Avevo un allenatore a calcio che, dopo la 40esima ripetuta dell'esercizio, s'incavolava ancora di più per spronarci a fare bene l'esercizio ed uralava sempre "è ora che conta!".
"Tutto quello che avete fatto fin'ora non è servito a niente se ora non v'impegnate in questo esercizio!"
Ed in effetti aveva decisamente ragione. Allenante è tutto ciò che ti fa arrivare fino al limite massimo, estremo, rispetto alla tua resistenza, e ti fa scavalcare quel limite del tuo fisico, della tua mente e ti fa avanzare: praticamente è allenante tutto ciò che ti fa alzare la tua "asticella di resistenza".
Non solo allenamento fisico dunque, ma anche e soprattutto allenamento mentale. Anche nel gioco del calcio è così, ma più in generale è nella vita che funziona così: tutto parte dalla testa, e dal cuore.
E' la testa che fa azionare i muscoli, che dà slancio all'esercizio, che rifornisce di energie il corpo quando non ce ne sarebbero più da spendere. E quando anche la testa è stanca, stremata, ecco che sopraggiunge il "cuore", ovvero il carattere. Il carattere di resistere. Ma non resistere pesantemente, bensì, il "resistere del riacquistare forza ed energie". Del sapere che c'è ancora qualcosa, che bisogna andare avanti, per quanto possa essere dura. Ancora uno scatto, ancora un recupero, dare più di quel che si sente che è possibile dare. E allora ci si ricarica, incredibilmente.
Vince chi resiste di più, con forza e determinazione, anche nel calcio, probabilmente anche nella vita. Chi riesce a reggere più botte, più calci, più spintonate. Chi guarda in faccia l'avversario e non si lascia intimorire, chi trova aiuto nell'aiuto dei compagni di squadra, chi sa dare il proprio aiuto ad un compagno nel momento del bisogno. Chi riesce ad ottenere più energie di quelle che ritiene di avere in canna spendendole per tutta la squadra, chi resiste, resiste fiero con tutto lo sforzo di se stesso, fino all'ultimo istante, fin quandonon arriva il fischio di fine partita.
Non si può mollare prima, nè cedere di un passo. Resistere, resistere, resistere. E trasformare la resistenza, l'estremo sforzo del proprio essere, in una vicenda sublime, per quanto bassa possa essere, quasi sublimando uno sforzo umano in qualcosa che supera lo sforzo stesso, vincendo lo sforzo, recuperando lo svantaggio, alzando il limite della propria asticella, portandolo più in là, alzandolo, e così facendo rigenerandosi di nuove energie. Per continuare.
Giochiamo e dunque capita di andare in svantaggio. Capita di finire il primo tempo oppure proprio tutta la partita in svantaggio concludendo quella faccenda con un bella, ma proprio brutta e sonante sconfitta. Una di quelle sconfitte che ti si attacca addosso e che ti porti tutta la settimana sulla pelle, senza riuscire di smettere di pensarci. Ma ci sta, fa parte del gioco stesso del giocare!
E' brutto andare in svantaggio: ci hanno fregato! O sono stati particolarmente bravi da fare davvero una bella azione, oppure sono stati più veloci di noi, più scaltri, più attenti, più precisi, più rapaci!
Ci siamo distratti ed abbiamo reputato un'azione che "sembrava controllata", in qualcosa di inaspettato e dannatamente dannatamente dannoso per la nostra squadra. Non siamo stati sufficientemente attenti ed abbiamo valutato male una certa situazione o una certa persona: e siamo sotto!
E adesso non si può che reagire, ed in qualche modo si reagisce per forza d'istinto:
si può iniziare ad imprecare e ad urlare anche contro i propri compagni: ma questo è solo un modo implicito di cercare di discolparsi dalle proprie responsabilità e di dimostrare, fintamente ed improduttivamente, che quella partita ci interessa: ma in realtà se ci interessasse davvero non faremmo così, visto che questo comportamento danneggia ancor di più la nostra situazione;
ci si può arrabbiare e si può mettere ancora più attenzione in ogni palla: serrare le fila, non far più passare nessuno, cercare di riprendere il controllo psicologico del match sugli avversari a stretto contatto con noi. Se infatti si affronta e "si mette sotto" l'avversaro che ci troviamo davanti, possiamo poi dilagare su tutti gli altri, mentre difficilmente accadrà il contrario;
E poi attendere, costruire ogni pallone ed attendere l'occasione buona. Attendere vuol dire impostare, cercando di rischiare il meno possibile.
E se capita una buona possibilità, come un calcio di punizione, prepararsi bene: mettere bene il pallone a terra, concentrarsi e pregare che il pallone finisca là dove deve finire, anche se per qualsiasi motivo dovessimo colpirlo male. Che finisca dove deve finire - o in direttamente in rete o sulla testa o sui piedi di qualche compagno o avversario che sfiorandola la mandi dritta in porta, per pareggiare i conti e pensare a tornare in vantaggio!
In una fase della partita perché anche all'interno di una partita ci sono più fasi: tutte da giocare.
Ed io non mi tiro indietro da questa sfida. Me ne voglio godere ogni attimo, ogni brivido, ogni riflesso. Temo le entrate da dietro degli avversari - so già quanto fanno male, ma almeno sono "avversari" e tutto rientra nella (s)correttezza del gioco! - temo le fisioterapie necessarie talvolta per rimettersi in pista - anche di questo ho già fatto esperienza - temo gli sgambetti dei compagni-avversari che vogliono il tuo posto, sorridendoti - questa è la peggio razza di gente che esista! (Riconoscili e medicali!)
