Dentro La Massoneria Una Ricerca SullObb
Dentro La Massoneria Una Ricerca SullObb
Dentro La Massoneria Una Ricerca SullObb
(XXIX ciclo)
Dentro la massoneria.
1
2
INDICE
Introduzione 7
CAPITOLO I
Struttura, organizzazione e metodi della ricerca
CAPITOLO II
La massoneria in Italia
3
CAPITOLO III
La dimensione interna: i fratelli e le logge
CAPITOLO IV
La dimensione relazionale: gerarchie interne e apertura verso l’esterno
4
4.2.3 Organizzazione eventi: modalità ed affluenza profana 141
4.2.4 L’evento annuale della Gran Loggia 146
4.3 Rapporto base/vertice 149
4.3.1 I vertici e le cariche locali 149
4.3.2 La loggia: ruolo iniziatico. I vertici: ruolo amministrativo 151
4.3.3 Il Gran Maestro 152
4.4 Il linguaggio 155
4.4.1 L'élite, la dote innata, la missione, i buoni costumi 155
4.4.2 Noi vs loro: come viene definito il mondo profano 166
4.5 Il segreto e la ritualità come costruttori di confini 177
4.5.1 Tipi di segreto e funzioni 177
4.5.2 La ritualità e l’identità di gruppo 183
CAPITOLO V
La dimensione nascosta: i legami con la sfera politica e la vicenda P2
5
5.4 La P2 nelle parole dei fratelli intervistati 237
CAPITOLO VI
La dimensione nascosta: i legami tra massoneria e criminalità organizzata
Conclusioni 285
Bibliografia 319
Sitografia 331
Ringraziamenti 335
6
Introduzione
1
Conti F., Dizionario di storia, 2010, s.v. “massoneria”, <http://www.treccani.it/enciclopedia/la-
massoneria_(Dizionario-di-Storia)/> [ultima cons. 03-04-2017].
7
un'organizzazione che unisce insieme i caratteri delle società segrete rivoluzionarie e anti-clericali e
delle associazioni filantropiche, degli organismi spirituali di carattere iniziatico e dei gruppi deviati
che giocano un ruolo chiave in quell'area grigia che coinvolge gruppi di potere di vario tipo:
The “problem” of studying an organization like Freemasonry is precisely that it is neither simply a secret society,
as its detractors would argue, nor simply a publicly registered non profit association, as some of my informants
claimed (Mahmud 2012, 426).
Quando si parla di massoneria, almeno per il contesto italiano, ci si muove per lo più su un doppio
livello: «Uno è quello ufficiale, lucente, carico di simboli e riferimenti a figure storiche di indubbio
spessore, un mondo a suo modo ricco di valenze filosofiche, sociali, umanitarie internazionalistiche
[…]». Il secondo livello, invece, è quello dell'uso del segreto come mezzo di potere, ossia «la
trasformazione del networking, tipico delle logge, in comitato d'affari quando non in partito
politico» che finisce per comprendere anche i rapporti con il mondo della criminalità organizzata:
«Un'inchiesta su un tema così complesso non può ignorare entrambi i piani, perché questo
significherebbe tradire la verità e compiere un'operazione manipolatoria, rafforzando la discrasia già
presente in molta pubblicistica» (Pinotti 2007, 8).
Questa ricerca nasce con l'intento di avvicinare queste due immagini della massoneria, per vedere se
possano combaciare in alcuni punti o essere, in qualche modo, speculari l'una all'altra. Questo può
gettare una nuova luce sull'oggetto di studio. A mio parere, infatti, una delle ragioni per cui regna
una certa ignoranza nei confronti della massoneria risiede nel carattere “schizofrenico” della sua
rappresentazione, che non consente di individuare quelle sfumature, quelle aree di significato
intermedie che solitamente stanno tra due opposte concezioni di un fenomeno.
In ambito strettamente accademico la produzione storica è la più consistente ma, nella grande
8
maggioranza dei casi, le ricerche non proseguono oltre la seconda guerra mondiale, con un vasto
focus di analisi sui periodi rivoluzionari e dell'Illuminismo. Come si legge in uno dei rapporti sulla
massoneria curato dall'istituto Eurispes (1995, 383), l'analisi storica e storiografica, nelle opere di
grande impianto, ha spesso trascurato di affrontare l'argomento. Ciò è dovuto, tra le altre cose, alla
scarsa documentazione disponibile, alla diffidenza provata nei confronti dell'Istituzione, «ma
principalmente alla difficoltà nel definire con sufficiente precisione il ruolo giocato dalla
massoneria italiana nel contesto della vita politica, sociale e culturale del nostro Paese. Ciò ha
comportato che a parlare di massoneria fossero i cronisti e non gli storici e che di questa forma di
associazionismo emergessero gli aspetti mitici, esotici e non quelli culturali».
Aspetti culturali che si fanno ancora più complessi se si tengono in considerazione vicende dal
sapore decisamente più profano che iniziatico, come quella della loggia coperta Propaganda 2 (P2)
e delle inchieste sulle commistioni tra massoneria e criminalità organizzata, che rendono più
difficile scindere l'aspetto storico-culturale da quello delle deviazioni e delle connivenze illegali.
Così il mondo profano – cioè non iniziato alla libera muratoria – finisce per cogliere solo gli aspetti
negativi di questa associazione, che emergono principalmente dalla stampa e dai telegiornali.
Come vedremo meglio nel primo capitolo del presente lavoro, a livello internazionale come in
ambito italiano la maggior parte delle ricerche è di stampo storico e si ferma al periodo subito
successivo le due guerre mondiali. I maggiori riferimenti vanno al lavoro di Carlo Francovich
(1974) sulla storia della libera muratoria in Europa dalle origini fino alla rivoluzione francese, allo
studio di Fulvio Conti (2003) sulla storia delle principali Obbedienze della Penisola dal
Risorgimento fino all’avvento del Fascismo, alla ricerca di Santi Fedele (2016) sulle vicende della
libera muratoria nell'esilio del periodo fascista durante il quale le logge furono disciolte e ci fu il
tentativo di mantenere in vita, all’estero, l’esperienza della libera muratoria italiana.
Per una ricostruzione storico-sociale della massoneria negli anni successivi la seconda guerra
mondiale, come scrive Fabio Martelli (2006, 722), «la storia della massoneria italiana […]
rappresenta un problema storiografico di difficile inquadramento sotto il profilo metodologico»
dovuto alla frammentarietà delle fonti. Se si privilegiano, infatti, quelle interne alle Obbedienze, si
corre il rischio di concentrarsi solo sugli aspetti rituali e sui rapporti con le altre Obbedienze
straniere, perdendo di vista il ruolo che la massoneria ha avuto nella storia del nostro Paese.
Focalizzandosi, invece, sulle biografie di «massoni eccellenti», si può pervenire ad una storia
parziale e segmentata, che rispecchia più la vita dei singoli individui che non quella
dell’Obbedienza.
Per una trattazione della massoneria italiana in chiave più contemporanea il riferimento principale
rimane il già citato volume degli Annali della Storia d’Italia (2006), che prende in esame tutto il
9
periodo della prima Repubblica fino alla dissoluzione degli storici partiti dei governi centristi e di
unità nazionale.
La sociologia si è occupata poco di massoneria e, in linea generale, in maniera indiretta; gran parte
delle ricerche, infatti, prende le mosse dagli scritti di George Simmel (1908) e Jurgen Habermas
(1962). Il primo ha trattato il tema della valenza sociale del segreto, dedicando una parte della sua
analisi alle società segrete; Habermas, invece, ha visto nello spazio delle logge un prototipo della
sfera pubblica borghese, luogo in cui membri di differenti classi sociali si incontrano per discutere
dei temi più vari, dalla scienza alla laicità, dalla tolleranza religiosa all'uguaglianza sociale,
contribuendo a forgiare una forma di politica nuova e illuminata.
Passando in rassegna la letteratura ci si rende conto della scarsità di ricerche che prendano in
considerazione il periodo seguente le due grandi guerre. Quasi nessuna, poi, si interroga veramente
sui motivi per cui un'associazione che si definisce a carattere iniziatico e solidaristico, portatrice
fiera dei valori figli dell'Illuminismo, abbia un nome troppo spesso affiancato a temi quali mafia e
corruzione.
Le ricerche sociologiche in Italia sono praticamente assenti. La maggior parte riguarda infatti il
contesto nordamericano, anche se sono molto esigue quelle che prevedono interviste all'interno
delle Obbedienze. L’analisi più completa, e a cui farò ampio riferimento in questo lavoro, è quella
svolta da J. Scott Kenney (2016) che mira principalmente a comprendere i motivi per cui, a partire
dagli anni Sessanta del secolo scorso, nel Nord America si assista ad un declino costante nel numero
dei membri. Un'altra ricerca importante, poi, è quella svolta da Lilith Mahmud (2014)
sull'Obbedienza femminile più importante d'Italia, la Gran Loggia Massonica Femminile d'Italia,
durante la quale l'autrice ha avuto modo di intervistare anche alcuni esponenti del Grande Oriente
d'Italia, le cui testimonianze hanno contribuito ad arricchire le mie analisi.
L'attenzione che è stata data alla massoneria nel contesto nordamericano è il motivo principale che
mi ha spinto a trascorrere due mesi negli Stati Uniti alla fine del 2016, nell'Università della
California (UCLA) sotto la supervisione della professoressa Margaret Jacob, una delle maggiori
studiose della massoneria a livello internazionale, il cui focus di analisi si incentra soprattutto sul
periodo dell'Illuminismo e sul ruolo delle logge massoniche come luoghi in cui si è andata
formando la società civile moderna (1995). Grazie alla professoressa Jacob ho avuto la possibilità di
conoscere e di avere vari colloqui con la professoressa Mahmud, l'autrice della ricerca sopra citata
che lavora alla Irvine University della California (UCI).
Come già accennato, farò riferimento anche ad una tesi discussa nell'Università di Torino nel 1995
da Elena Coggiola, incentrata sullo studio della seconda Obbedienza più grande d'Italia, la Gran
Loggia d'Italia degli Alam. Questa ricerca è basata su interviste a massoni membri della Gran
10
Loggia e, nonostante sia stata compiuta più di vent'anni fa e focalizzi l'analisi su un'Obbedienza
mista nata da una scissione interna al Goi nel 1908, può offrire validi spunti di riflessione anche
sull'Istituzione da me esaminata.
Il riferimento a tutti questi studi – con particolare attenzione a quello di Kenney – risulta
interessante proprio per la carenza di ricerche sociologiche sulla libera muratoria, per mettere in
evidenza eventuali similarità, senza con questo voler tentare un'analisi comparativa. All'inizio del
mio percorso di dottorato avevo pensato ad uno studio di questo tipo, che mettesse a confronto
l'ambito libero muratorio italiano con quello di un paese anglosassone – Gran Bretagna o Stati Uniti
– considerato come, in generale, si tenda a ribadire che la massoneria, in questi due paesi, abbia un
carattere molto più pubblico rispetto a quella italiana, e come il versante filantropico si sia
sviluppato in modo cospicuo, soprattutto nel contesto nordamericano, rispetto al caso italiano che
ha avuto tradizionalmente un carattere più politicizzato.
Considerata, però, la scarsità di ricerche di stampo sociologico, mi sono resa conto che già
un'analisi della sola libera muratoria italiana sarebbe stata improbabile dato l'altissimo numero di
Obbedienze che popolano il territorio e la confusione in merito alla loro origine e regolarità. Quindi
ho deciso di focalizzare l'attenzione su un'Obbedienza particolare, il Grande Oriente d'Italia, la più
antica del Paese e la più grande, con i suoi circa 23.000 affiliati.
A questo punto, poi, mi sono accorta che gli aspetti dell'Obbedienza che potevano e meritavano di
essere presi in considerazione erano troppo numerosi per tenerli insieme tutti, quindi ho cercato di
restringere il campo d'indagine e occuparmi dei rapporti che il Grande Oriente ha intessuto, nel
corso della sua storia, col mondo profano, in particolare con la sfera della politica e della criminalità
organizzata. A questo proposito l'intenzione, poi mantenuta, è stata quella di riportare l'analisi di due
casi-studio: la vicenda della loggia P2 e la “demolizione”, avvenuta tra il 2013 e il 2015, di alcune
logge in Calabria per presunte infiltrazioni malavitose.
Anche in questo caso ho ritenuto rischioso focalizzare l'attenzione solo sui rapporti del Goi con
l'ambiente esterno, principalmente per due ragioni, legate l'una con l'altra: la prima consisteva nel
rischio di raccontare una storia troppo parziale dell'Obbedienza; la seconda consisteva nel rischio di
raccontare male una storia troppo parziale. Come ha, infatti, scritto Novarino (2008, 9) parlando del
rapporto tra massoneria e società segrete durante la Restaurazione – ma il discorso può essere
trasposto anche al tentativo di studio del rapporto tra massoneria e gruppi di potere di vario genere –
il problema più grande sta nell'incapacità di comprendere a fondo la massoneria, di considerarla «un
organismo quasi metastorico, strutturalmente coeso, centralizzato, unito e rivolto al perseguimento
di una precisa strategia per un cambiamento radicale della società, non percependo in tal modo le
radicali differenze esistenti al suo interno».
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Un'eterogeneità interna che può essere compresa solo allargando il raggio di visuale e prendendo in
considerazione altri aspetti dell'Obbedienza, non solo i suoi legami con parti del mondo profano.
Per questo motivo ho pensato al Goi come ad una qualsiasi organizzazione di cui mi interessava
analizzare diversi aspetti – dai motivi di ingresso alle caratteristiche degli affiliati, dai rapporti tra
questi ultimi e le questioni più controverse come l'impossibilità di ingresso delle donne. E poi
ancora il legame tra base e vertice dell'Obbedienza, l'apertura nei confronti del mondo profano
soprattutto nei termini di organizzazione di eventi, fino a prendere in considerazione anche i contatti
che, nel corso della sua storia, il Goi ha costruito con la politica e la criminalità organizzata.
[...] su questi anni, come del resto su tutto il periodo dell'Italia repubblicana, la ricerca storica deve ancora
indagare in profondità, ricostruendo un profilo più accurato dell'istituzione massonica che, al di là delle vicende dei
vertici, ne delinei il radicamento nel tessuto sociale del Paese, la sua distribuzione geografica, le sue iniziative nella
sfera pubblica. E soprattutto sappia spiegare, anche sotto un profilo antropologico, le ragioni della continuità di una
presenza associativa, da taluni giudicata anacronistica o addirittura inammissibile in una moderna democrazia, le
cui origini e le cui regole risalgono agli albori del XVIII secolo.
Una delle domande che mi ha spinto ad occuparmi di massoneria è come sia possibile che di
un'Istituzione che esiste, nella sua forma speculativa, da 300 anni – e, in Italia, da più di 200 –
generalmente si abbiano pochissime conoscenze. Al di là del giudizio sostanzialmente negativo di
cui gode nel contesto italiano, motivato da una serie di fattori che in parte vedremo nel corso del
lavoro, mi stupiva come, in realtà, la maggior parte dei profani con cui mi è capitato di parlare in
questi anni non sapesse cosa fosse, in termini ufficiali, la libera muratoria. Viene generalmente
ignorato il fatto che questa nasca, almeno nella forma in cui la conosciamo da tre secoli a questa
parte, come un'associazione iniziatica e filantropica, che lavora all'elevazione morale e spirituale
dell'uomo e dell'umana famiglia.
Iniziando a studiare il fenomeno, mi sono poi stupita di come in Italia il numero degli affiliati, per
quanto riguarda il Goi, sia in costante crescita dal 1998, dopo un declino avvenuto all'inizio degli
anni Novanta, imputato alle inchieste del magistrato calabrese Agostino Cordova. Se è vero che
nell'Europa continentale e in Sud America il numero di massoni è generalmente in ascesa, nel
mondo anglosassone – soprattutto Stati Uniti e Gran Bretagna – dove la libera muratoria ha sempre
goduto di un grande prestigio e ha assunto, più che altrove, caratteri di pubblicità notevoli, sta
perdendo negli anni moltissimi affiliati. Negli Stati Uniti, in particolare, si registra un declino
significativo dagli anni Sessanta del secolo scorso, con un picco negli anni Novanta dovuto,
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secondo Kenney (2016), alla iper istituzionalizzazione e burocratizzazione della massoneria stessa.
Senza entrare in modo dettagliato sui motivi di questo declino, che avrò modo di considerare
durante il lavoro, una delle ragioni per cui credo sia particolarmente rilevante uno studio della
massoneria in Italia è proprio il fatto che nel nostro paese, nonostante un'etero-rappresentazione
piuttosto negativa dell'Istituzione e le frequenti inchieste che la coinvolgono, il numero dei suoi
affiliati sia andato costantemente aumentando negli ultimi vent'anni.
In merito alle inchieste, inoltre, occorre sottolineare proprio come, in questi primi mesi del 2017, la
Commissione parlamentare antimafia sia tornata ad occuparsi della libera muratoria italiana in
seguito alla demolizione di alcune logge in Calabria per presunte infiltrazioni di stampo mafioso.
Demolizione avvenuta anche in seguito alla denuncia di un ex fratello massone del Goi che, in
breve tempo, è stato espulso dall'Obbedienza e che ho avuto modo di intervistare per questa ricerca.
Gli elenchi delle maggiori Obbedienze italiane, Grande Oriente compreso, dopo un serrato rifiuto
da parte del suo attuale Gran Maestro che ha giudicato l'azione come una «discriminazione e un atto
intimidatorio»2, appellandosi alla legge sulla privacy, sono stati sequestrati dalla Commissione
antimafia e le indagini sono tutt'ora in corso.
Quindi un dato sembra certo: se la massoneria in Italia – al di là dei proclami ufficiali, che cercherò
di mettere in discussione nel corso della ricerca – parla poco in termini di apertura al mondo
profano e di trasparenza delle sue azioni, sicuramente continua a far parlare molto di sé.
La tesi è di tipo esplorativo e l’approccio utilizzato è per lo più qualitativo, basandosi sulla
conduzione di interviste sottoposte a tre categorie di persone: liberi muratori; ex liberi muratori;
studiosi di massoneria. Si tratta di interviste in profondità semi-strutturate che, come vedremo
meglio nel primo capitolo, hanno coinvolto 30 liberi muratori, 6 ex liberi muratori e 4 studiosi che
si sono occupati, a vario titolo, di massoneria.
Come detto, la presente ricerca ha l’obiettivo di mettere a confronto un’immagine ufficiale
dell’Obbedienza e un’immagine meno ufficiale, procedendo attraverso l’analisi degli artefatti, dei
valori espliciti e degli assunti di base dell'Obbedienza (Schein 1985), tenendo in considerazione gli
aspetti che ho prima sommariamente esposto (motivazioni dei membri, composizione e rapporti
interni; apertura nei confronti del mondo profano; la parte più nascosta e latente), e che vedremo in
dettaglio nel primo capitolo. Le interviste stesse saranno utili per gettare luce sulle frequenti
incongruenze tra artefatti e valori espliciti, offrendomi la possibilità di problematizzare un
fenomeno il cui studio, troppo spesso, è risultato parziale e di capire alcuni dei motivi per cui il Goi
continui a sopravvivere a distanza di due secoli dalla sua nascita, e ad apparire addirittura sempre
2
Grande Oriente d'Italia, “Un atto arbitrario contro il Grande Oriente d’Italia”, 3 marzo 2017.
<http://www.grandeoriente.it/un-atto-arbitrario-contro-il-grande-oriente-ditalia/>, [ultima cons. 01-05-2017].
13
più florido in termini di affiliati.
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modalità e i motivi d’ingresso dei massoni, evidenziando soprattutto una recente novità che ha
riguardato l'Obbedienza, quella della auto-presentazione attraverso Internet, che mette in
discussione il tradizionale metodo cooptativo. Parlerò inoltre del differente significato che viene
attribuito ai concetti di amicizia e fratellanza in merito ai rapporti che si stabiliscono tra fratelli
all'interno dell'Obbedienza, e anche degli attriti interni che portano sovente a scissioni –
gemmazioni – di alcuni fratelli che escono dalla propria loggia per formarne un'altra.
Passo poi ad esaminare l'aspetto del mutuo soccorso interno e dell’attività filantropica, da molti
considerata un elemento utile ma assolutamente non necessario all'interno di un'Obbedienza il cui
nucleo fondante dovrebbe risiedere nel suo carattere iniziatico ed esoterico. Alla fine del capitolo
prendo in esame due questioni che ho definito “controverse”, ossia l’ingresso delle donne e degli
omosessuali all'interno dell'Obbedienza, la cui analisi tende a ribadire l'immagine del Goi come di
un'associazione dai caratteri fortemente maschili, un luogo creato per i maschi.
Il quarto capitolo prende in esame la dimensione relazionale del Goi, ossia il rapporto tra gerarchie
interne (base e vertice) e l’apertura verso l’esterno da parte dei fratelli. In particolare ho rintracciato
due fasce di esterno, la prima composta dai parenti e dagli amici stretti dei massoni, e la seconda
composta da tutto il pubblico profano. In merito a questa seconda fascia, soffermerò lo studio
sull’organizzazione degli eventi aperti al pubblico, con una trattazione particolare della Gran
Loggia, l'assemblea dei Maestri Venerabili, ossia una sorta di congresso annuale del Goi che si
tiene, solitamente, il primo fine settimana di aprile e prevede eventi riservati ai massoni ed altri
aperti a tutti.
In seguito l'attenzione si sposterà sui rapporti tra le logge locali e il vertice nazionale, per capire in
quali termini i massoni considerino le cariche più alte dell'Obbedienza, soprattutto quella del Gran
Maestro, e come si concili l'imprinting ancora fortemente elitario dell'Obbedienza con la presenza
di una gerarchia interna strutturalmente verticistica.
Per confermare l'impressione che il carattere elitario non abbia mai definitivamente abbandonato
l'Obbedienza, rimanendo anzi un suo aspetto fondante, offrirò una lettura approfondita del
linguaggio utilizzato dagli intervistati, da cui emergono temi e concetti quali quello di élite, dote
innata, missione e vocazione, buoni costumi, e la costruzione di un noi versus loro in relazione al
mondo profano, che non fa che aumentare uno spirito di corpo e una forte appartenenza di gruppo,
nonostante i continui attriti interni. A sancire questa separazione tra un dentro e un fuori
contribuiscono anche gli aspetti del segreto e della ritualità, all'analisi dei quali dedicherò l'ultima
parte del capitolo.
Il quinto e il sesto capitolo, come accennato, si concentrano sulla dimensione nascosta
dell’organizzazione; nel quinto, nello specifico, parlerò dei rapporti che l’Obbedienza ha tenuto, nel
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corso dei decenni, con la sfera della politica.
Il capitolo si aprirà con una analisi storica di questi legami dall’anno di fondazione
dell’Obbedienza, il 1805, fino ai giorni nostri, mettendone in evidenza il ruolo fortemente politico
che ha avuto per tutto il periodo dell'Italia liberale e dei motivi per cui questo peso politico sia poi
andato scemando in seguito, soprattutto, all'ampliamento del suffragio e al successo dei partiti di
massa cattolico e socialista e, successivamente, comunista.
Di seguito analizzerò il primo dei due casi-studio, quello della vicenda della loggia P2, balzata alle
cronache tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta. Per questa vicenda focalizzerò
l’attenzione soprattutto sui rapporti tra Goi e P2 e tra P2 e partiti politici, per capire in quali termini
il Goi intrattenesse rapporti con la sfera politica nel periodo che va, approssimativamente, dal 1965
fino al 1981, facendo ampio ricorso agli atti e ai documenti d'inchiesta della Commissione
parlamentare istituita per indagare sul fenomeno P2.
Il secondo caso di studio – l’avvenuta demolizione, tra il 2013 e il 2015, di alcune logge in Calabria
per presunte infiltrazioni malavitose – verrà trattato nel sesto capitolo, nel quale proverò a delineare
i rapporti che la criminalità organizzata – mafia e 'ndrangheta – ha avuto, storicamente, con la
massoneria. Arricchirò l'analisi dei due casi-studio con le testimonianze dei massoni da me
intervistati, a cui andranno ad aggiungersi le voci degli studiosi e degli ex liberi muratori,
soprattutto di un ex fratello calabrese che, come detto, per primo ha sollevato in modo esplicito
l'ipotesi di possibili infiltrazioni mafiose all'interno di alcune logge calabresi e che, in seguito a ciò,
è stato espulso dall'Obbedienza. La stessa prassi è stata utilizzata anche per l'episodio della P2 nei
confronti di alcuni componenti di un gruppo di oppositori interni, che devono alla stampa
l'appellativo di «massoni democratici». Questo a sottolineare come, nei casi di vicende dai risvolti
opachi, si formino delle opposizioni interne all'Obbedienza che, assai spesso, vengono messe a
tacere, a fronte di una massa di fratelli sostanzialmente ignara di ciò che accade ai vertici
dell'Obbedienza e, spesso, poco desiderosi di sapere. Due volti dell'Obbedienza che sembrano
alimentarsi a vicenda, mantenendo spazi di autonomia notevoli.
Alla fine del lavoro inserisco una appendice in cui si riporta un glossario dei termini utilizzati nel
gergo massonico, che più volte verranno ripresi nel corso della presente ricerca, più la traccia delle
interviste sottoposte ai vari gruppi di intervistati.
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CAPITOLO I
Struttura, organizzazione e metodi della ricerca
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In questa ricerca il Goi è pensato come una qualsiasi organizzazione di cui occorre comprendere, in
particolar modo, i seguenti aspetti:
Farò largo uso degli Statuti e dei Regolamenti del Goi e della letteratura massonica per delineare un
quadro ufficiale del Goi, a cui seguirà l'analisi del materiale empirico che mi consentirà di
problematizzare il quadro offerto inizialmente.
[…] academic work – especially that produced by Masonic scholars – largely emphasizes historical and
philological matters […]. Indeed, to the limited extent that a sociological focus exists in research, it largely involves
study of the roles played and the meanings articulated by Freemasonry in social history. […] there has been a
relative paucity of sociological work on the contemporary meaning of active participation for members themselves
(Kenney 2016, 1).
Da un punto di vista storico, in ambito italiano i maggiori riferimenti vanno al lavoro di Carlo
Francovich (1974), che ha preso in esame le vicende della libera muratoria in Italia dalle origini
fino alla Rivoluzione Francese, a cui segue una ricostruzione della storia delle Obbedienze
principali della Penisola nel periodo dell’Italia liberale, dal Risorgimento fino all’avvento del
Fascismo (Conti 2003). Santi Fedele (2016) ha provato a ricostruire le vicende della libera
muratoria nel periodo fascista durante il quale le logge, per legge, furono disciolte e la gran parte
dei fratelli scelse - o fu costretta - all’esilio, e tentò di mantenere in vita all’estero l’esperienza della
massoneria italiana.
Importante poi ricordare i lavori di Marco Novarino incentrati sullo studio dell’associazionismo
laico massonico, soprattutto in ambito piemontese (2008) e il rapporto tra massoneria e socialismo
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dalla nascita del Partito Socialista Italiano fino allo scoppio della prima guerra mondiale (2015).
Per una ricostruzione storico-sociale della massoneria negli anni successivi la seconda guerra
mondiale, come scrive Fabio Martelli (2006, 722), «la storia della massoneria italiana […]
rappresenta un problema storiografico di difficile inquadramento sotto il profilo metodologico»
dovuto alla frammentarietà delle fonti. Se si privilegiano, infatti, quelle interne alle Obbedienze, si
corre il rischio di concentrarsi solo sugli aspetti rituali e sui rapporti con le altre Obbedienze
straniere, perdendo di vista il ruolo che la massoneria ha avuto nella storia del nostro Paese.
Focalizzandosi invece sulle biografie di «massoni eccellenti», si può pervenire ad una storia
parziale e segmentata, che rispecchia più la vita dei singoli individui che non quella
dell’Obbedienza.
Per una trattazione della massoneria in chiave più contemporanea occorre citare il contributo di
Giorgio Galli e Massimo della Campa (1998) che hanno provato ad inquadrare il ruolo e le
responsabilità della massoneria italiana nel periodo della prima Repubblica, soprattutto in relazione
alla vicenda della loggia P2 e al rapporto con i partiti politici. Il riferimento principale rimane
comunque il volume degli Annali della Storia d’Italia (Cazzaniga et al. 2006) dedicato interamente
alla massoneria, che prende in esame tutto il periodo della prima Repubblica fino alla dissoluzione
degli storici partiti dei governi centristi e di unità nazionale.
Per quanto riguarda la contemporaneità, occorre ricordare alcune ricerche di Conti (2015),
limitatamente alla storia della massoneria umbra dall’Unità ai nostri giorni e il tentativo di Gian
Mario Cazzaniga (1999) di presentare la libera muratoria italiana come una sorta di «religione dei
moderni», i cui valori di uguaglianza e fraternità, col passare del tempo, escono dalle logge per
trovare nuova sede nelle sezioni del partito politico, esperimento che solo oggi, con la cosiddetta
crisi dei partiti, secondo l'autore pare volgere al termine. Riguardo alla ricerca storica, scrive Conti
(2015):
[...] su questi anni, come del resto su tutto il periodo dell'Italia repubblicana, la ricerca storica deve ancora
indagare in profondità, ricostruendo un profilo più accurato dell'istituzione massonica che, al di là delle vicende dei
vertici, ne delinei il radicamento nel tessuto sociale del Paese, la sua distribuzione geografica, le sue iniziative nella
sfera pubblica. E soprattutto sappia spiegare, anche sotto un profilo antropologico, le ragioni della continuità di una
presenza associativa, da taluni giudicata anacronistica o addirittura inammissibile in una moderna democrazia, le
cui origini e le cui regole risalgono agli albori del XVIII secolo.
Le ricerche sociologiche sono pressoché tutte nordamericane e sono molto esigue quelle che
prevedono interviste all'interno delle Obbedienze. L’analisi più completa, da questo punto di vista, è
quella svolta da J. Scott Kenney e pubblicata nel 2016 in un volume intitolato Brought to Light:
Contemporary Freemasonry, Meaning, and Society, che mira principalmente a comprendere i
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motivi per cui, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, nel Nord America – Canada e Stati
Uniti – si assista ad un declino nel numero dei membri a causa di un minor tempo di permanenza
all’interno delle Obbedienze, a fronte però di un abbassamento dell’età degli iniziati e di una
crescente partecipazione dei giovani. Le primarie fonti di dati per la ricerca di Kenney consistono in
interviste con fratelli appartenenti ad Obbedienze canadesi (121 in Nuova Scozia e 49 nel
Newfoundland), nell’analisi di un lungometraggio sulla massoneria contemporanea e nei 15 anni di
esperienza dell’autore in qualità di massone. Il lungometraggio si intitola Inside Freemasonry
(Arcadia Entertainment/Vision TV, 2004) e racconta il percorso di un gruppo di uomini all’interno
delle loro rispettive Obbedienze, con uno specifico focus sui momenti dedicati ai primi 3 passaggi
di grado4. Il documento combina interviste e discussioni con 27 individui (21 massoni, 3 giornalisti,
2 mogli di massoni e 1 accademico) più 47 brevi interviste svolte fermando in maniera casuale
persone del pubblico cosiddetto profano – cioè individui non iniziati ad alcuna Obbedienza
massonica – per comprendere quale fosse la loro percezione della libera muratoria.
Un'altra ricerca cui farò riferimento è quella svolta da Lilith Mahmud (2014), antropologa
dell'Università della California, che ha studiato l'Obbedienza femminile più importante d'Italia, la
gran Loggia Massonica Femminile d'Italia. In questo suo lavoro l'autrice ha avuto modo di
intervistare anche alcuni esponenti del Grande Oriente d'Italia, che andranno ad arricchire le mie
analisi.
Alcuni cenni saranno fatti anche ad una tesi specialistica discussa da Elena Coggiola per
l'Università di Torino nell'anno accademico 1994-95, dal titolo L'associazionismo massonico oggi.
Un'indagine sociologica su un campione di aderenti alla regione massonica piemontese della Gran
Loggia d'Italia degli A.L.A.M., Obbedienza di Piazza del Gesù Palazzo Vitelleschi. La Gran Loggia
d'Italia è la seconda Obbedienza italiana più importante d'Italia per numero di affiliati, ma alcune
riflessioni, come vedremo, possono essere estese anche al Grande Oriente d'Italia. Occorre poi
rilevare come questa tesi sia stata discussa a metà anni Novanta, più di vent'anni fa; questa distanza
temporale può offrire spunti interessanti di riflessione per capire se alcuni aspetti – ad esempio, la
riluttanza di molti degli affiliati a farsi intervistare oppure l'apertura delle Obbedienze nei confronti
del mondo profano – siano andati incontro a modifiche o si siano mantenuti più o meno invariati.
4
Come già accennato nell'Introduzione, il percorso iniziatico dell’Ordine libero muratorio si suddivide in tre gradi
principali – Apprendista, Compagno d’Arte, Maestro. Questi gradi fanno parte della cosiddetta «massoneria
azzurra», ossia la massoneria di base, l’Ordine, che si distingue dai Riti, che sono dei percorsi di perfezionamento
che un massone può decidere di intraprendere dopo aver acquisito il grado di Maestro.
20
1.2.1 La forma elitaria: inclusione/esclusione
Sempre in ambito sociologico il riferimento principale per lo studio della massoneria va a Georg
Simmel e alla sua opera dedicata alle società segrete (Simmel 1908) in cui, tra le altre cose, l’autore
suggerisce come la separazione che si viene a formare all’interno di questo tipo di raggruppamenti
tra chi è incluso e chi è escluso, faccia sì che i membri del gruppo finiscano per percepirsi come una
sorta di aristocrazia.
Per quanto riguarda il segreto, è stato osservato come questo stimoli e comporti una forma di
socialità, conforto e connessione emotiva tra i membri del gruppo (Morrison 2012, Hoffman 2001,
Carnes 1989) che contribuisce a rafforzare i legami interni di fratellanza, e ad irrobustire quel
confine tra interno ed esterno, grazie anche al largo uso dell’elemento rituale.
Inoltre vedremo come, all'interno della libera muratoria, esistano diversi tipi di segreto
considerando che la massoneria non è una società segreta, bensì una società di segreti (Giarrizzo
1994). Se il segreto “vero e proprio” è quello iniziatico e, per ciò stesso, incomunicabile, gli altri
tipi di segreto – definiti nei termini di riservatezza e discrezione – hanno una funzione regolativa
più che ontologica, essendo più principi organizzativi che strumenti di occultamento (Sorrentino
2011).
Circa la dinamica inclusione/esclusione, il riferimento principale andrà alla ricerca di Norbert Elias
e John L. Scotson (2004) sulla comunità di Winston Parva in cui vengono identificati due gruppi
principali di abitanti, i radicati e gli esterni, i primi investiti della qualità carismatica, i secondi del
disonore di gruppo, recando su di sé un vero e proprio stigma. L'elemento interessante è che,
solitamente, lo stigma sociale viene “attaccato” dai membri del gruppo radicato al gruppo esterno
mentre, nel caso di questa ricerca, è possibile affermare che lo stesso gruppo dei radicati – i
componenti del Goi – abbia su di sé uno stigma che affonda le sue radici alle origini della
massoneria speculativa e che si è mantenuto ancora oggi. Uno stigma che, come vedremo, diventa
parte integrante della propria identità e, ancora, forte fattore attrattivo.
Dal punto di vista dell’analisi della ritualità massonica e dell’impatto che questa può avere sui liberi
muratori, importante è il lavoro di Mark C. Carnes (1989) sui «liminal rituals» che hanno la
funzione di incanalare le ansie dei membri del gruppo senza che questi debbano farle emergere
esplicitamente, dando voce a sensazioni e stati emotivi che rimarrebbero probabilmente inespressi e
risolvendo simbolicamente le contraddizioni delle esperienze della vita di tutti i giorni (Clawson
1989). Il tema della ritualità come separazione tra un prima e un dopo, tra un dentro e un fuori è
preso in considerazione anche da Arnold Van Gennep (1960) che ha scritto molto sulla funzione che
i riti di passaggio esercitano sulla vita dei singoli, tema declinato da altri in termini più critici
(Wilson 1980), notando come questo tipo di legame si venga a creare tra un gruppo di persone con
21
caratteristiche biografiche e sociali molto simili, così da formare una sorta di religione civile
«WASP» (White Anglo-Saxon Protestant), quindi con caratteri specifici che sono parzialmente in
contrasto con i richiami alla pluralità, alla tolleranza e all’uguaglianza che da sempre
contraddistinguono, in termini ufficiali, la libera muratoria.
22
1.2.3 Trasformazioni della libera muratoria
Molte delle analisi sulla massoneria sopra riportate non prendono in considerazione la
contemporaneità e, come sostiene Kenney (2016, 10), necessitano di aggiornamenti e rivisitazioni
in chiave più attuale:
I must stress that the vast majority of these writers were discussing the role of symbolism in relation to historical
studies of Freemasonry (i.e., the nineteenth century). […] the fact is that they are speaking about the significance of
Freemasonry either in a far different time, or, in other cases, in cultures quite different from that found in, for
example, contemporary North America. Gender, race, and class relations have changed greatly […] new times, new
cleavages, new changes, and new contexts necessitate a fresh investigation of the processes involved.
Risulta chiaro da molte ricerche come il coinvolgimento all’interno della massoneria abbia un
impatto sui suoi membri, sulle loro identità e sul contesto in cui questi si trovano ad agire, ma le
dinamiche attraverso cui questi meccanismi sono spiegati sono scarsamente elaborate o troppo
parziali. Spesso l’approccio metodologico è stato quello di partire dallo studio del contesto sociale
generale per capire come la massoneria e i suoi membri si collocassero al suo interno. Nella ricerca
di Kenney (2016) – come anche in questa – l’approccio è in parte ribaltato poiché si cerca di partire
da una dimensione micro: attraverso le testimonianze e i significati che i protagonisti di questa
ricerca offrono, si intende capire come loro e l’Obbedienza stessa si situino all’interno della nostra
società, tenendo in considerazione particolari aspetti della stessa.
Negli Stati Uniti, dove solitamente la massoneria viene presentata come più pubblica e aperta
rispetto a quella europea, in particolare quella italiana, si registra un declino significativo nel
numero degli aderenti dagli anni Sessanta del secolo scorso:
Explanations range from the gradual replacement of Freemasonry’s social service and insurance functions [...]
and the undermining of social capital [...] to the thesis that a relatively long period of prosperity fostered a “culture
of contentment” among the “middle classes”, the relative lack of economic crisis undercutting the feeling of
“uncertainty” traditionally conducive to membership growth (Kenney 2016).
Dagli anni Novanta, inoltre, la massoneria americana ha registrato un ulteriore calo negli iscritti
dovuto, secondo Kenney, alla iper istituzionalizzazione e burocratizzazione della massoneria stessa.
Nonostante ciò, in alcune aree del paese si registra un crescente interesse da parte soprattutto dei
giovani – giovani se consideriamo l’età media degli appartenenti – tra i trenta e i quaranta anni.
Alcuni motivi, secondo l’autore, sono da riferirsi alla “popular culture”, cioè film e libri che parlano
di massoneria, e all’avvento di Internet5 che apre le porte anche a quei fratelli che non hanno
conoscenze all’interno dell’Obbedienza. Riferendoci, poi, al motivo dell’incertezza – soprattutto
economica – che spinge le persone a cercare delle sponde sicure all’interno di una cerchia ristretta
5
Tschorn, A. 2008. “Freemasons in Midst of Popularity, Membership Boom”, Los Angeles Times, 18 maggio,
<http://www.latimes.com/features/lifestyle/l-ig-masons18-2008may18,0,562412.story>, [ultima cons. 01-05-2017].
