato modo di
difendersi dall'accusa. 17 Quando dunque furono venuti qua, senza indugio, il giorno seguente, sedetti in
tribunale e ordinai che quell'uomo mi fosse condotto davanti. 18 I suoi accusatori si presentarono, ma non
gli imputavano nessuna delle cattive azioni che io supponevo. 19 Essi avevano contro di lui certe questioni
intorno alla propria religione e intorno a un certo Gesù, morto, che Paolo affermava essere vivo. 20 E io,
non conoscendo la procedura per questi casi, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme e là essere
giudicato intorno a queste cose. 21 Ma siccome Paolo aveva interposto appello per essere rimesso al
giudizio dell'imperatore, ordinai che fosse custodito finché non l'avessi inviato a Cesare». 22 Agrippa disse
a Festo: «Vorrei anch'io ascoltare quest'uomo». Ed egli rispose: «Domani lo ascolterai». 23 Il giorno
seguente, dunque, Agrippa e Berenice giunsero con gran pompa, ed entrarono nella sala d'udienza con i
tribuni e con i notabili della città; e, per ordine di Festo, fu condotto Paolo. 24 Allora Festo disse: «Re
Agrippa, e voi tutti che siete qui presenti con noi, voi vedete quest'uomo, a proposito del quale una folla
di Giudei si è rivolta a me, in Gerusalemme e qui, gridando che non deve più restare in vita. 25 Io però non
ho trovato che avesse fatto qualcosa meritevole di morte, e poiché egli stesso si è appellato all'imperatore,
ho deciso di mandarglielo. 26 Siccome non ho nulla di certo da scrivere all'imperatore, l'ho condotto qui
davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché, dopo questo esame, io abbia qualcosa
da scrivere. 27 Perché non mi sembra ragionevole mandare un prigioniero senza render note le accuse che
vengono mosse contro di lui».
Alcuni giorni giungono a Cesarea, in visita, il re Agrippa e Berenice, si tratta di Erode Agrippa II e di sua sorella
Berenice, figli di Erode Agrippa I, fratelli della Drusilla moglie del precedente Governatore, Antonio Felice.
Giungono a Cesarea probabilmente per rendere omaggio al nuovo Procuratore e si trattengono diversi giorni.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
123
Maurizio Allocca, v150123
In occasione della visita, il governatore coglie l’occasione di esporre il caso di Paolo. Racconta in sintesi la
vicenda giudiziaria, dal cui racconto si evince che Porzio ritiene Paolo innocente e trova pretestuose le accuse
rivoltegli, e chiede consiglio ad Agrippa, nel merito di quanto dovrà scrivere nel rapporto che invierà a Roma
assieme al prigioniero, che si rende disponibile ad ascoltare il prigioniero. L’occasione si presenta il giorno
dopo, durante probabilmente la cerimonia organizzata per la visita del Re Agrippa, alla presenza di alti
funzionari romani e cittadini illustri. Il Governatore, introduce Paolo, spiegando ai presenti la questione. Luca
nella prefazione del Governatore, rimarca l’innocenza di Paolo mentre si appresta a riportare le parole
dell’ultimo discorso di Paolo, ancora una volta è un’apologia.
DISCORSO DI PAOLO DIFRONTE A RE AGRIPPA
Atti 26,1-32
Un discorso solenne fortemente autobiografico con cui l’apostolo presenta con molta lucidità la propria vita
e il proprio operato e arriviamo così al capitolo 26.
1 Agrippa disse a Paolo: «Ti è concesso di parlare a tua difesa». Allora Paolo, stesa la mano, disse a sua
difesa: 2 «Re Agrippa, io mi ritengo felice di potermi oggi discolpare davanti a te di tutte le cose delle quali
sono accusato dai Giudei, 3 soprattutto perché tu hai conoscenza di tutti i riti e di tutte le questioni che ci
sono tra i Giudei; perciò ti prego di ascoltarmi pazientemente. 4 Quale sia stata la mia vita fin dalla mia
gioventù, che ho trascorsa a Gerusalemme in mezzo al mio popolo, è noto a tutti i Giudei, 5 perché mi
hanno conosciuto fin da allora e sanno, se pure vogliono renderne testimonianza, che, secondo la più rigida
setta della nostra religione, sono vissuto da fariseo. 6 E ora sono chiamato in giudizio per la speranza nella
promessa fatta da Dio ai nostri padri; 7 della quale promessa le nostre dodici tribù, che servono con fervore
Dio notte e giorno, sperano di vedere il compimento. Per questa speranza, o re, sono accusato dai Giudei!
8 Perché mai si giudica da voi cosa incredibile che Dio risusciti i morti? 9 Quanto a me, in verità pensai di
dover lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno. 10 Questo infatti feci a Gerusalemme; e
avendone ricevuta l'autorizzazione dai capi dei sacerdoti, io rinchiusi nelle prigioni molti dei santi; e
quando erano messi a morte, io davo il mio voto. 11 E spesso, in tutte le sinagoghe, punendoli, li
costringevo a bestemmiare; e, infuriato oltremodo contro di loro, li perseguitavo fin nelle città straniere.
12 Mentre mi dedicavo a queste cose e andavo a Damasco con l'autorità e l'incarico da parte dei capi dei
sacerdoti, 13 a mezzogiorno vidi per strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, la quale
sfolgorò intorno a me e ai miei compagni di viaggio. 14 Tutti noi cademmo a terra, e io udii una voce che
mi disse in lingua ebraica: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo". 15
Io dissi: "Chi sei, Signore?" E il Signore rispose: "Io sono Gesù, che tu perseguiti. 16 Ma àlzati e sta' in piedi,
perché per questo ti sono apparso: per farti ministro e testimone delle cose che hai viste, e di quelle per le
quali ti apparirò ancora, 17 liberandoti da questo popolo e dalle nazioni, alle quali io ti mando 18 per aprire
loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano per la
fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati". 19 Perciò, o re Agrippa, io non
sono stato disubbidiente alla visione celeste; 20 ma, prima a quelli di Damasco, poi a Gerusalemme e per
tutto il paese della Giudea e fra le nazioni, ho predicato che si ravvedano e si convertano a Dio, facendo
opere degne del ravvedimento. 21 Per questo i Giudei, dopo avermi preso nel tempio, tentavano di
uccidermi. 22 Ma per l'aiuto che vien da Dio sono durato fino a questo giorno, rendendo testimonianza a
piccoli e a grandi, senza dir nulla al di fuori di quello che i profeti e Mosè hanno detto che doveva avvenire,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
124
Maurizio Allocca, v150123
cioè: 23 che il Cristo avrebbe sofferto e che egli, il primo a risuscitare dai morti, avrebbe annunciato la luce
al popolo e alle nazioni».
24 Mentre egli diceva queste cose in sua difesa, Festo disse ad alta voce: «Paolo, tu vaneggi; la molta
dottrina ti mette fuori di senno». 25 Ma Paolo disse: «Non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma pronuncio
parole di verità e di buon senno. 26 Il re, al quale parlo con franchezza, conosce queste cose; perché sono
persuaso che nessuna di esse gli è nascosta; poiché esse non sono accadute in segreto. 27 O re Agrippa,
credi tu nei profeti? Io so che ci credi». 28 Agrippa disse a Paolo: «Con così poco vorresti persuadermi a
diventare cristiano?» 29 E Paolo: «Piacesse a Dio che, con poco o con molto, non solamente tu, ma anche
tutti quelli che oggi mi ascoltano, diventaste tali, quale sono io, all'infuori di queste catene». 30 Allora il re
si alzò, e con lui il governatore, Berenice, e quanti sedevano con loro; 31 e, ritiratisi in disparte, parlavano
gli uni agli altri, dicendo: «Quest'uomo non fa nulla che meriti la morte o la prigione». 32 Agrippa disse a
Festo: «Quest'uomo poteva essere liberato, se non si fosse appellato a Cesare».
Paolo si rivolge direttamente ad Agrippa; lo chiama in causa nelle cose che dirà, perché ha un approfondita
conoscenza della prassi religiosa ebraica e può quindi giudicarle. Ancora una volta Paolo inizia dai suoi
trascorsi nell’ebraismo, vissuti fin dalla giovinezza, secondo la rigida regola dei farisei, che afferma essere
qualcosa di noto a tutti i giudei. Al v6 Riferisce che il motivo per cui è giudicato dai giudei è a causa nella
speranza nella promessa di Dio fatta ai padri. Paradossalmente, quella stessa speranza per cui i figli d’Israele
servono con fervore Dio: “notte e giorno”. La speranza a cui si riferisce è la resurrezione dai morti, come la
via stabilita da Dio per entrare nella salvezza promessa, contrapposta alla strada devozionale, di purificazione
continua in cui credeva l’ebraismo tradizionale. Testimonianza che le autorità del sinedrio essendo per gran
parte costituito da sadducei, in modo premeditato rifiuta, non credendo nella resurrezione. Paolo dice per
questo motivo mi contestano, per la mia fede nella risurrezione. Questo passaggio ci aiuta a comprendere
l’insistenza di Paolo, attorno al tema della resurrezione, nominata in tutte le sue ultime apologie davanti ai
giudei. Paolo v10, dice per questo stesso motivo (la promessa di Dio fatta ai padri) in passato, nonostante
fossi un fariseo e credessi nella resurrezione, ho perseguitato con violenza coloro che per primi hanno avuto
fede nella resurrezione di Gesù. Dal v13, racconta per la terza volta nel libro degli Atti, l’episodio della sua
conversione, in cui le parole di Gesù risorto, qui riportate in modo più esteso, anticipano quello che sarà il
contenuto della sua predicazione e del suo insegnamento: l’universalità del messaggio di salvezza di Dio; il
tema della santificazione per la fede; l’accoglienza di tutte le genti nell’unica eredità del popolo eletto. Al v19
Rivolgendosi al Re Agrippa dice: “io non ho disobbedito alla visione celeste”; “Mi sono comportato in
coerenza evangelizzando in ogni dove ed è per questo motivo che sono stato aggredito dai giudei nel tempio,”
v22 “senza dir nulla al di fuori di quello che i profeticiv e Mosè hanno detto che doveva avvenire, cioè: 23 che
il Cristo avrebbe sofferto e che egli, il primo a risuscitare dai morti, avrebbe annunciato la luce al popolo e
alle nazioni”. Paolo riteneva la fede cristiana, il naturale approdo del suo credo giudaico di fariseo.
