ANATOMIA
SPIRITUALE
Il Corpo Umano
Istruzioni per l’uso
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INTRODUZIONE
Le parole “esoterico” ed “occulto” significano “ciò che è nascosto”, indicano ciò che sta dietro
all’apparenza esteriore, e additano le cause che producono l’apparenza e gli effetti; si occupano del
mondo sottile delle energie e delle forze nascoste e velate dalle forme. Trattano di tutto ciò che deve
essere conosciuto prima che la coscienza possa svilupparsi
Le scuole esoteriche sono quelle che impartiscono maggiore conoscenza, la quale viene teorizzata
ed applicata; ma è un fatto che spesso la teoria precede la pratica.
Le scuole esoteriche attuali mirano ad una superiore fusione, quella tra la personalità integrata e
l'anima, rivelando che, dietro al dualismo mistico (stato necessario), vi è il fatto occulto della
identificazione con il divino.
L’insegnamento in queste scuole è più avanzato di quello che si impartiva nelle scuole precedenti;
esso, infatti, si spinge fuori dalla sfera dei tre mondi della personalità per entrare in quella
dell’anima. Vi si tratta del mondo dei valori occulti, in cui si dà massima importanza all’aspetto
“conoscenza della divinità”.
Le scuole esoteriche attuali mirano ad una superiore fusione, quella tra la personalità integrata e
l’anima, rivelando che, dietro al dualismo mistico (stato necessario), vi è il fatto occulto della
identificazione con il divino.
Lo scopo di una scuola esoterica è quello di portare alla coscienza o consapevolezza dell’anima, alla
conoscenza spirituale, alla comprensione delle forze superiori, alla conoscenza diretta della
Gerarchia Spirituale che governa la vita del nostro pianeta, allo sviluppo progressivo della
comprensione della natura divina e del Piano, che, in obbedienza alla volontà di Dio, va sempre
maggiormente determinando le cose del mondo.
Le scuole esoteriche del passato sono le scuole che conosciamo meglio, quelle di molti gruppi
teosofici, degli ordini rosacrociani e le innumerevoli organizzazioni mistiche e metafisiche. Esse
sono prettamente exoteriche e servono a fare appello all'interesse del pubblico. Impartiscono molte
cognizioni utili per ciò che riguarda i tre mondi della umana evoluzione - mondo fisico, mondo
emotivo e mondo mentale. Sono perfettamente adatte per i neofiti sul Sentiero della Prova,
occupandosi principalmente dell'avvicinamento a Dio, per mezzo del cuore, e del profondo impulso
umano, che può aiutare a trovarlo.
Le scuole esoteriche del presente si vanno ora formando e che pretendono di impartire maggiore
conoscenza che, coordinata ed applicata, rimane in gran parte teorica; spiegano che sempre la teoria
precede la pratica. L'insegnamento in queste scuole è più avanzato di quello che si impartiva nelle
scuole precedenti; esso, infatti, si spinge fuori dalla sfera dei tre mondi della personalità per entrare
in quella dell'anima. Si parla del mondo dei valori occulti, a livello principalmente mentale; si dà
massima importanza all'aspetto "conoscenza della divinità", più che all'aspetto "sentimento di Dio".
Nel migliore dei casi, le vecchie scuole hanno prodotto l'integrazione della personalità, e hanno reso
l'essenziale dualità del mistico un fatto effettivo. Le nuove scuole mirano ad una superiore fusione,
quella tra la personalità integrata e l'anima, rivelando che, dietro al dualismo mistico (stato che è
indubbiamente necessario), vi è il fatto occulto della identificazione con il divino.
Le scuole veramente esoteriche sorgeranno allorché l'umanità sarà pronta per esse. Con l'evocazione
e lo sviluppo della coscienza superiore, sarà possibile insegnare a lavorare coscientemente su livelli
spirituali e ad agire come anima nei tre mondi dell'evoluzione umana, per il tramite di una
personalità altamente intelligente. I discepoli vi saranno preparati per l'iniziazione e gli iniziati per
le iniziazioni maggiori. Verrà data la maggiore importanza al modo di trattare le energie e le forze,
alla saggezza come risultato della conoscenza applicata, al lavoro e ai piani della Gerarchia. Una
volta che l'intuizione sia sviluppata si giungerà ad una fusione superiore, a quella cioè dell'uomo
spirituale con l'Uno universale.
La Teosofia è la Scuola Esoterica del Passato, quella del Presente e quella dell’Avvenire.
Ma non bisogna mai dimenticare che dietro al mondo delle religioni, delle filosofie e delle scienze,
c'è una sorgente poco compresa ma potente della vita spirituale dell'umanità: la Scuola dei Misteri.
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Risalendo a una remota antichità, queste intuizioni esoteriche hanno tenuto in vita
la theosophia senza tempo, la saggezza divina delle ere, stimolando al tempo stesso le intuizioni
spirituali e il progresso evolutivo dell'umanità. Qui giacciono le radici della Teosofia.
Il presente studio ha lo scopo di presentare, a largo spettro, il rapporto fra la scuola e quanti
aspirano a diventarne discepoli. Questo rapporto, estremamente difficile da raggiungere nel passato,
quando le adesioni avvenivano per cooptazione, oggi è stato semplificato al massimo, rendendo
possibile a chiunque ad accedere ad insegnamenti che andrebbero meglio gestiti.
Nel processo di conoscenza individuale, quello del “conosci te stesso”, è il primo passo che
l’aspirante discepolo deve intraprendere, cominciando con la conoscenza del proprio corpo. A tale
scopo è dedicato il primo capitolo. Nel secondo capitolo vengono presentati alcuni esempi di
requisiti e comportamenti previsti da alcune scuole.
Nel terzo capitolo, l’argomento scuola e insegnamento viene trattato dal punto di vista teosofico.
Il lavoro non ha la pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno, ma, come al solito, pretende di
informare quanti, talvolta, in modo avventuristico, decidono di avviarsi in attività che comportano
rischi, impegni, discipline che sono insolite nella vita quotidiana.
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L'insegnamento dei Maestri Arcani
È giunto a noi attraversando i meandri del tempo tra ere, civiltà e scuole di pensiero avvolte dal
mistero. E un lignaggio ininterrotto, di cui nemmeno i sommi “Custodi del Manoscritto”, agli alti
vertici dei consigli occulti, conoscono le origini precedenti ai tempi di Pitagora (500 a.C. circa) e
all’antica Grecia. Pur tuttavia, se ne rinvengono tracce nel sapere degli antichi Egizi e dei Caldei. Il
che conferma che le scuole pitagoriche e quelle misteriche dell’antica Grecia si fondavano su
istruzioni occulte ben più remote, tramandate in linea diretta da maestro ad allievo nel corso di
secoli. I ricercatori ne hanno scoperto vestigia tra i documenti dei Persiani e dei Medi; anche
l’insegnamento filosofico di Gautama, il fondatore del buddhismo, sarebbe derivato dalle stesse
fonti arcane che ispirarono l’esoterismo ebraico della Qabalah e dello Zohar.
Nell’antica Grecia l’Insegnamento Arcano filtrò da fonti egizie mediante Pitagora. Lo testimonia
l’intima relazione tra le prime filosofie greche e le più antiche scuole d’Egitto. È fatto noto che
Pitagora sia stato istruito da ierofanti egizi e persiani. Tuttavia, alcuni maestri sostengono che la
scuola greca e quella egizia fossero rispettivamente due ramificazioni di uno stesso insegnamento
originario, originatosi nel continente perduto di Atlantide. Molte tradizioni arcane ricollegano
questo sapere ad Atlantide, ed è perciò possibile che gli Egizi e i Greci l’abbiano ereditato da questa
fonte comune e non che gli ultimi siano stati debitori verso i primi.
È, in ogni caso, vero che tutte le pratiche occulte derivanti da tradizioni, frammenti di dottrina e
leggende atlantidee siano riconciliabili con l’Insegnamento Arcano dell’antica Grecia. Ed è
altrettanto vero che quest’ultimo condivida con il sapere esoterico egizio svariati elementi,
preservati in linea diretta.
Fino a qui mi sono soffermato esclusivamente sulla prospettiva storica del soggetto in questione.
Secondo i maestri arcani, l’insegnamento è antico quanto l’umanità stessa ed è stato noto alle menti
evolute di tutte le grandi civiltà, molte delle quali sono scomparse migliaia di anni fa senza lasciare
traccia. Lo avrebbero tramandato antichi fratelli, anime avanzate apparse in tempi arcaici, che
piantarono i semi della verità affinché crescessero, fiorissero e portassero frutti nelle ere a venire.
Non siete tenuti ad accettare questa affermazione, forse aleatoria, giacché l’insegnamento è di per sé
manifesto e non necessita fede in alcuna autorità. Esso collima con le forme più elevate di ragione e
intuizione, e si rivela alle menti di chi sia pronto a riceverlo. Se faccio riferimento alle tradizioni
antiche, è solo affinché siate consapevoli che questo sapere è stato accettato come autentico dai
sommi maestri arcani.
“Arcano” deriva dal latino arcanus, che significa “nascosto, segreto, occultato”. Il termine nasce da
arca, ovvero “forziere”. In italiano assume il significato di “celato, segreto, esoterico, mistico”.
Perciò l’espressione “Insegnamento Arcano” corrisponde al concetto di “Dottrina Segreta”.
I maestri arcani sono un gruppo di uomini, appartenenti ad alcune organizzazioni disseminate nel
mondo fin dai tempi dell’antica Grecia, se non da migliaia di anni prima. Custodiscono gli antichi
insegnamenti, leggende e istruzioni che tramandano ai pochi degni di apprenderli. L’insegnamento
misterico non è mai stato riportato su carta, ma viene tutt’oggi tramandato oralmente - da maestro
ad adepto, da ierofante a neofita - esattamente come in passato. La sua natura lo rende accessibile a
pochi, poiché contiene istruzioni che, in mani immeritevoli, causerebbero i peggiori danni.
Ciononostante, di tanto in tanto ne sono filtrati frammenti che individui immeritevoli hanno usato in
modo improprio. Tutti gli adepti sono consapevoli di tali pericoli, ma i princìpi generali
dell’Insegnamento Arcano vengono da sempre offerti gratuitamente a coloro che se ne sentono
attratti. Alcune porzioni sono presenti nelle varie scuole di filosofia ermetica e rosacruciane. Anche
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la Massoneria contiene accenni dell’antico sapere, attentamente occultato e non riconoscibile dai
membri ordinari dell’ordine.
L’unica eccezione alla regola che vieta di trascrivere l’insegnamento riguarda il cosiddetto
“Manoscritto”, che contiene aforismi o istruzioni scritte e revisionate nel tempo. Le copie
autorizzate di questo documento sono custodite da individui speciali, che siedono agli alti vertici dei
consigli occulti. Sono noti come “i Custodi del Manoscritto” e, seppur universalmente presenti,
operano anonimi nella massima segretezza. Sono di svariata estrazione sociale, schivi e
sufficientemente accorti da evitare qualsiasi forma di notorietà che susciti l’interesse della stampa o
la pigra curiosità degli onnipresenti “cercatori di meraviglie”. Sebbene gli aforismi arcani
riguardino sezioni specifiche dell’insegnamento, i Custodi acconsentono che ne vengano divulgati i
fondamenti in scritti e volumi di settore. Nei prossimi capitoli ne riporterò alcuni, citandoli per
esteso e distinguendoli accuratamente dai commenti o interpretazioni personali. Questi aforismi
contengono verità e princìpi occulti di massima levatura, perciò sono grato per il privilegio
concessomi di presentarli ai miei lettori.
La Legge
L’Insegnamento Arcano si fonda sull’idea di base che esista un potere supremo assoluto, causa e
ragione del Cosmo e di tutte le manifestazioni ivi contenute - ciò che gli uomini chiamano
“Universo”. E noto come La LEGGE e viene simbolicamente rappresentato dalla parola “Lex”.
La Legge è un principio astratto di potere, impossibile da rendere a parole o per mezzo di segni.
Non è una divinità o un Essere panteistico - essa è un principio assoluto, che trascende qualsiasi
definizione o descrizione. Non si manifesta tramite forme e contorni, né si suddivide nella
moltitudine come fa l’entità suprema di certe filosofie panteistiche. E piuttosto la causa che spinge
l’Essere universale a procedere dal Non-Essere infinito, il Cosmo a emergere dal caos, il manifesto
a levarsi dall’immanifesto, il Tutto a sollevarsi dal Nulla infinito. La Legge non è l’Essere, bensì la
sua causa. Essa non “è” nel senso ordinario del termine, ma fa sì che il verbo “essere” assuma un
significato.
L’Insegnamento Arcano non è né contiene espressamente o implicitamente - in forma manifesta o
sottile - una filosofia panteistica. L’Assoluto non potrà mai trasformarsi nel relativo. La Legge non
si separerà mai in frammenti di “tu e io”. Né il Cosmo va considerato sogno, meditazione, illusione,
delirio o immaginazione dell’Assoluto, come alcune scuole filosofiche dell’India, e altre
pessimistiche d’Occidente, hanno dato a credere, a dispetto dell’intuito naturale intrinseco nella
nostra specie. La Legge non sogna, medita, immagina o “pensa” - né è soggetta a illusioni o alcuna
forma di “ignoranza”, come postulato da alcuni. Queste qualità appartengono agli esseri - la Legge
trascende questi ultimi e l’Essere stesso. Sostenere il contrario significa degradarla o negarne
l’assolutezza.
L’Insegnamento Arcano sostiene che, al di là della Legge, c’è solo l’Infinito, che è il Nulla. La
Legge assoluta è diversa dall’Infinito, e questo assunto differisce notevolmente da quasi tutte le
altre filosofìe che ne stabiliscono un rapporto di identicità. I maestri arcani sono depositari di questo
concetto, dimostrandone la logicità come una spiegazione razionale alla causa e manifestazione del
Cosmo. Il Nulla infinito non identifica una condizione di “non-essere” ma di “immanifesto”.
L’Infinito è un immanifesto infinito in cui giace tuttavia la latenza, la possibilità, la potenzialità e la
promessa di qualsiasi cosa, passata, presente e futura.
Secondo la Legge, nel Nulla infinito l’immanifesto è assolutamente reale, mentre il Tutto è in
latenza e possibilità. L’Insegnamento Arcano sull’infinità del Nulla costituisce una rivelazione
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sorprendente per coloro che, cercando la verità in altre filosofie, si sono ritrovati a vagare a vuoto in
un circolo mentale senza via d’uscita. L’infinità del Nulla è dimostrabile da un punto di vista logico
e razionale. Questa dottrina sfida apertamente i dogmi filosofici attualmente in voga, che
asseriscono: “Niente nasce dal Nulla” o “Niente si produce dal Nulla”. Essa sostiene invece con
determinazione: “Tutto nasce dal Nulla” o “Tutto si produce dal Nulla”. Va tuttavia ribadito che in
questo Nulla sono intrinseche la possibilità, la latenza e la promessa del Tutto. Esso è “una cosa non
manifesta”, non “una cosa non esistente”.
Secondo l’Insegnamento Arcano, al chiudersi del grande ciclo del tempo - dopo eoni di notte
cosmica o un periodo di Nulla infinito, la Legge fa spazio al vuoto dell’Infinito, e si innescano le
prime attività di un nuovo giorno cosmico, o Cosmo manifesto. La prima manifestazione è la
Volontà cosmica, o principio vitale.
Questa Volontà cosmica è la vita del Cosmo, che molte filosofie asseriscono erroneamente essere lo
stesso Assoluto. E l’Essere universale, che tuttavia asseconda la Legge, Le è relativo, non è
assoluto. Da questa Volontà cosmica, Logos, Demiurgo, Spirito del mondo o principio vitale
universale, si manifesta il Cosmo o l’Universo manifesto delle forme vitali. Il Cosmo è vivo in ogni
sua parte costituente, e la sua natura profonda pertiene alla Volontà cosmica, che è sempre al di là,
sotto e dentro ciascuna manifestazione delle attività universali, dalla prima all’ultima. E qui che
risiede lo Spirito del mondo o l’Uno panteistico - che è pur sempre soggetto alla Legge.
Il Cosmo contiene i “Tre Princìpi” - sostanza, movimento e coscienza - dai quali originano tutte le
svariate combinazioni di mente, energia e materia, che formano le diverse manifestazioni presenti
nell’universo. L’Insegnamento Arcano include la dottrina dell’evoluzione perpetua di sostanza,
energia e coscienza su tutti i vari piani di attività, sostenendo l’esistenza di infiniti piani di
evoluzione organizzati in gruppi di sette, che si ripartiscono a loro volta in altri sette, e così via.
Le Sette Leggi del Cosmo
Secondo l’insegnamento, il Cosmo è regolato da “Sette Leggi”, sovrimposte dalla Legge sulla
Volontà cosmica e perciò su tutto ciò che è manifesto. Le riporto di seguito:
1. La Legge dell’armonia: l’intero Cosmo è soggetto alla Legge ed è imbevuto di ordine, dai soli agli
atomi; dagli esseri di rango più basso ai più elevati; dalla materia all’energia e alla mente. Nel
Cosmo non vi è disordine, disarmonia né coincidenza.
2. La Legge dell’analogia: tra tutte le svariate forme manifeste vigono corrispondenza e accordo. Ciò
che è vero per l’atomo, lo è per il sole. Ciò che è valido per l’ameba, vale per l’uomo e per gli esseri
superiori. Ciò che è vero per la materia, lo è per l’energia e la mente. Conoscere il singolo equivale
a conoscere tutti. “Come in alto, così in basso”, sostiene Ermete. Ex uno disce Omnes “Conoscendo uno, conoscerai tutti”, recita l’assioma arcano. Questa legge si applica allo studio dei
piani sottili - perscrutabili dai piani inferiori, proprio come è possibile apprendere i meccanismi dei
sistemi solari investigando gli atomi e le molecole.
3. La Legge della sequenza: questa legge governa le attività del principio generalmente noto come
“causa ed effetto”. Nulla avviene per caso. Niente succede a prescindere da una manifestazione
precedente e da una successiva. Tutto consta di un “prima e un dopo”. Non esistono cose che
vivono di per sé, indipendentemente da condizioni antecedenti e successive.
4. La Legge del ritmo: questa legge include svariati fenomeni, tra i quali quello fondamentale della
vibrazione. Tutto è in costante vibrazione - a prescindere che pertenga al piano materiale, mentale
o energetico. Da qui dipendono la varietà, i gradi, gli stati e le condizioni manifesti del Cosmo. Il
fisico, il mentale e lo spirituale vibrano. La vibrazione è la chiave del potere e delle sue attività.
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Controllarla significa controllare tutte le forze universali, il che rappresenta una parte importante
delle formule arcane.
5. La Legge dell'equilibrio: tale legge consente di spiegare l’equilibrio, la compensazione e il
bilanciamento universali, presenti in tutte le manifestazioni del Cosmo. Una cosa bilancia l’altra, sia
sul piano fìsico che su quello mentale e spirituale. Tutto ha il suo opposto, che lo equilibra. Tutto ha
la sua compensazione. Tutto ha il suo prezzo cosmico. Comprendere la Legge dell’equilibrio
significa scoprire il segreto del potere e della stabilità, di cui l’Insegnamento Arcano contempla le
formule.
6. La Legge della ciclicità: qui troviamo ragione della tendenza ciclica, o circolare, di tutte le cose
fisiche, mentali e spirituali. Tutto si muove in cerchi, che il saggio e il forte convertono in spirali.
Piuttosto che viaggiare a vuoto in un eterno circolo, essi si elevano all’interno di spirali evolutive. I
mondi e gli atomi; il Cosmo e l’uomo; tutto, soggetto a questa legge, si muove secondo le sue
regole. Trasformare un cerchio in una spirale è uno dei segreti dell’Insegnamento Arcano, espresso
nelle sue formule.
7. La Legge degli opposti: viene qui giustificato quel meraviglioso fenomeno in natura, per cui ogni
cosa ha il suo opposto: tutto è e non è, ogni medaglia ha contemporaneamente due facce; qualsiasi
verità è una mezza verità; tutto è un paradosso; qualsiasi tesi ha la sua antitesi; ogni verità contiene
un grano di falsità, e viceversa; il maschile contiene il femminile, e il femminile contiene il maschile.
È inclusa anche la nozione che gli opposti, alla fin fine, si assomiglino; gli estremi si toccano; le
contraddizioni sono riconciliabili. Questa grande legge cosmica detta che le cose diametralmente
opposte, fisiche, mentali e spirituali, non sono altro che poli contrari di una stessa entità.
Ritroviamo qui il mistero delle polarità - cui pertiene il segreto della generazione e rigenerazione
sessuali.
Di seguito riporterò le formule arcane, per mezzo delle quali potrete applicare le Sette Leggi usando
la vostra mente e volontà. Potrete quindi usare a vostro vantaggio o neutralizzare i meccanismi del
ritmo; armonizzare gli opposti; trovare e conservare l’equilibrio e la stabilità; convertire i cicli in
spirali ascendenti; beneficiare della Legge della sequenza - ovvero governare il fato, invece che
esserne schiavi; padroneggiare le leggi mediante il loro utilizzo; contrapporre princìpi; acquisire
l’arte dell’alchimia mentale o della trasmutazione degli stati e delle condizioni mentali. Al cercatore
coscienzioso, l’Insegnamento Arcano aprirà i cancelli di questi e altri campi di conoscenza occulta,
poiché è agli animi pronti che esso si rivolge. Se ve ne sentite attratti, allora seguite la guida del
vostro intuito. Altrimenti procedete temporaneamente oltre, perché non siete preparati - richiamate
piuttosto l’attenzione di qualcuno che sia più pronto di voi, facendovi strumento della Legge.
Autore
William Walker Atkinson
William Walker Atkinson (alias Yogi Ramacharaka) era un personaggio misterioso. I suoi dati
biografici indicano che nacque a Baltimora il 5 dicembre 1862. Della sua infanzia è noto solo il
fatto che frequentò le scuole pubbliche. Nel 1889, quasi ventisettenne, sposò Margaret Foster Black
dalla... continua sulla pagina dedicata a William Walker Atkinson
Editore: Il Giardino dei Libri
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CAPITOLO 1
ANATOMIA SPIRITUALE – IL CORPO UMANO
Il corpo umano è stato oggetto di studio fin dai tempi più remoti, la scienza lo ha sezionato fin nei
minimi particolari, sono state fatte scoperte incredibili e inventati interventi al limite del miracolo.
Tuttavia, i risultati delle ricerche, seppur validi in termini generali, non hanno valore assoluto,
perché non esistono due corpi umani uguali. Inoltre, non è stato considerata con la dovuta
attenzione la parte spirituale, il che ha impedito la conoscenza delle interazioni fra la parte materiale
e quella non-materiale, con conseguenze ancor oggi pesanti per l’umanità.
Al di là di queste considerazioni, il corpo di un essere umano, nella sua forma esteriore, si presenta
come composto di tre parti: la Testa, il Tronco, gli arti. La Testa è uno sferoide la cui parte esteriore
più evidente è la faccia; all’interno si trova il cervello, centro direzionale di tutto l’organismo,
considerato sede di tutte le
funzioni del corpo, anche quelle
non materiali. Non entriamo nel
merito del conflitto tuttora
irrisolto fra fautori della mente
chimica da cui partono tutti i
segnali ed anche le funzioni
superiori (pensiero, intelligenza,
ecc.), e quelli che ritengono la
mente qualcosa di superiore che
adopera
il
cervello
come
strumento. Sarà il tempo a dire la
verità.
1- KETHER – Il Sistema
Nervoso Centrale
Il cervello è composto da diverse
parti autonome che hanno il
compito di gestire le funzioni
organiche
(ippocampo,
ipotalamo, cervelletto, ecc.), ed una parte speciale, corteccia, che avvolge la massa cerebrale ai lati
e dall’alto.
La parte basale (inferiore) è costituita da diversi componenti quali il bulbo, che regola le funzioni
autonome e il cervelletto che coordina il movimento. Nell’interno si trova il sistema limbico
interessato al comportamento emotivo, la memoria a lungo termine, ecc..
La parte superiore, detta corteccia, ricca di circonvoluzioni negli emisferi cerebrali, ha uno spessore
ci di circa due millimetri e un’area totale di circa 1,5 metri quadrati. Di essa sono state dettagliate
aree specializzate: motoria, somato-sensoriale, visiva, ecc. All’interno della corteccia si muovono
segnali (impulsi nervosi), detti potenziali d’azione, attraverso i quali si svolge l’attività congiunta di
tutte le regioni del cervello, da cui emerge il più affascinante di tutti i fenomeni neurologici: la
MENTE.
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Questa è la sede di Kether, la prima sephira, che ha il compito principale di ricevere la LUCE da
Ein Soph e distribuirla alle altre secondo una legge ben precisa. Essa è anche il collegamento della
triade immortale di cui fa parte, con lo stesso Ein Soph, l’Infinito. Viene chiamata Corona perché
avvolge il cervello come una cupola. E’ importante sottolineare il fatto che il suo funzionamento
completo è possibile solo in un corpo che si muove in posizione eretta. Anche gli animali hanno la
loro corteccia cerebrale, ma essa è nutrita dalla LUCE in modo diverso da quello che nutre gli esseri
umani. Al contrario, la luce lunare investe l’essere umano di sbieco, mentre viene assorbita
interamente dagli animali attraverso il dorso, la colonna spinale. La differenza delle due luci è una
delle condizioni essenziali per la differenziazione della razza umana da quella animale. La luce,
come si sa, è energia elettromagnetica, per cui i segnali che da Kether vanno alle altre sephirot sono
frequenze, di valore diverso a seconda della destinazione.
2- CHOCHMAH (Saggezza)
3- BINAH (Intelligenza)
Il primo dettaglio importante che emerge dall’osservazione del cervello è la sua netta suddivisione
in due parti, separati da un corpo calloso. Risulta da ciò una differenza anche sul piano funzionale
che la Kabbalah chiama Chockmah (sapienza) l’emisfero destro, mentre Binah (intelligenza) è
l’emisfero sinistro. Si suole anche attribuire l’emisfero destro come sede della parte emotiva ed
affettiva, mentre quello sinistro è sede della razionalità, dell’attività analitica, ecc. Una cattiva
abitudine è quella di porre sull’emisfero destro la sede privilegiata degli esseri di sesso femminile,
mentre al sesso maschile è riservato l’emisfero sinistro. Si tratta di una affermazione che non ha
alcun valore assoluto, se non come probabile tendenza.
I due emisferi non sono totalmente separati, ma sono semplicemente divisi da un cosiddetto “corpo
calloso”. Questo corpo è una acquisizione dei Mammiferi ed ha il suo massimo sviluppo nei Primati
e nell’Uomo. Esso rappresenta un sistema commessurale , qualcosa che serve a commettere le due
metà emisferiche. Le fibre del corpo calloso si dipartono dalla corteccia di un emisfero per
raggiungere la corteccia dell’altro; le fibre che si trovano bel centro del corpo calloso provengono
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da quasi tutte le aree della corteccia e si comportano come un centro di smistamento. Queste
connessioni prendono il nome di “radiazioni del corpo calloso”.
Spesso, fra lo seconda e la terza sephira, viene introdotta una sephira virtuale, chiamata DA’AT,
alla quale viene assegnato il significato di “conoscenza”, derivante dalla mediazione fra la Saggezza
e l’Intelligenza. Molti non sono d’accordo citando il Sepher Yetzirah, dove si dice che i sefirot sono
10, né 9, né 11.
BINAH
CHOCKMAH
Il collegamento fra la triade superiore e quelle che la succedono (ovvero fra il mondo di Briah e
quello di Yetzirah), avviene attraverso il collegamento diretto fra Kether e Tipheret. Questa sephira
è il centro della vita materiale e svolge una serie di funzioni molto importanti.
Precisiamo subito che il passaggio fra i due mondi degna un confine invalicabile fra la parte
puramente spirituale dell’essere umano e quella fisica. Il mondo di Yetzirah comprende l’area delle
funzioni vitali e viene spesso indicato con la sigla ZA, acronino di Zerik Anpin (Piccolo Volto).
Al centro di quest’area si trova la sephira Tipheret, la sede del Cuore (ne parleremo al punto 6), la
quale ha il compito di distribuire la luce alla cinque sephirot ad essa associate, rappresentando
anche un centro di scambio fra una sephira e l’altra (non essendoci collegamenti diretti); poi serve
come centro di trasduzione per i segnali di natura diversa scambiati dalle sephirot. Ma la cosa più
importante è che si posiziona in un punto essenziale fra Kether e Malchut, dal quale distribuisce la
VITA sia al mondo di Yetzirah che a quello di Assiah, attraverso la circolazione del sangue. I suoi
collegamenti sono con :
- CHESED, l’Apparato Respiratorio;
- GEBURAH, il Sistema Nervoso Periferico;
- NETZACH, I Sistemi Endocrino e Linfatico;
TORACE
- HOD, il Sistema Vegetativo;
- YESOD, il Sistema Urogenitale.
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Si tratta di funzioni molto diverse fra loro, ma il cui coordinamento e la cui sincronizzazione sono
essenziali per il giusto equilibrio fisico (ed anche, di riflesso, psichico), determinando ciò che noi
chiamiamo SALUTE.
Il Torace è la parte mediana del corpo umano e si interpone fra la testa e gli arti inferiori.
TORACE
Nella figura di cui sopra sono chiaramente individuabili:
- La parte cervicale con i polmoni, le costole e il cuore;
- La parte addominale con il fegato, il pancreas;
- La parte inferiore, contente l’intestino e il peritoneo.
Nella parte superiore, assieme ai polmoni, ma non indicati, troviamo la laringe, la trachea, i bronchi.
4 – CHESED – L’Apparato Respiratorio
L’apparato respiratorio esplica le funzioni degli scambi gassosi per l’ematosi polmonare, ma
adempie, mediante la laringe, le attività della fonazione mediante le corde vocali. Secondo la lettura
esoterica, esso, con l’inspirazione, permette l’ingresso del prana nei polmoni, dove deposita
l’ossigeno, il carburante delle cellule. L’ossigeno viene prelevato dal sangue con la piccola
circolazione e distribuito in tutto il corpo. Importante anche sottolineare che l’atto di espirazione
permette di liberare il corpo dalle scorie gassose del metabolismo.
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5 – GEBURAH – Il Sistema Nervoso Periferico
Si definisce sistema nervoso periferico (dei vertebrati) l'insieme dei gangli nervosi e dei nervi che si
possono individuare all'esterno dell'encefalo e del midollo spinale. Il SNP assicura il collegamento
con le altre parti del corpo. A seconda della zona, i nervi si distinguono in nervi cranici (12 paia) e
nervi spinali (31 paia). I gangli nervosi sono dei particolari raggruppamenti di neuroni, addetti alla
ricezione delle informazioni percepite dai recettori. Il sistema nervoso periferico (SNP) si può
suddividere in due sottocategorie: il sistema sensoriale e il sistema motorio.
In altre parole, esso è costituito dai nervi che si staccano dal midollo spinale e dall’encefalo,
ognuno dei quali ha una radice anteriore motrice ed una radice posteriore sensitiva. La prima serve
a portare i comandi discendenti, la seconda a prelevare e trasmettere al cervello la situazione
dell’organo cui è collegata. Si tratta di un sistema di collegamenti che vanno dal cervello alla
periferia, e viceversa. Se mettiamo tutti i nervi uno dietro l’altro otteniamo due volte la lunghezza
dell’equatore terrestre. Il Sistema Nervoso Periferico serve a muovere e controllare il corpo intero
da parte del Sistema Nervoso Centrale.
Due tipi di fibre nervose compongono il sistema nervoso somatico: fibre nervose che mandano i
dati sensoriali al sistema nervoso centrale e fibre nervose motorie che dal sistema nervoso centrale
vanno verso i muscoli scheletrici. I motoneuroni, o neuroni efferenti, collocati nel cervello o nel
midollo spinale, sono delle estensioni dei neuroni, che formano le fibre nervose motorie. Le fibre
dei neuroni sensitivi (chiamate anche afferenti) partono invece da neuroni localizzati a livello di
gangli che prendono informazioni da un recettore sensoriale.