23
di fratelli, può anche darsi che la generazione attuale dei trenta/quarantenni risenta maggiormente di
questa crisi rispetto alle persone più anziane e rispetto a momenti di più florido benessere. Al di là
di questi motivi, una delle ragioni per cui credo sia particolarmente rilevante uno studio della
massoneria in Italia è che il nostro paese è in controtendenza rispetto alla maggior parte degli altri
paesi, Stati Uniti in testa, rispetto al numero degli iscritti che è andato costantemente aumentando
negli ultimi vent'anni.
24
hanno dato stimolo concreto alle recenti indagini della Commissione parlamentare antimafia che,
proprio mentre si stava ultimando questo lavoro, nel marzo 2017, ha sequestrato gli elenchi delle
logge siciliane e calabresi del Grande Oriente d'Italia e di altre Obbedienze.
1.3 Metodologia
L’approccio utilizzato per questa ricerca è qualitativo e si basa sulla conduzione di interviste
sottoposte a tre categorie di persone: liberi muratori; ex liberi muratori; studiosi di massoneria. Si
tratta di interviste in profondità semi-strutturate che hanno coinvolto precisamente 30 liberi
muratori (tra logge locali e vertici dell’Obbedienza), 6 ex liberi muratori, 4 studiosi. Per quanto
riguarda i liberi muratori, come accennato, si tratta di 20 fratelli piemontesi e 7 fratelli calabresi più
tre massoni che ricoprono cariche nazionali e, precisamente, il Gran Maestro, uno dei due Gran
Maestri Aggiunti e il Grande Oratore. La scelta del Piemonte è stata dettata da considerazioni
pratiche poiché la ricerca si è svolta a Torino e i primi contatti con il mondo libero muratorio li ho
avuti in questa città. L'idea di ampliare la ricerca in Calabria è nata soprattutto in riferimento
all'episodio delle logge recentemente demolite in questa regione.
Gli studiosi intervistati sono Gian Mario Cazzaniga, Fulvio Conti e Giorgio Galli che, come
accennato e come vedremo nel corso della ricerca, si sono occupati a vario titolo di massoneria.
Inoltre ho avuto vari colloqui con Marco Novarino, grazie al quale sono riuscita a stabilire contatti
con i vertici dell'Obbedienza e, conseguentemente, ad avere accesso al campo per effettuare le
interviste.
Per la gran parte delle interviste ai liberi muratori verrà mantenuto l'anonimato, eccetto per coloro
che detengono le cariche principali a livello nazionale, le cui identità sono pubbliche 6, e per un ex
libero muratore – Amerigo Minnicelli – il cui nome è ormai noto essendo legato alle recenti
inchieste della Commissione parlamentare antimafia sulle presunte infiltrazioni malavitose
all'interno di alcune logge del Grande Oriente d'Italia.
Nel caso delle interviste per cui si è deciso di mantenere l'anonimato, per ogni brano citato
riporterò il codice di riferimento dell'intervista, l'età dell'intervistato e la Regione in cui l'intervista
ha avuto luogo, senza specificare la città per evitare, soprattutto, che i fratelli massoni possano
facilmente riconoscersi tra loro. Nel caso dei fratelli che ricoprono cariche il cui profilo risulta noto,
riporto il cognome e la carica posseduta (GM – Gran Maestro; GMA – Gran Maestro Aggiunto; GO
– Grande Oratore). Nel caso degli ex massoni, non riporterò la Regione di appartenenza per evitare
6
Mi riferisco al Gran Maestro Stefano Bisi, al Gran Maestro Aggiunto Sergio Rosso e al Grande Oratore Claudio
Bonvecchio.
25
che si possa risalire alla loro identità.
Riguardo alla ricerca sul campo, il rischio principale consisteva nel non avere certezza alcuna circa
la possibilità di accesso. Non avendo vie preferenziali per entrare all'interno del mondo massonico, i
primi mesi sono stati dedicati alla costruzione di contatti e relazioni con l'obiettivo di riuscire a dar
voce ai diretti interessati, ossia ai membri delle logge locali.
Grazie soprattutto all'aiuto del professor Novarino sono riuscita a mettermi in contatto con i vertici
dell'Obbedienza (nello specifico il Gran Maestro Aggiunto, la seconda carica dopo quella del Gran
Maestro). Dopo avergli presentato la ricerca, sono riuscita ad intervistare tre membri della Giunta
nazionale (Gran Maestro, Gran Maestro Aggiunto, Grande Oratore), che mi hanno consentito di
prendere contatti con il Presidente del Collegio circoscrizionale di Piemonte e Valle d'Aosta per
poter iniziare le interviste “alla base”, quelle rivolte ai fratelli delle logge locali, nello specifico
torinesi.
Una volta ottenuto il “via libera” si sono presentati altri due rischi che consistevano nel tipo di
persone che il Presidente del Collegio mi avrebbe permesso di intervistare e nelle informazioni che
avrei ottenuto dalle stesse. Per quanto riguarda la tipologia di persone, inizialmente avevamo
concordato un modello di campionamento che prevedeva la selezione dei fratelli in base a tre fasce
di età (21-35; 36-60; oltre i 60) e in base al grado raggiunto (Apprendista, Compagno d'Arte,
Maestro). Per ogni fascia d'età avevamo stabilito di intervistare almeno 9 fratelli, 3 per ogni grado.
In tutto avremmo dovuto ottenere minimo 27 interviste. Questo modello di campionamento si è
rivelato presto utopico per una serie di motivi, il principale dei quali consiste nella reticenza da
parte di molti fratelli, soprattutto over 55, a farsi intervistare. Ciò ha portato il campionamento a
divenire piuttosto casuale, anche se sono riuscita ad intervistare fratelli per ogni grado iniziatico ed
è stato fatto il possibile per evitare di intervistare troppi fratelli appartenenti ad una stessa loggia.
Se da una parte ho riscontrato una chiusura da parte di alcuni membri del Goi, dall'altra ho
instaurato rapporti continui e piuttosto confidenziali con tre fratelli, i quali si sono prodigati per
farmi ottenere interviste fuori Torino, per la precisione 5 ad Asti ed 1 a Vercelli. Queste interviste,
soprattutto quelle svolte ad Asti, si sono rivelate utili anche per allargare il raggio di analisi a realtà
diverse da Torino e per tentare un confronto tra una città capoluogo di regione che conta circa
novecentomila abitanti e un capoluogo di provincia che ne conta circa settantamila. Grazie infine
alla disponibilità del Gran Maestro, sono riuscita ad ottenere interviste all'interno di alcune logge
calabresi, nello specifico nelle località di Vibo Valentia, Reggio Calabria e Palmi. La scelta di
questa regione, come ho accennato, è motivata dalla decisione di dedicare l’ultimo capitolo – quello
sulla parte nascosta e latente dell’organizzazione – alla trattazione di due casi specifici di studio, la
vicenda P2 e l’episodio della chiusura di tre logge calabresi tra il 2013 e il 2015 per possibili
26
infiltrazioni ‘ndranghetiste. Considerato come il “caso Calabria” fosse emerso anche dalle interviste
piemontesi nella veste di caso eccezionale per facili commistioni tra libera muratoria e mondo del
malaffare, ho ritenuto opportuno dare voce ai fratelli di quella regione.
Per quanto riguarda il secondo rischio, relativo al tipo di informazione che avrei ottenuto dagli
intervistati, da più parti è stata mossa la critica secondo cui la versione offerta dai medesimi sarebbe
stata parziale e avrebbe calcato quella che è l'immagine ufficiale dell'organizzazione. Ciò si è
rivelato inesatto, in parte perché la mia volontà era quella di analizzare l'organizzazione sotto vari
punti di vista, senza pensare unicamente al tema della eventuale commistione tra Obbedienza e
mondo del malaffare. Del resto, anche in riferimento a quest'ultimo aspetto, molte delle interviste
offrono spunti di analisi interessanti e ciò è dovuto, in particolare, alla struttura interna del Goi,
suddiviso com'è in microcosmi con livelli di autonomia piuttosto elevati.
Devo comunque constatare come alcune delle interviste – nello specifico, quelle svolte in Piemonte
– offrano accenti più critici di quelle svolte in Calabria. Ciò può essere imputato al fatto che, in
questa seconda regione, ho potuto intervistare solo fratelli massoni che ricoprono cariche
abbastanza importanti nell'Obbedienza, quindi è probabile che in ragione di ciò le loro posizioni si
mantenessero maggiormente sul filo dell'ufficialità.
Le stesse resistenze sono state incontrate da Elena Coggiola agli inizi degli anni Novanta, nella sua
ricerca sulla Gran Loggia d'Italia degli Alam: «Prima di iniziare l'indagine si era consapevoli del
rischio di incontrare una certa “riluttanza” da parte degli intervistati a fornire informazioni: in alcuni
casi la nostra previsione è stata confermata, ma in molti casi smentita. Non possiamo comunque
affermare che il campo d'indagine non sia “resistente”, tutt'altro: sono state molte le circostanze
nelle quali dietro una facciata di ampia disponibilità ed apertura è emersa una certa resistenza»
(Coggiola 1995, 20).
Per ovviare comunque all'eventuale parzialità delle informazioni, il disegno della ricerca prevedeva
interviste anche ad ex membri del Goi, nell'auspicio di ottenere testimonianze con accenti
maggiormente critici. Come sostiene infatti Schein (1985) non basta intervistare i fondatori o i
leader sui valori e sugli obiettivi dell’organizzazione, perché in questo caso si rischierebbe di
rimanere solo al livello manifesto di analisi.
In linea generale verrà analizzata sia la struttura dell’organizzazione sia i processi organizzativi:
«Da un lato le organizzazioni in quanto strutture condizionano l’azione dei soggetti attraverso
vincoli normativi, tecnici, economici e culturali; dall’altro lato i soggetti nel modo in cui
interpretano e modificano quei vincoli mettono in atto un processo che giorno per giorno riproduce
(e modifica) quelle organizzazioni» (Bonazzi 2006, 20). Questa dinamica può essere bene illustrata
prendendo in considerazione la struttura dell’Obbedienza così come è definita in termini ufficiali e,
27
successivamente, nella parte empirica della ricerca, analizzando questa immagine di ufficialità alla
luce delle testimonianze e delle pratiche dei soggetti intervistati.
Da tenere in considerazione sono le anomalie o i tratti sorprendenti osservati man mano che la
ricerca procede, quindi le irregolarità, le devianze e le tensioni latenti; in questo senso le interviste
agli ex membri offrono un valore aggiunto. Riuscire a rintracciare queste persone e a farsi rilasciare
un'intervista è stata impresa ardua, ma alla fine sono riuscita a portare a compimento 6 interviste,
certamente utili per arricchire criticamente le mie analisi, ma anche per meglio descrivere
l'eterogeneità non solo dei membri interni al Goi, ma anche di coloro che si sono messi in sonno o
sono stati espulsi.
La ricerca si arricchisce anche di un diario in cui ho annotato i vari incontri informali tenuti, in
particolare, con tre fratelli intervistati in Piemonte e la mia partecipazione a vari eventi organizzati
dal Goi, il più importante dei quali è sicuramente la Gran Loggia annuale del 2015 e 2016, tenutasi
a Rimini nel primo fine settimana di aprile. Come detto, ho avuto inoltre modo di incontrare Lilith
Mahmud durante il mio periodo di ricerca in California, alla UCLA, effettuato tra il mese di
settembre e la fine di novembre del 2016, sotto la supervisione della professoressa Margaret Jacob.
Allo studio della Costituzione, dei Regolamenti e della produzione ufficiale del Goi, si aggiunge la
consultazione quasi quotidiana del sito dell'Obbedienza7 e la lettura attenta dei numeri di una delle
sue riviste principali, Erasmo, in particolar modo quelli che coprono l'arco temporale che va dal
2013 agli inizi del 2017. L'esame della rivista mi ha consentito di seguire la vicenda delle logge
chiuse in Calabria da un punto di vista interno all'Obbedienza e di meglio comprendere le modalità
tramite cui il Goi si apre all'esterno, attraverso l'organizzazione di eventi e manifestazioni. In
quest'ultimo caso ho verificato come gli stessi eventi siano stati pubblicizzati anche da riviste e
portali online non massonici; questo esame mi ha permesso di approfondire con accenti piuttosto
critici il tema dell'apertura dell'Obbedienza nei confronti del mondo profano.
L'analisi di tutte le interviste effettuate, incrociate con gli altri materiali a mia disposizione, mi
consente di mostrare sotto una nuova luce il fenomeno considerato; pur non prefiggendomi di
definire l'oggetto di studio in modo univoco ed esaustivo (anche tenendo in considerazione la
variabile geografica che non poteva comprendere tutto il territorio italiano), questa ricerca, nata con
finalità prettamente esplorative, può contribuire a problematizzare un tema molto discusso e poco
conosciuto, offrendone nuove chiavi di comprensione e di lettura.
7
<http://www.grandeoriente.it/>
28
1.3.1 Lo studio del Goi
Come accennato, questa ricerca prende in considerazione l’Obbedienza del Grande Oriente d’Italia
come fosse una qualsiasi organizzazione di cui occorre mettere in evidenza alcuni aspetti che
riguardano sia la dimensione interna dell’Istituzione, sia le relazioni col mondo esterno.
Per questa ricerca non ho inteso utilizzare un preciso approccio organizzativo, però il riferimento ad
alcuni autori, in particolare Schein (1985) e al suo concetto di cultura organizzativa, sarà di aiuto
soprattutto per criticare la dimensione ufficiale dell'Obbedienza a cui abbiamo brevemente fatto
cenno.
Il concetto stesso di “organizzazione” risulta essere abbastanza fluido (Silverman 1974); infatti,
mentre la struttura dei ruoli e il grado di auto-selezione possono differire di caso in caso, possono
esistere delle peculiarità nelle forme di interazione predominanti. Secondo una visione psicanalitica
(Perini 2015, 87) le organizzazioni assumono la funzione di liberare gli individui e i gruppi dalle
rispettive ansie, quindi possono essere considerate omogenee, non importa che i loro compiti siano
di servizio alla persona, formativi, produttivi di beni ecc. Il riferimento è in questo caso
all’istituzione Chiesa, la quale cerca di soddisfare il bisogno degli uomini di dipendere da figure di
genitori idealizzati e onnipotenti, e all’esercito che, sempre in questa ottica psicanalitica, gestisce le
ansie persecutorie legate alla visione di un mondo minacciato da nemici esterni.
Questi approcci stanno tutti a sottolineare quanto sia difficile dare una inquadratura univoca di una
organizzazione identificandola da subito in modo preciso; l’intento di questa ricerca, infatti, è di
pervenire ad una definizione dell’oggetto di studio soltanto a posteriori.
Anche rifacendoci, nello specifico, alla sociologia delle forme religiose (Marchisio 2000) per
tentare una comparazione più vicina rispetto a tutte quelle ricerche – la maggior parte – che si
incentrano sullo studio di organizzazioni economico-lavorative, è difficile trattare un’Obbedienza
massonica alla stregua di una Chiesa o di un gruppo religioso, innanzitutto perché uno dei principi
base della massoneria è quello di essere a-religiosa ed anti-dogmatica. La massoneria non è in
nessun modo una religione: «La massoneria non è […] un nuovo movimento religioso. […] Non si
può neppure dire semplicemente che la massoneria appartiene alla “nuova religiosità” intesa come
l’insieme non solo delle appartenenze a movimenti ma anche delle credenze alternative alla
religione tradizionale»8.
Già lo studio della religione è sempre stato afflitto da una difficoltà, ossia l’elusività del suo
contenuto; religione, infatti, è un concetto a più dimensioni: esperienziale, rituale,
dell’appartenenza. Prevede l’esistenza di una realtà sovrasensibile, una realtà altra che può essere
8
Introvigne M., Che cos'è la massoneria: il problema delle origini e le origini del problema,
<http://alleanzacattolica.org/che-cos%C2%92e-la-massoneria-il-problema-delle-origini-e-le-origini-del-problema/>,
1994, [ultima cons. 03-04-2017].
29
definita come sacra in contrapposizione ad una sfera profana. Si può quindi parlare di
organizzazione religiosa quando si parla di massoneria? Come detto, la mia decisione è quella di
studiare il Grande Oriente d'Italia senza identificarlo a-priori, ma il ricorso alle forme organizzative
religiose mi aiuterà a tenere presente i due livelli di sacro e profano che si trovano anche all’interno
dell’Obbedienza esaminata, che fa promettere solennemente agli iniziati di credere in un essere
supremo definito come Grande Architetto dell’Universo. Inoltre, spesso, si sostiene come
l’istituzionalizzazione e la sistematizzazione dell’esperienza religiosa produca un suo
impoverimento, e questo è anche uno dei motivi per cui molti studiosi hanno preferito privilegiare
le dimensioni non organizzative nello studio del fenomeno religioso. In parte questo aspetto lo
possiamo ritrovare nell’analisi del Grande Oriente, dato che molti intervistati rintracciano questo
tipo di impoverimento dovuto ad un cambiamento della forma organizzativa dell’Obbedienza,
motivato ufficialmente dalla necessità di stare al passo con i tempi che cambiano.
Kenney (2016, 4), a proposito del Nord America, parla di un declino del numero di iscritti dovuto,
tra i molti fattori, ad una forte burocratizzazione delle Obbedienze: «By the 1990s, Freemasonry
suffered from over-institutionalization, bureaucratization, and an aging and declining membership»,
sottolineando tra l’altro come da una vocazione iniziale quasi totalmente di stampo iniziatico,
l’aspetto filantropico sia andato rafforzandosi nel corso dei decenni:
By the mid-twentieth century, with the development of big government, big business, and labour organizations,
along with the popularity of “service clubs” like Rotary and Kiwanis, Freemasonry, particularly in the United states,
shifted from a fraternity primarily emphasizing ritual and self-improvement to a highly organized, institutionalized,
even bureaucratic group focused on supporting or coordinating various Masonic philanthropies.
Anche all'interno del Goi l'aspetto filantropico, come vedremo, è da molti ritenuto un accessorio
utile ma non necessario, un modo per mostrare all'esterno il lato “socialmente attendibile”
dell'Istituzione; per altri è invece una sorta di fraintendimento circa il significato che la “costruzione
del tempio” ha assunto da quando la massoneria, da operativa, è diventata speculativa.
Questo scarto tra la dimensione del sentire religioso e quella dell'aspetto organizzativo della forma
religiosa porta l’individuo a tracciare, lui stesso in prima persona, le coordinate di una nuova mappa
del credere: in alcuni casi sarebbe questo uno dei motivi per cui molti entrano in massoneria
(«Cercavo qualcosa»), anche se in altrettanti casi – come vedremo – le motivazioni sono di diverso
tipo.
Come anticipato, l'attenzione sarà rivolta in particolare alle seguenti dimensioni dell’Obbedienza:
gli scopi e i valori di base; la struttura interna; le motivazioni d'ingresso; le caratteristiche dei
membri e la relazione base/vertice; i rapporti tra fratelli di loggia e fratelli di diverse logge; i
30
rapporti e l'apertura nei confronti dell'ambiente esterno; la parte più nascosta e latente.
Per quanto riguarda gli scopi e i valori di base, sappiamo che è importante distinguere tra gli scopi
dell’organizzazione e i moventi personali dei suoi membri e anche qui lo scarto tra ufficialità e non
ufficialità risulterà calzante per gettare luce su un mondo assai eterogeneo al suo interno. Le
motivazioni stesse d’ingresso, infatti, possono legarsi ai valori e agli scopi enunciati
dall’Obbedienza oppure a dei fini che potremmo definire “profani”, nel senso di svincolati da
ragioni di tipo iniziatico. Inoltre gli obiettivi possono essere quelli originariamente dichiarati,
oppure quelli desumibili dall’esame del comportamento delle varie parti dell’organizzazione; in
questo senso è possibile che nessun livello dell’organizzazione tenga completamente fede agli scopi
originari (Silverman 1974). D'altra parte, il raggiungimento degli obiettivi esplicitati è solo uno dei
bisogni da soddisfare, dal momento in cui esistono bisogni formali e bisogni informali, tra i quali
possono spiccare quelli inerenti alla personalità come quelli legati all’auto-realizzazione, al bisogno
di interagire con i propri simili e di essere accettati.
Ancora, non basta tenere presente i moventi dei soggetti a partecipare, ma bisogna partire dalla
considerazione che sono i soggetti stessi a costruire le organizzazioni: «Per conoscere i reali
comportamenti organizzativi bisogna cambiare ottica e partire non dalla struttura formale delle
organizzazioni, ma dalle persone che operano al loro interno e che vanno considerate come soggetti
che decidono continuamente» (Simon 1947). Quindi occorre dare peso al ruolo dei processi più che
alla struttura organizzativa, quegli stessi processi che rimangono fuori dal controllo completo del
management ma che ne determinano i risultati e la sopravvivenza nel lungo periodo (Grandi,
Sobrero 1997, 150).
Esaminare i motivi d'ingresso nell'Obbedienza e i bisogni che gli affiliati intendono colmare ci aiuta
a comprendere quali siano i loro obiettivi e il loro livello di coinvolgimento. Quest'ultimo dipenderà
da una serie di fattori, quali la natura del reclutamento dei membri e il loro background culturale e
sociale, ma anche la loro esperienza dell’Obbedienza in sé (Silverman 1974).
Ci sono varie spiegazioni che motivano l’ingresso delle persone all’interno di un’organizzazione
(Lomi 1997, 53), da quella più utilitaristica a ragioni di tipo più relazionale: gli individui, infatti,
formano legami interpersonali e da questi dipendono fattori come reputazione, percezioni, capacità
d’azione ecc. In sostanza le reti relazionali influenzano le scelte di appartenenza degli individui,
infatti solitamente i membri di un gruppo tendono a valutare le proprie possibilità, abilità e opinioni
in relazione a quelle di altri che vengono percepiti come simili. E le reti relazionali stabiliscono il
grado di coinvolgimento e identificazione nell’organizzazione o in un qualche suo sottogruppo.
31
I fattori che influenzano la forza dell’identificazione possono essere vari: il prestigio percepito del
gruppo; il grado in cui gli obiettivi sono condivisi; la frequenza delle interazioni; il numero dei
bisogni individuali soddisfatti; l’entità della concorrenza tra i membri del gruppo. L’elemento
relazionale è fondamentale per comprendere i motivi per cui molte persone decidono di entrare
all’interno dell’Obbedienza, ma soprattutto per capire i motivi per cui decidono di rimanervi; infatti
gli individui, in generale, tendono a classificare se stessi e gli altri anche in base ai gruppi sociali di
cui fanno parte e il singolo utilizza la propria affiliazione a ognuno di questi gruppi per definire la
propria identità e presentarsi in pubblico. Quando l’appartenenza incrementa l’autostima
dell’individuo, questo fa un salto psicologico che inserisce tale appartenenza nel concetto di sé. Qui
è interessante valutare come l’identificazione (io sono) si distingua dalla internalizzazione (io
credo), per cui il singolo può definire se stesso nei termini dell’organizzazione cui appartiene pur
disapprovandone valori e strategie. In questo senso sarà calzante la lettura approfondita del
linguaggio dei massoni intervistati per questa ricerca, da cui emergono in modo evidente concetti
quali quelli di élite, dote innata, missione, vocazione/chiamata.
Il tessuto di una qualsiasi organizzazione (Perini 2015) è impregnato di emozioni, alcune anche
problematiche e di segno negativo come ansie, rabbia, desiderio, gelosia, invidia. Questi sentimenti
influenzano i rapporti, le decisioni, le dinamiche interne e possono dare linfa alla parte
dell’organizzazione che ho definito nascosta e latente. In questa ricerca verrà posta particolare
enfasi sui concetti di invidia e narcisismo in riferimento al conferimento di cariche all'interno delle
logge, e sulle ansie, soprattutto quelle legate al gruppo (“il non essere all’altezza”), ai conflitti di
interesse (tra vita privata e appartenenza massonica) e ai problemi dell’Obbedienza (la reazione di
fronte a vicende delicate come quella della loggia P2).
Sempre in riferimento all’identificazione (Bergami, Corrado, Lomi 1997), ci sono tre aspetti in
particolare che tendono a favorirla: la distintività che deve differenziare e rendere unico il gruppo; il
prestigio dell’organizzazione che può aumentare l’autostima del singolo; l’importanza
dell’outgroup che sottolinea l’esistenza di un confine e porta i soggetti ad assumere una omogeneità
ingroup. L’intensità dell’identificazione dipende anche dall’attrattività di alcune rappresentazioni
dell’organizzazione possedute dai singoli, tra cui la percezione dell’identità organizzativa o la
percezione dell’immagine esterna. In quest’ultimo caso si tende a dare per scontato che più positive
sono queste percezioni, maggiore risulti l’identificazione. Come vedremo, questo non accade per
una Obbedienza come il Goi la cui etero-rappresentazione risulta essere piuttosto negativa, senza
che questo comporti però un declino nel numero dei nuovi ingressi. Anche in quest'ottica risulterà
interessante guardare al modo in cui si esprimono gli intervistati, che tendono a porre enfasi su temi
quali la forma elitaria del gruppo, il gene del massone, la missione da compiere, i buoni costumi che
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un fratello iniziato deve già possedere prima ancora di entrare. La dimensione elitaria verrà
approfondita soprattutto nella parte dedicata ai rapporti tra il mondo delle logge e l’ambiente
esterno, ossia tra massoni e profani, affrontando il tema degli insiders/outsiders che permetterà di
osservare come, oltre a questa distinzione, vi siano diversi livelli di coinvolgimento interno, tanto
da poter parlare di “insiders più insiders di altri” e forse anche di “outsiders più outsiders di altri”.
L’aspetto della ritualità e della segretezza, a cui dedicherò parte dell’analisi, contribuisce a sancire
questa separatezza tra dentro e fuori.
Lo studio della struttura dell’Obbedienza, inoltre, porta a prendere in considerazione i rapporti tra i
diversi livelli in cui è organizzata, nello specifico tra la base – le logge del territorio – e i vertici,
consentendo di capire che tipo di poteri vi siano al suo interno e come questi si bilancino tra di loro.
Riprendendo la distinzione che fa Max Weber (1922) tra i tre tipi di potere legittimo – carismatico,
tradizionale, legale/razionale – è da escludere che il potere carismatico abbia qualche ruolo
all’interno dell’Obbedienza dato che i vertici, Gran Maestro compreso, sono ritenuti più cariche di
tipo amministrativo/organizzativo che iniziatico-esoterico. Il potere tradizionale, laddove fonda la
sua legittimità su ordinamenti antichi e percepiti come esistenti da sempre, prevede che il detentore
del potere richieda obbedienza in virtù della dignità personale che gli è attribuita dalla tradizione e
questo senz’altro può essere rintracciato all’interno del Goi nella figura della carica maggiore,
quella del Gran Maestro. Certo quest'ultimo non diventa tale per una successione di sangue, ma
viene eletto dai membri dell’Obbedienza che gli hanno evidentemente riconosciuto delle
competenze maggiori rispetto agli altri concorrenti. Possiamo quindi parlare di una nomina “legale”
e di potere legale-razionale.
Parlare di leadership, a questo punto, risulta inevitabile. Se riprendiamo la suddivisione tra
leadership gerarchica e collegiale (Perini 2015, 87), possiamo dire che in massoneria esiste una
gerarchia di ruoli sia a livello di organizzazione (livello nazionale e provinciale) sia a livello
iniziatico, ma nel secondo caso è più opportuno parlare di “gioco di ruoli” poiché molti fratelli – se
non tutti, com’è nel caso delle logge più piccole – assumono diverse cariche all’interno della loggia
man mano che proseguono il proprio percorso massonico. Interessante valutare come l’aspetto
gerarchico non possa essere vissuto in piena armonia all’interno di un’organizzazione che presenta
ancora caratteri elitari molto forti: infatti nei casi in cui c’è disaccordo in merito all’assegnazione di
una carica – in loggia capita soprattutto con la carica più importante, quella del Maestro Venerabile
– è assai comune che si creino conflitti che portano sovente all’uscita dalla loggia di alcuni fratelli,
che si trasferiscono in un'altra o ne vanno a formare una nuova. Vedremo, inoltre, come la figura del
Gran Maestro – la carica più alta dell'Obbedienza – venga spesso privata del suo carattere
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carismatico; lo stesso carattere, piuttosto, viene riconosciuto all'intera Obbedienza, quasi a formare
una sorta di carisma di gruppo (Elias 2001) di cui occorre avere considerazione in riferimento al
modo in cui la figura del leader può essere vista e vissuta all’interno di un’Obbedienza dai connotati
elitari.
Nell’analizzare gli spazi dell’Obbedienza ho proceduto innanzitutto con la selezione di tre ambiti
così definiti: loggia; Obbedienza; mondo esterno. Una parte della ricerca prova a fare luce sui
legami che si instaurano tra questi diversi spazi: legami tra loggia e Obbedienza; legami tra loggia e
mondo esterno; legami tra Obbedienza e mondo esterno. Occorre tenere ben presente il concetto di
confine (Perini 2015) come elemento separatore tra interno ed esterno in termini spaziali e
funzionali. Quindi separazione tra individuo e gruppo, separazione tra diversi gruppi, tra gruppo e
Obbedienza, tra Obbedienza e ambiente esterno.
Nel caso dei legami che il Grande Oriente d'Italia – sia a livello di logge del territorio che a livello
di Obbedienza – mantiene col mondo esterno, vengono analizzati sia i rapporti specifici con
soggetti e sfere di vita cosiddette profane, sia come il contesto sociale influisca sulle decisioni dei
singoli membri e sulle decisioni prese dai vertici stessi. Come suggerisce Bonazzi (2006, 89):
«Sottolineare l’importanza di un approccio micro alle strategie dei soggetti non esclude un
approccio macro alle cornici istituzionali in cui quelle strategie si collocano. Al contrario, è proprio
nel continuo rimando tra analisi a livello macro e livello micro che nasce e si sviluppa la
conoscenza sociologica».
In questo senso occorre precisare, sulla scia di Selznick (1948), che un’organizzazione si trova
sempre inserita in un ambiente che non è neutro ma che esercita su di essa delle pressioni,
costringendola a continui adattamenti. L’autore identifica due possibili fonti di perturbazione: le
cricche interne e i centri di potere esterni. Con cricche si intendono le istituzioni informali basate su
relazioni personali, attraverso cui alcuni membri interni all’organizzazione cercano di controllare
l’ambiente in cui si prendono le decisioni organizzative. Le cricche provocano spesso conseguenze
deleterie per gli scopi formali dell’organizzazione, ma in certi casi possono allargare le risorse
disponibili e contribuire a far raggiungere gli scopi dell’organizzazione.
Il secondo fattore perturbativo è rintracciabile nei centri di potere esterno che agiscono per
modificare il funzionamento di un'organizzazione la quale, di volta in volta, deve mostrare abilità
adattive. Secondo Selznick (1948) le persone interessate ad un dato scopo fondano
un’organizzazione come strumento per perseguirlo ma, nel momento in cui nasce, l’organizzazione
ha anche bisogno di risorse per vivere e per espandersi. Quindi i suoi dirigenti, per farla
sopravvivere, possono attenuare la purezza del programma originario, ricorrendo all’ideologia
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dell’organizzazione per proclamare la fedeltà della loro azione ai suoi scopi originari e per
giustificare le scelte compiute. In questo senso può crearsi un contrasto tra coloro che difendono le
finalità del programma originario e coloro che ne gestiscono l’apparato amministrativo, cosa che
risulta piuttosto evidente nell’analisi del Goi.
Nell’Obbedienza da me analizzata se, da una parte, vi è una sorta di adattamento dell’Istituzione a
un contesto sociale che cambia, dall'altra vi è – o, certamente, vi è stata – una creazione di contatti
con sfere profane – in primis quella politica – che ha raggiunto il suo culmine massimo nel periodo
dell’Italia liberale e si è mantenuta fino ad oggi, seppur assumendo diverse forme.
Ma l'ambiente esterno è formato, più in generale, dal pubblico profano, nei confronti del quale
l'Obbedienza sostiene di essersi aperta sempre di più nel corso degli ultimi decenni anche se, come
vedremo, in maniera discutibile.
L’analisi di tutti questi aspetti, ci porterà a capire qual è la reale struttura interna del Goi, se i vari
livelli dell’organizzazione comunicano e convivono efficientemente tra di loro o se siamo di fronte
ad una Obbedienza suddivisa in organismi autonomi e scarsamente collegati. Da qui è doverosa una
riflessione sul senso di appartenenza maturato dai membri, che ci può dire molto sul motivo per cui
un’Obbedienza del genere sopravviva tutt’oggi – e anzi sia in continua crescita – dopo più di
duecento anni dalla sua fondazione. Come argomenta Stinchcombe (1985) la percentuale di
insuccesso è di norma molto più alta tra le nuove organizzazioni rispetto a quelle più antiche e
rodate; infatti, quanto più il gruppo è omogeneo e stabile con esperienze lunghe e intense alle spalle,
tanto più forte e articolata tende a essere la sua cultura.
Secondo l’autore, inoltre, le organizzazioni conservano nel tempo alcuni tratti distintivi dell’epoca
storica in cui nacque la loro specie di appartenenza, per cui qualsiasi tipo di organizzazione (partiti,
università, associazioni volontarie…) possono essere studiate risalendo all’epoca in cui furono
fondate. Con un esempio adattato alla situazione italiana, i partiti nati nell’Ottocento da club di
opinione hanno conservato per tutta la loro storia l’imprinting elitario della loro origine, con
riferimento soprattutto al Partito liberale e repubblicano. Stessa cosa avviene all’interno del Grande
Oriente, nonostante le varie proclamate strategie di apertura nei confronti dell’ambiente esterno;
non è un caso, infatti, che la matrice dell’Obbedienza sia proprio un retroterra di aggregazione
politica che trovava nei partiti liberale e repubblicano i maggiori referenti.
Per offrire un'analisi approfondita dell'Obbedienza che ne metta in discussione l'immagine più
ufficiale, esaminerò ogni aspetto della stessa tenendo in considerazione artefatti, valori espliciti e
assunti di base, secondo la celebre formulazione di Schein (1985). A livello più superficiale di
analisi, quindi, ci sono gli artefatti, ossia i prodotti immediatamente osservabili: l'architettura,
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l’arredamento, ma anche alcune caratteristiche dei suoi membri come il gergo da loro usato,
l’abbigliamento, la mimica, i simboli, i rituali. Tutti gli artefatti sono visibili, ma non per questo
facilmente decifrabili. Le domande a cui si può cercare di dare risposta possono essere quali scopi si
prefigga una determinata architettura, se favorisca la socialità tra i membri o rispecchi la volontà di
mantenere delle barriere gerarchiche; se esistono gerghi specialistici che assumono una funzione di
separazione simbolica di un dato gruppo sociale dagli altri e così via.
Al secondo livello si trovano i valori espliciti dell’organizzazione; siamo qui nella sfera dei discorsi
manifesti e accettati. Spetta al ricercatore compiere un’attenta ricognizione di quei discorsi, sia
scritti che orali, ed esaminare il grado delle loro corrispondenze con gli artefatti.
Successivamente c’è un terzo livello di analisi, quello degli assunti di base, ossia le convinzioni
profonde e inespresse, di cui spesso i membri non sono del tutto consapevoli. Questo il livello più
importante per capire l’anima dell’Obbedienza, le motivazioni profonde delle azioni dei suoi
membri. Occorre, quindi, vedere se esiste una coerenza tra questi tre livelli di analisi. La coerenza
interna, tuttavia, non comporta che nell'Obbedienza ci debba essere un solo sistema di convinzione;
in essa possono coesistere più sistemi, parzialmente diversificati, che ne rispecchiano le diverse
anime.
È facile descrivere la struttura emersa (Perini 2015), meno facile descrivere quella sommersa,
abitata dal non-detto, dall’inconscio, da miti, credenze, valori tacitamente condivisi, pregiudizi,
fantasie, ansie e relative difese. In questo senso una lettura attenta del linguaggio utilizzato dagli
intervistati in relazione a vari temi quali il modo in cui loro si percepiscono, la forma elitaria del
gruppo, le loro posizioni nei confronti dell’ingresso delle donne e degli omosessuali, la loro
concezione di proselitismo e apertura verso l’esterno, è molto importante per comprendere il
sottotesto delle loro dichiarazioni.
Quindi, l’obiettivo della presente ricerca consiste nel mettere a confronto un’immagine ufficiale
dell’Obbedienza con un’immagine meno ufficiale, e nel far questo procede esattamente attraverso
l’analisi degli artefatti, dei valori espliciti e degli assunti di base, tenendo in considerazione gli
aspetti dell’organizzazione selezionati e più volte citati. Per riportare un piccolo esempio, spesso le
logge organizzano eventi aperti al pubblico e decidono di ospitarli all’interno di un hotel, la
maggior parte delle volte un hotel di lusso (artefatto). Durante le interviste mi viene precisato che
quello di ospitare un evento in un luogo aperto a tutti, come un hotel, è sintomo di una volontà di
apertura da parte dell’Obbedienza nei confronti dell’ambiente esterno (valore esplicito). Va da sé
che, quantunque un hotel sia un luogo aperto a tutti, la maggior parte delle persone possa trovare
difficoltà a partecipare ad un evento che si tiene in una struttura privata e di lusso.
Quindi l’assunto di base che emerge è una visione piuttosto elitaria dell’appartenenza che porta ad
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una apertura i cui risultati non possono che essere scarsi.
L’analisi della cultura può inoltre farci capire se siamo di fronte ad una organizzazione che, nella
prospettiva della Martin (1992), può avere una cultura integrativa, fonte di armonia e consenso; una
cultura differenziante, per cui in un’organizzazione esistono diverse subculture, talvolta in conflitto
tra loro; una cultura frammentaria, secondo cui in un’organizzazione non esistono culture ben
definite ma una molteplicità di punti di vista fluttuanti e ambigui. E ancora, se vi sia una cultura
pervasiva e coerente, se esistono sottoculture organizzative all’interno dell’Obbedienza o se siamo
di fronte ad una vera e propria frammentazione dei significati per cui l’immagine della rete di
significato condivisa tende ad assumere un carattere fluido e risulta impossibile tracciare sentieri
precisi (Marchisio 2000).
Si può facilmente comprendere come la dimensione nascosta e latente venga fuori continuamente
nel momento in cui qualcosa di ufficiale, ad esempio gli scopi e i valori di base dell’Obbedienza,
sono messi in discussione dai linguaggi e dalle pratiche dei suoi membri. In un senso più specifico,
però, si può parlare di parte nascosta e latente quando si analizzano i rapporti che, in questo caso,
l’Obbedienza del Goi intesse col mondo esterno. Ci sono stati vari eventi, uno su tutti lo scandalo
della loggia P2, che hanno portato alla luce un retroterra celato dell’Obbedienza, disconosciuto sia
alla gran parte del mondo profano sia, secondo la mia analisi, alla gran parte del mondo massonico.
In questo senso possiamo parlare di deterioramento del clima organizzativo (Perini 2015) che può
essere rintracciato a più livelli: dalle ansie connesse all’instabilità e al cambiamento (perdita di
sicurezza, minaccia all’identità o all’appartenenza), ad ansie che possono portare a paure, rabbia e
conflittualità (diffidenza, sospetto, ostilità oppure isolamento e arroccamento all’interno della
propria area di manovra). Il deterioramento del clima interno può avvenire per diverse ragioni tra
cui la perdita della figura del leader (concreta oppure simbolica) oppure la presenza di leader deboli,
corrotti, patologici. I leader corrotti, in particolare, sono quelli che arrivano per gradi a corrodere o
pervertire la mission originaria dell’organizzazione imprimendole linee che restano segrete o non
condivise e che sono quindi perseguite per vie sotterranee. A questo aspetto può essere connessa la
mancanza di una cultura delle regole e dei confini che può generare situazioni confuse,
contraddittorie, non in linea con il comportamento che l'organizzazione, in termini ufficiali,
dovrebbe adottare.
Per questa ricerca il riferimento va all'esistenza di particolari logge all'interno del Goi che non
seguono i lavori rituali, venendo meno agli scopi e ai valori sanciti dai regolamenti dell'Ordine.