Le reazioni al discorso di Paolo sono differenti e riflettono anche la differente estrazione degli uditori. Festo
è arrivato da poco in giudea, ha una cultura religiosa ellenica, e discorsi di questo tipo gli devono sembrare
da invasato e di fatti, sottolinea a Paolo quale sia la sua opinione a riguardo. Paolo, come aveva anticipato
all’inizio del suo discorso, chiama a sua difesa il Re Agrippa interpellandolo personalmente con una domanda:
“O re Agrippa, credi tu nei profeti? Io so che ci credi”. Forse, ma è una supposizione, Agrippa accennava
durante il suo discorso, positivamente con il capo, oppure Paolo ha delle informazioni a riguardo. Agrippa da
buon politico, lo blocca prima che il discorso diventi troppo personale per cui al fine di stemperare,
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
125
Maurizio Allocca, v150123
scherzosamente a mo’ di battuta dice a Paolo: “Per poco non mi convinci a farmi cristiano!”. La risposta di
Paolo è molto bella e significativa, perché pronunciata da un uomo che, divenuto Cristiano, ha avuto una vita
complicata e che da circa 2 anni ha perso anche la libertà: “Piacesse a Dio che, con poco o con molto, non
solamente tu, ma anche tutti quelli che oggi mi ascoltano, diventaste tali, quale sono io, all'infuori di queste
catene”. Quanto ha vissuto non ha sminuito il privilegio che lui avverte nell’essere cristiano e vorrebbe che
divenissero tutti come lui. Si accorge però anche del paradosso della situazione essendo nel frattempo
incarcerato si sente quindi in dovere di aggiungere che l’augurio non è ovviamente riferito anche alla
possibilità che siano incarcerati. L’incontro si conclude, e il governatore ed i suoi gli ospiti si spostano
probabilmente in una altra sala discorrendo tra loro; dopo aver ascoltato sono sempre più persuasi che sarà
forse un pazzo o un fanatico, ma certo non è colpevole e non ha violato la legge romana e Agrippa aggiunge
parlando con Festo: “Quest'uomo poteva essere liberato, se non si fosse appellato a Cesare”. Ma ormai la
decisione è presa, Paolo deve andare a Roma. Dopo due anni di prigionia nella fortezza di Cesarea Paolo viene
trasferito; direzione Roma per essere giudicato. Siamo arrivati al capitolo 27, ed inizia ora un nuovo racconto,
l’ultimo, in prima persona plurale. Probabilmente Luca, che ha assistito Paolo durante il periodo di prigionia
di Cesarea, e che l’ha accompagna poi nel viaggio verso Roma, rispolvera ancora una volta le memorie del
diario di viaggio come ha fatto in altri punti della narrazione. Siamo nell’autunno dell’anno 60.
PARTENZA PER ROMA
Atti 27,1-13
1 Quando fu deciso che noi salpassimo per l'Italia, Paolo con altri prigionieri furono consegnati a un
centurione, di nome Giulio, della coorte Augusta. 2 Saliti sopra una nave di Adramitto, che doveva toccare
i porti della costa d'Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macedone di Tessalonica. 3 Il giorno
seguente arrivammo a Sidone; e Giulio, usando benevolenza verso Paolo, gli permise di andare dai suoi
amici per ricevere le loro cure. 4 Poi, partiti di là, navigammo al riparo di Cipro, perché i venti erano
contrari. 5 E, attraversato il mare di Cilicia e di Panfilia, arrivammo a Mira di Licia. 6 Il centurione, trovata
qui una nave alessandrina che faceva vela per l'Italia, ci fece salire su quella. 7 Navigando per molti giorni
lentamente, giungemmo a fatica, per l'impedimento del vento, di fronte a Cnido. Poi veleggiammo sotto
Creta, al largo di Salmone; 8 e, costeggiandola con difficoltà, giungemmo a un luogo detto Beiporti, vicino
al quale era la città di Lasea. 9 Intanto era trascorso molto tempo e la navigazione si era fatta pericolosa,
poiché anche il giorno del digiuno era passato. Paolo allora li ammonì dicendo: 10 «Uomini, vedo che la
navigazione si farà pericolosa con grave danno, non solo del carico e della nave, ma anche delle nostre
persone». 11 Il centurione però aveva più fiducia nel pilota e nel padrone della nave che non nelle parole
di Paolo. 12 E, siccome quel porto non era adatto a svernare, la maggioranza fu del parere di partire di là
per cercare di arrivare a Fenice, un porto di Creta esposto a sud-ovest e a nord-ovest, e di passarvi l'inverno.
13 Intanto si era alzato un leggero scirocco e, credendo di poter attuare il loro proposito, levarono le ancore
e si misero a costeggiare l'isola di Creta più da vicino.
S’imbarcano a Cesarea su: una nave di Adramitto, (che non è un materiale, ma una località situata a nord
dell’attuale Turchia, non distante da Istambul nell’allora Misia . Compagni di Paolo, sono Luca e Aristarco. Il
racconto è sintetico, Luca riporta le annotazioni degli scali. Da Cesarea a Sidone (nella Fenicia, attuale Libano),
in cui Paolo ha l’occasione grazie la benevolenza del Centurione Giulio di poter incontrare dei fratelli e da
Sidone lasciando la navigazione della costa salpano verso Cipro, ma a causa dei venti contrari, non riescono
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
126
Maurizio Allocca, v150123
ad andare verso il mare aperto; quindi, continuano a costeggiare la costa dell’attuale Siria. Arrivano quindi in
Turchia e fanno scalo in un porto della Licia dove cambiano imbarcazione, ma la navigazione si è fatta
difficoltosa e arrivano a fatica sull’isola di Creta. Ormai l’autunno è avanzato, siamo verso il mese di ottobre
novembre e il porto in cui hanno attraccato non è l’ideale per svernare, per cui vorrebbero costeggiare l’isola
per andare a Fenicia situata a sud ovest di Creta e Paolo forte dell’esperienza che ha maturato in fatto di
viaggi fa notare che la navigazione comincia ad essere pericolosa, ma l’equipaggio di bordo, tra cui il capitano
non sono dello stesso parere.
IL NAUFRAGIO
Atti 27,14-44
14 Ma poco dopo si scatenò giù dall'isola un vento impetuoso, chiamato Euroaquilone; 15 la nave fu
trascinata via e, non potendo resistere al vento, la lasciammo andare ed eravamo portati alla deriva. 16
Passati rapidamente sotto un'isoletta chiamata Clauda, a stento potemmo impadronirci della scialuppa.
17 Dopo averla issata a bordo, utilizzavano dei mezzi di rinforzo, cingendo la nave di sotto; e, temendo di
finire incagliati nelle Sirti, calarono l'àncora galleggiante, e si andava così alla deriva. 18 Siccome eravamo
sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno dopo cominciarono a gettare il carico. 19 Il terzo giorno,
con le loro proprie mani, buttarono in mare l'attrezzatura della nave. 20 Già da molti giorni non si vedevano
né sole né stelle, e sopra di noi infuriava una forte tempesta, sicché ogni speranza di scampare era ormai
persa. 21 Dopo che furono rimasti per lungo tempo senza mangiare, Paolo si alzò in mezzo a loro e disse:
«Uomini, bisognava darmi ascolto e non partire da Creta, per evitare questo pericolo e questa perdita. 22
Ora però vi esorto a stare di buon animo, perché non vi sarà perdita della vita per nessuno di voi ma solo
della nave. 23 Poiché un angelo del Dio al quale appartengo, e che io servo, mi è apparso questa notte, 24
dicendo: "Paolo, non temere; bisogna che tu compaia davanti a Cesare, ed ecco, Dio ti ha dato tutti quelli
che navigano con te". 25 Perciò, uomini, state di buon animo, perché ho fede in Dio che avverrà come mi
è stato detto. 26 Dovremo però essere gettati sopra un'isola».
Luca racconta con cognizione di causa il viaggio tempestoso che segue alla partenza e la deriva verso il mare
aperto. La situazione è drammatica, la tempesta rende ingovernabile la nave e temono che le onde possano
rompere il fasciame della nave, per cui lo rinforzano come possono, e buttano l’ancora galleggiante, per dare
maggiore stabilità all’imbarcazione, e per paura di restare incagliati nel basso fondale del mar delle Sirti,
iniziano ad alleggerire la Nave, buttando tutto ciò che non è necessario. Luca riporta che l’umore era pessimo
e nessuno contava più di poter sopravvivere. In questo contesto molto cupo e drammatico interviene Paolo.
Vedendo la situazione di grandissimo sconforto, Paolo si alza e prende la parola. Inizia ricordando a tutti che
aveva sconsigliato la navigazione e che se gli avessero dato ascolto, ora sarebbero tutti al sicuro. Il motivo
non è certo quello di rinfacciare ma far notare che le sue parole hanno un peso perché sa quello che dice:
“Non l’avete fatto! Ormai il guaio è combinato, ma c’è ancora speranza”. Quindi nonostante la difficoltà Paolo
esorta i suoi compagni di viaggio a non perdersi di coraggio lui garantisce che nessuno morrà, ma la nave ne
avrà danno. Ovviamente tutti si chiedono ma come può essere certo di tutto questo? Probabilmente
qualcuno avrà anche pensato che stesse delirando. Paolo si affretta a spiegarne il motivo: ha avuto una
visione. Dio gli ha detto che tutti saranno salvati da questa situazione. Non sappiamo dopo quanto tempo
che sono alla deriva Paolo pronunci il suo discorso e quanti giorni passeranno ancora, Luca annota che sono
passati 1 giorni dall’inizio del naufragio.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
127
Maurizio Allocca, v150123
27 E la quattordicesima notte da che eravamo portati qua e là per l'Adriatico, verso la mezzanotte, i marinai
sospettavano di essere vicini a terra; 28 e, calato lo scandaglio, trovarono venti braccia; poi, passati un po'
oltre e scandagliato di nuovo, trovarono quindici braccia. 29 Temendo allora di urtare contro gli scogli,
gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che si facesse giorno. 30 Ma siccome i marinai
cercavano di fuggire dalla nave, e già stavano calando la scialuppa in mare con il pretesto di voler gettare
le ancore da prua, 31 Paolo disse al centurione e ai soldati: «Se costoro non rimangono sulla nave, voi non
potete scampare». 32 Allora i soldati tagliarono le funi della scialuppa e la lasciarono cadere. 33 Finché
non si fece giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo, dicendo: «Oggi sono quattordici giorni che state
aspettando, sempre digiuni, senza prendere nulla. 34 Perciò vi esorto a prendere cibo, perché questo
contribuirà alla vostra salvezza; e neppure un capello del vostro capo perirà». 35 Detto questo, prese del
pane e rese grazie a Dio in presenza di tutti; poi lo spezzò e cominciò a mangiare. 36 E tutti, incoraggiati,
presero anch'essi del cibo. 37 Sulla nave eravamo duecentosettantasei persone in tutto. 38 E, dopo essersi
saziati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
Verso la mezzanotte i marinari sospettano (non sappiamo perché), di essere vicini ad una costa e questo
provoca una doppia ansia. La prima è notte fonda, stanno navigando completamente al buio senza nessuna
visibilità e hanno quindi paura di andare a sbattere contro degli scogli, per cui continuano a misurare la
distanza dal fondale e in fine decidono di ancorare la nave. La seconda motivazione di ansia gli nasce dalla
possibilità di sbagliarsi e che quindi il loro viaggio della disperazione continui. Paolo è certo della salvezza ed
incoraggia tutti a mangiare, nel frattempo i marinari tentano la fuga usando la scialuppa di salvataggio, nella
speranza di raggiungere questa ipotetica terra ferma e questo da l’evidenza della disperazione. Paolo
accortosi avvisa il centurione che interviene facendo calare la scialuppa e facendola andare alla deriva, senza
i marinari non avrebbero potuto più navigare. Siamo all’alba, Paolo invita tutti a mangiare e prima di farlo
anche lui probabilmente coinvolgendo i suoi collaboratori elevano una preghiera di ringraziamento, seguita
dallo spezzare del pane. L’ansia inizia a sciogliersi, perché le persone presenti sulla nave che scopriamo essere
276 persone si rianimano e prendono cibo. Questo significa che il mare orami è calmo. La nave era piena di
grano, il motivo per cui non avevano preso cibo per circa 14 giorni non era a motivo della necessità di
razionare il mangiare, ma dall’impossibilità data dal mare in tempesta e dal continuo rollio della nave che
doveva mettere a dura prova gli stomaci delle persone.