Temo anche però che non mi stancherò mai di mollare, fino all'ultimo istante in cui l'ossigeno va al cuore, ed il cuore pompa sangue d'inventare qualcosa che mi tenga VIVO in questa vita che tende spesso e gettarti giù, in tutti i modi possa tentare di farlo.
E non credere: sei nel bel mezzo della partita e tutto può accadere. Per favore, non fare l'ipocrita e non credere che certe cose a noi non possono succedere perché non è così. Sta pronto a tutto perché ci sarà da rincorrere, da scartare, da dare spallate, da rialzarsi da terra, da farsi mettere il ghiacchio al ginocchio, da piangere in camera propria da solo, da ridere e ballare nel proprio appartamento con la sola compagnia ed il solo occhio di Dio che ti vede.
E come diceva un mio amico... è dura la pagnotta! e aggiungo io... però la vita è bella!
Conta molto nella vita la forza d'animo che una persona riesce a tirar fuori soprattutto nei momenti difficili, dove occorre saper soffrire e stringere i denti.
A volte, conta più questa del puro talento innato. Il talento, se non è unito alla volontà e alla determinazione, non porta alla vittoria. Il giocatore talentuoso finisce per "piacersi", "piacersi" nelle sue giocate e nei suoi tocchi sopraffini e rischia però di non essere affatto utile alla squadra, anzi, talvolta diviene pure un punto a favore degli avversari perchè anzichè produrre gioco positivo per i compagni, si perde nelle sue giocate malriuscite. In poche parole cerca più la vanità della concretezza.
Ma il talento unito alla determinazione per il raggiungimento dell'obiettivo, può essere fondamentale per la vittoria.
E quando l'avversario si fa più irruento e prende campo ed acquista sicurezza nei propri mezzi, è allora che occorre ancor più attenzione, forza interiore e volontà. E' proprio in quei momenti che va acquisita e mantenuta quella calma, che è virtù dei forti, i quali non si scompongono dinanzi alla forza dell'avversario ma si preparano per affrontarlo, respingerlo, controllarlo, e poi abbatterlo, ovvero domarlo. Ed è tutta questione di testa e di mentalità, ed anche di cuore.
Anche se non tutto dipende dalla propria volontà, perchè non tutto dipende da noi: esistono infatti fattori esterni nei quali non possiamo dir la nostra.
Dunque occorre imparare a stare lì, nel mezzo, fra un calcio preso ed uno dato, fra una spinta ricevuta ed una restituita, fra un pallone perso ed uno conquistato, cercando ed aspettando allo stesso tempo il momento opportuno in cui l'avversario ci lascia quello spiraglio giusto per fargli male. E così colpirlo.
Occorre imparare a tessere gioco, a collegare bene i reparti difensivo con quello dell'attacco, occorre imparare a toccare tanti palloni, alternando grandi giocate a semplici tocchi quasi invisibili ma fruttuosi al buon gioco e alla buona circolazione della palla, perchè tutto funzioni a dovere e si possa arrivare molte volte al tiro trasformando gli sforzi collettivi in goal e risultati positivi.
Ed alla fine, in questo, il calcio può essere maestro di vita perchè in molte occasioni siamo chiamati a tessere gioco, ed alla fine le dinamiche sono sempre le stesse.
La difesa implica una chiusura, rispetto a ciò che potresti fare dei tuoi giorni, rispetto alle possibilità che la vita ti offre. La difesa dimostra una paura.
Quando uno ha "paura di prendere goal" e si chiude in difesa, è proprio allora che glielo fanno. Perchè l'avversario si accorge del momento di debolezza e così spinge sull'accelleratore e cerca di sfruttarlo a suo totale vantaggio.
Occorre invece aprirsi un po' e giocare d'attacco. E' solo così che la squadra intera può distendersi, occupare bene tutte le zone del campo e prendere in mano il gioco tessendo trame e cercando di costruire buone azioni da goal, finalizzate alla vittoria finale della partita.
Poni bene attenzione a come la tattica della tua squadra possa aiutare od ostacolare la tua crescita e le tue potenzialità. Se la tua squadra sarà chiusa in difesa, difficilmente uscirete dalla vostra metà campo. Il "pallino del gioco" sarà quasi costantemente in mano all'avversario e, le poche volte che recupererete palla, non riuscirete a costruire azioni perchè l'avversario è meglio messo in campo e la tua squadra è tutta troppo dietro alla linea della palla.
In una realtà nella quale si gioca all'attacco la mentalità è diversa: ognuno deve dare sempre il massimo e deve mettere completamente ogni suo talento a disposizione dell'altro, in modo che ognuno dia una mano al proprio compagno di reparto e le cose funzionino a dovere. Compito dell'allenatore è quello di organizzare bene il gioco di squadra, di far crescere individualmente ogni suo componente, sia dal punto di vista della personalità, sia tecnicamente che tatticamente. Compito del preparatore atletico è che ogni uomo risponda al meglio delle proprio potenzialità fisiche, di resistenza e di velocità. In una realtà che vuole giocare d'attacco, c'è la cura nei minimi dettagli di ognuno di questi aspetti e chi dirige la società ne conosce bene l'importanza e la rilevanza per il conseguimento degli obiettivi prefissati.
Il rischio di giocare troppo d'attacco è di prendersi qualche bel contropiede e di pagare qualche disattenzione difensiva di troppo. Un altro rischio è quello di incontrare un'avversario "chiuso nella propria metà campo" e quindi difficile da scardinare.
Ma giocare in difesa non sa proprio di niente. Partire a giocare una partita con l'idea di difendersi è controproducente. Meglio l'attacco!
Nella vita non si può giocare in difesa. Essendo la vita un viaggio percorribile soltanto in una direzione, cioè in avanti, non si può che giocare d'attacco protesi verso il futuro cercando di renderlo migliore del passato per noi e per gli altri.