Il ruolo principale del sistema nervoso periferico è collegare il sistema nervoso centrale al resto
dell’organismo. Il sistema nervoso periferico è ulteriormente diviso in sistema nervoso autonomo e
sistema nervoso somatico. Il sistema nervoso autonomo si occupa dei muscoli lisci degli organi
interni e delle ghiandole, mentre il sistema nervoso somatico regola i movimenti volontari e capta
informazioni dagli organi di senso.
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Il sistema nervoso autonomo è a sua volta suddiviso
in tre parti: il sistema nervoso simpatico, il sistema
nervoso parasimpatico e il sistema nervoso
enterico. Si tratta di un sistema più complesso
rispetto a quello del sistema nervoso somatico che
comprende la presenza di piccoli ammassi di corpi
di neuroni: i gangli, le fibre pregangliari e le fibre
post gangliari. I gangli sono composti dalle
estensioni dei neuroni i cui corpi sono situati nel
sistema nervoso centrale (nel cervello o nel midollo
spinale). Successivamente essi entrano in relazione
con
il corpo di neuroni da cui partono i
prolungamenti che compongono le fibre
postgangliari. Queste ultime si dirigono infine verso
l’organo bersaglio.
Il sistema nervoso somatico riceve tutte le
informazioni che giungono dai sensi, ad esempio
dai recettori situati sulla pelle. Si occupa di
effettuare i movimenti di tutti i muscoli volontari dell’organismo. Il sistema nervoso somatico è
anche responsabile di tutte le azioni involontarie, quali l’estensione della gamba quando viene
stimolato un particolare punto sotto al ginocchio, note come arco riflesso. Si tratta di movimenti che
dipendono dal collegamento di una via nervosa al midollo spinale anziché da un comando
proveniente dal cervello.
Tutte le funzioni del corpo umano che possono considerarsi spontanee e riflesse sono determinate
dal sistema nervoso autonomo. Il sistema nervoso autonomo agisce sui muscoli lisci situati intorno
agli organi interni, ma anche, per esempio, su quelli collegati ai follicoli piliferi, regolando funzioni
di fondamentale importanza come il respiro e il battito cardiaco. Il sistema nervoso autonomo
controlla anche la dilatazione delle pupille, la formazione di secreti come la saliva e il muco, i moti
delle varie parti del tubo digerente e il funzionamento della vescica.
Nel caso di condizioni di pericolo, hanno luogo vari mutamenti fisiologici, quali l’aumento della
frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, nonché l’incremento dell’adrenalina che circola
nell’organismo. Il sistema nervoso simpatico permette di reagire a tali condizioni di pericolo
imminente.
Agendo in maniera praticamente opposta il sistema parasimpatico è più attivo quando una persona è
a riposo, o si sente rilassata, ed è responsabile di eventi come il restringimento della pupilla, il
rallentamento dei battiti cardiaci, la dilatazione dei vasi sanguigni e la stimolazione delle funzioni
digestione e genitourinarie. Infine, il sistema nervoso enterico è coinvolto in tutti gli aspetti
della digestione.
6 – TIPHERET – Il Sistema Circolatorio
Il Sistema, o Apparato, Circolatorio comprende gli organi preposti al trasporto del sangue: cuore,
vasi arteriosi e vasi venosi. La circolazione si divide in Grande (dal ventricolo sinistro all’atrio di
destra, attraverso l’arteria Aorta e le Vene cave) e Piccola ( dal ventricolo di destro all’atrio di
sinistra, attraverso l’arteria polmonare e le vene polmonari. La prima interessa tutto il corpo, la
seconda serve ad ossigenare il sangue facendolo passare attraverso i polmoni.
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Il cuore, organo centrale dell’apparato circolatorio, dotato di una notevole tunica muscolare,
provvede, con la sua perenne meccanica, a mantenere la circolazione del sangue nelle arterie, nelle
vene e nelle reti capillari intermesse. Organo cavo, muscolo-membranoso, in forma di cono, il cuore
presenta la sua base disposta obliquamente in alto e l’apice in basso e a sinistra. Situato nel
mediastino anteriore, al di sopra del diaframma, dietro lo sterno, ha posizione obliqua perché inclina
il suo asse maggiore, dirigendolo dall’alto in basso e in avanti da destra verso sinistra. Misura in
media 13-15 cm di lunghezza, 9-10 cm di larghezza e 6 cm di spessore. Pesa da 250 a 300 grammi
ed ha una frequenza di circa 70 battiti al minuto. E’ avvolto dal pericardio, una grande sacca fibrosa
che poggia sul diaframma; il cuore ha una faccia anteriore ed una posteriore, un margine destro ed
un margine sinistro.
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L’alimentazione sanguigna del cervello è assicurata dall’Arteria Carotide interna:
Il sangue si compone di plasma e di elementi corpuscolari. Esso è formato per circa il 90% di acqua
e per il 10% di sostanze chimiche disciolte che vanno dalle proteine semplici a quelle coniugate,
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dalle lipo-proteine allee glico-proteine. Contiene anche numerose altre sostanze organiche e sali
inorganici. La sua densità oscilla fra 1052 e 1064.
Quando circola nei vasi sanguigni è fluido, appena ne fuoriesce va incontro al processo di
coagulazione. Un uomo di 70 Kg possiede all’incirca 6 litri di sangue che, in caso di emorragia non
possono scendere al di sotto dei 2/3, pena la morte.
Nel sangue troviamo i globuli rossi il cui compito è quello di trasportare alle cellule l’ossigeno
molecolare raccolto nelle reti capillari del polmone; i globuli bianchi, o leucociti, dotati di nucleo e
di protoplasma, presenti nell’uomo adulto in quantità variabile fra 5000 e 9000 per mm cubo; i
linfociti, importanti per la funzione immunitaria; i monociti che agiscono nei focolai infiammatori
con funzione macrofagica. Infine le Piastrine, minuti corpiccioli di soli 2 micron di diametro che si
trovano in quantità di 250-300 mila per mm cubico. Hanno forma tondeggiante ed ovale e
posseggono la tendenza ad unirsi insieme nel punto in cui il sangue esce da un vaso giocando un
ruolo importante nel processo di coagulazione.
L’emopoiesi, ovvero la produzione del sangue, è il processo che genera nuove cellule del sangue.
Tutte queste cellule derivano da una singola cellula progenitrice chiamata cellula staminale
emopoietica la quale subisce un processo di divisione e differenziazione altamente regolamentati
per produrre la gamma di cellule del sangue mature. L'ematopoiesi avviene nel midollo osseo.
Il sistema emopoietico è formato dagli organi responsabili dell’emopoiesi, cioè della produzione
degli elementi cellulari del sangue: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Durante lo
sviluppo embrionale questa funzione è svolta principalmente dalla milza, dal fegato e dal midollo
osseo, mentre dopo la nascita a occuparsene sono soprattutto il midollo osseo e i linfonodi.
Gli organi emopoietici formano il sistema attraverso cui l’organismo produce i globuli rossi, i
globuli bianchi e le piastrine, cioè i cosiddetti elementi figurati del sangue. Il principale produttore
di questi elementi è il midollo osseo, in particolare quello localizzato all’interno delle vertebre,
dello sterno, delle costole e delle scapole. Fra i globuli bianchi, però, i linfociti vengono prodotti
soprattutto a livello delle ghiandole linfatiche, piccole strutture dalla forma sferica localizzate in
diversi punti del corpo.
Il sistema emopoietico permette di rinnovare continuamente i globuli rossi, le piastrine e i globuli
bianchi (granulociti, monociti e linfociti) presenti nel sangue. In questo modo l’organismo può
avere sempre a disposizione gli elementi figurati del sangue di cui ha bisogno anche se questi hanno
una durata di vita ben definita.
Infatti i globuli rossi, che permettono il trasporto dell’ossigeno verso i tessuti e quello di anidride
carbonica verso i polmoni, hanno una vita di circa 120 giorni, trascorsi i quali devono essere
sostituiti. Altri elementi, come i granulociti neutrofili, vivono molto meno e dopo sei ore sono
destinati a essere rimpiazzati da nuovi elementi. L’intera popolazione di piastrine viene invece
rimpiazzata in media ogni 9,9 giorni.
Nel midollo osseo sono presenti cellule staminali pluripotenti da cui possono originare i precursori
dei diversi tipi di cellule del sangue. Dalle staminali pluripotenti possono infatti formarsi le cellule
progenitrici delle cellule linfatiche e le cellule staminali mieloidi, da cui possono invece formarsi i
globuli rossi, i megacariociti da cui si formeranno le piastrine, i mastociti e i mieloblasti da cui di
formeranno i granulociti (basofili, neutrofili ed eosinofili) e i monociti.
A regolare la differenziazione delle cellule sono diversi fattori di crescita e ormoni.
7 – NETZACH – Il Sistema Linfatico – Il Sistema Endocrino
Le funzioni del sistema linfatico sono:
- riportare in circolo il liquido e le proteine filtrati dai capillari sanguigni;
- trasferire i grassi assorbiti a livello dell'intestino tenue nella circolazione sistemica;
- catturare e distruggere patogeni estranei all'organismo, producendo e trasformando le cellule
deputate alla loro neutralizzazione.
Poco conosciuto, ma molto importante, il sistema linfatico consente alla linfa di fluire nei tessuti
corporei, drenando ogni angolo dell'organismo prima di riversarsi nelle vene toraciche. Parallelo al
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sistema cardiocircolatorio, il sistema linfatico si oppone ad eccessivi accumuli di fluidi nei tessuti
ed è considerato il baluardo di difesa del nostro organismo. Lungo le vie linfatiche esistono infatti
degli organi, chiamati linfonodi, capaci di produrre i cosiddetti linfociti, una serie speciale di
globuli bianchi deputata all'eliminazione dei microrganismi ostili. Quando l'organismo sta
combattendo un'infezione i linfonodi accelerano la sintesi e la trasformazione di questi linfociti,
aumentando così di volume e diventando apprezzabili e dolenti al tatto (da qui l'espressione "avere i
linfonodi ingrossati").
Il sistema linfatico è costituito da un articolato sistema di vasi, molto simile a quello circolatorio
venoso e arterioso. A differenza del sangue, la linfa non viene spinta dall'attività cardiaca, ma scorre
nei vasi mossa dall'azione dei muscoli. Contraendosi e rilassandosi, questi tessuti funzionano come
una vera e propria pompa. Quando tale azione viene meno, per esempio a causa dell'eccessiva
immobilità, la linfa tende a ristagnare, accumulandosi nei tessuti. Ecco spiegato come mai piedi e
caviglie si gonfiano quando si rimane a lungo in piedi in una posizione statica. Per lo stesso motivo,
quando la gamba è immobilizzata da una ingessatura occorre mantenerla sollevata al di sopra del
livello del cuore (proprio per fare in modo che la forza di gravità agevoli il drenaggio linfatico).
Per mantenere in salute il proprio sistema linfatico è molto importante svolgere regolare attività
fisica, in modo da favorire l'azione della "pompa muscolare". Quando questa sana abitudine si
associa ad un'alimentazione equilibrata, le difese immunitarie massimizzano la loro efficacia,
impedendo così che il sistema linfatico vada in tilt per il troppo lavoro. Esistono inoltre delle
particolari tecniche di massaggio che aiutano il sistema linfatico a drenare più efficacemente il
liquido che ristagna nelle zone periferiche (linfodrenaggio manuale).
Il sistema endocrino è formato dall'insieme di tutte le ghiandole a secrezione interna presenti
all'interno dell'organismo umano. Queste ghiandole, pur essendo prive di continuità topografica e
fisica, costituiscono un sistema unitario che viene integrato in modo armonico dalla reciproca
interdipendenza e dalla presenza dell'asse ipotalamo-ipofisario, che garantisce l'equilibrio di tutto il
sistema.
Le sostanze prodotte dalle strutture endocrine si chiamano ormoni (o increti). Svolgono funzioni
relative all'omeostasi dell'organismo, ovvero provvedono al mantenimento – nonostante le
variazioni dell'ambiente esterno – dell'equilibrio delle funzioni dell'organismo e delle caratteristiche
chimico-fisiche del suo ambiente interno. Le principali ghiandole che compongono il sistema
endocrino sono l'ipofisi, il pancreas, il timo, la tiroide, le paratiroidi e le ghiandole surrenali.
L'ipofisi
L'ipofisi è una ghiandola endocrina collocata nella scatola cranica e, più precisamente, in una
escavazione ossea del corpo dell'osso sfenoide nota come "sella turcica". Nonostante sia di piccole
dimensioni – il suo peso è di poco superiore al mezzo grammo – rappresenta la più importante
ghiandola endocrina dell'organismo umano: gli ormoni da essa secretati, infatti, a loro volta
stimolano l'attività di altre ghiandole a secrezione interna (come tiroide e ghiandole surrenali)
indispensabili per lo svolgimento di molteplici attività dell'organismo.
Il pancreas
Il pancreas è una ghiandola a forma di cono allungato deputata sia alla secrezione endocrina (quel
processo di secrezione nel corso del quale il secreto viene immesso direttamente nel circolo
sanguigno) sia alla secrezione esocrina (processo di secrezione in cui il prodotto viene immesso in
una cavità naturale dell'organismo o rilasciato all'esterno, come avviene per i succhi gastrici dello
stomaco o per le lacrime). Posizionato pressoché orizzontalmente, si trova nella parte superiore
dell'addome, disposto trasversalmente e dietro lo stomaco, a livello delle prime due vertebre
lombari. La secrezione esocrina viene svolta da piccole strutture il cui secreto si riversa
nell'intestino attraverso il dotto di Wirsung. Il prodotto finale della secrezione esocrina è il succo
pancreatico, ovvero un liquido al cui interno si trovano diversi enzimi indispensabili per la
digestione (lipasi, amilasi, ecc). La secrezione endocrina è affidata alle cellule endocrine
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raggruppate nelle cosiddette isole di Langerhans – le cellule alfa, beta e delta: le cellule alfa si
occupano di secernere il glucagone (ormone iperglicemizzante); le beta secernono l'insulina
(l'ormone ipoglicemizzante); le delta, infine, secernono l'ormone somatostatina, grazie al quale
riescono a monitorare localmente l'attività delle alfa e delle beta.
Anatomicamente, il pancreas è suddiviso in tre parti: la più grande viene chiamata testa ed è a
stretto contatto con il duodeno, quella centrale corpo, e la parte più sottile, che si protrae fin verso la
milza, è denominata coda.
In particolare, il pancreas produce diversi ormoni, tra i quali l'insulina e il glucagone (che regolano
il livello degli zuccheri nel sangue) e vari enzimi (per esempio, la tripsina) che, trasportati dai dotti
pancreatici nell'intestino, contribuiscono alla digestione e all'assorbimento dei nutrienti.
La lunghezza complessiva è di circa 15 centimetri, ma nell'adulto può raggiungere la lunghezza di
20 cm; approssimativamente, il pancreas pesa 80 g. La superficie pancreatico, di aspetto
irregolarmente nodulare, è rivestita esternamente da una capsula connettivale attraversata dai vasi
sanguigni e rivestita anteriormente dalla sierosa peritoneale.
Il ruolo fisiologico del pancreas è molto importante e complesso. Si tratta, infatti, di una ghiandola
che ha una doppia funzione: endocrina da un lato ed esocrina dall'altro. Il primo termine fa
riferimento alla sua capacità di secernere nel circolo sanguigno gli ormoni che sintetizza, mentre la
funzione esocrina consiste nella produzione di enzimi digestivi da immettere nel tubo digerente.
Il pancreas esocrino produce e riversa nel duodeno il succo pancreatico, che contiene un insieme di
enzimi, indispensabili per la digestione dei carboidrati, delle proteine e dei grassi.
Il pancreas endocrino secerne diversi ormoni, fra cui l'insulina e il glucagone, due importanti
sostanze che controllano il metabolismo del glucosio.
Il timo
Il timo è una ghiandola collocata nel torace, davanti alla trachea, la cui funzione principale è quella
di garantire la maturazione dei linfociti T, un tipo di globuli bianchi che svolgono un ruolo di
fondamentale importanza all'interno del sistema immunitario. Questa ghiandola si sviluppa fino a
raggiungere con l'estremità superiore la tiroide e con l'estremità inferiore la quarta cartilagine
costale.
La tiroide
La tiroide, nota anche come "ghiandola tiroidea", è collocata in corrispondenza del confine tra
laringe e trachea, alla base della porzione anteriore del collo. Sotto il costante controllo dell'ipofisi,
il ruolo della tiroide è quello di produrre e secernere gli ormoni tiroidei, necessari per la crescita e lo
sviluppo dell'organismo.
Le paratiroidi
Le paratiroidi (o ghiandole paratiroidee) assicurano la produzione e la secrezione endocrina
dell'ormone paratiroideo (o paratormone), un particolare ormone indispensabile nella regolazione
del metabolismo dei minerali (in particolare del calcio e del fosforo) all'interno dell'organismo.
Collocate dietro alla tiroide, possono a volta presentarsi in posizione intratiroidea; generalmente
sono quattro (ovvero due coppie di paratiroidi), ma possono anche essere cinque o sei. Il loro nome
rispecchia lo stretto rapporto che intercorre con la tiroide.
Le ghiandole surrenali
Le ghiandole surrenali, di colore bruno-giallastro e del peso di circa 5 grammi l'una, sono due
ghiandole situate ognuna sull'estremità superiore di ciascun rene. La loro funzione è quella
di secernere ormoni (aldosterone, cortisone, cortisolo) indispensabili allo svolgimento di diverse
funzioni fisiologiche.
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La funzionalità del sistema endocrino – il cui funzionamento ed equilibrio sono garantiti
dall'interdipendenza funzionale delle varie ghiandole e dalla presenza dell'asse ipotalamo-ipofisario
– è quella di garantire all'organismo umano l'approvvigionamento dei tutti gli ormoni e nelle giuste
quantità di cui ha bisogno per lo svolgimento di tutti i processi fisiologici.
8 – HOD - Il Sistema Digerente
Il sistema digerente di ogni essere vivente ha il compito di introdurre, di digerire ed assorbire i
principi nutritivi contenuti negli alimenti, eliminando i residui non utilizzabili per il metabolismo,
sotto forma di feci. È formato dalla bocca, dall'epiglottide, dalla faringe, dall'esofago, dallo
stomaco, dal fegato, dall'intestino tenue e dall'intestino crasso.
Si tratta di un insieme di organi cavi che nel loro insieme, come suggerisce il nome stesso,
presiedono all'introduzione degli alimenti, alla loro successiva digestione, all'assorbimento
delle sostanze nutritive che contengono e all'eliminazione di quelle inutili o presenti in eccesso. Le
principali funzioni dell'apparato digerente sono pertanto quattro: ingestione, digestione,
assorbimento e defecazione.
Nella sua visione più semplicistica, l'apparato digerente è un lungo tubo aperto alle due estremità:
quella orale da cui inizia e quella anale con cui termina. Questo canale è costituito da una serie di
organi cavi e dalle importantissime ghiandole annesse: inizia con la bocca e continua con la faringe,
l'esofago, lo stomaco, l'intestino tenue, l'intestino crasso (cieco, colon, retto) e termina con l'ano;
lungo suo percorso, inoltre, si accompagna alle ghiandole salivari, al fegato, alla cistifellea e
al pancreas.
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Il processo digestivo gastrointestinale si compone di tre fasi:
Fase cefalica;
Fase gastrica;
Fase duodenale.
La bocca è l'organo in cui avviene la prima fase della digestione. In essa il cibo subisce delle
trasformazioni fisiche: viene sminuzzato e triturato dai denti, impastato dalla lingua e irrorato dalla
saliva che svolge anche un'azione chimica.
Lo stomaco è un organo localizzato nella parte sinistra della zona superiore dell'addome. Dal punto
di vista anatomico può essere considerato un allargamento, dalla forma a sacco, del tubo digerente.
Infatti lo stomaco è direttamente connesso sia all'esofago, dal quale riceve il cibo che passa
attraverso una struttura che prende il nome di sfintere esofageo inferiore (o valvola cardiale), sia
all'intestino tenue, da cui è separato dallo sfintere pilorico, una valvola muscolare che aprendosi e
chiudendosi regola lo svuotamento dello stomaco.
Lungo circa 25-28 cm e largo 10-12 cm, è una struttura elastica che può variare in forma e in
dimensioni a seconda del cibo presente al suo interno. Ciò è reso possibile dalle pliche ripiegate che
ne compongono la parete: la loro distensione ne estende la superficie, conferendo allo stomaco una
capacità di 1000-1500 ml.
La parete dello stomaco è formata da tre strati o tonache: la mucosa gastrica, la tonaca muscolare e
la tonaca sierosa. La mucosa gastrica è lo strato più interno, secerne i succhi gastrici e crea
l'ambiente acido tipico dello stomaco, producendo allo stesso tempo il muco che permette allo
stomaco di proteggersi dalla digestione. Può essere a sua volta divisa in tre strati: la mucosa
(l'epitelio che riveste la parete interna dello stomaco), la muscolaris mucusae (uno strato poco denso
di fibre muscolari lisce) e la sottomucosa (un tessuto connettivo intrecciato con il sistema nervoso
enterico).
Seguono, verso l'esterno, uno strato di muscoli che contraendosi permette il rimescolamento del
cibo (la tonaca muscolare, a sua volta suddivisibile in tre strati: longitudinale, circolare e obliquo) e
lo strato più esterno di rivestimento (la tonaca sierosa), che avvolge completamente l'organo.
Le caratteristiche di questi strati varia a seconda della zona dello stomaco presa in considerazione.
L'organo può essere infatti diviso in più parti: il fondo (la parte superiore), il corpo (la parte centrale
che funge da serbatoio per il cibo deglutito), l'antro cardiale e l'antro pilorico (che corrispondono,
rispettivamente, alla zona vicina alla valvola cardiale e a quella vicina allo sfintere piloro). Il canale
attraverso cui l'esofago si congiunge allo stomaco è detto cardias, mentre l'orifizio che mette in
comunicazione stomaco e duodeno è detto piloro. La zona superiore prende il nome di piccola
curvatura dello stomaco, mentre quella inferiore è detta grande curvatura dello stomaco.
Nella tonaca mucosa del fondo e del corpo sono presenti le ghiandole che producono i succhi
gastrici, mentre le ghiandole prepiloriche producono la maggior parte del muco che protegge la
parete gastrica dalla digestione. Lo strato circolare della tonaca muscolare è in continuità con quello
dell'esofago, ma è assente nel fondo. Il suo spessore aumenta invece nell'antro pilorico. Lo strato
obliquo, è chiaramente presente nel fondo e nella piccola curvatura, ma sparisce proseguendo verso
l'antro pilorico.
L’intestino è la parte dell’apparato digerente compresa tra lo stomaco e l’orifizio anale che, con i
suoi 32 metri quadrati di superficie, rappresenta l’organo interno più esteso del corpo umano.
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L’intestino ha molteplici funzioni indispensabili per il nostro organismo, come la funzione di
assorbimento dei nutrienti, la funzione protettiva da agenti patogeni e la funzione difensiva tramite
la sintesi di cellule immunitarie. Anatomicamente l’intestino si suddivide in due parti principali:
l’intestino tenue e l’intestino crasso.
Dopo aver lasciato lo stomaco, cibo e acqua arrivano nell'intestino tenue, dove iniziano il loro
viaggio verso la digestione. L'intestino crasso è invece la parte finale del processo digestivo, ed è
composto da colon e retto. L’intestino tenue è la parte più lunga dell'intestino, con i suoi 4-5 metri
di lunghezza. La maggior parte del processo digestivo si svolge in questa parte dell'intestino.
Il fegato è una ghiandola di grandi dimensioni connessa all'apparato digerente e composta da
quattro lobi. Si trova a destra nella parte più alta della cavità addominale ed è posizionato sotto il
diaframma e vicino al colon trasverso e allo stomaco. E’ un organo vitale per le funzioni
metaboliche e il sistema immunitario del corpo. Senza un fegato funzionante, una persona non può
sopravvivere.
Il fegato regola i livelli della maggior parte delle sostanze chimiche nel sangue, ed espelle un
prodotto chiamato bile, che aiuta a trasportare i prodotti di scarto via dal fegato.
Tutto il sangue che lascia lo stomaco e l’intestino passa attraverso il fegato, che lo elabora e lo
scompone; inoltre, ha il compito di equilibrare e creare i nutrienti e metabolizzare i farmaci in
forme che sono più facili da usare per il resto del corpo o che non sono tossiche.
Si tratta di un organo essenziale, di fondamentale importanza, al quale sono associate più di 500
funzioni vitali, tra cui le principali sono le seguenti:
- produzione di bile, che aiuta a portare via i rifiuti e ad abbattere i grassi nell’intestino tenue
durante la digestione;
- produzione di alcune proteine per il plasma sanguigno;
- produzione di colesterolo e proteine speciali per aiutare a trasportare i grassi attraverso il
corpo. I grassi vengono trasformati in trigliceridi e immagazzinati nelle cellule epatiche;
- conversione del glucosio in eccesso in glicogeno per la conservazione – al quale attingiamo
poi per convertirlo in glucosio e produrre energia – e per bilanciare e produrre glucosio
secondo necessità;
- regolazione dei livelli ematici di aminoacidi, che costituiscono i mattoncini che formano le
proteine;
- elaborazione dell’emoglobina per l’utilizzo del suo contenuto di ferro. Infatti, il fegato
immagazzina ferro;
- conversione dell’ammoniaca velenosa in urea, un prodotto di scarto che viene espulso nelle
urine;
- rimozione dal sangue di residui di droghe e altre sostanze tossiche;
- regolazione della coagulazione del sangue;
- resistenza alle infezioni, rimuovendo i batteri dal flusso sanguigno;
- rilascio della bilirubina, anche dai globuli rossi. Se c’è un accumulo di bilirubina, la pelle e
gli occhi ingialliscono.
La milza è un organo linfoide, contiene sia linfociti B che T. Ha la capacità di neutralizzare
eventuali patogeni che si trovano all’interno del sangue. Si tratta di un organo che è continuamente
soggetto a variazione morfologica in funzione dell’età. L’organo splenico si trova in corrispondenza
della zona di confine tra fondo e corpo dello stomaco. Sulla faccia dorsale dello stomaco troviamo
la prosecuzione del foglietto viscerale del peritoneo che avvolge lo stomaco e forma il legamento
gastrolineale.
La milza si posiziona sotto le coste, in ipocondrio sinistro. Il suo margine inferiore si trova
posizionato in corrispondenza della 11 costa e il margine superiore in corrispondenza della 8-9
costa, lungo il margine laterale dello stomaco.
Le funzioni della milza sono molteplici e molto importanti:
Produzione linfociti e monociti;
Deposito di globuli rossi e distruzione quelli vecchi e danneggiati;
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Conserva il ferro derivato dalla distruzione dell’emoglobina;
Elimina dal sangue il materiale corpuscolato;
Produzione di anticorpi specifici per antigeni veicolati dal sangue;
Deposito dei lipidi ematici nelle cellule reticolari.
9 – YESOD – L’Apparato Uro-genitivo
L’apparato urinario (o escretore) è l’insieme degli organi e delle strutture il cui compito è
quello di filtrare il sangue ed eliminare all’esterno i cataboliti (i prodotti di rifiuto del
metabolismo) che vi si accumulano attraverso l’urina.
Esso svolge diverse funzioni fondamentali:
- eliminare le sostanze di scarto del metabolismo cellulare (urea, acido urico, creatinina)
- mantenere l’equilibrio idrico-salino del sangue e di tutto il corpo
- regolare la pressione sanguigna (attraverso il volume del sang ue)
- regolare iI pH del sangue e dei liquidi corporei
E’ costituito dai due reni e dalle vie urinarie. che comprendono le due pelvi renali, i due ureteri,
la vescica e l'uretra. Il larga parte è uguale sia nel corpo maschile che in quello femminile.
I RENI
I reni provvedono principalmente alla produzione dell'urina. Nel corpo umano i reni sono
due e sono posizionati ai lati della colonna vertebrale, tra l'undicesima vertebra toracica e la
seconda-terza lombare . Il rene destro si trova sotto il fegato, il sinistro dietro la milza.
Normalmente il rene destro è situato in posizione più bassa rispetto al sinistro. Ogni rene,
lungo circa 10-12 cm, ha una forma caratteristica a fagiolo ed è collocato in modo da
rivolgere la parte concava verso la colonna vertebrale. Nella parte centrale della concavità si
trova l’ilo, la zona in cui entrano ed escono dal rene i vasi sanguigni (le arterie e le vene renali).
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Negli animali superiori l’apparato riproduttore è costituito dall'insieme degli organi e
delle strutture che permettono la riproduzione sessuata, che consiste nella formazione
di un nuovo individuo dall’unione di due cellule sessuali (dette gameti), provenienti da
ciascuno d ei due genitori.
La sessualità è da considerarsi un vantaggio evolutivo, conquistato dagli organismi agli
albori della vita sulla terra. Questo vantaggio è stato mantenuto da quasi tutti gli esseri
viventi, poiché garantisce agli organismi la possibilità di generare a scendenti diversi dai
genitori e diversi tra loro, aumentando la variabilità del patrimonio genetico delle specie
e delle popolazioni.
Questa variabilità è consentita dal processo di crossing over che si verifica durante la
meiosi e che permette la ricombinazione del patrimonio genetico dei genitori.
Con l’aumento della variabilità aumentano anche le possibilità di una popolazione di
organismi a t t a a superare la selezione naturale e di evolvere adattandosi in risposta ai
cambiamenti dell’ambiente, cosi come spiegato dalle teorie evoluzionistiche darwiniste.
Gli organi genitali che permettono la riproduzione sono diversi nei due sessi, p e r c u i
distinguiamo un apparato riproduttore maschile e un apparato riproduttore femminile.
Le cellule sessuali (dette gameti) prodotte dai due sessi, si incontrano in seguito all’atto sessuale
all'interno del corpo femminile e danno origine ad un a nuova cellula, lo zigote, da cui deriverà un
nuovo individuo. Anche la specie umana presenta una riproduzione sessuata — richiede l’intervento
delle cellule sessuali maschili e femminili — e, come tutti i mammiferi, con fecondazione interna,
perchè le cellule sessuali si incontrano e si uniscono all’interno del corpo femminile, dove avviene
anche lo sviluppo dell’embrione che viene nutrito dal corpo della madre, attraverso la placenta.
10 – MALCHUTH – Il corpo umano
Il lettore poco attento, che abbia avuto la pazienza di arrivare a questo punto, si sarà posto nei
confronti di quanto è stato scritto sopra come uno spettatore. Si tratta di un errore comune alla gran
parte delle persone che, mentre cerca di scoprire ciò che c’è negli altri, ignora quello che accade
dentro di loro.
Malchuth è un “sacco”, un “contenitore, un recipiente, nel quale ciò che abbiamo spiegato prima è
contenuto. Tutti gli organi che abbiamo descritto sono interni al corpo di qualsiasi essere umano,
sono la sua “interiorità”, sono l’uomo (o la donna) nella sua totalità. Come nel Macrocosmo il
Creatore si pone “Uno” e la sua creazione “molteplicità” (la realtà che riempie la nostra coscienza),
così l’essere umano è Uno in Malchuth e molteplice negli organi che la compongono. Macrocosmo
e Microcosmo, Come in Cielo così in Terra, ecc.
Malchuth è il piano delle precipitazioni, dell’oggettività, dell’apparenza: è un semplice effetto. E’
totalmente passiva e non svolge alcuna funzione. E’ il polo opposto ad Ain Soph, il principio
prettamente metafisico, inqualificato, non-manifesto. In basso la più densa oggettività e materialità,
in alto la più rarefatta soggettività ed essenza: l’Alfa e l’Omega.
In sintesi, Malchuth è la forma, l’aspetto esteriore di ogni cosa, quello impermanente che dalla
Natura emerge ed alla Natura ritorna.
