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martedì 14 marzo 2017

TORNA PRESTO, LULÙ! di Jeanette Flot


La scuola della maestra Serafina si chiama 《Il melo verde》e funziona a meraviglia. C'è un'unica classe con solo dieci scolari, sei maschi, e cioè Silvano, Berto, Chicco, Toto, Luigino e Matteo, e quattro femmine, che sono Marta, Beatrice, Matilde e Lulù.
Poi ci sono le due colombe Pia e Lia, Gervaso, il pesce rosso, e Baffina, la gatta nera che cerca sempre di bere l'acqua del vaso di Gervaso.
Sono già tre anni che i bambini frequentano la scuola della maestra Serafina.
Poi, un giorno, Lulù non va a scuola. Sembra che non stia per niente bene, che sia molto stanca. Passano due mesi, ma Lulù non si vede. La sua mamma è venuta a parlare con la maestra e ha detto che Lulù è molto malata, che è una cosa grave e che la stanno curando all'ospedale, in città. I suoi compagni non possono andarla a trovarla, però possono scriverle.
Di tanto in tanto arriva qualche notizia: Lulù non migliora e non peggiora, bisogna avere pazienza e aspettare. I nove bambini e la maestra Serafina sono davvero molto tristi.
Passano le settimane e passano i mesi.
Sembra che Lulù stia meglio. Però il suo posto rimane vuoto.
Poi, una mattina, il postino porta una lettera della mamma di Lulù.
Lulù è guarita. Potrebbe anche tornare a scuola, il dottore è d'accordo, però...
Però cosa?
Lulù ha perso tutti i capelli, i suoi bei capelli ricci, rossi come il sole quando tramonta. E così Lulù non vuole tornare a scuola, perché si vergogna.
I suoi compagni sono molto tristi e non sanno cosa fare. Il piccolo Berto scoppia in un pianto disperato. Allora la maestra Serafina prende una decisione:

 - Ora scriviamo a Lulù e le diciamo di tornare a scuola!
I bambini, tutti insieme, scrivono una lettera. Poi Matilde, che ha una bella calligrafia, la ricopia:
《Cara Lulù, adesso sei guarita e noi ti aspettiamo. A noi non importa niente che tu non abbia più i capelli. E poi i capelli ricrescono, e saranno ancora più belli! Ti stiamo preparando una sorpresa per farti festa quando tornerai. Torna, Lulù, ormai sei guarita. Ti mandiamo tanti baci.》
Tutti i bambini firmano la lettera, e anche la maestra Serafina. La mettono in una busta, incollando il francobollo e la imbucano. Ora bisogna solo aspettare.
Un lunedì mattina Lulù torna a scuola, un po' intimidita e un po' pallida. In testa porta in cappellino.
Poi viene il momento delle sorprese! Ogni bambino porge a Lulù il regalo che le ha preparato: Silvano le dona una barchetta di sughero, Marta una collana di perline colorate, Matteo una gomma da masticare mai usata, ancora nella sua carta, Chicco un ritratto di Lulù dentro una cornice, perché Chicco è bravo a disegnare, Toto le regala il suo fischietto da arbitro, Beatrice un mazzolino di mughetti, Luigino una famiglia di uccellini di carta e Matilde la sua palla rossa con le stelline bianche.
E Berto? Dov'è Berto?
Berto non c'è, nessuno l'ha visto.
Tutti si mettono a chiamarlo: - Berto! Berto!
Allora la porta dell'armadio delle scope si apre piano piano ed esce Berto con la testa rapata e liscia come un uovo.
Tutti i bambini esclamano insieme: - Berto! Perché ti sei tagliato tutti i capelli?
E Berto risponde: - È la mia sorpresa! Ieri sono andato con la mamma dal barbiere e mi sono fatto pelare la testa, così adesso siamo uguali, io e Lulù. Adesso possiamo fare a gara per vedere a chi crescono prima i capelli!
Lulù ascolta, poi fa un piccolo sorriso e alla fine scoppia a ridere. Si toglie il cappello e va a sedersi al suo posto.


Tratto da Penne, Matite e Astucci -Storie di scuola
Einaudi Ragazzi

martedì 7 febbraio 2017

MANUALE DEL GUERRIERO DELLA LUCE n.01 - Paulo Coelho

Un guerriero della luce non dimentica mai la gratitudine.
Durante la lotta è stato aiutato dagli angeli. Le forze celestiali hanno messo ogni cosa al proprio posto, permettendo a lui di dare il meglio di sé.
I compagni commentano: "Com'è fortunato!"
E talvolta il guerriero ottiene assai più di quanto le sue capacità consentano.
Perciò quando il sole tramonta, si inginocchia e ringrazia il Manto Protettore che lo circonda.
La sua gratitudine, però, non è limitata al mondo spirituale: egli non dimentica mai gli amici, perché il loro sangue si è mischiato con il suo sul campo di battaglia.
Un guerriero non ha bisogno che qualcuno gli rammenti l'aiuto degli altri: se ne ricorda da solo, e divide con loro la ricompensa.