39 Quando fu giorno non riuscivamo a riconoscere il paese; ma scorsero un'insenatura con spiaggia e
decisero, se possibile, di spingervi la nave. 40 Staccate le ancore, le lasciarono andare in mare; sciolsero al
tempo stesso i legami dei timoni e, alzata la vela maestra al vento, si diressero verso la spiaggia. 41 Ma
essendo incappati in un luogo che aveva il mare dai due lati, vi fecero arenare la nave; e mentre la prua,
incagliata, rimaneva immobile, la poppa si sfasciava per la violenza delle onde. 42 Il parere dei soldati era
di uccidere i prigionieri perché nessuno fuggisse a nuoto. 43 Ma il centurione, volendo salvare Paolo, li
distolse da quel proposito e ordinò che per primi si gettassero in mare quelli che sapevano nuotare, per
giungere a terra, 44 e poi gli altri, chi sopra tavole e chi su rottami della nave. E così avvenne che tutti
giunsero salvi a terra.
Passata l’alba, grazie alla luce del sole, scorgono effettivamente terra, anche se non riconoscono il luogo.
Identificano un’insenatura, con una spiaggia, dove poter sbarcare, ma prima devono avvicinarsi il più
possibile per cui alleggeriscono la nave anche del frumento. Durante la manovra la prua si arena in una secca,
la poppa invece è libera, e spinta dalle onde comprime il fasciame che inizia a cedere. I soldati per paura che
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
128
Maurizio Allocca, v150123
i prigionieri potessero fuggire durante il tragitto a nuoto, vorrebbero ucciderli, ma vengono fermati dal
centurione, annota Luca, per proteggere Paolo. Viene organizzato lo sbarco a nuoto e tutti come Paolo aveva
profetizzato arrivano sani e salvi a terra.
MALTA
Atti 28,1-10
1 Dopo essere scampati, riconoscemmo che l'isola si chiamava Malta. 2 Gli indigeni usarono verso di noi
bontà non comune; infatti ci accolsero tutti intorno a un gran fuoco acceso a motivo della pioggia che
cadeva e del freddo. 3 Mentre Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e li poneva sul fuoco, ne uscì fuori
una vipera, risvegliata dal calore, e gli si attaccò alla mano. 4 Quando gli indigeni videro la bestia che gli
pendeva dalla mano, dissero tra di loro: «Certamente quest'uomo è un omicida perché, pur essendo
scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere». 5 Ma Paolo, scossa la bestia nel fuoco, non ne patì
alcun male. 6 Ora essi si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo; ma dopo aver
lungamente aspettato, vedendo che non gli avveniva alcun male, cambiarono parere e cominciarono a dire
che egli era un dio.
Una volta sbarcati, vengono assistiti in modo molto premuroso dalla popolazione locale e scoprono di essere
a Malta. Hanno percorso alla deriva circa 941 km in mare.
Le vicissitudini per Paolo però non sono ancora terminate, una volta a terra, Paolo, raccogliendo un fascio di
sterpi per gettarlo nel fuoco, viene morso da una vipera. Luca descrive la situazione in modo paradossale,
perché inizialmente gli abitanti dell’isola vedendo quanto accaduto, pensano che Paolo, deve essere una
persona mal voluta dagli dèi se sono stati così beffardi con lui, di farlo morire morso da una vipera appena
salvatosi in modo miracoloso da un naufragio. Paolo, invece, non sembra quasi fare caso a cosa gli è appena
capitato, avvicina la mano, dove è ancora attaccata la vipera, e scuotendola la fa cadere nel fuoco. Nessuno
fiata, ma tutti gli occhi sono puntati su di lui, aspettano di vedere le convulsioni, ma non succede proprio
niente. Questa cosa li turba perché, sono persone abituate a convivere con il pericolo dei serpenti e
conoscono quali siano le conseguenze di un morso. Iniziano quindi a pensare che Paolo sia un dio.
7 Nei dintorni di quel luogo vi erano dei poderi dell'uomo principale dell'isola, chiamato Publio, il quale ci
accolse amichevolmente e ci ospitò per tre giorni. 8 Il padre di Publio era a letto colpito da febbre e da
dissenteria. Paolo andò a trovarlo; e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì. 9 Avvenuto questo,
anche gli altri che avevano delle infermità nell'isola vennero e furono guariti; 10 questi ci fecero grandi
onori; e, quando salpammo, ci rifornirono di tutto il necessario.
Vicino al luogo del naufragio, il: “primo dell’isola”, così Luca chiama Publio, usando correttamente il titolo
dato al capo villaggio, aveva un campo che mette a disposizione dei naufraghi, ospitandoli con benevolenza
per tre giorni. Durante questo periodo il padre di Publio si ammala, e riceve una visita di cortesia di Paolo che
dopo aver pregato e imposto le mani lo guarì. A questo punto si sparge la voce e altri isolani che avevano
delle malattie, si recano da Paolo e tutti furono guariti.
PAOLO A ROMA
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
129
Maurizio Allocca, v150123
Atti 28,11-30
11 Tre mesi dopo ci imbarcammo su una nave alessandrina, recante l'insegna di Castore e Polluce, la quale
aveva svernato nell'isola. 12 Approdati a Siracusa, vi restammo tre giorni. 13 Di là, costeggiando,
arrivammo a Reggio. Il giorno seguente si levò un vento di scirocco, e in due giorni giungemmo a Pozzuoli.
14 Qui trovammo dei fratelli, e fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni. E dunque giungemmo
a Roma. 15 Or i fratelli, avute nostre notizie, di là ci vennero incontro sino al Foro Appio e alle Tre Taverne;
e Paolo, quando li vide, ringraziò Dio e si fece coraggio. 16 E quando entrammo a Roma, a Paolo fu concesso
di abitare per suo conto con un soldato di guardia.
Tutto questo attira la gratitudine di queste persone che al momento di partire dopo circa 3 mesi all’inizio
della primavera, riforniscono di tutto l’occorrente per il viaggio fino a Roma. Siamo nel 61 d.C. e salpano su
una nave di Alessandria che aveva svernato a Malta. Il viaggio riprende con la narrazione ancora in prima
persona. Luca annota come sempre le tappe del viaggio via mare fino a Pozzuoli dove sbarcano e continuano
il viaggio a piedi, lungo la via Appia.
Paolo una volta arrivato a Roma, in attesa del processo, è messo in “custodia militaris”, una sorta di domicilio
coatto che poteva anche avvenire presso un domicilio scelto dal prigioniero, alla presenza costante di una
guardia, e che prevedeva in caso di allontanamento dal domicilio che il suo polso destro dovesse essere
legato tramite una catena, a quello sinistro del soldatodi guardia.
17 Tre giorni dopo Paolo convocò i notabili fra i Giudei; e, quando furono riuniti, disse loro: «Fratelli, senza
aver fatto nulla contro il popolo né contro i riti dei padri, fui arrestato a Gerusalemme e di là consegnato
in mano ai Romani. 18 Dopo avermi interrogato, essi volevano rilasciarmi perché non c'era in me nessuna
colpa meritevole di morte. 19 Ma i Giudei si opponevano, e io fui costretto ad appellarmi a Cesare, senza
però aver nessuna accusa da portare contro la mia nazione. 20 Per questo motivo dunque vi ho chiamati
per vedervi e parlarvi; perché è a motivo della speranza d'Israele che sono stretto da questa catena». 21
Ma essi gli dissero: «Noi non abbiamo ricevuto lettere dalla Giudea sul tuo conto, né è venuto qui alcuno
dei fratelli a riferire o a dir male di te. 22 Ma desideriamo sentire da te quel che tu pensi; perché, quanto
a questa setta, ci è noto che dappertutto essa incontra opposizione». 23 E, avendogli fissato un giorno,
vennero a lui nel suo alloggio in gran numero; ed egli dalla mattina alla sera annunciava loro il regno di
Dio, rendendo testimonianza e cercando di persuaderli, per mezzo della legge di Mosè e per mezzo dei
profeti, riguardo a Gesù. 24 Alcuni furono persuasi da ciò che egli diceva; altri invece non credettero. 25
Essendo in discordia tra di loro se ne andarono, mentre Paolo pronunciava quest'unica sentenza: «Ben
parlò lo Spirito Santo quando per mezzo del profeta Isaia disse ai vostri padri: 26 "Va' da questo popolo e
di': 'Voi udrete e non comprenderete; guarderete e non vedrete; 27 perché il cuore di questo popolo si è
fatto insensibile, sono divenuti duri d'orecchi e hanno chiuso gli occhi, affinché non vedano con gli occhi e
non odano con gli orecchi, non comprendano con il cuore, non si convertano e io non li guarisca'". 28
Sappiate dunque che questa salvezza di Dio è rivolta alle nazioni; ed esse presteranno ascolto». 29 [Quando
ebbe detto questo, i Giudei se ne andarono discutendo vivamente fra di loro.]
Passati tre giorni dal suo arrivo, Paolo vuole chiarire la sua posizione con la comunità giudaica di Roma.
Convoca quindi presso di sé i giudei più in vista, spiegando loro, la sua vicenda, ed i motivi per cui si trova in
giudizio. L’intento di Paolo è di regolarizzare la sua posizione verso la comunità giudaica, per rimuovere
eventuali impedimenti alla sua testimonianza, e qualora avessero ricevuto accuse dai giudei di Gerusalemme
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
130
Maurizio Allocca, v150123
o da altri a suo riguardo poterle confutare. Ma i giudei della capitale gli riferiscono alcun che contro di lui.
Sono quindi disponibili ad ascoltare tutto quello che Paolo vuole dire loro, sono interessati soprattutto a
conoscere di più su questa setta, il gruppo cristiano di cui sentono parlare e sanno che dovunque suscita
opposizione all’interno del giudaismo. Anche nella comunità giudaica di Roma, avviene come è sempre
avvenuto, Paolo dopo aver spiegato tramite la testimonianza della Scritture che nella vicenda storica di Gesù
trovava compimento la speranza d’Israele, alcuni credettero mentre altri si opposero probabilmente con
durezza perché non si spiegherebbe la posizione rigida presa da Paolo a riguardo, in cui profeticamente
riferisce che nel loro rifiuto, trovava compimento quanto predetto dallo Spirito Santo, per bocca del profeta
Isaia al capitolo 6. Il versetto 28 è un versetto chiave nell’opera lucana, che è anche l’ultima frase detta da
Paolo nell’opera di Luca: Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi
l’ascolteranno!”.