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CAPITOLO 2
L’ISTRUZIONE
Quando in Italia viene al mondo un essere umano, la preoccupazione dei genitori converge su
due cose: insegnare a camminare, leggere e scrivere subito dopo. La seconda diventa più attiva
nell’asilo infantile, per cui verso il quinto anno, se non ci sono intoppi, il bambino è capace di
soddisfare entrambe le speranze dei genitori. Seguirà la scuola primaria che porterà il bambino
verso l’adolescenza e poi la scuola media che concluderà il ciclo dell’istruzione obbligatoria. Se
il ragazzo prosegue gli studi, rimangono ancora nove anni da sgobbare fra media superiore e
università (se la facoltà è di breve durata. Almeno vent’anni per entrare nella vita produttiva.
Poi bisogna conseguire la patente: alcuni mesi di teoria e pratica prima di poter diventare un
pericolo pubblico. Ma ci sono anche i Master per migliorare la professionalità, l’attività sportiva
con il duro addestramento fisico, e molte altre occasioni dove si rende necessario un impegno di
medio o lungo termine.
Quando poi qualcuno decide di entrare in una qualche società esoterica, le aspettative cambiano.
I requisiti necessari per l’accesso alla frequenza vengono considerati inutili, poiché basta
l’iscrizione e la maggiore età per acquisire il diritto alle lezioni; ancor meno vengono accettati
eventuali cambiamenti nella condotta di vita, considerati a loro volta una ingerenza non dovuta.
Si vuole diventare Maghi, tutto e subito, poiché lo scopo di entrare nella qualsivoglia società
esoterica è solo quello di imparare qualcosa di insolito per esibirsi davanti agli amici e
conseguire consensi. In altre parole, il desiderio è quello di pavoneggiarsi, senza tener conto che
anche gli illusionisti debbono spendere anni per riuscire a mettere in atto i loro trucchi.
Si comincia così, quasi tutti, e dopo poco tempo, delusi dalle conferenze, dagli studi teorici, dalle
varianti comportamentali, ritornano alla bella vita e magari dileggiano il consesso di cui erano
entrati a far parte. Sono in pochi a rimanere: quelli che avevano deciso di cambiar vita.
Tutto questo accade nel mondo occidentale quando cerca di scimmiottare quello orientale ed ha,
compre sempre, le sue radici nell’ignoranza, Basterebbe leggere un po’ di storia per sapere cosa
accadeva in passato nei cosiddetti Misteri, sia Greci che Romani, nell’Egitto dei Faraoni,
nell’India dei Brahmini, nelle scuole di Pitagora e Zoroastro, e così via. L’adesione a queste vere
e proprie confraternite era molto difficile, la frequenza era caratterizzata da prove teoriche e
pratiche fino al rischio della vita, l’iniziazione consegnava il nuovo Maestro al silenzio.
L’età contemporanea ha aperto le porte alla saggezza orientale che si è affrettata a trasferire in
Occidente i suoi migliori mercanti i quali hanno monetizzato le grandi discipline trasformandole
in scuole a pagamento, congressi faraonici, con procedure non sempre coerenti con la legalità. La
Teosofia occidentale, la Cabala Occidentale, il Buddhismo occidentale, sono molto lontani dalle
linee guida dei testi sacri, diventando quasi uno sport mentale, una distrazione dai sensi comuni.
La vera istruzione per l’accesso alle discipline serie si è ritirata nel silenzio, opera lontano dalla
pubblicità, non cerca i larghi consensi di massa, di natura prettamente occidentale., garantisce la
tradizione, crea i Maestri che insegnano in incognito, lontano dalle televisioni. E’ difficile
trovarli, ma è per loro facile individuare i discepoli che danno affidamento. Bisogna sempre
ricordarsi che una delle leggi principali dell’esoterismo è: “Quando il discepolo è pronto il
Maestro arriva”.
Ma chi prepara il discepolo? Quasi sempre si prepara da solo raggiungendo il livello necessario
di purificazione che lo rende degno di avere un Maestro. Se una persona ha raggiunto il livello
massimo di disgusto per questo letamaio che è diventato il mondo moderno, provvede da solo a
trovare quanto gli serve per dare alla sua vita una netta svolta, cercare il suo sentiero, e muoversi
con decisione. Per far questo deve conoscere il suo corpo ed agire opportunamente sugli organi
interessati. Dopo la conoscenza fisica segue, quasi automaticamente, quella psichica che è
l’anticamera della vita spirituale E’ a quest’ultimo passo che interviene il Maestro, poiché la
persona umana non può raggiungere da sola determinati livelli di conoscenza.
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Le mie parole, come sempre, non potano la forma di personaggi illustri, e valgono quanto le
foglie in autunno. Tuttavia voglio dare qualcosa su cui riflettere.
Qui, di seguito, troverete i requisiti per essere ammessi alla scuola esoterica napoletana di
Kremmerz, nonché tutto ciò che segue durante il noviziato, Vi interesserà più delle mie parole.
PREPARAZIONE ALLA SCUOLA ERMETICA
1) Lettura dei testi base.
G. KREMMERZ: La Scienza dei Magi. Ed. Mediterranee (Roma) – 4 volumi
La lettura va fatta seguendo l’ordine progressivo indicato all’inizio del 3° volume.
--------2) Purificazione di base per un inizio di rigenerazione psicofisica.
a) Purificazione fisica
Il corpo dev’essere considerato uno strumento perfetto dello spirito, e l’armonia del corpo uno degli
specchi del grado della sua evoluzione..
- Nutrimento : si dovrà imparare il corretto nutrimento. Per conoscere se stessi si dovrà non essere
unilaterali nella scelta delle vivande, ma nutrirsi di tutta la gamma dei cibi senza tener conto delle
preferenze o abitudini personali. Non ricorrere mai alle diete estreme senza l’ausilio di un medico.
- Il nutrimento equilibrato va accompagnato da una ginnastica generale.
- Abluzioni: L’acqua che scorre (doccia) non deterge soltanto la pelle, ma dilava tutte le
emanazioni interne negative, comprese quelle arrivate dall’esterno, accumulatesi durante la
giornata. La doccia è perciò indispensabile giornalmente,
b) Purificazione animica –
Attraverso una indagine individuale, APPROFONDITA E SPIETATA con se stessi, si dovrà
ricercare il proprio ESSERE STORICO, ci si dovrà cioè liberare da ogni sovrastruttura sia di
sentimentalismi che di vanità o di altre scorie animiche.
c) Purificazione mentaleSi inizieranno i primi esercizi di presa di coscienza dei propri atti. La palestra sarà, nel corso della
giornata, l’ambiente in cui si vive: si imparerà a registrare le sensazioni del prossimo e le proprie
andando al di là delle parole, e si potrà constatare l’effetto delle proprie azioni e dei propri pensieri.
E’ utile tenere un accurato diario, che sarà conservato in luogo inaccessibile ad altri, e che servirà a
chiarificazione di se stessi, dando la misura delle proprie incertezze, dei propri errori, del proprio
progresso.
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PRECETTI DI GINNASTICA MENTALE
Sii temperante di pensiero - sobrio nelle azioni – considera il tuo simile come carne della tua
propria carne – domina i tuoi sensi e non fare che prendano il sopravvento alla tua ragione – usa
delle cose in ragione della tua potenza di usarne – non arrivare alla sazietà di nessuna cosa che
desideri – non preferire di parere e non essere : sii per te – non ambire ciò che è degli altri, per
vanità o utilità tua. Ambisci e pretendi se hai la coscienza che farai meglio e sarai utile agli altri –
non considerare il lavoro come una pena, ma come il tuo contributo alla vita dei tuoi simili in
società – modifica il tuo ambiente con la pazienza, con l’esempio e la tenacia per trasformarlo in
ambiente di pace – staccatene da esso mentalmente come da cosa che non deve né può offenderti –
tollera gli inferiori e i molesti costringendoli a non alterare la tua quiete – metti nelle condizioni di
non sentire i cani che abbai8ano – la mente domini in maniera assoluta l’animale, e ne disponga a
suo piacimento, il che differisce dal liberarsi della tirannia del corpo, come nelle forme religiose. –
Non pensare mai a quello che è passato e non torna più – non desiderare quello che non puoi avere
– non credere alle cose impossibili. –
Per imparare l’arte ermetica dopo la filosofia ermetica, bisogna possedere tre cose:
1) La volontà senza desiderio
2) La forza di fare senza fermarsi
3) La pratica di non sbagliare.
----------PREPARAZIONE
La preparazione all’ermetismo richiede:
-
un coraggio senza limite, ragione fredda ed incapace di accendersi al primo bagliore
d’illusione;
il possesso alto dei sentimenti di rettitudine e di morale, sì da aver paura in nome di essi, di
abusare di ciò che si tenta di rapire all’ignoto.
Desiderare che la luce arrivi per consolare coloro a cui le imperfezioni terrestri impediscono di
vedere, - comprendere e far comprendere che l’uomo ha in sé tutto il necessario per sviluppare le
qualità sovrumane del suo spirito – persuadersi che le coscienze rette, desiderose del bene.
Ragionevoli ed integre, senza ipocrisie e senza paura, invitano il genio più affine alla natura
dell’individuo a manifestarsi – che la corrente delle opinioni e delle frasi fatte devia e contorce e
traduce male il linguaggio che il genio parla alla nostra coscienza e che chiudiamo le orecchie alle
verità per ascoltare la menzogna.
La preparazione allo studio ermetico deve consistere nel rieducare se stesso, spogliandosi di tutto
l’intonaco e della falsità che l’educazione ordinaria ci ha dato; a vivere, non a mostrare
semplicemente le verità che sono il decoro della società civile. Sentire e praticare il bene, più che
mostrarlo senza sentirlo – Sentire e praticare la carità, più che fingerla – Mettersi in armonia con se
stessi cioè avere la coscienza di ciò che siamo e non ubriacarsi con l’acqua di fonte – Essere
temperante nei desideri, nella pratica della vita, nella soddisfazione dei bisogni del corpo.
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NON ESAGERARE MAI : nel bene anche le esagerazioni sono anacronismi – ESSERE E NON
PARERE – Possedere il senso ed il sentimento della giustizia senza restrizioni, e praticarla – Non
nuocere mai –
Liberarsi dalle passioni, cioè bene usare di ogni cosa, nei limiti del giusto, senza rendersi schiavi
delle necessità create da noi stessi – Il NON MENTIRE MAI A SE STESSI è un aforismo che
bisogna vivere; mostrarsi ciò che si , dopo avere la coscienza di essere.Mangia tutto e sii parco – Bevi con grande moderazione di tutto, per soddisfare i tuoi bisogni –
Dormi come puoi e sii solerte – Astienti ed usa a volontà, per essere signore dei tuoi atti.
Se soffri, dirai che la causa è in te, e la ricercherai fino a trovarla.
Correggiti, raddrizzati, cancella in te le macchie di brutture.
Avere assoluta padronanza sui sensi: usarne ed astenersi, secondo la coscienza più equilibrata.La preparazione all’ermetismo classico è una feconda rigenerazione di se stesso –
L’autocreazione di una mente equilibrata e di una volontà che comanda i sensi senza restrizione, è
la più difficile delle prove e delle preparazioni.Se vuoi sapere la VERITA’, se la vuoi conquistare e possedere, comincia col non credere che in te
stesso – Ma prima di ogni cosa, rigenerati moralmente, ritorna vergine alla sincerità con te stesso e
con gli altri, come se il serpente della malizia consuetudinaria non t’avesse mai morso – Se serbi la
necessità del mentire ciò che senti e credi giusto, sei un delinquente.
----------Nel pieno equilibrio FISICO-MENTALE, in un regime di vita sobria, senza sforzi, OSSERVANDO
IN SILENZIO, realizzando la verità della parola, si propizia lo sviluppo dell’intelligenza ermetica.La nostra PURITA’, integralmente intesa, è la NEUTRALITA’ cosciente ed inalterabile della
coscienza.
Dall’ambiente, stàccati mentalmente, come da cosa che non può offenderti. Dì: gli ingiusti non
arriveranno ad intaccare il mio equilibrio.
L’uomo perfetto non è né tutto corpo né tutto spirito, ma l’integrazione dei poteri dello spirito nel
corpo che lo alimenta e serve alle sue manifestazioni, in un equilibrio costante che impedisce
l’eccesso sia dell’uno che dell’altro dei fattori.
Il laboratorio sei tu stesso, ed occorre che tu vi veda chiaro come alla luce del sole – Rifletti sulle
tue azioni e medita su di esse – Le caratteristiche, le impulsive, quelle che conservano il loro stile
costante, disveleranno a te il tuo essere antico, la tua storia obliata, ciò che sei stato. –
Prendi l’abitudine di esaminare con frequenza la tua coscienza.
ESSER SINCERI CON SE STESSI E’ NECESSARIO, ED E’ LA COSA PIU’ DIFFICILE.
-----------PRECETTI
La via per non correre pericolo alcuno o per conquistare con certezza la verità riposta, può essere
riepilogata in pochi precetti:
1) Credere nel Dio unico, armonia dell’universo visibile e invisibile, Dio che è legge
immutabile, che è verità e luce, che è giustizia e bene, che è perfezione e misericordia –
2) Studiare di elevare a simbolo di giustizia divina il proprio essere; desiderare la propria
perfezione al di sopra di tutti i dolori, di tutte le pene, di tutti i godimenti e le voluttà –
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3) Cancellare dal proprio animo ogni traccia di odio per il proprio nemico, con quell’ardore
immenso col quale la madre ama il figliuolo, al di sopra di tutte le colpe e di tutte le sue
imperfezioni –
4) Essere umile innanzi all’immenso ideale di bene che deve abbracciare in un amplesso solo
tutta la famiglia umana, e non insuperbirsi della propria perfezione e grazia –
5) Lavorare per il bene, dispregiare il male sotto ogni forma, dominare i propri istinti bestiali e
le catene che ci vincolano ai vizi, innanzi a cui la società volgare si inchina; amare gli umili,
gli imperfetti e circondarli della propria luce, affinchè trionfino imitandoci –
6) TACERE PER INTENDERE E, DOPO AVER COMPRESO, TACERE –
7) NON TRADIRE MAI IL PROPRIO FRATELLO, NON INGANNARLO, NON
TRASPORTARLO PER INVIDIA SULLA VIA DELL’ERRORE –
8) NON AVER MAI PAURA QUANDO SI HA COSCIENZA DI FAR COSA BUONA
E GIUSTA –
9) Non desiderare quello che per giustizia non puoi avere –
10) Non concupire le voluttà, alle quali devi essere superiore.
Tutto questo vi potrà servire per il giorno, ma quand’è sera potrete avvalervi dei versi di
Pitagora.
I VERSI AUREI
I “versi aurei” costituiscono l’essenza dell’insegnamento Pitagorico; essi non sono direttamente
riferibili al filosofo, ma costituiscono una “summa” dei dogmi della “scuola italica”, messa per
iscritto dai Pitagorici che seguirono la via del maestro dopo la morte di quest’ultimo, per istruire
coloro che sarebbero venuti dopo di loro. Questi principi erano l’unico strumento che consentiva
agli adepti di seguire la via divina e di elevare lo spirito, essenza suprema di ciascun individuo,
fino al raggiungimento dell’ “estinzione delle sofferenze terrene” per mezzo dell’unione tra lo
spirito “individuale” dell’iniziato e Dio, concepito come unica fonte creatrice del tutto.
PREPARAZIONE
Venera anzitutto gli Dei immortali, di tutte le religioni, ma rispetta il giuramento della tua fede,
onora la memoria degli incliti eroi, e degli spiriti illuminati.
PURIFICAZIONE
Sii buon figlio, giusto fratello, tenero sposo e buon padre.
Scegli tuo amico chi, tra tutti, è ottimo per Virtù, istruisciti per suo mezzo,
cedendo ai suoi dolci consigli.
Non odiare il tuo amico per un leggero torto, sino a quando tu lo possa;
poiché una legge severa unisce la Potenza alla Necessità.
Sappi ciò, adunque, ed abituati a soggiogare le tue folli passioni.
Sii sobrio, attivo, combatti la libidine, ed evita la collera.
Non commettere atti turpi, né in pubblico né in segreto.
Abbi il massimo rispetto di te stesso.
Sii ossequente alla giustizia negli atti e nelle tue parole.
Non parlare e non agire senza matura riflessione.
Ricorda che un potere invincibile stabilisce di morire,
che le ricchezze e gli onori, facilmente acquisiti, facilmente si perdono.
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Ben gravi mali porta seco il Destino;
Giudicali per quello che sono; sopportali e taci,
rimediavi per quanto puoi, e rifletti
che Dio non manda i più forti dolori agli uomini di buona volontà.
Come la Verità, anche l’errore ha i suoi seguaci.
Il filosofo approva o biasima con tutta prudenza,
e se la menzogna trionfa, egli si allontana, e aspetta.
Quello che ti dirò, sia ben radicato nel tuo cuore: nessuno,
né colla parola né coll’opera ti persuada a fare,
né a dire ciò che per te non è veramente buono.
Prendi consiglio, ma delibera e scegli liberamente,
Lascia i folli agire senza scopo e senza causa.
Tu devi nel presente, contemplare l’avvenire.
Ciò che non conosci, non fare, ma impara
ciò che è necessario: tutto dipende dalla costanza e dal tempo.
Veglia sulla tua salute, conviene usare moderazione
nel bere, nel cibo e riposo allo spirito.
Abituati ad avere un vitto puro, senza raffinati
e astientiti dal far cose che attirino l’invidia:
in tutte le cose bisogna attenersi al giusto ed al buono.
Non spendere oltre la giusta misura quando non sai fare cose buone.
Non essere avaro: in ogni cosa è ottima la moderazione.
PERFEZIONE
Fa dunque quel che non ti nuocerà, riflettendo bene prima di agire.
Non accogliere negli occhi languidi il sonno prima di avere tre volte esaminato ciascuno degli atti
lungo il giorno compiuti: ove ho mancato? Che cosa ho fatto? Che cosa ho omesso di quel che avrei
dovuto fare? Cosa ho trasgredito ?
Cominciando dalla prima azione fino all’ ultima, passa in rassegna le tue azioni. Se hai compiuto
cose, spregevoli, rimproverati; se hai rettamente agito rallegrati. Queste cose sforzati di fare, a
queste cose applicati, con fervore.
Ed esse ti metteranno sulla via della virtù divina.
Io te lo giuro, per Colui che alla nostra anima concesse la Tetraktys e che alberga nei nostri cuori,
la Tetrade Sacra, simbolo immenso e puro, fonte perenne della Natura
Intraprendi un'azione solo dopo aver pregato gli Dei, di modo che tu la possa portare a buon
termine; se avrai agito in questo modo, conoscerai l'essenza degli Dei immortali e degli uomini
mortali e quale corso abbia ogni cosa e come essa permanga.
Guidato da Essi, nessun male ti coglierà.
Conoscerai anche come sia legge una Natura uguale a se stessa in tutte le cose.
Così non avrai vani desideri, e nulla ti resterà celato.
Degli esseri diversi, scrutando, sonderai l’essenza. Conoscerai il collegamento delle cose, come
ogni cosa trapassi e come sia governata.
Saprai che gli uomini soffrono mali da loro stessi scelti, infelici che, avendolo vicino, il bene non
vedono né intendono! Pochi conoscono il modo di liberarsi dai mali: a tal segno la Moira offusca la
mente dei mortali!
Come trottole qua e là sono sospinti tra urti senza fine.
Funesta loro compagna, una congenita, inconscia irosità li mena a rovina, irosità alla quale
conviene tu non dia esca, né che ad essa resista, ma che devi scansare.
Tu saprai, se lo vuole il Cielo, che la Natura, simile in tutte le cose, è la stessa in tutti i luoghi: in
modo che, edotta dei tuoi veri diretti, il tuo cuore non serberà traccia di vani desideri.
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Tu imparerai che i mali che affliggono gli uomini, sono il frutto della loro condotta e che questi
infelici cercano, lontano da essi, quei beni ei quali portano la sorgente.
Pochi sanno essere felici; soggiogati dalle passioni, volta a volta sballottati da onde contrastantesi,
sopra un mare senza alcuna terra in vista, brancolano ciechi: senza poter resistere, né cedere alla
tempesta.
Dio! Voi li salveresti togliendo l’illusione dai loro occhi ...
Ma no: è compito dell’uomo, creatura di Dio, discernere l’Errore e guardare la Verità.
La Natura, mediante i suoi veli, ti spiega. Tu che li hai sollevati, uomo savio, uomo felice, emetti
un sospiro di soddisfazione: tu sei in porto!
Zeus padre, da tanti mali libereresti certamente gli uomini se rivelassi loro quale sia il loro vero
demone!
Ma tu confida, perché divina è la razza di quei mortali cui la sacra natura manifestandosi parla.
Se in te v’è alcunché di quella razza, riuscirai in ciò a cui ti esorto, riceverai la guarigione,
e avendo risanata la tua anima da quei mali la libererai.
Astieniti però dai cibi di cui ti abbiamo parlato nelle purificazioni e nella liberazione dell'anima,
considera ogni cosa con giustizia elevando al sommo la ragione, guida sublime.
Osserva le mie istruzioni, rifletti su ciascuna cosa
dopo aver posto in alto un’ottima ragione direttrice,
affinchè, elevandoti poi nell’Etere radioso,
TU DIVENGA IMMORTALE,
SPIRITO ETERNO,
NON PIU’ SOGGETTO A MORTE
Se poi c’è qualche lettore che si sente “UOMO” sotto tutti i sensi del termine, allora lo invito a
leggere la lettera che Rydyard Kipling scrisse al figlio:
Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te
la perdono, e te ne fanno colpa.
Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano,
tenendo però considerazione anche del loro dubbio.
Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,
O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,
O essendo odiato, non dare spazio all’odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio;
Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,
Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina
E trattare allo stesso modo questi due impostori.
Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi,
O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi.
Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
senza mai far parola della tua perdita.
Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi
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nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tenere duro quando in te non c’è più nulla
Se non la Volontà che dice loro: “Tenete duro!”
Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù,
O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,
Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.
Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!
Ove il nostro lettore non riscontri in sé quanto elencato dal grande scrittore inglese, allora non è
propriamente un “uomo”, ma semplicemente un “maschio”.
Per completare il quadro dei contenuti della Scuola Esoterica, detta anche Scuola Ermetica,
aggiungiamo alcuni aspetti peculiari.
ESERCIZI SPIRITUALI
Una scuola esoterica ha sempre due sezioni: una teorica l’altra pratica. Se manca una delle due, la
scuola, semplicemente, non esiste.
Sotto l’aspetto comportamentale, oltre a quello che si fa a scuola, è molto importante quello che si
fa nella vita di ogni giorno, ovvero il modo in cui le teorie e le tecniche apprese a scuola vengono
impiegate nelle relazioni mondane.
A mò di esempio, presentiamo cinque esercizi atti a trasformare il consueto rapporto con il mondo.
1) Concentrazione
Questo esercizio serve per imparare a convogliare la volontà su un punto ben preciso, come può
essere un qualsiasi oggetto semplice, immaginando e richiamando altri pensieri che hanno attinenza
con l’oggetto. E’ necessario seguire in modo cosciente il corso dei pensieri. Si comincia con cinque
minuti, poi si aumenta fino ad un termine fissato dalla suola L’esercizio dev’essere eseguito senza
alcuno sforzo.
2) Azione Pura
L’esercizio permette di allenarsi nell’agire per agire, e consiste nell’imporre a se stessi un compito
quotidiano, assolutamente inutile, senza scopo, determinato il giorno prima. Esso tende ad
indebolire l’impulso dell’Ego a compiere una azione dal quale non può trarre alcun beneficio.
3) Equanimità
Cercare di sospendere le reazioni istintive dovute alle emozioni. In altre parole, si tratta di lasciare
esprimere l’emozione, assumerne volontariamente la forza emotiva, rimanendo impassibili.
4) Positività
Proporsi vari oggetti e vedere in ognuno di essi il bello ed il buono, prescindendo dagli aspettyi
negativi.
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5) Spregiudicatezza
Esprimere un giudizio senza tenere in alcuna considerazione il passato. Aprirsi, senza pregiudizi, a
nuove esperienze. Disincantarsi dalle cristallizioni presenti nella memoria sotto forma di pregiudizi.
Questo esercizi vanno eseguiti con una certa frequenza per esaminare i miglioramenti ottenuti nel m
processo di CONOSCERE SE STESSI.
BARRIERE
Il primo movimento dell’Uomo che cerca la Via dev’essere quello di spezzare l’immagine abituale
che ha di se stesso.
Solo allora potrà cominciare a dire IO, la parola magica che esprime l’immaginazione interiore di
un sentirsi senza limiti di spazio, di età, di potenza.
Gli uomini debbono raggiungere il senso della realtà di se stessi. Generalmente, fino ad oggi, non
hanno fatto altro che limitarsi e stroncarsi, sentendosi diversi e più piccoli di quel che sono; ogni
loro pensiero, ogni loro atto, è una sbarra in più nella loro prigione, un velo di più alla loro visione,
una negazione della loro potenza.
Si chiudono nei limiti del loro corpo, ai attaccano alla terra che li porta, come se un’aquila si
immaginasse serpente e strisciasse al suolo, ignorando le sue ali.
E non solo l’uomo ignora, deforma, rinnega se stesso, ma ripete il mito di Medusa e impietra tutto
quello che lo circonda; osserva e calcola la natura inj peso e misura; limita la vita attorno a lui in
piccole leggi, supera i misteri con le piccole ipotesi; fissa l’universo come umanità statica, e si pone
alla periferia del mondo timidamente, umilmente, come una secrezione accidentale, senza potenza e
senza speranza.
DECALOGO DELL’ASPIRANTE
1) Fatti impassibile di fronte al bene ed al male, giusto, assoluto, nudo.
2) Impara a volere senza desiderare, senza paura, senza sentimento.
3) Crea una potenza di fare senza stancarsi, continua, fredda, dura e, nel contempo labile, plastica.
Volere bene e volerlo a lungo, volere senza fermarsi. Il segreto della forza è MAI DESIDERARE.
4) Potati dalle liane della voluttà, dell’ebbrezza e della passione: riduciti ad una SEMPLICITA’ CHE
VUOLE.
5) Infrangi ogni necessità. Usa di tutto ed astieniti da tutto a volontà. Fatti padrone assoluto della tua
anima.
6) Crea una resistenza. Il mobile obbedisce all’immobile e le potenze di natura soggiacciono a chi sa
loro resistere.
7) Giunto a nulla desiderare e a nulla temere, ben poche cose vi sono di cui non diventi signore; ma di
nessuna cosa godi, se prima non l’hai vinta in te.
8) La Forza non si doma – Prendila – OSA.
9) Libero ed equilibrato, forte, calmo, puro. Avendo ucciso il desiderio dì: VOGLIO.
10) Questo è il primo insegnamento. La soglia ti sia schiusa: LA FORZA E’ IN TE
INSEGNAMENTO ERMETICO
C’è un punto nel quale il discepolo da solo non è più in grado di andare avanti: per poter acquisire i
poteri divini che sono nascosti nel suo organismo ha bisogno di un metodo, un tocco magico, una
spinta per fare il grande balzo: l’Iniziazione.
I discepoli della nostra scuola sono abituati a proporsi i problemi ed a risolverli da sé, perché
l’Ermetismo non si insegna come una qualunque disciplina, né con i libri.
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Nel silenzio interiore dello studioso germoglia la ricca speculazione della filosofia sottilissima che,
cum grano salis, crea ed inizia il novizio alla magia e determina in questi il quadro prospettico di
una nuova visione dell’universo.
Il Maestro di Ermetismo espone gli elementi delle teorie e della pratica. Il discepolo vi lavora e li
studia, nel suo più profondo laboratorio interiore, per poi risalire alla realtà della pratica attraverso
la realizzazione ermetica.
Tocca al Maestro il compito dell’Iniziazione.
Chi vuole entrare nel mondo di cui gli altri “non trovano la porta”, non deve credere alle illusioni ed
ai pregiudizi della coscienza volgare; deve superare i quadri profani, seducenti per varietà di tinte,
spogliarsi uno dietro l’altro degli abiti scintillanti di illusioni abitudinarie, per poter VEDERE con
gli occhi dove gli altri, anche se dotati dei migliori telescopi, vedono solo nere tenebre.
L’Aspirante Ermetista deve:
1) Coltivare la propria mente perché in alto giunga prima a percepire, poi a conoscere le leggi
della Natura spirituale e fisica che sono in noi.
2) Perfezionare se stesso, onde la natura del bruto, che è in noi mentre siamo vivi sulla terra,
sia vinta dalla supremazia spirituale.
3) Entrare in rapporto con gli Esseri invisibili che stanno intorno a noi, dominare quelli cattivi
ed inferiori, imparare dai più perfetti, per avvicinarsi alla verità suprema.
4) Penetrare le leggi che regolano ogni realizzazione terrena, giovarsene e correre con esse
quanto più può, per venire in aiuto dei suoi simili.
5) Preparare il progresso spirituale dell’umanità, con tutte le sue forze, perché a misura che la
spiritualità degli uomini progredisce, la civiltà cammina: essa è la realizzazione della
spiritualità delle masse.
6) Saldare i vincoli di fraternità fra gli uomini e risolvere con il problema delle anime il
problema sociale dei popoli.
Questo è il programma del SACERDOZIO della SCIENZA ERMETICA, la
VIA DELLA PERFEZIONE, il SENTIERO.
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I QUATTRO NEMICI
Durante le nostre conversazioni, don Juan osava o citava coerentemente l’espressione “uomo di
conoscenza”, ma non spiegò mai che cosa intendesse con questa.
Glielo domandai; questa la sua risposta:
“Un uomo di conoscenza è un uomo che ha seguito fedelmente i sacrifici dell’imparare; un uomo
che, senza affrettarsi e senza esitare, è arrivato fin dove ha potuto nello svelare i segreti del potere e
della conoscenza”.
CC – Chiunque potrebbe diventare un uomo di conoscenza?
dJ - No, non chiunque.
CC – Allora che cosa deve fare un uomo per diventare un uomo di conoscenza?
dJ – Deve sfidare e sconfiggere i suoi quattro nemici naturali.
CC – Dopo aver sconfitto questi quattro nemici, sarà diventato un uomo di conoscenza?
dJ – Si. Un uomo può dirsi di conoscenza solo se è stato capace di sconfiggere tutti e quattro.
CC – Allora chiunque sconfigge questi nemici può essere un uomo di conoscenza?
dJ – Chiunque li sconfigge diventa un uomo di conoscenza.
CC – Ma ci sono particolari requisiti che un uomo deve soddisfare prima di combattere questi
nemici?
dJ – No. Chiunque può tentare di diventare un uomo di conoscenza: in realtà pochissimi ci riescono
I nemici. che si incontrano sulla strada dell’imparare a diventare un uomo di conoscenza sono
davvero formidabili; la maggior parte degli uomini vi soccombe.
Rifiutò di parlare di questi nemici; disse che doveva passare molto tempo prima che l’argomento
avesse per me un qualche significato. Tentai di tenere viva la questione e gli domandai se pensava
che io potessi diventare un uomo di conoscenza. Disse che nessun uomo forse poteva dirlo con
certezza. Ma io insistei per sapere se esisteva qualche indizio che egli potesse usare per
determinare se o no una possibilità di diventare un uomo di conoscenza. Rispose che sarebbe dipeso
dalla mia battaglia contro i quattro nemici. Se fossi riuscito a sconfiggerli o fossi sconfitto da essi.
Ma era impossibile predire il risultato di tale battaglia. Gli chiesi se poteva usare la stregoneria, o
una profezia, al fine di prevedere il risultato della battaglia. Affermò recisamente che i risultati
della lotta non potevano essere previsti con nessun mezzo perché diventare un uomo di conoscenza
era una cosa temporanea. Quando gli chiesi di spiegare questo punto, rispose:
“Essere un uomo di conoscenza non ha carattere duraturo. Non si è mai realmente un uomo di
conoscenza. Piuttosto si diventa uomo di conoscenza per un brevissimo istante, dopo aver sconfitto
i quattro nemici naturali”.