Come anticipato, l'analisi verterà su due casi di studio specifici: la vicenda della loggia P2 e la
recente demolizione di alcune logge in Calabria.
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CAPITOLO II
La massoneria in Italia
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segretezza. Se il primo collocava i membri della corporazione all’interno di varie categorie a
seconda delle loro capacità e conoscenze dell’arte – generalmente i gradi erano quelli di
apprendista, lavorante e maestro – gli insegnamenti venivano impartiti sotto il suggello della
segretezza (i segreti del mestiere). Le rivelazioni dell’arte venivano divulgate secondo determinati
riti e giuramenti e, insieme agli insegnamenti tecnici, all’adepto venivano rivelati i segni di
riconoscimento del grado a cui apparteneva: «In un tempo in cui non esistevano diplomi, [questi
segni] determinavano la qualifica professionale dell’adepto. Essi erano tanto più necessari in quanto
lo spostamento degli artigiani da un paese all’altro li costringeva a rivolgersi per lavoro e per
assistenza ai fratelli di altre città» (Francovich 1974, 2). Gli insegnamenti, ci ricorda Francovich,
non erano solo tecnici ma anche di carattere morale e religioso e l’arte stessa richiedeva conoscenze
specifiche non solo in termini di geometria e matematica ma anche – specie per la decorazione delle
chiese – una cultura artistica, filosofica e teologica.
Non mi soffermerò in modo approfondito sulle origini della massoneria che, del resto, rimangono
parzialmente incerte. Una delle piste più battute rimanda alla derivazione dalle associazioni
muratorie scozzesi, inglesi e germaniche:
Gli statuti di queste organizzazioni, i cui soci erano specialmente addetti alla costruzione di chiese, non
riguardavano solo le regole per la tecnica lavorativa, ma comprendevano norme etiche (rispetto a Dio e alla Chiesa,
fedeltà al sovrano, obbligo di vita morigerata e di onestà scrupolosa nell’esecuzione dei lavori, ecc.) e imponevano
il vincolo del segreto, che superò presto la fase di tutela dei procedimenti tecnici per assumere un più largo
significato ritualistico11.
Un primo riferimento preciso viene fatto risalire agli statuti della corporazione muratoria elaborati
nel 1589 da William Schaw, che era stato master of works alle dipendenze del re di Scozia Giacomo
VI; in questi statuti «viene fissata la leggenda dell’arte, e viene definito un sistema di cooptazione
nelle “logge” dei muratori (masons), i quali devono possedere la tecnica dell’arte rinascimentale
della memoria e aver appreso la mason word, la parola che consente il riconoscimento reciproco dei
“fratelli” e ne assicura, ove occorra, l’invisibilità all’occhio dei profani»12.
Secondo altre fonti, le antiche corporazioni dei maestri dell’arte muratoria raggiunsero la massima
espansione già tra l’XI e il XIII secolo: «Nella febbrile attività edilizia di quell’età si spiega come
buoni architetti e buoni muratori, capomastri, lapidici ecc. venissero dappertutto ricercati e allettati
con privilegi, immunità e franchigie e come l’arte muratoria acquistasse una sorta d’internazionalità
ed un primato su tutte le altre arti»13.
11
Ghisalberti A.M., Enciclopedia italiana, 1934, s.v. “massoneria”, p. 535.
12
Giarrizzo G., Enciclopedia delle scienze sociali, 1996, s.v. “massoneria”,
<http://www.treccani.it/enciclopedia/massoneria_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/> [ultima cons. 03-04-2017].
13
Pirri P., Enciclopedia cattolica, 1952, s.v. “massoneria”, p. 312.
40
Sarà durante il XVII secolo che la libera muratoria da operativa tenderà a farsi speculativa, infatti
questa trasformazione può considerarsi compiuta ai primi del Settecento. Occorre comunque
ricordare che se anche il lavoro che contraddistingueva i costruttori di cattedrali era definito
operativo, si trattava di un’operatività che prevedeva un lavoro manuale difficilmente separabile da
un lavoro di tipo spirituale: «È, infatti, assodato che, nella ancora sacralizzata società medioevale,
l’arte del costruire rappresentava la ripetizione proto tipica dell’originario atto creativo di Dio e
pertanto si caricava di uno straordinario valore simbolico» (Bonvecchio 2007, 150-151).
La sempre più larga ammissione di elementi estranei, il mutamento confessionale imposto dalla Riforma e il
nuovo clima spirituale che si venne formando per effetto di questa favorirono la radicale trasformazione di queste
logge o nuclei di liberi muratori […] da corporazioni di tecnici e di aggregati simpatizzanti in società nelle quali
questi ultimi presero di fatto e di diritto la preminenza e il contenuto tecnico cedette il posto al simbolico 15.
Per rialzare il loro prestigio queste [le corporazioni] adottarono il sistema di ammettere membri onorari influenti
appartenenti alle classi dell’alta società. […] A poco a poco l’elemento intellettuale e aristocratico costituì il vero
elemento direttivo, così da preparare insensibilmente la trasformazione della M. [massoneria] da operativa in
speculativa16.
14
Ghisalberti A.M., Enciclopedia italiana, 1934, s.v. “massoneria”, p. 535.
15
Ibid.
16
Pirri P., Enciclopedia cattolica, 1952, s.v. “massoneria”, p. 313.
41
La realtà delle logge era quindi mutata; da corporazioni di arti e mestieri, queste erano diventate
circoli filosofico-esoterici privi di qualunque funzione corporativa. Secondo Della Campa (1998,
27) l’accettazione dei primi massoni speculativi, i cosiddetti accettati, era un modo per rinsaldare le
logge sotto il profilo del prestigio – essendo i nuovi membri personaggi influenti – e anche per
rinvigorirle dal punto di vista economico. Ma il prestigio – secondo Francovich (1974, 4) – veniva
ricercato dagli stessi signori nobili e ricchi poiché «l’appartenere ad una associazione così antica,
così famosa per la sapienza e la cultura dei suoi maestri, era considerato da molti un onore o una
scelta eccentrica da suscitare curiosità nel mondo profano». Inoltre, essendo l’associazione diffusa
in tutto il continente europeo, poteva offrire ai suoi membri la possibilità di intessere amicizie ed
avere appoggi in molte città e garantiva tutela di segretezza nei rapporti fra gli associati.
Secondo Gian Mario Cazzaniga (2006, 17) è probabile che all’origine della nuova forma associativa
vi sia stata la volontà da parte di personaggi «di cultura latitudinaria e newtoniana, ma non diretta
espressione dell’establishment», di costruire un luogo dove riunirsi per parlare di nuove esperienze
a carattere scientifico, utilizzando le forme rituali proprie delle antiche corporazioni muratorie. In
questo modo l’iniziazione assunse caratteri simbolici e i tipici strumenti dell’arte muratoria –
squadra, compasso, cazzuola ecc. – acquisirono man mano valore simbolico. Molti rituali, inoltre,
furono inseriti successivamente, come quello del passaggio da Compagno d’Arte a Maestro, che
venne formandosi dopo la nascita della Grande loggia londinese del 1717, quasi a sancire una sorta
di parziale autonomia della forma speculativa su quella operativa:
Questa coscienza “costruzionistica” peraltro va di pari passo con la credenza in una primitiva sapienza o
rivelazione che il rito scopre e commemora. Vi è dunque una ambiguità irrisolta fra inventare e riscoprire,
ambiguità che poi costituisce l’essenza del “mistero” massonico (Cazzaniga 2006, 10).
[...] la Répiblique des Lettres, che aveva visto numerosi letterati e artisti continentali iniziarsi fin dagli anni Venti
a Londra o in Olanda; i militari che nelle guerre di Successione e poi in quella dei Sette Anni saranno veicolo di
esportazione e di scambi per officine e rituali; i diplomatici che vedranno i consoli inglesi, e in misura minore
danesi e olandesi, avere ruoli importanti […] nell’avvicinare alla muratoria membri delle classi dirigenti [e] nel
promuovere iniziative editoriali, essere agenti sul mercato antiquario, collaborare a iniziative teatrali e musicali,
canali tutti di forte presenza muratoria.
42
Alla metà del Settecento facevano parte della massoneria anche principi e sovrani come Federico II
di Prussia e il Duca di Lorena Francesco Stefano. Secondo Fulvio Conti 17 «la logica cortigiana e
l’indubbio fascino esercitato dai rituali e dai percorsi iniziatici rappresentarono un elemento di
attrazione per il ceto aristocratico, che prese a frequentare le logge con assiduità». Questo aspetto –
prosegue l’autore – si modificherà nei secoli successivi, soprattutto dall’età della Restaurazione in
poi, allorché la massoneria europea raccoglierà la maggioranza dei suoi affiliati nelle fasce della
piccola e media borghesia dei commerci e delle professioni.
In Italia la libera muratoria fu certamente un fenomeno di importazione:
Anche se gli insediamenti massonici italiani nella prima metà del Settecento sono stati probabilmente più precoci,
più numerosi e geograficamente più diffusi di quanto non siamo ancora in grado di provare, ciò che è chiaro è che
la massoneria degli antichi Stati italiani è una massoneria d’importazione, dove i conflitti culturali, sociali e politici
interni alle classi dirigenti dei singoli Stati italiani portano a una presenza multipla di logge inglesi, olandesi,
francesi e germaniche, non senza presenze danesi (Cazzaniga 2006, 549).
Soprattutto sulla Francia sembra puntarsi l’attenzione storiografica: «Pure derivando essa
idealmente da quella inglese […] la vicinanza alla Francia e all’Austria fecero sì che in alcune
regioni l’influenza massonica prevalente fosse quella francese, in altre quella germanica» 18. Di
conseguenza queste affinità culturali allontanarono la massoneria italiana dell’originario modello
anglosassone – di stampo solidaristico-iniziatico – imprimendole un carattere politico ed
anticlericale, tipico in special modo della massoneria francese. Carattere politico che la portò ad
identificarsi alla metà dell’Ottocento – al termine della seconda guerra d’Indipendenza – con le
classi dirigenti liberali di ispirazione cavouriana «che videro in essa un utile network per legare le
élite patriottiche della penisola alla dinastia sabauda e al progetto liberale di Cavour»19.
Sulla storia della massoneria italiana – in particolare sui legami tra il Grande Oriente d’Italia e la
sfera della politica – tornerò successivamente.
43
iniziatica. L'azzurro, in particolare, indica i primi tre gradi (Apprendista, Compagno d'Arte,
Maestro), quelli della massoneria detta di base, comune cioè ad ogni percorso massonico20.
I Riti sono organismi che amministrano i gradi massonici successivi a quello di Maestro (ossia
successivi al terzo), con una funzione di perfezionamento del percorso iniziatico, non a caso da tutti
i massoni da me intervistati il Rito è definito come «l’università della massoneria». Esiste un
numero variegato di Riti, di cui il più praticato in Italia è il Rito Scozzese Antico ed Accettato
(RSAA, o anche abbreviato in Rito Scozzese).
Cazzaniga (2006, 11-12) ricorda come il grado di Maestro sia stato creato negli anni Venti del
Settecento, lo stesso periodo in cui presero vita anche i gradi superiori, o Alti gradi:
[…] interessa la questione dell’origine degli alti gradi […]. Operano in questi tentativi di riforma rituale elementi
diversi e non sempre omogenei: un interesse per le scienze occulte, una più marcata identità nobiliare, che avrà la
sua maggiore affermazione coll’esperienza della Stretta Osservanza, e un tentativo di sancire sul terreno rituale,
dunque dell’identità spirituale, l’autonomia da Londra.
Mentre le Obbedienze sono autonome e indipendenti dalla sovranità dei Riti, questi ultimi sono in
qualche modo soggetti alle Obbedienze perché possono cooptare i propri membri solo all’interno
delle suddette; esistono infatti protocolli d’intesa tra Obbedienze e Riti per cui, ad esempio, se un
fratello cessa di appartenere all’Obbedienza, cessa automaticamente anche di appartenere al Rito.
All’interno dell’Obbedienza del Grande Oriente d’Italia i fratelli possono decidere di praticare Riti
differenti o anche di non praticarne nessuno. In altre Obbedienze, come la Gran Loggia degli Alam,
non c’è una vera e propria distinzione tra Rito e Ordine poiché ogni loggia opera secondo un
percorso iniziatico che va dal primo al trentratreesimo grado e, difatti, il Gran Maestro (la principale
carica dell’Ordine) è anche Sovrano Gran Commendatore (la principale carica del Rito; in questo
caso parliamo del Rito Scozzese Antico ed Accettato). Per quanto riguarda il Rito Scozzese,
Moramarco ricorda come lo storico e giurista francese Paul Naudon abbia sostenuto che con
l’introduzione degli Alti Gradi, cioè quelli successivi al terzo, si sia voluto «arginare l’invasione
della Massoneria da parte di Fratelli più preoccupati dell’organizzazione di divertimenti mondani
che dei contenuti iniziatici dell’Istituzione» (Moramarco 1981, 158). Quindi la loro introduzione
sarebbe da collegarsi ad una sorta di bisogno di riqualificazione della massoneria, ma anche
costituisce una possibilità per la stessa di confrontarsi con altri filoni iniziatici «aprendo le sue porte
20
Secondo Albert G. Mackey, che ha curato la stesura di due volumi della Encyclopedia of Freemasonry (1873, 1878),
la massoneria azzurra – o Blue Lodge Masonry – utilizza il colore azzurro/blu con il seguente significato: «[Blue] is
emphatically the color of Freemasonry. It is the appropriate tincture of the Ancient Craft Degrees. It is to the
Freemason a symbol of universal friendship and benevolence, because, as it is the color of the vault of heaven,
which embraces and covers the whole globe, we are thus reminded that in the breast of every brother these virtues
should be equally as extensive. It is therefore the only color, except white, which should be used in a Master's Lodge
for decorations». Consultabile alla pagina <http://www.phoenixmasonry.org/mackeys_encyclopedia/b.htm> [ultim
cons. 1-04-2017].
44
a simboli alchemici, kabbalistici, apocalittici, ecc» (Moramarco 1981, 159).
Non va d’altra parte escluso un aspetto più profano, considerato che comunque ogni Obbedienza ed
ogni Rito deve potersi sostenere a livello economico e, ad ogni passaggio di grado, corrispondono
delle quote da versare sotto varia forma:
Va da sé, che in molti casi, la soddisfazione dei desideri del credulo adepto veniva via via rimandata a successive
iniziazioni, che naturalmente richiedevano il pagamento di nuove quote a beneficio dei promotori ed inventori dei
vari ordini massonici. Da qui, non solo il moltiplicarsi dei gradi, ma anche dei sistemi, ognuno dei quali si arrogava
il privilegio di essere il più antico e il più autentico (Francovich 1974, 29-30).
Ovviamente, come è bene non confondere l’Obbedienza con il Rito, non bisogna confondere il Rito
con il rituale che, in termini generali, costituisce l’insieme di atti e pratiche che compongono un
certo rito e a cui viene attribuito valore simbolico. Quindi, se il Rito è un organismo che amministra
un determinato numero di gradi iniziatici, il rituale è l’insieme delle pratiche da seguire per il
compimento di quei gradi.
Come ricorda Antonio Panaino (2006, 755) alcune Obbedienze impongono ad ogni loggia di
adottare un rituale unico; questo è il caso del Goi nel quale si lavora con un rituale di origine
scozzese, con l’eccezione di circa una trentina di logge che utilizzano un rituale di derivazione
britannica, chiamato Emulation, che di norma viene appreso a memoria.
21
Turano G., “Aboliamo la massoneria”, L'Espresso, (10 febbraio 2017),
<http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/02/10/news/aboliamo-la-massoneria-1.295252>, [ultima cons. 28-04-
2017].
22
Ibid.
45
presentata dal deputato Leonida Bissolati. Saverio Fera ed altri non accettarono questo atto
disciplinare e si allontanarono dal Goi per formare una nuova Obbedienza.
Nel secondo caso, come vedremo, la scissione è avvenuta nel periodo delle inchieste di Agostino
Cordova sulle commistioni tra massoneria e criminalità organizzata. Il Gran Maestro di allora,
Giuliano di Bernardo, fu accusato di aver consegnato alla magistratura i piè di lista dell'Obbedienza
senza tutelare la privacy degli affiliati. Di Bernardo si dimise – o fu costretto a dimettersi – nel
1993, e decise di fondare la Gran Loggia Regolare d'Italia, l'unica Obbedienza che ad oggi, sul
territorio italiano, ha ricevuto riconoscimento di regolarità dalla United Grand Lodge of England.
46
prendendo piede anche in Italia. Nella parte dedicata al tema dell’ingresso delle donne nel Grande
Oriente d’Italia, farò riferimento anche alle Stelle d’Oriente, mentre nella parte dedicata alle
caratteristiche elitarie dell’Obbedienza, inserirò delle riflessioni sull’Ordine di DeMolay.
Bisogna considerare le difficoltà incontrate, non solo oggi, da chiunque ha voluto interessarsi a questo argomento.
Fino a oggi i magistrati non disponevano neanche di un censimento attendibile degli iscritti alla massoneria e
dell’elenco esatto delle logge presenti sul territorio. Lo stesso giudice Cordova lamenta la parzialità degli elenchi
sequestrati in quanto, a suo giudizio, numerosi libero muratori sarebbero stati affiliati all’orecchio del maestro, in
altri termini, la loro appartenenza alla massoneria non risulterebbe da alcun documento.
La difficoltà nel reperire numeri precisi è confermata da un elaborato statistico redatto dalla
Commissione parlamentare antimafia, con relatore l'onorevole Luciano Violante, la cui relazione
conclusiva è stata presentata nel febbraio del 1994, con riferimento al 1993. In questo caso vengono
censiti 21.097 affiliati al Grande Oriente d'Italia, a differenza dei 14903 riportati dall'Eurispes (tab.
1). Non a caso quest'ultimo, rifacendosi ai documenti della Commissione antimafia, nel Rapporto
redatto nel 1994 riporta i numeri dell'elaborato statistico della Commissione, salvo poi utilizzare
altri numeri nel Rapporto 2015, in riferimento all'anno 1993. La differenza risulta importante –
6.194 affiliati –, a sottolineare quanto sia complicato poter fare delle analisi precise. Per questa
ricerca ho deciso di utilizzare i dati dell'Eurispes per motivi di coerenza, essendo questi disponibili
dal 1993 fino alla fine del 2014, mentre la Commissione parlamentare riporta solo i dati riferiti al
1993.
Come si può notare (tab. 1), dopo un progressivo calo registrato dal 1994 al 1997, il numero degli
affiliati al Goi è andato costantemente aumentando dal 1998 al luglio del 2014, con una previsione
per il dicembre 2014 che si aggira intorno ai 23.000 affiliati. Dato confermato dal Gran Maestro
Stefano Bisi che, durante una audizione della Commissione antimafia del 3 agosto 2016, parla di
23052 affiliati24. Il ribasso cui è andato incontro il Goi dal 1994 al 1997 è stato generalmente
imputato alle conseguenze dell'inchiesta di Agostino Cordova, che ha provocato una emorragia di
adesioni. Le inchieste giudiziarie e le scissioni interne all’Ordine, probabilmente, hanno procurato
24
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 169 di Mercoledì 3 agosto 2016, p. 3. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2016&mese=08&giorno=03&idCommission
e=24&numero=0169&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 02-05-2017].
47
una perdita di affiliati che non si verificò all’indomani dello scandalo P2, come ha ricordato il
sociologo massone Morris Ghezzi:
Dopo la vicenda P2, ad essere onesti, le iscrizioni aumentarono. E questo non fu un buon segno. Ma in seguito,
soprattutto dopo le inchieste giudiziarie e la pubblicazione degli iscritti alle logge, molti dei nostri fratelli più in
vista, con incarichi più delicati, o i magistrati cui fu vietata l’appartenenza, ritennero di rinunciare all’iscrizione (cit.
in Eurispes 2004, 259).
Questo porta alla considerazione secondo cui, nei periodi in cui gli scandali hanno coinvolto il Goi,
molti fratelli hanno deciso di mettersi in sonno, ma allo stesso tempo molti profani hanno bussato
alle porte dell'Obbedienza, probabilmente stimolati dalla “cattiva pubblicità” che, come vedremo,
assume un ruolo importante nel favorire nuovi ingressi.
Tabella 1
Numero affiliati al Goi dal 1998 al luglio 2014
Numero iscritti
1993 14903
1994 13842
1995 13107
1996 12502
1997 12073
1998 12302
1999 12630
2000 13064
2001 13521
2002 14152
2003 15009
2004 15837
2005 16861
2006 17764
2007 18595
2008 19457
2009 20073
2010 20588
2011 21174
2012 21438
48
2013 21857
2014 luglio 22601
2016 agosto 23052
Tabella 2
25000
20000
15000
10000
5000
Se, dunque, in passato la trasparenza forzosa imposta da Cordova con la sua indagine conoscitiva
aveva prodotto un’emorragia di adesioni, secondo i curatori della ricerca Eurispes, nei primi anni
del 2000 l'azione di trasparenza avviata dal Gran Maestro Gustavo Raffi ha ottenuto un duplice
effetto: recuperare consensi all’Ordine e stornare i sospetti di attività cospirativa.
Nella Tabella 3 riporto, in valore assoluto, il numero degli affiliati al Goi negli anni 2001, 2007 e
2014, ossia i tre anni considerati dai rapporti dell'Eurispes, suddivisi per circoscrizione massonica25.
25
La comparazione tra dati risulterà approssimativa poiché faccio sempre riferimento al censimento della popolazione
riferito all'anno 2016, senza considerare le fluttuazioni a cui il numero degli abitanti è andato incontro. Questo per
l'impossibilità di desumere il censimento utilizzato dall'Eurispes nell'elaborazione dei dati del 2001 e del 2014, gli
unici anni per cui viene riportato il numero degli affiliati in valori assoluti.
49
Tabella 3
Affiliati al Goi, anni 2001-2007-2014. Valori assoluti
Tabella 4
Variazioni percentuali 2001-2014 e aumento affiliati in valori assoluti. Ordine decrescente.
50
Emilia Romagna: + 43,44 Emilia Romagna: +348
Piemonte/Valle d'Aosta: + 38,88 Veneto: +182
Abruzzo/Molise: + 30,57 Umbria: + 164
Umbria: + 20,22 Friuli V. G.: +163
Toscana: + 17,36 Abruzzo/Molise: +85
Trentino A. A.: - 1,44 Trentino A. A.: - 2
Se guardiamo alle variazioni percentuali tra il 2014 e il 2001 (tab. 4) si può notare l'incremento più
alto per la Calabria (+93,55%), seguita da Friuli Venezia Giulia (+90,55%) e Sardegna (+87,78%).
Tutte le circoscrizioni registrano un trend positivo, ad esclusione del Trentino Alto Adige (-1,44%),
anche se per regioni come la Toscana e l'Umbria, storicamente bacino di massoni, le variazioni
percentuali sono piuttosto basse se comparate alle altre circoscrizioni (rispettivamente +17,36% e
+20,22%).
Le variazioni percentuali in termini di aumento o diminuzione degli affiliati registrano l'incremento
maggiore ancora per la Calabria (+1306), seguita da Sicilia (+879) e Lombardia (+763). L'aspetto
dell'aumento importante degli ingressi in Calabria verrà ripreso nel corso del presente lavoro,
soprattutto nella parte dedicata alle logge chiuse negli ultimi anni in questa regione.
Tenendo conto della densità demografica circoscrizionale, nella Tabella 5 viene comparato il
numero degli affiliati al Goi ogni 100.000 abitanti negli anni per i quali vi sono dati a disposizione:
2001, 2007 e 2014.
Tabella 5
Affiliati al Goi per 100.000 abitanti, anni 2001-2007-2014
Circoscrizione Affiliati per 100 Affiliati per 100 mila Affiliati per 100 mila
mila abitanti abitanti abitanti
2001 2007 2014
Umbria 91 104 109
Toscana 70 78 82
Calabria 71 108 137
Liguria 38 59 59
Piemonte/Valle 32 39 44
d'Aosta
Sicilia 23 32 40
Sardegna 42 54 78
Marche 34 51 62
51
Lazio 22 29 33
Friuli V. G. 17 23 28
Emilia Romagna 18 24 25
Abruzzo/Molise 17 16 22
Lombardia 11 15 18
Puglia 13 18 24
Trentino A. A. 13 16 13
Campania/Basilicata 9 12 16
Veneto 7 8 10
Per quanto riguarda l'età, la condizione professionale e il titolo di studio degli affiliati, disponiamo
solo dei dati riferiti al 2003.
Tabella 6
Percentuale degli affiliati al Goi per fasce d’età. Anno 2003
Fasce d’età %
18-25 6
25-40 22
40-60 40
60-75 20
+75 12
Tabella 7
Percentuale degli iscritti al Goi per condizione professionale. Anno 2003
Condizione professionale %
Libero professionista 30
Insegnante 20
Dirigente/impiegato 11
Operaio 2
Imprenditore 15
Pensionato 22
52
Tabella 8
Percentuale degli iscritti al Goi per titolo di studio. Anno 2003.
Titolo di studio %
Scuola dell’obbligo 5
Media superiore 25
Laurea 70
La maggioranza dei liberi muratori ha un'età compresa tra i 40 e i 60 anni (tab. 6), ma si evidenzia
anche come all'interno del Goi vi sia più o meno la stessa percentuale di affiliati nella fascia 25-40
anni e in quella 60-75 anni. Per il 2014 viene confermato il progressivo abbassamento dell'età
media dei nuovi affiliati, che si aggira intono ai 40 anni, mentre l'età media dei Maestri è di circa 50
anni.
Per quanto riguarda la condizione professionale (tab. 7), notiamo come la maggioranza degli
affiliati sia un libero professionista. Nel complesso viene confermata l’immagine della massoneria
come di un’associazione di notabili e professionisti anche se, secondo Morris Ghezzi, rispetto
all’epoca dello scandalo P2 il Goi rappresenterebbe «un’Italia più quotidiana, fatta di professori, di
professionisti, di commercianti, di gente comune, alla ricerca di spiritualità. [...]» (cit. in Eurispes
2004, 262).
L'abbassamento dell'età media dei bussanti è imputato, in parte, alla forte mediatizzazione
dell'Obbedienza e alla sua nuova visibilità, guadagnata attraverso interviste a mezzo stampa e Tv ed
incontri aperti al pubblico. Nel Rapporto del 2004 si parla ancora con cautela della maggiore
trasparenza del Goi, sottolineando la difficoltà di poter tracciare un quadro chiaro del suo profilo e
delle sue finalità:
Eppure, nonostante la maggiore trasparenza delle diverse Obbedienze – una scelta recente, dettata da contingenze
storiche e forse da una ridefinizione del ruolo della massoneria, ancora in corso e difficilmente interpretabile –, ogni
tentativo di descrizione del fenomeno massonico che pretenda dall’esterno di tracciarne il profilo non potrà che fare
largo ricorso alle ricostruzioni indiziarie, alle inferenze e ai sillogismi probabili (Eurispes 2004, 247).
Secondo il Rapporto, infatti, essendo la massoneria un Ordine esoterico, l'elemento del segreto
iniziatico in relazione ai non iniziati rimane un nodo cruciale per comprendere l'alone di mistero che
ancora avvolge questo istituto: «[...] pertanto risulta impossibile sapere non solo in che cosa
consista il mistero, ma anche quanta parte esso rappresenti in rapporto alla massoneria visibile»
(Eurispes 2004, 247).
53
Come vedremo, il segreto iniziatico è probabilmente l'elemento che meno si lega al motivo della
parziale trasparenza dell'Istituzione, le cui ragioni vanno cercate piuttosto nella particolare modalità
di apertura verso l'esterno.
Nel Rapporto del 2015, invece, si mette in risalto come la massoneria si sia aperta al web negli
ultimi anni. Ciò è assolutamente vero, e lo vedremo anche in riferimento alle nuove modalità di
affiliazione, che da qualche anno a questa parte possono avvenire online e non soltanto tramite il
meccanismo della cooptazione.
Credo, però, che l'azione di trasparenza intrapresa dal Goi abbia avuto solo un parziale influsso
sull'aumento delle adesioni, anche se sicuramente la presenza nei dibattiti televisivi ha giocato un
ruolo nello stimolare le fasce più giovani ad informarsi. È vero che su Internet si possono trovare i
siti web delle maggiori Obbedienze italiane, ma parlare di trasparenza appare forzoso.
Come appare forzoso parlare di maggiore apertura nei confronti del pubblico profano: questo
aspetto verrà trattato nella parte dedicata ai rapporti tra Obbedienza e mondo profano, che avviene
soprattutto tramite l'organizzazione di eventi.
2.3.1 Le origini
Come si legge all'articolo 2 della sua Costituzione26:
Il Grande Oriente d'Italia – Palazzo Giustiniani – è storicamente la prima Comunione Massonica Italiana, dotata
di regolarità di origine, essendo stata fondata nel 1805 da un corpo massonico debitamente riconosciuto; essa è
indipendente e sovrana; presta la dovuta obbedienza ed osserva scrupolosamente la Carta Costituzionale dello stato
democratico italiano e le leggi che ad essa si ispirino. Si raccoglie sotto il simbolo iniziatico del GADU [Grande
Architetto Dell'Universo] […]. È costituito da tutte le Logge regolarmente fondate alla sua obbedienza ed è retto da
una Giunta presieduta dal Gran Maestro, con sede in Roma.
26
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, pp. 3-4.
54
Il Goi, in base all'articolo 36 del codice civile, si colloca fra le associazioni non riconosciute, non
avente scopo di lucro.
Per quanto riguarda i principi e le finalità fondamentali dell'Obbedienza, all'articolo 4 si legge che il
Goi «persegue la ricerca della verità e il perfezionamento dell'Uomo e dell'Umana Famiglia; opera
per estendere a tutti gli uomini i legami d'amore che uniscono i Fratelli; propugna la tolleranza, il
rispetto di sé e degli altri, la libertà di coscienza e di pensiero. Presta la dovuta obbedienza e la
scrupolosa osservanza alla Carta Costituzionale dello Stato democratico italiano ed alle Leggi che
ad essa si ispirino»27.
Nella sezione dei regolamenti dedicata all'identità del Grande Oriente d'Italia 28, il Goi è presentato
come un «Ordine iniziatico i cui membri operano per l'elevazione morale e spirituale dell'uomo e
dell'umana famiglia. La natura della Massoneria e delle sue istituzioni è umanitaria, filosofica e
morale». In quanto tale, la massoneria non è una religione e non consente neppure ai propri membri
di discutere in loggia di religione; inoltre è apolitica e non consente di discutere di politica
all'interno della loggia.
Il 1805 è a tutt’oggi considerato il momento in cui ha avuto inizio la storia dell’Istituzione, poiché
«con essa faceva per la prima volta la sua comparsa un’obbedienza che – indipendentemente dal
fatto di essere sottoposta alla tutela napoleonica o di non essere ancora in grado di esercitare la
propria giurisdizione su tutta la penisola – contemplava finalmente la parola “Italia” e associava
pertanto ai principi massonici di libertà, fraternità e solidarietà l’aspirazione a una nazione che
smettesse di rappresentare soltanto “un’espressione geografica”».
Nel periodo napoleonico si contavano nella penisola più di 250 logge tra quelle del Goi, quelle
controllate direttamente da Parigi e quelle dell’Obbedienza del Grande Oriente di Napoli, per un
totale di 20.000 massoni attivi e quotizzanti. Al tempo, le logge erano per lo più «luoghi di scambio
e mediazione politica, grazie anche al fatto che vi era un comune sentire condiviso dal potere
politico e dalla massoneria i cui rispettivi vertici, spesso, coincidevano»29.
La rinascita della massoneria italiana, però, avvenne a Torino alla fine del 1859 con la fondazione
della loggia Ausonia e, successivamente, con la creazione del Grande Oriente Italiano. L’iniziativa
torinese ottenne l’appoggio del conte Camillo Benso di Cavour che consentì ai propri collaboratori
di aderire alla nuova loggia e di fare della capitale sabauda il centro di aggregazione della futura
massoneria nazionale italiana:
27
Ivi, p. 4.
28
Ivi, pp. XVI-XVII.
29
1805-1860. La nascita del Grande Oriente d’Italia e il ruolo della Massoneria nel Risorgimento,
<http://www.grandeoriente.it/chi-siamo/la-storia/1805-1860/>, [ultima cons. 03-04-2017].
55
Tale intento era in primo luogo destinato a soddisfare una diffusa esigenza di unificazione massonica, ma
rispondeva tuttavia anche a un’altra finalità implicita nell’iniziativa dell’ambiente cavouriano: quella di imitare la
Francia napoleonica sottraendo preventivamente ai repubblicani e ai democratici lo strumento politico, assai
efficace a quell’epoca, della strutturazione unitaria di un’organizzazione massonica, collocando alla sua testa un
gruppo fidato di moderati e facendone in tal modo un instrumentum regni30.
Così ha inizio la storia dell'Obbedienza per come la conosciamo oggi, storia che si intreccia
strettamente con il mondo politico almeno fino all'avvento del fascismo, come vedremo più in
dettaglio nella parte della ricerca dedicata alla storia dei rapporti tra Grande Oriente d'Italia e sfera
della politica31.
2.3.2 La loggia
Il titolo II della Costituzione del Goi è dedicato alla struttura interna e agli organi che lo
compongono. Il primo ad essere preso in esame è la loggia, «corpo primario e fondamentale della
Comunione, è la Collettività autonoma e sovrana dei Liberi Muratori ritualmente e regolarmente
costituita per lo svolgimento dei Lavori Massonici»32.
Per essere costituita, una loggia ha bisogno della presenza di almeno sette fratelli che hanno già
raggiunto il grado di Maestro; in una città dove siano presenti già altre logge, il numero dei fratelli
fondatori è elevato a quindici, di cui almeno sette con il grado di Maestro.
Le logge si riuniscono almeno una volta al mese e le riunioni vengono definite tornate rituali, le
quali possono avere inizio solo alla presenza di almeno sette fratelli. La tornata rituale, come
vedremo meglio nel prosieguo della ricerca, è composta da una parte iniziale e una conclusiva che
hanno caratteri rituali, mentre solitamente la parte centrale è dedicata alla discussione di un
argomento o tavola di discussione: «All'inizio di ogni anno il Consiglio delle Luci stabilisce e
comunica alla Loggia e al Presidente del Collegio Circoscrizionale il calendario delle riunioni
ordinarie di Loggia»33. Occorre poi considerare che le tornate possono essere svolte in grado di
Apprendista, ciò significa che possono partecipare tutti i fratelli. Quando invece le tornate si
svolgono in grado di Compagno, gli Apprendisti ne sono esclusi; allo stesso modo, se la tornata è in
grado di Maestro, Apprendisti e Compagni ne sono esclusi. Alle tornate di loggia possono
partecipare anche i fratelli di altre logge, che vengono definiti fratelli visitatori.
Vi sono delle cariche all'interno della loggia; la principale è quella del Maestro Venerabile che
30
1860-1885. La Rinascita della Massoneria nell'Italia unita, <http://www.grandeoriente.it/chi-siamo/la-storia/1860-
1885/>, [ultima cons. 03-04-2017].
31
Ibid.
32
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. 11.
33
Ivi, p. 69.
56
«ispira, presiede, governa e rappresenta la Loggia» 34 e può essere eletto tra i fratelli che siano
Maestri da almeno tre anni. La sua carica dura un anno e può essere eletto per massimo tre volte
consecutive. Il Maestro Venerabile è il responsabile ufficiale della loggia dinanzi al governo del Goi
e negli eventuali rapporti con il mondo profano.
Poi abbiamo i Dignitari di loggia che, insieme agli Ufficiali di loggia, coadiuvano il Maestro
Venerabile nella conduzione dei lavori. Sono Dignitari: il Primo Sorvegliante (controlla
particolarmente l'assiduità ai lavori e ritira l'obolo dei fratelli che lasciano il tempio prima della
chiusura dei lavori); il Secondo Sorvegliante (in particolare, controlla e segue la regolarità dei
pagamenti dovuti dai fratelli al tesoro di loggia, in collaborazione con il Tesoriere); l'Oratore
(assicura il rispetto delle leggi dell'Ordine durante i lavori di loggia ed ha il compito di pronunciare
discorsi durante le cerimonie iniziatiche); il Segretario (responsabile della parte amministrativa di
una loggia, ha anche il compito di redigere e conservare i verbali delle sedute); il Tesoriere
(responsabile delle finanze autorizzato a raccogliere le capitazioni, ovvero le quote associative
annuali). Questi durano in carica un anno e devono avere un'anzianità in grado di Maestro di
almeno un anno. Tutte le cariche, tranne quella del Segretario, sono elettive, ma hanno diritto di
voto solo i massoni che sono arrivati al grado di Maestro. Il Segretario, invece, è scelto direttamente
dal Maestro Venerabile.
Il Maestro Venerabile, il Primo e il Secondo sorvegliante costituiscono il Consiglio delle luci e si
coadiuvano nella conduzione della loggia e nella stesura dei programmi di lavoro. Inoltre il
Consiglio delle luci «nei casi previsti dal Regolamento dell'Ordine, assume le funzioni di Consiglio
di Disciplina»35 per provvedere al depennamento dei fratelli assenti o morosi.
Per quanto riguarda gli Ufficiali di loggia, questi si suddividono nel modo seguente: l'Esperto
(impartisce istruzioni massoniche ai neofiti durante l'iniziazione e ai fratelli in occasione dei
passaggi di grado); il Maestro delle cerimonie (procede all'appello nominale e si assicura che in
ogni circostanza sia osservato il cerimoniale previsto dai rituali); Primo e Secondo diacono
(assistono rispettivamente il Maestro Venerabile e il Primo Sorvegliante); il Portastendardo
(custodisce e issa all'Oriente la bandiera nazionale, quella europea e il labaro di loggia);
l'Ospedaliere (tradizionalmente presiede alla salute dei fratelli assistendo coloro che sono ammalati;
di fatto, però, non è un medico e non si occupa di terapie, come vedremo meglio in seguito );
l'Elemosiniere (raccoglie l'obolo per il tronco della vedova, ossia il sacco che viene fatto passare tra
i fratelli durante ogni tornata di loggia); il Copritore interno e il Copritore esterno (il primo vigila la
porta del tempio affinché nessuno possa disturbare i lavori; il secondo vigila affinché nessuno si
34
Ivi, p. 12.
35
Ivi, p. 13.
57
avvicini all'ingresso del tempio se non per bussare ritualmente e chiedere di essere ammesso);
l'Architetto revisore (controlla ogni documento di carattere contabile interessante la gestione della
loggia).
36
Ivi, p. 14.
37
Ivi, p. 19.
38
Ivi, p. 23.
58
2.3.4 I Collegi Circoscrizionali
Come si legge al capo VII della Costituzione del Goi 39, «Il territorio italiano è ripartito in
Circoscrizioni Massoniche, di regola coincidenti con le Regioni, e queste, a loro volta, sono ripartite
in Orienti ove hanno sede le Logge». Quindi, ad esempio, abbiamo il Collegio Circoscrizionale
Piemonte-Valle d'Aosta (in questo caso sono accorpate due regioni) e abbiamo le logge all'Oriente
di Torino, all'Oriente di Asti e così via.
I Collegi sono organi amministrativi di coordinamento delle logge presenti nella circoscrizione e
sono quindi composti dai Maestri Venerabili delle logge della circoscrizione e da alcuni membri di
diritto e sono presieduti dal Presidente, dal Vice Presidente e dall'Oratore, eletti dai fratelli Maestri
della circoscrizione di riferimento in lista bloccata comprensiva di una candidatura per ciascuna
carica. I presidenti di ogni Collegio Circoscrizionale si riuniscono nel Consiglio dei Presidenti dei
Collegi Circoscrizionali che riferiscono delle attività del Collegio direttamente al Gran Maestro.