“La salvezza di Dio”, il grande tema teologico di tutta l’opera di Luca, che, come abbiamo anticipato nella
prima serata, è un’opera in due volumi. All’inizio del suo Vangelo, al capitolo 3°, Giovanni Battista è
rappresentato come il precursore, l’anticipatore, che sempre citando Isaia preannuncia l’intervento di Dio:
“e ogni carne vedrà la salvezza di Dio”. Al capitolo 28 degli Atti, ritorna una citazione di Isaia, contenente
ancora la stessa parola: “salvezza”, in greco è un termine abbastanza raro “soterion”. I giudei l’hanno
rifiutata, ma i greci, i romani, i pagani, tutti gli altri l’ascolteranno.
30 E Paolo rimase due anni interi in una casa da lui presa in affitto, e riceveva tutti quelli che venivano a
trovarlo, 31 proclamando il regno di Dio e insegnando le cose relative al Signore Gesù Cristo con tutta
franchezza e senza impedimento.
Atti si chiude v30, con Paolo intento a Roma se pur prigioniero libero di svolgere l’attività missionaria, perché
la Parola di Dio non può essere arginata, fermata, incarcerata. Luca ci ha portati fin qui, nella Roma imperiale,
accompagnando Paolo nelle sue vicissitudini, a cui ci ha fatto affezionare, ma proprio sul più bello,
interrompe il suo racconto, per cui non sappiamo poi l’esito della storia di Paolo. Come abbiamo già
sottolineato, l’intento di Luca, non è storiografico, ma teologico, non gli interessa raccontare la storia di
Paolo, ma la corsa, la volata, della parola di Dio, dall’inizio agli estremi confini della terra. Durante questo
soggiorno, fino all’anno 63, Paolo pur prigioniero, continua la sua opera è un evangelista, un pastore un
dottore. Durante questo tempo scrive la lettera agli Efesini, la lettera ai Colossesi e il biglietto a Filemone.
Luca termina lo scritto, dandoci questo grande incoraggiamento di un Paolo, immagine della chiesa che ha
raccolto la testimonianza degli apostoli, che se anche in catene, limitata dalle difficoltà, dalle opposizioni e
comunque liberà di annunziare il regno di Dio e le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo con tutta franchezza
e senza impedimento. Ci testimonia della fedeltà di Dio e dell’esaudimento delle sue promesse, di come da
un piccolo gruppo di discepoli, osteggiati, perseguitati, senza istruzione, in 30 anni, con loro ha conquistato
il mondo. La loro franchezza e la franchezza di chi li ha seguiti, raccogliendo il loro testimone, ha permesso
alla Parola di Dio di raggiungere anche noi, che siamo oggi qui. Magari vediamo la nostra fede debole,
incapace di sfidare la cultura ed i valori di questo tempo, di scalfire le false certezze di questa moderna
società, eppure dobbiamo ricordarci da dove siamo partiti per capire davvero quanto è potente ed efficace
il messaggio della salvezza.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
131
Maurizio Allocca, v150123
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
132
Maurizio Allocca, v150123
APPENDICE 1 -CRONOLOGIA PAOLINA
La cronologia relativa della vita di Paolo è possibile ricostruirla dalla successione degli episodi riportata nel
Libro degli Atti e da ulteriori elementi autobiografici facenti parte del suo epistolario ma per pervenire a una
cronologia assoluta quindi ad una datazione degli eventi abbiamo necessità di trovare delle correlazioni tra
gli episodi appartenenti alla vita di Paolo con avvenimento storici di cui si conosce la datazione.
ISCRIZIONE DI DELFI
Oggi abbiamo un unico punto fermo (momento 0), unanimemente riconosciuto dagli storici, che ci permette
di collegare la vicenda di Paolo alla storia universale che è il suo incontro di Paolo con il proconsole Gallione,
questo grazie al ritrovamento archeologico di un’iscrizione (epigrafe) in Grecia a Delfi nel 1905, detta anche
iscrizione di Gallione. Il testo dell’epigrafe recita:
«Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico (nel 12° anno della sua) potestà tribunizia, acclamato imperatore
per la sua 26ª volta, padre della patria, saluta [...]. Già da tempo verso la città di Delfi sono stato non solo
ben disposto, ma ho anche avuto cura della sua prosperità e sempre ho protetto il culto di Apollo Pitico. Ma
poiché ora si sente dire che viene abbandonata anche dai cittadini, come mi ha da poco riferito L. Giunio
Gallione, amico mio e proconsole, desiderando che Delfi conservi intatta la sua primitiva bellezza, vi ordino di
chiamare anche da altre città a Delfi degli uomini liberi come nuovi abitanti e che a essi e ai loro discendenti
sia integralmente concessa la stessa dignità di quelli di Delfi, in quanto cittadini in tutto e per tutto uguali
[...]»
I riferimenti riportati nell’iscrizione ci permettono di datare l’inoltro della missiva ricordata nel testo tra aprile
e luglio del 52 d.C. dall’Imperatore in risposta ad una missiva di Gallione allora proconsole. La durata della
carica è di un anno per cui è stato possibile stimare che Gallione sia stato proconsole dell’Acaia, per un tempo
che va da aprile-agosto del 51 allo stresso periodo del 52, o qualche mese. Da un’epistola di Seneca Seneca,
Epist. 104,1), fratello di Gallione sappiamo che per ragioni di salute potrebbe essere tornato a Roma prima
della scadenza del suo mandato. Negli Atti leggiamo dell’incontro di Paolo con Gallione in At 18,12-17.
L’episodio è quindi da collocarsi verso la fine del suo soggiorno a Corinto, che sappiamo essere stato di circa
un «anno e mezzo», è possibile quindi collocare l’incontro con Gallione verso la fine del 51 o inizio del 52.
Abbiamo oltre il riferimento citato, esistono ulteriori eventi che possono aiutarci a ricostruire e datare una
cronologia relativa della vita dell’apostolo Paolo
LA PRIGIONIA DI PAOLO A CESAREA
Un ulteriore indizio può essere ricavato da quanto riportato da Luca negli Atti, nel merito del passaggio di
consegne in Giudea dal governatore Felice a Porcio che gli subentra, At 24,27:
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
133
Maurizio Allocca, v150123
Trascorsi due anni, Felice ebbe per successore Porcio Festo; e Felice, volendo guadagnare il favore dei
Giudei, lasciò Paolo in prigione. (At 24,27).
Porcio Festo, subentra a Felice tra il 58-60 e muore questo si sa con certezza attorno al 62 d.C. In passato
questa data è stata alquanto dibattuta tra gli studiosi, perché c’è chi la collocava intorno al 55-56, e a motivo
di questa doppia datazione deriva la duplice cronologia paolina: una cronologia bassa che colloca agli inizi
degli anni Trenta la «conversione» di Paolo e a metà degli anni Cinquanta la sua detenzione a Cesarea e il
viaggio a Roma; una cronologia alta che sposta di quattro-cinque anni la datazione di questi avvenimenti che
è quella seguita in questo studio
L’EDITTO DELL’IMPERATORE CLAUDIO
Più complesso da collocare è un episodio del Libro degli Atti riportato in 18.2 sempre a Corinto: “Qui trovò
un Giudeo, di nome Aquila, oriundo del Ponto, giunto di recente dall'Italia insieme con sua moglie Priscilla,
perché Claudio aveva ordinato a tutti i Giudei di lasciare Roma. Egli si unì a loro.” Abbiamo tre differenti
menzioni di questo avvenimento nelle fonti romane:
•
Tranquillo Svetonio, scrive nella prima metà del II secolo d.C. le Vite di dodici Cesari, in quella di Claudio
dice: «I giudei che tumultuavano continuamente per istigazione di un certo Cresto, egli li scacciò da
Roma» (Claudio, 25);
•
Un secolo dopo Dione Cassio nella sua Storia di Roma scrive: «Quanto ai giudei, i quali si erano di nuovo
moltiplicati in così gran numero che, a motivo della loro moltitudine, difficilmente si potevano espellere
dalla città senza provocare un tumulto, egli (Claudio) non li scacciò, ma ordinò loro di non tenere
riunioni, pur continuando nel loro tradizionale stile di vita. Egli sciolse anche le associazioni ripristinate
da Gaio (Caligola)» (Storia 60,6,6);
•
nella seconda decade del V secolo il prete spagnolo Orosio, nella sua Storia contro i pagani in sette libri,
fa precedere la citazione del testo di Svetonio da questa precisazione: «Nell’anno nono del suo regno
Giuseppe (Flavio) riferisce che i giudei furono espulsi dalla città ad opera di Claudio» (Storia contro i
pagani, VII,6,15).
Il riferimento temporale di Orosio non trova però riscontro nel testo in nostro possesso delle opere dello
storico ebreo. Inoltre, tenendo conto della politica seguita dall’imperatore Claudio verso i giudei, è difficile
credere che si potesse arrivare ad emettere un editto di espulsione, se non dopo altri provvedimenti
cautelativi come quello menzionato da Dione Cassio. Alla luce di questo si è propensi a pensare che il
riferimento Svetonio, dovrebbe essere distinto dalle restrizioni di cui parla Dione Cassio. L’ipotesi più
accreditata colloca l’espulsione degli ebrei, nella seconda metà del governo di Claudio tra il 1 e il 5 e Aquila
e Priscilla sarebbero giunti a Corinto verso la fine degli anni Quaranta, così da poter incontrare Paolo che vi
arriva nel 50 d.C.
IL MARTIRIO DI STEFANO
L’episodio del martirio segue a breve distanza quello della conversione di Paolo
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
134
Maurizio Allocca, v150123
“I testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. 59 E continuarono a lapidare Stefano
mentre pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». 60 Poi, messosi in ginocchio, gridò ad alta voce:
«Signore, non imputare loro questo peccato». E detto questo si addormentò”. (At 7,58-60)
Una particolarità legata all’evento del martirio di Stefano e che il Sinedrio ha potuto eseguire la condanna
capitale per questioni religiose, senza avere dovuto sottoporla prima alla giustizia romana. L’esercizio del
diritto penale nelle terre occupate dai Romani era ad appannaggio dei loro Prefetti, di fatto una sentenza
capitale per poter essere stata esercitata “legalmente” dal Sinedrio, sarebbe potuto accadere solo dalla
primavera all’autunno dell’anno 36 d.C. In quel periodo di fatti sappiamo che in Giudea vi fu un vuoto di
potere, in quanto l’allora prefetto romano Ponzio Pilato, entrato in carica nel 26, proprio dieci anni dopo, fu
richiamato a Roma a seguito di un processo in cui era imputato per falso in bilancio in amministrazione
fraudolenta. Non essendo ancora condannato risultata però ancora formalmente in carica e durante la sua
assenza, parte dei suoi incarichi, furono delegati al sinedrio, che ebbe quindi facoltà di emettere la condanna
a morte nei riguardi di Stefano. Ponzio Pilato sarà poi condannato e mandato in esilio in Gallia. Nell’autunno
del 36 si insedia il nuovo procuratore Marcello. Questa ipotesi non è però accettata da tutti gli studiosi anche
se le modalità coercitive con cui Paolo può agire nei riguardi dei connazionali, fino all’incarico di recarsi a
Damasco, sotto intendono uno specifico mandato ricevuto dal Sinedrio che lo autorizzava all’uso della forza
della violenza e del carcere verso i giudei convertitesi al cristianesimo sembrano accreditarla. Di contro
ipotizzare la conversione di Paolo verso l’anno 36 pone delle questioni complesse da risolvere nel merito
della cronologia
LA FUGA DA DAMASCO AL TEMPO DEL RE ARETA
A Damasco, il governatore del re Areta montava la guardia alla città dei Damasceni per catturarmi, ma da
una finestra fui calato per il muro in una cesta e così sfuggii dalle sue mani» (2Cor 11,30-33).