Alla mia “che tipi di nemici sono” lui non rispose. Insistei ancora, ma lui lasciò cadere l’argomento
e cominciò a parlare di qualcos’altro. Mentre mi stavo preparando a partire, decisi di interrogarlo
ancora una volta in merito all’uomo di conoscenza. Immaginavo di non poter ritornare prima di un
certo tempo e sarebbe stata una buona idea trascrivere quello che dJ mi diceva, per poi ripensarci
mentre ero via. Esitò un poco, poi cominciò a parlare:
“Quando un uomo comincia ad imparare non sa mai con chiarezza quali sono i suoi obiettivi. Il suo
scopo è imperfetto; il suo intento è vago. Spera in una ricompensa che non si concretizzerà mai,
perché non sa nulla delle difficoltà dell’imparare. Comincia lentamente ad imparare, dapprima
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procede lentamente, poi a grandi passi, e presto i suoi pensieri entrano in conflitto. Quello che
impara non è mai quello che ha sperato ed immaginato, e così comincia ad avere paura. Imparare
non è mai quello ci si aspetta, ogni passo dell’imparare è un compito nuovo e la paura che l’uomo
prova comincia a salire implacabilmente. Inesauribilmente il suo scopo diventa un campo di
battaglia. E così si è imbattuto nel primo dei suoi nemici naturali: la PAURA.
Nemico terribile, traditore, difficile da superare. Si tiene nascosto a ogni svolta di strada, in agguato,
aspettando. E se l’uomo, atterrito dalla sua presenza, fugge, il nemico avrà messo fine alla sua
ricerca”.
CC – Che cosa accadrà all’uomo che fugge per il terrore?
dJ - Non gli accadrà nulla, tranne che non imparerà mai. Non diventerà mai un uomo di
conoscenza. Sarà forse un uomo borioso, o innocuo, o spaventato. In ogni caso si tratta di un uomo
sconfitto. Il suo primo nemico avrà messo fine ai suoi desideri.
CC – E che cosa può fare per vincere la paura?
La risposta è semplicissima. Non deve fuggire, deve sfidare la sua paura e, a dispetto di essa, deve
compiere il passo successivo nell’imparare, e il successivo ancora. La sua paura dev’essere
completa e tuttavia non si deve fermare. Questa è la regola. E verrà il momento in cui il suo nemico
batterà in ritirata. L’uomo comincia a sentirsi padrone di sé, il suo intento diventa più forte.
Imparare non è più un compito terrificante. Quando arriva questo lieto momento, l’uomo può dire
senza esitazione di avere sconfitto il suo primo nemico naturale.
CC – Ciò avviene tutto in una volta, oppure a poco a poco?
dJ – Avviene a poco a poco, e tuttavia la paura è vinta all’improvviso e rapidamente.
CC- Ma l’uomo non avrà ancora paura se gli succederà qualcosa di nuovo?
dJ – No. Una volta che un uomo ha vinto la paura ne è libero per tutto il resto della sua vita perché,
invece della paura, ha acquisito la lucidità: una chiarezza mentale che cancella la paura. A questo
punto l’uomo conosce i suoi desideri, sa come soddisfarli, può anticipare i nuovi passi
nell’imparare, mentre una limpida lucidità illumina ogni cosa. L’uomo sente che nulla gli è
nascosto.
A questo punto egli ha incontrato il suo secondo nemico: la LUCIDITA’; quella lucidità mentale
che è così difficile da ottenere, che scaccia la paura, ma che acceca. La lucidità sorregge l’uomo nel
non dubitare mai di se stesso, gli dà la sicurezza di poter fare tutto quello che gli piace perché vede
chiaramente in tutto ed è coraggioso perché è lucido.. Non si ferma davanti a nulla.
Ma tutto questo porta all’errore, poiché si tratta di una sensazione incompleta. Se l’uomo si arrende
a questo falso potere, cede al suo secondo nemico e proseguirà ad imparare in modo maldestro. Si
affretterà quando dovrà essere paziente o sarà lento quando deve affrettarsi. E’ un modo scorretto di
imparare, che lo scoraggia e alla fine finisce col cedere al suo nemico: non imparerà più nulla
CC – Che ne è di un uomo sconfitto in tal modo? Muore, come risultato finale?
dJ – No, non muore. Il suo secondo nemico lo ha semplicemente bloccato, impedendogli di
diventare un uomo di conoscenza. L’uomo può trasformarsi in un allegro guerriero o in un
pagliaccio. Tuttavia, la lucidità pagata a cos’ caro prezzo, non si trasformerà mai più nella tenebra e
nella paura. Egli manterrà la lucidità, vivrà senza imparare, bramerà.
CC – Ma che cosa può fare per evitare di essere sconfitto?
dJ - Deve fare quello che ha fatto con la paura: deve sfidare la sua lucidità e usarla solo per vedere;
aspettare con pazienza, misurando con cura prima di fare nuovi passi; pensare dopo tutto che la sua
lucidità è solo un punto davanti ai suoi occhi. In questo modo avrà superato il suo secondo nemico.
CC – Ci sarà un momento, una posizione, in cui essa potrà di nuovo nuocere?
dJ – Questo nuovo stato non può essere considerato un errore. Oltre ad essere un punto davanti ai
suoi occhi è anche un potere, un vero potere. Egli diventa consapevole che il potere inseguito a
lungo è finalmente suo, con esso può fare tutto quello che vuole, è il suo alleato e agisce al suo
comando: il suo desiderio è la regola. Vede tutto quello che è attorno a lui ma si accorge di essersi
imbattuto nel terzo dei suoi nemici: il POTERE.
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Questo nemico è il più forte di tutti e la cosa più istintiva da fare è arrendersi ad esso: dopo tutto, a
questo punto un uomo è davvero invincibile. Egli ha in mano lo scettro del comando, corre dei
rischi calcolati che corregge creando nuove regole, e si sente Padrone. Difficilmente si rende conto
che il nemico lo sta circondando e, improvvisamente, senza alcun preavviso, si rende conto che ha
perduto la battaglia: il suo nemico lo ha trasformato in un essere crudele e capriccioso.
CC – Perderà il suo potere?
dJ – No. Non perderà mai la sua Lucidità ed il suo Potere.
CC - Allora che cosa lo distinguerà da un uomo di conoscenza?
dJ – Un uomo che è sconfitto dal Potere muore senza sapere come avrebbe potuto tenerlo in pugno.
Il Potere è solo un fardello del suo destino. Un tale uomo non ha il comando su sé stesso e, quindi,
non può sapere quando e come usare il suo potere.
La sconfitta subita da uno qualsiasi dei suoi nemici è definitiva; una volta che uno di questi nemici
ha avuto il sopravvento, l’uomo non ha più nulla che possa fare.
CC – E’ possibile , per esempio, che l’uomo sconfitto dal Potere possa rendersi conto del suo errore
e correggersi?
dJ – Dopo aver ceduto al nemico, l’uomo è spacciato.
CC - Ma cosa accadrebbe se l’uomo fosse accecato solo temporaneamente dal Potere, rifiutandolo
in seguito?
dJ – Si verificherebbe che la sua battaglia ancora continua, che sta cercando di diventare un uomo di
conoscenza: un uomo è sconfitto solo quando non tenta più e si lascia andare.
CC – Ma allora è possibile che un uomo possa abbandonarsi per anni alla paura e alla fine vincerla?
dJ – No, questo non è possibile. Se cede alla paura non la vincerà mai, perché avrà paura di
imparare e non tenterà più. Ma se cerca per anni di imparare, pur in mezzo alla sua paura, alla fine
la vincerà perché non si è mai abbandonato ad essa.
CC – Come può sconfiggere il suo terzo nemico?
dJ – Deve sfidarlo deliberatamente. Deve arrivare a rendersi conto che il potere da lui
“apparentemente” conquistato, in realtà non è mai suo. Deve stare sempre in guardia, tenendo in
pugno con cura tutto ciò che ha imparato. Se riuscirà a vedere che la lucidità e il potere, quando
manca il controllo su se stessi, sono ancora peggiori degli errori, raggiungerà il punto in cui tutto è
tenuto sotto controllo. Saprà allora come e quando usare il suo Potere, e in questo modo avrà
sconfitto il suo terzo nemico.
L’uomo sarà, ormai, alla fine del suo viaggio di apprendimento e si imbatterà improvvisamente
nell’ultimo dei suoi nemici: la VECCHIAIA. Questo nemico è il più pericoloso, il più crudele, il più
invincibile dei suoi nemici: non potrà mai sconfiggerlo, né tanto meno evitare; potrà solo scacciarlo.
Egli incontra questo nemico nel momento del suo massimo potere, quando non ha più paura, la sua
lucidità è totale, tutto ciò che lo circonda è sotto il suo controllo, ma egli è stanco e sente il bisogno
di riposare.
Se cede a questo desiderio, se si lascia andare, se tende a dimenticare, se si fa sopraffare dalla
stanchezza, perde l’ultimo suo combattimento e sarà ridotto in una creatura vecchia e debole. Il suo
desiderio di ritirarsi annullerà la sua lucidità, il suo potere, la sua conoscenza.
Ma se l’uomo si spoglia della sua stanchezza ed affronta il sue destino, come ha fatto nelle tre
battaglie precedenti, allora diventa “uomo di conoscenza”, ma solo per un breve momento, quanto
basta per conseguire la lucidità ed il potere di guardare il nemico in faccia, e far valere la forza della
conoscenza acquisita.
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I ROSACROCE
La setta dei Rosacroce non è molto antica, risale al più tardo Medioevo, ma è certamente la più
segreta al punto che molti ormai dubitano che sia mai esistita. Non ha avuto una sede (gli
appartenenti si incontravano una volta l’anno in un posto segreto), non ha una struttura, non ha uno
statuto: si colloca nel mistero più assoluto.
I suoi primi segnali appaiono a Kassel, città dell’Assia settentrionale, nella Germania Centro
Occidentale (le cui origini risalgono all’epoca romana: Castellum Cattorum, un Castello dei Catti),
agli inizi del XVII secolo, con l’emergere dal nulla una certa Confraternita dei Rosacroce. Questa
pubblica dal 1614 al 1616 tre manifesti: la Fama Fraternitatis, la Confessio Fraternitatis e le Nozze
chimiche di Christian Rosenkreutz. Il primo manifesto parla della nascita mitica della Rosacroce e
del suo fondatore. Il secondo manifesto è un appello ai sapienti d’Europa affinché possa sorgere nel
Continente una riforma universale in grado di trasformare tutti i campi dello scibile umano, dalle
arti alle scienze, dalla filosofia alla teologia, con il fine di migliorare la vita delle persone. Il terzo
manifesto illustra un processo di trasformazione dell’uomo basato sul linguaggio simbolico
dell’alchimia.
Le origini di questa setta sono fatte risalire ad un misterioso cavaliere tedesco, Christian
Rosencreutz, che secondo la leggenda nacque nel 1378 e morì nel 1486; viaggiò in Arabia, Turchia
e Africa raccogliendo conoscenze di alchimia, cabala e teosofia. Tornato in Europa, si ritirò a vita
eremitica trasmettendo il suo sapere a soli tre discepoli, i quali portarono avanti l’insegnamento del
maestro in gruppi molto ristretti. Dopo il ritrovamento di una scritta sulla tomba del fondatore nel
1604, i rosacrociani si convinsero fosse arrivato il momento per diffondere la loro dottrina e
pubblicarono i manifesti sopra citati.
L’Ordine dei Rosa+Croce non è semplicemente un’associazione segreta; esso è considerata una
delle Scuole dei Misteri, ed i Fratelli sono Jerofanti dei Misteri Minori, Custodi dei Sacri
Insegnamenti; costituiscono una potenza spirituale molto più potente nella vita del Mondo
Occidentale di qualsiasi governo visibile, sebbene essi non possano interferire sugli uomini fino al
punto di privarli del loro libero arbitrio.
Tra la fine del Seicento e il Settecento sistemi iniziatici a gradi “rosacrociani” fioriscono in
collegamento con gli “alti gradi” massonici. Il sistema più importante sembra essere stato quello
della Rosa-Croce d’Oro in Germania, i cui riti, gradi e dottrine sono passati in numerose
organizzazioni iniziatiche moderne. I gradi “rosacrociani” appartengono – più propriamente – alla
storia della massoneria, ma in ambiente massonico nascono anche ordini rosacrociani separati, con
interessi diversi per tematiche esoteriche (e in qualche caso religiose).
A seguito della proclamazione della sua esistenza, nel giro di soli sette anni vennero pubblicate, in
tutta Europa, più di quattrocento opere ispirate dai Rosacroce, con contenuti affini tra loro e
riguardanti alchimia, astrologia, magia, cabbala, ermetismo e misticismo. Tali pubblicazioni fecero
affiorare, sulla superficie del panorama culturale dell’epoca, una sapienza che veniva da lontano, da
molto prima della pubblicazione dei Manifesti della confraternita e che si perde nella notte dei
tempi, da quando nelle Scuole dei Misteri dell’antichità si utilizzò l’iniziazione come strumento di
acquisizione e trasferimento della conoscenza. Questa conoscenza è comunemente nota con il
termine Tradizione. Nel corso dei secoli, grandi pensatori e mistici europei hanno risposto
all’appello dei Manifesti rosacrociani e hanno scelto di aderire ai nobili ideali di questa augusta
fraternità.
L’emblema di questa società segreta è la ROSA più la Croce. La rosa è sempre stata il vero punto
focale del regno vegetale; fu dapprima consacrata ad Afrodite e a Iside come salvatrice, secondo
quanto racconta Apuleio ne ’”L’asino d’oro”. Poi fu chiamata a rappresentare la Vergine Maria
quale rosa mistica o rosa senza spine. Nei trattati ermetici la rosa era considerata l’emblema
dell’unione dello spirito all’anima e del maschile al femminile, ossia raffigurava la “divina
androginia”. Per i rosacroce, la rosa è il simbolo della natura del desiderio, rossa come il sangue di
Cristo che si è sacrificato sulla croce per la salvezza dell’uomo. La CROCE, invece, rappresenta il
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percorso di abnegazione per arrivare all’illuminazione. I suoi bracci esprimono l’idea del divino
(braccio verticale) come unione tra cielo e terra e dell’immanente (braccio orizzontale) in cui tutti
gli uomini sono sullo stesso piano, tutti fratelli in quanto figli di Dio. La croce è resa vivente dalla
rosa, la sapienza è resa vivente dalla fede. E’ l’inizio e la fine del cammino spirituale secondo la
visione rosacrociana.
Il compito sarebbe stato inoltre quello di convincere cabalisti e teosofi a fondare una nuova società
segreta il cui scopo sarebbe stato la rinascita dell’umanità in un nuovo misticismo ed in una nuova
comprensione della magia. Lo scopo principale di questa nuova società ricalcò in toto l’antico
spirito alchemico ricercando nella pratica e nel profondo della coscienza il segreto della Pietra
Filosofale ovvero la comprensione delle leggi della natura e dell’uomo. Esso rientra in una
tradizione segreta costituita da una linea ininterrotta di iniziati che si tramandarono per generazioni i
segreti per la salvezza dell’umanità. La tradizione vorrebbe anche che questi Oscuri Maestri si
aggirino ancora oggi fra la gente alla ricerca di uomini particolari cui trasmettere le proprie
conoscenze ed i propri segreti iniziatici. Il moderno Ordine dei Rosacroce possiede una affiliazione
ideale con l’antico ordine.
Ritroveremo questi ideali negli Illuminati (conosciuti anche come gli Illuminati di Baviera o più
precisamente l'Ordine degli Illuminati), una società segreta nata in Baviera nel XVIII secolo. Venne
istituita a Ingolstadt (Germania) il 1º maggio del 1776 da Johann Adam Weishaupt (1748–1830)
come alternativa alla massoneria, assumendone una struttura analoga. Sebbene sia in dubbio
l'attuale esistenza di tale società, essa è spesso menzionata nell'ambito delle teorie del complotto per
indicare presunti gruppi di potere e di pressione che eserciterebbero segretamente o, secondo altre
versioni, aspirerebbero al dominio del mondo mediante l'instaurazione di un nuovo ordine
mondiale.
Ciò che ci interessa è l’ordine interno della società, le sue regole, le sue procedure, scritte in quasi
tutti i libri che trattano la confraternita, senza che vi sia alcun riferimento ufficiale. A beneficio di
quanti non hanno idea di cosa voglia dire associarsi ad una vera società esoterica, riportiamo alcune
di queste informazioni.
Motivi per unirsi ai Rosacroce
1- Fuggire i libri alchimistici, le loro sentenze e quelli che usano il soffietto per spillarvi
denaro;
2- Partecipare ai tesori (di conoscenza) dei Rosacroce senza tentare di rubarli, condotta che
porterebbe alla caduta sotto la potenza del Leone;
3- Seguire i loro insegnamenti che portano alla scienza di tutti i segreti, con semplicità e senza
l’uso di frasi misteriose;
4- La sede (di conoscenza) dei Rosacroce è più ricca del Palazzo Reale;
5- Sentirsi portati ad associarsi ai Rosacroce non per volontà propria, ma perché spinti dallo
Spirito di Dio;
6- Svegliare i doni che sono in ciascuno con l’esperienza del Verbo di Dio e con una
considerazione applicata dell’imperfezione di tutte le arti;
7- Tenersi in Cristo, condannare il Papa, vivere cristianamente;
8- Chiamare alla Società dei Rosacroce tutti quelli ai quali è apparsa la Luce di Dio;
9- Condividere con i fratello Rosacroce tutti i tesori disseminati dalla Natura;
10- Afferrare tutto ciò che è oscuro per l’intelligenza umana.
Regole dei Fratelli Rosacroce
1- Utilizzare i lavori del padre;
2- Porre un nuovo fondamento sull’edificio della Verità;
3- Ciascuno può farne parte:
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4- Riposare nell’unica Verità- Accendere il sesti candelabro;
5- Non preoccuparsi della povertà, della fame della malattia, della vecchiaia;
6- Vivere in ogni ora come se si fosse qui dal principio del mondo;
7- Risiedere in un luogo;
8- Leggere il Liber Mundi;
9- Attrarre i popoli, gli spiriti, i prìncipi;
10- Dio aumenterà in questo tempo il numero dei nostri Adepti.
I sei Regolamenti dei Rosacroce
1) Che nessuno di essi, se è in viaggio, dichiari altra professione salvo quella di curare
gratuitamente gli ammalati;
2) Che nessuno debba essere obbligato a cagione della sua affiliazione, a rivestire un abito
speciale, ma che si adatti alle abitudini del paese in cui si trova;
3) Che ogni fratello sia tenuto ogni anno, nel giorno C, a comparire davanti al Tempio dello
Spirito Santo o dichiarare con una lettera le cause della sua assenza;
4) Che ogni fratello debba scegliere con cura una persona abile ed atta a succedergli dopo la
sua morte;
5) Che questa parola R.C. abbia per loro una forza di simbolo, di carattere e di sigillo;
6) Che questa fraternità debba essere nascosta per cento anni.
Regole Rosacruciane
1) Ama Dio sopra ogni cosa.
2) Consacra il tuo tempo allo sviluppo spirituale.
3) Sii interamente altruista.
4) Temperato, modesto, energico, silenzioso.
5) Impara a conoscere in te l’origine dei metalli.
6) Guardati dalle pretese.
7) Vivi in una costante adorazione del bene supremo,
8) Impara la teoria prima della pratica.
9) Esercita la carità verso tutti gli esseri.
10) Leggi gli antichi libri della Sapienza.
11) Cerca di capire il significato segreto.
12) Arcano riservato ai Rosacroce. Esso è puramente interiore.
Segni segreti di un Adepto Rosacroce
1) Il Rosacroce è paziente.
2) Buono.
3) Egli non conosce l’invidia.
4) Egli non si affretta.
5) Egli non è vano
6) Egli non è disordinato.
7) Egli non è ambizioso,
8) Egli non è irritabile.
9) Egli non pensa male degli altri.
10) Egli ama la giustizia.
11) Egli ama la verità.
12) Egli sa come essere silenzioso.
13) Egli crede a ciò che sa.
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14) La sua speranza è ferma.
15) Egli non può essere vento dal dolore.
16) Eglo resterà sempre membro della sua società.
Tra la fine del Seicento e il Settecento sistemi iniziatici a gradi “rosacrociani” fioriscono in
collegamento con gli “alti gradi” massonici. Il sistema più importante sembra essere stato quello
della Rosa-Croce d’Oro in Germania, i cui riti, gradi e dottrine sono passati in numerose
organizzazioni iniziatiche moderne. Il più antico ordine rosacrociano è la Societas Rosicruciana in
Anglia, fondata tra il 1865 e il 1866 a Londra da Robert Wentworth Little (1840-1878), funzionario
della Gran Loggia d’Inghilterra.
In Francia, ordini rosacrociani esistevano a Tolosa fin dai primi decenni dell’Ottocento intorno al
visconte Louis-Charles-Edouard de Lapasse (1792-1867), ma la maggiore organizzazione moderna,
l’Ordine Cabalistico della Rosa-Croce, nasce nel 1887 a Parigi con Stanislas de Guaita (18611897), Gérard Encausse, detto “Papus” (1865-1916), e Joséphin Péladan (1858-1918). Quest’ultimo
– cattolico, anche se in modo eterodosso – si separa nel 1890 dall’Ordine Cabalistico (la stampa
parla di “guerra delle due rose”) dando vita all’Ordine della Rosa-Croce Cattolica del Tempio e del
Graal, che avrà una notevole influenza su alcuni ambienti letterari. Peraltro, le diverse branche
rivali di questa prima generazione rosacrociana parteciperanno insieme nel 1934 alla fondazione
della FUDOSI (Federazione Universale degli Ordini e Società Iniziatiche), che continuerà a esistere
fino al 1951.
Con la FUDOSI entra in rapporto anche l’AMORC, la maggiore organizzazione rosacrociana che
era nata negli Stati Uniti (rivendicando però a sua volta un’origine europea), mentre intorno a un
altro gruppo americano impegnato in una feroce polemica contro l’AMORC, la Fraternitas Rosae
Crucis creata da Reuben Swinburne Clymer (1878-1966) sulla scia degli insegnamenti di Pascal
Beverly Randolph (1825-1875) nasce una federazione rivale, la FUDOFSI. Nel frattempo, altre
organizzazioni rosacrociane avevano visto la luce separatamente, fra cui tre – l’Associazione
Rosicruciana di Max Heindel, la Fraternitas Rosicruciana Antiqua, e il Lectorium Rosicrucianum –
hanno raggiunto una dimensione internazionale.
Ho speso molti anni in queste ultime tre organizzazioni; in particolare con i Lectorium
Rosicrucianum che ho dovuto abbandonare per ragioni di lavoro. In questa associazione ho trovato
la massima serietà nel selezionare i volontari, una preparazione adeguata e ben orientata prima che
il volontario venisse accettato, un preciso indirizzo di studio dopo l’accettazione dell’iscrizione.
Voglio raccontare la mia esperienza perché ritengo che sia la migliore e la più onesta fra quante si
trovano oggi sul mercato esoterico.
L’incontro è avvenuto attraverso un manifesto affisso alle porte di un bar di Rovigo nel quale si
informava che i Lectorium Rosicrucianum avrebbero svolto un corso in qual locale sui Rosacroce.
Presi il numero di telefono e mi segnai gli appuntamenti: domenica mattina dalle 10 alle 12. Seguii
le lezioni domenicali; in più mi inviarono un fascicoletto al mese nel quale sviluppavano un
argomento: si chiamava Lettera di Orientamento. Ecco i cinque titoli:
1)
2)
3)
4)
5)
Il vero senso della vita.
Il mio Regno non è di questo mondo.
Il mistero della vita e della morte.
I corpi sottili dell’uomo.
La conseguenza inevitabile.
A queste lettere fecero seguito dodici lettere di introduzione:
1) L’illusione del mondo e della vita.
2) Conoscenza di sé e conoscenza del mondo.
3) Natura dialettica e natura divina.
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4) Reincarnazione o Resurrezione.
5) Microcosmo e Macrocosmo.
6) Le funzioni esoteriche del corpo.
7) I misteri del sangue.
8) La Trasfigurazione.
9) La Preghiera.
10) Sfera riflettrice e rivoluzione cosmica.
11) Insegnamento Universale e Bibbia.
12) Conclusione.
Nella Conclusione si sottolineava la piena libertà di scelta, la severità dell’impegno, la
considerazione che questa via non poteva essere assunta come accessoria, la rinuncia all’Io. Si
informava, quindi, che dopo l’avvio preparatorio avrebbero avuto luogo altre due fasi: una
probatoria ed una confessionale. La “sera prima della Pasqua” infine, se tutta la procedura fosse
stata seguita nelle sue varie tappe, l’allievo sarebbe stato nobilitato al terzo sviluppo. Partecipai alla
solenne cerimonia di accettazione assieme ad un centinaio di altri aspiranti.
Tornai a casa sentendo una profonda gioia nel cuore, convinto che sarei andato avanti lungo tutto il
percorso. Passarono alcuni giorni, poi ricevetti l’invito a recarmi a Sion, in Svizzera, per l’avvio
della fase successiva. Purtroppo, per ragioni di lavoro, dovetti rinunciare e sono certo di aver perso
una grande occasione. Scrissi una lettera per spiegare le ragioni della mia rinuncia, alla quale
risposero con grande signorilità lasciandomi aperta la possibilità di riprendere in qualsiasi
momento.
Fra le tante associazioni che ho avuto l’occasione di frequentare, i Lectorium Rosicrucianum sono
certo la migliore: il breve rapporto di un anno è stato per me formativo, lo sento ancor oggi.
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LA SCUOLA PITAGORICA
La vita di Pitagora e la sua attività in campo scientifica la conosciamo bene per merito di
Giamblico di Calcide (250 circa – 330 circa), filosofo siro di lingua greca vissuto in età romana.
Il suo scritto più conosciuti è forse la Vita di Pitagora (primo libro del trattato in dieci volumi Sul
Pitagorismo), dove si sofferma a esaltare il rispetto verso gli animali e il vegetarianismo.
In questo libro egli si propone di penetrare l’autentico significato della filosofia pitagorica che, lui
dichiara, è di origine divina, trascendente l’intelligenza umana, incomprensibile per quanti non
abbiano l’aiuto degli Dei
Il libro piò essere considerato come una iniziazione alla filosofia pitagorica e si compone di 36
capitoli che si possono raggruppare a tema. I capitoli che riguardano l’insegnamento sono quelli che
vanno dal 12° al 26° :
Capitolo XII – Pitagora si autodefinisce “filosofo” e giudica gli uomini un consesso di gente presa
dal desiderio del denaro e della mollezza, dominato dalla bramosia del potere e del comando ,
nonché dalla vana ambizione degli onori. Ma la più pura e schietta natura umana è al
contemplazione speculativa delle cose più belle. Bello è pertanto lo sforzo interiore tendente
all’emendazione degli uomini.
Capitolo XIII – L’opera educativa riesce con gli esseri forniti di ragione. Nella sua cura per gli
uomini egli considerava fondamentale richiamare alla memoria la precedente vita che l’anima di
ciascuno di loro aveva una volta vissuta, molto tempo prima che fosse legata al corpo.
Capitolo XV – La prima cura degli uomini deve cominciare dalla percezione sensibile; la prima e
più importante di esse è quella musicale, benefica anche per le malattia fisiche e psichiche. Con
combinazioni musicali mutava e rovesciava gli opposti sentimenti dell’anima; la sera, quando si
apprestavano a dormire, egli liberava i suoi discepoli dai turbamenti della giornata con canti,
purificandone la mente e facilitando un sonno tranquillo. Ancora canti al momento del risveglio, per
liberare la mente dal torpore notturno. Pitagora credeva in una armonia universale con suoni
cosmici che rivelavano la divinità del creato.
Capitolo XVI – Oltre alla musica , Pitagora usava altre forme di purificazione del pensiero con
esercizi vari. L’educazione che impartiva era fatta di prove, premi e castighi, tendenti a moderare
l’intemperanza e la cupidigia. Insegnava l’astinenza da cibi animali, dannosi alla purezza del
pensiero; il silenzio come dominio della lingua; l’astinenza dal vino, la moderazione dei cibi: il
disprezzo ed il rifiuto della gloria e delle ricchezze. Predicava il rispetto per gli anziani, il
sentimento di uguaglianza e benevolenza per i coetanei, l’amicizia con tutti, il culto per il sapere, il
rispetto del corpo, la comunione con gli Dei. Considerava l’ignoranza la più empia e malvagia di
tutte le cose.
Capitolo XVII – Pitagora non accettava subito i giovani che a lui si rivolgevano con l’intenzione di
frequentare la sua scuola; li esaminava e li giudicava in base ai rapporti che avevano con i genitori, i
familiari, le altre persone di famiglia, gli amici che frequentavano, l’aspetto generale, il loro modo
di incedere, le fattezze fisiche. Quindi, il richiedente veniva lasciato tre anni in attesa per misurare
la perseveranza ed il reale desiderio di apprendere. Imponeva ai frequentatori cinque anni di
silenzio per mettere alla prova loro padronanza di sé. Gli averi dei discepoli erano messi in una
cassa comune e venivano amministrato da discepoli a ciò preposti, chiamati “politici”. Gli allievi
che superavano il quinquennio di silenzio erano promossi “esoterici e ascoltavano Pitagora dentro la
tenda, ma senza vederlo. Agli allievi pigri che non dimostravano di trarre profitto dagli
insegnamenti veniva eretto nella scuola un monumento funebre. Uno dei principi assoluti era quello
di non comunicare i beni della sapienza a coloro che neanche in sogno avevano purificato la loro
anima.
Capitolo XVIII - Gli aspiranti ammessi alla scuola erano divisi in gruppi; ad ogni gruppo venivano
impartire lezioni diverse, in funzione delle capacità e delle attitudini. Gli autentici discepoli erano
chiamati “pitagorei”, gli altri, considerati imitatori, erano chiamati “pitagoristi”. I primi avevano la
comunità dei beni e una perpetua vita in comune, gli altri mantenevano la proprietà privata e si
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riunivano nello stesso luogo solo per gli studi comuni. Un’altra suddivisione dei discepoli era quella
che raggruppava i “matematici” (che erano i pitagorei) e gli “acusmatici” (tutti gli altri), a loro volta
suddivisi in tre gruppi che si distinguevano in base a determinate domande. La vita quotidiana, poi,
si sviluppava sulla base di un certo numero di precetti di tipo sintetico, chiamati “detti”.
Capitolo XIX - Pitagora scoperse molti metodi di educazione con la quale trasmetteva la sapienza a
ciascuno, secondo la propria indole e capacità. Ebbe anche discepoli illustri ai quali risparmiò le
sofferenza del noviziato.
Abari, sacerdote di Apollo, vecchio per età e sapientissimo per la conoscenza delle cose sacre,
venne dal Paese degli Iperborei e, attraversando l’Italia, decise di visitare il grande filosofo, e lo
somigliò al suo Dio. Consegnò a Pitagora le freccia che aveva portato con sé dal tempio, che lo
aveva aiutato nel viaggio facendogli superare diverse difficoltà. Con essa, mormorando formula,
compiva riti purificatori, allontanava pestilenze, stornava i venti. Pitagora prese la freccia, trasse da
parte Abari e gli mostrò la sua “coscia d’oro”, il che convinse ulteriormente il saggio di trovarsi
veramente davanti al Dio. Pitagora trattenne presso di sé per un certo Abari, chiedendogli di aiutarlo
nel suo lavoro. Abari accettò e regalò a Pitagora una parte dell’oro che aveva raccolto e che portava
in patria per donarlo al Dio Apollo.
Capitolo XX – Nel periodo di prova, Pitagora metteva alla prova gli aspiranti nella capacità di
tacere, controllando che fossero rispettosi nel mantenere il segreto su ciò che imparavano. Li
esaminava per vedere se fossero eccessivamente ardenti nelle loro passioni o nei desideri, misurava
la loro capacità di apprendere e di memorizzare. Educava ad una natura mansueta, condannando la
durezza d’animo. Il periodo di prova era determinante ai fine dell’accettazione e solo dopo una
risposta convincente li avviava all’iniziazione alle scienze. Se l’allievo era riconosciuto inetto e
disadatto, veniva allontanato come elemento estraneo ed eterogeneo.