All'interno dei Collegi esistono le figure degli Ispettori Circoscrizionali, che sono organi di
controllo della regolarità dei lavori delle logge della Circoscrizione cui appartengono, eletti dai
fratelli Maestri della circoscrizione. Gli Ispettori si riuniscono dietro iniziativa del Presidente del
Collegio o quando metà di essi ne faccia motivata richiesta scritta. Il loro numero è assegnato a ogni
Circoscrizione nel rapporto di uno ogni sei logge o frazione superiore a tre e nessuna Circoscrizione
può avere meno di due Ispettori.
39
Ivi, p. 25.
40
Ivi, p. 30.
59
Giurì d'onore; i tribunali circoscrizionali; la Corte centrale; la Corte centrale in sessione plenaria.
Esiste il cosiddetto processo massonico in cui l'incolpato ha diritto a difesa gratuita, affidata ad un
fratello Maestro. In ogni grado del processo l'organo giudicante può proporre al Gran Maestro la
sospensione dai lavori massonici del fratello o della loggia sottoposti a giudizio, mentre la
sospensione del Gran Maestro può avvenire solo sotto deliberazione della Gran Loggia quando
«abbia nei suoi confronti promossa l'accusa di alto tradimento o di attentato alla Costituzione»41.
All'articolo 15 della Costituzione del Goi si elencano le colpe e le sanzioni cui possono andare
incontro i liberi muratori. La principale colpa riguarda l’inosservanza dei principi della massoneria
e delle norme della Costituzione e del Regolamento dell’Ordine. Successivamente sono elencati
altri comportamenti che vanno ad integrare gli estremi della colpa massonica, e che sono i seguenti:
«a) ogni contegno nei rapporti massonici contrario ai sentimenti di rispetto, di fraternità e di
tolleranza; b) ogni azione contraria alla lealtà, all’onore od alla dignità della persona umana ed ogni
comportamento, nell’ambito della vita profana, che tradisca gli ideali della Istituzione»42.
Le sanzioni, si legge, sono determinate secondo la gravità della colpa e il libero muratore è
considerato innocente fino a che non sia intervenuta sentenza definitiva. Qualora, inoltre, questi sia
sottoposto a procedimento penale dell’autorità giudiziaria ordinaria per fatti non colposi, può essere
cautelativamente sospeso da ogni attività massonica con provvedimento del Gran Maestro.
Come si vede, i motivi di colpa massonica rimangono piuttosto vaghi. Un elemento da considerare,
e che non emerge dai regolamenti, è come sia buona prassi che un libero muratore, nell'accusarne
un altro, si rivolga prima alla giustizia massonica rispetto a quella ordinaria, tendenzialmente per
cercare di risolvere la questione all'interno dell'Istituzione senza farla filtrare all'esterno. L'aver
pubblicato su un sito Internet delle accuse nei confronti di alcune logge calabresi in cui venivano
ipotizzate infiltrazioni malavitose, è costata l'espulsione di uno degli ex massoni da me intervistati,
che in quel modo ha messo in moto la macchina della giustizia ordinaria per una vicenda che
probabilmente si preferiva risolvere all'interno, attraverso gli organi della giustizia massonica. Su
questo tornerò nell'ultima parte della ricerca dedicata alle logge che, in questi ultimi anni, sono state
chiuse in Calabria.
41
Ivi, p. 34.
42
Ivi, p. 10.
43
Ivi, p. 7.
60
decida di abbandonare l'Obbedienza. La principale delle sue prerogative è quella di esser
riconosciuto come fratello dopo l'iniziazione, prerogativa che si perde solo con l'espulsione, mentre
i diritti del libero muratore – tra cui, a titolo esemplificativo, il visitare tutte le logge
dell'Obbedienza, chiedere il trasferimento in un'altra loggia ecc. – si perdono nel momento in cui il
fratello si trovi in posizione di sonno, decadenza o espulsione.
Per quanto riguarda gli obiettivi, i liberi muratori sono tenuti «ad operare effettivamente alla propria
elevazione morale, intellettuale e spirituale», intervenendo alle tornate della propria loggia. Sono
tenuti inoltre a mantenere la discrezione sui lavori iniziatici e, in nome dell'elevazione morale, ad
astenersi da ogni azione contraria alla lealtà e a comportarsi da uomini d'onore44.
I liberi muratori si distinguono nei tre gradi di Apprendista, Compagno d'Arte e Maestro; i passaggi
di grado devono verificarsi una volta decorso almeno un anno di vita massonica nel grado. Tra
questi, solo il grado di Maestro conferisce al fratello la pienezza dei diritti massonici e la capacità
elettorale.
In riferimento ai requisiti per essere ammessi nell'Obbedienza, nel Regolamento dell'Ordine si legge
che un profano deve possedere: maggiore età; costumi irreprensibili; ottima reputazione. Deve,
inoltre, aderire ai principi e alle finalità della libera muratoria e possedere attitudini e volontà per
comprendere il significato e la missione dell'Istituzione, nonché i mezzi sufficienti per sostenere gli
oneri richiesti dall'appartenenza alla suddetta. Infatti ogni anno il massone deve versare una quota di
capitazione, che è divisa in tre parti: una parte fissa di 180 euro che va a Roma, quindi
all'Obbedienza; una parte va alla loggia e serve per pagare l'affitto, le spese della sede, le attività
promosse dalla loggia eccetera. Questa quota non è fissa, dipende dalle esigenze della loggia; una
terza parte va al Collegio circoscrizionale e può variare dai 30 ai 60 euro circa. Dopo i 75 anni il
fratello attivo e quotizzante paga la metà dei contributi che deve all'Obbedienza, mentre gli altri
restano a discrezione della loggia; dopo gli 80 anni non deve più versare i contributi all'Obbedienza,
mentre gli altri restano a discrezione della loggia. Nell'articolo 12 della Costituzione del Goi si
legge che «il Libero Muratore che [...] risulti moroso da oltre dodici mesi nel pagamento delle
capitazioni, ovvero degli altri tributi deliberati legittimamente dagli organi competenti, è dichiarato
decaduto da membro effettivo della Loggia e depennato dal piè di lista»45.
Tornando ai requisiti essenziali per poter essere ammessi all'interno dell'Obbedienza, uno ulteriore
consiste nel dichiarare di credere nell'Essere Supremo, altrimenti identificato come Grande
Architetto dell'Universo, entità sovrasensibile che ogni massone può identificare nel modo che
ritiene più opportuno. Dichiarare di credere nell'Essere Supremo è funzionale per ribadire come,
44
Ivi, p. 8.
45
Ivi, p. 24.
61
all'interno dell'Obbedienza, non vi sia posto per chi professa l'ateismo: «Un muratore è tenuto, per
la sua condizione, ad obbedire alla legge morale; e se egli intende rettamente l'Arte non sarà mai un
ateo stupido né un libertino irreligioso»46.
Negli Antichi Doveri si legge come «le persone ammesse come membri di una Loggia devono
essere uomini buoni e sinceri, nati liberi e di età matura e discreta, non schiavi, non donne, non
uomini immorali o scandalosi, ma di buona reputazione»47.
Nel momento in cui viene presentata la domanda di ammissione, questa stessa domanda deve essere
sottoscritta da un fratello Maestro presentatore «il quale garantisca la qualificazione di “uomo libero
e di buoni costumi” posseduta dal profano».
Alla domanda di ammissione vanno allegati vari documenti tra cui il casellario giudiziario e i
carichi pendenti. Dopodiché la segreteria del Collegio Circoscrizionale provvede e dispone che, per
un periodo di almeno trenta giorni, il modulo con fotografia e con le date previste per le votazioni
(che decidano per l'ingresso o meno del profano) rimanga affisso in tutte le Case Massoniche
dell'Oriente e nella sede del Collegio Circoscrizionale. L'affissione del modulo consente a tutti i
fratelli della Circoscrizione di poter fare eventuali segnalazioni sul conto del bussante; inoltre il
Maestro Venerabile della loggia in cui dovrà essere eventualmente inserito il bussante, nomina
almeno tre Commissari – fratelli in grado di Maestro – affidando loro l'incarico di «controllare la
veridicità delle notizie contenute nel “curriculum vitae” del profano, interpellando il presentatore,
eventualmente lo stesso profano, od altri; assumere ulteriori informazioni dal Fratello presentatore
e, se del caso, direttamente dal profano»48.
La votazione per decidere se ammettere o meno il profano all'interno dell'Ordine è segreta; ad ogni
fratello vengono consegnate una palla bianca per il voto favorevole ed una nera per il voto
contrario. La palla prescelta dovrà essere messa in un sacco. Non è ammessa l'astensione;
l'ammissione è deliberata con due votazioni da tenersi non nella stessa riunione rituale, ammissione
che deve essere deliberata all'unanimità nella seconda votazione. Nonostante la votazione sia
segreta, ogni palla nera deve però essere motivata, altrimenti viene considerata errore. La domanda
di ammissione respinta da una loggia non può essere presentata o presa in considerazione da altre
logge, ma può essere ripresentata dopo che siano trascorsi almeno tre anni dalla precedente
votazione.
46
Ivi, p. VII.
47
Ivi., p. VIII
48
Ivi., p. 47
62
CAPITOLO III
La dimensione interna: i fratelli e le logge
63
coinvolgono sia parenti che amici/colleghi:
It is no understatement that the vast majority of respondents in this study had a long-standing family connection
with the Craft. While it may be true […] that more people are joining today with no family connection to the order
[…] it remains clear that family history was key for many. […] Parallel with such family connections, many
respondents had prior personal links with Masons who were not members of the family. The three largest categories
in this respect involve co-workers, friends, and neighbours (Kenney 2016, 42-43).
Come abbiamo visto, il titolo I del Regolamento dell’Ordine49, dedicato ai liberi muratori,
all’articolo 2 sancisce le modalità di ingresso: «La domanda di ammissione all’Ordine […] deve
essere sottoscritta da un Fratello Maestro presentatore il quale garantisca la qualificazione di “uomo
libero e di buoni costumi” posseduta dal profano». Una volta presentata la domanda, il modulo con
le date previste per le votazioni rimane affisso in tutte le case massoniche e nella sede del Collegio
circoscrizionale, affinché tutti possano verificare l’identità del bussante e comunicare eventuali
segnalazioni sul suo conto.
Oltre al fatto che il Regolamento preveda solo una modalità d’ingresso, quella tramite presentatore
interno, risulta evidente come durante il periodo precedente l’eventuale ammissione vi sia una
attenta opera di verifica delle caratteristiche del profano; inoltre le sue generalità vengono affisse in
ogni casa massonica della Circoscrizione di modo che, qualora qualcuno abbia qualcosa da obiettare
o da segnalare, è incentivato a farlo prima che il profano possa fare il suo ingresso. A conferma di
ciò, nel Regolamento si prosegue dicendo che il Venerabile deve nominare tre commissari tra i
fratelli Maestri per affidare loro l’incarico di «controllare la veridicità delle notizie contenute nel cv
del profano, interpellando il presentatore, eventualmente lo stesso profano, od altri; assumere
ulteriori informazioni dal Fratello presentatore e, se del caso, direttamente dal profano» 50. Durante
la votazione, ad ogni fratello viene consegnata una palla bianca per il voto favorevole all’ingresso e
una nera per il voto sfavorevole e l’ammissione deve essere deliberata all’unanimità nella seconda
votazione, essendo previste due votazioni. In entrambe le votazioni ogni eventuale palla nera deve
essere motivata al Venerabile.
Quindi viene posta attenzione particolare sul recupero di più informazioni possibili sul bussante per
evitare che faccia il suo ingresso una persona giudicata non idonea. Si capisce allora perché il
metodo della cooptazione sia stato per secoli il più utilizzato, perché avere all’interno
dell’Obbedienza un fratello che possa fare da garante per il nuovo ingresso è la prima – e forse la
più importante – garanzia di sicurezza e buona riuscita dell’intero procedimento.
49
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. 45.
50
Ivi, p. 47.
64
Dobbiamo però constatare come, negli ultimi anni, a questo modello di presentazione se ne sia
aggiunto un altro, quello dell'ingresso tramite Internet, la cui novità più evidente risiede nel fatto
che il bussante, generalmente, non ha diretta conoscenza di fratelli massoni che possano fare da
garanti per lui. L'auto-candidatura tramite Internet prevede la compilazione di un form online con le
proprie generalità oppure l'invio di una email, questo dipende dai continui aggiornamenti del Goi in
materia. La richiesta giunge alla sede centrale di Roma e viene smistata al Collegio di competenza
territoriale del bussante, a meno che questi non abbia scritto direttamente ad una loggia o al
Collegio circoscrizionale. A quel punto inizia l'iter che precede l'eventuale ingresso, che
ufficialmente non è dissimile dall'iter seguito per le persone presentate da un fratello massone.
Occorre dire che anche prima che si aprisse questa possibilità di presentazione, un profano
interessato ad entrare nell’Obbedienza ma privo di contatti all’interno di questa, poteva scrivere alla
sede del Grande Oriente per avere informazioni, ma certamente la procedura informatica consente
un contatto più “facile” e immediato.
Dei 36 fratelli intervistati, 14 hanno parenti all'interno dell'Obbedienza - padri, nonni, fratelli di
sangue, zii - ma non necessariamente sono stati presentati dal parente, anche se in alcuni casi da un
amico del parente. 17 fratelli sono stati presentati da un amico o un collega di lavoro e 5 sono
entrati tramite Internet. L'età media degli ingressi è di 32 anni col più giovane che è entrato a 19 e il
più anziano a 50. Chi entra molto giovane - intorno ai vent'anni - è solitamente figlio o nipote di un
massone. Occorre qui evidenziare come, nei confronti di questi ragazzi, vi sia una sorta di implicita
agevolazione poiché, avendo loro la garanzia della presenza di un parente stretto all'interno
dell'Obbedienza, possono essere anche economicamente non indipendenti.
Secondo le interviste, si registra una tendenza ad entrare in più giovane età nei casi di parentele
interne o di presentazione tramite Internet; gli ingressi in più tarda età avvengono nel caso in cui il
profano sia presentato da un amico o un collega di lavoro. Da rilevare come tra i fratelli intervistati
ed entrati tramite Internet non ci siano calabresi, infatti 3 fanno parte di logge torinesi, uno di una
loggia di Asti ed un altro è un ex massone. Come già detto, per evitare che dalle informazioni
fornite si possa facilmente risalire all'identità degli intervistati, non riporterò le città di riferimento
degli ex massoni.
4 dei 7 fratelli calabresi intervistati sono stati presentati da un parente, 3 da un amico o un collega di
lavoro. Molti dei fratelli presentati da un amico o collega dicono di esser stati «sorpresi» a leggere
libri di stampo iniziatico-esoterico – di solito vengono citati i Templari – da lì la volontà del
presentatore di sondare un eventuale interesse del profano.
Quindi la novità più importante degli ultimi anni consiste nel fenomeno dell'ingresso tramite
Internet, sinonimo di una maggiore mediatizzazione del Goi, che non è diretto sintomo di piena
65
apertura verso l'esterno, ma ne è sicuramente una traccia.
In merito agli ingressi tramite Internet occorre approfondire l'analisi partendo col dire che il periodo
delle tegolature (i colloqui iniziali per capire se il bussante sia idoneo per intraprendere il percorso
all'interno dell'Obbedienza) è solitamente più lungo proprio perché i bussanti non hanno nessun
membro interno che possa fare da garante per loro:
Io sono stato uno dei primi casi che è entrato tramite Internet [...] forse son stato il terzo in Italia [...] anziché avere
due cicli di tegolature, come le chiamiamo noi [...] ne ho avuti tre, ecco... e ho avuto un tempo che, tipicamente è di
6 mesi, io ho avuto 1 anno [Interv. 8, 36, Piemonte].
Un altro fratello entrato tramite Internet ha affrontato due anni di colloqui prima di essere iniziato
[Interv. 10, 32, Piemonte]. Un altro ancora dice:
I tempi per vagliare se un soggetto è idoneo oppure no sono più lunghi [...] perché non c'è nessuno che fa da
garante e perché non c'è nessuno che ti conosca. Diciamo che se uno viene presentato da un fratello, dal giorno
della presentazione al giorno dell'ingresso possono passare indicativamente 6-7 mesi. Nel momento in cui uno fa
domanda via Internet può passare anche un annetto, un annetto abbondante [Interv. 23, 39, Piemonte].
Una persona che magari non è conosciuta da nessuno la si lascia pensare un po' di più per vedere se l'interesse
rimane o meno [Interv. 19, 48, Piemonte].
Si inizia a focalizzare chi è, com'è, quali sono... cominciare a inquadrare il personaggio, vedere e valutare se
qualcuno lo conosce, magari all'interno della cerchia dei fratelli, per poterlo avvicinare con un po' più di facilità...
[...] nella domanda c'è un numero di telefono, un recapito, viene contattato in maniera informale da chi non ha
problemi ad esporsi anche nell'eventualità di un buco nell'acqua o di una non buona conclusione della cosa [...] però
non c'è nessun tipo di preclusione... tanto comunque dopo c'è tutta una fase che ha la medesima dignità e attenzione
di quella, tra virgolette, old style, tradizionale [Interv. 20, 57, Piemonte].
Quindi pare che i tempi per l'iniziazione spesso tendano ad allungarsi per due motivi principali:
occorre più tempo per recuperare informazioni sul bussante dal momento che non ha conoscenze
dirette all'interno che possano dare garanzie su di lui; si lascia passare più tempo per capire se il
bussante sia realmente intenzionato ad entrare o sia stato mosso solo da curiosità, magari spinto
dalle mode del momento come la lettura di un libro di Dan Brown, senza avere una reale coscienza
di ciò che significhi far parte di un'Obbedienza massonica.
In sostanza possiamo dire che la grande attenzione che viene posta nei confronti della verifica delle
qualità del bussante è legata a fattori quali: evitare che entrino persone che non posseggano le
qualità richieste dal Regolamento, che al titolo I sancisce che il profano, per essere ammesso, debba
avere maggiore età, costumi irreprensibili, ottima reputazione, nonché i mezzi sufficienti per
sostenere gli oneri richiesti; evitare che una persona entri solo per curiosità o spinto dalle mode del
66
momento, infatti il Regolamento prosegue dicendo che il profano deve aderire ai principi e alle
finalità della Massoneria Universale, possedere attitudini e volontà adeguate a comprendere il
significato e la missione dell’Istituzione51.
Kenney, parlando dell’aumento dei bussanti giovani nel contesto nordamericano, «young men in
their thirties and forties», sostiene che questo aumento possa essere imputato alla popular culture,
«movies and books that paint the fraternity positively or link it to mysterious alternate histories»,
oppure ad Internet e ai media in genere: «Today there is much more of an emphasis – both officially
and unofficially – on helping people to find out more and encouraging them to join. […] Many
Grand Lodges and their constituent lodges now host their own websites and produce pamphlets and
videos meant to answer questions for potential applicants». Oltre ai siti ufficiali delle logge, anche
tutto il materiale anti-massonico che si può trovare online, secondo l’analisi di Kenney, spesso
stimola la curiosità delle persone spingendole ad entrare per saperne di più.
In merito all'ingresso tramite Internet i fratelli hanno pareri contrastanti, che possono essere
suddivisi in due approcci: i favorevoli e i contrari, con tutte le sfumature intermedie del caso. Per
quando riguarda la prima categoria, c'è chi ritiene che questi nuovi iniziati siano più preparati e
pronti per un percorso del genere proprio perché, in qualche modo, «se lo sono cercato»:
Questo fatto della richiesta su Internet comunque significa che c'è un interesse che non viene suscitato ma che
nasce spontaneamente [...] può esserci un interesse speculativo nei confronti di un gruppo che può portarti dei
vantaggi a livello economico, professionale eccetera o un interesse reale nei confronti di una ricerca di tipo
esoterico [...] devo dire che le due persone che abbiamo in loggia e arrivati tramite Internet sono particolarmente
convinti e interessati [Interv. 19, 48, Piemonte].
Le persone più preparate sono le persone entrate autonomamente perché comunque quando tu hai voglia di
cercare qualche cosa vai e fai, quando ti porta l'amico [non è la stessa cosa] [Interv. 5, 42, Piemonte].
Chi arriva tramite Internet ho visto che comunque ha già delle aspettative diverse, entra perché vuole fare un
percorso, perché comunque è interessato a un discorso esoterico [Interv. 19, 48, Piemonte].
C'è chi ritiene, al contrario, che l'auto-presentazione comporti maggiori rischi di intrusione di
persone poco affidabili perché completamente sconosciute ai membri interni:
Nelle Officine che ho frequentato son tutte persone presentate da qualcuno... che è anche poi, devo dire, il modo
più corretto. Io credo poco alla vocazione via Internet... diretta... perché solo la frequentazione con una persona ti
consente di conoscerla bene [la massoneria] [Interv. 7, 55, Piemonte].
Io aborro una cosa del genere, di Internet, cioè non esiste e non è mai esistito [...] non mi piace, dev'essere
presentato da qualcuno. [E se uno non conosce nessuno all'interno, ma ha un gran desiderio di entrare?] La prende
molto dalla larga, comincia a vedere, informarsi, cioè non è che scrivi e entri... scrivi, allora qualche massone si
avvicina e ti parla, ti conosce, ti vede, ti frequenta... fai due/tre anni così e poi entri [Interv. 22, 36, Piemonte].
51
Ibid.
67
Alcune situazioni mi sono sembrate un po’ troppo elargitive, cioè io non posso mettere una casella di posta
elettronica dove chiama Fabio Salina [non potendo entrare nel Goi in quanto donna, l’intervistato ha fatto il nome
di un mio ipotetico fratello] perché è un curioso della massoneria. Se Fabio Salina è un curioso della massoneria ed
è veramente una persona libera e di buoni costumi, secondo la mia modesta opinione è meglio che usi quei tracciati,
quei filtri che ci sono stati in tutti i secoli passati [Interv. 3_ex, 55].
Interessante notare come ogni volta che un intervistato parla di cooptazione, questa venga spiegata
nei termini del fratello che propone l’ingresso ad un parente, amico o collega, anche se sul sito del
Grande Oriente d’Italia52, in merito alle modalità di presentazione del bussante, si legge:
Se vuole diventare Massone deve essere lei a chiederlo perché il Grande Oriente d’Italia (GOI) non fa una
politica di proselitismo attivo. Una Loggia accetta un nuovo membro per cooptazione. Se si è deciso a fare questo
importante passo, le modalità di presentazione della sua candidatura in una Loggia sono sostanzialmente due: o
attraverso l’intermediazione di un amico o di un conoscente che sa essere membro di una Loggia del Grande
Oriente d’Italia e al quale proporrà di presentarla oppure attraverso la sezione contatti di questo sito.
Da noi è difficile, anche se qualche domanda è cominciata a pervenire al Collegio, ma era ancora all'inizio di
questa tipologia di avvicinamento alla massoneria [Interv. 27, 53, Calabria].
Da noi tramite Internet a Reggio Calabria nella mia Officina nessuno, né penso che a Reggio Calabria siano
entrati tramite Internet [...] che a Roma si siano iscritti via Internet che però erano dell'Oriente calabrese non credo
che ci siano [Interv. 28, 65, Calabria].
Il fatto che quasi nessuno si sia presentato tramite Internet può essere un indizio di quanto la
massoneria venga ancora vista come un circolo chiuso in cui non si può entrare se non si hanno
delle conoscenze interne. Un'altra peculiarità delle interviste svolte in Calabria riguarda il continuo
riferimento alla territorialità, soprattutto quando pongo domande sugli ingressi tramite Internet:
Dal momento che noi osserviamo rigorosamente la territorialità, ecco il Goi mi ha segnalato che ci son state
queste due richieste, persone residenti nel catanzarese e quindi di cercare di fare contattare questi due bussanti da
persone del territorio per la doverosa tegolatura, perché sa che noi ovviamente osserviamo scrupolosamente la
52
Galassi, G., Come diventare massoni, <http://www.grandeoriente.it/che-cosa-e-la-massoneria/come-diventare-
massoni/>, [ultima cons. 20-03-2016].
68
territorialità, per essere sicuri degli ingressi [Interv. 25, 44, Calabria].
Questo continuo riferimento alla territorialità può essere letto come una sorta di modalità
cautelativa nei confronti di altre possibili domande inerenti a infiltrazioni malavitose all'interno
delle logge, considerato che tra il 2013 e il 2015 alcune di queste sono state demolite e la stampa ha
parlato di presenze 'ndranghetiste al loro interno. Ribadire il concetto della territorialità significa
sottolineare come le persone che entrano nelle logge locali siano ben conosciute e stimate proprio
perché residenti in quelle stesse zone e non provenienti da fuori. Su questo tema tornerò nell’ultima
parte della ricerca dedicata al caso delle logge calabresi chiuse.
A conclusione di questa parte dedicata ai criteri attraverso cui si entra nell’Obbedienza, interessante
notare come uno dei fattori individuati da Kenney, ossia lo stimolo offerto ai profani in seguito alla
partecipazione ad eventi massonici aperti al pubblico – organized/organizing encounters – sia
pressoché assente se guardiamo ai dati emersi dalle mie interviste. L’autore pone l’enfasi sul ruolo
degli eventi sociali organizzati, per cui alcuni intervistati hanno sostenuto di essere entrati in
massoneria dopo aver assistito ad un «social or community event put on by the lodge» come feste di
Natale organizzate per i bambini della comunità, pic-nic, «open houses and tours of Masonic halls»
(Kenney 2016, 50). L’autore sostiene che questo tipo di eventi sia in declino negli ultimi anni a
causa dell’avanzamento dell’età dei membri53, dei costi organizzativi e della presenza di altri tipi di
momenti ricreativi legati al lavoro o ad altre attività profane dei fratelli. Detto questo, per quanto
riguarda la mia ricerca, solo un intervistato ha detto di essere entrato dopo aver assistito ad una
cerimonia funebre organizzata da una loggia per ricordare il padre massone, ma ovviamente in
questo caso non si è trattato di un evento aperto al pubblico. È da evidenziare infatti che in Italia gli
eventi aperti non attirino molto pubblico profano, ma su questo tornerò nel quinto capitolo quando
affronterò il tema dell’apertura verso l’esterno.
All'inizio è chiaro che uno, al di là di qualche conoscenza frammentaria, di qualche libro, non sa niente. [...]
53
Kenney (2016, 4) sostiene come all'interno della massoneria nordamericana vi sia un gap generazionale mancando
una fetta di popolazione, quella dei baby boomers, ossia individui nati negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo
scorso. Una delle ipotesi della loro assenza si lega al declino degli iscritti che si è registrato negli anni Ottanta, e
consiste nella relativa prosperità economica di quegli anni, che avrebbe in parte eliminato quella condizione di
incertezza che, tradizionalmente, ha contribuito alla crescita della membership massonica (Belton, Harrison 2007).
69
avevo una bella biblioteca e quindi, all'inizio, avendo interesse per il mistero in generale, ho sempre letto di tutto.
[Interv. 9, 42, Piemonte].
[Mio padre] mi ha fatto leggere un libro, sapendo che studiavo architettura, mi ha fatto leggere un libro sulle
cattedrali dicendomi “Ah guarda, se ti interessa questa cosa, la massoneria… ” [Interv. 11, 40, Piemonte].
Conoscevo un po' la finalità [...] e quelle che sono le nozioni che si possono avere prima, nell'era pre-Internet,
attraverso libri o anche ad esempio mia nonna mi raccontava dei trascorsi di mio nonno [...] e molta curiosità nel
leggere i libri che in quel caso in casa c'erano [Interv. 27, 53, Calabria].
Per quanto riguarda i fratelli privi di legami familiari all'interno dell'Obbedienza, generalmente
prima di entrare sapevano poco o nulla di massoneria. Le conoscenze, di solito, erano o di tipo
storico o si rifacevano ad una ricerca e ad un interesse di tipo esoterico:
La mia conoscenza della massoneria era limitata a quel poco che viene dispensato dai media, che poi all'epoca
non c'era neanche Internet, o a scuola, quindi più un aspetto storico risorgimentale [Interv. 21, 62, Piemonte].
A quell'età io sapevo molto poco... io ero molto interessato all'idea dell'esoterismo [Interv. 6, 61, Piemonte].
Poco e niente [...] non avendo nessun parente all'interno dell'Istituzione, che quindi non solo poteva avere una
biblioteca ricca sull'argomento ma anche raccontarti direttamente qualcosa [Interv. 7, 55, Piemonte].
Mah, conoscevo qualcosa sulla massoneria? No... in realtà ero incuriosito, era un periodo in cui mi ero avvicinato
moltissimo alla filosofia buddista eccetera... cercavo qualcosa e alla fine ho trovato questa cosa qua [Interv. 10, 32,
Piemonte].
Avevo letto, sempre da ragazzino, molto sulla carboneria... facevo le medie, e poi pian pianino mi sono informato
[Interv. 8, 36, Piemonte].
Conoscevo la storia, sapevo che gli uomini più illustri del mondo hanno fatto parte di questa istituzione, sapevo
che il Risorgimento italiano è stato fatto dalla massoneria [...] quindi gli uomini più grandi, da Cavour, Garibaldi,
Vittorio Emanuele [...] anche i primi governanti italiani sono stati massoni... Fichte ha fatto parte dell'istituzione
massonica [Interv. 24, 80, Calabria].
Alcuni fratelli parlano di una conoscenza massonica derivata dalla lettura della stampa, in
riferimento soprattutto al fenomeno P2:
Conoscevo un po' di cose che erano frutto di una esperienza letteraria, niente di più [...] tenga conto che
comunque venivo anche da tutta l'esperienza vissuta dell'evento Gelli, quindi io che facevo politica ero
necessariamente obbligato, tra virgolette, ad essere informato [Interv. 29, 55, Calabria].
Sapevo qualcosa solo per diciamo la curiosità, essendo un divoratore di libri e soprattutto di settimanali, in quegli
anni ci fu una campagna importante de l'Espresso su queste cose e quindi mi interessava più che altro come
curiosità da profano [Interv. 30, 57, Calabria].
In generale, chi è entrato tramite Internet stava già portando avanti delle letture e degli studi di tipo
esoterico o, comunque, viveva un periodo di ricerca personale in cui aveva bisogno di trovare
risposte a domande di tipo esistenziale.
70
Questo aspetto è in parte presente anche nei fratelli presentati da un amico o un collega di lavoro
perché alcuni di questi sono stati notati e avvicinati mentre portavano avanti letture di stampo
iniziatico-esoterico. Non è ovviamente così per tutti, per molti infatti la conoscenza della
massoneria si riferisce solo a basi storiche apprese nell'ambito scolastico, quelle stesse nozioni che
in genere possiede gran parte della popolazione italiana e che si riferiscono alla carboneria più che
alla massoneria e che, ad ogni modo, illustrano il fenomeno in termini storici e quasi per nulla
iniziatico-esoterici.
Non bisogna poi sottovalutare il dato secondo cui le generazioni più vecchie, al tempo dell'ingresso
in massoneria, non potevano contare su Internet come fonte di informazione o su best sellers di
grande presa sul tema. Kenney pone l’accento sul fatto che adesso, grazie ai numerosi libri
pubblicati sull’argomento – non solo storici ma anche di narrativa, come i best sellers di Dan
Brown – e ad Internet, reperire informazioni sulla massoneria sia di gran lunga più facile che in
passato, e infatti alcuni dei suoi intervistati affermano come le persone che entrano negli ultimi anni
siano «better informed about Masonry than those coming in years ago, and that “those coming in
today have really thought about it”» (Kenney 2016, 61).
Nella sua ricerca, Lilith Mahmud riporta come, in accordo con i resoconti dei suoi intervistati,
all’aspetto dell’essere massoni venga dato significato solo ad un certo punto del percorso iniziatico;
per questo l’autrice si chiede per quali motivi una persona sia spinta a fare il suo ingresso
nonostante sappia ben poco di massoneria. La risposta che Mahmud prova a dare è che anche se il
neofita non conosce esattamente cosa sia la libera muratoria o cosa aspettarsi durante il rituale di
iniziazione, può essere forte in lui/lei il desiderio di essere uno di loro/come loro (to be one of
them/like them) (Mahmud 2014, 79).
Anche leggendo la tesi di Coggiola viene posto in evidenza come gli iniziati, solitamente, sappiano
poco di massoneria prima di entrare. Sono rimarcate soprattutto due ragioni del loro ingresso che si
legano a filo doppio: la volontà di trovare un gruppo in cui identificarsi, e la stima e la fiducia
riposte nelle persone che li avevano presentati. L'autrice giunge alla conclusione che sia proprio
l'alone di mistero che circonda la libera muratoria ad esercitare un certo fascino sui nuovi iniziati,
solleticando la loro curiosità; mistero che si lega ad una dimensione elitaria di gruppo: «Un certo
peso è dunque connesso al fatto di entrare a far parte di un ambiente dai più ritenuto elitario e di
essere al centro di una dinamica di cooptazione» (Coggiola 1995, 41). L'importanza dell'aspetto
elitario verrà ripresa nel capitolo successivo quando offrirò una lettura più attenta dei discorsi dei
miei interlocutori e degli universi valoriali che, da questi, tendono ad emergere.
71
3.2 Motivazioni e fattori predisponenti
Sui motivi che spingono i fratelli ad entrare siamo di fronte ad una varietà composita, che ho
pensato di illustrare delineando cinque insiemi principali. La varietà dei motivi risalta anche dalla
ricerca di Kenney, in special modo dal commento di un intervistato il quale sostiene che per
stimolare i fratelli a rimanere all’interno dell'Obbedienza occorre assicurare che i diversi gruppi e le
differenti ragioni che spingono a diventare massone siano tutte soddisfatte: «People are involved for
different reasons: social, status, administrative, spirituality, etc. You’re always going to have a
cross-section of people. I think that the reasons for joining Masonry are as varied as the folks who
join Masonry» (Kenney 2016, 128).
Quindi riprendiamo le cinque dimensioni da me identificate. La prima consiste nella ricerca di
risposte a domande/bisogni di spiritualità; interesse per l'esoterismo e le società iniziatiche e/o
segrete:
Semplicemente avevo tutta una serie di domande, anche dubbi per esempio sulla Bibbia, piuttosto che su certi
fenomeni [...] soltanto che arrivavo sempre a dei punti morti... e quindi alla fine ho visto che c'era questa cosa e ho
detto “Qui magari ci sono delle altre risposte” [Interv. 10, 32, Piemonte].
Sono sempre stato uno molto curioso [...] ho sempre ricercato il senso delle cose [...] sono una persona che cerca
di capire quello che c'è sotto la facciata, sotto i vestiti [Interv. 14, 50, Piemonte].
Non puoi entrare in massoneria se non hai questo seme della ricerca... poi sono entrati anche tanti imbecilli eh,
non è che siamo tutti illuminati [...] io volevo andare oltre la religione, volevo andare oltre il Dio che castiga l'uomo
in continuazione, io volevo andare verso l'amore di Dio [Interv. 15, 60, Piemonte].
Di altre cose esoteriche ne ho fatte prima di arrivare, anche un po' le filosofie orientali, a partire dal semplice
yoga fino ad arrivare un po' al reiki [...] ecco mi interessava veramente proseguire su una strada e arrivare ad un
Ordine importante [Interv. 21, 62, Piemonte].
Le tre domande famose, no? Chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, quindi anche per dare risposta a queste
domande la massoneria potrebbe essere, anzi secondo me è una possibilità per approfondire [Interv. 23, 39,
Piemonte].
Molta enfasi viene posta sulla «crisi di valori» che coinvolge, in particolare, il mondo
dell’associazionismo e le istituzioni ecclesiastiche:
L'aumento [degli iniziati] è dovuto alla crisi... alla crisi dell'uomo e dal dato che negli ultimi decenni sono crollati
certi valori e non sono stati sostituiti da altri. E quindi l'uomo ha bisogno e ha il desiderio di cercare qualcosa in più,
che magari va al di là del profitto, delle condizioni sociali, economiche, del business... ma è la ricerca di qualche
valore in più [Interv. 1, Rosso, GMA].
Allora molti ormai, visto che c'è la crisi di valori di altre associazioni, qualcuno si sta rendendo conto che in
realtà è l'unica istituzione dove tu puoi professare il tuo ideale senza che nessuno ti metta limiti o ti mette paletti, e
mentre secondo me anche nella Chiesa cattolica ci sono problematiche di defezioni, da noi aumentano gli iscritti.
[...] Secondo me è come mancanza ormai di punti fermi nelle altre istituzioni [Interv. 25, 44, Calabria].
Ma sono ragazzi che cercano di trovare qualcosa che il mondo dell'associazionismo o dell'impegno in altri settori
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non gli da; credo che sia proprio la necessità, e parlo anche di una necessità di carattere spirituale [...] di cercare di
cogliere al meglio quelli che in nuce sono i propri valori ma che non hanno la possibilità di espandere nel loro
contesto culturale, professionale e, perché no, politico [Interv. 30, 57, Calabria].
Tra i predisponding factors che motivano le persone ad entrare, Kenney (2016, 43) inserisce i
personal traits and interests tra cui l’aver sviluppato primariamente un interesse in relazione a
materie quali «history, philosophy, religion, theatre, and the esoteric». In merito alla ricerca di
risposte ad alcune domande e alla ricerca di spiritualità, Kenney riporta come alcuni dei suoi
intervistati sostengano che la massoneria sia una sorta di «path for exploring the big questions [and
to] search for truth» (Kenney 2016, 55): «[…] ritual and imagery provided them an appropriate
pathway to comfortably explore spiritual questions without the dogmatic restrictions and negative
connotations that they associated with organized religion today» (Kenney 2016, 126).
Inoltre l’autore sostiene come vi sia, tra le motivazioni d’ingresso, una ricerca di autenticità che si
lega ad un sentimento di anomia in relazione alla società contemporanea: «With the “disappearance
of the sacred” (Meštrović 1997, 101-22), the relative absence of emotionally meaningful rites in the
Durkheimianan sense, there may also be a search for authenticity, for “collective effervescence” in
today’s mass-mediated cultural terrain», una società in cui i rituali e i riti di passaggio stanno
tornando sulla scena come modalità tramite cui far sentire i membri del gruppo speciali (Kenney
2016, 113). Sul motivo del “sentirsi speciali” tornerò nella sezione dedicata all’analisi del
linguaggio dei fratelli, che fa emergere temi quali la forma elitaria di gruppo, la dote innata, la
missione, i buoni costumi.
Riguardo all’anomia, Kenney (2016, 43) nota come la società esterna sia vista dai suoi intervistati
nei termini di «disorderly, atomized, relativized, superficial» per cui le persone che decidono di
entrare nelle Obbedienze sono alla ricerca di una alternativa ai sentimenti di «uncertainty, stress,
social disintegration and meaninglessness», spinti da una fame spirituale (spiritual hunger) e da una
sensazione di smarrimento (a sense of feeling lost). Su questo scarto tra il mondo interno e il mondo
esterno all’Obbedienza tornerò nel capitolo successivo. Interessante però porre l’enfasi su come la
fame spirituale, la ricerca di nuove sponde del sacro, lo «spirito religioso nuovo» (Moramarco 1981,
202) non vadano confusi con la ricerca di equilibrio e di sponde a sentimenti di insicurezza, stress e
frammentarietà sociale. Questi sono due aspetti, a parer mio, spesso sovrapposti ma in realtà
distinguibili. La ricerca di sicurezza (personale, economica, di prestigio sociale) all’interno di un
network di persone che gode di un certo prestigio socio-economico, può avere a che fare con una
crisi di valori spirituale, ma anche con il bisogno di sentirsi parte di un gruppo che funga da organo
di tutela in termini anche pratici e l’appartenenza al quale possa dare all’individuo quel senso di
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“eccezionalità” e “aristocrazia” sempre più rari in una società che è andata massificandosi:
I gruppi incentrati su questa funzione del segreto, per il forte vincolo che creano tra i membri e per la capacità di
dare loro un’identità/ruolo, possono apparire una via d’uscita dallo smarrimento di sé. Le condizioni sociali in cui
vive l’individuo possono portarlo a sentirsi un essere superfluo e anonimo. Per un tale individuo il segreto può
allora costituire un polo di attrazione poiché è un momento di “individualizzazione” (Sorrentino 2011, 210-211).