Il Re Areta, muore nel 39 d.C., si può quindi datare l’episodio della fuga di Paolo da Damasco prima di quel
periodo
CRONOLOGIA PAOLINA SEGUITA NEL CORSO
•
•
•
•
•
Conversione di Paolo 33/36
Abbiamo citato il riferimento autobiografico di Paolo in II Co 11.30-33, vi è concordanza da
parte degli studiosi di fissare la fine del periodo Damasceno prima del 39.
Paolo nella lettera ai Galati racconta che subito la conversione: “…né salii a Gerusalemme da
quelli che erano stati apostoli prima di me, ma me ne andai subito in Arabia; quindi ritornai
a Damasco. 18 Poi, dopo tre anni, salii a Gerusalemme per visitare Cefa… (Ga 1.17-18).
Possiamo quindi datare la sua prima visita a Gerusalemme dopo la conversione tra il 36 e il 39
“Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia”, (Ga 1,21) che possiamo collegare al periodo
di “riposo di Paolo, ed agganciare ad At 9.30
Alla fine di Atti 11, Luca racconta di una visita Paolo e Barnaba per la consegna di una colletta.
“In quel periodo”, At 12.1 , Luca inserisce la morte di Giacomo e la prigionia di Pietro ad opera
di Erode Agrippa I, che morirà poco tempo dopo (At 12,23 , Siamo nell’Anno e Luca pone il
ritorno di Paolo e Barnaba da Gerusalemme a cavallo di quell’evento. La narrazione di Luca
potrebbe trarre in inganno e farci pensare che glie venti siano contemporanei, ma solitamente
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
135
Maurizio Allocca, v150123
•
•
•
•
•
•
quando Luca utilizza formule generiche per indicare i periodi, significa che non ha elementi
precisi, gli eventi di cui parla si sono succeduti in un arco di 2-3 anni. La carestia preannunciata
da Agabo (At 11,28), si pensa sia quella di cui testimonia anche Giuseppe Flavio avvenuta
intorno al 46. Se così fosse, potremmo immaginare che quindi Paolo e Barnaba si recono a
Gerusalemme per portare i soldi della colletta tra la fine del 44 e il 45 e sempre per sottrazione
a questo punto possiamo datare dal 39 al 43, il tempo del riposo di Paolo a Tarso e dalla fine
del 43 inizio del 45, l’attività apostolica svolta da Paolo ad Antiochia At 11,26 .
Il primo Viaggio Missionario di Paolo, accompagnato da Barnaba si colloca immediatamente
dopo il ritorno da Gerusalemme al termine del capitolo 13. Dalla narrazione di Luca non
abbiamo elementi per poterlo datare. Anche la citazione del proconsole Sergio Paolo, non ci
aiuta non avendo riferimenti storici nel merito dell’inizio del suo consolato. Non essendoci
elementi oggettivi, gli studiosi hanno formulato ipotesi divergenti, la tesi prevalente e che il
viaggio sia durato 3-4 anni, tra il 45 e il 49
“Poi, trascorsi quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con
me anche Tito.” (Ga 2.1). Anche non essendoci piena unanimità tra gli studiosi i 14 anni di cui
Paolo scrive devono essere intesi a partire dalla data della sua conversione e non della
precedente visita citata alla fine del capitolo 1 di Galati. Paolo omette in questo contesto di
raccontare la visita riportata in At 12. Tradizionalmente questo passo di Galati, si fa coincidere
con l’evento narrato da Luca in Atti 15, impropriamente chiamato il “concilio di Gerusalemme”.
Gli studiosi hanno identificato tra gli anni 49-51 la finestra in cui possa essere avvenuto.
L’ipotesi ritenuta più probabile e che si sia tenuto nella primavera del 50. Rimando
all’appendice che segue le questioni esegetiche relativa all’armonizzazione della cronologia
paolina tra Atti e Galati.
Il secondo viaggio missionario di Paolo è databile tra il 50 e il 53. In questa finestra si colloca
l’incontro a Corinto, tra Paolo e Gallione avvenuto probabilmente tra la fine del 51 e l’inizio del
52. Se si ipotizza l’arrivo di Paolo a Corinto nel 51 le tappe di Troade, Tessalonica, ilippi e Atene
devono essere state alquanto brevi, come si evince dalla narrazione di Luca, in cui l’apostolo
non trovò spesso buona accoglienza e dovette più volte abbandonare l’opera in corso
prematuramente.
Terzo Viaggio Missionario di Paolo anni 53-57
Arresto e periodo di detenzione in Giudea, anni 58-60
Arrivo a Roma anno 60-61
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
136
Maurizio Allocca, v150123
APPENDICE 2
DIFFICOLTA’ ESEGETICHE TRA ATTI E GALATI
Le principali difficoltà esegetiche riguardano le visite di Paolo a Gerusalemme narrate da Luca, rispetto alle informazioni
autobiografiche che possiamo estrapolare dalla lettera ai Galati.
•
•
•
Le difficoltà non riguardano la prima visita riportata in Ga 1.18, dove troviamo un sostanziale accordo con il
racconto di At 9,26.
Differente è invece il viaggio “solidale” di Paolo e Barnaba che Luca riporta in Atti al capitolo 11 destinato a
consegnare i proventi della colletta alla chiesa di Gerusalemme. Nella lettera ai Galati, Paolo riferisce di due
sole “visite” a Gerusalemme, la prima verosimilmente coincidente con At 9,26 e la seconda con l’Assemblea
riportata in At 15, se pur con qualche difficoltà esegetica. Penna3 propone la seguente soluzione esegetica.
Quanto Paolo scrive nelle sue Lettera ai Galati e riferito ed è circoscritto ai contatti avuti tra lui e gli apostoli e
in particolare con Pietro. Nell’episodio riportato in At 11, Paolo e Barnaba, incaricati di portare la sovvenzione
raccolta alla chiesa di Gerusalemme, arrivano nel pieno dell’ondata persecutoria scatenata da Erode Agrippa,
che ha portato all’uccisione dell’apostolo Giacomo e all’incarcerazione e all’allontanamento volontario di Pietro
da Gerusalemme una volta miracolosamente liberato. Possibile quindi che nessuno degli apostoli si trovasse a
Gerusalemme durante questo periodo, come sembra possa confermare indirettamente At 11.30: “E così
fecero, inviandola agli anziani, per mezzo di Barnaba e di Saulo.”, in cui non sono menzionati gli apostoli, ma
solo degli anziani, tra l’altro qui menzionati per la prima volta. Il Marshall pur esprimendo perplessità nel merito
di questa lettura, rispetto a Penna, ritiene comunque l’assenza degli apostoli un’ipotesi possibile a motivo della
persecuzione. Un'altra soluzione proposta dal Marshall, anche in questo caso non senza sottolineare le
difficoltà esegetiche, che sposa anche Fabris4 e che Luca “sdoppi” in due occasioni differenti gli episodi di Atti
11 e Atti 15 con l’episodio raccontato da Paolo in Galati 2. Questa tesi però presuppone un importante forzatura
del testo di Luca, perché ignora il senso cronologico stabilito dall’autore, minandone l’attendibilità storica, in
quanto Luca tra la narrazione dei due episodi inserisce il primo viaggio missionario di Paolo 5. Quindi il Cole a
motivo di questo scrive6: “Stando così le cose, non possiamo dire che la lettera ai Galati si riferisca a quella
visita particolare…” riferimento a Atti 11 . La sua ipotesi è molto simile a quella di Penna e cioè che Paolo ha
omesso di riferire della sua visita, riportata in Atti 11 ai Galati, perché la riteneva irrilevante nel merito della
controversia non avendo avuto alcuna motivazione teologica.
Le difficoltà esegetiche relative alla visita di Paolo in Atti 15, con Galati 2 sono diverse. Marshall parte dalle
convergenze7: “C’erano le stesse persone, si discussero gli stessi argomenti, ed in essenza fu accettato lo stesso
principio.” . Le divergenze esegetiche riguardano le modalità, una pubblica Atti , l’altra privata Galati ; Nel
resoconto Paolino in Galati, Paolo sembra aver avuto un ruolo centrale nella discussione; In Galati non vi alcun
accenno alle restrizioni verso i gentili nominate negli Atti, inoltre dall’analisi dei suoi scritti non sono mai citate,
e alcuni commentatori si spingono a credere che neanche ne fosse a conoscenza in quanto Paolo, non le riporta
ad occorrenza come nel caso di Ro 14 e I CO 8.10. Fabris al contrario non è così preclusivo come il Marshall,
nel valutare queste divergenze esegetiche tra i due racconti insuperabili, appunto in forza alle convergenze.
L’assenza di Tito dal racconto degli Atti rispetto a Galati non è preclusiva nel merito della veridicità del racconto
lucano. Di fatto anche le modalità dell’incontro non rappresentano una difficoltà vincolante, perché in Atti 15,6
3
Angelo Penna, San Paolo, edizione Paoline
Rinaldo Fabris, Paolo Edizione Paoline
5
A. Alan Cole, L’epistola di Paolo ai Galati, edizione GBU. Una nota curiosa e che l’autore porti a sostegno della
sua tesi, il forte carattere storico dell’opera di Luca che i recenti studi stanno sempre maggiormente
confermando, e cita oltre il Bruce, soprattutto il Marshall.