Capitolo XXI – Il trascorrere del giorno era regolato da procedure ben precise. Si cominciava con
una passeggiata mattutina, da soli, in luoghi tranquilli, attraversando boschi, incontrando templi,
immersi nella serenità spirituale. In tal modo si predisponeva l’anima e si ordinava il pensiero.
Dopo la passeggiata si riunivano nel templi per imparare ciò che veniva insegnato ed emendare il
carattere.
Seguiva l’attività fisica: corsa, lotta, pugilato e molte altre atte ad irrobustire il corpo.
A pranzo si mangiava pane e miele e non si beveva vino.
Il pomeriggio era dedicato all’amministrazione, alla politica estera, ai rapporti con gli stranieri,
secondo il dettato delle leggi.
Nel tardo pomeriggio si faceva una nuova passeggiata in gruppi di due o tre, si richiamavano alla
memoria le cognizioni apprese e si esercitavano negli studi liberali.
Seguiva il bagno e quindi il banchetto comune con tavolate di dieci persone.
Prima di cominciare il banchetto si facevano le libazioni e i sacrifici delle vittime al fumo
dell’incenso. Il banchetto proseguiva fino al tramonto; si consumava focacce, vino, pane,
companatico, verdure, oltre la carne degli animali che era lecito sacrificare. Raramente si mangiava
pesci, perché molte specie non era adatte alla salute.
Al termine del banchetto si facevano le libazioni e quindi le letture. A leggere era il più giovane, a
stabilire la lettura era il più anziano.
Al termine della lettura il coppiere offriva loro una mescita di vino, e dopo la libazione il più
anziano dava questi precetti:
“Non danneggiare né distruggere la pianta coltivata e fruttifera
E così pure l’animale che non è nocivo al genere umano.
Nutrire inoltre pensieri buoni e pii sulla stirpe degli Dei,
dei Demoni, degli eroi, così pure sui genitori e i benefattori.
Venire in aiuto alla legge e combattere l’illegalità”.
Dopo queste parole ciascuno si ritirava nella propria abitazione. Indossavano vesti bianche e
immacolate, tali erano pure le lenzuola, fatte di panni di lino. Non si usavano pelli. Non si
approvava la caccia.
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Capitolo XXII – Esisteva anche una educazione per mezzo di massime pitagoriche attinenti alla vita
e alle opinioni degli uomini. Si prescriveva di bandire dalla vera amicizia il contrasto e la rivalità, di
evitare il più possibile screzi e lacerazioni, dominare l’ira. Le correzioni e gli ammonimenti,
chiamati “conversioni”, venivano attuate dagli anziani nei confronti dei più giovani, con grande
cautela e con parole benevoli. L’amicizia deve sempre accompagnarsi alla fiducia: la menzogna non
è ammessa. Non rinnegare l’amicizia per sfortuna o altra contrarietà della vita: l’amico può essere
rinnegato solo per malvagità.
Capitolo XXIII – Molto importante era l’insegnamento per mezzo di simboli, attraverso i quali le
espressioni più enigmatiche venivano rese comprensibili a mezzo di segni e di immagini. Tutti gli
insegnamenti, infatti, per proteggerli dallo sguardo profano, erano scritti in modo quasi
incomprensibili; quando venivano spiegati ai discepoli, si usava un linguaggio piano ed agevole.
Anche i suggerimenti erano da Interpretare: “Cammin facendo non entrare in un tempio né
prostrarti in preghiere, neanche se ti trovi a passare dinanzi elle stesse porte del tempio. Sacrifica e
adora a piedi scalzi. Evita le strade affollate e cammina per i sentieri. Dei Pitagorici non parlare al
buio” !
Capitolo XXIV – Anche l’alimentazione doveva essere conveniente e ordinata. Erano proibiti cibi
che procuravano flatulenze, o eccitanti, ed erano consigliati i cibi con azione astringente. Bisognava
preferire ciò che era gradito agli Dei. Proibito mangiare animali considerati sacri, astenersi da ciò
che ostacola la facoltà profetica, o la purezza dell’anima; esercitare la castità e la temperanza, essere
virtuosi. Respingere ciò che nuoce alla santità e che turba la purezza dell’anima. Vietati i cibi
superflui e ingiustificati, bere vino al di fuori dei riti, danneggiare animali sacri.. Non mangiare
cuore e cervello degli animali sacrificati, né la malva, messaggera e annunciatrice della simpatia tra
le cose celesti e quelle terrene. Vietato il pesce melanuro e il fragolino, e divieto assoluto di
mangiare fave.
Capitolo XXV – Pitagora credeva in una forma di catarsi attraverso la musica. Spesso poneva al
centro di uno spiazza uno che suonava la lira, ed in cerchio attorno a lui sedevano i cantori: il canto
dei peana dilettavano l’animo ed elevavano la gioia. Si praticava anche la danza. Tutta la scuola
pitagorica provocava il cosiddetto “adattamento”, l’”armonizzazione” e il “trattamento” con alcune
musiche adeguate, modificando utilmente gli stati d’animo. Al momento di andare a dormire, i
Pitagorici purificavano lo spirito dal tumulto e dallo strepito della giornata per mezzo di canti e
melodie particolari, procacciandosi così sonni tranquilli e buoni sogni. Certe affezioni e certe
malattie venivano curate “in-cantando” da cui è derivato il termine “incanto”.
Capitolo XXVI – Pitagora scoprì la scienza dell’armonia e le proporzioni armoniche. Passando per
caso davanti all’officina di un fabbro, sentì dei martelli battere creando un perfetto accordo. Entrò
nell’officina e dopo alcune prove, variando il peso dei martelli, la forza dei battitori, la forma dei
martelli, riuscì a crearsi una teoria degli accordi che oggi chiamiamo di quarta e di quinta.
Riassunse in un grafico i rapporti matematici dei suoni:
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Tralasciamo i dettagli tecnici dello schema e diciamo che trovati, gli esatti rapporti fra le corde,
trasferì ingegnosamente il tutto anche a strumenti diversi da quello a corda: piatti, flauto, siringa,
monocordo, triangolo, ecc.
Questa sequenza dei suoni, ordinata sistematicamente, fa attribuire a Pitagora il merito di aver
inventato la musica. La teoria fu trasmessa ai discepoli come collaboratrice di ogni nobile fine.
La scuola fondata da Pitagora, originò una vera e propria dottrina di vita e di costume. Essa, basata
sul modello delle sette religiose in voga a Babilonia ed in Egitto, aveva l'originalità di presentarsi
come setta mistica-religiosa, comunità scientifica ed insieme partito politico aristocratico che sotto
questa veste governò direttamente in alcune città dell'Italia meridionale.
La filosofia della scuola pitagorica si fondava sulla sobrietà delle forze contrapposte, sulla
morigeratezza dei costumi e del modo di vita, su di un insieme di regole ferree ai quali venivano
sottoposti i discepoli, che solo dopo un tirocinio di 5 anni potevano incontrare di persona il Maestro
e divenirne commensali. Era bandito il vino, il sesso, gli sfarzi, l'uomo doveva staccarsi dalla
materialità della vita per giungere al dominio delle forze interiori, e dedicarsi con la mente
purificata, alla conoscenza, all'amministrazione della Cosa Pubblica, allo studio, all'insegnamento.
I Pitagorici credevano fermamente nella potenza dei numeri, poichè questi contenevano in se le
verità ed i principi fondanti delle cose; dallo studio e dall'analisi dei numeri si deducevano gli effetti
della natura, ad esempio il numero 10 era considerato perfetto perché includeva in se tutti i numeri
da 0 a 9, quindi i pianeti della via lattea erano 10, perché anche il cosmo era perfetto.
Ma queste disquisizioni filosofiche portarono la scuola pitagorica alla teorizzazione dei numeri
reali, irrazionali, interi e decimali, alla scoperta delle figure perfette della geometria piana, alla
scoperta successivamente dei famosi teoremi di Pitagora relativi al triangolo rettangolo.
Ben presto la scuola pitagorica divenne un vero e proprio partito politico delle classi abbienti
dell'antica Kroton, dedito all'amministrazione pubblica ed al governo politico della città. Furono
proprio i Pitagorici nel 510 a.C decidere la distruzione della nemica Sybaris, invisa per lo sfarzo
eccessivo, per la mollezza dei costumi e soprattutto per la tirannide di Telys.
Tetractis
Teorema di Pitagora
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CAPITOLO 3 – LA SOCIETA’ TEOSOFICA
Non possiamo, a questo punto, esimerci dal dedicare un po’ di attenzione ai fatti di casa nostra (la
Casa Teosofica) che, in larga parte, riflettono quelli della grande casa della Teosofia mondiale.
Ho recensito tutto gli articoli delle riviste teosofiche edite alla fine del XIX secolo e all’inizio del
XX. Non sono riuscito a trovare un solo articolo, dico uno solo, uno soltanto, dove si parli del
discepolato teosofico. Non ho trovato programmi, Maestri preposti all’insegnamento, diversi gradi
di indottrinamento, possibilità di corsi all’estero ( in India, in particolare, per conoscere sulla
propria pelle i luoghi dove HPB lasciò molta parte della sua vita per regalarci poi i suoi scritti).
Il concetto generale della Teosofia è il seguente: “L’allievo deve procedere con lo sforzo personale
per raggiungere la necessaria preparazione. Quando l’Allievo è pronto, il Maestro arriva”.
Sorgono immediate due domande: Qual è la “necessaria preparazione”?, “Chi sarà il Maestro”?
Alla prima domanda è difficile dare una risposta perché, essendo il percorso individuale, sia la linea
di studio che gli eventuali progressi, non possono essere definiti con precisione. La seconda
domanda è ancora più insidiosa: non si tratta di conoscere i dati anagrafici di una persona, ma
almeno di sapere se si tratta di un Maestro in carne ed ossa, oppure un Maestro spirituale. Nel primo
caso, egli dovrebbe essere già nell’organizzazione della Società Teosofica, completo di tutte le
competenze necessarie. Non mi risulta ce ne siano. Nel secondo caso, siamo alle solite, perché si
tratta del solito riferimento ai Mahatma che non si sa chi siano, dove si trovano., come si fa a
contattarli, ecc.
Anche in questo caso la Società Teosofica dice chiaramente che i Mahatma non sono persone che
guidano fisicamente, che impartiscono lezioni (personali o di gruppo), ma entità superiori che
assistono i discepoli spiritualmente, con messaggi personalizzati a seconda del discepolo e del suo
grado di preparazione.
La figura del Mahatma è stata sempre alquanto mitizzata, mai esattamente definita, con un aspetto
più magico (vedi il modo di trasmettere i messaggi) che spirituale. Sono i custodi della Saggezza
Eterna, ma usano un linguaggio talvolta inadeguato alla materia trattata. Per alcuni sono gli autori
delle opere delle quali HPB è stata solo la scribacchina, per altri sono figure del tutto immaginarie,
usate ad uso e consumo di persone e necessità.
Non credo tocchi allo scrivente dirimere questioni nate altrove, tanto meno dare patenti di
autenticità; ritengo mio preciso compito riportare il parere di illustri teosofi contemporanei della
Blavatsky, persone dotate di riconoscimenti accademici, teosofi della prima ora,, persone sulla cui
onestà non si può dubitare. Gli articoli che seguono, quindi, sono cronaca e sono stati rintracciati sul
Path. Provate a leggere e a capire quello che è stato scritto, fatevi un parere personale e avrete
certamente ragione.
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UNA CONVERSAZIONE SUI MAHATMAS — William Main
TRA SMITH, UN INQUIRENTE, E JONES, UN FTS
Smith . — Ultimamente mi sono immerso un po' nella Teosofia e mi sono molto interessato. Alcune
persone di capacità sembrano prendere parte al movimento, e mi piacciono molte cose che dicono,
ma molte altre mi sembrano fantasiose, o non provate, o per loro stessa natura del tutto insuscettibili
di prova.
Jones . — A quali punti ti riferisci in particolare?
S. _ - Ebbene, per esempio, ho letto e sentito molto sui Mahatma; l'autorità di questi esseri reali o
immaginari sembra contare molto, ma non ho ancora trovato alcuna prova reale della loro esistenza.
J. _ — Che tipo di prova vuoi?
S. _ — Qualsiasi prova. Mi piacerebbe vederne uno. Sarebbe il miglior tipo di prova.
J. _ — Perché dovrebbe? Come sarebbe?
S. _ — Come un Mahatma, naturalmente.
J. _ — Che aspetto ha un Mahatma?
S. _ — Come faccio a saperlo, non avendone mai visto uno? Se l'avessi fatto, ovviamente sarei
meno scettico.
J. _ — Molto logico: ma sto davvero cercando di immedesimarmi nel tuo stato d'animo per capirti,
quindi cambierò la forma della mia domanda. Come hai deciso che dovrebbe essere un vero
Mahatma, se il semplice vederne uno deve essere la prova per te dell'esistenza di un tale essere?
S. _ - [Dopo un po' di riflessione.] Capisco a cosa stai mirando. Stavo parlando a caso quando ho
detto che vedere un Mahatma avrebbe dimostrato che lo era. Non dovrei aspettarmi di vedere un
mostro; avrebbe dovuto assomigliare a qualsiasi altro uomo, naturalmente, tranne per il fatto che il
suo viso poteva mostrare qualche prova di nobiltà e potere. So solo che non proverebbe nulla, ma
quello che avevo davvero in mente era l'esibizione di alcuni poteri che trascendevano quelli degli
uomini comuni.
J. _ — Cosa ti aspetteresti che facesse?
S. _ — Non lo so esattamente; qualche cosa miracolosa come fluttuare nell'aria, fabbricare oro,
smaterializzare qualcosa, se stesso per esempio, e riapparire di nuovo, facendo tutto questo,
ovviamente, in condizioni di prova in modo da poter essere sicuro che non ci fosse frode.
J. _ — A cosa servirebbe che si prenda così tanto disturbo?
S. _ — Per dimostrare a me e attraverso di me agli altri che era un Mahatma, e che di conseguenza
se ce n'era uno ce ne potevano essere di più.
J. _ - Queste esibizioni dimostrerebbero che era un Mahatma?
S. — Mi sembra che lo farebbero.
J. _ — Qual è la tua idea di un Mahatma?
S. _ — Mi è stato detto che la parola significa "grande anima". Se è così, dovrebbe riferirsi a colui
che ha superato tutte le passioni e le ambizioni animali ed egoistiche, la cui conoscenza e saggezza
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si estendono lontano nel mondo invisibile, e che è quindi in grado di dare prova tangibile di questa
saggezza.
J. _ — Non criticherò la tua definizione; ma la prova che pretendi, apparentemente da te ritenuta
così esigente, mi sembrerebbe del tutto inadeguata. Io sarei più scettico, e tu, d'altra parte, saresti
più credulo di quanto io creda, se la produzione di questi fenomeni, per quanto genuini e
straordinari possano essere, fosse sufficiente a convincerti della saggezza e della purezza del
produttore.
S. _ - Forse potrei essere ancora un po' fuori posto; ma cosa vorresti dire?
J. _ - Se tu vivessi in India, un giocoliere seminudo potrebbe entrare nel tuo cortile e sul tuo stesso
terreno, circondato dai tuoi amici e servitori e in pieno giorno, produrre fenomeni straordinari come
qualsiasi cosa tu abbia nominato. Potresti vedere il fluttuare di corpi pesanti nell'aria, la produzione
e la scomparsa di oggetti solidi, anche di persone viventi, senza alcuna possibilità di macchine
sceniche, la crescita visibile di piante, persino di alberi che raggiungono un'altezza di cinquanta
piedi o più, solido e tangibile, ma che svanisce nel nulla alla fine della performance. Queste e molte
cose simili sono esibite da questi artisti ambulanti, che ricevono le tue monete con un salaam
riconoscente e se ne vanno come un suonatore di organetto per ripetere l'esibizione altrove.
Chiameresti questi uomini "grandi anime"? Il signor Crookes, l'eminente scienziato inglese, fece
molti esperimenti sui fenomeni della cosiddetta materializzazione, e fu quasi espulso dalla Royal
Society per aver affermato di credere nelle forze occulte, sebbene comitati di esperti appositamente
organizzati non fossero nemmeno in grado di suggerire una spiegazione. Diresti che la studentessa
ignorante attraverso la quale molti di questi fenomeni sono stati prodotti era una "grande anima"?
Mr. Home, il celebre medium, ha fluttuato nell'aria decine di volte, in molti luoghi, e in presenza di
molti testimoni competenti e critici. Altri fenomeni, se possibile ancora più straordinari, sono stati
prodotti da lui o attraverso di lui nelle condizioni di prova più rigorose, tuttavia la sua vita è stata
una lunga esibizione di meschina gelosia e malumore, e nemmeno una sua frase ha lasciato il
mondo più saggio, o migliore. Lo definiresti una "grande anima"?
S. _ — Fermati. Scenderò di mia iniziativa, come il procione, così non dovrai caricare di nuovo.
Vedo che i fenomeni da soli sono insufficienti, anche se confesso di non essermene pienamente reso
conto prima; tuttavia penso che ammetterete che i Mahatma non hanno bisogno di farsi così rari non
è molto chiaro. Potrebbero mostrare alcuni fenomeni, quel tanto che basta per attrarre e interessare
le persone, e quindi dopo aver attirato l'attenzione potrebbero procedere a spiegare i fenomeni e
dare al mondo un po' della loro saggezza superiore.
J. _ — Cosa vorresti che dicessero?
S. _ - Jones, visto che tu sei uno che sa, non mi dispiace dirti che hai un modo molto esasperante e
sgradevole di fare domande quando sto cercando di ottenere qualche informazione solida, o almeno
alcuni punti da te, ma non suppongo lo intenda in quel modo.
J. — Io di certo no, e sono contento che tu non mi fraintenda davvero. Anche una singola domanda
spesso risolverà un problema in modo sorprendente, quindi con il tuo permesso ti prego di
considerare la mia domanda ripetuta.
S. — Certo che non so cosa direbbero, perché se lo sapessi vuol dire che queste cose le sapevo già
anch'io: devi convenirne. Ma dovrei aspettarmi che ci dicano cose sagge e vere, suscettibili di
verifica e tendenti all'elevazione dell'umanità.
J. _ — Come sapresti che erano saggi e sinceri?
S. — Perché alcune cose potremmo saperle vere, e altre le sentiremmo come vere, e altre ancora se
ci sembrassero strane e incredibili dovrebbero essere verificabili.
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J. _ - Molto bene. Ora fammi analizzare la tua risposta. Non richiede saggezza dirci cose che già
sappiamo essere vere; questo da solo sarebbe mera ripetizione e luogo comune, sebbene sia
necessario un punto di partenza dal ben noto. Altre verità nuove le sentiamo vere perché gli
elementi di questa nuova esperienza sono già nella nostra mente, anche se non portati in superficie o
combinati prima. Le nuove verità sono verità relativamente solo per un certo numero di persone,
quelle che sono pronte ad accoglierle. La più semplice dimostrazione geometrica suonerebbe come
un'assurdità a un selvaggio; una lezione di calcolo sarebbe incomprensibile per una classe di scolari.
Ciò sarebbe dovuto al fatto che le concezioni elementari di forma astratta e di qualità indiscrete e
simultaneamente variabili esistono solo in uno stadio rudimentale nelle menti non sviluppate. Il
potere di un Adepto di spiegare la coscienza e le modalità di esistenza su altri piani sarebbe limitato
dalla capacità degli ascoltatori e potrebbe attirare l'attenzione di pochissimi. Dici anche che
affermazioni che sembrano strane e incredibili dovrebbero essere suscettibili di verifica. Ciò
naturalmente è vero, in linea di massima, ma del tutto falso se unito al tacito presupposto che la
verifica debba necessariamente essere una cosa facile, comoda per i pigramente curiosi. Potremmo
ascoltare una lezione di un astronomo, ma per verificare le sue affermazioni ci vorrebbe un
telescopio come il suo, per non parlare dell'abilità nell'usarlo e delle conoscenze matematiche che
richiedono lunghi anni di paziente studio. Se ci sono Adepti, i loro poteri sono il risultato di vite di
sforzi costanti, condotti nelle circostanze più favorevoli. Quanti sono quelli che intraprenderanno la
strada aspra e accidentata che conduce all'adeptato , e anche di questi pochi quanti la seguiranno per
una certa distanza e per un certo tempo?
S. _ - Apprezzo la forza delle tue osservazioni, ma ancora mi sembra che gli Adepti o Mahatma,
senza addentrarsi completamente in profondità incomprensibili, potrebbero dare al mondo un po'
della loro saggezza in una forma che sarebbe in parte compresa dai più intelligenti o intuitivo,
potrebbe almeno indicare le linee di ricerca che porterebbero più direttamente a nuove scoperte.
Potrebbero spianare il sentiero che conduce a una conoscenza superiore e a una vita migliore,
abbastanza difficile per l'umanità comune, anche se meno aspro e pericoloso di quello che conduce
più direttamente all'adeptato. Potrebbero dirci qualcosa del passato della nostra stessa razza e di
questo globo, e del suo probabile futuro; qualcosa del mondo invisibile e delle sue forze, anche se è
difficile trovare un linguaggio che renda tutto molto chiaro.
J. _ — Supponiamo che lo facessero e che le persone non fossero abbastanza interessate da leggere
o ascoltare.
S. _ — Stai facendo una supposizione molto sciocca. Non sopravvaluto i numeri della parte
veramente pensante della comunità, perché so che sono relativamente piccoli, ma comunque se tale
conoscenza fosse messa in forma di libro i tipografi difficilmente sarebbero in grado di lavorare
abbastanza velocemente.
J. _ — Ne sei proprio sicuro? Oserei dire che sarebbe passato molto tempo prima che fosse letto da
una parte considerevole dei membri della Società Teosofica, ancora più tempo prima che la
maggioranza lo studiasse veramente.
S. — Mi stupisci. Sembri dare una stima molto bassa all'intelligenza dei tuoi colleghi. Avrei dovuto
valutarli meglio, anche se non sono un membro della Società.
J. _ — Non li sottovaluto. Al contrario, li considero un corpo di uomini e donne di intelligenza
superiore alla media; ma valuto la proporzione di opinioni veramente indipendenti in ogni comunità
a una cifra molto bassa. Le persone non sono così affamate di conoscenza superiore come pensano
di essere.
S. _ — Non sono d'accordo con te, e vorrei che la questione fosse messa alla prova.
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J. _ — È stata messa alla prova. La conoscenza di cui sei così desideroso è stata pubblicata in forma
di libro.
S. _ - Quando e dove? È in inglese o in qualsiasi lingua che posso imparare?
J. _ — Non dovrai studiare il sanscrito. Sai tutto del libro e lo hai esaminato. Si chiama Dottrina
Segreta .
S. — Come, quel libro! Perché sì, l'ho visto e ci ho guardato un po' qua e là, ma poi sai che ce n'è
così tanto, e sembrava piuttosto duro, e non hai idea di quanto sono stato impegnato.
J. _ — Suppongo di no.
S. _ - Inoltre, pensavo che Madame Blavatsky avesse scritto quel libro.
J. _ - Supponiamo che l'abbia fatto; alcune dita umane dovevano essere impiegate, fossero quelle di
un Adepto o di un agente. Ha attinto quasi interamente alla saggezza dei Maestri, a meno che non
menta. Quel libro va dritto al centro di ogni grande questione della scienza, della religione e della
metafisica, con un'audacia di affermazione e una chiarezza di pensiero per le quali non c'è parallelo
nella storia della letteratura. Mettendo da parte la sua filosofia e la sua storia tratte dai documenti
occulti, nessun singolo scrittore ha mai eguagliato la sua ricchezza di apprendimento, illustrazione e
citazioni; tratte dalle fonti più varie e spesso recondite, dalla storia, dalla teologia e dalla mitologia
comparata, dalla scienza in tutte le sue branche e dagli scritti filosofici di tutti i tempi. È ben noto e
può essere ampiamente dimostrato che questa grande opera fu scritta rapidamente e senza
biblioteche o riferimenti; eppure le sue citazioni e dichiarazioni sono accurate e c'è spunto di
profonda riflessione in ogni pagina. HP Blavatsky era una donna di notevole intelletto, è vero, ma
né accademica né sistematica. Durante la sua vita di viaggi e avventure non ha avuto l'opportunità
di evolvere questa meravigliosa filosofia o di accumulare questa enorme massa di cultura letteraria
e filosofica, né ha mai fatto finta di averlo fatto. A mio giudizio non avrebbe potuto comporre
quell'opera con le proprie risorse più di quanto avrebbe potuto costruire le piramidi d'Egitto. Se
dopo averlo letto con più attenzione non trovi ancora alcuna prova dell'esistenza di uomini più
evoluti, chiamali come vuoi, ulteriori ricerche sarebbero una perdita di tempo.
Devi scusarmi, Smith, perché ho un appuntamento altrove e sono in ritardo.
Vieni a trovarmi se pensi che io possa aiutarti in qualsiasi momento.
S. _ — [Soliloquio.] Questo è il modo di fare con queste persone teosofiche. Ho una mente
indipendente e ho partecipato a molti dei loro incontri e ho fatto molte domande con l'obiettivo di
scoprire le cose da solo senza studiare troppo. Sembrano risponderti, ma hanno un modo fastidioso
di ripiegare un uomo su se stesso che non mi piace.
Vorrei sapere se ci sono dei Mahatma, senza leggere tutto quel grande libro.
Non credo molto che ci siano, forse non dovrei sapere quando ho finito. [Esce Smith con aria
perplessa e un po' contrariata.
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MAESTRI, ADEPTI, INSEGNANTI E DISCEPOLI — William Q. Judge
Questo articolo è pensato per i membri della ST, e principalmente per coloro che tengono molto a
mente HPB, sia per rispetto e amore che per paura e invidia. Quei membri che credono che possano
esistere esseri come i Maestri devono giungere a una delle due conclusioni riguardo a HPB: o che
lei abbia inventato i suoi Maestri, che quindi essi non abbiano un'esistenza reale, o che non li abbia
inventati lei ma abbia parlato nei nomi e dagli ordini di tali esseri. Se diciamo che ha inventato i
Mahatma, allora, naturalmente, come spesso è stato detto da lei, tutto ciò che ha insegnato e scritto
è il prodotto del suo stesso cervello, da cui dovremmo concludere che la sua posizione nel ruolo di
persone grandi e potenti deve essere superiore a quanto le persone sono state disposte a collocarla.
Ma presumo che la maggior parte di noi creda nella verità della sua affermazione secondo cui aveva
quegli insegnanti che chiamava Maestri e che sono esseri più perfetti degli uomini comuni.
Il caso che desidero trattare brevemente, quindi, è questo: HPB e le sue relazioni con i Maestri e con
noi; i suoi libri e insegnamenti; la questione generale dei discepoli o dei chela con i loro gradi, e se
un alto chela sembrerebbe quasi un Maestro in confronto a noi, inclusi tutti i membri dal Presidente
fino al candidato più recente.
L'ultimo punto dell'indagine è estremamente importante, ed è stato molto trascurato dai membri
nella mia osservazione, che si è estesa a gran parte della S.T.: ogni chela è uguale a un altro in
conoscenza e saggezza. È invece vero il contrario. Chela e discepoli sono di molti gradi, e alcuni
degli Adepti sono essi stessi chela di Adepti superiori. C'è quindi la più grande differenza tra le
classi di chela, poiché tra loro deve essere annoverata la persona più umile e ignorante che si è
dedicata al servizio dell'umanità e alla ricerca della conoscenza del Sé. D'altra parte, ci sono quei
chela di grado elevato, veri allievi degli stessi Maestri, che hanno tanta conoscenza e potere da
sembrare a noi degli adepti. Anzi, sono tali quando li si confronta con se stessi come mero prodotto
del diciannovesimo secolo. Hanno acquisito attraverso la conoscenza e la disciplina quei poteri sulla
mente, sulla materia, sullo spazio e sul tempo che per noi sono i luccicanti premi del futuro. Ma
tuttavia queste persone non sono i Maestri di cui parla HPB. Stando così le cose, potremmo poi
chiederci come dobbiamo considerare HPB.
In primo luogo, ognuno ha il diritto di collocarla, se lo desidera, sul piano più alto, perché potrebbe
non essere in grado di formulare le qualità e la natura di coloro che sono superiori a lei. Ma
prendendo le sue stesse parole, era una chela o discepola dei Maestri, e quindi si poneva in
relazione con loro come una persona che poteva essere rimproverata e corretta. Li chiamava i suoi
Maestri e asseriva una devozione ai loro ordini e un rispetto e una fiducia in e per le loro parole che
il chela ha sempre per chi è abbastanza elevato da essere il suo Maestro. Ma se osserviamo i suoi
poteri esibiti al mondo, appresi dai suoi Maestri, e, come lei stessa ha scritto, il modo in cui abbia
sconcertato e stupito le menti più brillanti dell'epoca, allora vediamo che in confronto a noi era
un'Adepta. In privato come in pubblico parlava dei suoi Maestri più o meno allo stesso modo in cui
Subba Row disse allo scrittore quando dichiarò nel 1884: "I Mahatma sono in realtà alcuni dei
grandi Rishee e Saggi del passato, e la gente è stata troppo abituata ad abbassarli al meschino
standard di questa epoca". Ma con questo rispetto per i suoi maestri aveva per loro allo stesso tempo
un amore e un'amicizia che non si trovano spesso sulla terra. Tutto ciò indica il suo discepolato nei
confronti di Loro, ma in nessun modo ce la abbassa o ci autorizza a decidere che abbiamo ragione
in un giudizio frettoloso o moderno di lei.
Ora alcuni teosofi chiedono se esistono altre lettere, oltre a quelle pubblicate, dei suoi Maestri in
cui è chiamata a testimoniare del loro rapporto, nelle quali è chiamata la loro chela, ed è
rimproverata di tanto in tanto,. Forse sì. Dove si trovano? Che siano pubblicate con ogni mezzo, e
che si abbia la registrazione completa di tutte le lettere inviate durante la sua vita; quelle proposte
come datate dopo la sua morte non contano nulla rispetto a qualsiasi giudizio pronunciato su di lei,
poiché i Maestri non indulgono in alcuna critica sui discepoli che sono andati via dalla terra.
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Siccome lei stessa ha pubblicato lettere e parti di lettere dei Maestri a lei indirizzate in cui è
chiamata chela ed è rimproverata, non può certo essere importante se ne conosciamo altre dello
stesso tipo. Contro tutto ciò abbiamo il buon senso, e anche le dichiarazioni dei suoi Maestri, che lei
era l'unico strumento possibile per il lavoro da fare, che l'hanno mandata a farlo e che hanno
approvato in generale tutto ciò che lei ha fatto. Ed era il primo canale diretto da e per la Loggia, e
l'unico aggiornato attraverso il quale giungeva la presenza oggettiva degli Adepti. Non possiamo
ignorare il messaggero, prendere il messaggio e ridere o disprezzare colui che ce l'ha portato. Non
c'è niente di nuovo nell'idea che siano ancora inedite le lettere in cui i Maestri la mettono al di sotto
di loro, e non c'è motivo di alcuna apprensione. Ma è certamente vero che nessuna di queste lettere
contiene qualcosa che la metta al di sotto di noi; deve rimanere sempre la più grande dei chela.