Il secondo insieme di motivi che spingono all'ingresso riguarda la curiosità per qualcosa che
godeva di una brutta reputazione, a cui si lega il fascino del mistero e della segretezza:
Sono entrato da comunista perché ho detto “fammi andare a vedere questi qua perché sono così cattivi” [...] la
mia ricerca di massoneria era il desiderio di conoscere qualcosa che veniva comunque sputtanato, non sapevo cosa
fosse, non lo sapevo proprio [Interv. 15, 60, Piemonte].
All’inizio avendo interesse per il mistero in generale, ho sempre letto di tutto. [...] il senso del mistero, la
segretezza, il segreto no? Attira sempre... da un lato uno ne può avere paura, ma allo stesso tempo il fascino del
mistero... [Interv. 9, 42, Piemonte].
Un intervistato mi ha detto che suo padre, iniziato negli anni delle indagini di Agostino Cordova –
il magistrato che ha dato il via ad inchieste sulle commistioni tra criminalità organizzata e
massoneria – è entrato proprio spinto dalla curiosità di capire cosa si nascondesse davvero
all’interno delle logge. Nel libro di Pinotti (2007, 219) si ritrova un’intervista ad un ex membro del
Goi, Alberto Meluzzi, che sostiene che una delle ragioni che lo spinsero ad associarsi fu il fatto che
in quel periodo si parlasse di massoneria come di una sorta di organizzazione paramafiosa: «Io
voglio far parte di un’associazione per vedere di cosa si tratta se tutti mi dicono che non bisogna
farne parte».
Nella ricerca di Coggiola (1995, 45) alcuni intervistati le hanno riferito di aver avvicinato persone
da cooptare che, all'inizio, erano dubbiose se proseguire nel percorso di iniziazione o meno, ma poi
si sono convinte «proprio in conseguenza di certe posizioni eccessivamente demonizzanti dei
media».
Anche alcuni degli interlocutori di Kenney (2016, 146) sottolineano come una cattiva pubblicità
possa avvicinare anziché allontanare potenziali nuovi membri: «You know, there’s no such thing as
bad advertising. All that stuff just makes Freemasonry more sexy and mysterious. In fact it just
makes some of us more curious and want to dig into more».
Per quanto riguarda l’aspetto del mistero, uno dei motivi per cui le persone decidono di entrare in
massoneria, secondo Kenney (2016, 44), risiede nel social interplay between secrecy and curiosity
per cui, nonostante lui sostenga che in Nord America la massoneria abbia caratteri pubblici notevoli
– basti pensare agli edifici massonici in bella mostra, alle cerimonie e alle parate pubbliche, ai
numerosi libri che si possono trovare sull’argomento e a tutte le informazioni che si possono
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ricavare tramite Internet – «the fact remains that Freemasonry is considered by many to be the
quintessential “secret society”». Questa percezione del segreto da parte dei profani si combina con
vari tipi di pratiche riservate (secretive practices) poste in atto dai massoni, «that plays a key role in
fostering curiosity and interest in the Craft among others».
Il terzo insieme di motivi per cui si decide di entrare in massoneria riguarda quei fratelli presentati
da un parente o da un collega e quindi spinti dalla fiducia riposta nella persona che li ha presentati,
o in altre persone conosciute come massoni:
Mi attirava perché oltre a questa persona conoscevo altre persone che ne facevano parte ed erano persone,
comunque, diciamo di una certa cultura [...] ricordo ancora benissimo quando mi è stato chiesto se mi interessava
far parte della massoneria, la mia risposta è stata subito affermativa, devo dire quasi con una punta di orgoglio
[Interv. 19, 48, Piemonte].
Ero affascinato da due grandi galantuomini del tempo che erano [...] il capo dell'ufficio imposte dirette di Vibo
Valentia [...] ed un altro grande filosofo [...] uomo di alte qualità morali e di alta preparazione spirituale e filosofica
[Interv. 24, 80, Calabria].
Mi sono fidato di quello che mi hanno detto gli altri [Interv. 12, 52, Piemonte].
Stima e fiducia sono due elementi che affiorano anche nella ricerca di Elena Coggiola (1995, 25), in
riferimento alla Gran Loggia d'Italia degli Alam, in cui gli intervistati si esprimono in questi
termini: «[...] io ho detto sì, anche perché avevo stima e fiducia di questi amici»; «[...] era una
persona chiaramente fidata, nel senso che gli ho dato fiducia».
L'aspetto della fiducia in massoni (parenti o conoscenti) già facenti parte dell’Obbedienza emerge
anche dalla ricerca di Kenney (2016, 60): «I call attention to the thirty two respondents who claim
to have been impressed by the character of the Masons that they knew. […] Thus, eight respondents
specifically commented how already knowing family and friends in the Craft helped address their
concerns».
Il quarto insieme di motivi riguarda la volontà di fare business o avere vantaggi in ambito
professionale, anche se la grande maggioranza degli intervistati afferma che chi entra spinto da
questi motivi presto decide di mettersi in sonno (abbandonare l'Obbedienza) perché non è riuscito a
trovare ciò che cercava:
Se vedono che quello è il tuo unico scopo [fare carriera] non ti faranno mai entrare, perché non è quello il
principio fondativo dell'Istituzione massonica, però qualcuno riesce a superare anche questa barriera. Dopodiché, se
entra per quel motivo lì, dopo due mesi va in sonno perché non riesce a combinar nulla [Interv. 7, 55, Piemonte].
Qualcuno naturalmente chiede di entrare in massoneria pensando che attraverso qualche canale riesce a trovare
una sistemazione, magari immagina, ha saputo che c'è il suo capo ufficio, “così mi accredito”, ma generalmente chi
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entra con questa finalità non dura molto [Interv. 26, 70, Calabria].
Secondo me un motivo sbagliato, quello di poter entrare per far parte di una lobby, quello è uno dei motivi che
spingono di più ad entrare... poi quanto questo possa essere vero non so dirti [...] conosco bene Asti, conosco bene
la realtà di Alba, Alessandria e so che non è così, non è che entrando in una loggia del Goi hai più facilità a
diventare primario piuttosto che qualcos'altro [...] che questo non accada ad altri livelli e in realtà più grandi non te
lo so dire [...] anche se sono convinto che qualcosa ci sia [Interv. 19, 48, Piemonte].
Purtroppo nell'animo umano ci sono i grembiulisti, gli shampisti, gli arrivisti, quelli che vogliono fare carriera, tra
virgolette, che sono delle povere persone... ci sono quelli che magari vedono in questa scalata, chissà neanche dove
dovessero arrivare, un modo di realizzarsi [Interv. 20, 57, Piemonte].
Tutti entrano per conoscere, l'avvocato conoscerà il medico, il medico conosce l'ingegnere [...] tra tutti ci si dà
una mano [...] [Quali sono le motivazioni del recente aumento di iscrizioni?] Lo stemmino, lo stemmino. [C'è chi
inizia pensando già a una crescita interiore?] Pochissimi [Interv. 22, 36, Piemonte].
Uno degli ex massoni da me intervistati sostiene che uno dei motivi per cui ha deciso di mettersi in
sonno è perché l’ambiente massonico non gli piaceva più, nonostante ci tenesse a precisare che, a
differenza di altre, la sua loggia era proiettata verso un tipo di lavoro spirituale:
Quando uno entra in massoneria magari si idealizza tante cose, poi entra dentro e vede che è tutta un’altra cosa…
oggi per esempio, è inutile nascondersi dietro un dito, è tutto un maneggio perché l’avvocato chiede al geometra
massone di portargli… è tutto un giro così, diciamo, economico… cominciava a essere così anche da quello che
sentivo dire nelle altre logge. A me non interessava questa cosa qua. Io avevo il nonno massone, anzi tutti e due…
io son diventato massone subito per loro, ma era gente molto diversa da quella che poi ho trovato dentro [Interv.
1_ex, 65].
Anche dalla ricerca di Kenney (2016, 173) emerge come molti dei fratelli delle Obbedienze
esaminate entrino per motivi che esulano dagli scopi ufficiali della massoneria: «I can’t handle
hypocrisy. This is not an old boys’ network. It’s not about getting jobs or promotions. […] There are
Masons, and there are Masons in name only – and I’d say at least half the members of my lodge
don’t get it».
Interessante notare come anche molti degli intervistati di Kenney sottolineino come chi entri per
fare business solitamente esca dopo poco perché le sue aspettative vengono deluse:
Those “mercenary types” who somehow slip through find the Craft ineffective for this goal anyway and “don’t
stay long.” In the words of one, “No one sticks through for potential business contracting. There’s no insurance
salesman in the world who would think it was a good investment of his time to join Masonry for that.” (Kenney
2016, 57).
Riguarda parzialmente l’aspetto dell’avere vantaggi anche la questione del mutuo soccorso interno,
che vedremo più approfonditamente dopo. È raro che emerga dalle interviste, ma credo che questo
elemento ricopra un ruolo non trascurabile nel motivare molti fratelli ad entrare:
[L'aspetto del mutuo soccorso] è una delle cose che mi ha spinto a entrare; io sapevo di due ragazzi il cui papà
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morto era un massone, i fratelli si sono occupati dell'istruzione dei figli fino all'università, questa è una bella cosa;
certo lo faccio col figlio di un fratello, non posso farlo coi figli di tutti [...] non sono la Banca d'Italia [Interv. 22, 36,
Piemonte].
La mia impressione, però, è che il vero mutuo soccorso interno non derivi tanto dalla pratica
ufficiale del fornire aiuto economico e servizi di vario genere a chi ne ha bisogno, quanto nel creare
una rete di professionisti che possano scambiarsi favori reciproci. Ma su questo tornerò
successivamente.
Per quanto riguarda il contesto nordamericano, considerato il fatto che viviamo in un periodo di
grandi cambiamenti sociali, «high rates of divorce, fatherless families and religious institutions
devoid of meaning» (Carnes 1989, 156), a cui Kenney (2016, 17) aggiunge consumismo sfrenato,
isolamento sociale e disillusione mass-mediatica (mass-mediated disenchantment), «perhaps the
lodge could be seen by many more as a source of stability in a sea of change». Alcuni dei fratelli da
lui intervistati hanno sottolineato come la loggia possa fornire «a valuable source of social and
financial support in hard times […]» (Kenney 2016, 56). L’elemento del fare carriera ed avere
vantaggi in termini economico-professionali emerge anche dalle interviste condotte dallo stesso
Kenney (2016, 55): «Respondents claimed an attraction to Masonry due to its image – rightly or
wrongly – of being associated with the successful, the prominent, and the powerful. […]
respondents similarly admitted that they were attracted to Masonry as a means to network and
further their career or business […]».
Il quinto insieme di motivi per cui si decide di entrare in massoneria consiste nel credere che
l'appartenenza all'Obbedienza possa rappresentare il riconoscimento di una posizione raggiunta nel
mondo profano:
Il problema principale della massoneria è che la maggior parte delle persone che entrano, entrano come se fosse
una sorta di riconoscimento di qualche cosa che nella vita hanno già fatto, cioè uno status symbol [Interv. 5, 42,
Piemonte].
Ho avuto la fortuna di entrare da giovane, infatti i nostri landmarks prevedono, quando possibile, che vengano
iniziate delle persone giovani perché hanno davanti del tempo, della prospettiva, hanno la pazienza di poter
crescere... talvolta delle persone più mature hanno, a volte anche per retaggio personale… magari sono dei capitani
d'industria piuttosto che degli imprenditori o magari sono al Rotary o magari ricoprono delle cariche importanti [...]
magari hanno nella loro indole una visione un po' distorta del crescere un po' in fretta, ma questo va a discapito
della tua crescita interiore [Interv. 20, 57, Piemonte].
Interessante notare come, una volta dentro, alcuni fratelli mi hanno parlato della possibilità di un
capovolgimento delle relazioni di potere che si sono create nel mondo profano:
Persone che magari hanno cercato di avere una sorta di... non vendetta, ma una sorta di scalata sociale... qualcuno
77
che magari arrivando, se riesce, a determinati ruoli [all’interno del Goi], che gli permettono di avere sotto di sé
persone che nella vita quotidiana magari potrebbero essere più titolate [...] sai qua è una sorta di rivendicazione
sociale [...] che ne so, io faccio il contadino e devono stare alla mia Obbedienza l'avvocato, il notaio [Interv. 14, 50,
Piemonte].
L’aspetto del ribaltamento della gerarchia dei ruoli posseduti nel mondo profano emerge anche dalla
ricerca di Kenney (2016, 81) che riporta il racconto di un intervistato su un capo di azienda che
aveva trattato male uno dei suoi dipendenti. Quando questo “boss” viene iniziato, trova all’interno
della loggia il suo impiegato che, in questa nuova “dimensione”, possedeva la carica maggiore,
quella del Maestro Venerabile: «According to the respondent who witnessed all of this (“You should
have seen the look on his face”), this revelation, and the fact that the mistreated employee “showed
great character” by not blackballing his boss, had quite an impact on the boss’s subsequent
behaviour and character». Ovviamente questo rovesciamento dei ruoli può essere vissuto in modo
costruttivo o come una sorta di rivalsa sociale. Tornerò a parlare della questione dello status nella
sezione dedicata alle caratteristiche dei fratelli, in particolare di quelli che ho definito “amanti del
grembiulino”.
54
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 184 di Mercoledì 18 gennaio 2017, p. 29. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=18&idCommission
e=24&numero=0184&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 01-05-2017].
78
una maggiore conoscenza del mondo massonico visto come vera e propria palestra di arricchimento
personale e culturale:
Più alto è il livello culturale più si è portati a fare un certo tipo di percorso... [...] dal momento che purtroppo in
Calabria dobbiamo investire in formazione perché non c'è lavoro [...] si continua ad investire in cultura, secondo me
in Calabria è un po' più alto il livello culturale e quindi ci si rende conto che questo è un percorso che potrebbe
gratificare anche culturalmente la persona che fa parte dell'istituzione [Interv. 25, 44, Calabria].
A ben vedere, appare poco convincente il discorso dell’aumento del grado di scolarizzazione a
fronte della mancanza di opportunità lavorative, soprattutto in considerazione del fatto che è raro
che un fratello proponga l’ingresso ad un amico o conoscente disoccupato. Inoltre in Calabria sono
rarissimi gli ingressi tramite Internet, ossia attraverso un’auto-presentazione.
Un altro intervistato sostiene invece come il boom dei continui ingressi sia legato ad una mancanza
di alternative a livello associativo, all’affievolimento di una sana competizione sociale per
l’assenza, in primis, di grandi realtà economiche:
In Calabria e a Reggio Calabria soprattutto mancano le palestre del confronto; Reggio ha tre cinema, non c'è un
teatro che funzioni se non a fasi alterne, non ci sono grandi occasioni di confronto culturale [...] momenti che vanno
oltre il lodevole e meritevole impegno delle associazioni culturali, delle strutture parrocchiali, dei dopolavori ecc...
manca anche una competizione sociale [...] noi abbiamo un grande terziario, una media borghesia quasi fallita e poi
una grande massa di acculturati disoccupati [...] all'interno di questo contesto c'è da tenere in debita considerazione
tutto il fenomeno dell'illegalità [...] non ci sono grandi strutture che offrono lavoro, non ci sono grandi realtà
economiche [...] la più grande realtà produttiva è la Asl, la pubblica amministrazione dove la competitività è quasi
appiattita [...] dimostra che c'è un sacco di gente che ha voglia di misurarsi, di confrontarsi, che è affascinata da
questo meccanismo che fa apparire alcune associazioni, alcune istituzioni quali la massoneria come fossero
strutture dove si possono risolvere tutti i drammi della vita [Interv. 29, 55, Calabria].
Come vedremo nella parte della ricerca dedicata alle logge demolite in Calabria, l'aumento degli
affiliati può essere motivato anche da questioni più “profane” che hanno a che fare con una sorta di
“compravendita” dei voti per l'elezione del Gran Maestro e della sua Giunta.
79
sue proprie potenzialità: «[...] un ruolo che facilmente può ridursi ad autocompiacimento
narcisistico, a presenza antiquaria (una specie di circolo snobistico) o a una mentalità lobbistica,
naturalmente a vari livelli. In quest’ultimo caso, il rischio è quello di lasciarsi coinvolgere in
pratiche affaristiche o di potere».
Un ex massone da me intervistato racchiude nella sua testimonianza gran parte delle “categorie” che
ho individuato e che propongo successivamente:
Allora, se andiamo su un 100 percento, la massoneria per me è così: il 40 percento di massoni, anzi fai il 30
percento sono per seguire lo scopo della massoneria, scavare oscure e profonde prigioni dal vizio ed elevare i
templi nella virtù, e per continuare questo percorso iniziatico. Poi ci sono un altro 30 percento che son lì per avere
una nuova spilla sulla giacca e il restante son lì per avere dei vantaggi anche nel loro lavoro, è la verità, perché
all’interno della massoneria si creano dei legami e si creano dei contatti soprattutto [Interv. 4_ex, 40].
Sulla base delle interviste, è possibile delineare alcune caratteristiche peculiari che
contraddistinguono diversi “gruppi” di massoni. Il primo gruppo da me identificato è costituito dai
fratelli realmente interessati al percorso iniziatico. Al di là delle interviste svolte in cui, come
prevedibile, tutti si proclamano interessati al percorso iniziatico, ho potuto osservare questa reale
inclinazione in alcuni fratelli che ho frequentato in modo informale anche al di là del momento
dell'intervista. Per diversi motivi e con diversi interessi – chi è più interessato all'esoterismo, chi alla
filosofia, chi all'astrologia e al simbolismo –, questi fratelli considerano il percorso in massoneria
come occasione per l'esplorazione e il miglioramento del sé, in linea con quel «civilizing the self»
(Hoffman 2001) che consente all'individuo, grazie agli strumenti che gli vengono forniti all'interno
del percorso libero muratorio, di diventare una persona migliore (a better man) (Kenney 2016, 26):
«One may consider their involvement in Freemasonry a transformative practice in relation to self»
(Kenney 2016, 39).
Il secondo gruppo è costituito dai fratelli che sono amanti del “colore del grembiulino” e/o
vogliono curare i propri interessi:
Dipende ognuno di noi i pesi che da e il dare pesi significa aver capito che cos'è il cammino iniziatico e aver
voglia di farlo [...] se non hai grandi domande, se sei entrato un po' per amicizia perché qualcuno ti ha detto che era
bello star lì, allora poi la presenza diventa anche meno assidua. C'è qualcuno che è amante del colore del
grembiulino, si... c'è qualcuno che vive la massoneria e per lui la massoneria è pennacchi e arzigogoli vari? Si
[Interv. 7, 55, Piemonte].
Noi dovremmo cercare di lasciare fuori i metalli dal tempio, che è un modo di dire, ovvero di lasciare la propria
egocentricità, tutto quello che fa parte della profanità, quindi tutto quel mondo relegato all'avere e non all'essere.
[Riferendosi alla Gran loggia55] A me sembrava il trionfo, altro che; il Gran Maestro che arriva con la marcia
trionfale, e tutti col passo dell'oca, cioè sinceramente, tu dici “Va beh sono venuto a vedere un teatro” quindi io da
55
Gran Loggia intesa come l’incontro annuale che il Goi organizza a livello nazionale. Una sorta di congresso
dell’Obbedienza, composto da lavori rituali riservati ai fratelli e da eventi aperti al pubblico profano.
80
quel lato lì sono abbastanza dissociato [Interv. 14, 50, Piemonte].
Non sono mai tornato non deluso dalla Gran Loggia perché vedo solamente dei tacchini quando si è là, tutti fanno
a gara a chi ha il grembiule più orpellato, più colorato… cioè, più entri ultimo in loggia quando vieni annunciato e
più camminano col petto gonfio, a me questa cosa fa pena, fa pena perché mi fan ridere, han 70 anni, hanno il
grembiule verde, camminano…. [Interv. 22, 36, Piemonte]
[…] ci sono quelli che hanno sempre fretta, vogliono sempre arrivare. Vede, è come fare un viaggio dove tu
prendi come un pazzo, vai da Asti a Roma, veloce in macchina, poi quando arrivi a Roma io ti intervisto e ti chiedo
“Ma cos’hai visto in questo viaggio? […]”. Questo pensava solo a guidare come un pazzo per arrivare e non ha
visto, non ha goduto niente. […] c’è qualcun altro che darebbe l’anima per dire “Ah poi quando vado c’ho il
grembiule” […] anche noi siamo uomini, anche se di buoni costumi, selezionati, quello che vuole [Interv. 20, 57,
Piemonte].
Come ha sostenuto un ex Gran Maestro, Di Bernardo, in un’intervista rilasciata a Pinotti (2007, 31):
Anche l’uomo che è un fallito nella società, quando indossa il grembiule massonico si sente un Dio in terra.
Quando questa sensazione si diffonde, all’interno di una comunità massonica inizia la decadenza. Una comunione
massonica è come un organismo: se inizia a popolarsi di cellule malate, si riproduce con quelle cellule.
Un altro intervistato sostiene come all’interno del Goi ci siano anche i «lecchini» e quelli a cui «non
frega niente». I primi sono quelli che cercano di ottenere qualcosa «perché l'uomo è uguale ovunque
e la massoneria è lo specchio della società. Ci sono logge soprattutto di giovani che si formano in
modo goliardico con i fratelli che fanno sfoggio di spillette e scimmiottano la massoneria; poi
magari qualcuno si appassiona davvero, molti no» [Interv. 17, 43, Piemonte].
Nella tesi di Coggiola (1995, 97) si parla di «massoni di nome, non di fatto» per identificare quei
fratelli che sono all'interno dell'Obbedienza senza esserne veramente degni. Questi individui si sono
avvicinati all'Istituzione pensando di poterne ricavare dei vantaggi di tipo principalmente
economico, non avendo ben compreso il significato della massoneria, contravvenendo quindi ai suoi
principi fondanti.
Per quanto riguarda il desiderio di raggiungere un certo status attraverso il coinvolgimento in
massoneria, anche nella ricerca di Kenney (2016, 140) questo aspetto viene messo in risalto: «What
this effectively involves is an alternate status hierarchy for some to become a big fish in a small
pond». “Diventare un pesce grande in un piccolo stagno” è una metafora che ricalca molte delle
testimonianze degli intervistati italiani, che sostengono come in realtà questa volontà da parte di
alcuni di una veloce scalata ai gradi offra dei riconoscimenti che fuori dall’Obbedienza non hanno
nessun valore («Ma che prestigio vuoi che ti dia... fai il grosso in una schiera di quattro amici, fuori
poi magari sei niente e nessuno»). Questa alternate status hierarchy è quella che Simmel definisce
aristocrazia (1908) e risulta una chiave di lettura importante per comprendere la posizione
dell’Obbedienza all’interno di un contesto sociale più ampio. Tornerò sul tema nella parte della
81
ricerca in cui tratterò i rapporti tra Obbedienza, logge e mondo profano. Qui merita sottolineare
come, analizzando le interviste, Kenney sostenga che l’esistenza di questa alternate status
hierarchy ricopra un notevole significato per alcuni fratelli, soprattutto in riferimento alla loro
posizione nella società. Dalle parole degli intervistati:
I believe I get status in my work. […] but some people don’t – and so they need that. Some people come in with a
great sense of the historical importance of Masonry, and being the head Mason, and they’re still living in that era.
That’s important for them.
I see some who go there because […] “I want to wear those jewels. I want to be a big cheese.” […] I think that
they feel that they’ve underachieved on the outside, and that they should do that (Kenney 2016, 141).
Questo aspetto del non esser riusciti a raggiungere uno status abbastanza elevato fuori, che li ha
portati a cercare di “rifarsi” all’interno dell’Obbedienza, emerge chiaramente anche dalle interviste
italiane:
Tendenzialmente più sei nessuno fuori e più fai il grosso dentro, chi è veramente realizzato fuori viene dentro e è
la persona più affabile del mondo... [Interv. 22, 36, Piemonte]
I massoni che incentrano i loro sforzi maggiori verso la scalata ai gradi, nel caso nordamericano
sono quelli che vedono la Grand Lodge, ossia il vertice dell’Obbedienza, come il vero obiettivo del
loro lavoro massonico. Una corsa ai titoli che si ritrova in alcune delle testimonianze italiane, come
abbiamo visto, in riferimento allo sfoggio che di questi titoli si fa in occasione della Gran Loggia
annuale. Parlerò in modo più approfondito di questo evento nella parte della ricerca dedicata
all’apertura dell’Obbedienza nei confronti del mondo esterno. Qui mi preme riportare le
testimonianze di alcuni fratelli nordamericani che ricalcano in gran parte quelle italiane:
There’s this belief that Masonic rank really means something in the world […]. It’s a general consensus that some
go up for the glory (Kenney 2016, 175).
Some people only identify themselves as part of Grand Lodge. The whole Masonic movement, as I’ve seen it, is
very status conscious. […] It’s very important to people to be seen – who I am, what I do – and to be on the
important forums dealing with important issues (Kenney 2016, 175).
Per altri la competizione per ottenere certe cariche all’interno della loggia – e poi dell’Obbedienza –
è vista in maniera positiva, come stimolo per continuare il percorso e migliorarsi:
Well, we’re all competitive – not in a bad way, but in a good way. […] well, who’s going to be Master first? It’s
like, “I’ll be Master first.” Okay, well, who is going to learn this first? Who’s going to learn that first? […] it’s a
mini-competition – but I think our lodge feeds from it (Kenney 2016, 161).
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Anche se a volte questa competizione può portare a delle fratture tra fratelli e, in alcuni casi, alla
gemmazione, che vedremo in seguito in questa parte della ricerca.
Legato al tema dello status, un altro gruppo da me identificato è composto dai fratelli per cui
l'appartenenza alla massoneria è motivo di vanto:
Perché qualcuno si vanta di dire io appartengo alla massoneria perché sono una persona che conta [...] eh
qualcuno enfatizza le sue posizioni [Interv. 28, 65, Calabria].
Tanti vogliono entrare in massoneria per poterlo solo dire e avere il cosetto qui [la spillina sulla giacca], quindi si
fan vedere una volta o due e poi non vengono più, e continuano a pagare, quello è il paradosso. Poi c'è proprio poco
interesse perché se vieni è per un tuo interesse personale, mica per fare un piacere a me [Interv. 22, 36, Piemonte].
Ci sono quelli che gli piace essere “beh io sono il 33”, va bene, le cariche ci sono anche da noi, c'è il Presidente di
questo [...] va bene si qualcuno ci tiene, si vede che ci tiene [Interv. 21, 62, Piemonte].
Il quarto gruppo coinvolge fratelli che appaiono demotivati o indifferenti, che partecipano poco o lo
fanno senza coinvolgimento:
Fratelli che ormai erano demotivati, non frequentavano quasi più... perché purtroppo è un percorso che talvolta, è
triste dirsi, in realtà può avere anche dei momenti di impasse [...] perché comunque la nostra è un'Obbedienza, noi
facciamo un lavoro di ricerca [...] nel momento in cui questo lavoro non ha una continuità né assorbi energia,
conoscenza o nulla, né nemmeno dai, diventi un ramo secco, sterile di una pianta secolare con delle radici
importanti [Interv. 20, 57, Piemonte].
Gli assenti sono i celebri assenti, son sempre gli stessi che per una cosa o per l'altra danno sempre una
giustificazione, tanto nessuno può contestarli, sono a casa col mal di gola [...] c'è proprio il cronico eh, c'è proprio il
cronico [Interv. 22, 36, Piemonte].
Perché io vedo persone che, anche se hanno diritto di parola, non hanno niente da dire e non prendono mai la
parola e non dicono mai la loro [...] in tutte le tornate c'è gente che viene lì e è un soprammobile [Interv. 22, 36,
Piemonte].
La massoneria fondamentalmente si può vivere in due modi: o come una sorta di recita, ormai ci sono, non me ne
importa niente ma non voglio uscire perché non si sa mai… o si vive con passione e intensità [Interv. 3_ex, 55].
La maggior parte sono tutti piccolo-borghesi che vivono la massoneria come un dopolavoro [Interv. 5, 42,
Piemonte].
L'aspetto dello scarso interesse e della scarsa volontà di comprendere il mondo libero muratorio,
emerge anche da alcune delle interviste svolte da Kenney:
I think Masons are more or less born. […] And there’s a lot of examples of people that try to be Masons but don’t
really understand what it is (Kenney 2016, 128).
Some people just don’t have the motivation. They fear commitment or think that it’s too hard. After making one
excuse it becomes easier to make the other ones (Kenney 2016, 207).
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In linea generale, come scrive l’attuale Grande Oratore del Goi in una circolare riservata alle logge
del Goi che mi è stata fornita da un intervistato, dal titolo Il senso di appartenenza alla Libera
Muratoria, il nutrimento interiore dei fratelli è la fratellanza, che però non deve essere una
fratellanza fasulla, «non una Fratellanza praticata in vista di qualche carica, grembiule o
onorificenza», ricordando come sia importante assistere ad una iniziazione e vedere i fratelli viverla
con commozione, sempre che questa commozione non sia solo «lacrime da coccodrillo e nulla più.
E allora, la mia domanda è: quanti veramente […] vivono l’Iniziazione come una assoluta
trasformazione dell’animo? Quanti veramente si sentono iniziati nello spirito?».
Gli assonnamenti che ho visto io sono sempre dovuti a un calo dell'interesse per occupazioni diverse, cioè alla
fine c'è chi è nell'Obbedienza, al Rotary, al Lions ecc ecc, quindi alla fine viene ad avere due riunioni, tre riunioni a
settimana e devi scegliere dove andare [Interv. 19, 48, Piemonte].
La maggior parte dei massoni ha un’età avanzata, anche perché una persona in pensione ha
tendenzialmente più tempo da dedicare ad altri tipi di attività che non siano il lavoro. Questo
emerge anche nel caso italiano dove spesso le cariche di loggia più impegnative in quanto ad ore di
lavoro da dedicarvi – vedi il ruolo di Segretario – sono affidate solitamente a pensionati o a persone
che hanno molto tempo libero a disposizione.
Altri motivi degli assonnamenti comprendono questioni legate al business e agli affari per cui,
secondo gli intervistati, le persone entrate per questi motivi non hanno trovato all’interno quello che
cercavano:
Penso che o si aspettava chissà cosa, oppure era entrato per altre questioni [...] era convinto di entrare in
massoneria, che so, per fare affari e poi invece si rende conto che ciò non è possibile [Interv. 13, 37, Piemonte].
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Questo aspetto emerge anche dalla ricerca di Kenney (2016, 129) in riferimento a coloro che
entrano per poter creare un network di contatti che possano facilitare i propri affari: «[…] fifteen
respondents who did not find that their original reasons for joining the Craft were borne out. In
some cases this may have been because – despite representations to the contrary – they had joined
for the wrong reasons, such as to “network,” facilitate business contacts, and get ahead».
Altri motivi degli assonnamenti possono essere il non aver ben compreso lo scopo della massoneria
che viene vissuta alla stregua di altri club come il Rotary o il Lions; da qui deriva un tendenziale
calo dell'interesse:
Alcuni pensano anche soltanto che si tratti di un centro culturale dove si fa della filosofia, no? Noi si fa della
filosofia, ma è un altro tipo di filosofia [Interv. 15, 60, Piemonte].
Mio padre è più di 30 anni che è in massoneria ma non ha idea di cosa sia la massoneria, nel senso che per lui è
un club, è iscritto anche al Lions e in mille altri posti. [...] Come in tutte le realtà ci sono quelli che si interessano
[…] e quelli che vengono così, come una delle tante cose che fanno nella vita […] [In riferimento alla discussione
delle tavole in tornata] In genere c’è da spararsi in testa perché, come dico, qua in genere nessuno ne capisce niente
[Interv. 5, 42, Piemonte].
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volte alcuni degli assonnati per motivarli a rientrare. Forse è una pratica che viene esercitata più di
quanto sia emerso dalle interviste; magari non è la loggia intera a mobilitarsi bensì i fratelli più
vicini alla persona assonnata, o magari lo stesso presentatore.
Anche Kenney (2016, 115) prende in esame i motivi per cui molti decidono di mettersi in sonno,
sostenendo innanzitutto che, oggi più che mai, le Officine pensano al cosa fare per trattenere i
fratelli più che essere attive sul versante del proselitismo: «In the opening decades of the twenty-
first century, one thing often heard in Masonic circles is that “it’s not just getting them in, it’s
keeping them”».
Come abbiamo in parte visto, dalle interviste svolte da Kenney (2016, 122) risulta come la
partecipazione vada incontro a sempre più frequenti disaffezioni. Un ulteriore motivo è da
rintracciarsi nella «social atmosphere» che si crea all’interno delle logge, che deve essere positiva e
confortevole, qualcosa che possa unire i fratelli e costituire una sorta di “break” rispetto alla vita
profana. In sostanza non si può entrare in loggia e ritrovare i soliti problemi che si incontrano al di
fuori: «Respondents pointed to the “comfort” that they derived from their membership in the order
compared to the difficulties and stresses of their job and other difficulties in their lives».
Viene poi posto in evidenza come i bisogni dei fratelli di oggi non siano gli stessi di quelli del
passato, e quindi molti intervistati sostengono come la massoneria dovrebbe imparare a stare al
passo con i tempi per risultare ancora appetibile: «The culture of Freemasonry must evolve in
tension with tradition in order to make it more understandable, more readily interpretable in relation
to today’s world. Thus we could look at the music, new takes on the imagery, emphasize the
crossovers and connections between Freemasonry and popular culture, whether it’s in relation to
common phrases, Tv, and movies […]» (Kenney 2016, 128). Esaminando le mie interviste, ad
esempio, emerge un certo entusiasmo da parte di quei fratelli che, durante i lavori di loggia o anche
al di fuori, in modo informale, utilizzano supporti alternativi a quelli classici (musica, film) per
parlare delle tavole di discussione o, nei momenti rituali, affrontare i temi più vari.
3.3.2 Le professioni
Riguardo alle professioni e all'abbattimento o meno delle barriere sociali all'interno delle logge,
molti dei fratelli intervistati tendono ad affermare che all'interno delle logge «c'è un po' di tutto»,
ma incalzati sul «Che significa un po' di tutto?» hanno la tendenza a rimarcare più o meno le stesse
libere professioni:
C'è un po' di tutto. [C'è, ad esempio, il cameriere?] Il cameriere mmmh... c'è qualcuno che fa il ristoratore, si il
pizzaiolo, lasciami dire, anche [Interv. 10, 32, Piemonte].
C'è un po' di tutto... vabeh ci sono dentisti, avvocati... ci sono tecnici, ci sono meccanici, c'è un po' di tutto [Interv.
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13, 37, Piemonte].
Devo dire che fra le Colonne c'è stato di tutto, indistintamente [...] posso dire medici, ingegneri, architetti,
falegnami, c'era un fabbro [...] agenti immobiliari, commercianti, venditori di automobili, assicuratori, bancari,
quello con l'azienda che produce yogurt [...] un prefetto, un viceprefetto [...] poliziotti e carabinieri no, non ne
abbiamo avuti [Interv. 20, 57, Piemonte].
C'è di tutto [...] imprenditori, ci sono avvocati [...] liberi professionisti [...] no dipendenti pubblici... no, ne
abbiamo uno adesso [Interv. 21, 62, Piemonte].
Altri fratelli ammettono di non aver mai visto membri appartenenti ad alcune professioni:
Siamo abbastanza spalmati, mediamente siamo tutti piccolo-borghesi [...] operai non ne ho mai visti, qualche
impiegato di basso livello c'è [Interv. 6, 61, Piemonte].
Non è vero che tutti i lavori sono rappresentati, c'è una determinata prevalenza di ceti... operai non ce ne sono,
contadini non ce ne sono [...] stranieri incomincia a esserci qualcuno nella misura in cui lo straniero appartiene ad
alcune professioni; puoi trovare il medico straniero, non troverai l'operaio straniero [Interv. 7, 55, Piemonte].
Io come segretario del Collegio, tutte le domande di ammissione arrivano a me e allora sono tutti medici,
architetti, ingegneri... difficilmente vedi impiegato, operaio [...] noi li vorremmo, magari venissero tanti operai,
tante altre categorie sociali, magari però non sanno come [...] mentre invece sicuramente loro [chi è più acculturato]
guardando il sito, navigando in Internet oppure studiando magari anche all'università, hanno più contezza di quello
che potrebbe essere l'istituzione, quindi sanno come bussare [Interv. 25, 44, Calabria].
Altri ancora tendono a rimarcare come «simile chiami simile», ossia la tendenza a presentare il
collega di lavoro che spesso porta ad avere nella stessa loggia molti fratelli che svolgono la
medesima professione:
Chiaro che se ci sono tre dentisti che lavorano nello stesso studio, viene uno vengono gli altri due, e ci può stare;
se quello studio di avvocati che c'ha quarantacinque praticanti magari fa l'infornatona, cioè voglio dire, ci può stare
[Interv. 8, 36, Piemonte].
Guarda ultimamente noi, si è venuta a creare una prevalenza di dentisti, vuoi che magari è entrato uno, poi ha
conosciuto l'altro, ha fatto entrare l'altro... e di avvocati, adesso è entrato uno martedì scorso, portato da un avvocato
[Interv. 12, 52, Piemonte].
Siamo quattro o cinque [avvocati], capisci, su diciotto è quasi un terzo [...] tendenzialmente ci sono più liberi
professionisti... anche perché comunque sono persone che hanno più tempo da dedicare, sono anche persone che
hanno fatto determinati studi, [...] hanno avuto modo di leggere, di essere incuriositi, di informarsi di più [Interv.
23, 39, Piemonte].
Nonostante, in genere, si ripeta come la quota della capitazione sia piuttosto esigua, comparandola
ad un abbonamento annuale per la palestra, uno degli ex membri del Goi da me intervistato «è stato
spinto» a mettersi in sonno perché non poteva più pagare questa quota, non potendo più contare su
un’entrata economica fissa e dovendosi arrangiare con lavoretti saltuari. Lo stesso sostiene come
l’ammontare delle capitazioni non sia fisso ma vari soprattutto nei riguardi della somma che deve
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essere destinata alla loggia; in più ci sono le cene da pagare, le riunioni a cui andare, i paramenti da
acquistare, i viaggi. Per questo motivo aveva proposto a Gustavo Raffi – che era Gran Maestro nel
periodo in cui l’intervistato frequentava il Goi – di fare qualcosa affinché le capitazioni potessero
essere calcolate caso per caso, in base alle possibilità dei fratelli, per consentire a tutti gli individui
davvero motivati di poter partecipare.
Da rilevare, in questa vicenda, che il fratello rimasto senza lavoro non è stato aiutato concretamente
dagli altri fratelli nel trovare una nuova occupazione, anche se l’intervistato sostiene che gran parte
dei lavori saltuari che sta portando avanti gli siano stati procurati da fratelli di altre Obbedienze.
Questo può portarci a riflettere sul fatto che, in effetti, possa non esser così preponderante
l’elemento dei favoritismi interni e delle raccomandazioni. Certo è che, in questo caso, l’ex membro
del Goi aveva avuto dissidi con un fratello della propria loggia che occupava una posizione politica
importante all’interno della città, e quindi la maggior parte dei fratelli si era schierata dalla parte di
questo personaggio, girando le spalle al mio intervistato:
Abbiamo avuto un po’ di litigi, questi litigi si sono sentiti all’interno della loggia. Lui era talmente forte
all’interno della loggia, perché ti puoi immaginare che un assessore provinciale all’interno di una loggia è forte, no?