6
Cfr. Cole pag. 121
7
Cfr. Marshall pag. 340
4
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
137
Maurizio Allocca, v150123
Luca riporta che dopo la prima condivisione fatta di fronte a tutti i fratelli: “Allora gli apostoli e gli anziani si
riunirono per esaminare la questione.” Si può quindi presupporre che all’incontro pubblico segui un secondo
incontro “ristretto”. In generale la duplice ricostruzione dei fatti tra Atti e Galati è spiegabile e giustificabile alla
luce di due prospettive differenti che si pongono anche obbiettivi differenti. Luca vuole sottolineare l’armonia
e il pieno accordo ritrovato dopo la controversia nella chiesa; Paolo la legittimità del suo apostolato che è stato
riconosciuto dagli apostoli di Gerusalemme. Così conclude il Fabbris che è un errore e una forzatura fatta al
testo biblico, il voler a tutti i costi tentare di mettere d’accordo le due versioni, ma le stesse devono essere
lette e valutate nella loro coerente indipendenza, perché entrambe ci danno un’evidenza nel merito
dell’esperienza della prima cristianità.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
138
Maurizio Allocca, v150123
i
La Versione dei Settanta (dal nome lat. Septuaginta; indicata pure con LXX è la versione dell'Antico Testamento in
lingua greca risalente al III secolo a.C. Essa è la traduzione di un testo ebraico antico leggermente diverso dal testo
tramandato dal giudaismo rabbinico. Il suo nome è dovuto al contenuto della lettera di Aristea (lettera pseudoepigrafa
del II sec a.C.) che afferma che sarebbe stata tradotta direttamente dall'ebraico da 72 saggi ad Alessandria d'Egitto, in
cui si trovava un'importante e attiva comunità ebraica.
ii
Ireneo, (Smirne, 130 – Lione, 202) è stato un vescovo e teologo romano, Padre della Chiesa.
iii
Il titolo attuale deriva dagli antichi codici greci che a partire dal IV secolo, all'inizio del libro inserivano la dicitura:
«Praxeis (ton) Apostolon» (Gesta Azioni di/degli Apostoli). Il titolo è stato adottato quando l'opera è stata staccata dal
Vangelo di Luca per fini redazionali, allo scopo di raggruppare i quattro Vangeli insieme. Il termine greco praxeis,
equivalente al latino res gestae, veniva utilizzato nella storiografia ellenistica per descrivere le gesta di re e condottieri
fin dal II secolo
iv
Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (in latino: Quintus Septimius Florens Tertullianus; Cartagine, 155 circa – 230
circa) , conosciuto semplicemente come Tertulliano, è stato uno scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano, fra i
più celebri del suo tempo. Negli ultimi anni della sua vita entrò in contatto con alcune sette ritenute eretiche, come
quella riconducibile al prete Montano; per questo motivo fu l'unico apologeta cristiano antico, insieme ad Origene
Adamantio, a non ottenere il titolo di Padre della Chiesa[1].
v
Commentarius Lucae: De ieiunio 10
vi
Il Canone muratoriano, noto anche come Frammento muratoriano è un'antica lista conosciuta dei libri del Nuovo
Testamento, confrontabile con la lista damasiana del Concilio di Roma (382). Fu scoperto in un manoscritto dell'VIII
secolo, scritto probabilmente a Bobbio e appartenente alla Biblioteca Ambrosiana, da Ludovico Antonio Muratori e fu
pubblicato nel 1740[1]. Successivamente, nel 1897, furono trovati quattro frammenti del Canone in quattro
manoscritti dell'abbazia di Montecassino, datati all'XI e al XII secolo.[2
vii
La prima scuola medica a Roma è nata nel II secolo. Gli aspiranti dovevano frequentare i corsi per sei anni, di cui
quattro erano sullo studio della fisionomia e dell’anatomia. Nel 200 d.C. l’imperatore Settimio Severo istituì un esame
abilitativo che tutti avrebbero dovuto superare per praticare la professione.
viii
Plinio, Naturalis Historia, XXIX, 18
ix
Erode (Ascalona, 73 a.C. – Gerico, 4 a.C.[1]) detto il Grande o anche Ascalonita perché nativo di Ascalona, fu re della
Giudea sotto il protettorato romano dal 37 a.C. alla morte.
x
Il supremo consiglio ebraico che in epoca romana (fino alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C.) continuò a
svolgere in Palestina importanti compiti nella direzione degli affari pubblici e nell'amministrazione della giustizia.
xi
La prima «Sezione– noi» (At 16,10-17) ci indica, appunto, che Luca arrivò a Filippi con Paolo, Sila e Timoteo, ma poi
non proseguì il viaggio con loro, rimanendo invece in città. Evidentemente, si è fermato con quella comunità per
continuare l’opera apostolica di Paolo.
xii
Oggi gli studiosi concordano nel fissare la datazione della lettera ai Filippesi durante il periodo di Efeso rispetto al
periodo della prigionia Romana (53-56 d.C.)
xiii
Vedere appendice sulla cronologia Paolina
xiv
“La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta. Anche Marco, mio figlio, vi saluta.” 1 Pt 5.13 , Il passo
potrebbe però intendersi anche con la presenza di Marco a fianco di Pietro a Roma. Infatti, nel linguaggio dei primi
cristiani, Babilonia indicava anche la Roma; II Tm .11: “Solo Luca è con me. Prendi Marco e conducilo con te; poiché
mi è molto utile per il ministero”.
xv
Secondo quanto attestano alcuni cataloghi bizantini sui discepoli del Signore (VII-VIII sec.), Barnaba si recò prima a
Roma, insieme a Pietro, poi si spostò velocemente verso il nord d'Italia, per fondare la Chiesa a Milano.
xvi
Secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la sua redazione risale al 65-70 circa, probabilmente a
Roma.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
139
Maurizio Allocca, v150123
xvii
secondo la tradizione cristiana fu scritta da Paolo di Tarso a Roma durante la sua prima prigionia, probabilmente
nell'estate dell'anno 62.
xviii
La tradizione cristiana la attribuisce a Paolo di Tarso, che l'avrebbe scritta durante la sua prigionia a Roma intorno
all'anno 62.
xix
La presenza di Luca a Roma durante il martirio di Paolo è alquanto dibattuta tra gli studiosi. Pesano due punti uno
pregiudiziale, legato al fatto che diversi studiosi mettono in dubbio l’autenticità paolina della II Timoteo, per cui anche
la genuinità del passo citato; la seconda obiezione è la completa assenza di riferimenti di questo avvenimento negli
scritti di Luca
xx
Apologeticum 37,4
xxi
Deriva dal greco antico Θεόφιλος (Theophilos), composto da θεός (theos, "dio") e φιλος (philos, "amico", "amato",
"caro"): può quindi essere interpretato come "amico di Dio", "amante di Dio" o "caro a Dio", "amato da Dio".
xxii
Il Vangelo di Matteo, termina, come oggi si direbbe, con un finale aperto senza dare evidenza della reazione dei
discepoli al mandato appena ricevuto. Marco termina con una formula molto generica e stringata: «Allora essi
partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi
che l'accompagnavano» (Mc 16,20). Il Vangelo di Giovanni ci dice qualcosa in più sugli eventi che si susseguono dalla
resurrezione di Gesù fino alla sua ascesa
xxiii
Koine, o greco comne (κοινὴ διάλεκτος "lingua comune", κοινὴ ἑλληνική " è un antico dialetto greco e forma la
terza tappa della storia della lingua greca. È conosciuto anche come greco alessandrino o greco ellenistico (perché è
stata la lingua del periodo ellenistico nella storia greca, caratterizzato dall'espansione della civiltà greca ad opera di
Alessandro Magno, che portò questa lingua nei territori conquistati), comune perché si tratta della prima forma di
greco indifferenziata, contrapposta alla frammentazione dialettale che ha caratterizzato il greco fino all'età classica.
xxiv
Luca utilizza, come lui stesso afferma nel prologo una documentazione ricca, varia, assai ampia e ben circostanziata:
nonostante un’attività letteraria di abile fusione, che garantisce l’unità del libro, l’utilizzazione di documenti diversi si
può facilmente riconoscere, nelle differenze stilistiche e linguistiche ne sono una prova, così come i cambiamenti di
argomento e le varie sezioni incentrate su personaggi e situazioni diverse. Difficile è invece ricostruire con precisione
quali siano questi documenti. Ci sono differenti e somme ipotesi a riguardo, ma nessuna chiara certezza
xxv
La validità storica del Libro degli Atti, ma possiamo dire di tutto il Nuovo Testamento, è stata fortemente messa in
dubbio nel XIX secolo dalla scuola critica di Tubinga. Influenzata dalla “Critica delle orme”, e dalla “Critica delle
Redazioni” molti tra gli studiosi continentali si erano persuasi che i circoli preposti a preservare e trasmettere le
tradizioni arano stati mossi dall’esigenza di promuovere determinate impostazioni teologiche e non avevano alcun
interesse ai fatti accaduti. Atti secondo questa scuola si configurava essere un tardo tentativo per mitigare la
conflittualità venutasi a creare in seno alla chiesa primitiva tra Pietro e Paolo e l’opera in sé una sorta di romanzo
storico senza alcun fondamento di accuratezza.
xxvi
Vedere appendice sulla cronologia paolina
xxvii
Vedere appendice sulla cronologia paolina
xxviii
Si rimanda all’appendice sulla cronologia paolina per gli approfondimenti
xxix
La teoria delle due fonti è una ipotesi di soluzione del problema sinottico che assume l'esistenza di due fonti per la
composizione dei vangeli sinottici: una fonte narrativa, comunemente identificata con il Vangelo secondo Marcoe una
fonte perduta dei detti di Gesù, l'ipotetica fonte Q, utilizzata per il materiale della "doppia tradizione".
xxx
Termine, che nel greco classico aveva il significato di «inviato, rappresentante» e quindi anche «capo» di una
spedizione marittima, usato per designare i messi inviati da Gerusalemme per mantenere i rapporti con le comunità
ebraiche della Diaspora. (Treccani)
xxxi
Marshall è propenso a pensare che la domanda non riguardi specificatamente la restaurazione del Regno d’Israele,
ma che più in generale i tempi della fine.
xxxii
Abbiamo ampi riferimenti nei Vangeli, esempio il capitolo 24 di Matteo.
xxxiii
Nelle aspettative della cristianità si fece ben presto largo il pensiero che questa dovesse avvenire alla morte
dell’ultimo apostolo; tanto è vero che lo stesso Giovanni, che la tradizione ci attesta essere stato l’ultimo degli apostoli
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
140
Maurizio Allocca, v150123
ad addormentarsi, nel suo Vangelo GV 21,22 ebbe la necessità di spiegare che attorno a questa aspettativa vi fosse
un frainteso.
xxxiv
Cfr: Marshall, pag. 73
xxxv
Secondo Eusebio di Cesarea (cfr Historia Ecclesiastica, I, 12, 3) ed Epifanio di Salamina (cfr Panarion, 20.) era uno
dei settantadue discepoli di cui parla l'evangelista Luca, designati da Gesù per precederlo nei luoghi dove stava per
recarsi. Era probabilmente fratello del Giuda di cui si parla al capitolo 15 degli Atti degli Apostoli, scelto con Sila per
accompagnare Paolo e Barnaba ad Antiochia: anche questo Giuda, infatti, è detto "Barsabba" figlio di Šĕbhā .
xxxvi
Tutte le ulteriori informazioni concernenti la vita e la morte di Mattia sono vaghe e contraddittorie.
xxxvii
“Io darò loro un medesimo cuore, metterò dentro di loro un nuovo spirito, toglierò dal loro corpo il cuore di pietra,
e metterò in loro un cuore di carne…”
xxxviii
“Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e
vi darò un cuore di carne.”
xxxix
Versione Nuova Riveduta
8 Io ho sempre posto il SIGNORE davanti agli occhi miei; poiché egli è alla mia destra, io non sarò affatto smosso.
9 Perciò il mio cuore si rallegra, l'anima mia esulta; anche la mia carne dimorerà al sicuro; 10 poiché tu non
abbandonerai l'anima mia in potere della morte, né permetterai che il tuo santo subisca la decomposizione.11 Tu
m'insegni la via della vita; ci sono gioie a sazietà in tua presenza; alla tua destra vi sono delizie in eterno.
xli
Kyrios è anche la parola che i traduttori della LXX hanno scelto per tradurre il nome di Dio, ed è sintomatico che i
cristiani che leggevano prevalentemente la versione greca del Vecchio Testamento, hanno utilizzato lo stesso termine
in riferimento a Gesù.
xlii
Questa è una tesi molto sposata da Doglio, ma che il Marshall invece non sostiene in modo altrettanto forte. Doglio
ritiene che sia possibile fissare la morte di Stefano, con una certa sicurezza a seguito delle modalità con cui questa
avvenne. Il fatto che non sia stato ucciso mediante crocifissione (ovvero con il metodo usato dagli occupanti romani),
bensì tramite lapidazione, tipica esecuzione giudaica, ipotizza a collocare la morte di Stefano durante un periodo di
vuoto amministrativo avvenuto a seguito dell’allontanamento dalla Giudea di Ponzio Pilato, nell’anno 36, per le
conseguenze della cattiva gestione della crisi dovuta alla rivolta del monte Garizim (Antichità giudaiche, XVIII, 85-89).