Rimane solo, quindi, la posizione assunta da alcuni, e senza una conoscenza delle regole che
governano queste questioni, secondo cui i chela a volte scrivono messaggi che affermano di
provenire dai Maestri quando non lo sono. Questa è una posizione artificiale non sostenibile dalla
legge o dalla norma. È dovuta all'ignoranza di ciò che è e non è il discepolato, e anche alla
confusione tra i gradi del discepolato. È stato usata per HPB. La falsa conclusione che è stata fatta
per prima è che un chela accettato di alto grado può abituarsi alla dettatura data dal Maestro e
quindi può cadere nella falsa pretesa di dare qualcosa da se stesso e fingere che provenga dal
Maestro. È impossibile. Il vincolo, nel suo caso, non era di carattere tale da essere affrontato in
questo modo. Un esempio di ciò distruggerebbe la possibilità di ulteriori comunicazioni da parte
dell'insegnante. Può essere del tutto vero che gli aspiranti di tanto in tanto abbiano immaginato di
aver ricevuto l'ordine di dire così e così, ma questo non è il caso di un chela accettato ed elevato che
è irrevocabilmente impegnato: non esistono casi del genere. Questa idea, quindi, dovrebbe essere
abbandonata; è assurdo, contrario alla legge, alla regola, ed estraneo a quanto accade nel caso in cui
tali relazioni sono stabilite come quelle esistenti tra HPB ei suoi Maestri.
52
RETICENZA DEI MAHATMAS ED EVOLUZIONE DELL'INDIVIDUO — Julius
I membri della Società Teosofica e il pubblico in generale hanno manifestato allo stesso modo
un'ampia divergenza di opinioni sia per quanto riguarda lo scopo fondamentale della Società, sia per
il suo adattamento ai singoli casi. Per avere una giusta visione di questi punti, è assolutamente
necessario che la Società sia considerata nel suo insieme e ricordare che, come ogni movimento nel
mondo fisico o spirituale, deve essere governata dalla grande legge dell'Evoluzione. Questa è la sua
Causa prima, e l'evoluzione dell'individuo la sua opera primaria. La Teosofia non è, come dimostra
la sua storia, un'istituzione effimera, destinata a durare per un determinato periodo, come un
ospedale, o una società a beneficio degli animali, o dei bambini poveri, o delle donne cadute. È un
raggio della ruota universale dell'Evoluzione. Quando il mondo conteneva un corpo di persone
sufficientemente sviluppate sul piano spirituale, esse formavano naturalmente un nucleo, dal quale i
raggi divergevano subito in varie parti del globo. Stimolanti centri di energia che si espandono
costantemente grazie agli sforzi individuali dei loro membri. Ciò che vale per l'intero corpo vale
anche per le sue parti componenti, e ciascun individuo, nelle capacità mentali e nelle condizioni
psichiche, è precisamente ciò che la sua precedente esperienza, o il suo rapporto evolutivo gli
autorizza ad essere. Solo mediante uno sforzo sempre maggiore da parte sua, può rinvigorire questi
poteri.
Nel fondare la Società Teosofica, si sperava che le fatiche congiunte di tutti per ciascuno e di
ciascuno per tutti, potessero risultare in tanta illuminazione ed espansione degli individui quanto
l'attrito di molte menti, tutte dirette a un unico problema, dovrebbe, attraverso la correlazione delle
forze morali, permettersi. Quindi la Società era basata sull'idea della Fratellanza Universale.
Ci sono attualmente due classi di persone che interpretano male questo scopo della Società. La
prima classe è variamente composta da: ( A ) quelle persone che suppongono che la Società sia
esclusivamente dedicata a una grande fase dell'argomento, come il progressivo sviluppo dell'intero
corpo della razza attuale, o agli interessi uniti di grandi masse di persone, lasciando l'individuo
completamente solo nel sentiero in salita del proprio sviluppo spirituale. ( B ) Varie persone in
diverse parti del mondo che hanno ritenuto opportuno, in coincidenza con la loro adesione all'idea
di Fratellanza Universale, di ridicolizzarla come "una mera farsa" o "una formula pura" o
"un'impossibilità utopica: "L'oscillante incredulità di ognuna di queste persone deriva senza dubbio
da peculiarità individuali o costituzionali. ( C ) Coloro che suppongono che questa idea di base sia
una dichiarazione elastica che può sempre essere usata come scudo per scongiurare l'accusa
impopolare o irritante di un interesse per il misticismo. ( D ) Coloro che basano la loro negazione
della fratellanza universale sulla regola molto sensata che richiede che i richiedenti l'iniziazione
abbiano l'approvazione dei compagni attivi della Società. "Se fai distinzioni non sei universale", è il
grido di questi ultimi.
Tutte le persone di cui sopra, prima o poi, scopriranno che la Società nel suo insieme progredisce
attraverso il progresso spirituale dei singoli membri. Se l'individuo retrocede, il benessere comune
diminuisce; se progredisce, aumenta, tanto più quando molti si alzano, come sollevati, per gravità
specifica, in un piano più alto. Per questo non solo i fondatori exoterici e tanto calunniati della
Compagnia, ma anche i fondatori occulti e reali, hanno sempre dedicato molto del loro tempo e del
loro pensiero ai singoli. Allo stesso tempo hanno insistito incessantemente sulla necessità degli
sforzi individuali, affinché ogni membro potesse svilupparsi. Questo è il vero significato
dell'Evoluzione. Non è l'espansione dell'uomo per mezzo di una forza esterna che agisce su un
tessuto inerte, ma un impulso dall'interno verso l'esterno e verso l'alto, accresciuto dall'effetto
cumulativo degli impulsi precedenti, e ulteriormente assistito dall'ambiente favorevole che la sua
condizione può permettergli di assimilare.
È in quest'ultimo aspetto che la seconda classe in esame ha sbagliato. Chiedono maggiore aiuto
esterno per l'individuo. Tali persone, essendosi unite alla Società e affermando la loro fede
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nell'esistenza di Mahatma, o Adepti, o esseri umani altamente avanzati, dopo un certo tempo hanno
espresso lamentele perché non avevano comunicazioni personali da questi Grandi Esseri, perché
pretendono che tali attenzioni siano loro dovute. Queste persone hanno detto: "Abbiamo dichiarato
la nostra fede in questi uomini saggi e santi; siamo entrati a far parte della Società, ma non siamo
stati degnati di alcuna prova direttamente da loro". Tali persone richiedono una lettera sotto sigillo,
proiettata in modo fenomenale nell'aria o in altro modo. Nient'altro che questo li soddisferà, e se
non lo ottengono, è probabile che lascino l'ovile della Società, come loro stessi intimano. La loro
lamentela, in termini generali, è che i Mahatma sono reticenti, del tutto, troppo reticenti per
soddisfare le loro esigenze. Dicono che è stato dichiarato che altre persone hanno ricevuto tali
prove sotto forma di lettere, e citano i signori Sinnett, Olcott, Damodar, Hume, Madame Blavatsky
e diversi indù come destinatari privilegiati. I denuncianti affermano poi che le loro aspirazioni, i
loro bisogni, i loro meriti, eguagliano quelli di queste persone, che sono, per dirla in parole povere,
"altrettanto buone". Alcuni che non lo dicono, lo pensano, e si alza una protesta generale: "Perché
non riceviamo tali lettere come prove? Non siamo giustificati nell'attribuire un'indebita reticenza ai
Mahatma?" Quando inoltre si dice che altri hanno visto i Mahatma, o sentito le loro voci e ricevuto
doni da loro, i feriti reiterano la lamentela: "Perché i Mahatma sono così reticenti? Questo
atteggiamento è finalmente diventato quello della stampa e il pubblico in generale, così che si
presenta la domanda: "I Mahatma sono eccessivamente reticenti?"
La soluzione di questa questione è legata al tema dell'"Evoluzione dell'individuo". Per quanto
riguarda l'evoluzione generale, i Mahatma non possono essere così accusati, poiché se avessimo la
loro conoscenza del tutto, così da poter sentire e conoscere ciò che tutti i minerali, le piante, gli
animali e gli uomini sentono collettivamente, dovremmo vedere che in questo dipartimento i
Mahatma non possono mai essere accusati, nemmeno al pensiero, di negare conoscenza, favore o
benedizione. L'intero si muove secondo la legge (la quale legge include gli stessi Mahatma), e nel
suo insieme tutto si riconosce in questa legge e non conosce possibili deviazioni da essa.
Come affermato in precedenza, il lavoro della Società Teosofica rientra nel dipartimento
dell'evoluzione individuale, e proprio come la sua sfera può essere ampliata solo attraverso il
costante lavoro dei suoi membri, così ogni individuo segue la stessa legge, singolarmente. I
Mahatma non sono reticenti. Non possono giustamente fare altro che creare l'ambiente favorevole
all'anima individuale. Danno ad ogni pozzo umano solo l'acqua che può contenere: traboccare
sarebbe uno spreco. È stato ben detto che la mente umana, come l'atmosfera, ha il suo punto di
saturazione. Realizzare il momento in cui abbiamo raggiunto questo punto è il primo passo sulla via
della conoscenza di sé: sforzarsi di espandere i nostri confini attraverso lo studio e l'osservazione
incessanti, ci porta molte leghe più avanti nel nostro cammino. Chi viaggia così non ha né tempo né
voglia di lamentarsi. Entriamo in questa vita attraverso i nostri genitori, soggetti alla legge. Da un
mistero si passa, ignari del futuro, a un altro mistero: in ognuno si imparano le lezioni. Così l'anima
nasce nella vita superiore e gradualmente ne conosce i misteri. Attraverso ogni ordine di vita corre
la legge della selezione naturale. "Un uomo è un metodo, una disposizione progressiva, un principio
di selezione", dice Emerson. Come l'uomo sceglie gli amici e le occupazioni più adatte a lui, così
per la legge della dinamica spirituale l'anima è attratta solo dal cibo che può assimilare, dalle
influenze necessarie al suo attuale sviluppo. Se la mente individuale non riesce a cogliere quest'idea
e a vedere che noi stessi (e non i Mahatma) creiamo le nostre possibilità, ancor meno è adatta a
trarre profitto dalle stesse opportunità che essa richiede. La gratificazione della curiosità,
l'accelerare l'interesse per personalità o fenomeni in quanto tali, non sono esaltazioni dell'anima, né
possono far avanzare l'evoluzione dell'individuo. I Mahatma non ci negano la Verità, ma siamo noi
stessi che non la riconosciamo. Quando arriveremo a farne parte, la conosceremo: quando
arriveremo a vivere nelle sue leggi, chi potrà allontanarcene? Il cuore retto grida: "Il mio è mio, se
l'universo mi nega, neanche tutti i Mahatma messi insieme possono comunicarmi una verità in cui
non sono pronto a dimorare. Lo Spirito comunica se stesso; i Maestri interpretano solo la visione,
come gli indovini i sogni dei Re. Sono un re quando lo Spirito mi esalta, reso tale dall'atto super-
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regale, non dalla proprietà. Allora i Sapienti mi insegneranno come governarla. "Il cuore che sceglie
in verità questa parte nobile, ha già sentito il tocco vivificante del Divino. Come Giove antico,
ordina al carrettiere legato alla terra di smorzare le sue grida e di mettere egli per primo la sua spalla
a spingere la ruota.
Consentiamo quindi ai denuncianti di riflettere su quanto siano ignoranti della nostra capacità di
comprendere i dati psicologici e su quanto sia necessario che si sviluppino prima in quella
direzione. Un raggio di luce può scaturire da noi invisibile e sconosciuto, per perdersi nello spazio
più lontano, in mancanza della tempestiva interposizione di una superficie riflettente. Oppure può
fluire direttamente nell'occhio, e anche così può ancora perdersi, se l'occhio non ha il potere di
ricevere l'impressione. Così un tentativo di comunicazione o illuminazione diretta può essere
frustrato per mancanza dell'occhio e dell'anima perspicaci, pronti a riceverlo. Aspetteremo di
ricevere da altre mani, come per miracolo, ciò che non sappiamo cogliere come profitto da
un'esperienza personalmente vissuta? Chi di noi non ha visto un bambino rifiutare con impazienza
gli insegnamenti dei suoi anziani e tornare a casa pieno di stupore e dogmatismo per lo stesso fatto
che qualche compagno gli aveva fatto notare? L'anima forte deve liberarsi da sé. Tra di noi ci sono
davvero quelli che hanno in parte l'occhio spirituale, e i Mahatma, desiderosi di risvegliarlo più
pienamente, di tanto in tanto proiettano un raggio di saggezza che l'occhio non riesce a ricevere e
trasmette a coloro che sono più adatti ad assorbirlo. "Nessun uomo può imparare ciò per cui non ha
la preparazione per imparare, per quanto vicino ai suoi occhi sia l'oggetto. Un chimico può rivelare i
suoi segreti più preziosi a un falegname, che non diventerà così più saggio, mentre il segreto
rivelato a un farmacista avrebbe più successo. Dio ci protegge sempre dalle idee premature. I nostri
occhi non riescono a vedere cose che sono davanti a noi, fino a quando arriva l'ora in cui la mente è
matura; allora le contempliamo, e il tempo in cui non le abbiamo viste ci sembra un sogno."
Andiamo quindi avanti verso questo tempo del raccolto, senza chiedere aiuto, né dubitare che sia a
portata di mano sebbene invisibile, e ricordando soprattutto che ciò che consideriamo reticenza, o
silenzio da parte dei Mahatma, spesso non è che un ordine superiore di parole che ancora non
comprendiamo, ai cui accenti dorati solo uno sforzo instancabile può dare la chiave.
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MAHATMAS — KP Mukkerji
Il punto di vista di un Indù.
Ho letto con grande interesse nel numero di Novembre di PATH, l'articolo intitolato "Alcune note
sui Mahatma". La parola Mahatma, che è solo approssimativamente tradotta "una grande anima",
significa letteralmente "Sé Superiore" - cioè, il nostro Sé Superiore. Nella Chiave della Teosofia
troverete che questo Sé Superiore è chiamato "Manas taijasi", i nostri tre principi superiori, o AtmaBudhi-Manas, che non sono ancora sviluppati in noi. Ognuno di noi ha quindi in sé il germe del
Mahatma.
Come individuo, noi indù chiamiamo Mahatma solo colui che, avendo portato il suo sé inferiore
completamente sotto controllo, ha trasferito la sua coscienza individuale alla coscienza Divina. Egli
agisce all'unisono con essa, e quindi non può commettere peccato. Può avere o meno un corpo
(fisico o astrale); nel primo caso lo chiamiamo "Jivan Mukta", che significa letteralmente "Vivente,
Liberato", nel secondo caso "Nideha Mukta", o "Liberato dal Corpo".
Mukti per noi non significa necessariamente Nirvana, ma solo il suo aspetto più alto. Un Mukta
Purusha, o individuo liberato, quindi può e spesso rimane nel nostro Loka, o sfera, per assisterci
moralmente e spiritualmente fino a quando l'ultima particella del suo Karma, o Vasana, è esaurita, è
entrata nel Nirvana.
È scritto che ci sono sette vie o sette Sentieri per un Upasaka; il primo ( il più basso e il primario) è
l'apprezzamento intellettuale; il secondo è l'autocontrollo (autosacrificio); il terzo è uno Spirito di
umiltà e venerazione per coloro che hanno raggiunto la meta; il quarto è un sentimento di vicinanza,
stretta connessione o amicizia; il quinto, un sentimento di attrazione (come l'attrazione di una madre
per suo figlio); il sesto è l'amore; il settimo (ultimo e più grande) è l'unità — "Soham". Upàsaka!
scegli tu stesso e procedi.
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ALCUNE NOTE SUI MAHATMA - KH
Seguendo il suggerimento del nostro Presidente lo scorso martedì sera, ho cercato di raccogliere le
prove sulla natura dei Mahatma come potevo dai libri teosofici che avevo nella mia biblioteca, non
avendo avuto il tempo di andare altrove. Se ho capito bene Mr. Judge, nell'occasione citata, ha
definito Mahatma , o la grande anima , come un'esistenza puramente spirituale, e quindi di cui si
può parlare propriamente solo al singolare, poiché il puro spirito è necessariamente indifferenziato e
quindi uno e lo stesso. Non sono ancora riuscito a trovare alcuna definizione del "Mahatma" che
implichi un'entità così impersonale. L'approccio più vicino a questa idea è in un articolo anonimo a
pagina 92 di Five Years of Theosophy , intitolato "Mahatma e Chela", che inizia così: “e ha
raggiunto quella conoscenza spirituale che l'umanità ordinaria acquisirà dopo essere passata
attraverso innumerevoli serie di reincarnazioni durante il processo dell'evoluzione cosmica" (a
condizione, ovviamente, che si muova nella giusta direzione). Dopo che una persona del genere,
con un adeguato addestramento nelle successive incarnazioni, si è gradualmente purificata dai
principi inferiori della sua natura, arriva un momento in cui l'entità consiste unicamente di "quel
Manas superiore che è inseparabilmente legato all'Atma e al suo veicolo" ( il sesto principio).
"Quando, quindi", continua lo scrittore, "le persone esprimono il desiderio di vedere un Mahatma,
in realtà sembrano non capire cosa chiedono. Come possono, con i loro occhi fisici, sperare di
vedere ciò che trascende la vista?" "Le cose superiori possono essere percepite solo da un senso che
appartiene a quelle cose superiori; chi quindi vuole vedere il vero Mahatma deve usare la sua vista
intellettuale. Il Mahatma si è identificato con quell'Anima Universale che attraversa l'Umanità, e per
attirare la sua attenzione uno deve farlo attraverso quell'Anima."
Questa definizione fa del Mahatma un'esistenza puramente spirituale, e quindi parte integrante
dell'elemento divino di cui tutti noi in una certa misura partecipiamo.
Ma il Glossario del libro citato (Cinque anni di teosofia) definisce " Mahatma , una grande anima:
un adepto nell'occultismo di prim'ordine", e altri documenti nel libro di Ramaswamier, Damodar e
Mohini parlano di "il corpo fisico vivente", corpo del Mahatma" (p. 452), dei "Fratelli himalayani
come uomini viventi, e non spiriti disincarnati" (p. 45S), e del Mahatma Koothoomi "come una
persona vivente come ognuno di noi".
Lo Scopo della teosofia della Sig.ra Sinnett (p. 70) dice che "i custodi della Conoscenza segreta
sono variamente chiamati Mahatma, Rishi, Arhat, Adepti, Guru Deva, Fratelli, ecc. La maggior
parte di loro ora vive in Tibet. Possono sfidare la materia, la distanza, persino la morte stessa, e
nella routine del loro addestramento sono arrivati a una tale perfezione che il vero uomo spirituale è
indipendente e del tutto padrone del corpo materiale. Molto al di sopra dei migliori Yogi stanno i
Mahatma. La loro esistenza è come esseri umani; sono stati interrogati, ma, d'altra parte, centinaia
di persone non solo li hanno visti e hanno parlato con loro, ma alcuni hanno anche vissuto insieme
per anni sotto lo stesso tetto con i propri Mahatma". La Sig.ra Sinnett dice anche che è risaputo che
"nella formazione della S.T. i fondatori agivano sotto la volontà diretta di alcuni dei Mahatma", e
che gli indù dovevano essere convinti "non dell'effettiva esistenza dei Mahatma come uomini
viventi, perché di questo avevano ampia prova , ma che i fondatori visibili della Società erano in
realtà i loro agenti."
Secondo il Sig. Sinnett, Arhat, Mahatma, Rishi, sono termini intercambiabili. (Buddhismo
Esoterico, p. 49 e segg. ) "Gli Arhat e i Mahatma sono gli stessi uomini. A quel livello di
esaltazione spirituale, la conoscenza suprema della dottrina esoterica fonde tutte le distinzioni
settarie originarie. Con qualunque nome questi illuminati possano essere chiamati , sono gli adepti
della conoscenza occulta, a volte chiamati in India “Fratelli”. La Fratellanza Tibetana è
incomparabilmente la più alta di tali associazioni. I Mahatma stessi sono subordinati di diversi gradi
al capo di tutti "(nell'organizzazione tibetana) .
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Nel libro intitolato "L'uomo", ci viene detto che "la gerarchia degli Adepti fu stabilita dal Dhyan
Chohan per vegliare e proteggere la razza in crescita. Che ci sono sette classi di Adepti, ma si parla
solo di cinque; le ultime due sono conosciute solo dagli iniziati superiori. I capi delle cinque classi
sono conosciuti in Tibet come Chutuktu o gioielli di saggezza.
Nella pagina successiva gli autori ci dicono che "ci sono nove gradi di Adepti, ogni grado ha sette
suddivisioni. Nel sistema brahmanico, i nove gradi sono indicati come i nove gioielli (nava nidhi) ".
"A differenza dell'uomo ordinario, i Mahatma vivono interamente nello spirito. I Mahatma non
ignorano le condizioni della vita quotidiana; simpatizzano pienamente con le masse in lotta
dell'umanità, ma il superiore non può abbassarsi verso il basso; il più basso deve vedere le altezze
sopra di lui, e ridimensionarle se lo desidera. Non si deve mai pensare che i Mahatma siano creatori:
sono solo ispiratori ed educatori. Hanno indubbiamente un lato umano nei loro caratteri, ma è così
inseparabilmente unito alla loro natura spirituale superiore che nessuno che cerchi di dissociare le
due parti del loro essere capirà mai correttamente l'una o l'altra."
Nel PATH , vol. I, No. 9, c'è un articolo su "The Theosophical Mahatmas" di Mme. Blavatsky, in
cui dice: "I nostri MAESTRI non sono un 'dio geloso'; sono semplicemente mortali santi, tuttavia,
superiori a qualsiasi altro in questo mondo, moralmente, intellettualmente e spiritualmente. Per
quanto santi e avanzati nella scienza dei misteri, sono ancora uomini, membri di una Confraternita,
che sono i primi in essa a mostrarsi sottomessi alle sue leggi e regole consacrate dal tempo ". Nello
stesso articolo HPB parla del " Paraguru , IL MAESTRO DEL MIO MAESTRO ". Non sono riuscito a
trovare nessun altro articolo nel primo volume del PATH sull'argomento, tranne uno su "La
reticenza dei Mahatma", che non entra in alcuna definizione della loro natura. Nel n. 3, vol. II, una
lettera firmata "Julius" afferma che "gli esseri di cui parla Edwin Arnold come Mahatma non sono
considerati ' uomini ' in Oriente".
Nel vol. II, n. 4, in un articolo firmato "SB" sulle "Reincarnazioni dei Mahatma", si legge: "Sebbene
la personalità del Maestro reincarnato sia un essere umano, con tutti gli attributi che compongono
qualsiasi altro essere umano, la sua costituzione è naturalmente di un ordine più fine, in modo da
farne uno strumento adatto al lavoro per il quale è stato portato nel mondo. Questa idea, che l'anima
più fine cade naturalmente, reincarnandosi, in un corpo più sottile, è espressa nella Sapienza di
Salomone, 8:20, "Essendo buono, sono entrato in un corpo senza macchia".
Nella Dottrina Segreta , vol. I, pag. 46, la signora Blavatsky definisce Dangma come "un'anima
purificata, uno che è diventato un Jivanmukta, il più alto adepto, o piuttosto un cosiddetto
Mahatma". Nel vol. II, pag. 173, dice che la Terza Razza "ha creato i cosiddetti Figli della Volontà
e dello Yoga, o gli 'antenati' (gli antenati spirituali ) di tutti gli Arhat o Mahatma successivi e
presenti". E a pag. 423 parla dei "grandi Mahatma o Buddha, questi Buddha rappresentano, come ci
viene insegnato, uomini un tempo viventi, grandi Adepti e Santi, nei quali si erano incarnati i 'Figli
della Saggezza', e che erano quindi, per così dire, minori Avatar degli Esseri Celesti."
Patanjali ci dice nel suo terzo libro, Aph. N. 46, che "l'asceta che ha acquisito il controllo completo
sugli elementi ottiene certe perfezioni: vale a dire, il potere di proiettare il proprio Io interiore nel
più piccolo atomo, di espandere il proprio Io interiore fino alla dimensione del corpo più grande,
rendere il suo corpo materiale leggero o pesante a volontà, dare un'estensione indefinita al suo
corpo astrale o ai suoi membri separati, esercitare una volontà irresistibile sulle menti degli altri,
ottenere la massima eccellenza del corpo materiale e la capacità di preservare tale eccellenza una
volta raggiunta." E nell'Aforisma 39 ci viene detto che "il Sé interiore dell'asceta può essere
trasferito in qualsiasi altro corpo e lì avere il controllo completo". L'asceta che ha acquisito la
perfezione del potere discriminante possiede la "Conoscenza che salva dalla rinascita". Quella
Conoscenza "ha tutte le cose e la natura di tutte le cose per i suoi oggetti, e percepisce tutto ciò che
è stato e che è, senza limitazioni di tempo, luogo o circostanza, come se tutto fosse nel presente e
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alla presenza del contemplatore ." Questo può significare solo l'annientamento virtuale del tempo e
dello spazio, e un tale asceta, ci informa il signor Judge, "è un Jivanmukta e non è soggetto alla
reincarnazione. Egli, tuttavia, può ancora vivere sulla terra, ma non è in alcun modo sottomesso al
suo corpo, essendo l'anima perfettamente libera in ogni momento. E tale è ritenuto essere lo stato di
quegli esseri chiamati nella letteratura teosofica Adepti, Mahatma, Maestri.
Jivanmukta significa letteralmente "vita liberata"; Arhat, un "degno"; Rishi, "un rivelatore";
Mahatma, "una grande anima". Vediamo che tutte, o alcune, di queste denominazioni possono
essere facilmente applicate a quegli Esseri che chiamiamo anche "i Maestri", sebbene i termini
stessi possano avere un significato individuale e distinto. Che siano così promiscuamente usati, gli
estratti di cui sopra lo dimostrano a sufficienza. Mostrano anche, mi sembra, che "l'abito con cui lo
vediamo" non è il Mahatma, non più di quanto l'Otello che potremmo vedere sul palco questa
settimana sia il vero Salvini. Aver ottenuto quell'alto vertice di perfezione spirituale noto come "la
grande anima" significa essere diventati indipendenti dalle condizioni umane, e coloro che parlano
dei Maestri come di "uomini esattamente come noi" non possono che riferirsi alla speciale
personalità che per esigenze speciali hanno scelto di assumere per il momento. Così come
identificare un uomo dai suoi mantelli, come un essere che può "trasferirsi in qualsiasi altro corpo e
lì avere il controllo completo" con qualsiasi forma, per quanto perfetta nella bellezza, sotto la quale
possa rendersi visibile ai nostri occhi ottusi. Allo stesso tempo, se dobbiamo credere a Mme.
Blavatsky, sono ancora individui, e non puro spirito, poiché lei dice "sono semplicemente santi
mortali, tuttavia, superiori a qualsiasi altro in questo mondo, moralmente, intellettualmente e
spiritualmente".
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TEOSOFIA DELLA CASA — Julia WL Keightley
I principi teosofici, per essere vitali, devono essere vissuti dall'interno verso l'esterno. Dovrebbero
passare ininterrottamente dallo stato delle idee intuitive a quello dell'attività oggettiva. Il puro
intelletto, l'atteggiamento analitico e agnostico, ritarda questo processo. Mentre scruta il contenuto
del cuore con lo spirito di un doganiere che esamina un bagaglio sospetto, gran parte della forza
della spontaneità di quel cuore si perde. Abbiamo a che fare con questioni di Forza e, da questo
punto di vista, le idee intuitive vengono smorzate nel momento in cui vengono intellettualizzate.
Importa molto per il progresso dell'Umanità che i singoli uomini imparino nella presente
congiuntura a fidarsi dell'impulso del cuore che giace dietro la Natura; che trasmuteranno la
potenza dell'Ideale nel Reale in azione, e così faranno della Teosofia un potere vivente nella Vita.
Nella pratica quotidiana della nostra filosofia abbiamo bisogno di un filo di luce che ci guidi a quel
cuore vivo della Natura da cui la Vita, scaturita, sgorga per animare tutte le vite. Questo indizio si
troverà nelle case tristi e labirintiche degli uomini, troppo spesso dimore di "morti viventi"? Vivere
in condizioni opposte alle leggi della Vita evolve l’attività di quell'ordine separativo che conserva e
paralizza; che distrugge in vista della distruzione come fine, e non come mezzo per ricostruire. Se
potessimo abbandonare la fatale abitudine di considerare gli atti e le condizioni come definitivi e
completi in se stessi, se potessimo vederli interconnessi con l'intero piano della Natura, dovremmo
in quell'aspetto più ampio ritrovare il senso della proporzione, della relatività, dell'interazione degli
stati di Essere, al quale le menti degli uomini oggi o sono estranee o del tutto contrarie.
A proposito del Focolare, sembrerebbe che l'indizio necessario si possa trovare guardando il
Focolare nella sua luce vera, essenziale. La vita è piena di false luci, falsi riflessi del Sé più falso; le
case degli uomini sono per lo più mal viste; sono considerati centri di autoconservazione. Per la
maggior parte delle menti la funzione della Casa, della Nazione, di tutte le organizzazioni è, in
primo luogo, quella di stabilire una distinzione tra la vita di quel centro e altri centri simili; per
contrassegnare una parte della vita per scopi individuali. Questo è parzialmente vero, questo uso
della forza centripeta; ma non si ometta il centrifugo; non si trascurino gli usi dell'interazione. La
Casa è un luogo in cui si raccolgono i risultati della vita personale, un luogo in cui si raccolgono
tutte le concrezioni di una vita perseguita per i propri fini; manteniamo lì gli stessi motivi e piani
centrali inflessibili, resistendo a tutto ciò che si oppone loro. Casa! È un tesoro Kama-lokico in cui
il Sé personale si rilassa in un dominio rivestito di specchi, vedendo se stesso da tutte le parti nelle
sue molteplici speranze e paure. La mia casa, i miei figli, la mia religione, i miei progetti: così recita
il nostro tetro credo. L'uomo o la donna che ha cambiato anche l'accento personale, perché legga la
mia casa , i miei figli , la mia religione , ha fatto un passo verso il Reale, ha intravisto una possibile
alterazione del tenore della vita. Le nostre case, che dovrebbero essere cause, diventano risultati.
Rendiamoli causali e definitivi.
Per fare questo, per elevare la Casa nella scala del Potere, dobbiamo riconoscere che essa è, in
sostanza, una sfera d'azione, un centro di Forza. Sono sempre importanti le forze che originiamo
nelle nostre case. La Casa è una sfera di Vita, non un centro di Forza statica o meccanica; è
un'atmosfera dove suonano aliti divini. Tutti coloro che vi giungono attingono dalle sue energie e
nessuno può andarsene senza avervi contribuito, perché ognuno ha portato e ha tolto la Vita e le
esperienze della Vita. Ciascuno vi entra in contatto con una certa modalità di Forza la cui impronta
permane a favore o contro l'evoluzione. Ogni Casa ha uno spirito che esprime inconsapevolmente;
da questo spirito gli uomini possono imparare, sia che si tratti di saggezza o di follia, ma ciò che è
utile sia per l'abitante che per lo straniero all'interno dei cancelli è quello spirito di ampia tolleranza
che l'educazione moderna mira così spesso a sconfiggere. Non è sufficiente che la Casa sia ospitale
per le persone; sia ospitale per le idee; gli angeli intrattenuti alla sprovvista non sono corpi; è nostro
grande privilegio rendere là onore alle anime.
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Considera con me per un momento che l'anima ha scelto la sua dimora terrena, le sue varie dimore
nella materia, sia del corpo, della famiglia, della nazione, come centri di vita in cui potrebbe
esprimersi al meglio, mentre si evolve e guadagna l'esperienza di cui ora ne ha più bisogno. Eppure
nella Casa moderna abbiamo tentato di cristallizzare la Vita vivente in una forma che rappresenti la
mente del costruttore della Casa! Quando quella Luce vivente che elude la nostra classificazione e
si fa beffe del nostro piano sterilizzante, si riversa nel nostro stampo di argilla e lo rompe, quale
futilità di dolore o di ira ci assale! Quando una linea di Karma viene elaborata, arriva un momento
prezioso in cui è possibile un'ulteriore crescita. In quell'istante le forze della Vita aiutano l'anima
nascente a gettare via un guscio; può, se vuole, entrare in un ulteriore stadio di sviluppo, uno
sviluppo verso una Vita più piena. Eppure, proprio nel momento in cui all'anima diventa possibile
una maggiore libertà, la mente umana nomina questi agenti di liberazione Morte, Perdita,
Delusione, Disperazione, finché l'anima tremante - come è noto che fanno gli esseri umani supplica di poter sentire di nuovo l'avvolgimento sicuro del muro della prigione. La Casa è
mantenuta come una forma superiore di limitazione, ma l'aroma della Libertà è perso.