Paulo Coelho

venerdì 16 dicembre 2016

UN ORSETTO BUBI BU PER NATALE

Mi presento: sono Bubi e faccio parte degli orsacchiotti di peluche del tipo "Bu". Noi orsetti Bu abbiamo una una pelliccia di color grigio chiaro,  il naso rosa, le orecchie grandi e una macchia bianca intorno ad un occhio. Abbiamo poi un gran pancione,  sul quale i bambini possono appoggiare la guancia per godersi la morbidezza della nostra pelliccia folta e calda. Quando un bambino si addormenta sulla pancia di un orsetto Bu, fa dei sogni bellissimi: animali, fate, maghi, luoghi incantati, prati fioriti e foreste magiche. 
Noi orsetti Bu accompagnamo da sempre i bambini attraverso i loro sogni. Ecco perché i bambini, da sempre, ci amano molto. 
Sono nato nella fabbrica di giocattoli di Babbo Natale, in un posto sperduto tra i ghiacci del Nord (vicino al Polo). Nella fabbrica di Babbo Natale lavorano gli gnomi,  insieme ai nani, ai trolls, agli elfi e alle fate che ogni anno progettano e disegnano tanti nuovi giochi da regalare a tutti i bambini del mondo. 
Quando gli gnomi Gaddo e Tina hanno finito di cucirmi le zampette e le orecchie,  mi hanno portato da Babbo Natale che mi ha detto:

- Caro Bubi, benvenuto al mondo! Tu sei l'ultimo degli orsetti Bu, come te non ce n'è più! 

- E perché? - gli ho chiesto io.
- Perché i bambini non vogliono sognare, non gli interessa più... Preferiscono altri giochi: vogliono correre sulle loro biciclette, sfidarsi con il computer, desiderano palloni con cui organizzare tornei di calcio e pallacanestro tutti insieme... Mi dispiace,  ma gli orsetti Bu non sono più richiesti. Tu sei proprio l'ultimo! 
- Ma allora io dove andrò? Da quale bambino? - ho domandato un pò triste.
-  A dire il vero, non c'è ancora un bambino che ti abbia chiesto,  ma sei stato fatto ugualmente,  per restare qui con noi e farci compagnia fino a Natale,  poi vedremo, insomma... se sei bravo e ti comporti bene, vedrò di sistemarti. Ti troverò un posto, fidati di me.
Così sono qui nel palazzo di Babbo Natale e ho un sacco di tempo per esplorarlo, guardarmi intorno, fare domande agli gnomi, a Babbo Natale, alle renne... 
Per questo tutti mi chiamano "Bubi Bu orsetto curioso".


