25 giugno, 2012

La scuola non abbandoni i più deboli


La scuola italiana racchiude un immenso  patrimonio di coesione sociale, solidarietà, inclusione, equità. Ed è  ancora la porta attraverso cui tutti crescono, diversi ed eguali, nell’incontro con l’altro da sé. E’ per questo che la scuola è il retroterra forse più importante per la tenuta del Paese. E non può cedere alla più semplice e ingiusta delle risposte che è quella di rifarsi sui più deboli e scaricare su di loro le nostre responsabilità. Un mio articolo ieri su La Stampa.

Caro direttore,
in pochi sanno che nel ministero dell’Istruzione c’è una meravigliosa biblioteca, che racchiude i tesori di 150 anni di scuola. Tra questi c’è un registro del 1944-45, di una scuola elementare di San Lorenzo, Roma. La maestra racconta nel diario di classe di tutti gli alunni che perde. Per fame, povertà, malattia. Della difficoltà di fare lezione d’inverno, con le finestre rotte dalle bombe. E della fatica di andare avanti tutti insieme.
Sono pagine commoventi che raccontano un’Italia che è esistita. E che esiste ancora, per fortuna entro nuove condizioni. E’ un’Italia fatta d’insegnanti che ogni giorno entrano in classe, in mezzo a difficoltà più o meno grandi, e si rivolgono con fiducia ai loro alunni. Mantengono alta la speranza nel futuro operando con dedizione. E che fanno anche un’altra cosa che è forse la più preziosa per qualsiasi comunità. Distinguono ogni volta “il fare scuola” e, cioè, l’accompagnare i bambini e i ragazzi nell'apprendimento e nella crescita dal fatto che si può essere scontenti – come insegnanti e come cittadini – per le condizioni entro le quali si è chiamati a operare.
Le classi numerose, la mancanza di mezzi, le altre difficoltà vanno sì combattute. E va sì sostenuto che ogni soldo per la scuola, se lo si usa bene, è un investimento per la crescita e la coesione del Paese. Ma le difficoltà non possono essere mai usate oltre il limite dato dalla sua stessa funzione sociale. Perché la scuola è il luogo che fa prevalere la responsabilità come base per l’assunzione della funzione educativa adulta. Ed è proprio per questa sua capacità di essere responsabile che intorno alla scuola vive e cresce un senso di “essere parte di”. Lo si vede ogni giorno nelle migliaia di azioni volontarie dei genitori a suo vantaggio, nella difficile mediazione tra genitori e docenti sul tema di come educare oggi, nella sapienza con la quale riesce a integrare 710 mila bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana e 184 mila studenti disabili. O nel costruire azioni per riconquistare le migliaia di ragazzi che ancora perde. O, anche, in episodi simbolicamente forti. Come è stato quello di aver saputo inviare la settimana scorsa le prove di esame di maturità con i nuovi media, dopo anni di proponimenti disattesi per troppa timidezza quando, invece, la scuola sa e può osare moltissimo.
Poi, certo, le cronache raccontano di una scuola primaria, dove in 2 prime classi per un totale di 59 bambini si è voluto bocciarne 5. E quando il Ministero ha chiesto di ripensarci, li si è nuovamente bocciati. Con alcuni genitori che hanno detto che è colpa delle classi numerose…. Cinque bocciati su 59, l’8,5%! Quando la media di bocciature in Italia nella scuola primaria – dalla prima alla quinta – è molto meno dell’1%. Con ottimi risultati nelle prove internazionalmente vagliate. Perché non è la bocciatura che fa la qualità. Poi, certo, può capitare di bocciare. In 35 anni due volte l’ho fatto. Ma la riflessione coi colleghi non verteva sulla classe numerosa, che pur c’era. E so che per fortuna nelle scuole quando si boccia le ore sono dedicate agli errori comuni, alle strategie di recupero e al parlare a lungo e per tempo per condividere con genitori in difficoltà.
Può essere utile prendere a pretesto questo episodio per riflettere sul momento che tutti stiamo vivendo, di fronte al protrarsi della crisi. L’impegno del governo sta mettendo al riparo il sistema-Paese dalle conseguenze più gravi, anche chiedendo grandi sacrifici. Ma ci vorrà tempo e forza comune per uscirne. E, intanto, cresce la disoccupazione. Oltre 3 milioni le persone vivono in povertà di cui 1 milione e 800 mila sono minori. Sono dati che evidenziano un rischio per la tenuta della coesione sociale, quella che Durkheim descriveva come la «durezza del bronzo»: una forza che non risiede nei suoi singoli componenti, ma nel loro insieme. Si tratta della capacità di una comunità di stare unita nelle difficoltà.
La scuola coinvolge quasi 10 milioni di bambini e ragazzi, le relative famiglie e un milione di lavoratori. Ed è ancora la porta attraverso cui tutti crescono, diversi ed eguali, nell'incontro con l’altro da sé. E’ per questo che la scuola è il retroterra forse più importante per la tenuta del Paese. E non può cedere alla più semplice e ingiusta delle risposte che è quella di rifarsi sui più deboli e scaricare su di loro le nostre responsabilità. Lorenzo Milani riassumeva tutto questo nello slogan I care. Il tuo problema è un mio problema. Mi interessa. Non mi posso girare dall'altra parte. Perciò l’immenso patrimonio di coesione sociale, solidarietà, inclusione, equità - e anche di merito ottenuto per conquista e non per destino - che è presente nella scuola italiana deve essere accudito. Da un rinnovato patto sociale per la scuola. Che sappia trovare risorse e innovare quel che va innovato. Ma che deve salvaguardare la priorità del principio di responsabilità.