Come fare allora una Casa che assista quelle anime che vengono ad essa come a un nucleo di Vita,
per imparare lì del Potente Maestro? Non esiste una formula per questa atmosfera più divina. È
creata dal respiro delle anime che vi abitano: sono loro stesse. Questa domanda può benissimo
essere posta e deve essere posta spesso, con intervalli di severo impegno, fissati fermamente tra
ogni domanda, prima che il vero impulso di Casa possa essere comunicato: ogni nuova spinta del
cuore verso questa immagine aiuta nella sua evoluzione, finché a un certo punto, infine, il centro
diventa attuale, dopo che è stato così a lungo e così ferventemente ideale. Le onde vibranti del
Pensiero, pulsando intorno all'immagine, l'hanno spinta attraverso l'etere nell'aria ricettiva, l'hanno
sviluppata da pensiero in azione, da potere latente a potere vivo, presente nel mondo degli uomini.
Sembra quindi che dobbiamo andare nel campo della Forza per la nostra risposta, visto che abbiamo
a che fare con le Forze, e non con un presunto oggetto solido e materiale chiamato Casa. L'essenza
di tutta l'Energia è che deve agire e reagire; nel momento in cui cessa di interagire essa esce
dall'Essere. È impensabile che l'Energia cessi di esistere; sebbene l'uomo nella sua follia si sforzi di
trattenerla nelle celle che costruisce così faticosamente affinché essa le occupi; tuttavia, nella
misura in cui pensa e osserva, arriva a vedere che se vuole fare della sua Casa un centro vivente,
deve prima provvedere alla libera interazione della Vita, al suo interno.
Lo fa per mezzo di due grandi forze occulte. La prima di queste è l’Armonia. Parola magica, così
spesso ripetuta, così poco conosciuta! Armonia! Con il suo vero uso l'uomo, lo schiavo, diventa
l'uomo mago, il maestro, bilanciando le Forze della propria esistenza. Non è da presentare in poche
parole, né da inserire verbalmente tra le copertine di un libro. È da cercare, da vivere, da sentire, ma
non da descrivere. Non è amabilità, né allegria, né sentimento, né simpatia per coloro che possiamo
comprendere escludendo l'ampio Tutto, la cui unica esperienza comune è il Dolore. Sottoprodotti
questi; aggiunte parziali e temporanee che scompaiono negli spasmi più feroci della Vita. Pazienza,
forse? La pazienza ha una sfumatura di tristezza; deve fondersi con l'Appagamento, il suo Sé
superiore deve farne esperienza prima di poter toccare questo accordo maestro dell'Armonia. Nella
Voce del Silenzio ci viene detto che la vera Compassione è Armonia; Mi sembra di descriverla come
accettazione totale della Legge, armonioso adattamento della mente al flusso e riflusso della Vita.
Le continue alterazioni nel modo di agire della Vita che sentiamo nella nostra vita, non sono altro,
realmente, che gli sforzi della Legge per riaggiustare quelle vite, portandole in linea con le correnti
della Vita in quell'etere, quell'atmosfera, quel soffio celeste che riversa le sue onde di marea
attraverso le nostre sfere nel continuo sforzo di adattare le loro pulsazioni individuali all'azione
universale? Non abbiamo mai pensato che la Vita dovesse strapparci dalle sabbie prima di lanciarci
nel mare senza rive? Il male a cui non si resiste è quell'apparente dolore che deriva dalla rottura
delle nostre speranze e abitudini sotto l'azione di una Legge più ampia. Considerare la Casa come
un luogo dove la Vita può andare e venire liberamente; insegnare a ogni cuore all'interno di quella
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Casa a gettarsi liberamente sulla Grande Natura; fidarsi ampiamente della Vita; così, fratelli,
amministreremo fedelmente la nostra abitazione.
Da questo punto di vista, la Casa ha uno scopo universale. I nostri figli non sono nostri; sono i figli
della Vita; le loro anime scintille dell'Anima-Madre, i loro corpi formati da vite di Madre-Natura.
Noi e loro ci siamo incontrati, non per caso, ma di proposito. Siamo qui l'uno per l'altro e viceversa,
il nostro scopo è quello di imparare di più sulla vita in compagnia. La Legge umana ci obbliga a
nutrire, vestire e allattare i nostri figli; la Legge divina esige che noi facciamo lo stesso con le loro
menti. Sta a noi aiutare questi Ego ad evolvere i loro poteri e addestrare i loro pensieri. Possiamo
aiutare la loro costruzione del cervello con semplici dimostrazioni dell'Unità di tutte le cose, delle
analogie della Natura. Possiamo mostrare loro che ogni modello mai creato dall'uomo è stato
modellato su una delle sue forme, che ogni pensiero che la mente pensa abbia effetto nella Vita
circostante; possiamo chiamare in nostro aiuto le maree, i venti, le stelle nel loro corso; nessun
esempio è troppo elevato per servire lo scopo della vera Casa.
Le nostre relazioni con i nostri compagni di casa devono essere la nostra prima e continua
illustrazione di queste verità. Dobbiamo guardare all'essenza delle cose, vederle nelle loro relazioni
più ampie, informare tutti i nostri rapporti con Amore, Compassione, Armonia; le evocheremo in
altri cuori se non le abbiamo effuse dal nostro? NO; NO; solo le nostre vite sono maestre e aiutanti
degli uomini: la nostra bella lingua è nulla. L'atto, e non la parola, è eloquente.
La tolleranza è la seconda Forza necessaria. È Armonia espressa in relazione all'umanità. Apre la
mente e addolcisce il cuore. Arricchisce la vita individuale di molte esperienze non ancora proprie,
poiché all'uomo tollerante vengono rivelati molti enigmi dell'esistenza. Nella pura praticità questa
qualità è preziosa in ogni forma di vita civile. È la Porta del Cielo, quel Cielo che è Armonia. Un
bambino perviene al suo uso con la stessa prontezza del saggio, anche più prontamente.
Se continuamente e fermamente consideriamo i pensieri e le azioni dal punto di vista della Forza,
vediamo che l'uomo evolve determinate Forze, facendole giocare nel bene e nel male in quel centro
che chiama Casa. La Casa non è un giocattolo che abbiamo costruito per noi stessi; è una
propaggine del Karma in cui l'uomo incontra i suoi giusti debiti e deve pagarli; non una
speculazione privata per il perseguimento di obiettivi personali, ma un punto focale dell'Universale
e del Divino; un punto di attrito, se si vuole, tra spirito e materia, ma la gara è per l'avanzamento e
non per il regresso dell'anima umana. Le nostre case dovrebbero essere così vitali per il benessere
della comunità che ognuna di esse dovrebbe lasciare la propria orbita ed inserirsi come pianeta
nell’orbita del sistema. È lì, e non altrove, che gli dei ci aspettano. L'Anima diffonde il suo mite
splendore su queste case degli uomini e le reclamerebbe per sé; le avrebbe usate per proteggere gli
ego non ancora nati; per il dispiegamento più profondo dei nostri poteri latenti; come altari del
ministero della razza. Lascia che il cuore dell'Amore governi te e la tua casa, e presto tutto andrà
bene per te e per tutti noi.
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AGLI ASPIRANTI CHELASHIP - William Q. Judge
Il sincero interesse per la verità teosofica è spesso seguito da una sincera aspirazione alla vita
teosofica , e la domanda si ripresenta continuamente: quali sono le condizioni e i passi per il
discepolato; a chi deve essere presentata la domanda; come fa l'aspirante a sapere che gli è stato
concesso di farla?
Per quanto riguarda le condizioni e la disciplina del discepolato , non poco è stato rivelato in The
Theosophist, Man, Esoteric Buddhism e altre opere sulla Teosofia; e alcune delle qualifiche, delle
difficoltà e dei pericoli sono state esposti in modo molto esplicito da Madame Blavatsky nel suo
articolo sui "Mahatma teosofici" nel PATH del dicembre 1886, sullo sviluppo attraverso il quale
vengono prodotti i Maestri; lo studio ponderato di questo articolo è vivamente consigliato. Pulirà il
terreno da diversi malintesi, approfondirà il senso della serietà di un tale sforzo ed ecciterà una sana
sfiducia in se stessi, che è meglio avvenga prima che dopo che il cancello è stato varcato.
È del tutto possibile, tuttavia, che la ricerca del desiderio e della forza suscitata da quell'articolo
possa solo convincere più fortemente sulla sincerità, ma pochi lettori ne emergano con uno scopo
più ricco e una risoluzione più profonda. Anche dove non c'è una chiara intenzione di raggiungere il
discepolato, può esserci un ardente desiderio di una maggiore vicinanza ai Maestri, di qualche
sicura certezza di guida e di aiuto. In entrambi i casi, la domanda sorge immediatamente davanti
all'aspirante: chi deve ricevere la domanda e come deve essere significata la sua accettazione?
Il passo molto naturale, anzi istintivo, di un tale aspirante è scrivere a un funzionario della Società
Teosofica. Nondimeno questo è un errore. Perché la Società Teosofica è un corpo exoterico, la
Loggia dei Maestri è interamente esoterica. Il primo è un gruppo volontario di ricercatori e
filantropi, con scopi dichiarati, una Costituzione stampata e resa nota pubblicamente; inoltre,
espressamente negato ad essa qualsiasi potere, come Società, di comunicare con i Maestri.
Quest'ultima è una Loggia Occulta, del cui indirizzo, membri, processi, funzioni non si sa nulla. Ne
consegue, quindi, che non c'è nessuna persona, nessun luogo, nessun indirizzo a cui un aspirante
possa appellarsi.
Si supponga, tuttavia, che una tale indagine sia rivolta a una persona avanzata nello studio
dell'occulto, esperta nei suoi metodi, nelle prove e nelle qualifiche. Sicuramente la sua risposta
sarebbe direttamente in questo senso:
"Se tu fossi ora idoneo ad essere un chela accettato, sapresti da solo come, dove e a chi rivolgerti.
Perché il diventare un chela in realtà consiste nell'evoluzione o nello sviluppo di certi principi
spirituali latenti in ogni uomo, e in gran parte sconosciuta alla tua coscienza attuale. Fino a quando
questi principi non saranno in una certa misura coscientemente sviluppati da te, non sei in possesso
pratico dei mezzi per acquisire i primi rudimenti di quella conoscenza che ora sembra così
desiderabile dalla tua mente o dal tuo cuore; essa è una questione importante, che non deve essere
risolta da nessuno che non abbia ancora la chiave del Sé.
È vero che queste qualità possono essere sviluppate (o forzate) con l'aiuto di un Adepto. E la
maggior parte dei candidati al discepolato sono mossi dal desiderio di ricevere istruzioni
direttamente dai Maestri, mentre non si chiedono cosa hanno fatto per meritarsi un privilegio così
raro. Né considerano che, essendo tutti gli Adepti servitori della Legge del Karma, ne consegue che,
se il richiedente ora meritasse il loro aiuto visibile, lo possederebbe già e non dovrebbe cercarlo. Gli
indizi del compimento della Legge sono, infatti, il parziale dispiegamento di quelle facoltà sopra
richiamate.
Devi, quindi, raggiungere un punto diverso da quello in cui ti trovi ora, prima ancora di poter
chiedere di essere assunto come chela in prova. Tutti i candidati entrano nella Loggia invisibile in
questo modo, ed essa è governata da Leggi che contengono in sé il proprio compimento e non
richiedono alcun funzionario di sorta. Né dovete immaginare che un tale aspirante sia uno che
lavora sotto la costante e nota direzione di un Adepto o di un altro chela. Al contrario, viene messo
alla prova per almeno 7 anni, e forse molti di più, prima di raggiungere il punto in cui viene
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accettato (e preparato per la prima di una serie di iniziazioni che spesso copre diverse incarnazioni)
o rifiutato. E questo rifiuto non è da parte di alcun gruppo di uomini proprio come essi pensano, ma
è il rifiuto naturale da parte della Natura. L'allievo può o meno ascoltare il suo Maestro durante
questo periodo preliminare; più spesso non sente. Potrebbe essere finalmente respinto e non saperlo,
proprio come alcuni uomini sono stati in libertà vigilata e non l'hanno saputo finché non si sono
trovati improvvisamente liberi. Tali uomini sono quelle persone auto-sviluppate che hanno
raggiunto quel punto nell'ordine naturale dopo molte incarnazioni, dove le loro facoltà espanse
hanno dato loro il diritto di entrare nella Sala dell'Apprendimento o nella Loggia spirituale, al di là.
E tutto ciò che dico degli uomini vale anche per le donne.
Quando qualcuno viene regolarmente accettato come chela in prova, il primo e unico ordine che
riceve (per il momento) è di lavorare altruisticamente per l'umanità — a volte aiutando e aiutato da
qualche chela più anziano — mentre si sforza di liberarsi della forza dell’idea personale. I modi per
farlo sono lasciati interamente alla sua intuizione, in quanto l'obiettivo è sviluppare quell'intuizione
e portarlo alla conoscenza di sé. È il suo avere questi poteri in una certa misura che porta alla sua
accettazione come probazionista, quindi è più che probabile che tu non li abbia ancora se non come
possibilità latenti. Per avere a sua volta un titolo di aiuto, deve lavorare per gli altri, ma non deve
essere questo il motivo per cui lavora. Colui che non si sente irresistibilmente spinto a servire la
Razza, sia che fallisca lui stesso o no, è legato saldamente dalla propria personalità e non può
progredire finché non ha imparato che la razza è lui stesso e non quel corpo che ora occupa. La base
di questa necessità di un motivo puro è stata recentemente affermata in Lucifero, dove si dice: "a
meno che l'intenzione non sia interamente pura, la volontà spirituale si trasformerà in quella
psichica, agirà sul piano astrale, e da essa possono essere prodotti risultati disastrosi. I poteri e le
forze della natura animale possono essere ugualmente usati dall'egoista e vendicativo, come
dall'altruista e indulgente; i poteri e le forze dello spirito si prestano solo ai perfettamente puri di
cuore».
Si può affermare, tuttavia, che anche quelle forze naturali non possono essere scoperte da nessun
uomo che non abbia ottenuto il potere di liberarsi in qualche misura della propria personalità. Che
un desiderio emotivo di aiutare gli altri non implichi questa libertà dalla personalità può essere
dedotto dal fatto che se tu fossi ora perfezionato nell'altruismo nel vero senso della parola, avresti
un'esistenza cosciente separata da quella del corpo e saresti in grado di abbandonare il corpo a
volontà: in altre parole, essere liberi da ogni senso di sé significa essere un Adepto, poiché le
limitazioni dell'egoismo inibiscono il progresso.
Ascolta anche le parole del Maestro, tratte da quelle di Sinnett ne Il mondo occulto: "Forse
apprezzerete meglio il nostro significato quando vi diremo che, a nostro avviso, le più alte
aspirazioni per il benessere dell'umanità si contaminano con l'egoismo se, nella mente del
filantropo, si annida l'ombra di un desiderio di auto-beneficio o di una tendenza a commettere
ingiustizia, anche quando questi esistono inconsciamente a lui stesso.”
Nell'esporre questi fatti, così come i pericoli e le difficoltà, sia quelli stabiliti dalle leggi della
Loggia sia quelli più innumerevoli giudicati dal Karma e affrettati dagli sforzi del neofita, si
dovrebbe anche affermare che il desiderio dei Maestri non è quello di dissuadere alcuuno
dall'intraprendere il sentiero. Sono ben consapevoli, tuttavia, dalle ripetute prove e testimonianze di
secoli, e dalla loro conoscenza delle nostre difficoltà razziali, quanto poche siano le persone che
hanno un indizio della loro vera natura, che è il nemico che tentano di conquistare al momento
diventano allievi dell'occulto. Quindi si sforzano, per quanto il Karma lo consente, di trattenere gli
individui inadatti da imprese avventate i cui risultati si ripercuoterebbero sulle loro vite squilibrate e
li porterebbero alla disperazione. I poteri del male, sfidati in modo inadeguato dall'uomo ignorante,
si vendicano su di lui così come sui suoi amici, e non su coloro che sono al di sopra della loro
portata. Sebbene questi poteri non siano orribili forme oggettive che arrivano in modi tangibili, sono
nondimeno reali e pericolosi. La loro discesa in tali casi non può essere impedita; è Karma.
Perdere ogni senso di sé, quindi, implica la perdita di tutto ciò che gli uomini comuni apprezzano di
più in se stessi. È quindi necessario considerare seriamente questi punti:
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1°. Qual è il tuo motivo nel desiderare di essere un chela?
Pensi che quel motivo ti sia ben noto, mentre è nascosto nel profondo di te, e da quel motivo
nascosto sarai giudicato. È divampato da regioni invisibili su uomini sicuri di sé, ha vomitato in
qualche lurido pensiero o azione di cui si ritenevano incapaci e ha rovesciato la loro vita o la loro
ragione. Perciò mettiti alla prova prima che il Karma ti metta alla prova.
2°. Quali sono il posto e i doveri di un vero neofita.
Dopo aver riflettuto seriamente per 21 giorni, puoi, se il tuo desiderio rimane fermo, intraprendere
un certo corso a tua disposizione. Tutto quì. Anche se ora non sai dove puoi presentarti ai Maestri
stessi come chela in prova, tuttavia, formando quel desiderio nel tuo cuore e riaffermandolo (se lo
fai) dopo la debita considerazione di questi punti, allora hai in una certa misura invocato la Legge,
ed è in tuo potere costituirti in discepolo, per quanto dipende da te, attraverso la purezza del tuo
movente e del tuo sforzo, se entrambi i requisiti sono sufficientemente sostenuti. Nessuno può
fissare un periodo in cui questo sforzo darà i suoi frutti e, se la tua pazienza e la tua fede non sono
abbastanza forti da sostenerti attraverso un periodo illimitato (per quanto ne sai) di lavoro
disinteressato per l'umanità, faresti meglio a rinunciare alla tua attuale fantasia, perché non è altro
che questo. Ma in caso contrario, devi lavorare per l'illuminazione spirituale dell'Umanità attraverso
la Società Teosofica (che ha molto bisogno di tali lavoratori), e in tutti gli altri modi e piani come
meglio puoi, ricordando la parola dei Maestri; "Chi fa quello che può, tutto quello che può, e tutto
quello che sa fare, fa abbastanza per noi." Questo compito include quello di spogliarsi di ogni
personalità attraverso uno sforzo interiore, perché quel lavoro, se fatto con lo spirito giusto, è ancora
più importante per la razza di qualsiasi lavoro esteriore che possiamo fare. Vivendo come sei ora,
principalmente sul piano esteriore, il tuo lavoro è dovuto lì e deve essere svolto lì finché la tua
crescita non ti consentirà di abbandonarlo del tutto.
Seguendo questo corso, lavori verso un punto fisso sotto osservazione, — come è, in effetti, l'intero
corpo teosofico , che ora è, come corpo , un chela di Maestri, ma specializzato da altri membri nel
senso che il tuo obiettivo definito e la fiducia siano compresi e presi in considerazione dai Fondatori
invisibili e dalla Legge. La Società Teosofica, quindi, sta nei tuoi confronti, per il momento, come
potrebbe fare qualsiasi chela più anziano che è stato nominato per te per aiutarti e per lavorare. Non
sei, capisci, un chela in libertà vigilata, poiché nessuno senza autorità può conferire o annunciare un
tale privilegio. Ma se riuscirai ad elevare te stesso e gli altri spiritualmente, si saprà, qualunque sia
il silenzio esteriore, e riceverai tutto ciò che ti spetta da Coloro che sono debitori onesti e ministri
della Legge Giusta e Perfetta. Devi essere pronto a lavorare, ad aspettare e ad aspirare in silenzio ,
proprio come fanno tutti coloro che hanno fissato gli occhi su questa meta. Ricorda che il tuo vero
consigliere deve essere trovato e cercato costantemente dentro di te. Solo con l'esperienza puoi
imparare a distinguere la sua voce da quella dell'istinto naturale o della mera logica, e rafforzare
questo potere, in virtù del quale i Maestri sono diventati ciò che sono.
La tua scelta o rifiuto di questo corso è la prima prova di te stesso. Altri seguiranno, che tu ne sia
consapevole o no, perché il primo e unico diritto del neofita è essere elaborato. Quindi silenzio e
dolore seguono la sua accettazione invece dell'offerta di pronto aiuto che cerca. Eppure anche
questo non mancherà; quelle prove e rovesci verranno solo dalla Legge a cui ti sei appellato."
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RISHEES, MAESTRI E MAHATMAS — Lakshman
Caro fratello, sono un indù, e sebbene in sostanza - nel mio uomo interiore – sia uguale ai tuoi
compagni di lavoro in Occidente, accade, attraverso la sottile azione del karma, che, avendo un
corpo nato dagli indù, con sangue indù e tutta la storia degli indù dietro di me, sono diverso. Non lo
considero nient'altro che un "incidente di nascita", come si suol dire, ovviamente causato della legge
e dall'ordine, poiché non ammettiamo mai alcun incidente nella realtà, e consideriamo quella parola
come quella che designa per il tempo qualcosa che non possiamo solo per il momento spiegare. Ma
essendo come sono, mi è facile guardare la vita, l'uomo, la natura da tutt'altro punto di vista rispetto
a quello che vedo spesso preso dalla mente occidentale. E quell'altro punto di vista aggiungerà
sicuramente qualcosa al mio bagaglio di esperienza e conoscenza generale.
Dalla mia posizione e dal mio rango mi è sembrato strano che nel vostro Occidente così tante
persone dubitino dell'esistenza di personaggi che sono stati chiamati con molti appellativi ma tutti
con lo stesso significato. Li chiamiamo Rishee, a volte Mahatma, a volte Guru, altre volte Guru
deva e ancora Sadhu. Ma che dire di tutti questi nomi: indicano tutti la stessa cosa, lo stesso fine, la
stessa legge e lo stesso risultato. Sfogliando i vecchi numeri del Theosophist nella nostra biblioteca
qui, trovo di tanto in tanto apparenti proteste da parte di miei connazionali contro l'uso dei nomi dei
Mahatma, ma mai alcuna protesta contraria alla dichiarazione dell'esistenza di tali esseri. Ne ricordo
uno in cui la saggia e meravigliosa HPB era ad Adyar, in cui l'autrice rimprovera severamente per
aver rilasciato qualsiasi nome: puoi leggerlo tutto se lo desideri, e come potrai vedere chiaramente,
è il tentativo di dichiarare ancora una volta l'esistenza di quegli esseri. Pensiamo che sia molto
strano che l'Occidente dubiti dell'esistenza di uomini che nell'ordine della natura devono esistere, o
che la natura sia una bugia; a volte ci chiediamo perché tutti voi abbiate così tanti dubbi. Nessun
dubbio è nelle nostre menti. Forse alcuni di noi possono ogni tanto dubitare che tale e talaltro
Rishee o Mahatma fosse il Guru di tal dei tali, ma il fatto generale della loro esistenza non lo
mettiamo in dubbio; devono esistere, e se lo sono, allora deve esserci un posto per loro sulla terra.
Ora ne conosco alcuni e ho conversato in privato con alcuni dei miei amici che hanno rinunciato al
mondo; sono quelli che chiamate yogi e bramacharis, che mi hanno detto di aver visto e incontrato
altri della stessa classe e tutti raccontano la stessa cosa storia e dichiarando l'esistenza del loro
ordine. Esistono così tante prove di questo tipo per qualsiasi osservatore sincero, che non abbiamo
alcuna esitazione nella nostra convinzione.
Una volta pensavo che gli occidentali non avessero mai avuto alcuna traccia di tali esseri tra di loro,
e li scusai, poiché il loro karma sembrava duro per aver spiazzato uomini e donne così nobili, o
piuttosto anime così nobili. Ma dopo che il mio Guru-deva mi ha detto di leggere alcune opere e
documenti del popolo occidentale, ho scoperto che esso ha quasi tante testimonianze quanto noi,
anche tenendo conto della terribile materialità della tua civiltà e del potere paralizzante del
sacerdozio. Hai un Paracelso, i Rosacroce, Boehme, Cagliostro, St. Germain, Apollonio, Platone,
Socrate e schiere di altri. Ecco una vasta massa di testimonianze sul fatto dell'esistenza di una o più
scuole e di persone da esse inviate a lavorare nel mondo occidentale. Guardando oltre mi sono
imbattuto nei Rosacroce, ordine ormai evidentemente estinto, e imitato da coloro che ora portano
avanti ordini derivati che si potrebbero chiamare appunto bazar o botteghe. Ma una volta esisteva il
vero ordine, e sono sicuro che uno, o due o più, dei vecchi compagni sono sulla terra. Sono stati
insegnati dai nostri più anziani Maestri e hanno portato a casa la conoscenza dai vecchi viaggi
orientali dei Crociati. Se guardi nella storia non trovi traccia dell'ordine prima di quel momento. È
quindi un'altra testimonianza per l’esistenza degli Adepti,de i Rishee, e di quelli conosciuti come
Mahatma. Quindi il karma non ha lasciato l'Occidente senza le prove.
Ho anche visto con dolore scritti di uomini di letteratura che non dovrebbero mai essere colpevoli
del reato di falsificazione, in cui si diceva con derisione che il Mahatma non è conosciuto in India,
che la parola non è conosciuta e che il nome dato di uno non è nemmeno indiano. Tutto questo è
menzogna. La parola Mahatma è ben nota, così come Rishee; anche il nome attribuito a uno dei
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Maestri di HPB è noto in India. Mi sono preso la briga di cercarlo nelle fonti europee nel momento
in cui uno di questi studiosi pronunciò la menzogna, per avere la prova che l'Occidente aveva
l'informazione, e trovai in un libro antico e molto usato, un dizionario del nostro Nomi indiani, il
nome del Mahatma. Tali bugie sono imperdonabili e senza dubbio il karma darà a questi uomini
molte bugie per ostacolare il loro progresso in un'altra vita, perché ciò che dai ricevi in cambio.
Alcuni di noi si sono opposti alla divulgazione dei nomi dei Maestri perché abbiamo un
grandissimo sentimento della sacralità del nome di tale persona e non desideriamo rivelarlo
all'uomo comune, proprio come ad un uomo buono che ha una buona moglie non piace che il suo
nome venga sparso e usato da molti uomini malvagi o bestiali. Ma non abbiamo mai obiettato al
fatto che si stia discutendo dell'esistenza dei Rishee, perché sotto quella convinzione sta l'altra,
quella della possibilità che tutti gli uomini raggiungano la stessa condizione.
Infine, mi sembra che la ragione per cui l'Occidente insiste così tanto sul fatto che i Maestri non si
rivelano per aiutarli è che l'Occidente è orgoglioso e personale, e pensa che qualsiasi uomo che si
faccia avanti e chieda loro giudizio e la loro approvazione, dev’essere dimostrato, come fosse un
semplice mito o la parola inutile di una persona piccola. Ma sappiamo il contrario, e ogni uomo può
provare da sé che i nostri umili fachiri e yogi non vogliono l'approvazione dell'Occidente e non
andranno da esso per procurarsi alcun certificato. Quando qualcuno ci va, è perché i suoi poteri
sono in declino e ha ben poco per cui vivere.
Spero che i tuoi amici non dubiteranno del grande fatto che rappresenta l'esistenza dei Maestri, ma
lo sentiranno e lo metteranno in atto per il bene della razza.
NOTA:
1. Questa lettera è pubblicata come contributo sulla questione dell'esistenza dei "Maestri" di cui si
parla tanto spesso nella letteratura della S.T. e specialmente da HPB. Chi scrive è un lettore di
questa rivista e senza dubbio anche di tutte le altre, in tute le società.
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ESERCIZI SPIRITUALI
Una scuola esoterica ha sempre due sezioni: una teorica l’altra pratica. Se manca una delle due, la
scuola, semplicemente, non esiste.
Sotto l’aspetto comportamentale, oltre a quello che si fa a scuola, è molto importante quello che si
fa nella vita di ogni giorno, ovvero il modo in cui le teorie e le tecniche apprese a scuola vengono
impiegate nelle relazioni mondane.
A mò di esempio, presentiamo cinque esercizi atti a trasformare il consueto rapporto con il mondo.
1) Concentrazione
Questo esercizio serve per imparare a convogliare la volontà su un punto ben preciso, come può
essere un qualsiasi oggetto semplice, immaginando e richiamando altri pensieri che hanno attinenza
con l’oggetto. E’ necessario seguire in modo cosciente il corso dei pensieri. Si comincia con cinque
minuti, poi si aumenta fino ad un termine fissato dalla suola L’esercizio dev’essere eseguito senza
alcuno sforzo.
2) Azione Pura
L’esercizio permette di allenarsi nell’agire per agire, e consiste nell’imporre a se stessi un compito
quotidiano, assolutamente inutile, senza scopo, determinato il giorno prima. Esso tende ad
indebolire l’impulso dell’Ego a compiere una azione dal quale non può trarre alcun beneficio.
3) Equanimità
Cercare di sospendere le reazioni istintive dovute alle emozioni. In altre parole, si tratta di lasciare
esprimere l’emozione, assumerne volontariamente la forza emotiva, rimanendo impassibili.
4) Positività
Proporsi vari oggetti e vedere in ognuno di essi il bello ed il buono, prescindendo dagli aspettyi
negativi.
5) Spregiudicatezza
Esprimere un giudizio senza tenere in alcuna considerazione il passato. Aprirsi, senza pregiudizi, a
nuove esperienze. Disincantarsi dalle cristallizioni presenti nella memoria sotto forma di pregiudizi.
Questo esercizi vanno eseguiti con una certa frequenza per esaminare i miglioramenti ottenuti nel m
processo di CONOSCERE SE STESSI.
crescita non ti consentirà di abbandonarlo del tutto.
Seguendo questo corso, lavori verso un punto fisso sotto osservazione, — come è, in effetti, l'intero
corpo teosofico , che ora è, come corpo , un chela di Maestri —, ma specializzato da altri membri
nel senso che il tuo obiettivo definito e la fiducia sono comprese e prese in considerazione dai
Fondatori invisibili e dalla Legge. La Società Teosofica quindi sta nei tuoi confronti, per il
momento, come potrebbe fare qualsiasi chela più anziano che è stato nominato per te per aiutarti e
per lavorare. Non sei , capisci, un chela in libertà vigilata, poiché nessuno senza autorità può
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conferire o annunciare un tale privilegio. Ma se riuscirai ad elevare te stesso e gli altri
spiritualmente, si saprà, qualunque sia il silenzio esteriore , e riceverai tutto ciò che ti spetta da
Coloro che sono debitori onesti e ministri della Legge Giusta e Perfetta. Devi essere pronto a
lavorare, ad aspettare e ad aspirare in silenzio , proprio come fanno tutti coloro che hanno fissato gli
occhi su questa meta. Ricorda che il tuo vero consigliere deve essere trovato e cercato
costantemente dentro di te. Solo con l'esperienza puoi imparare a distinguere la sua voce da quella
dell'istinto naturale o della mera logica, e rafforzare questo potere, in virtù del quale i Maestri sono
diventati ciò che sono.
La tua scelta o rifiuto di questo corso è la prima prova di te stesso. Altri seguiranno, che tu ne sia
consapevole o no, perché il primo e unico diritto del neofita è essere processato. Quindi silenzio e
dolore seguono la sua accettazione invece dell'offerta di pronto aiuto che cerca. Eppure anche
questo non mancherà; quelle prove e rovesci verranno solo dalla Legge a cui ti sei appellato."
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IL SENTIERO DEL DISCEPOLO
Per rispettare la verità, bisogna parlare di un piccolo volume scritto da Annie Besant che è stato
pubblicato con il titolo Il Sentiero del Discepolo e che, in realtà, è la raccolta di quattro discorsi che
la seconda Presidente della Società Teosofica tenne ad Adyar nel 1895.
Combattente nata, Annie Besant fondò l’Ordine Mistico della Rosacroce, due giornali in India,
scrisse molte opere sia di teosofia che di lotte sindacali, ebbe una vita burrascosa ed una Presidenza
lunga e difficile. Il libro di cui parliamo forse è il meno conosciuto in ambito teosofico, certamente
il meno applicato.