Dovete sapere che quando i bambini, per pigrizia o perché se ne dimenticano, non spediscono la letterina di Natale, Babbo Natale lascia che siano gli gnomi a scegliere per loro un regalo. Ma anche a Babbo Natale, certe volte, capita di sbagliare. È il caso del piccolo Giovanni. 
L'anno scorso Giovanni aveva scritto la sua bella letterina, con tanto di indirizzo giusto, bella calligrafia e tutto il resto. 
Purtroppo, però, questa finì in un mucchio piuttosto sfortunato:
Quel giorno Babbo Natale aveva aperto la finestra dello studio per prendere una boccata d'aria e una folata do vento aveva sparpagliato sul pavimento tutte le letterine che stavano sulla scrivania. 
Mentre le raccoglieva, la letterina di Giovanni andò a infilarsi proprio sotto il comò e lì rimase fino a quando l'elfo maggiordomo non la trovò intorno a Pasqua, il momento in cui, anche al palazzo di ghiaccio, so fanno le grandi pulizie. 
L'elfo la mostrò a Babbo Natale che, un pò mortificato per la sua distrazione, la mise in un cassetto deciso a rimediare l'anno successivo. 
Quel Natale fu un pò una delusione per Giovanni, che sotto l'albero trovò gli scacchi, un gioco difficile al quale non aveva mai giocato e per il quale non provava alcun interesse. 
Giovanni è un bambino piuttosto paziente. E, poiché sapeva di aver combinato qualche guaio e di aver detto qualche piccola bugia, non la prese troppo male: si tenne i suoi scacchi e si riprese dalla delusione con la calza della Befana, che trovò bella gonfia di dolciumi e prelibatezze. 
Quest'anno a Babbo Natale è arrivata una lunga letterina di Giovanni, nella quale il bambino racconta di aver ricevuti, il Natale passato,  un regalo che non aveva mai chiesto e domanda se per favore, ora può avere il suo orsetto Bu da stringere,  coccolare ed accarezzare per addormentarsi.  
- Ma csrto! - si è come illuminato Babbo Natale. - Ecco perché ho fatto fare Bubi Bu a Gaddo e Tina! C'era un motivo, anche se lì per lì non lo ricordavo...Quella letterina smarrita sotto il comò. Giovannino!
Babbo Natale è proprio contento di poter rimediare all'errore fatto e non vede l'ora di dirlo a Bubi,  che ultimamente sembra così triste e sconsolato.
Così lo fa chiamare subito nel suo studio.
- Carissimo Bubi, hi una gran bella notizia per te, reggiti forte... - gli dice Babbo Natale con un gran sorriso soddisfatto,  mentre a Bubi, che non ci sperava più (ma invece ci spera ancora),  brillano gli occhi. - Ti ho trovato casa e famiglia!
- Davvero? - Bubi non sta più nella pelliccia per la contentezza. - E dove vado? E chi è il mio bambino? E....e...come si chiama? Quanti anni ha? Va a scuola? Ce l'ha una nonna?
- Piano, piano, piano! - lo interrompe Babbo Natale. - Quante domande! Lo sai che non si dicono tutte queste cose a voi giocattoli.  Ognuno entra nella sua scatola e parte. Tu sei troppo curioso...
Ma poi , siccome Babbo Natale ha visto che l'orsetto Bubi c'è rimasto un po' male, aggiunge:
- Per adesso ti basti sapere che il tuo bambino si chiama Giovanni e ti aspetta da diverso tempo.
Bubi Bu è felicissimo,  salta come un matto da una parte all'altra dello studio di Babbo Natale,  lo abbraccia e lo bacia,  si affaccia alla finestra e urla verso il bosco:
- Parto! Parto anch'io! Salgo sulla slitta insieme agli altei giochi!  Vado da Giovanni!
Proprio in quel momento passa la Befana in volo sulla sua scopa che gli risponde:
- Buona fortuna Bubi Bu! Buon Natale! Ci vediamo presto sotto il camino! Di a Giovannino di lasciare un biscottino anche per me!