E tutti quanti hanno qualcosa da chiedere all’assessore provinciale. C’è l’imprenditore che ti chiede, poi al Bilancio,
quindi, quello ti chiede questo e quest’altro. Io non contavo niente e alla fine se io ero arrabbiato con lui… [Interv.
4_ex, 40].
Inoltre – ma questa è una considerazione di margine –, la sua iniziazione era avvenuta tramite
presentazione online, quindi l’intervistato non aveva una tradizione familiare massonica, a parte un
cugino di cui aveva appurato l'appartenenza al Goi solo una volta entrato che, caso vuole, fosse il
politico con cui è entrato in contrasto. L’avere parenti o buoni e fidati amici all’interno, in questo
caso, avrebbe potuto fare la differenza ed evitare che l’intervistato fosse quasi costretto a mettersi in
sonno.
Che la quota della capitazione non sia poi così ininfluente sulle spese personali dei fratelli lo
sostiene anche un altro ex massone intervistato, in riferimento alla mia domanda se all’interno delle
logge abbia visto un abbattimento delle barriere sociali:
Sicuramente le cosiddette professioni liberali la fanno da padrone […]. C’è una questione che non è trascurabile
del costo, del pagamento di una somma che per tante persone, per esempio per un impiegato che ha figli diventa…
magari la paghi, la puoi pagare perché non sono cifre, sono 600-700 euro [però] per ogni passaggio di grado, poi
vai, ceni fuori, paghi… [...] oggi su un monoreddito peserebbe in maniera quasi insopportabile secondo me [Interv.
5_ex, 60].
Anche il campione degli intervistati di Kenney (2016, 32) non offre grande varietà in termini di
professioni, contando una grande percentuale di white collar:
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In terms of occupation, I have divided these into “blue-collar,” “white collar,” and “unknown” groupings. […] it
appears that respondents […] tend more to the white-collar than the blue-collar in terms of occupational
background. […] despite a significant proportion of blue-collar occupations and an emphasis on making the Craft
open to men of all backgrounds, these data continue to predominantly reflect the white-collar groupings
traditionally associated with the order.
Nonostante questo, anche gli intervistati di Kenney (2016, 140) sostengono come oggi, rispetto al
passato, vi sia un maggior numero di professioni rappresentato all’interno delle logge: «These days,
you don’t have to be wealthy, prominent, or a merchant to joint. There’s a whole different
membership now».
Riguardo al livello di studio, c'è chi ribadisce il fatto che più una persona è acculturata e più facilità
ha di conoscere il mondo massonico e di entrare. Come ebbe a dire Ennio Battelli – un ex Gran
Maestro del Goi – in un’intervista rilasciata agli inizi degli anni Ottanta: «Chi si avvicina alla
Massoneria è in genere un amante della cultura; ora, in Italia, per secoli, la cultura è stata negata
alle classi più deboli» (Moramarco 1981, 45).
L'elemento dell'elevazione culturale è andato però crescendo nei decenni, a sancire graduali
modifiche nelle caratteristiche dei membri dell'Obbedienza:
C'è una gamma di presenze assolutamente diversificate rispetto a 50 anni fa; 50 anni fa quando io sono entrato in
loggia avevo 30 anni e lì ho trovato gente che ne aveva 70-80, cioè è gente che aveva un retroterra massonico, non
dico mazziniano-garibaldino, ma quasi [...]. Oggi il discorso è completamente diverso, al di là della elevazione del
taglio culturale medio, c'era molta gente perbene che magari aveva le scuole dell'avviamento professionale, che
aveva la quinta elementare. Questo non significava che non fossero delle persone di grandissima saggezza, e forse
proprio perché meno acculturati erano più saggi [Interv. 26, 70, Calabria].
Anche Kenney (2016, 33) riscontra un cambiamento nel livello di studio tra nuove e vecchie leve:
There was a good diversity of educational attainment shown among the data, with some emphasis on higher
achievement. […] Those whose highest educational attainment was high school or less tended to be either much
older individuals, those in rural areas, respondents with blue-collar occupations, or current/former members of the
military.
Questo ci porta a riflettere su come oggi, rispetto ad alcuni decenni fa, i fratelli abbiano un livello di
scolarizzazione tendenzialmente più alto, che però non sempre si lega allo svolgimento di una
professione di prestigio o ad una posizione sociale di particolare spicco, elementi invece
indispensabili in passato per l’ingresso in massoneria. Ne emerge un quadro di forte eterogeneità
interna, che è andata aumentando rispetto a decenni fa. Questo dato emerge anche dall’analisi di
Kenney (2016, 20): «The social background of initiates, when combined with ritual processes and
reflective activity, may well result in very different constructions of reality than in the past […],
perhaps even varying between generations». Secondo Kenney le logge sono diventate meno
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selettive in termini di classe sociale e questo sicuramente è sintomo di una graduale
democratizzazione nei confronti del reclutamento.
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Non posso offrire numeri esatti perché sono continuamente in corso nuove iniziazioni, assonnamenti o passaggi da
una loggia ad un’altra.
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alle tornate delle logge più piccole è dovuta ad una questione “orgnizzativa” poiché occorrono
almeno 7 fratelli per aprire i lavori, altrimenti la tornata deve essere rimandata. A volte si ovvia a
questo inconveniente invitando altri fratelli ad assistere ai lavori di loggia, in modo tale da
raggiungere il numero consono per poter avviare i lavori. È altrettanto vero che le logge molto
piccole di solito sono nate da pochi mesi o da pochi anni attraverso la cosiddetta gemmazione, che
avviene ogni qualvolta un gruppo di fratelli - della stessa loggia o di logge diverse - decide di
lasciare la propria loggia e di formarne un'altra. Sui motivi della gemmazione tornerò tra poco; qui
preme sottolinearne uno, ossia quello di voler creare una loggia che porti avanti un certo tipo di
lavoro che rispecchi in modo migliore le caratteristiche e gli interessi dei fratelli “separatisti”.
In questo senso la presenza ai lavori può essere più alta perché gli obiettivi sono stati decisi di
comune accordo da un piccolo gruppo di persone accomunate da interessi specifici. Del resto è vero
che nelle logge molto numerose si dà tendenzialmente meno nell'occhio se si è assenti, anche se
occorre giustificare la propria assenza. In merito a questo ho chiesto agli intervistati quali credano
possano essere le ragioni dell'assenteismo. Le risposte più ufficiali si legano ad impegni di lavoro e
a problemi di salute - soprattutto delle persone anziane, impossibilitate a frequentare. Altri
sottolineano come spesso gli assenteisti siano i demotivati della situazione, quelli che non hanno
bene inteso la valenza del cammino iniziatico e frequentano la loggia alla stregua di qualsiasi altro
club:
Come in tutte le Officine c'è anche un problema di presenze, che è in parte giustificato dal fatto che viviamo in
questo mondo d'oggi, e quindi con una serie di pressioni, attività, cose della vita profana che occupano tempo,
lavoro e quant'altro; due, determinato da quella che io chiamo vocazione al cammino, per qualcuno è un po' più
forte [Interv. 7, 55, Piemonte].
Siamo una ventina di fratelli, sulla carta, come si dice, poi i frequentanti è un altro discorso. [Li conosci tutti i
fratelli della tua loggia?] Non tutti, perché non tutti frequentano; come in tanti club, anche all'università i famosi
frequentanti poi sono sempre molti di meno, perché poi ci sono gli impegni familiari, il lavoro, poi naturalmente se
uno è interessato io penso che ci va lo stesso [Interv. 9, 42, Piemonte].
Ci sono delle assenze ormai abituali, un po' per lavoro... [...] però c'è uno zoccolo duro, lo individui in tutte le
logge, probabilmente, perché io l'ho visto in due/tre casi, per cui penso sia espandibile a tutte le logge del Regno,
individui uno zoccolo duro di persone che son sempre quelle, sono le più affiatate [Interv. 11, 40, Piemonte].
Presenza bassissima, ultimamente bassissima [...] sono assenti cronici, diciamo, alcuni nuovi ingressi e alcuni
invece che sono in massoneria da tanto tempo, da vent'anni, trent'anni. [...] chi è in massoneria da tanto secondo me
può avere un po' di assuefazione da questo e un'attrazione nei confronti dei Riti, quindi frequentano il Rito e non
frequentano in loggia. Chi è appena entrato invece subisce il cattivo esempio [...] uno che è appena entrato, non sa
bene cosa fa, si trova gente che non viene [...] non sai ancora dove sei finito, perdi un po' di interesse [Interv. 19, 48,
Piemonte].
Gli assenti sono i celebri assenti [...] il problema è che vanno un pochettino a far perdere importanza ai lavori e
quando a volte ci sono dei passaggi di carica, vengono elevati dei fratelli da Apprendista a Compagno, da
Compagno a Maestro, rendono anche la cerimonia un pochettino più magra... e la mia intenzione è quella di non
giustificare più, mi sono scocciato [lui è Maestro Venerabile della sua loggia] [Interv. 22, 36, Piemonte].
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Da notare come tutti i fratelli calabresi, a parte uno, abbiano risposto adducendo le motivazioni che
ho definito più ufficiali, mentre gli accenti critici sono emersi dalle interviste svolte in Piemonte.
Ciò può essere imputato al fatto che molti dei fratelli calabresi intervistati ricoprono cariche
all'interno del Goi a livello locale e regionale, per cui si suppone tendano a mantenere una certa
formalità nelle risposte.
In merito allo zoccolo duro delle presenze abituali, anche dalle interviste svolte da Kenney emerge
come vi siano membri più attivi (active lodge officers) e quelli che l’autore definisce “panchinari”
(benchers) (2016, 237): «A small group of seasoned brethren carrying most of the load, with the rest
on the sidelines or sitting at home. Twenty respondents complained that “10 percent of us do 90
percent of the work,” […] and that “it’s always the same people.”» (Kenney 2016, 163-164).
Per quello che riguarda, diciamo, il dialogo mi trovo molto bene nella mia loggia, c'è dialogo e c'è affiatamento
[Interv. 9, 42, Piemonte].
All'interno della tornata non c'è una lotta di dibattito, ma c'è una comunione di dibattito [...] tolleranza è avere di
fronte una persona che la pensa diversamente da te e comunque dire ''No va beh ma spiegamelo, cerco di ascoltarti
e cerco di capirti, cerchiamo un punto in comune'' [Interv. 11, 40, Piemonte].
Perché poi tra i fratelli si crea un legame forte, molto forte che va oltre le Colonne, che va oltre la frequentazione
alle tornate, all'appartenenza, è un qualche cosa che trascende [Interv. 20, 57, Piemonte].
Si creano anche legami molto forti per cui a volte è difficile andare via, però dopo qualche anno l'aspetto
dell'andare lì perché ci sono persone care è più forte del significato iniziatico [Interv. 17, 43, Piemonte].
Un fratello intervistato mi ha detto di aver avuto voglia di passare ad una Obbedienza mista perché
non concepisce l'esclusione delle donne dal Goi, però non ha ancora abbandonato il Goi perché si
sono creati legami molto forti nel tempo [Interv. 18, 50, Piemonte].
L’aspetto della costruzione di legami forti all’interno delle logge è messa in risalto anche da Kenney
che usa espressioni quali «brotherly acceptance», «belonging» (2016, 85), «bonding, social support,
trust, travelling and status associations» (2016, 220) e da Summers (2003) che utilizza il termine
«camaraderie», cameratismo alimentato dal processo di inclusione/esclusione insito nel concetto
stesso di fratellanza. Inoltre Kenney getta luce sul fatto che, oggi più che mai, sia importante
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costruire solidi legami interni alla loggia proprio perché ci sono sempre più persone che entrano
senza avere familiari né amici all’interno, quindi fondamentalmente privi di punti di appoggio: «Yet
not every new member already has family members in the Craft, nor are many – even most – of
their outside friends necessarily involved» (Kenney 2016, 131). Nel caso in cui i fratelli non hanno
legami di sangue all'interno dell'Obbedienza e nemmeno persone della propria cerchia di amicizie,
Kenney si chiede cosa risulti necessario fare affinché questi possano costruire legami forti così da
evitare di perdere interesse e lasciare l'Istituzione. A questa domanda 55 intervistati hanno risposto
circa l’importanza di avere una «good fellowship» per incrementare il coinvolgimento dei fratelli
nelle attività di loggia, sviluppando «[a] sense of belonging [and] camaraderie».
Questo aspetto dei legami forti verrà ripreso nella parte dedicata al potere del rituale e del segreto
nel sancire una separazione tra spazio interno alle logge e mondo esterno.
Per quanto riguarda invece la questione degli attriti e dei contrasti interni, dalle interviste risulta
come anche la massoneria sia fatta «da uomini con i loro pregi e i loro difetti», per cui spesso si
creano piccoli o grandi contrasti interni. Spesso gli attriti sono motivati da questioni legate alla
attribuzione delle cariche, soprattutto quella del Maestro Venerabile, la carica più elevata all'interno
della loggia:
Va beh si, anche nella nostra loggia capita, come in tante, qualcuno che ha delle idee un po' così c'è, ''No quello lì
non va bene, bisogna fare lui, no quello là'' [...]. Uno l'avrà intervistato stamattina [...] questo ha finito [il suo
Venerabilato] ed è proprio quando è stato eletto lui 3 anni fa che ci sono state un po' di discussioni, invece io sono
stato uno di quelli che l'ha sostenuto [...] adesso questa volta volevano che lo facessi io, ho detto no, c'è un altro
ragazzo che si era autocandidato [...] quei due o tre che si sono opposti, ma lasciate perdere, cosa ve ne frega,
l'avete già fatto voi, ma state tranquilli, venite qui, vi sedete, vi seguite il vostro lavoro, se vi va parlate sennò state
lì, magari dopo c'è anche lo spuntino [Interv. 21, 62, Piemonte].
Si possono anche rompere delle amicizie, entri amico ed esci nemico a volte anche per aggiudicarsi una poltrona,
una carica, qualcosa... punti di vista fortemente differenti su determinati, non argomenti trattati in loggia, ma
decisioni per fare andare avanti la loggia [...] si va anche un po' a bisticciare [Interv. 22, 36, Piemonte].
La persona che mi ha fatto entrare dopo un po' è diventata un mio nemico perché non aveva superato il livello di
invidia, di gelosia nei miei confronti, perché io mi stavo avviando a una carriera più rapida della sua, carriera tra
virgolette nel senso che poi diventi, che so, Primo Sorvegliante, Secondo Sorvegliante […] [Interv. 15, 60,
Piemonte].
Tutta la mia vicenda nasce perché di fatto il cosiddetto corvo, così fu appellato, cioè quello che poi di fatto fece
fuoriuscire la mia iscrizione con le foto eccetera, beh tutti gli elementi hanno un po’ lasciato presupporre che di
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fatto si trattava di un altro fratello, anche perché era a conoscenza di tutta una serie di, chiamiamole curiosità,
comunque di certezze che lasciava presupporre che poi di fatto era un fratello [Interv. 3_ex, 55].
In seguito a questa vicenda la sua loggia di appartenenza si è divisa. Secondo lui il cosiddetto
«corvo» era stato mosso principalmente da invidia perché «ero molto lanciato, probabilmente può
darsi che a qualcuno all’interno dell’Istituzione questa mia veloce carriera, sempre tra virgolette,
abbia un po’ dato fastidio»57.
I conflitti interni emersi dalla ricerca di Kenney sono anch’essi imputabili a motivi di invidie e
gelosie personali (nepotism, hypocrisy, two-facedness, backstabbing [pugnalare alle spalle],
insincerity, disaccordo sui candidati da eleggere per le varie cariche (disagreement over candidates)
e quindi risentimento verso chi si è conquistato una certa posizione a discapito di un altro (conflict
or resentment over who was in a particular position) (Kenney 2016, 173). Questi conflitti si legano
direttamente al mancato ricambio dei reggitori delle cariche (cliques running everything), che
abbiamo visto anche nel caso italiano. Inoltre Kenney cita «insensitivity to minority (e.g., Black,
gay)» che è presente anche nei casi da me esaminati, in maniera molto esplicita in uno, che
approfondirò meglio nella parte dedicata all’ingresso degli omosessuali nell’Obbedienza.
Alcuni si altri no, sia per motivi di età piuttosto che di simpatie [Interv. 6, 61, Piemonte].
Gente della mia età ce n'è ma non è tantissima [32 anni], frequento gente della mia età ma anche gente di 70 anni,
65 […] certo che con uno vado a ballare e con un altro vado a vedere un film magari, o a cena fuori [Interv. 10, 32,
Piemonte].
Risulta in modo interessante l'aspetto della differenza di valore tra amicizia e fratellanza per cui, in
linea generale, si tende a dare maggiore importanza alla seconda:
Ho fatto una crisi matrimoniale, dove non sapevo dove sbatter la testa; dici ''Ne parlo con l'amico'', no insomma,
ne ho parlato con un fratello [...] l'amico sa cosa faceva? Cercava di fottermi la moglie [Interv. 15, 60, Piemonte].
57
Ritengo opportuno precisare che l’ex membro del Goi intervistato sostiene di essersi messo in sonno per due
motivi: «uno è questo, la profonda convinzione che il corvo fosse all’interno […]. Il secondo motivo era una sorta di
orgoglio […] io devo uscire dalla giunta [comunale] perché? Dalle giunte si esce o se si è incapaci […] o perché hai
rubato; io non ero né questo né quello. […] Uno dei motivi per i quali uscii non era tanto un investimento sul futuro,
se lei è questo che voleva dire [si parlava già di una sua eventuale candidatura come sindaco]. Era più un voler
dimostrare in quel momento che io ero una persona perbene e non volevo darla vinta a chi invece voleva che andassi
fuori dalla giunta per dimostrare il suo teorema».
94
Penso che la fratellanza è un po' di più dell'amicizia, quindi se tu sei già fratello è scontato che sei in ogni caso
amico [Interv. 25, 44, Calabria].
Un altro intervistato mi dice apertamente che è raro che i fratelli si frequentino fuori dal tempio
perché «non siamo amici, siamo più che amici, ma anche peggio» [Interv. 17, 43, Piemonte].
Continua precisando che «mischiarsi fuori è pericoloso» perché si sovrappongono due piani (quello
della fratellanza e quello dell'amicizia) e si creano situazioni in cui la complicità può venire a
mancare. Per lui gli amici fuori sono altri, anche se ne ha pochi perché «alla fine le conversazioni
sono sempre le stesse». Ha avuto amicizie all'interno del Goi che poi si sono rotte e lui ha vissuto
quell'esperienza in modo molto doloroso, quindi sostiene che occorra tenere separati i due piani.
Indirettamente, anche da altre risposte emerge l'aspetto dell'amicizia come depotenziato rispetto a
quello della fratellanza e come, più precisamente, i due piani difficilmente vadano a sovrapporsi.
Molti intervistati, ad esempio, dicono di uscire con altri fratelli per mangiare una pizza e stare un
po' insieme, ma solitamente aggiungono «con le famiglie» e spesso per attività paramassoniche –
quindi attività già organizzate e inerenti la massoneria – andando un po' ad affievolire il senso della
vicinanza stretta e confidenziale tra fratelli fuori dal tempio:
Si si, adesso ad esempio, sabato e domenica facciamo un rituale che si svolge tutti gli anni ed è un'Agape estiva
dove ci si riunisce anche con le famiglie e si passano due giornate fuori [Interv. 12, 52, Piemonte].
Ci riuniamo per andare a cena con le mogli, per stare insieme, socializzare, andare in qualche vacanza, qualche
gita, qualcosa [Interv. 28, 65, Calabria].
Del resto alcuni dei fratelli evidenziano come chi si frequenti anche all'esterno fosse amico già
prima di diventare fratello:
Io non tanto, so che altri si frequentano all'esterno, sono amici con le compagne, mogli, si frequentano, però non è
tanto un'amicizia, se vogliamo, nata dalla loggia... era prima un'amicizia, poi son diventati anche fratelli [Interv. 19,
48, Piemonte].
Che poi a volte sono le amicizie prima che diventano massoniche dopo, cioè esco con te e tu non lo sei, ti dico
''Ho talmente piacere a stare con te e ti reputo idoneo, vuoi entrare con me in loggia?'' e ci si continua a frequentare
[Interv. 22, 36, Piemonte].
95
forse si ha timore di poter «rovinare» se trasposto nel contesto della profanità. Una fratellanza che,
come suggerisce il termine stesso, ha a che fare con qualcosa di profondamente familiare.
Come anche emerge dalla ricerca di Coggiola (1995, 107), la loggia viene presentata come una
«vera e propria famiglia: un gruppo di identificazione e di appoggio per la quasi totalità degli
appartenenti. Non sono pochi coloro che, nella propria scala di priorità, pongono la Massoneria solo
dopo la famiglia».
Un altro aspetto legato al sentimento di fratellanza è relativo al motivo del riconoscersi tra fratelli
che non si conoscono tra loro; questo può succedere fuori città o all’estero:
Io sono stato in Francia [...] ero via per lavoro [...] sono stato lì in questo hotel, un signore libanese mi chiama e
mi dice “Mon frère mon frère”, abbiamo parlato un attimino, siamo tutti e due fratelli... io ho un fratello lì, non era
un estraneo [Interv. 15, 60, Piemonte].
Sono andato l'altr'anno in Sicilia e ho telefonato a un mio amico che ho conosciuto in un viaggio negli Stati Uniti
[conosciuti in qualità di massoni][...] allora lui è arrivato, mi ha accompagnato in giro per la città [...] è anche un bel
modo per socializzare e poi ci si scambiano le impressioni e le idee, però tutto aiuta la crescita [Interv. 16, 55,
Piemonte].
Quindi una fratellanza che, se in senso più ristretto, contribuisce a creare legami forti tra alcuni
fratelli appartenenti alla stessa loggia, dall’altra, in un senso più universale, fa sì che i fratelli
possano riconoscersi subito anche se di fatto è la prima volta che si incontrano, perché in qualche
modo viene dato per scontato un substrato di interessi, esperienze e valori comuni. Questo è
favorito dalla ritualità massonica che è relativamente omogenea, seppure con le differenze dovute
alle tradizioni o alle varianti locali, e «che permette ai singoli di trovarsi a proprio agio non soltanto
nelle logge della medesima obbedienza, ma anche in contesti rituali diversi o addirittura stranieri,
nonostante le differenze, anche sensibili, di lingua» (Panaino 2006, 767).
Questo aspetto affiora anche dalla ricerca di Kenney (2016, 123):
Once you’re a Mason, you can go pretty well anywhere in the world, find another Mason, and they’re sort of
obligated, if you’re in need, to help you. Just to have that family unit all over the world as well is a big benefit I
think. It’s definitely an attraction for me.
When I’m travelling and meet a brother, I feel an automatic contact, an instant rapport much more often than with
others. Really, the worldwide fraternity is an asset. Having that ritual similarity across languages, cultures, and
religions is extremely comforting. I’ve got friends all over (Kenney 2016, 147).
L’elemento della fiducia tra fratelli è di fondamentale importanza per capire uno dei motivi di
attrattiva che l’Obbedienza esercita su molti di loro. Come ha bene espresso uno degli intervistati di
Kenney (2016, 223), «realize that the person has travelled the same path you have, and you can
identify with that».
96
Praticare più o meno lo stesso rituale nelle Obbedienze estere “amiche” fa sì che ogni fratello possa
partecipare ai lavori di una loggia in un'altra parte del mondo e sentirsi in un ambiente familiare.
Infatti, nonostante i fratelli parlino una diversa lingua, il linguaggio simbolico risulta il medesimo:
«The universality of the ritual brings people together. I went to Japan and felt comforted by the
familiarity of what was going on, even though I couldn’t speak the language» (Kenney 2016, 124).
Noi quand'è possibile cerchiamo di partecipare alle riunioni, soprattutto per quelle che da noi sono considerate
feste, le iniziazioni, i passaggi di grado, quindi quando è possibile andiamo da loro [in altre logge] e loro vengono
da noi [...] molto spesso alla fine della tornata rituale noi facciamo quella che si dice in termine tecnico nostro
l'Agape fraterna, e spesso andiamo a mangiare insieme fuori, andiamo a cenare [...] magari approfondiamo quello
che si è detto in loggia apertamente, tranquillamente, senza formalità, intorno ad una tavola [Interv. 25, 44,
Calabria].
Facciamo alcune volte le tornate congiunte [tra logge] [...]. Noi abbiamo una sala, c'è pure una cucina, però
siccome questa di Reggio Calabria non è una sede di proprietà come a Torino [...] siamo in affitto e non mettiamo in
funzione questa cucina. Alcune volte, i tavoli ci sono, portiamo dei rustici da consumare sennò consumiamo fuori
per avere una forma di aggregazione tra di noi [Interv. 28, 65, Calabria].
L'afflato, bisogna vedere come si vive l'istituzione [...] perché se si vive l'istituzione chiusi nel proprio ambito,
nella propria loggia, sto bene con i miei fratelli di loggia, faccio tutto all'interno della loggia, non mi interessa
niente degli altri fratelli, allora non sei un vero [massone]… perché la nostra istituzione è universale, essendo
universale dovrebbe abbracciare un pochino tutti [...] io l'afflato che ho col fratello della mia Officina è identico con
quello che c'ho con l'altro [...] il modo di stare bene insieme è con tutti perché sennò finisce quello spirito di
fratellanza che ci deve unire [Interv. 29, 55, Calabria].
Come prevedibile, ci sono anche quei fratelli che arrivano giusto in tempo per l'inizio dei lavori di
loggia e vanno via appena questi sono terminati:
Noi cerchiamo sempre di cenare in sede. [...] è ovvio che uno che viene così, quelle due volte al mese, solo e
sempre quella sera, entra in loggia e esce due ore dopo perché c'è la moglie che lo aspetta a casa e che gli batte
l'orologio, che tipo di rapporto può avere con gli altri? [Interv. 5, 42, Piemonte].
Un fratello, infine, sostiene che nelle realtà di provincia, a differenza di quanto avviene nelle grandi
città, è facile che le poche logge si riuniscano in sedi diverse e quindi non si creino grandi legami
tra fratelli di differenti logge. Questo è un po' in contro tendenza rispetto al pensiero comune che
97
porterebbe a pensare al piccolo centro come luogo in cui i pochi fratelli presenti si conoscono
meglio e stringono legami più stretti:
In un posto come Torino [...] col ristorante, com'è strutturata la sede, è facile che ci sia socialità anche fra
appartenenti a logge diverse; in provincia è già più difficile, tant'è che adesso questa sede qui l'abbiamo messa in
piedi da tre-quattro anni, prima avevamo un'altra sede [...] poi, dati i problemi tipo sfratti eccetera, siam rimasti
senza sede e abbiam chiesto di andare insieme alla Monviso [l’altra loggia]. Quello che volevo dire è che in
provincia quando capita che ci siano solo due o tre logge, abbiamo sedi diverse, per cui non c'è questo incontro,
quindi diventa più difficile [Interv. 19, 48, Piemonte].
Il Presidente del Collegio Piemonte-Valle d'Aosta conferma questa differenza tra logge di Torino e
logge delle province più piccole, che sono relativamente più autonome e separate tra loro, avendo
spesso ognuna un tempio in cui svolgere le proprie tornate. In più il Presidente aggiunge un
elemento di differenza regionale, sostenendo come lo scambio e l'incontro tra fratelli di diverse
logge che avviene a Torino, non è detto che accada nelle città di altre regioni. A questo proposito
cita l'esempio della Toscana, in cui il panorama delle logge risulta, a suo dire, pluricentrico. In
questi casi il contatto avviene più attraverso le attività culturali e solidaristiche messe in atto a
livello regionale.
Dalla ricerca di Kenney (2016, 168) emerge come, a differenza del caso italiano, non ci sia un
“prima” e un “dopo” i lavori di loggia e questo può essere uno dei motivi dell’aumento del
disinteresse e dei conseguenti precoci abbandoni:
Unlike Europe, we’ve moved over time from an educational mentoring model to a business model with self-
directed study. There’s nothing in lodge other than the regular business. There’s nothing before or after the meeting,
you are not talking about your ritual, or principles, or anything else. […] I can see why people leave.
Del resto alcuni intervistati hanno espresso il bisogno di andare oltre i lavori tradizionali di loggia,
verso «a more engaging, participatory model in comfortable, informal environments […] to
encourage more relaxed, informal discussions». Kenney (2016, 193), a proposito, cita il caso di
sette musicisti che si incontrano settimanalmente per suonare e bere insieme, «and vigorously
discuss Masonic matters in a way that they felt “balances out the boring, unbalanced lodge
meeting”».
98
3.5 Il mutuo soccorso e l’attività filantropica
Il sentimento di fratellanza si manifesta anche grazie all’aspetto del mutuo soccorso interno, attivato
attraverso due canali principali: la figura dell’Ospedaliere e il tronco della vedova. Il primo,
secondo il Regolamento dell’Ordine, è una figura che «reca conforto ai Fratelli ammalati delle cui
condizioni informa prontamente il Maestro Venerabile affinché sia possibile offrire loro l’assistenza
necessaria»58. Il tronco della vedova, invece, è un sacco che passa tra i fratelli ad ogni tornata di
loggia e nel quale ciascuno può mettere dei soldi che poi verranno gestiti dalla loggia stessa. Dalle
interviste sono emersi pareri contrastanti in merito alla funzione di questo sacco. Qualcuno,
certamente, ne riconosce l’utilità in termini di aiuto ai fratelli che ne hanno bisogno:
Si si decisamente, almeno nella nostra loggia è sentitissimo […]. No non sei costretto [a mettere dei soldi nel
sacco], per quanto mi riguarda sai anche per quale fine è, o almeno sai a chi è destinato, quindi lo fai più che
volentieri [Interv. 13, 37, Piemonte].
Quindi nel tronco della vedova ogni sera, come si fa in una chiesa, tutti mettono un obolo, chi ce li ha, anzi da noi
c'è una cosa bellissima, mentre in chiesa nel cestino delle offerte si mette solo, da noi c'è anche l'idea che potresti
pure prendere. [Qualcuno prende?] Eh no, penso di no, si si no non si prende mai. [Quei soldi vengono usati anche
per soccorso interno?] Si si si, è previsto anche [Interv. 25, 44, Calabria].
D’altra parte alcuni fratelli sostengono che i soldi del tronco della vedova vengano usati per lo più
per opere di beneficenza e non per l’aiuto ai fratelli in difficoltà:
Il tronco della vedova è sentito ma non serve per aiutare i fratelli, se perdono il lavoro affari loro. I soldi della
vedova sono gestiti dal Maestro Venerabile per opere di beneficenza in generale, gran parte vanno agli Asili
Notturni [Interv. 17, 43, Piemonte].
Il tronco della vedova viene gestito a seconda della loggia, nella mia viene usato per la beneficenza, per opere di
solidarietà [Interv. 18, 50, Piemonte].
Per quanto riguarda la figura dell’Ospedaliere, dobbiamo specificare che nelle logge operative
esistevano due figure che non svolgevano il lavoro di muratore, ed erano il prete cappellano e il
medico ospedaliere che aveva più o meno la funzione citata nel regolamento sopra riportato. Questa
figura oggi è ricoperta da un fratello massone e si è mantenuta a livello simbolico più che pratico
fino al 2008, anno in cui il Goi decide di imitare il modello della Grande loge de France ed istituire
una commissione specifica di figure assimilabili a quella dell’Ospedaliere. Nel caso francese esiste
la possibilità di appartenenza a più logge, per cui esistono intere logge di Ospedalieri che cercano di
intercettare i bisogni dei fratelli dislocati nelle altre logge. Questo non è possibile in Italia; dopo
l’affare P2, infatti, vi è il divieto di appartenenza contemporanea a più logge, quindi è subentrata la
58
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. 67.
99
necessità di costituire una Commissione vera e propria, inizialmente solo per il Collegio
Piemonte/Valle d’Aosta. Esiste un Presidente di Commissione e in ogni loggia è presente un fratello
che assume la funzione di Ospedaliere. I problemi che possono essere presi in carico dalla
Commissione sono di quattro tipi: economico/lavorativi; di salute; immobiliari (ricerca,
compravendita di immobili); di assistenza legale. Un intervistato mi ha detto che qualora un fratello
avesse uno dei problemi sopra esposti, può comunicarlo all’Ospedaliere della sua loggia o al
Maestro Venerabile che a sua volta lo comunicherà all’Ospedaliere. Dopodiché viene chiesto al
Presidente della Commissione di scrivere al fratello Ospedaliere di ogni loggia del territorio, il
quale poi girerà la comunicazione ad ogni fratello. Rimane il fatto che per qualcuno questa
Commissione non riveste una grande importanza:
In 7/8 anni di attività si sono risolti solo problemi medici… di lavoro non se ne parla, che con la crisi che c’è… le
questioni immobiliari uno se le risolve da solo [Interv. 5, 42, Piemonte].
All'interno dell'Obbedienza esistono gli Ospitalieri, dove appunto ognuno di noi ha una professione, chi fa il
medico, chi fa l'oculista, il dentista, il ginecologo, l'avvocato, il costruttore, il muratore, l'idraulico... e quindi se tu
hai bisogno di qualcuno, di qualcosa, prima di rivolgerti ad un altro fai lavorare un fratello, mi sembra anche
corretto, sicuramente ti farà un lavoro adeguato, fatto bene, magari un occhio di riguardo, ma non è che devi avere
la pretesa che siccome questo è un fratello vai lì e non devi riconoscergli la sua parcella o il suo dovuto dal punto di
vista professionale; sarà poi lui a decidere di dirti ''ma no guarda non fa niente, non voglio niente'' […]. Però
comunque puoi prevedere di andare a di avere questo tessuto di fratelli che possono agevolarti nel visitarti, magari
[Interv. 20, 57, Piemonte].
Ci sono i fratelli Ospitalieri, c'è una parte del Collegio che si occupa di problematiche di questo tipo, una parte di
quello che raccogliamo lo lasciamo da parte per fare in modo che se qualche fratello ha bisogno, [...] veniamo
incontro con quei soldi [...] e questo qui lo facciamo in maniera assolutamente riservata [...] perché se un fratello ha
bisogno potrebbe pure vergognarsi di dirlo, allora noi cosa facciamo? Quel fratello lo dice riservatamente al
Venerabile e il Venerabile, senza fare nome e cognome, parla con la commissione ospitaliera [Interv. 25, 44,
Calabria].
L'aspetto del mutuo soccorso sembra essere molto importante anche nel contesto nordamericano.
Come sostiene la figlia di un massone intervistata da Kenney (2016, 136): «My father is a Mason,
and the organization has really helped him and our family. We always used to have the security
blanket that, if something happened, where the one of us was ill, they would look after us if
something happened».
Inoltre, come ho accennato in precedenza, l’aspetto del mutuo soccorso è stato inserito da Kenney
(2016, 56) tra i motivi che spingono i fratelli ad entrare in massoneria: «Five [respondents] pointed
to how the lodge could provide a valuable source of social and financial support in hard times».
Questo tipo di assicurazione, non a caso, pare sia stata una delle attrazioni maggiori verso
100
l’Obbedienza e altri tipi di «fraternal organizations» prima dello sviluppo del welfare state (Beito
2000).
Poi non le nego che se io ho bisogno di un favore e ho mio fratello [di massoneria] che fa il medico [...] questo mi
aiuta, certamente, come farei io con qualsiasi altra persona [...] se domattina un estraneo o chiunque mi viene a dire
“guarda ho questo problema” io l'aiuto, per cui non cambia nulla [Interv. 15, 60, Piemonte].
C'è stata l'alluvione [...] la prima domanda che ci dobbiamo fare è: nella zona alluvionata c'era una loggia? Questa
loggia ha subito dei danni? Dei fratelli che appartenevano a questa loggia in questo posto alluvionato c'è qualcuno
che ha perso l'attività, che non ha più casa? Allora nostro dovere di fratelli prima è pensare a sostenere i nostri
fratelli, poi comunque anche per il resto [Interv. 20, 57, Piemonte].
Eh a un certo punto viene il fratello che ha un problema, lo accolgo e sento le sue problematiche; viene il cliente
che non è fratello, lo sento con lo stesso impegno e con la stessa disponibilità con cui sento l'altro, poi magari al
fratello mi va di dire ''Non ti preoccupare'' e mi manda il cadeau a Natale [Interv. 26, 70, Calabria].
Io sapevo di due ragazzi il cui papà morto era un massone, i fratelli si sono occupati dell'istruzione dei figli fino
all'università, questa è una bella cosa; certo lo faccio col figlio di un fratello, non posso farlo coi figli di tutti [...]
non sono la Banca d'Italia [Interv. 22, 36, Piemonte].
La solidarietà interna va di pari passo con la solidarietà esterna, per noi è indifferente se un aiuto ce lo chiede un
profano o un fratello, è assolutamente indifferente, spesso anche questo viene travisato, cioè si pensa che questa
istituzione abbia una corsia preferenziale [...] questo è uno dei pregiudizi da sfatare [Interv. 30, 57, Calabria].
L’idea che mi sono fatta è che l’aiuto per i fratelli in difficoltà abbia la precedenza e che l’aspetto
del mutuo soccorso interno, benché non emerga molto dalle interviste, costituisca uno dei motivi
per cui molti fratelli hanno deciso di fare il proprio ingresso. Se un tempo l'aspetto del mutuo
soccorso poteva dare rassicurazioni circa l’accudimento della famiglia del fratello qualora questo
fosse andato incontro ad una brutta sorte come un grave incidente o un prematuro decesso, adesso
questo soccorso interno potrebbe andare a sanare situazioni come, ad esempio, la perdita del lavoro
da parte del fratello. Questi aspetti appaiono per altro del tutto congruenti con lo stesso concetto di
fratellanza.
59
Ivi, p. XII-XIII.
101
Certo la mia impressione, in precedenza accennata, è che il mutuo soccorso operato in termini
ufficiali non sia uno dei motivi che spinge all'ingresso, principalmente perché la stragrande
maggioranza dei massoni non ha problemi economici quando viene iniziata. Inoltre, il solo pensiero
di poter ricevere “assistenza economica” da parte di altri fratelli e logge dell'Obbedienza, può essere
vissuto in maniera umiliante dalla gran parte dei membri, per i quali il sentimento aristocratico
legato all'elitarismo, come vedremo, si rivela molto importante. Il mutuo soccorso interno, quindi,
può essere uno stimolo per l'ingresso se teniamo conto del suo significato meno ufficiale, ossia della
dinamica dei piccoli favori di varia natura che una rete di fratelli massoni può mettere in atto.
Io vorrei puntualizzare che lo scopo della massoneria, della libera muratoria non è la filantropia! Perché molto
spesso si confonde! Lo scopo della libera muratoria è lo scopo unico [enfasi su “unico”], primario, è il
perfezionamento interiore. [...] perché sennò sembra che noi siamo una specie di Caritas laica... non abbiamo niente
a che fare! Il nostro scopo è la formazione interiore dell'uomo... è ovvio e scontato che questo comporta un
atteggiamento di apertura nei confronti dei nostri simili [Interv. Bonvecchio, GO].
Interessante notare come, sin dalle origini della massoneria cosiddetta speculativa, diverse anime
abbiano popolato l’universo libero muratorio. Già agli inizi del Settecento, in riferimento
all’Inghilterra dove va formandosi la Grande Loggia di Londra, Francovich (1974, 19) scrive come
nell’ambito di quella massoneria dal carattere filantropico con implicazioni notevoli di carattere
politico e sociale, continuassero a popolare le logge gruppi di occultisti e alchimisti.
Nonostante alcuni degli intervistati pongano l’accento sulla necessità di trovare un equilibrio tra
l’aspetto iniziatico e quello filantropico – «A noi ce lo ricorda il pavimento a scacchi in loggia che è
giusto mantenere sempre l'equilibrio fra gli opposti; noi massoni dobbiamo camminare esattamente
al centro delle due mattonelle, la bianca e la nera, quindi è chiaro che ci vuole meditazione, ci vuole
studio filosofico, è chiaro pure che ci vuole operatività esterna» [Interv. 25, 44, Calabria] –, molti
utilizzano accenti particolarmente critici, sottolineando come la filantropia sia un aspetto utile ma
assolutamente non necessario all’interno di una Obbedienza che dovrebbe curare maggiormente un
discorso di tipo iniziatico.