Si compone di quattro parti (una per ogni discorso) che hanno i seguenti titoli:
I I Primi Passi Karma Yoga- Purificazione
II I Requisiti del Discepolo – Dominio della Mente- Meditazione – Formazione del carattere
III La Vita del Discepolo – Il Sentiero Probatorio – Le quattro iniziazioni
IV Il Futuro Progresso dell’Umanità
Nella prima parte del primo capitolo l’autrice affronta il problema del Karma Yoga, dapprima
parlando dei Guna (le tre energie della Natura: Sattva, Rajas, Tamas), quindi dei cinque sacrifici
quotidiani che il devoto deve fare:
- Sacrificio ai Deva
- Sacrificio agli Antenati
- Sacrificio delle cognizioni
- Sacrificio agli Uomini
- Sacrificio agli Animali
Infine sottolinea il dovere che ogni discepolo ha nei confronti della propria famiglia, della Società,
del Mondo. In altre parole parla del Dharma.
Con questo termine la Besant intende la Disciplina del Corpo della propria natura inferiore,
attraverso la padronanza di sé e la moderazione.
Bisogna eliminare le passioni, la collera, perdonando le offese, vincendo il male con il bene,
tendendo all’unione di tutte le cose. Bisogna trasformare l’egoismo in altruismo che rappresenta il
massimo dell’amore. Dare senza nulla chiedere in cambio.
Eliminare l’ingordigia e la cupidigia, cercando di vivere nel mondo senza legami mondani.
La meta del Sentiero è quella che conduce all’Unione; non bisogna mai lasciarsi trascinare
dall’illusione dei guna.
Gli enunciati sono brevi, pieni di significato ed altamente nobili. La loro attuazione è impossibile
senza una guida adeguata che permetta a ciascuno, individualmente, di affrontare i propri problemi.
La Besant apre subito la sua conferenza cercando di rispondere ad una domanda che possiamo che
possiamo considerare valida ancor oggi:
“Quale importanza hanno esse (le regole della Teosofia) mai per la vita dell’uomo nel mondo,
circondato com’è dalle necessità della vita, dalle attività del mondo fenomenale, distolto
continuamente dal pensare ad un unico Sé, costretto senza tregua dal karma a prendere parte alle
multiformi attività?”.
La molteplicità nasce dall’esigenza di dare al mondo una infinita varietà, Il primo atto della vita
evolutiva dovrà tendere alla pluralità, cioè costituire delle esistenze separate solo apparentemente,
ma legate assieme dal Sé che nell’individuazione multipla si presenta debole e limitato. La vita può
evolvere solo nella pluralità, ma tendendo all’Unità. Se il tutto fosse stato predisposto per rendere
piana e dritta la via dell’evoluzione, sarebbe stato una specie si schema fisso all’interno del quale
l’uomo si sarebbe mosso come un automa. Invece l’uomo oggi deve districarsi in un groviglio
apparentemente caotico che può essere dipanato operando con intelligenza e ragione. Lentamente
gli uomini diventeranno saggi e perfetti, diventeranno una sola cosa sotto il dominio di una Legge
che avranno incorporato, fatta propria, sotto la guida di Maestri e Guide divine che aiuteranno
l’umanità a raggiungere il fine.
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L’uomo corre sfrenatamente in ogni direzione sotto l’influenza delle tre energie della Natura, quelle
chiamate Guna, che modificano incessantemente il mondo, e si identifica continuamente con questa
attività, totalmente affascinato dalle illusioni che si producono. L’attività dei Guna è tutto ciò che
l’uomo riesce a vedere della vita. La Purificazione si ottiene dal controllo dei Guna, dal controllo di
ogni parte del corpo, dal controllo della mente. La parola chiave di questo processo è
“moderazione”, un termine che può assumere diversi significati a seconda dei limiti all’interno dei
quali si deve operare. Ad esempio, fra la reazione brutale ad una provocazione e la sottomissione
passiva, si pone il perdono; l’amore può essere considerato la mediazione fra la passione e
l’insensibilità; la dazione disinteressata si pone fra l’egoismo e l’altruismo; ecc.
La mediazione è possibile se si ha il controllo del corpo e della mente, facoltà quasi sconosciuta per
il comune mortale, la cui esistenza è guidata dall’Ego, padrone assoluto.
Bulimia. Sono pochi quelli che sanno rinunciare ai piaceri della tavola, considerando l’abbuffata un
diritto dopo una faticosa giornata di lavoro, o un premio settimanale da spendere in trattoria. Ma
quanto detto non fa male solo all’imprudente mangiatore, ma anche alla comunità. Il pianeta Terra è
un sistema chiuso, ovvero ha un certo numero di risorse che debbono bastare per tutti: se qualcuno
mangia di più, qualcun altro mangia di meno. E ancor peggio, in questa sfrenata goduria ci sono
molti sprechi: basti pensare che i beni alimentari gettati ai rifiuti in un anno basterebbero a sfamare
gli affamati del mondo!
L’amore per la buona tavola, come detto, è un vizio abbastanza comune. Sia mangia per ingoiare,
non per fame, con il risultato che lo stomaco si riempie a dismisura. La prima conseguenza è che lo
stomaco non ha spazio per le sue contrazioni allo scopo di preparare il materiale che dovrà passare
all’intestino; la digestione è lunga e pesante con conseguenze che interessano tutto il corpo:
- L’intestino non trova il materiale nelle condizioni di poterlo assimilare regolarmente; una
parte sfugge, un’altra va al fegato che deve scomporre le molecole complesse in molecole
più semplici;
- Il sistema urogenitale soffre a livello dei reni; il pancreas deve fornire più insulina; il cuore
deve pompare più sangue per sostenere lo sforzo dei vari organi;
- Il cervello cerca di sopperire al malfunzionamento in tutti i modi possibili, ma alla fine la
sonnolenza è il sintomo di essere poco alimentato di sangue;
- La mancanza di movimento non aiuta gli organi nel loro lavoro ed anche la respirazione
talvolta ne risente per la spinta che il diaframma riceve da parte dello stomaco sovrappieno;
- Le calorie in eccesso il corpo non le disperde ma la conserva sotto forma di grassi; l’obesità
che ne deriva aumenta le criticità dell’organismo nella sua interezza.
Tabagismo Assieme all’alcoolismo e all’enolismo, sono avvelenamenti cronici che interessano
larghi strati sociali. Il tabagismo è una droga voluttuaria e può essere di due tipi: acuto e cronico. Il
primo avviene di solito nei fumatori novizi e può essere combattuto con alimentazione adatta,
lassativi e diaforetici, sostenendo le condizioni del cuore e del sistema nervoso. Il secondo si
manifesta con respirazione affrettata o troppo lenta, irregolare, difficile; tosse, catarro,
infiammazioni della faringe.
Attraverso l’aria che inspiriamo entra il prana (l’energia vitale di cui parleremo altrove) e, questo lo
sanno tutti, entra l’ossigeno che attraverso la piccola circolazione, dai polmoni passa al sangue e poi
viene distribuito alle cellule. I polmoni dei fumatori sono coperti da una spessa coltre nera dovuta
alla nicotina, alla piridina e derivati, all’ossido di carbonio, all’acido cianidrico, alla cartina (nelle
sigarette) e ad una piccola quantità di arsenico. Le scorie del fumo e lasciano passare poco ossigeno,
impoverendo in tal modo il sangue. Per fare un esempio, è come colare il caffè con un filtro
intasato.
La nicotina è un potentissimo veleno. Una sanguisuga applicata ad un fumatore di tabacco forte,
dopo venti minuti se ne stacca e muore. Ciò significa anche che il veicolo di trasporto della nicotina
nel corpo è il sangue.
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Il sangue povero di ossigeno arriva alle cellule, perfino a quelle dei vasi capillari (ne abbiamo 40
miliardi sparsi in tutto il corpo), e si rivela insufficiente al loro funzionamento. Il cervello viene
informato di questa crisi e cerca di rimediare aumentando il numero di respirazioni ed i battiti del
cuore. Ma i risultati sono quasi sempre scarsi. Inoltre, a sua volta, riceve sangue poco ossigenato,
con grave compromissione di tutte le sue funzioni.
I danni a carico dell’apparato circolatorio sono in prevalenza polso frequente o lento, aritmie,
emotività cardiaca e, in qualche caso, sincope. I danni a carico dell’apparato digerente si rivelano in
stomatiti, lingua impastata, lesioni dentarie, inappetenza, digestione difficile, gastrite cronica, atonia
intestinale, ecc. I danni al sistema nervoso sono depressioni mentali, incubi notturni, insonnia,
amnesia, svogliatezza, disturbi alla vista, mancanza di volontà, vertigini, ecc. L’azione del fumo è
particolarmente spiccata sui centri cerebrali, sul sistema vago, sul simpatico, sui vasi sanguigni e
sulle fibre muscolari.
Oggi, in Italia, vi è una buona legge restrittiva, ed i pericoli derivanti dal fumo sono ben messi in
evidenza su tutte le confezioni di tabacco e sigarette. Ciò nonostante, si calcola che già all’età media
di 10-11 anni i giovani cominciano a fumare, ed il fenomeno si allarga sempre più, rappresentando
un assurdo fisiologico, educativo, economico e sociale.
Il cancro ai polmoni è una delle patologie più gravi in campo oncologico e provoca un gravissimo
onere allo Stato. Ma c’è di peggio: il fumatore costringe a fumare anche quanti gli sono vicini, ed il
fumo passivo sembra sia più pericoloso di quello attivo. Si pensi alle famiglie con bambini piccoli
che vivono in spazi ristretti. Negli spazi pubblici è regolamentato, ma se pensiamo al numero dei
fumatori ed alle sigarette fumate, anche chi passeggia per le strade ha modo di fumare.
Alcoolismo. L’alcool è considerato un alimento che brucia rapidamente nell’organismo e determina
una certa quantità di energia; genera anche un passeggero stato di benessere e di euforia, diventando
in tal modo un forte e facile tentatore. L’azione dell’alcool è di breve durata ed è seguito da una
prostrazione di forze; se rappresenta un uso abituale, anche a dosi moderate, costituisce un pericolo
di avvelenamento per l’organismo.
Acquaviti e liquori sono veleni che, per l’alta percentuale di alcool, e per le essenze contenute,
guastano rapidamente lo stomaco, il fegato, i reni, il cuore; distruggono l’intelligenza e la ragione,
predispongono alla pazzia e abbreviano la vita. L’alcoolismo porta a lesioni degli apparati nervosi,
ottenebra la coscienza, abolisce il senso della responsabilità; per questo motivo carceri e manicomi
hanno molti ospiti. Purtroppo anche questo fenomeno è molto diffuso fra i giovani e calcola che
l’età media di assunzione di alcoolici sia la stessa del fumo: 10-11 anni.
La condanna dell’alcool deve essere totale e definitiva.
Enolismo. Tutte le critiche e le accuse che si muovono all’alcool possono essere rivolte al vino,
anche se questa bevanda, fin dai tempi più remoti sia stata considerata salutare. Occorre tenere
presente che fra il vino e l’alcool vi sono profonde differenze sia come costituzione che come
azione fisiologica, rischi di danneggiamento, ecc. I rischi del vino sono inferiori a quelli dell’alcool,
ma non sono da trascurare.
Il vino prodotto dall’uomo da tempo immemorabile, introdotto in tutte le case, legato alla nostra
agricoltura, ha al suo attivo la prova dei secoli, la gioia di milioni di palati, gli inni dei poeti di ogni
tempo, il plauso degli uomini di ogni età. Ma è necessario distinguere l’uso dall’abuso. Mentre l’uso
del vino in lavori pesanti aiuta l’uomo attraverso velocissimi scambi metabolici che bruciano e
consumano, altrettanto non si può dire di quanti lo bevono al di fuori dei pasti, ubriacandosi. Il
risultato è la paralisi dei centri inibitori, i danni al fegato, le intossicazioni, l’alterazione dei centri
nervosi fino al delirio, al delitto, alla pazzia. Enolismo e Alcoolismo sono molto simili come veleni
e rappresentano un pericolo sociale; oltre ai danni economici, producono l’indebolimento dei corpi
e il malfunzionamento di molti organi, soprattutto l’apparato digerente e la psiche.
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Proprio i disturbi psichici sono quelli che portano agli stati depressivi che molti ritengono di poter
superare dedicandosi alla magia. Ma l’esoterismo non può essere considerato una panacea per tutti i
mali, un surrogato dell’educazione familiare o scolastica, un sostituto del servizio sanitario.
Come per l’alcoolismo, anche l’enolismo è molto gradito ai giovani fin dall’età adoscenziale ed i
rischi sono incalcolabili, anche perché vanno a sommarsi a quelli di altri vizi.
Droga. Coma definizione generale, una droga è una sostanza vegetale aromatica che serve a dar
sapore a cibi o bevande (per esempio pepe, cannella, vaniglia). In farmacologia, la droga è qualsiasi
prodotto naturale contenente uno o più principi biologicamente attivi.
Nel senso oggi corrente, una droga è una qualsiasi sostanza che, se inalata, iniettata, fumata,
ingerita, sciolta sotto la lingua, assorbita attraverso un cerotto sulla pelle o da diverse mucose,
provoca un temporaneo cambiamento psico-fisico nel soggetto, il suo umore e le sue attività
mentali.
La droghe più diffuse sono l’eroina, il metadone, la morfina, l’oppio, la coca in foglie, la cocaina,
l’LSD, le anfetamine, le metanfetamine, la ketamina, ecc.
Le droghe peggiori, per l'esposizione individuale, sono le quattro sostanze alcol, nicotina, cocaina
ed eroina che rientrano nella categoria "ad alto rischio.
Le droghe sintetiche sono: l’oppio e derivati oppiacei (morfina, eroina, metadone, fentanyl ecc.); le
foglie di Coca e derivati; l’Amfetamina e derivati amfetaminici (ecstasy e designer drugs); gli
Allucinogeni (dietilammide dell'acido lisergico - LSD, mescalina.
Fondamentalmente i tipi di droghe sono tre: droghe deprimenti: oppiacei, barbiturici,
tranquillanti; droghe stimolanti: cocaina, anfetamina, derivati anfetaminici, caffeina, GHB, smartdrugs, antidepressivi, khat; droghe allucinogene: canapa indiana e derivati, LSD, mescalina,
ketamina, psilocibina.
Per quanto concerne la durata ,I test urinari rivelano l'uso di amfetamine, cocaina ed oppiacei
presenti negli ultimi 2-3 giorni, La Marijuana ed i suoi metaboliti, i cannabinoidi, possono essere
rilevati per diverse settimane, il metadone, i barbiturici e le benzodiazepine possono essere rilevate
per circa una settimana.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità "sono da considerare sostanze stupefacenti tutte
quelle sostanze di origine vegetale o sintetica che agendo sul sistema nervoso centrale provocano
stati di dipendenza fisica e/o psichica, dando luogo in alcuni casi ad effetti di tolleranza (bisogno di
incrementare le dosi con l'avanzare dell'abuso) ed in altri casi a dipendenza a doppio filo e cioè
dipendenza dello stesso soggetto da più droghe".
In base agli effetti farmacologici e' possibile distinguere le droghe in:
•
•
•
droghe deprimenti: oppiacei, barbiturici, tranquillanti;
droghe stimolanti: cocaina, anfetamina, derivati anfetaminici, caffeina, GHB, smart-drugs,
antidepressivi, khat;
droghe allucinogene: canapa indiana e derivati, LSD, mescalina, ketamina, psilocibina.
Altra classificazione invece suddivide le sostanze stupefacenti e psicotrope nei seguenti gruppi:
OPPIACEI
STIMOLANTI
DEPRESSIVI
ALLUCINOGENI
CANNABIS e derivati
Oppio
Cocaina
Barbiturici
Mescalina
Marijuana
Morfina
Amfetamine
Tranquillanti
L.S.D.
Hashish
Eroina
Crack
-
DOM (S.T.P.)
Olio di hashish
Metadone
-
-
Ecstasy o M.M.D.A.
-
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Tutte le sostanze psicoattive agiscono sul cervello sfruttando il
complicato circuito dei neuroni responsabili del piacere.
Le droghe possono essere oggetto di abuso, generando una forte dipendenza, sia fisica che
psichica.
•
•
La dipendenza psichica è legata al pensiero di non poter più vivere senza la droga
generando sintomi di astinenza emotivo-motivazionali come, ad esempio, uno stato di
disagio o di insoddisfazione frequente, una ridotta capacità di provare piacere, o ansia.
La dipendenza fisica è innescata dalla capacità delle droghe di alterare alcuni importanti
processi che hanno luogo nel cervello. Il corpo si adatta alla presenza della sostanza e non
riesce a farne a meno soffrendo, in caso di un consumo insufficiente, di crisi di astinenza che
causano sintomi anche molto intensi. Pensiamo ad esempio alla dipendenza da
psicofarmaci.
Gli effetti della droga sull’organismo sono diversi a seconda della sostanza utilizzata. Alcune ti
faranno sentire più sveglio, vigile ed energico. Altre ti daranno una sensazione di calma e relax.
Alcune alterano le tue percezioni e possono causare allucinazioni. Altre ancora potrebbero farti
sentire insensibile.
L’uso a lungo termine e dosi maggiori di droga hanno effetti negativi che possono danneggiare
seriamente la salute. I danni che provoca la droga sono molteplici, compresi i rischi di malattia
virale dovuti alla condivisione di aghi e danni permanenti al cervello e ad altri organi.
Effetti delle droghe sul sistema nervoso
Le droghe agiscono sul sistema nervoso alterando l’equilibrio dell’organismo e generando una
forte dipendenza. Gli effetti della droga sul sistema nervoso sono diversi e le vittime principali
sono i neurotrasmettitori: sostanze che permettono al nostro sistema cerebrale di funzionare
correttamente, pensiamo a endorfina, serotonina e dopamina.
L’uso di cocaina, ad esempio, modifica la corteccia prefrontale, l’area che controlla il
comportamento e la capacità decisionale, fino a provocare crisi e sofferenza associabili a quelle
della schizofrenia paranoide. L’effetto delle droghe sul sistema nervoso è molto subdolo, poiché
quel breve piacere iniziale costa vuoti di memoria nel cervello paragonabili a quelli degli anziani,
fino a portare a demenza precoce e Alzheimer.
Quali sono gli effetti della droga sul sistema nervoso?
Tutte le droghe aggrediscono le cellule del cervello e hanno effetti negativi. Una grave
conseguenza dell’assunzione di droghe sul sistema nervoso centrale è la diminuzione della
capacità di apprendimento, di memorizzazione, della capacità affettiva e di giudizio critico.
Inoltre, i soggetti che assumono droga da giovani, risultano avere un minor controllo sugli
impulsi, non coordinano bene i movimenti e tendono all’aggressività. Sono proprio i ragazzi a
cadere vittime della droga: ansia sociale e adolescenza minano la loro autostima spingendoli
verso la dipendenza da sostanze. L’alcol, ad esempio, può essere utilizzato dai ragazzi per sentirsi
più sicuri nelle situazioni sociali, diventando una sorta di sostegno disadattivo per la fobia sociale.
Per i giovanissimi che consumano marijuana e simili, inoltre, ci sono maggiori pericoli di disturbi
psicologici e psichiatrici che possono sfociare nella schizofrenia.
Effetti fisici della droga
Ci sono altre conseguenze della droga a breve e lungo termine, soprattutto sul corpo umano.
Alcuni di questi danni possono essere gravi e forse irreversibili. Le droghe, inoltre, possono
portare a comportamenti rischiosi. Quando si fa uso di sostanze:
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•
•
•
È più probabile che si abbia un incidente (a casa, in macchina o ovunque tu sia). Gli effetti
della droga sulla guida sono tra i più noti. Le droghe incidono pesantemente sulle capacità di
attenzione, impedendo destrezza, lucidità e prontezza di riflessi normalmente richieste per
una guida corretta e sicura.
Potresti commettere un'aggressione o altri atti violenti.
Potresti trovare difficile dormire, pensare, ragionare, ricordare e risolvere i problemi.
L’uso di droghe può anche portare a danni fisici a lungo termine che includono:
Danni a organi e sistemi del corpo, come gola, stomaco, polmoni, fegato, pancreas, cuore,
cervello, sistema nervoso. Gli effetti della droga sull’apparato respiratorio possono essere
molto pericolosi e spesso fatali.
• Malattie infettive per iniezioni condivise e aumento dell'incidenza di comportamenti a
rischio.
• Danni al bambino se si è in gravidanza. La tossicodipendenza e genitorialità è un tema molto
delicato: quando i genitori vivono una condizione di tossicodipendenza, non riescono ad
assicurare la serenità di un ambiente sano e stabile e il bambino, sin da subito, vivrà un forte
disagio.
• Acne o lesioni cutanee. Gli effetti della droga sul viso possono essere i primi segni
identificabili di abuso di sostanze e malattie sistemiche correlate.
• Segni di aghi e vene collassate. Sono gli effetti più visibili della droga sulla pelle costituiti
da linee di minuscoli punti scuri (punture) circondate da un’area di pelle scura o schiarita.
• Calvizie.
• Crescita dei peli di tipo maschile nelle donne, come quelli del viso.
• Problemi alla mascella e ai denti dovuti al serrare e digrignare i denti. Carie, perdita dei
denti, infiammazioni gengivali e alitosi sono tra gli effetti della droga sui denti più comuni.
Oltre a quelli sul corpo umano, la droga produce effetti anche sulla personalità e sulla mente:
•
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•
•
•
Sbalzi d'umore e comportamento irregolare.
Psicosi (perdere il contatto con la realtà).
Isolamento dai propri cari e dagli amici.
Risentimento inespresso e rancori segreti.
Sesso. E’ certamente l’argomento più difficile, controverso, contraddittorio, antico, problematico,
complesso, riservato, malinteso, e molto altro, che si possa incontrare. Tutti ne parlano e, forse,
nessuno lo conosce. Eppure è un tema fondamentale che non si può eludere perché condiziona la
gran parte degli esseri umani (e non solo).
Per lungo tempo la vita sessuale è stata considerata qualcosa di osceno ed è stata minimizzata,
degradata, demonizzata: un’attività da fare al buio, di nascosto anche del partner, se possibile. Vista
alla luce di oggi, troviamo un mondo capovolto, dove la vita sessuale è svalutata, oggetto di
violenza e di commercio, priva di qualsiasi valore morale, comportamento animalesco (con tutto il
rispetto per gli animali che la sanno vivere).
La vita sessuale è uno dei due impulsi fondamentali dell’essere umano, l’altro è l’alimentazione. Si
tratta di un rapporto emozionale e soggettivo che va vissuto come una corrente dell’essere e del
vivere. L’atto sessuale può essere piacevole, meraviglioso e sacro (state lontano dai bigotti),
qualcosa di esaltante che avviene fra due esseri alla pari, non rivali, convergenti, tendenti all’unità.
Un breve viaggio per conoscere cosa ne pensano le religioni lascia sbigottiti: si passa dal sacro al
peccato, dai divieti alle proibizioni, all’esaltazione del celibato e della castità, tanto predicata da
quanti non hanno capito che tali astinenze sono la negazione della nostra esistenza.
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Soltanto il Buddhismo ha capito il vero senso della vita e nel suo terzo ramo, il Vajrayana,
attraverso la disciplina dei Tantra, ci ha indicato la via verso l’unione cosmica degli opposti, verso
quella energia primordiale da cui derivano tutti gli esseri e tutte le cose.
L’uomo e la donna, con l’atto sessuale, sperimentano lo stesso genere di reazione che fa girare il
mondo, sul suo asse, fa crescere il raccolto, maturare i frutti; rappresenta la riunione dei due poli
opposti. Nell’atto sessuale, l’uomo-elettrico incontra la donna-magnetica, la forza cosmica scorre
fra i due, irradia e polarizza l’atmosfera circostante. Ma questo può avvenire solo quando tutto
avviene secondo l’ordine cosmico, la successione delle azioni che attraverso gli otto passi percorre
il rapporto e determina in ciascuno la fusione dei suoi tre corpi (fisico, causale e sottile). In fondo al
percorso c’è l’estasi!
Ma il Tantrismo non si ferma alla teoria, ci insegna anche il modo in cui condurre il processo per
raggiungere il fine, ci descrive il rituale segreto (Panchatattva), l’atto sessuale vero e proprio (il
Maithuna), partendo dal locale poco illuminato in cui deve avvenire (una stanza linda, pulita e
ventilata, adornata di fiori freschi, vasi con porzioni di cibo, bicchieri di vetro, una brocca d’acqua,
una caraffa di vino, due candele su candelabri, essenza di muschio); poi un bagno comodo e
profumato, dove una veste di seta attende il corpo nudo della donna (la shakti) ed una vestaglia
quello dell’uomo (il sadhaka).
Quindi si avvia il rito, composto da 12 fasi, durante le quali tutti i sensi dei due attori vengono
fortemente impregnati; al termine la coppia giace in uno stato di estasi che si prolunga a piacimento
senza alcun orgasmo. E’ l’estasi lo scopo del Maithuna, non la copula fisica: l’atto sessuale non è
nella congiunzione degli organi ma nella mente e rappresenta un’unione sacramentale dove l’uomo
è Shiva e la donna è Parashakti.
Per il mondo occidentale questo è un sogno e non è un caso che ci sia un intenso turismo sessuale
verso l’India del Tantrismo. A dire il vero l’esperienza viene offerta anche in Occidente, ma è molto
diversa dall’originale. L’emisfero terrestre di sinistra (l’Occidente) assomiglia all’emisfero sinistro
dell’essere umano, mentre quello di destra (l’Oriente) rappresenta l’emisfero destro. Nessun uomo
nato in Occidente può diventare un vero monaco buddhista, come nessuna donna nata in Occidente
può diventare un gheisa. In Oriente il sole sorge e tende al massimo splendore, in Occidente è allo
zenith e tende al tramonto; all’est tutto è quasi impalpabile, ha una densità lieve e sospesa, una
dolcezza innata, un accostamento che incanta; ad ovest regna la materia dura, il confronto, lo
scontro.
Oggi, dalle nostre parti, il rapporto sessuale (tranne pochi casi fra adolescenti e innamorati alle
prime armi) è qualcosa di meccanico che ha la parvenza di un panmixia, un tocca e fuggi, una
stanca abitudine fra coniugi adulti che vanno a letto stanchi dopo una lunga giornata di lavoro. Non
siamo in grado di vivere il presente, di dar valore al gesto, qualunque esso sia, nel momento in cui
avviene: tutto vale in funzione del futuro attingendo al passato, l’uomo è solo una connessione.
L’aspirante discepolo che chiede di essere iscritto ad una associazione esoterica, spesso chiede di
fuggire da questo mondo pieno di esistenze che bruciano, per trovare un ambiente nel quale vi siano
corpi che riposano. Ecco allora la necessità di capire, con il dovuto tatto, chi è sessualmente
l’aspirante e che cosa si aspetta dall’associazione. Non è un fattore secondario, anzi è fondamentale
in quanto il valore attribuito alla vita sessuale confligge direttamente, nel cervello, con l’area in cui
opera la mente e, alla fine, uno dei due soccombe. Non è un buon risultato, meglio evitarlo. Si
potrebbe anche dire che nella fase di purificazione il fattore sessuale non abbia molta importanza
(anche se non è vero), ma l’impatto diviene evidente nella fase del discepolato quando si insegna il
controllo delle passioni ed il controllo della mente.
Religione. La religione è la droga di più lunga durata, quella che ti cuoce lentamente nel profondo
fino all’ultimo respiro. L’ho lasciata per ultima perché la ritengo l’informazione meno importante,
essendo spesso proprio essa la causa di una ricerca disperata del senso della vita e della fiducia in
se stessi. Sapere la religione di provenienza serve solo a conoscere il tipo e il grado di
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avvelenamento che il richiedente ha subito, per poter poi studiare la terapia da applicare per la
disintossicazione.
La Teosofia non avvelena nessuno perché non vende verità, saggezza, poteri magici di qualsiasi
genere. Lo scopo della Teosofia è, in un certo senso, di derivazione socratica perché, con una
maieutica tutta particolare aiuta il discepolo a cercare in se stesso ciò che mai potrà trovare al di
fuori di sé ed ha nei suoi Maestri delle guide che non premiano e non puniscono: si limitano solo a
portare per mano verso quel sentiero che ciascuno dovrà percorrere per conto suo.
Passate in rassegna le sette tentazioni (sette!) sopra esaminate, che nella vita moderna accalappiano
l’uomo nella sua disperata ricerca della felicità (leggere in proposito Krishnamurti), possiamo
meglio comprendere la Besant quando ci parla di dovere e di sacrificio volontario come interesse
primario nel processo di purificazione. Indica gli insegnamenti della Bhagavad Gita come la via
della moderazione vissuta sotto forma di disciplina costante della natura inferiore, e non come
tortura. Consiglia la scelta di una sana alimentazione, la cura del corpo con la necessaria cultura
fisica: niente passioni, niente libertinaggio, niente evasioni nel nulla per poi cadere nel peggio.
Risparmiare energia evitando la collera, non inseguire la via della vendetta ed anche quella biblica
del “dente per dente”, praticare il più possibile il metodo del perdono: rendere amore per odio,
vincere il male con il bene. Questa è la purificazione che si compie nel mondo dell’azione.
La pratica dell’ingordigia porta ad uno smodato desiderio di guadagno, ad un egoismo spietato che,
sebbene inteso come ricerca del benessere della famiglia, alla fine si risolve in un danno. Fare del
bene in modo disinteressato non aiuta ad arricchirsi, ma consuma l’egoismo sul rogo ardente sul
quale siede l’Io, lasciando spazio alla rigenerazione dei sentimenti. Bisogna vivere nel mondo ma
svincolati dai legami del mondo, perseguire la conoscenza come cibo per la mente, e cercare nel
proprio cuore l’aspirazione a quel qualcosa in più che permette di vivere più nobilmente di quanto
non si faccia oggi. Le cose del mondo si amano con la natura inferiore, ma l’aspirazione dev’essere
sempre quella di cercare qualche cosa che oltrepassi le cose terrene.
La meta del Sentiero è l’Unione per mezzo dell’Azione, procedendo con equilibrio fra amici e
nemici, guardando a tutto le cose con occhio equanime. I doveri dell’individuo nel mondo sono
scritti nel Dharma, la Buona Legge, dove sono fissati i doveri da adempiere, è assegnato il posto in
cui operare e la base educativa sulla quale deve compiere la sua istruzione. Fare il proprio dovere
senza attendersi dei risultati, superare lo stadio dell’uomo bambino che vive fra punizioni e
ricompense, vivere la moralità.
Chi ha il compito di accettare o respingere la domanda di iscrizione alla scuola teosofica, deve
attentamente valutare se e quante siano le tentazioni che avvolgono l’aspirante discepolo, ma deve
indicare chiaramente quanto lo aspetta nel prosieguo del sul cammino spirituale. Quello che
comunemente viene chiamato “il mondo della realtà”, non è il mondo della Teosofia: il richiedente
deve trasferirsi, senza armi e senza bagagli, dal vecchio mondo ad un nuovo mondo, sapendo quello
che lascia, ma anche quello che trova, come insegnamento per una nuova vita. L’atto di iscrizione è
un contratto che si stipula fra la scuola teosofica e l’aspirante, con impegni precisi dall’una e
dall’altra parte; è un contratto che può essere ritirato in qualunque momento, senza alcuna clausola
rescissoria, ma non va preso alla leggera. Non basta fornire i propri dati anagrafici, perché sono
proprio quelli che l’aspirante deve perdere per entrare in un nuovo mondo.
Certo, la fase di purificazione è propedeutica a quella dell’insegnamento, quella in cui il passato è
alle spalle e ben altri sacrifici sono richiesti per la formazione di un nuovo carattere che cancelli i
comportamenti della vita mondana.
Se non ci sono le premesse per stipulare il contratto, dall’una e dall’altra parte, è meglio lasciar
perdere e dedicarsi ad altro.
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