Tratto da Il mio libro di Natale
Elisa Prati
Guunti Junior

martedì 29 novembre 2016

MANUALE DEL GUERRIERO DELLA LUCE (Prologo) - Paulo Coelho



“Nella spiaggia ad est del paese c’è un’isola sulla quale sorge un gigantesco tempio con tante campane.” disse la donna.
Il bambino notò che lei indossava strani abiti e che un velo le copriva i capelli. Non l’aveva mai vista prima.
“Hai mai visto questo tempio?” gli domandò lei. “Vai fin laggiù e dimmi cosa ne pensi.”
Affascinato dalla bellezza della donna, il bambino si recò nel luogo indicato. Si sedette sulla spiaggia e guardò l’orizzonte, ma non vide null'altro se non quello che era solito vedere: il cielo azzurro e l’oceano.
Deluso, si avviò verso un gruppo di case abitate da pescatori e domandò loro di un’isola con un tempio.
“Si, c’era, ma tanto tempo fa, quando qui vivevano i miei bisnonni.” Disse un vecchio pescatore. “Poi ci fu un terremoto, e l’isola sprofondò nel mare. Eppure, anche se non possiamo più vedere l’isola, riusciamo ancora a sentire le campane del suo tempio, quando il mare le fa ondeggiare, laggiù sul fondo.”
Il bambino ritornò alla spiaggia, e aspettò di udire le campane. Vi passò tutto il pomeriggio, ma riuscì a sentire soltanto il rumore delle onde e le strida dei gabbiani.
Quando giunse la sera, i suoi genitori andarono a prenderlo. Il mattino dopo, il bambino tornò alla spiaggia. Non poteva credere che una donna così bella potesse raccontare delle bugie. Se un giorno lei fosse tornata, avrebbe potuto dirle di non aver visto l’isola, ma di aver udito le campane del tempio, che rintoccavano per il movimento dell'acqua.
Così trascorsero alcuni mesi. La donna non tornò, e il ragazzino la dimenticò. Adesso era intenzionato a scoprire le ricchezze ed i tesori del tempio sommerso. Se avesse udito le campane, avrebbe potuto localizzarlo e recuperare il tesoro nascosto.
Ormai non lo interessavano più né la scuola né la combriccola di amici. Si tramutò nel divertimento preferito degli altri bambini, che solevano dire: ”Lui non è più come noi. Preferisce starsene a guardare il mare, perché ha paura di perdere quando giochiamo.”
E, vedendo il bambino seduto in riva al mare, tutti ridevano.
Benché non riuscisse a sentire le campane del tempio, il bambino apprendeva ogni giorno cose diverse. Si accorse che, dopo aver ascoltato a lungo il rumore delle onde, lo sciabordio non lo distraeva più. Passò qualche tempo, e si abituò anche alle strida dei gabbiani, al ronzio delle api, al vento che sibilava tra le palme.
Sei mesi dopo l’incontro con la donna, il bambino era ormai capace di non lasciarsi distrarre da nessun rumore. Ma le campane del tempio sommerso non le aveva ancora udite.
Alcuni pescatori andarono a parlare con lui, e insistevano. “Noi le abbiamo udite!” dicevano. 
Ma il ragazzino continuava a non sentirle.
Qualche tempo dopo, i pescatori cambiarono tono: “Sei troppo concentrato sul suono delle campane laggiù. Lascia perdere, e torna a giocare con i tuoi amici. Forse soltanto i pescatori riescono a sentirle.”
Dopo quasi un anno, il bambino si disse: “Forse hanno ragione loro. E’ meglio crescere, diventare pescatore e tornare tutte le mattine su questa spiaggia, perché ho cominciato ad amarla.” E pensò anche: “Forse è soltanto una leggenda. Con il terremoto le campane si sono spaccate e non rintoccheranno mai più.”
Quel pomeriggio decise di tornare a casa.
Si avvicinò all'oceano per congedarsi. Guardò ancora una volta lo spettacolo della Natura, e allora, siccome non era più concentrato sulle campane, poté sorridere al canto dei gabbiani, al rumore del mare, al vento che sibilava tra le palme. Sentì in lontananza la voce dei suoi amici che giocavano, e si rallegrò al pensiero che ben presto sarebbe tornato ai giochi dell’infanzia.
Il bambino era contento. E, come soltanto un bambino sa fare, ringraziò di essere vivo. Sapeva di non aver perduto il proprio tempo, poiché aveva appreso a contemplare e a rispettare la Natura.
A quel punto, sentendo il mare, i gabbiani, il vento, le foglie delle palme e le voci degli amici che giocavano, udì anche la prima campana.
E un’altra.
E poi un’altra ancora, finché tutte le campane del tempio sommerso rintoccarono, riempiendolo di gioia.
Anni dopo, ormai adulto, ritornò al paese e alla spiaggia dell’infanzia. Non voleva più recuperare alcun tesoro in fondo al mare: forse era stato solo un frutto della sua fantasia, forse non aveva mai udito le campane sommerse in quel lontano pomeriggio della sua infanzia. Decise comunque di passeggiare sulla spiaggia, per ascoltare il rumore del vento e le strida dei gabbiani.
Fu profondamente sorpreso nel vedere, seduta sulla sabbia, la donna che gli aveva parlato dell’isola con il tempio.
“Che cosa fai qui?” le domandò.
“Aspettavo te.” Rispose lei.
Lui notò che, sebbene fossero passati tanti anni, la donna aveva ancora lo stesso aspetto: il velo che le copriva i capelli non sembrava affatto sgualcito dal tempo.
Lei gli porse un quaderno azzurro, con le pagine bianche.
“Scrivi: ‘Un guerriero della luce presta attenzione agli occhi di un bambino. Perché quegli occhi sanno vedere il mondo senza amarezza. Quando desidera sapere se chi sta al suo fianco è degno di fiducia, cerca di vedere la maniera in cui lo guarda un bambino.’
“Che cos'è un guerriero della luce?”
“Credo che tu lo sappia.” rispose lei, sorridendo. “E’ colui che è capace di comprendere il miracolo della vita, di lottare fino alla fine per qualcosa in cui crede, e di sentire allora le campane che il mare fa rintoccare nel suo letto.”
Lui non si era mai ritenuto un guerriero della luce. La donna parve indovinare il suo pensiero: “Di questo sono capaci tutti. E nessuno ritiene di essere un guerriero della luce, benché in effetti lo sia.”
Lui guardò le pagine del quaderno. La donna sorrise di nuovo.
“Scrivi.” disse lei infine.

Paulo Coelho