In quel periodo a comandare in Palestina era quindi il Sinedrio, che eseguiva le condanne a morte tramite lapidazione,
secondo la tradizione locale. Una esecuzione di questo tipo, così come la morte di Giacomo sempre per lapidazione,
erano contrarie al diritto romano, in quanto nelle province dell'impero i romani si riservavano in esclusiva i processi
capitali e la pena di morte. Le tesi a sfavore di queste letture saranno esaminate nell’analisi del passo di Atti 6. Questa
ipotesi, pone importanti questioni di armonizzazione con le cronologie paoline oggi tradizionalmente accettate
(vedere appendice sulla cronologia paolina)
xliii
Lev 19.14: Non maledirai il sordo, e non metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il
SIGNORE.
xliv
Versetto 18…”Tutti i profeti”. Espressione molto amata da Luca, ma da considerarsi probabilmente un’iperbole, in
nessuna parte del VT si fa riferimento a un “messia sofferente”, il riferimento è ipotizzabile sia rivolta all’insegnamento
del servo sofferente di Isaia 53 e altri passi dei Salmi e dei profeti “attualizzati” alla luce di Gesù: Ger 11,19; Dan 9.26;
Zacc13.7; Sal 22.69
xlv
il tempo della consolazione; è un linguaggio che al tempo di Luca non circolava più e allora? Significa che Luca, anche
se ha composto i suoi testi, non ha inventato i contenuti, da buon ricercatore ha utilizzato espressioni antiche che
ormai erano superate ai suoi tempi; anche l’impostazione della predicazione dell’insegnamento teologico aveva subito
una evoluzione e una crescita.
xlvi
Anna ricopre la carica sacerdotale dal 6 al 15 d.C., deposto da Valerio Grato procuratore imperiale della provincia
di Giudea e di Samaria, prefetto con potere di condanna a morte, sotto il regno dell'imperatore Tiberio
xlvii
Ma egli li guardò in faccia e disse: «Che significa dunque ciò che sta scritto: "La pietra che i costruttori hanno
rifiutata
xl
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
141
Maurizio Allocca, v150123
è quella che è diventata pietra angolare"? 18 Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà ed essa stritolerà colui sul
quale cadrà».
xlviii
Deriva dal greco Βαρναβας (Barnabas), a sua volta proveniente dall'aramaico la cui esatta etimologia non è chiara:
potrebbe basarsi su ( נביא ּברbar naviya' o bar-nabha) che significa "figlio del profeta" o "figlio della profezia".
xlix
I reali benefici che si potevano trarre da questa condotta è difficile determinarli, non avendo una piena conoscenza
del contesto in cui si determinava questa condivisione di beni da parte dei credenti. Alcuni ipotesi si appoggiano
sull’obbligatorietà che veniva imposta di condividere i beni con i fratelli della comunità, ma l’analisi del testo rende
molto forzata questa lettura, altre ritengono che la cessione dei propri beni fossero volontarie e che quindi di fondo
vi fosse una ricerca in questa coppia di “notorietà”, probabilmente da poter sfruttare a proprio vantaggio. Alcuni
hanno anche ipotizzato, che vi fosse la ricerca di un utile economico, in quanto cedendo tutte le loro proprietà
avrebbero potuto avere diritto a un sostentamento dalla cassa della comunità.
l
Le citazioni storiche che Luca riferisce essere pronunciate da Gamaliele oggi pongono delle difficoltà esegetiche in
particolare per quanto concerne la figura di Teuda, sia perché in ordine di tempo non precede Giuda il Gallileo, ma
anche perché cronologicamente gli episodi che lo riguardano sono posteriori al discorso di Gamaliele essendosi
verificatesi tra il 46 e il 47 d.C. (Antichità giudaiche, 20.97–8). Si rimanda ai testi specialistici per un approfondimento
della questione, le differenti e numerosi tesi formulate, sia di carattere storico che linguistico danno però evidenza di
una difficoltà oggi “tecnicamente”, non superabile
(Cfr.: Marshall pag. 169)
lii
Cfr.: Marshall pag. 170
Movimento protestante di stampo evangelico che nasce dall’opera dei fratelli Wesley e Whitefiled
Dall’episodio di Simon Mago deriva Il termine simonia utilizzato in generale per coloro che acquistano i beni spirituali
in cambio di denaro.
liii
liv
lv
Cfr.: Marshall pag. 208
Il testo degli Atti degli Apostoli è stato trasmesso in due forme diverse una che trova spazio nella grandissima
maggioranza dei codici antichi e un altro testo minoritario, siglato con la lettera D, chiamato «testo occidentale». Il
testo occidentale ha molti particolari in più e gli studiosi discutono da sempre se considerare queste aggiunte delle
glosse o siano autentici. Oggi vi è una moderata propositività nel merito e si ritiene (ipotesi) che probabilmente gli Atti
degli Apostoli abbiano avuto due redazioni, che sono state diffuse in modo indipendente per cui abbiamo dei codici
che testimoniano gli Atti degli Apostoli nella prima e altri nella seconda. Il versetto 37 non è presente in tutte le
versioni, per esempio la CEI e la Riveduta l’omettono.
lvii Cesarea marittima fu una città portuale fondata da Erode il Grande tra il 25 e il 13 a.C. sulla costa mediterranea nel
regno di Giudea sotto protettorato romano. Fu chiamata Cesarea in onore di Cesare Ottaviano Augusto.
lviii
La coorte era un'unità militare della fanteria dell'esercito romano, composta da 600 soldati.
lvi
lix Molti studiosi hanno visto in questo particolare già il manifestarsi di un cambiamento radicale in Pietro. Queste
persone lavoravano a stretto contatto con le carcasse di animali e secondo la Legge mosaica erano da considerarsi
cerimonialmente impuri (Le 5:2; 11:39). Molti ebrei quindi evitavano di venire a contatto con queste persone e molto
difficilmente avrebbero alloggiato a casa di uno di loro.
Gaio Giulio Cesare Augusto, Roma, 23 settembre 63 a.C. – Nola, 19 agosto 14), meglio conosciuto come Ottaviano o
Augusto, è stato il primo imperatore romano dal 27 a.C. al 14 d.C.
lxi Cfr. Marshall pag. 273
lxii Erode Agrippa I, dopo l’assassinio del padre, fu inviato da Erode Grande a Roma, dove diviene compagno e amico
del futuro imperatore Caligola, e poi di Claudio, motivo per cui godette di molta influenza, fino ad acquisire il titolo di
Re della Giudea nello stesso anno in cui Caligola sale al trono. Il suo regno va da 40 al 44 per cui i fatti riportati da Luca,
di questa nuova persecuzione, sono collocabili in quegli anni.
lxiii
Giovanni Marco, nominato qui per la prima, riferimenti ulteriori: Atti 12:25; 15:39; 2Timoteo 4:11; Colossesi 4:9;
1Pietro 5:13.
lx
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
142
Maurizio Allocca, v150123
lxiv
Diversi studiosi pensano che questa sia la stessa casa in cui è avvenuto il cenacolo a motivo di quello, che si ritiene
possa essere un dettaglio autobiografico, inserito da Marco nel suo Vangelo, 14,51.
lxv Cfr. Marshall pag. 293. Le credenze ebraiche sugli angeli guardiani.
lxvi Gius. Ant. 19.343-350 “indossando un manto meraviglioso intessuto interamente d’argento” ma poi gli
“sopraggiunse . . . un dolore allo stomaco”, che fu “acutissimo fin dall’inizio”
lxvii
Il termine doveva avere già una sua diffusione ai tempi in cui scriveva Luca. All’inizio del II secolo abbiamo
attestazione di questo utilizzo, non solo in Asia Minore, ma anche a Roma per cui gli studiosi ritengono genuina
l’affermazione di Luca a riguardo di Antiochia come luogo in cui questo termine fu coniato. Il fatto che il termine Cristo,
da appellativo fu utilizzato come nome proprio, fa protendere verso l’ipotesi che l’aggettivo nasca come soprannome
coniato a livello popolare per indicare i credenti.
lxviii
L’erode a cui ci si riferisce è Erode Antipa, l’espressione compagno d’Infanzia può riferirsi a differenti situazioni
relazionali intercorse. Differenti studiosi hanno ipotizzato che la fonte riguardanti le notizie su Erode presenti
unicamente nel Vangelo di Luca sia stata proprio questo fratello della chiesa d’Antiochia.
lxix Cfr. Atti:4.36
lxx
La battaglia di Salamina fu uno scontro navale che si svolse probabilmente il 23 settembre del 480 a.C., in piena
seconda guerra persiana, che vide contrapposti la lega panellenica, comandata da Temistocle ed Euribiade, e l'impero
achemenide, comandato invece da Serse I di Persia.
lxxi
Paolo deriva dal latino "Paulus", il cognomen romano della gens Aemilia, tratto a sua volta da un aggettivo omonimo
che significava "di piccola quantità", "piccolo". Si pensa infatti che Paulus venisse usato per indicare il figlio più giovane
della famiglia.