19 giugno, 2012

Dopo l'ultima campanella


Un augurio va a tutti gli studenti per la fine dell’anno scolastico e per l’inizio degli esami di Stato. Un pensiero particolare va a tutti i ragazzi impegnati negli esami in Emilia Romagna, nelle zone terremotate. Il Miur si è impegnato per garantire loro uno svolgimento delle prove più sereno possibile.
Il nostro lavoro continua, in vista del prossimo anno scolastico. Purtroppo il nostro Paese non è ancora al riparo dalle tempeste finanziarie internazionali. Ma il lavoro del Governo di questi mesi ci sta consentendo- anche con tanti sacrifici- di evitare i guai peggiori. Tutto questo rende difficile reperire risorse fresche per la scuola. Che però andranno trovate, come ho ribadito nella trasmissione Agorà   e nella mia intervista all’Unità.
Anche gli studenti di Brindisi ci chiedono di andare avanti e di dare loro risposte concrete agli interrogativi che sollevano in una bella lettera pubblica ai Ministri Profumo e Riccardi. Chiedono che si difenda la scuola. Cambiandola, però. Sono d’accordo con loro.

08 giugno, 2012

Un merito per conquista. Non per destino.


Va dato atto al Ministro Profumo di aver aperto un dibattito importante: come valorizzare il merito- l’impegno e le capacità- degli studenti; e insieme a questo, cosa significa promuovere equità ed inclusione attraverso la scuola.
Io penso che valorizzare il merito significhi dare fiducia ai ragazzi portandoli prima di tutto ad accettare la sfida e la competizione con se stessi. Per rafforzare le loro parti deboli e sviluppare quelle forti, per scoprire le loro parti nascoste, interessandoli a quello che studiano. E che sia necessario riconoscere il merito di quei docenti che si impegnano in zone difficili, con buoni risultati.
Dobbiamo tutti chiederci, però, se oggi uno studente che si è impegnato ed è riuscito bene a scuola viene considerato meritevole dalla società che lo attende fuori. Se riesce nella vita grazie al suo impegno oppure più di frequente grazie a conoscenze, rendite e privilegi.
E’ un tema importante, per questo stiamo seguendo la discussione in corso con grande attenzione.
Come ho dichiarato a La Repubblica, il nostro faro non può che essere l’articolo 34 della Costituzione. Che va letto nella sua interezza: in principio afferma che la scuola è aperta a tutti, poi si concentra sui meritevoli privi di mezzi, che lo Stato deve sostenere.
Come sappiamo la scuola italiana è aperta a tutti, ma perde il 20% dei ragazzi prima del diploma. Per questo il Governo ha fatto tanto: 102 milioni per la lotta alla dispersione scolastica in oltre 100 micro-aree,  400 milioni per 18.000 posti in più nei nidi in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia.
C’è da fare ancora molto. Ho indicato alcune priorità nel corso della trasmissione di Rai Tre Agorà: corsi di recupero dei debiti formativi, lotta alla dispersione anche nel Centro-Nord, borse di studio per gli studenti universitari. Negli ultimi cinque anni sono 175mila gli studenti con redditi bassi che non hanno ricevuto la borsa pur essendo meritevoli. Dobbiamo lavorare su questo nonostante la difficile situazione economica, cercare delle strade per trovare un po’ di risorse in più.

02 giugno, 2012

Il Mezzogiorno per l'Europa

La palestra di arrampicata nella scuola Don Milani
Girando per il Mezzogiorno insieme al Ministro Barca si scoprono cose che sappiamo, ma che non sono scontate e meritano di essere raccontate.
La settimana scorsa a Napoli, le straordinarie capacità dei ragazzi che studiano la ceramica all’istituto professionale di Capodimonte. Chiedono più ore di pratica e la possibilità di trovare un lavoro.
Questa settimana, in Calabria:l’ITIS Fermi di Fuscaldo Marina  guarda al Mediterraneo. Ha messo in piedi uno scambio con centinaia di ragazzi egiziani. Imparano la lingua, vanno in laboratorio, vivono a casa dei compagni italiani.
E la scuola Don Milani di Lamezia Terme, dove i bambini si allenano alla scalata della vita sulla palestra artificiale per l’arrampicata. Imparano a gestire le emozioni, a non farsi prendere dal panico, a usare la testa per uscire da un momento di crisi.
Anche in condizioni molto difficili sorgono esperienze innovative e coraggiose, le scuole si raccordano con il privato sociale. A Scampia, presso il Centro Hurtado, abbiamo discusso di un possibile futuro per uno dei quartieri più disagiati di Napoli.
Con Don Panizza nella Comunità Progetto Sud
A Lamezia Terme abbiamo incontrato 38 associazioni del Terzo Settore in un bene confiscato alla ndrangheta, dove è sorta la Comunità Progetto Sud di Don Panizza.
Ascoltiamo racconti e riflessioni sul modo di fare le cose bene. Ascoltiamo la storia di Ciaiò, il rom che è uscito dal campo grazie al diritto alla scuola, alla casa e a un lavoro.
Quest’aria che si respira non è la richiesta di aiuto o assistenza. E’ la voglia di concretezza e di risposte costruite insieme, nel mare aperto dei dubbi e delle difficoltà. E’ la rivendicazione di un ruolo per il Sud, è la voglia di contribuire allo sviluppo dell’Italia in un momento di crisi. Il bisogno di capire cosa si può fare, come si può fare. Non il Nord per il Sud. Il Mezzogiorno per l’Europa.