Bonvecchio (2007, 86) afferma come all’interno della libera muratoria molti fratelli possano
maturare una sorta di senso di colpa «derivato dal non avere una adeguata audience sociale», il
102
quale senso di colpa si concretizza nel perseguire attività di tipo volontaristico, quelle stesse attività
apprezzate e valutate positivamente dalla più ampia società. Ma questo tipo di attività – prosegue il
Grande Oratore – è estraneo alla tradizione libero muratoria perché «non produce, automaticamente,
il conseguimento di uno status esoterico e tanto meno la consapevolezza interiore della propria
lenta, alchemica, trasformazione». L’aspetto volontaristico produce piuttosto la tendenza ad
assimilarsi a club services quali il Rotary, il Lions, il Kiwanis o ad associazioni volontarie di
carattere sia laico che religioso: «Ne consegue che al fine di sopravvivere e di ottenere una qualche
credibilità sociale, molti gruppi iniziatici – compresa la Libera Muratoria – e molti individui che ne
fanno parte convertono la pratica esoterica in un atteggiamento genericamente e banalmente
umanitario o filantropico» (Bonvecchio 2007, 234-235).
Bonvecchio, durante l'intervista, ha parlato di due componenti principali in merito alla libera
muratoria italiana, una positivista e una spiritualista:
C'è stato un tentativo, soprattutto nella massoneria positivista, che è quella risorgimentale della seconda metà
dell'Ottocento, di ridurre al massimo il rituale […]. È stato dopo, o anche parallelamente ma in misura minore,
soprattutto in Italia, in misura maggiore in Francia che c'è stata tutta la componente, chiamiamola spiritualista...
perché la massoneria è divisa in due grandi componenti e lo è tutt'ora, una positivista e una spiritualista. La
componente spiritualista cerca in qualche modo di aumentare l'aspetto rituale, l'aspetto misterico, come dire, più
vicino alla tradizione ermetica in senso lato... se vuole anche delle scienze occulte, ma non in senso banale, non in
scienze superstiziose ma in un senso più elevato [Interv. Bonvecchio, GO].
Emergono quindi due anime principali all’interno delle logge, una positivista – che io definisco
filantropica – e una iniziatica, che possono confondersi all’interno della stessa loggia oppure essere
preponderanti a seconda dei casi:
Secondo me l'anima che prevale è quella esoterica, da cosa ne so io, delle due nostre logge qui [ad Asti] è così
[Interv. 21, 62, Piemonte].
La nostra [loggia] è filantropica, siamo basati sull'amore reciproco che abbiamo tra di noi [...] se non c'è il
filantropico… è un nostro principio, un nostro modo di essere, quello dell'amore reciproco che dobbiamo avere tra
di noi. Siamo omogenei [tra logge di Reggio], su questo siamo omogenei [Interv. 28, 65, Calabria].
C'è una grossa fetta della nostra massoneria, Rosso [Gran Maestro Aggiunto] ad esempio è uno di questi, la quale
ritiene che il nostro dev'essere un lavoro teso il più possibile verso l'esterno... io non sono di quest'idea. [...] Ci sono
due anime, ma ci sono sempre state due anime all'interno della massoneria. C'è quella tesa verso l'esterno, verso il
sociale, verso il civile, verso la solidarietà e chi invece, come me, ritiene che tutto ciò sia un eventuale inutile
accessorio perché il nostro dev'essere, secondo me, un lavoro squisitamente interiore ed esoterico [...]. Questa è la
prima cosa, secondo me anche l'unica, che ci identifica e non ci fa essere il Lions piuttosto che il Rotary o
qualcos'altro. In ogni loggia [queste due anime] sono contenute entrambe [Interv. 6, 61, Piemonte].
Secondo me è anche buono che ci sia una parte che si occupi di certe strutture [...] ben venga che ci siano,
secondo me, gli Asili Notturni; c'è chi invece pensa che non è portato per fare un certo tipo di volontariato [...] c'è
chi è più portato, invece, a fare il filosofo [...] io personalmente il volontario lo faccio altrove e quindi in
massoneria faccio più il filosofo [Interv. 14, 50, Piemonte].
103
C'è sicuramente un'anima più dedita al sociale, all'impegno del sociale, del solidarismo; c'è certamente un'anima
più storica e c'è sicuramente un'anima più esoterico-iniziatica, per cui queste tre anime convivono all'interno di
un'istituzione massonica che ha perso un po' il suo carattere iniziatico anche se lo scrive nei suoi regolamenti. Nel
momento in cui l'organizzazione massonica tornasse ad essere effettivamente una organizzazione iniziatica, le
anime diverse non esisterebbero più [...] è facile che ci siano delle logge che hanno più una presenza forte di
un'anima [...] se hai proposto magari inevitabilmente proponi a chi riconosci come massone; se per te la massoneria
è quell'aspetto lì, troverai quell'aspetto in quella persona e lo porti dentro [Interv. 7, 55, Piemonte].
Tra spiritualisti e positivisti penso fossero già divisi loggia per loggia… infatti io trovavo molta differenza a
parlare tra me e uno di un’altra loggia, delle volte. Io ho avuto la fortuna di entrare in una loggia dove c’era gente
che spiritualmente era preparata forte, e ancora c’ho dei contatti io con queste persone [Interv. 1_ex, 65].
Spesso le critiche nei confronti dell’attenzione eccessiva all’aspetto filantropico si legano al motivo
del voler dare una buona immagine di sé, così da togliere un’impronta negativa che si è fissata negli
anni. Oppure si ritiene che il motivo che porta ad occuparsi in modo preponderante di filantropia sia
quello di voler accrescere «il buon nome» dei massoni «scoperti», cioè di quelli che, soprattutto a
causa delle alte cariche possedute all’interno dell’Obbedienza, hanno reso pubbliche le loro identità:
Chi lo fa lo fa per lavarsi la coscienza e dare una buona immagine di sé [Interv. 5, 42, Piemonte].
È ovvio che se da una parte leggi che siamo una cricca di affaristi, qualcuno dice satanisti, eccetera, come ti
difendi? Ti difendi andando fuori e dicendo ''Ma sai che c'è? Tra i massoni c'è stato questo, questo e questo... i
grandi musicisti... la massoneria cosa fa? Fa solidarietà!'' [Interv. 7, 55, Piemonte].
È chiaro che quei massoni che sono noti, nel senso che sono scoperti, c’è chi li conosce e quindi il loro buon
nome aumenta per le buone opere che fanno [Interv. 2_ex, 71].
[La massoneria] deve mettere a disposizione le proprie fortune per i meno fortunati [...] per darsi un po' di alone
che siamo della gente buona, che siamo apposto, magari qualcuno lo usa per lavarsi la coscienza perché poi coi
fratelli massoni organizza dei business loschi [Interv. 22, 36, Piemonte].
Moltissimi fratelli comunque fanno parte anche del Lions o del Rotary, dove il Lions è quasi un circolo di
business, il Rotary è un'emanazione nostra... dove l'opera di filantropia è uno dei cardini fondamentali [...] si
portano anche all'interno, secondo me sbagliando, della nostra istituzione [...]. Va misurata [la filantropia], non è
che siamo qui per fare solo quello anche perché poi alla fine, tornando al discorso dei gradi, dell'arrivare prima, chi
si spende spesso si mostra, e allora magari ha dei ritorni, ahimè, profani [Interv. 20, 57, Piemonte].
Del resto non bisogna sottovalutare l’importanza del tessuto associativo del Goi. Fulvio Conti
(2007, 88) parla delle forme associative che si svilupparono nei centri urbani dalla seconda metà
dell’Ottocento e «furono una componente essenziale di quel boom dell’associazionismo popolare e
104
borghese che caratterizzò il periodo […]. Per queste vie l’universo culturale massonico penetrò
nella società civile ed esercitò un’influenza molto superiore a quella cui si potrebbe pensare
guardando al numero, peraltro poi non così esiguo, di logge e di affiliati». Durante l’intervista da
me svolta, in merito all’eventuale ruolo politico che oggi può ricoprire la massoneria a livello
locale, Conti ha parlato di un ruolo esiguo citando però le strutture associative che certamente
consentono ai liberi muratori di tenere contatti diretti con varie realtà del territorio, sfera politica
compresa.
In conclusione trovo molto calzante il commento di uno degli intervistati che tiene a precisare come
molti fratelli credano che l’essere operativi significhi dedicarsi alla filantropia senza aver compreso
che “edificare un tempio”, in termini simbolici, ha in realtà un altro significato:
E ancora confondiamo l'essere speculativi dall'essere operativi, allora molti fratelli confondono l'essere operativi
col fare della beneficenza. [...] Siccome noi non siamo più quelli che lavoravano con il martello, lo scalpello reali...
non è vero, noi siamo quella cosa lì, siamo operativi, ma dove? Lei dove lo costruisce il suo tempio? Dentro di sé!
Però siamo operativi, la speculazione non esiste, lo speculativo non esiste, è un'invenzione [Interv. 15, 60,
Piemonte].
Interessante rilevare come anche nella tesi di Coggiola (1995, 78-79) emergano queste due anime
allorché l'autrice parla di una sensibilità, particolarmente spiccata nei giovani massoni, verso un tipo
di lavoro filantropico e solidaristico. Questa sensibilità viene criticata da quelli che lei definisce
«vecchi massoni», per i quali i fratelli più giovani non hanno ancora compreso che la vera essenza
della massoneria consiste nell'operare al fine del miglioramento dell'uomo, affinché questo
miglioramento possa avere benefici effetti sociali, ma solo in qualità di esempio. Il massone, in
questo senso, può dedicarsi alla filantropia come singolo individuo, ma altrettanto non può e non
deve fare l'Istituzione in quanto tale.
Dalla ricerca di Kenney non emerge questo aspetto delle diverse anime all’interno delle logge, però
altrove si è sostenuto come, soprattutto negli Stati Uniti, la massoneria fosse un tempo più
incentrata sulle questioni iniziatiche per poi virare verso un maggior impegno e interesse per le
attività filantropiche: «By the mid-twentieth century, with the development of big government, bis
business, and big labour, plus the popularity of “service clubs” such as Rotary and Kiwanis,
Freemasonry, particularly in the United States, had shifted from a fraternity primarily emphasizing
ritual and self-improvement to a highly organized, institutionalized, even bureaucratic group
focused on supporting or coordinating various Masonic philanthropies» (Tabbert 2007).
105
3.6 Sul funzionamento dei lavori di loggia
Per quanto riguarda le tornate rituali, è bene dire che in linea generale queste si suddividono in tre
parti: una iniziale e una conclusiva che sono rituali e una centrale dedicata - almeno nei casi da me
esaminati - alla discussione di alcuni temi, il cui termine tecnico è tavole di discussione.
Mentre la discussione di un argomento è discrezionale, la parte tradizionale rituale rimane
imprescindibile:
L’intento fondamentale delle tornate di Loggia è l’esercizio della ritualità massonica che consiste essenzialmente
nei punti seguenti: 1. Apertura dei Lavori – 2. Iniziazioni o passaggi di grado […] – 3. Istruzione simbolica – 4.
Proposte per il bene della Loggia – 5. Chiusura dei lavori (Moramarco 1981, 78-79).
L’aspetto rituale, quindi, risulta fondamentale come tecnica di elevazione personale e anche di
gruppo. Per questo Moramarco sostiene che se una loggia abolisse tutte le altre pratiche e
conservasse solo i momenti rituali, resterebbe regolare: «Se invece riducesse arbitrariamente il
rituale e moltiplicasse gli interessi culturali, civili, sociali, cesserebbe automaticamente di essere
Loggia e sarebbe passibile di “demolizione”» (Moramarco 1981, 80).
Detto questo, volevo conoscere qualcosa in più rispetto alla parte centrale dei lavori che, nella
massoneria operativa, doveva coincidere con il lavoro manuale. Uno degli intervistati, infatti, mi ha
detto che questa parte centrale non è né tradizionale né iniziatica, tanto che, secondo lui, se ne
potrebbe tranquillamente fare a meno:
Lei incide su una vexata questio […]. C'è un'apertura e una chiusura dei lavori e una parte centrale che
storicamente si è persa... non si sa come impiegare il tempo in questa parte centrale, nel senso che o ti occupi di una
iniziazione, di un passaggio di grado come diceva lei, oppure in realtà non c'è un che fare in questo... il popolo
mediterraneo ha riempito questo “che fare” con, ad esempio, un argomento di discussione, però questo non è
iniziatico e non è tradizionale, è un modo che abbiamo noi per trascorrere il tempo... si potesse non farlo sarebbe
l'ideale [Interv. 6, 61, Piemonte].
Ho chiesto quindi ai fratelli di raccontarmi come viene gestita la presentazione del tema da trattare e
come viene svolta la discussione successiva. Al di là di alcuni piccoli inconvenienti come fratelli
che guardano il cellulare o si distraggono facilmente, o alcuni rischi cui si può andare incontro, il
principale dei quali il “rischio conferenza” - «Il rischio, soprattutto nelle logge grandi è proprio il
rischio conferenza [...] che uno viene lì a farsi bello, a fare la conferenza e gli altri lo ascoltano,
dicono quattro balle e... a cosa è servito? A niente» [Interv. 5, 42, Piemonte] - normalmente dalle
interviste viene fuori un’immagine della tornata dove sussiste ordine, rigore rituale, tolleranza.
L’ordine è strettamente legato al rispetto della ritualità, per cui anche il dibattito stesso sulla tavola
di discussione segue determinate regole:
Non si sovrappongono mai gli interventi, quindi si chiede il permesso di parlare, si saluta in un certo modo il
106
Maestro Venerabile, si prende la parola, si finisce di parlare e ci si siede. C'è un diritto di replica, però mai a cavallo
della risposta dell'altro [...] questo per rispetto verso gli altri […] [Interv. 12, 52, Piemonte].
Ovviamente parli con delle forme rituali [...] chiedi la parola [...] poi c'è tutta una postura, un certo modo che
serve anche, diciamo, per educare [Interv. 14, 50, Piemonte].
Nel Regolamento dell'Ordine60 si legge come «ai fini della necessaria concisione ogni Fratello non
può, di regola, prendere la parola più di due volte sul medesimo argomento; non può parlare per più
di cinque minuti. Tale norma non riguarda l'Oratore e l'eventuale relatore» ed inoltre il Maestro
Venerabile «può richiamare all'ordine un fratello e togliergli la parola quando ritenga che il suo
discorso non sia ispirato al doveroso senso di tolleranza, fraternità ed amore, possa turbare
l'armonia tra i Fratelli o non sia confacente con l'argomento trattato. L'Oratore può correggere quei
Fratelli che divaghino in osservazioni contrastanti con le disposizioni della Costituzione e del
Regolamento dell'Ordine».
In merito all’educazione, anche il silenzio dell’Apprendista è reputato come istruttivo da un punto
di vista iniziatico «giacché, come in tutte le società esoteriche, si tratta di apprendere un linguaggio
nuovo, dopo che il neofita è stato ricostituito attraverso l’iniziazione come un uomo nuovo»
(Panaino 2006, 761).
Anche Kenney (2016, 18) parla nei termini di “appropriata etichetta” e del parlarsi l’uno con l’altro
in “modo positivo”:
One thing I have often noticed, for example, is the profound sense not only that one should adhere to the
appropriate etiquette, titles, and forms of address in lodge, but almost that there is an expressive norm requiring that
members speak to one another in a positive way (e.g., welcoming visitors; being positive, welcoming, and
supportive of each other […]).
Inoltre l’autore, tra i predisponding factors che motiverebbero le persone ad entrare in massoneria,
inserisce la ricerca di qualcosa che abbia a che fare con «order, structure, and propriety», una sorta
di «sanctuary» in «a world of uncertainties» dove le persone possano rigenerarsi (Kenney 2016, 44).
Vediamo come qui affiori nuovamente il tema del mondo dentro la loggia contrapposto al mondo
fuori, sul quale torneremo nel quinto capitolo.
Oltre all’ordine e al rigore rituale, ho citato il concetto di tolleranza, che riguarda soprattutto
l’assenza di (pre)giudizio tra fratelli:
Però la cosa che mi è piaciuta è, come ti dicevo, uno non viene mai giudicato, in nulla [Interv. 10, 32, Piemonte].
È fatto tutto in maniera molto molto costruttiva e non c'è alcun tipo di pregiudizio, che è una cosa bellissima [...]
tutto è incentrato sul confrontarsi e questa è una cosa bellissima [...] e non vieni mai giudicato [Interv. 13, 37,
Piemonte].
60
Ivi, p. 72.
107
Quando parla un fratello [...] non possiamo dire “Io non sono d'accordo con quello che hai detto” perché
ovviamente ognuno dal discorso del fratello deve prendere quello che lo può elevare culturalmente e spiritualmente
[Interv. 25, 44, Calabria].
Un altro elemento che viene fuori è come, soprattutto da parte degli Apprendisti, ci sia una sorta di
sentimento di stima nei confronti di alcuni dei fratelli più anziani che si lega, in termini costruttivi,
al motivo del non sentirsi all’altezza e anche dell’ansia da prestazione:
Mi ricordo queste serate dove tra 10-12 fratelli di più logge [fuori dal tempio] si parlava, si discuteva anche
sovrapponendosi nei discorsi, in toni più accesi, e io non avevo nessun problema a dire quello che pensavo... in
loggia, nello stesso periodo, quindi ancora in fase di crescita, io non spiccicavo parola [...] hai più remore, sei più
tenuto [Interv. 11, 40, Piemonte].
Sentir parlare dei personaggi che sono in loggia è veramente, è incredibile... hanno un lessico e una facilità di
linguaggio che… spero un giorno di arrivare a tanto ma sarà un po' difficile [Interv. 12, 52, Piemonte].
In riferimento, nello specifico, a una tornata del Rito Scozzese Antico ed Accettato, un fratello dice:
Nel Rito Scozzese abbiamo tutti l'ansia da prestazione di dimostrare che siamo tutti bravissimi. Io lo giuro, i
primi tempi mi venivano gli attacchi di panico, ma te lo giuro, non è una battuta, mi venivano gli attacchi di panico
perché quando si alzava il fratello e iniziava a decantare in aramaico antico, e tu cercavi di comprendere qualche
cosa ma non avevi gli strumenti, a me non potevano che venire gli attacchi di panico [Interv. 14, 50, Piemonte].
Il motivo dell’ansia da prestazione viene rilevato anche da Kenney (2016, 20), in riferimento
soprattutto all’apprendimento delle parti rituali:
[…] Masonic initiates are required to memorize, in succession, several portions of the ritual, and be tested on
them in open lodge before they can be accepted as full members of the Craft. This means that initiates who want to
proceed inevitably feel a certain amount of social pressure […] as well as put pressure on themselves so as not to
later look foolish before the group.
Sempre in riferimento al momento in cui i fratelli dovranno parlare di fronte al gruppo di loggia (o
recitare parti del rituale a memoria), Kenney (2016, 93) usa espressioni quali «performance
anxiety» e «stage fright».
Noi non facciamo così [non ci prepariamo la tavola di discussione prima della tornata], noi si va a braccio [...]
sono i dignitari dell'Officina che normalmente decidono [i temi da discutere]; noi invece li decidiamo un po'
assieme gli argomenti... lo facciamo di sei mesi in sei mesi, noi! Qualcuno lo farà come noi, qualcuno lo farà in
108
maniera differente [...] essendoci al nostro interno persone di diversa estrazione, ma soprattutto, come dicevo prima,
anche giovani smart, usiamo tanti supporti; quindi può essere il film, può essere la canzone, può essere il
videogioco [Interv. 14, 50, Piemonte].
[Durante le tornate] facciamo intervenire anche gli Apprendisti in via eccezionale [gli Apprendisti non hanno
diritto di parola]. Per tacitare le anime interne faccio toglier via la squadra e il compasso da sopra, e toglier la
Bibbia, ma solo per tacitare le anime interne [Interv. 15, 60, Piemonte].
Un altro intervistato mi ha detto di essere entrato inizialmente all’interno di una loggia in cui non
stava bene per motivi che non ha voluto approfondire; dopodiché è entrato in un’altra loggia dove
«mi hanno tirato dentro, ma era una loggia più per le cene, per lo scazzo», quindi infine ha fatto il
suo ingresso nella sua loggia attuale che è «ordinata, rigorosa e dentro ci sono le varie anime, il
razionale, il filosofo, il filantropo, l’esoterista, quindi c’è una sorta di equilibrio e poi viene curato
molto l’aspetto esoterico» [Interv. 17, 43, Piemonte]. Il noto psichiatra ed ex massone Alberto
Meluzzi (Pinotti 2007, 219), quando gli viene chiesto se la massoneria possa essere considerata una
buona scuola di comunicazione, risponde sottolineando la diversità di ogni loggia:
Secondo me si, ma dipende molto dalla loggia in cui ci si ritrova a stare. Se c’è una loggia che è fatta di trenta-
quaranta massoni intelligenti, sensibili, che studiano, che si impegnano anche nel trasferirsi delle informazioni utili
per sé e per gli altri, allora la loggia può diventare un’ottima scuola, una palestra del saper “parlare in pubblico”.
Anche se raro, ci sono alcuni fratelli – anche appartenenti a diverse logge – che decidono di creare
dei “gruppi di lavoro” in modo informale fuori dal tempio, magari riunendosi a casa di qualcuno per
la proiezione e discussione di film:
Nel momento rituale c'è un atteggiamento più tenuto... io ho notato, frequentando questo fratello qua di Torino
che faceva anche serate a casa sua di proiezione di film, di commento di film in chiave massonica [...] e mi ricordo
queste serate dove tra 10-12 fratelli di più logge, si parlava, si discuteva [Interv. 11, 40, Piemonte].
Oltre a piccole differenze nella conduzione dei lavori, è spesso l’atmosfera all’interno delle logge ad
essere molto diversa. Questa dipende da vari fattori quali la modalità di conduzione dei lavori,
l’affiatamento interno, la capacità del Maestro Venerabile di creare un gruppo unito. Questo aspetto
emerge anche nella ricerca di Kenney (2016, 162), in cui molti intervistati si lamentano della scarsa
capacità di leadership del Venerabile: «Twenty-four respondents spoke about the importance of
“good administrative leadership by the Master”» e della sua capacità «[of] running good meetings».
Spesso i Maestri Venerabili sono visti come incapaci di gestire in modo efficace la parte rituale
delle tornate:
Fifteen […] respondents complained about how “poor ritual work by the Woshipful Master and officers is
unimpressive.” [...] there were complaints about how they “couldn’t even open and close,” exhibited “poor
floorwork, wobbling around the altar,” were “reading out of the book, just going through the motions,” and often
109
“missed the dramatic part” as a result (Kenney 2016, 163).
Dalle parole di alcuni intervistati risulta come alcune logge portino avanti i lavori in modo fiacco
(«Some lodges are really very slack. It hurt») e monotono:
Other lodges, you walk in and think, “Why am I here?” It’s very monotone, very unexciting, they never make eye
contact, they never change things […]. You look over at the person beside you and think that person could be stone
dead and nobody would catch on (Kenney 2016, 165).
Anche dalle interviste da me svolte emerge come vi siano alcune logge in cui la parte rituale è
recitata in modo per lo più automatico, privando la situazione della giusta atmosfera:
Come ti dicevo, c'è chi il rituale lo legge, c'è chi il rituale lo interpreta […]. Ovvio che se il momento rituale è
fatto in modo scazzato, automatico, tu ti stai predisponendo in modo scazzato... se il momento rituale è fatto in
modo interpretato e con pathos, con il giusto sentimento, a quel punto capisci che... Cioè se nel momento rituale
due chiacchierano, l'altro guarda il cellulare, chi legge “ta ta ta” a macchinetta, tu capisci già che sei in un ambiente
sbagliato [Interv. 11, 40, Piemonte].
Infine, con riferimento specifico al contesto calabrese, ho cercato di capire se il numero molto alto
dei fratelli in loggia non inficiasse in qualche modo il buon esito dei lavori della tornata. Questo
viene escluso dai fratelli adducendo soprattutto due motivazioni: le tornate hanno una durata
piuttosto lunga, tale da consentire a molti di prendere la parola; il numero alto di fratelli non fa che
aggiungere spunti e stimoli per un confronto:
Io ho la convinzione che la modalità di lavoro è meglio così, perché se lei fa una tavola, una conversazione, si
discute di un argomento, discute davanti a 60, 70, 80 fratelli; se discute davanti a 4-5 fratelli lo si può fare al bar.
[Ma riescono tutti a prendere la parola?] Quelli che hanno qualcosa da dire, perché non tutti devono [...] la parola
si prende se uno ha un contributo da portare all'argomento, un'idea; in tre minuti può dire quello che vuole, in un'ora
possono parlare 20, 25 fratelli se hanno qualcosa da dire [Interv. 24, 80, Calabria].
Io dico che, da Maestro Venerabile, quando ho visto tornate con molti fratelli sono sempre state tornate molto
molto importanti, perché la possibilità di poter ascoltare più voci, nei tempi adeguati perché alla fine un intervento
non dura più di due, tre minuti, stimola anche altri a partecipare e a dare maggiori spunti di confronto [Interv. 27,
53, Calabria].
In teoria potrebbe essere così, il piccolo gruppo è più facilmente organizzabile e organizzato, in realtà non è
neanche così perché tieni conto che noi iniziamo le tornate per le 19.30 e le finiamo sempre intorno alle 23, quindi
voglio dire il tempo c'è... però in maniera ordinata, perché non c'è nessun'altra istituzione, come ama dire il Gran
Maestro, dove si parla uno alla volta, i 5 minuti di ordine dei lavori, quindi tutti intervengono [Interv. 30, 57,
Calabria].
In merito alla differenza tra logge, interessante analizzare il linguaggio con cui i fratelli tendono a
parlare della propria loggia, come avesse caratteristiche un po’ speciali rispetto alle altre:
È una loggia molto prestigiosa, antica, una delle più antiche d'Italia perché nei documenti è nata nel 1793 e da
110
questa sono nate le altre 4 logge vibonesi del Goi. [...] è una delle logge più importanti d'Italia, ha una storia [Interv.
24, 80, Calabria].
La loggia dove mi trovo è una delle più antiche e diciamo importanti a Torino… spesso quando ceniamo alcuni
fratelli di altre logge si avvicinano… perché voglio parlare con questo, quello… ci sono persone di un certo
spessore [Interv. 17, 43, Piemonte].
[All'interno della sua loggia si sono verificati episodi in cui qualcuno se ne è andato per motivi di attrito?] Da
noi no, di attrito è complicato, è una loggia molto armonica perché è una loggia antica e il fatto stesso di aver
sempre scelto i fratelli che sono entrati è una garanzia di serenità, non sono mai venuti da fuori a portare qualcosa
che tra virgolette non era stato costruito in Officina [Interv. 27, 53, Calabria].
Altri invece tendono a mettere in risalto come sarebbe opportuno che ogni loggia, compresa la loro,
rimettesse ciclicamente in circolo le energie per rinnovarsi, in modo da non rischiare di perdere
valore e spessore:
Io son stato iniziato nella loggia Ausonia che è la più antica qui a Torino, ma non ho particolare piacere a parlarne
perché ormai è solo un nome... non ha più lo spessore che uno pensa debba avere una loggia antica [...]. Sarebbe
carino e forse obbligatorio che ogni loggia venisse demolita, nel senso chiusa, dopo 15/20 anni massimo, in modo
da rimettere in circolo tutte le energie dei vari componenti [Interv. 6, 61, Piemonte].
[L’intervistato parla di un libro che ha scritto] È la storia di un gruppo di iniziati che a un certo punto hanno
raggiunto una tale armonia in questa loggia, che sono all'auto-glorificazione, “Quanto siamo belli noi, che bella la
nostra loggia, la nostra loggia è la migliore” eccetera... è successa questa cosa negli anni passati nella mia loggia,
perché gli altri venivano ad onorarci della loro visita perché noi facevamo dei lavori particolari e allora non
abbiamo capito, in quel periodo lì, che era Lucifero che ci stava alimentando, la vanità che ci stava alimentando
[Interv. 15, 60, Piemonte].
[La gemmazione] succede soprattutto quando le logge cominciano ad essere numerose, perché quando si arriva a
111
un numero di, non so, 40/50 persone forse non ha neanche più senso incontrarsi perché i tempi incominciano ad
essere limitati [...] non possono intervenire tutti, invece è bello quando, voglio dire, ci si può confrontare tutti
insieme [Interv. 7, 55, Piemonte].
C'è stato nel, credo nel 2005 alcuni fratelli della Logoteta, a quel tempo eravamo 90, si erano riuniti e hanno fatto
una nuova Officina [...] perché intanto eravamo 90 ed era difficile numericamente, non tanto da gestire ma avere gli
spazi giusti per fare tutto quanto [...] infatti è stata un'uscita molto amichevole, non un trauma come può essere
avere la mancata elezione di un Maestro Venerabile [Interv. 27, 53, Calabria].
A volte si decide di creare una nuova loggia perché si vuole approfondire un nuovo tipo di lavoro,
magari dedicare le tavole di discussione ad un tema o un autore molto caro ad alcuni fratelli:
La mia era comunque un'Officina molto vivace dal punto di vista intellettuale [...] non ti parlo dell'ultimo periodo,
di quando poi abbiamo deciso assieme di costituirne una nuova [...] esigenza sentita in quanto altri amici di un'altra
Officina […] sentivano l'esigenza di un gruppo forse un po' più giovane e un po' più finalizzato a una ricerca di un
certo tipo [...] all'interno di questa nuova Officina abbiamo sicuramente dei giovani sia massonicamente parlando
che anagraficamente parlando, che io trovo veramente smart, ma smart a 360 gradi [Interv. 14, 50, Piemonte].
[Abbiamo costituito una nuova loggia] in maniera serena... quando feci l'articolo, 11 anni fa, mi ricordo che parlai
di passaggio sereno dal sapore antico di maglietto, per evidenziare pittoricamente la serenità, perché eravamo un
gruppo di 10 fratelli relativamente giovani all'epoca che volevamo sviluppare maggiormente la presenza della
Istituzione nel mondo profano con convegni pubblici e con un taglio fortemente culturale [Interv. 30, 57, Calabria].
Secondo le interviste, però, gli attriti e i dissensi interni sono i motivi di gran lunga principali verso
una gemmazione e sono di solito riferiti a «quei difetti umani» che vengono fuori soprattutto in
relazione alla mancata acquisizione di cariche all’interno della loggia, in particolar modo quella del
Maestro Venerabile:
Ripeto che l'istituzione massonica è fatta di esseri umani, con i loro pregi e i loro difetti [...] questi difetti che poi
sono l'egoismo, l'egocentrismo, l'innamoramento di sé [...] possono saltar fuori e sono sempre alla base di
qualunque divisione e scissione, che è una normalità umana ma un'anomalia se seguiamo noi i principi di
fratellanza [Interv. 7, 55, Piemonte].
Abbiamo fatto una scissione, una scissione due anni fa che certamente ci ha demoliti non poco [...] non è stata
una scissione così pacifica [...] incomprensioni interne tra una parte e l'altra [...] perché il male c'è anche da noi,
cioè non è che tutti i miei fratelli mi son simpatici [...] per cui quando due persone cominciano a non andare più
d'accordo è perché a monte ci sono sempre delle incomprensioni, delle intolleranze personali; cerchi di superarle,
da noi si predica sicuramente la tolleranza [...] in quel caso lì non è avvenuto. Cioè l'invidia ha una sua prospettiva
quando io comincio a essere felice di quello che tu sei riuscito a fare [Interv. 15, 60, Piemonte].
Anche qui è stata una gemmazione e come tutte le gemmazioni è nata per dei piccoli dissapori interni [...]. Da
quello che professiamo, quello che diciamo, la gemmazione per litigi interni non dovrebbe mai avvenire e invece è
uno dei motivi principali; una narcisistica voglia di potere, tra virgolette, ossia nelle logge magari un po' più grosse
c'è chi vorrebbe diventare Venerabile, piuttosto che avere una carica eccetera. Essendoci tanta gente magari è
ostacolato in questo, quindi si crea un gruppo, si porta da un'altra parte e diventa Venerabile [...] viene vista un po'
come una carriera, diventare Venerabile è un po' come diventare il capo ufficio, ti porta ad avere un riconoscimento
ufficiale nel momento in cui vai in giro, vai a trovare altre logge, ti presenti come Venerabile della tua loggia
[Interv. 19, 48, Piemonte].
112
Un fratello mi spiega in modo piuttosto schietto il nesso tra la gemmazione e la volontà di ricoprire
la carica di Maestro Venerabile all'interno della loggia:
Allora ti spiego come funziona, brutalmente. Tu sei Maestro Venerabile di questa loggia, voglio essere anch'io il
Maestro Venerabile di questa loggia, vinci tu, io mi arrabbio con te, non voglio più stare qui perché ho la metà dei
fratelli che mi hanno dato il voto contro, quindi io la prendo di tigna, sul personale e allora cosa faccio? Fondo
un'altra loggia [...] però per avere un'altra loggia devo avere persone già massoniche, e poi altre persone che entrino
e pagando la retta mi aiutino a tener su la baracca, quindi tante volte la gente si fa entrare perché questo posto qua
costa, quindi un po' dobbiamo auto-finanziarci e se siamo in 3, “Vabeh ha bussato quello lì? Vabeh dai in questo
periodo ci fa anche comodo”, però poi non te li togli più dalle palle, e quelli lì tirano dentro delle persone delle
stesse forze di cui sono loro, quindi secondo me si andrà sempre di più a dissipare [lo spirito massonico], sia a
livello culturale, dell'umano, solo perché è nato da io e te che non siamo andati d'accordo... non esiste che io e te
siamo due fazioni in una stessa loggia [...] ho visto che dalla mia ex loggia è successo questo, sta andando sempre
più secondo me verso quel livello lì [Interv. 22, 36, Piemonte].
Anche questo è stato un motivo di disseminazione di logge, cioè un gruppo era minoritario, era vicino al potere
centrale, diceva “Allora guarda siccome non mi hanno fatto Maestro Venerabile, tu mi ci fai Maestro Venerabile?”,
“Si, ti ci faccio Maestro Venerabile” e allora gli facevano fare un’altra loggia. Una di queste tre logge a [città
dell’intervistato] è nata proprio su questo input, per consentire a qualcuno di fare il Maestro Venerabile visto che
non l’avrebbe fatto mai nella mia loggia perché non ne aveva i numeri, non ne aveva i titoli e lui stesso si sarebbe
vergognato a candidarsi [Interv. 5_ex, 60].
Un altro intervistato parla esplicitamente di gruppi che vengono a formarsi all'interno della loggia
per cui, anche qualora non si vengano a creare nuove logge per gemmazione, alcuni fratelli
chiedono in blocco di poter essere trasferiti in altre logge:
Il guaio è quando la gemmazione è frutto di attriti interni perché molte volte si formano all'interno della loggia
dei gruppi [...]. Per esempio a me passano le domande di tutti i trasferimenti che io debbo vistare prima di mandare
a Roma. Quando io vedo che da una loggia mi arrivano 5-6 domande in blocco che chiedono di passare, già mi
viene il dubbio e allora mando degli Ispettori di loggia, “Prova a vedere cosa succede lì” perché è strano che 7-8
persone di colpo, magari in un paese dove ci sono due logge, escono da una per andare nell'altra nello stesso paese;
io capisco uno che cambia per motivi di lavoro [...] ma a Vibo dove ci sono 5 logge, se dieci persone dalla sera alla
mattina da una se ne vanno a un'altra, motivi di lavoro non ce ne sono di sicuro. Dovremmo cercare di capire il
perché si verificano questi fenomeni, anche per evitare che si incancreniscano, perché poi le logge che nascono per
gemmazione non sempre durano; chi è litigioso con gli altri generalmente la litigiosità la conserva poi [Interv. 26,
70, Calabria].
Sui motivi per cui spesso sia forte il desiderio di diventare Maestro Venerabile, un fratello dice:
In una loggia tipo che rispetta la tradizione e gli antichi doveri, fare il Maestro Venerabile ti fa tremare i polsi…
in una loggia dove si cazzeggia, tutti vogliono farlo il Maestro Venerabile perché è un incarico di prestigio, eh
insomma vieni titolato, poi puoi progredire negli incarichi dirigenziali nazionali; se non hai fatto il Maestro
Venerabile non lo puoi fare, ecco perché [nascono nuove logge], perché chi voleva progredire aveva la possibilità di
progredire perché amico di questo e amico di quello… gli mancava solo il titolo [Interv. 5_ex, 60].
113
L’attuale Grande Oratore, nella circolare interna citata in precedenza sul senso di appartenenza, si
rivolge ai fratelli del Goi disseminati sul territorio nazionale chiedendo loro se il Goi sia all’altezza
del compito di riportare in auge, nel mondo profano, valori come quelli di libertà, fratellanza,
uguaglianza, antidogmatismo, tolleranza. Il Grande Oratore esorta i fratelli richiamandoli a questo
compito alto, e al distacco da liti e attriti interni che lui definisce «le piccole cose»: «Vogliamo
assumere su di noi e in noi questa altissima funzione? O vogliamo far prevalere le piccole cose:
vogliamo far prevalere le piccole divisioni, i giochi di bottega, l’invidia, le miserie di uomini
“piccoli piccoli”» ricordando come, in Italia, vi siano continuamente logge che si dividono o
gemmano forzosamente «per meschini problemi interni: sono litigi che vertono su chi farà il
Maestro Venerabile, su chi non lo farà e così via».
Nella ricerca di Kenney (2016, 161) non si parla esplicitamente di gemmazione ma vengono
esaminati i motivi di attrito che possono manifestarsi all’interno delle logge. Come abbiamo visto
prima, la competizione per ottenere certe cariche all’interno della loggia è vista da alcuni in maniera
positiva, come stimolo per continuare il percorso e migliorarsi, ma spesso questa competizione può
portare a conflitti tra fratelli e, in alcuni casi, alla loro uscita dalla loggia. Kenney evidenzia come
gli attriti legati al raggiungimento delle cariche di loggia nascano soprattutto quando non c’è
ricambio interno, per cui la competizione viene «stifled (soffocata) by existing elites». Alcuni degli
intervistati lamentano il fatto che vi siano persone «che non vogliono abbandonare la sedia» (don’t
want to leave the Chair). Questo elemento appare anche dai colloqui che ho avuto con alcuni fratelli
italiani; in particolare, uno ha lamentato – e continua a lamentare – come, dopo aver ricoperto molte
cariche all’interno della sua loggia, per lui non sia mai arrivato il momento di assumere il ruolo del
Venerabile. Questo fratello ha molto a cuore la questione e la affronta, ogni volta, con evidenti
espressioni di stizza, ma non ha mai voluto approfondire con me i motivi di questo impedimento,
sostenendo in generale come lui non risulti simpatico all’attuale Venerabile, il quale invece gode di
una certa simpatia e prestigio all’interno della loggia.
114
3.7 Questioni controverse
Women have been traditionally excluded from mainstream Freemasonry on the basis of the “historical landmark”
that the members of the stonemasons’ guilds upon which “the Craft” is based were all men. Whether true or not,
admitting women has not been on the formal agenda in the “regular” Freemasonry of the Anglo-Saxon world –
including Canada. This effectively means that Freemasonry provides one of the ultimate opportunities for male
bonding in society.
Per completezza d’informazione occorre dire che esistono Obbedienze miste – la principale delle
quali, in Italia, è la Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori, la seconda dopo il
Goi per numero di iscritti – che dal 1955 ha aperto le porte anche alle donne. Anche se, come mi
ricorda Cazzaniga durante l'intervista: «Non è vero che la massoneria inizia le donne; la massoneria
lascia le singole logge libere di decidere se iniziare o meno le donne».