Siamo a conoscenza del nome ebraico di Paolo solo dal libro degli Atti, perché in tutto l’epistolario Paolino e non
solo, l’autore si riferisce a sé stesso sempre e solo con il nome di Paolo. Nel merito della scelta narrativa fatta da Luca,
a partire da Atti 13, come anche della scelta di Paolo di utilizzare solo il suo nome greco, sono state fatte delle ipotesi
legate all’antitesi dell’etimologia dei due nomi, Paolo, letteralmente “piccolo”, opposto a Saulo, che si richiama al
celebre re Saul, “che superava dalla spalla in su qualunque altro del popolo” 1 Sam 9,2 , per cui Paolo scegli di adottare
dalla sua conversione il nome che più si addice allo spirito di un discepolo di Cristo. La seconda ipotesi ha radici proprio
nel capitolo di Atti 13, e nella conversione del proconsole romano Sergio Paolo, la prima conversione ufficiale del suo
viaggio missionario. Luca comunque non scrive i motivi della sua scelta, e neanche Paolo nei suoi scritti, per cui restano
solo ipotesi.
lxxii
Il nome di Antiochia è ricorrente nelle città dell’Asia Minore, a motivo della dinastia nata dal Re Antiochio, che
aveva usanza di dare il loro nome alle città che fondavano.
lxxiii
lxxiv Simbolo niceno-costantinopolitano
lxxv L'adozionismo è la dottrina cristologica che fa di Gesù una creatura speciale, chiamata da Dio a una missione
particolare, ma che resta su un piano inferiore rispetto al Creatore. Viene adottato dal Padre al momento del suo
battesimo al fiume Giordano, momento in cui viene elevato al rango di Figlio di Dio, acquisendo così la natura divina.
“Giunse anche a Derba e a Listra; e là c'era un discepolo, di nome Timoteo, figlio di una donna ebrea credente, ma
di padre greco.”
lxxvii
Nabucodonosor, re di Babilonia uccise i suoi figli e lo deportò non prima di aver distrutto Gerusalemme e il tempio,
e morì prigioniero in Babilonia.
lxxviii
Cfr. Marshall pag. 363, I matrimoni misti nell’ebraismo erano sconsigliati, se non vietati. I figli nati da questi
matrimoni erano considerati ebrei e quindi avrebbero dovuto essere circoncisi.
lxxix
il fiume “Gangite”, oggi indicato sulle cartine come "Angitis"
lxxx
Solitamente gli ebrei devoti se non hanno un luogo di culto, hanno l’usanza, o avevano l’usanza, di radunarsi presso
l’acqua corrente, generalmente il fiume più vicino, in una zona atta ad ospitarli per la celebrazione. Questo è un ricordo
legato al periodo dell’esilio a Babilonia, quando erano sui fiumi di Babilonia.
lxxxi
Paolo in Atti 22.25 dirà che la cittadinanza l’ha acquisita per diritto di nascita; quindi, la sua famiglia godeva di
questo status. Non si hanno evidenze per poter affermare dove e quando questo sia accaduto. Le supposizioni più
plausibili e che questa sia stata elargita a seguito di campagne militari avvenute nella prima metà del I secolo a.C. a
cui parteciparono gli avi di Paolo.
lxxvi
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
143
Maurizio Allocca, v150123
lxxxii
Nel 1960, Carl Schuler ha pubblicato un elenco di 32 iscrizioni recanti il termine politarchas. Circa 19 dei 32
provenivano da Tessalonica, e almeno tre di loro risalgono al I secolo d.C. Sulla Via Egnatia (una delle vie principali che
attraversava l’antica Tessalonica
lxxxiii
La divisione tra la teologia "naturale" e quella "rivelata" affonda le sue radici negli scritti del teologo cattolico
Tommaso d'Aquino (1224—1274 d.C.). In un tentativo di applicare la logica aristotelica alla fede cristiana, egli enfatizza
l'abilità dell'uomo di comprendere certe verità su Dio semplicemente osservando la natura. Tuttavia, egli sosteneva
che la ragione umana fosse comunque secondaria alla rivelazione di Dio, come insegnato dalla Chiesa. Questo teologo
prestava attenzione a distinguere tra ciò che si poteva imparare attraverso la "ragione naturale" e i principi dottrinali,
chiamando le verità tratte dalla natura "preamboli agli articoli [di fede]" (Somma Teologica, Prima parte, Argomento
2, Articolo 2). Ovvero, la ragione potrebbe condurre alla fede, ma non può rimpiazzarla.
lxxxiv
Nel libro dedicato alla vita dell'imperatore Claudio, il cui regno si svolse dal 41 al 54 d.C., Svetonio riferisce di una
espulsione di Giudei che creavano disordini a Roma per istigazione di un certo "Cresto". Riportiamo il passo in latino
così come scritto da Svetonio nella Vita Claudii 23.4 - "Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulit".
"Espulse da Roma i Giudei che per istigazione di Cresto erano continua causa di disordine"
lxxxv
Stoffa grossolana di pelo di capra o di crini di cavallo, ispida e pungente, usata come veste dai soldati romani e
anche per riparare opere e macchine belliche dalle intemperie.
lxxxvi
Introduzione I Serata, Appendice -Cronologia Paolina
lxxxvii
Alcuni studiosi hanno fatto diverse ipotesi di appartenenza di questi discepoli a gruppi giudeo messianici, come
gli esseni, ma sono pure ipotesi. In realtà si sa davvero poco o nulla di questi movimenti.
lxxxviii
In Atti 19.22, l’unico riferimento dedicato a questo collaboratore di Paolo.
“Se soltanto per fini umani ho lottato con le belve a Efeso, che utile ne ho?”
“Giunto a Troas per il vangelo di Cristo, una porta mi fu aperta dal Signore, 13 ma non ero tranquillo nel mio spirito
perché non vi trovai Tito, mio fratello; così, congedatomi da loro, partii per la Macedonia”.
xci
Il riferimento è interessante, perché è la prima volta che nel Nuovo Testamento si parla dell’abitudine cristiana di
incontrarsi il primo giorno della settimana, che equivale alla domenica. Secondo il calendario Ebraico il giorno parte
dal tramonto per cui rispetto al nostro calendario il primo giorno della settimana che per gli ebrei equivale alla
domenica, inizia nel tardo pomeriggio del nostro sabato. Riporto il commento del Marshall a riguardo: "...questo passo
è particolarmente interessante perchè per la prima volta vi si parla dell'abitudine cristiana di radunarsi il primo giorno
della settimana a tale scopo*. Non è del tutto chiaro quale calcolo del tempo stia seguendo Luca. Secondo il metodo
ebraico, che fa partire il nuovo giorno dal tramonto del sole, Paolo si sarebbe incontrato con i cristiani in un momento
corrispondente, secondo il nostro calcolo, alla sera del sabato, ed avrebbe ripreso il viaggio la domenica mattina.
Secondo il metodo romano del calcolo, in cui il nuovo giorno partiva dall'alba, i cristiani si sarebbero incontrati o la
sera della domenica (il primo giorno della settimana ebraica) o la sera del sabato (il primo giorno della settimana
romana). Poichè altrove Luca conta le ore del giorno partendo dall'alba (3.1), egli sembra seguire il metodo di calcolo
romano unitamente al calendario romano. (cfr. Luca 24.1)"
* Una riunione cristiana nel primo giorno della settimana è implicita in I CO 16.2, ed è generalmente inteso che il
"giorno del Signore" menzionato in Apocalisse 1.10 sia la domenica.
xcii
Fascia di età tra gli 8 ei 14 anni
xciii
Nuova Riveduta
xciv
Atti 11.28
xcv
Il Giacomo nominato è probabilmente il giusto, fratello del Signore
xcvi
Libro dei Numeri (6,1-21) e nel Libro dei Giudici (Gc13,1-14)
xcvii
Una volta esaurito il voto, la persona si immergeva in un mikveh (bagno rituale) e faceva tre offerte: una come
offerta d'olocausto bruciata sull'altare del Tempio, una coppia di tortore o di piccioni (uno come offerta del peccato e
l'altro come Olocausto); un giovane montone come offerta per la colpa (shelamim); un cesto di pane azzimo, grano e
libagione, che accompagnavano l'offerta di pace. Il nazireo poi compiva davanti a un sacerdote il rito nel quale gli
venivano rasati i capelli, che poi erano bruciati nello stesso fuoco come sacrificio di comunione.
lxxxix
xc
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]
144
Maurizio Allocca, v150123
xcviii
Giuseppe Flavio, Guerra 5.193-194; 6.124-126; Antichità 15.417-418. Attorno al Tempio di Gerusalemme vi erano
delle lapidi scritte in diverse lingue, alcune ancora recentemente scoperte, in cui si diceva: tu straniero che sorpassi
questo limite sei responsabile del tuo sangue, cioè era un annuncio di condanna a morte per chi, non essendo giudeo,
attraversava quel limite sacro invalicabile. Attualmente sono state scoperte due copie, una nel 1871 e l’ultima nel
1935, prima copia e al Museo Archeologico di Istanbul, mentre la seconda copia è al Museo Rockefeller, Gerusalemme.
xcix
At:20,4; 2Tm 4.20
c
L’ebraico di cui parla Luca e il dialetto aramaico parlato dalla popolazione della Palestina oramai a tutti gli effetti la
lingua usata anche in Giudea.
ci
Non tutti gli studiosi concordano con questa lettura, alcuni pensano che il gesto compiuto da Paolo sia un gesto
voluto di forte rottura. Perché ritengono improbabile che Paolo non conosca Anania, o che comunque avendo
confidenza con il sinedrio non sia riuscito a riconoscere che colui che ha impartito l’ordine fosse il sommo sacerdote.
L’affermazione che segue con citazione tratta dall’esodo, è da intendersi in senso negativo. Paolo non si sta scusando
ma afferma se fossi davvero il sommo sacerdote allora non ti avrei insultato. Lettura molto forzata perché difficilmente
avrebbe avuto l’appoggio della frangia dei farisei a seguito delle affermazioni fatte dopo se avessero davvero inteso
una posizione di questo genere. Resta comunque un fatto difficile da spiegare, se non legato a circostanze che non
sono riportate, che Paolo non abbia riconosciuto il Sommo Sacerdote avendo lui, comunque, i paramenti legati al suo
ruolo.
cii
I sadducei costituirono un'importante corrente spirituale del medio giudaismo(fine del periodo del secondo Tempio),
Rappresentata dall'aristocrazia delle antiche famiglie, nell'ambito delle quali venivano reclutati i sacerdoti dei ranghi
più alti, nonché, in particolare, il Sommo sacerdote. Cercavano di vivere un giudaismo illuminato; politicamente erano
realisti e quindi, a differenza degli zeloti, cercavano di trovare un compromesso anche con il potere romano. Sulla
dottrina dei sadducei non ci è pervenuto alcun testo scritto. Secondo quanto riferito da Giuseppe Flavio, essi
sostenevano che si dovessero considerare valide solo le norme contenute nella cosiddetta Legge scritta, ossia quanto
tramandato nei libri della Bibbia ebraica, o Torah, mentre i farisei ritenevano valide anche certe norme contenute
nella Legge orale, ossia la tradizione interpretativa della Torah, trasmessa in maniera verbale dalle generazioni
precedenti. Inoltre, a differenza dei farisei, che credevano nel giudizio dopo la morte con la ricompensa dei giusti e il
castigo dei malvagi, i sadducei negavano l'immortalità dell'anima e l'esistenza di pene e premi nello Sheol.
ciii
Marco Antonio Felice fu procuratore romano della provincia di Giudea dal 52 al 60.
civ
Questa affermazione ha aperto anche un interessante dibattito esegetico tra gli studiosi nel capire a quali scritture
del Vecchio Testamento Paolo si riferisse.
Serate di Approfondimento Biblico
[email protected]