La finale della 28ª edizione di Coppa dei Campioni si disputò il 25 maggio 1983 presso lo Stadio Olimpico di Atene tra i tedeschi occidentali dell'Amburgo e gli italiani della Juventus. All'incontro assistettero circa 73 500 spettatori. Il match, arbitrato dal rumeno Nicolae Rainea, vide la vittoria per 1-0 della squadra anseatica.
L'Amburgo di Ernst Happel, partito in sordina nel tabellone ma via via emerso come solida realtà,[1] debuttò ai sedicesimi contro i tedeschi orientali della BFC Dynamo, battendoli con un risultato complessivo di 3-1. Agli ottavi di finale incontrò i greci dell'Olympiacos, facilmente superati con un 5-0 totale. Ai quarti, i sovietici della Dinamo Kiev furono battuti 3-0 in trasferta, vantaggio che di fatto rese ininfluente la successiva sconfitta interna per 1-2 subìta al Volksparkstadion. In semifinale fu il turno dei campioni di Spagna della Real Sociedad, sconfitti per 3-2 tra andata e ritorno con un gol a 3' dal termine.
La Juventus di Giovanni Trapattoni, campione d'Italia, iniziò il cammino europeo contro i danesi dello Hvidovre battendoli con una goleada totale di 7-4. Agli ottavi di finale incontrò i belgi dello Standard Liegi che furono sconfitti con un risultato aggregato di 3-1. Ai quarti di finale i Bianconeri legittimarono le loro ambizioni eliminando i detentori del trofeo, gli inglesi dell'Aston Villa, con un 5-2 complessivo frutto di due vittorie;[2] in particolare, il 2-1 nel match di andata al Villa Park rappresentò primo successo juventino[3] e, più in generale, di una squadra italiana oltre Manica in una competizione confederale.[4] Infine, in semifinale i polacchi del Widzew Łódź — rivelazione dell'edizione, peraltro giustizieri del Liverpool all'epoca ai vertici in Europa[1] — si arresero ai piemontesi perdendo 2-0 al Comunale e pareggiando 2-2 allo Stadion Miejski.
La partita
Il match di Atene, come prevedibile, si sviluppa molto sul piano tattico, visto che entrambi i tecnici, l'austriaco Happel e l'italiano Trapattoni, saranno ritenuti dalla stampa specializzata tra gli strateghi più affermati nella storia del calcio. Nonostante la squadra bianconera parta con tutti i favori del pronostico — grazie a un'intelaiatura italiana reduce dalla vittoria al campionato del mondo 1982, cui si sono aggiunti in questa stagione due campioni stranieri quali Michel Platini e Zbigniew Boniek,[1][5] nonché un percorso da imbattuta verso la finale[5] e il capocannoniere dell'edizione, Paolo Rossi, nelle proprie file —, la gara volge subito dalla parte degli Hanseaten, che passano in vantaggio al 9' con un tiro insidioso di Felix Magath insaccatosi alle spalle di Dino Zoff, questi all'ultima partita con la Juventus.[5]
La Juventus accusa il colpo, trovandosi a dover imporre le proprie trame e a non poter contare sul gioco di rimessa. Con Bettega, Cabrini e Platini la squadra bianconera riesce comunque a creare tre nitide palle-gol per il pareggio, tuttavia sciupate, e il portiere avversario Uli Stein assurge a migliore in campo per via delle sue numerose parate. Nel secondo tempo, inoltre, i torinesi recriminano nei confronti dell'arbitro rumeno Nicolae Rainea per un intervento subìto in area di rigore da Platini a opera di Stein, riconosciuto come falloso anche dai tedeschi dopo l'incontro.[6]
Determinante per la vittoria dell'Amburgo è la marcatura a uomo messa in atto da Wolfgang Rolff ai danni del regista juventino Platini, escludendolo di fatto dal gioco, mentre il resto della formazione tedesca può contenere la maggior parte delle manovre offensive torinesi grazie un atteggiamento difensivo che fa ampio ricorso alla trappola del fuorigioco: una variante tattica presa a prestito da Happel dal calcio totale olandese, e a quel tempo ancora sottoutilizzata nel panorama italiano.[6] Il risultato non cambia fino al fischio finale, quando l'Amburgo alza la prima, e finora unica, Coppa dei Campioni della sua storia;[7] i teutonici, confermatisi anche campioni della Germania Occidentale, interrompono così un dominio inglese nella manifestazione continentale che (per merito di Liverpool, Nottingham Forest e Aston Villa) perdurava da sei anni.[1]