Ricordiamo che le origini di questa Obbedienza mista prendono le mosse da uno scisma avvenuto
all’interno del Grande Oriente d’Italia nel 1908. Esistono anche Obbedienze interamente femminili,
61
Ivi, p. XVII.
115
delle quali la più importante in Italia è la Gran Loggia Massonica Femminile d'Italia (GLMFI),
fondata nel 1990.
Come previsto, il tema suscita pareri contrastanti all’interno delle logge. Alcuni fratelli tendono a
mantenersi sulle posizioni ufficiali riportate sopra:
Ho grandissima stima della parte femminile, che però non ha nulla a che fare con l'ambito massonico... la nostra è
un'iniziazione di mestiere, non ha nulla a che fare con il sesso femminile [...] gli oggetti che si usano, il modo di
muoversi, lo scalpellare in modo simbolico, non hanno nulla a che fare con l'arte femminile [Interv. 6, 61,
Piemonte].
Tradizionalmente la massoneria è maschile e noi non neghiamo la possibilità alle donne di essere massoni, chi
glielo vieta? [Potreste stare insieme nella stessa Obbedienza?] Eh insieme, vede, la forma mentis. Se è una
tradizione che affonda le sue radici negli anni, 4000-5000 anni prima di Cristo, è una tradizione che noi intendiamo
rispettare… poi io ho molta stima delle donne [Interv. 24, 80, Calabria].
Nel Goi non si accettano le donne, però noi le rispettiamo [...] sappiamo che la nostra è un'istituzione solare, non
lunare, quindi sono l'altra metà della nostra parte e quindi ci completano assolutamente[...] i Maestri erano solo
uomini, tramandavano i loro segreti da persona a persona, quindi da maschio a maschio, non c'erano le donne; è
rimasto ormai in questo senso, io penso che mantenere la tradizione iniziatica sia giusto così, ma senza nessuna
riserva per le donne [Interv. 25, 44, Calabria].
È la tradizione che lo impone, noi siamo legati a una tradizione che nasce in maniera formale nel 1717 con i
landmarks e questa tradizione vuole che le donne vengano rispettate ecc [...] è solo una questione di tradizione che
in questo momento è LA tradizione [enfasi su LA], la tradizione è un momento unificante e caratterizzante la nostra
adesione [...] la tradizione della massoneria è una e bisogna essere attenti a non essere modernisti tout court [Interv.
30, 57, Calabria].
Interessante, a questo proposito, notare come il riferimento al mantenimento della tradizione valga
per alcune questioni come l’ingresso delle donne, ma sia stato rivisto e riadattato per altre questioni
come l’ingresso di persone affette da disabilità. Leggiamo, infatti, negli Antichi Doveri che «nessun
Maestro può assumere un Apprendista se non ha bastevole occupazione per lui, se non è un giovane
perfetto, non avente nel suo corpo mutilazioni o difetti che lo possano rendere incapace di
apprendere l’Arte […]»62. Moramarco (1981, 186) ci dice che oggi questo precetto non è più in
vigore, basti pensare che i rituali massonici vengono pubblicati anche col metodo Braille per i
fratelli ciechi. Anche Kenney, nella sua ricerca, cita più volte casi di fratelli affetti da disabilità
fisiche63 e io stessa ho saputo che, all’interno di una loggia torinese nella quale ho avuto modo di
intervistare un paio di fratelli, partecipa ai lavori una persona con una disabilità fisica piuttosto
evidente, quindi difficile da celare.
Alcuni intervistati precisano che spesso si giustifica l’assenza delle donne ricorrendo al motivo
62
Ivi, p. VIII.
63
«[...] there were four respondents with some form of disability, such as needing to use a cane, and they found it very
meaningful that the lodge accommodated them and ensured that conductors gave them extra support throughout»;
«There were respondents with speech impediments or with mobility issues, those dealing with progressive,
debilitating diseases» (Kenney 2016, 79, 137).
116
della tradizione per nascondere il vero motivo di tale esclusione, ossia il fatto che qualora il Goi
decidesse di ammettere le donne, perderebbe molti riconoscimenti ufficiali dalle altre Grandi
Logge, una su tutte la United Grand Lodge of England:
Se la devo dir tutta, per me è una questione più politica, voglio dire... non saremmo legati ad altri tipi di Grandi
Orienti perché quelli misti non li vuole nessuno [Interv. 8, 36, Piemonte].
E poi c’è la questione dei riconoscimenti internazionali… la cosa si complica [Interv. 17, 43, Piemonte].
I commenti di alcuni intervistati sottolineano il motivo di una generica diversità tra uomo e donna,
che dovrebbe portare i due sessi ad intraprendere un percorso iniziatico diverso. Come rispose, nel
1973, il direttore della Rivista Massonica ad una signora che chiedeva delucidazioni sul mancato
ingresso delle donne nell’Obbedienza: «Siete diverse e la vostra strada è diversa. Questo non
significa per nulla: siete inferiori e la vostra strada non c’è» (Moramarco 1981, 183). Dalle parole
degli intervistati:
Che una donna non possa percorrere un cammino iniziatico è una stupidaggine assoluta, punto. [...] dopodiché
l'uomo e la donna son stati creati diversi, siamo diversi e questa diversità è la ricchezza che il Grande Architetto
dell'Universo ci ha donato [...] quindi i cammini iniziatici sono necessariamente diversi perché affondano in
simbologie diverse [Interv. 7, 55, Piemonte].
Non so se tu hai mai notato questa cosa, le donne hanno delle dinamiche differenti di pensiero rispetto agli
uomini, non mi puoi dire che non è così [...] se io ti dico verde intendo verde e non intendo rosso, non puoi leggere
rosso tra le righe del mio verde [...] e probabilmente il discorso storico, tradizionale di diversa iniziazione si rifà
proprio ad un diverso modo di gestione del pensiero [Interv. 11, 40, Piemonte].
Io non aprirei alle donne. Premetto una cosa, sono un estimatore delle donne [...] trovo che siano un elemento
indispensabile alla vita proprio, cioè voglio dire alla fantasia. [...] Perché sono contrario, perché è molto difficile
andare d'accordo nei comportamenti con voi donne, è molto complicato [Interv. 15, 60, Piemonte].
[…] cioè proprio fisicamente, anatomicamente, anche come conformazione mentale siamo diversi tra uomini e
donne, io penso che il percorso debba essere diverso, non debbano lavorare insieme ritualmente [Interv. 16, 55,
Piemonte].
Quando due uomini vengono in contrasto di solito risolvono il contrasto con molta facilità, quando vengono in
contrasto due donne scoppia la guerra di Elena di Troia [Interv. 27, 53, Calabria].
Accanto a queste motivazioni, esistono spiegazioni un po’ più “profane” che spingono i fratelli a
pensare che, tutto sommato, sia un bene che i percorsi iniziatici rimangano separati. Queste
motivazioni hanno come filo comune il tema delle distrazioni che le donne potrebbero apportare
qualora si trovassero in loggia insieme agli uomini:
Noi uomini non siamo così maturi da poter vedere in voi soltanto uno spirito […] per cui se lei viene in loggia da
me il 70, l'80% dei miei fratelli dirà “Però che bella gnocca”, questo, detto come battuta, comporterebbe comunque
un atteggiamento non valido; noi non siamo ancora maturi per accogliere le donne. [...] di fronte all'impreparazione
nostra e, ripeto, di fronte alla vostra impreparazione, perché poi conosco delle sorelle, tra virgolette, che
117
frequentano altre Obbedienze, che comunque vanno col tacco 12... non c'è ancora questo tipo di preparazione da
ambo le parti [Interv. 15, 60, Piemonte].
Sarebbero una distrazione all’interno della loggia…. Poi c’è il rischio relazione e scornamento [Interv. 17, 43,
Piemonte].
Questa tradizione non so se ci porti ad avere le donne in tempio o a non averle, ho sempre sentito tante storie,
tante giustificazioni che mi sembrano proprio giustificazioni. Conoscendo i frequentatori delle logge di adesso sono
convinto che una presenza femminile potrebbe portare dei problemi [...] di tipo relazionale, problemi sentimentali,
attrazioni eccetera, che in parte potrebbero danneggiare il lavoro di loggia. Io se mi chiedessero di votare per
l'ingresso delle donne o meno darei il voto contrario [...] per esempio da noi so che creerebbe dei problemi perché ci
sarebbe chi deve fare il galletto, chi deve mettersi in mostra [...] questo genere di problemi già così a volte succede
[Interv. 19, 48, Piemonte].
Io non avrei nessuna preclusione particolare, però purtroppo l'animo umano [...] ahimè signorina, natura è natura,
subentrano dei rapporti di protezione, di affetto, di tante cose che turbano [...]. Da un punto di vista esoterico questo
tipo di intersezione secondo me non lascia completamente libero né lo spirito femminile né lo spirito maschile di
riuscire a tirar fuori il meglio di sé, perché comunque c'è un qualcosa che è di natura, che sfugge [...]. Noi abbiamo
fratelli all'interno della nostra Officina che arrivano dall'altra Obbedienza [quella mista] e che l'hanno lasciata
proprio per questo discorso lì [Interv. 20, 57, Piemonte].
Io non ho mai frequentato una loggia mista, però chi è venuto via dice che comunque in una loggia mista i
problemi ci sono [Di tipo relazionale?] eh si perché poi alla fine dice che magari va tutto bene per un periodo, poi
col susseguirsi... [Magari uno si innamora!] Eh certo, capitano queste cose [Interv. 21, 62, Piemonte].
Generalmente, i fratelli che pensano che le donne possano portare distrazioni all’interno dei lavori
di loggia, non vedono di buon occhio la massoneria mista, ma sono assolutamente favorevoli alla
massoneria femminile con la quale avrebbero anche piacere di organizzare degli incontri:
Credo alla massoneria femminile e credo che l'esperienza più interessante sia la Gran loggia femminile d'Italia,
che è fatta da sole donne, perché è giusto che intanto, nel primo percorso, gli uomini e le donne cerchino da soli di
capire chi sono e quali sono le loro caratteristiche [Interv. 7, 55, Piemonte].
[Sulla preferenza tra logge miste o interamente femminili] Se devo condividere delle cose le voglio condividere
con uno che ha fatto un percorso come il mio e gli unici che hanno un percorso come il mio sono la massoneria
femminile [Interv. 16, 55, Piemonte].
Son dell’idea che dovrebbe essere sviluppato di più un discorso a livello solo femminile e che poi potrebbero
esserci degli ambiti di confronto, questo sì [Interv. 19, 48, Piemonte].
Io auspico che si continui a lavorare al maschile nel Grande Oriente, ma che nel contempo il Grande Oriente
promuova e stimoli un Grande Oriente femminile diverso ritualmente dal nostro, diverso ma che sia speculare
[Interv. Bonvecchio, GO].
Ci sono anche intervistati che si mostrano favorevoli all’ingresso delle donne e, quindi, all’esistenza
della massoneria mista – «Per me nessun pregiudizio ad accettare delle sorelle all'interno della
loggia [...]. Possono dare il loro contributo, assolutamente» [Interv. 12, 52, Piemonte] – spesso
argomentando come non sia mai stato ufficialmente provato che la massoneria operativa non
118
comprendesse donne che svolgessero mansioni muratorie, oppure sostenendo che comunque, dal
momento in cui la massoneria è diventata speculativa, il lavoro manuale si è trasformato in lavoro
strettamente intellettuale, quindi non c’è più motivo di tenere le donne fuori dal tempio:
C'erano le donne scalpelline operative, c'erano tradizionalmente e conoscevano quindi il linguaggio di loggia.
Che il percorso iniziatico maschile e femminile sia diverso è una balla. Io sono un difensore della massoneria mista,
il maschio e la femmina da soli non vanno da nessuna parte. [E perché non cambia Obbedienza?] Perché si sono
creati legami molto forti, ma se ci fosse concesso farei l'esperienza dell'Obbedienza mista [Interv. 18, 50,
Piemonte].
Io metterò sicuramente all'ordine del giorno di sviscerare il perché e il per come non ci sono le donne. [...] Se tu
dici, da un punto di vista tradizionale, che “La massoneria è un’iniziazione di mestiere”, e quindi di un mestiere
muratorio, le donne, per questioni fisiche, ai tempi non facevano le muratrici [...]. Ma è ancora questa la
massoneria? Cioè, è questa la massoneria moderna? [...] studiamo di tutto, dall'alchimia alla cavalleria, all'ebraismo
alla kabbalah [...] cioè, io non so come sta dritto un muro! […] Io da uomo è difficile che possa capire cosa è il
parto, però se magari c'è qualcuno che ce lo racconta [Interv. 14, 50, Piemonte].
Guarda ti dico la verità, alla fine è un percorso intellettuale, è un po' come dire che le donne per principio sono
più stupide [...] Ma sai noi diciamo tante belle cose, diciamo anche che il nostro fine è arrivare all'Uno, dunque
l'uomo androgino... l'androgino è sia maschio che femmina [Interv. 8, 36, Piemonte].
Interessante riportare le due diverse testimonianze del Gran Maestro e di uno dei due Gran Maestri
Aggiunti dell'attuale Giunta del Goi. Entrambi tirano in ballo la questione dei riconoscimenti
internazionali ma, mentre il Gran Maestro tende a trincerarsi dietro la questione della tradizione, il
Gran Maestro Aggiunto sottolinea come il problema oggi sia veramente sentito all'interno
dell'Obbedienza, ritenendo che tantissime donne meriterebbero, più di tanti uomini, di far parte
«della nostra Istituzione». Di seguito la testimonianza del Gran Maestro Aggiunto:
Qual è la difficoltà per affrontare un problema del genere? Se noi avessimo un'autonomia locale, cioè nazionale,
sarebbe meno difficile ragionare e magari trovare delle soluzioni a questo tipo di problemi. Ma dovendo rispondere,
attraverso questo sistema dei riconoscimenti internazionali, diventa una macchina quanto mai complessa. […]
Quindi per me è un problema che deve [enfasi sul “deve”] essere affrontato, solo che è difficile affrontarlo perché
la macchina internazionale è troppo grossa, troppo macchinosa... e quindi credo che passerà ancora un po' di tempo
prima che possiamo evolverci in questo senso [Interv. Rosso, GMA].
Il Gran Maestro, come detto, si appella maggiormente alla tradizione, che pare non voler mettere in
discussione:
La questione delle donne è una questione storica, nel 1717 le donne non c’erano nelle logge che nascevano. Noi
siamo fedeli a quei principi fondamentali, quindi ci atteniamo a quelli anche per motivi di carattere internazionale
con le Obbedienze con cui c’è un reciproco riconoscimento che ormai sono 200 in tutto il mondo, non ammettono
le donne […]. È come se ci fosse un gruppo che vuole fare un’associazione di uomini coi capelli e io non potrei
farne parte; se io fondo un’associazione di calvi io ne posso far parte e Renato che c’ha i capelli non ne può far
parte [Interv. Bisi, GM].
119
Proseguo dicendo al Gran Maestro di avergli posto la domanda sull'ingresso delle donne perché mi
ero resa conto dalle interviste di come, all’interno del Goi, fossero presenti diversi punti di vista
sull’argomento. A questo punto il Gran Maestro mi risponde:
Su questo ritengo che non ci possano essere punti di vista, cioè [rimaniamo] fedeli ai principi fondanti [Interv.
Bisi, GM].
Tra i fratelli che si appellano alla tradizione e/o pensano che le donne potrebbero costituire
elemento di distrazione, ci sono quelli che non contemplano in assoluto la possibilità di un loro
ingresso e quelli, invece, “possibilisti, ma…”. In entrambi i casi è interessante analizzare le parole
con cui molti si esprimono, tese a rimarcare come all’interno dell’Obbedienza non ci sia un
problema di misoginia, tanto che le donne vengono tenute in altissima considerazione, anzi a volte
valutate come migliori rispetto agli uomini:
Allora io sono un po’ talebano da questo punto di vista, non per antipatia nei confronti delle donne che io adoro
tantissimo, tutte, indistintamente [Interv. 11, 40, Piemonte].
Io non aprirei alle donne. Premetto una cosa, sono un estimatore delle donne [Interv. 15, 60, Piemonte].
Io ho molta stima delle donne… la donna è più importante dell’uomo perché ha una prerogativa che l’uomo non
ha, quella di dare la vita [Interv. 24, 80, Calabria].
Le donne noi le rispettiamo, le consideriamo, però le tradizioni vanno mantenute [Interv. 28, 65, Calabria].
Anche nel caso delle “famose” distrazioni, molti tendono a sottolineare come in realtà siano gli
uomini a «non essere abbastanza maturi per»:
Noi uomini non siamo così maturi da poter vedere in voi soltanto uno spirito, ma noi continuiamo a vedere
soltanto uno spirito femminile [Interv. 15, 60, Piemonte].
Noi vogliamo un ambiente moralmente perfetto, sano, ma non che le donne inquinano noi, siamo noi che
inquiniamo le donne [Interv. 24, 80, Calabria].
Forse non siamo maturi noi maschietti per accogliere le donne nell'ambito dell'istituzione [...]. Secondo me in
prospettiva arriverà [il momento del loro ingresso], ma bisognerà ancora aprirsi culturalmente a un discorso di
questo tipo [Interv. 26, 70, Calabria].
In generale, quindi, si registrano poche prese di posizione nette nell’uno o nell’altro senso e molte
posizioni intermedie, possibiliste ma in un senso poco convinto. Emerge un quadro in cui
sostanzialmente si preferisce che le donne non facciano parte dell’Obbedienza. Il linguaggio in
parte cautelativo con cui gli intervistati tendono a rimarcare la loro grande stima e considerazione
120
per le donne può nascere da questioni di “politicamente corretto”, comprensibili per un’Obbedienza
che, in quanto maschile, può facilmente essere additata come misogina e maschilista, e in parte può
essere motivato dalla mia presenza in qualità di intervistatrice.
A volte il tono risulta talmente elogiativo nei confronti delle donne da apparire retorico. A sostegno
di questa impressione c’è tutta una parte delle interviste dedicata alle Stelle d’Oriente, un organismo
paramassonico di origine statunitense che è di diretta emanazione ed opera all’interno del Grande
Oriente d’Italia, composto dalle parenti donne dei membri del Goi. I fratelli del Goi possono
partecipare ai lavori delle Stelle d’Oriente, mentre non è possibile il contrario. Ho chiesto ai fratelli
il loro parere su questo organismo paramassonico e i toni, in generale, non sono entusiastici, anzi in
molti casi risultano quasi canzonatori:
Guarda ti dico la verità, alla fine è un percorso intellettuale, cioè voglio dire è un po' come dire che le donne per
principio sono più stupide [...] sennò mia cognata l'avrei fatta entrare nelle Stelle d'Oriente, e invece le ho detto “Se
tu vuoi fare un percorso massonico lo devi fare nella massoneria vera” [Interv. 8, 36, Piemonte].
C'era un capitolo delle Stelle d'Oriente a Cosenza ed ero stato invitato a far parte. Sono andato a qualche riunione,
che è un po' un modus operandi mutuato in un certo senso dal discorso maschile; qui da noi non credo che abbia
attecchito molto, forse in America ha attecchito di più [...] è antipatico usare un termine, è come se fosse di secondo
grado [Interv. 26, 70, Calabria].
Ci sono le Stelle d’Oriente, ma di fatto il Goi, della serie “si ogni tanto vi si ascolta”, ma insomma, c’è questa
saccenza che poi a volte bisognerebbe noi lasciarla fuori [Interv. 3_ex, 55].
La massoneria è connaturata al modo di vivere degli uomini; potrebbe essere anche al modo di vivere delle donne
se scegliessero di fare una massoneria tradizionale, non quelle barzellette che fanno attualmente, le Stelle
d’Oriente… [Interv. 5_ex, 60].
Il Grande Oratore auspica che il Grande Oriente rimanga un’Obbedienza maschile ma promuova, al
contempo, un Grande Oriente femminile diverso dal Goi in termini rituali, ma in qualche modo a
questo speculare. Quando gli chiedo cosa pensi delle Stelle d’Oriente, se quello possa considerarsi
una sorta di Grande Oriente femminile, lui risponde:
Le Stelle d’Oriente sono delle donne che vengono iniziate dagli uomini, no? Ci siamo capiti… io l’ho detto
duramente la settimana scorsa [in un incontro con le Stelle d’Oriente]: “Ma scusate, il femminismo vi è passato
sopra la testa? [Interv. Bonvecchio, GO]
Abbiamo cercato, secondo me ipocritamente, o perlomeno trovando degli escamotage, di inserire la donna nel
nostro complesso attraverso le Stelle d'Oriente, che è un capitolo misto fra fratelli e donne […], ma secondo me c'è
sempre discriminazione, non c'è uguaglianza e integrazione [Interv. Rosso, GMA].
121
In merito all’importanza di questo organismo all’interno della massoneria statunitense, possiamo
riportare l’analisi di alcune interviste svolte da Kenney (2016, 50) in cui alcuni fratelli sostengono
di essere entrati nell’Ordine perché le loro mogli, già Stelle d’Oriente, li hanno incoraggiati in tale
direzione. Questo dato non si ritrova all’interno delle mie interviste; non posso escludere che ciò
possa avvenire anche nel contesto italiano, ma credo sia un evento più che raro.
In linea generale, i fratelli italiani intervistati conoscono molto poco le Stelle d’Oriente e ciò
sottolinea una sorta di noncuranza e scarsa curiosità nei confronti di un organismo che fa parte, a
tutti gli effetti, della loro Obbedienza:
Ecco una cosa che mi riprometterò di fare perché costituzionalmente possibile [...] mi sarebbe piaciuto andare a
lavorare qualche volta con le Stelle d'Oriente proprio per, tra virgolette, la curiosità di provare a vedere com'è il
lavoro con delle consorelle [Interv. 20, 57, Piemonte].
Adesso è da un po' che mi dico, voglio saperne di più, ma poi non ho mai avuto tempo di soffermarmi a capire
[Interv. 21, 62, Piemonte].
Guarda non ho idea di come funzioni tra di loro, non mi sono mai chiesto ritualmente quali siano i loro doveri
[Interv. 22, 36, Piemonte].
Non le ho mai frequentate, non le frequento, conosco poco questo mondo nel senso che non ho mai avuto,
diciamo, la possibilità di frequentare [Interv. 30, 57, Calabria].
Il tema del ricorso alla tradizione per giustificare l’assenza delle donne ricorre anche nelle interviste
svolte da Kenney (2016, 201): «A Mason is a man by definitio, just like a bachelor is an unmarried
man»”; «Freemasonry is a fraternity, simple as that. Women can join Eastern Star». Emerge anche il
rischio della perdita dei riconoscimenti da parte di altre Grandi Logge: «We cannot admit women
without ceasing to be Masons. There would be immediate withdrawal of recognition by other Grand
Lodges, like what happened to Minnesota when they tried it».
Ma l’aspetto del «male bonding» (Morrison 2012, Hoffman 2001, Carnes 1989, Clawson 1989), a
parer mio, rimane cruciale per capire l’esclusione delle donne. Come scrive Carnes (1989, 119-20),
«though women gave birth to man’s body, initiation gave birth to his soul, surrounding him with
“brothers” who would lavish on him the utmost affection and kindness».
Come già accennato, il rituale è uno dei mezzi che con più evidenza sancisce una separazione tra un
dentro e un fuori; in questo senso si può dire che le donne possano essere considerate come
doppiamente profane (outsiders più outsiders di altri), quindi non solo fuori dal “recinto”
dell’Obbedienza perché estranee al mondo massonico, ma fuori perché anche qualora avessero la
possibilità di entrare, potrebbero minare lo spirito di gruppo e inficiare una delle ragioni d’essere
delle Obbedienze maschili, quella di creare un luogo per i maschi.
122
Certamente ci sono coloro i quali aprirebbero alle donne sottolineando come oggi ci siano «different
gender roles» rispetto al passato, e come quindi le occasioni di incontro e scambio tra uomini e
donne vadano ripensate: «When you think about the old days, my father’s days when he joined
Freemasonry, typically you had the stay-at-home other who looked after the family, the husband
went off to work […]. Over the past decades we’ve seen the family unit evolve such that the male is
much more a participant in the family in terms of helping to bring up the kids, doing the dishes
[…]» (Kenney 2016, 203).
Sul versante opposto, molti di coloro che enfatizzano il rispetto della tradizione, sostengono come il
fatto di essere solo uomini faccia sì che loro possano avere un luogo tutto loro dove incontrarsi: «a
supportive “place to have their own thing, like women do”». Alcuni dei fratelli, quindi, affermano il
proprio diritto ad avere uno spazio loro interamente dedicato, al pari delle donne che hanno sempre
avuto più facilità a ritagliarselo: «Women have their segregated groups and events, so we should be
able to as well»; «Especially today, I think males still need a bonding thing of some sort. Not like
women, who can just hug and cry together, they actually have to have something organized that
they can do together» (Kenney 2016, 201-202).
Come mi ha riferito Cazzaniga durante l'intervista, «la massoneria consiste in un legame forte di
carattere socievole, poi ognuno non può negare le tradizioni spirituali, cristiane e non cristiane, ma
ha carattere socievole». In merito a quest’ultimo punto è interessante riportare l’opinione di Fulvio
Conti, che riprende ed amplia la precedente:
La massoneria resta in questo mondo un club maschile fondato all'inizio del Settecento [in Inghilterra], che
esclude le donne e che accetta i rituali... un club maschile alla stregua di tanti altri club borghesi, maschili, che
nascono in quel luogo... è il luogo dove si fanno certe cose, dove magari si fuma il sigaro perché magari non si può
fumare altrove... questo è un altro aspetto da studiare, delle forme di socialità borghese che nascono... e con un
culto della tradizione che noi troviamo anche da altre parti... perché non le donne? Perché se si va in certi club di
Londra, piuttosto che di Edimburgo, di Birmingham, non ce le troviamo! […] le Costituzioni le ristampano ancora
oggi nelle loro… sono la base della loro identità e appunto nasce in quel fenomeno borghese, settecentesco, inglese
della nascita della sociabilità maschile. Il club, il circolo, che sarà poi cosa diversa dal salotto… il circolo è
maschile, il salotto invece è una zona mista dove anzi la donna, la figura femminile ha il suo ruolo, anche un ruolo
principale perché è quella che cuce e tiene i rapporti, che invita gli artisti, i musicisti, che anima la conversazione
[Interv. Conti].
Ricordo, infine, che la ricerca della Coggiola si è incentrata sullo studio della Gran Loggia d'Italia
degli Alam, che è un'Obbedienza mista. Fermo restando che le sue riflessioni sono circoscritte alla
metà degli anni Novanta, lei registra una presenza di donne all'interno dell'Obbedienza pari a circa
il 10 per cento, un numero assai esiguo. Come detto prima, la Gran Loggia d'Italia degli Alam apre
alle donne nella misura in cui lascia le singole logge libere di decidere se iniziare o meno le donne.
Molti degli interlocutori di Coggiola (1995, 136) confermano il loro accordo con la decisione presa
123
dai vertici nel 1955 di aprire le porte dei templi alle donne, principalmente perché non si può parlare
di uguaglianza all'interno della libera muratoria e poi precludere l'ingresso ad una fetta della
popolazione, ed inoltre il confronto in massoneria è uno degli strumenti per raggiungere la
conoscenza e migliorarsi, quindi risulta importante avere la possibilità di dialogare con l'emisfero
femminile. Certo bisogna considerare che, al di là di queste testimonianze, la presenza delle donne
risultasse allora piuttosto scarsa; e difatti Coggiola non manca di riportare alcuni pareri più critici da
parte dei suoi intervistati, che per lo più si riallacciano al motivo dell'armonia del gruppo che
potrebbe essere messa a repentaglio dall'insorgenza di nuovi problemi: «Da un punto di vista
strettamente concettuale, filosofico, razionale, non c'è nessun motivo di vietare ad una società
illuminata di persone la presenza di tutte le persone che hanno la caratteristica di persone. Da un
punto di vista del funzionamento, penso che possa funzionare meglio una Massoneria tutta
maschile, ma questo non vuol dire niente, cioè sì: verranno fuori delle problematiche nuove, si
affronteranno e si risolveranno» (Coggiola 1995, 137). Come conclude Coggiola, dalle parole dei
suoi interlocutori non risulta mai espressa una vera e propria opposizione all'ingresso di una persona
di sesso femminile, ma viene suggerita comunque una certa cautela.
Dobbiamo precisare che, al 2014, la presenza delle donne nella Gran Loggia d'Italia degli Alam
ammonta a circa il 40 per cento, registrando un aumento del 30 per cento in vent'anni (Pruneti
2014).
124
Ci sono parecchi fratelli gay, anche nella mia loggia, è chiaro nei limiti del... è chiaro, intendiamoci, tutto va
benissimo, all'interno della giacca e della cravatta [Interv. 6, 61, Piemonte].
Anche all'interno degli omosessuali tu sai meglio di me, c'è una pletora di divisione e di categorizzazione che fa
quasi spavento e quindi tu hai l'ingegnere iper-serio che se non te lo vengono a dire [che è gay] neanche lo
immagini, e poi hai la checca isterica [Interv. 11, 40, Piemonte].
I buoni costumi non vuol dire solo essere vestiti in maniera decente o avere dei comportamenti che per la morale
pubblica siano accettabili, però vuol dire anche questo […]. Se devi andare in giro a fare la checca isterica, tra
virgolette, come si dice, forse non è l'ambiente adatto [...] poi per il resto non vedo pregiudiziali particolari [Interv.
19, 48, Piemonte].
Ci sono intervistati che sostengono che non si discuta mai dell'argomento omosessualità durante le
tornate di loggia perché, comunque, questo non viene percepito come problema dato che gli
orientamenti sessuali del singolo non interessano nessuno:
No non è un tema dibattuto perché dei gusti sessuali delle persone non ce ne frega proprio niente, almeno a me
non me ne frega proprio niente [...]. Poi del fenomeno si potrà discutere, qualcuno ne avrà anche discusso, io
personalmente non lo ritengo degno di... [...]. Non c'entra niente [col percorso iniziatico] perché i gusti sessuali... se
io ho vicino a me uno che gli piacciono gli uomini è mio fratello lo stesso [Interv. 16, 55, Piemonte].
Per quanto riguarda l'omosessualità, potrebbero anche esserci degli omosessuali in loggia... ripeto, quello che è
importante è quello che una persona ha dentro e quindi quanto riesci ad accrescere quello che hai già dentro [...] a
prescindere dal fatto che sia omosessuale o bisessuale [Interv. 23, 39, Piemonte].
Nonostante questo, all'interno dell'Obbedienza c'è chi di fatto mantiene un atteggiamento più
«conservatore»:
La componente omosessuale ce l'abbiamo tutti, io una volta ho scioccato un gruppo qui di vecchietti massoni
durante un gay pride perché i commenti poi si lasciavano immaginare, e io ho detto ''Fratelli, però abbiamo tutti una
componente omosessuale ed eterosessuale''... ''Eh si è vero'', e allora dico, di cosa stiamo parlando? [Interv. 11, 40,
Piemonte].
Ci sono gli omosessuali, ma del resto viene iniziato l'uomo o lo spirito dell'Uomo? [ precisa che il secondo va
scritto con la U maiuscola]. Non è un argomento di discussione, è una questione di sesso... se una è in minigonna
col tacco 12 stanno tutti a sbavare, gli stessi che non accetterebbero neanche i gay perché per loro non ci
dovrebbero essere, non sono in grado [Interv. 18, 50, Piemonte].
Questo atteggiamento conservatore può sfociare in prese di posizione nette, come nel caso seguente
in cui, probabilmente, si impedirà l'ingresso di una persona in quanto “evidentemente”
omosessuale:
A noi personalmente in termini esoterici non ci interessa l'aspirazione sessuale di... facciano quello che vogliono.
Questo però lo dico io. Stiamo tegolando in questo momento una persona che è gay, io non so se riuscirò a superare
la resistenza dei fratelli, di alcuni fratelli, non di tutti eh [...] il mondo che c'è fuori [...] siamo ancora quel mondo lì.
[Lei è favorevole all'ingresso della persona omosessuale che si è presentata?] Io si, tant'è che l'ho incontrata
personalmente e lo trovo una persona degna, un artista, egocentrico ma da noi queste cose sono normali, però
125
potrebbe portare un po' di caos. Mentre io lo vedo positivo il caos, altri miei fratelli questa cosa non la vedono così
positiva [Interv. 15, 60, Piemonte].
Come accennato in precedenza, quando Kenney (2016, 173) parla dei conflitti che possono
insorgere tra i fratelli di loggia, cita anche «insensitivity to minority (e.g., Black, gay)». In questo
caso un intervistato parla di come le sopracciglia di alcuni dei fratelli si alzino ogniqualvolta un
omosessuale richieda di essere iniziato: «We had a gay candidate last year. Let’s just say eyebrows
get raised among some groups whenever some new element, for lack of a better word, is
introduced».
Alcuni intervistati si interrogano sul fatto se il percorso iniziatico per gli omosessuali non debba
essere diverso sia da quello maschile che da quello femminile, in riferimento alla questione della
parte femminile e maschile che dovrebbe essere insita in ognuno di noi. In questo senso alcuni
fratelli trovano discriminante l'assenza delle donne a fronte della presenza degli omosessuali:
Può darsi debbano fare un terzo percorso iniziatico... ci sono omosessuali che hanno una componente maschile
più forte, omosessuali che hanno una componente femminile più forte, può anche darsi che gli uni debbano fare il
percorso maschile e gli altri l'altro, non lo so [Interv. 7, 55, Piemonte].
È chiaro che se escludi la donna dovresti escludere un omosessuale o lesbica, se la donna la escludi, in base a un
ragionamento logico, non sicuramente di discriminazione, dovresti escludere anche questi. [...] Dal punto di vista
logico un omosessuale non dovrebbe entrare, ma di fatto entra... e allora un problemuccio si pone per le donne
[Interv. 13, 37, Piemonte].
All'interno del Goi dov'è il problema? Siamo uomini, con la U maiuscola, quindi uomini e donne [...] al di là di
quello che ti ho detto prima [del fatto che lui preferirebbe non avere donne nell'Obbedienza], l'iniziazione non puoi
negarla alla donna, perché la donna non è un essere inferiore [...] per cui quando ti parlo di Uomo ti parlo di
Umanità, l'omosessuale è una declinazione dell'uomo, se c'è che problema c'è? [Interv. 11, 40, Piemonte].
In teoria la massoneria non può iniziare gli omosessuali, come non può iniziare uno zoppo o un cieco perché nella
tradizione operativa che la massoneria ha raccolto, l'imperfezione fisica - e l'omosessualità in questo caso rientra
nell'imperfezione fisica - non danno la pienezza. [...] Per quanto io ne so, da tempo le massonerie iniziano e
omosessuali e disabili, non mi risulta però che l'abbiano mai fatto con una rettifica teorica [...] perché come si fa a
rettificare un patrimonio che dovrebbe essere intoccabile? Lo si fa sottobanco [Interv. Cazzaniga].
Ad una analisi attenta delle parole dei fratelli emerge l'immagine di un'apertura che però presuppone
alcune condizioni «di rigore» che dovrebbero essere rispettate per non creare particolari malcontenti
e disequilibri all'interno di una Obbedienza che continua ad avere una visione piuttosto
126
“maschilista” dell'appartenenza. Come mi ha detto un intervistato, è comunque difficile fare outing
all'interno dell'Istituzione:
[Ci sono omosessuali nella tua loggia?] No nessuna dichiarazione, secondo me è ancora più difficile fare outing
in una situazione maschilista, machista, quindi è difficile proprio per paura di essere... in una situazione mista c'è
sempre la metà che può comprendere. Un po' come nel mondo del calcio, ce ne sono tanti ma nessuno lo dice
[Interv. 22, 36, Piemonte].
127
128
CAPITOLO IV
La dimensione relazionale: gerarchie interne e apertura verso l’esterno
In questo capitolo e nel successivo illustro i rapporti tra i vari “spazi” che coinvolgono l'universo
massonico, individuati come segue: la loggia; l’Obbedienza; il mondo profano. Questo capitolo, in
particolare, analizza il rapporto tra la loggia e il mondo profano e tra la loggia e i vertici
dell’Obbedienza. Per quanto riguarda il primo punto, gli aspetti considerati sono i seguenti: quanto i
parenti e gli amici sanno dell'appartenenza dell'intervistato alla massoneria; la forma elitaria versus
l'attività di proselitismo; chi si apre all'esterno e chi no (motivazioni e modalità di apertura);
partecipazione profana agli eventi organizzati dalle logge; pareri sulla Gran Loggia (una sorta di
congresso annuale del Goi); lettura attenta del linguaggio soprattutto in riferimento a come viene
definito il mondo profano da parte dei fratelli; il segreto e la ritualità come costruttori di confini.
Riguardo al secondo punto, ossia il rapporto tra la base e i vertici dell’Obbedienza, cerco di capire
quali tipi di contatti sussistano tra i membri delle logge del territorio e le cariche dell’Obbedienza e
il tipo di potere e autorità che vengono riconosciuti a queste cariche, soprattutto alla figura del Gran
Maestro.
Sarete cauti nelle vostre parole e nel vostro portamento affinché l'estraneo più accorto non possa scoprire o
trovare quanto non è conveniente che apprenda; e talvolta dovrete sviare un discorso e manipolarlo prudentemente
per l'onore della rispettabile Fratellanza. [...] particolarmente non lasciate che la vostra famiglia, amici e vicini
conoscano quanto riguarda la Loggia ecc. ma saggiamente tutelate l'onore vostro e quello dell'antica Fratellanza 64.
Non l’ho detto neanche ai miei genitori perché penso che l’avrebbero percepito come un modo per fare carriera
[Interv. 8, 36, Piemonte].
Sai, magari mia mamma era più “Che cazzo va a fare questo…”, poi deve aver capito che non taglio le gole ai
galli e purtroppo non faccio cose strane con le vergini [ride], quindi non ha più detto nulla [Interv. 14, 50,
Piemonte].
64
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. XII.
129
Quando l’ho detto tutti pensavano che mi fossi sistemato, perché questa è l’idea esterna no? [Interv. 15, 60,
Piemonte].
Mia madre che è l’unica comunista di casa all’inizio [diceva], “vai con gli incappucciati, cosa fate, cosa non fate”
perché c’era ancora un po’ il retaggio di Gelli, della P2, quindi una volta acclarato cosa si fa. Oramai mia madre è
tranquillissima visto che non faccio poi nulla di strano [Interv. 22, 36, Piemonte].
Questo emerge anche nella ricerca di Mahmud (2014, 63) che scrive come, in molti casi, i parenti
profani «were under the impression that the material conditions underlying Masonic membership
were much more relevant than any presumed connection with the spiritual».
Quindi capita che la comunicazione venga fatta ai parenti (o siano loro a capirlo da soli e a fare
domande) per il semplice fatto che si iniziano ad avere abitudini particolari da giustificare, ad
esempio uscire una sera a settimana in giacca e cravatta portando con sé una borsa di una forma
particolare, quella che contiene i paramenti massonici come i grembiulini. Inoltre iniziano ad
entrare in casa libri e letture di stampo massonico/storico/esoterico, oppure a seconda della carica
assunta all’interno della loggia ci si porta a casa del vero e proprio lavoro da fare, come la stesura
dei verbali nel caso del Segretario:
Non l’ho detto neanche ai miei genitori perché penso che l’avrebbero percepito come un modo per fare carriera
[…]. [poi] ho dovuto proprio dirlo perché ho cominciato a ricoprire ruoli come il segretario, quindi avevo tutti dei
faldoni a casa. Poi incominciano ad entrare dei libri che sono sempre un po’ monotematici, e quindi diciamo che
l’hanno saputo frequentandomi, ma non l’ho mai detto [Interv. 8, 36, Piemonte].
Diciamo, l’informazione… […] qua ad Asti diventa quasi obbligatoria nel senso che ogni 15 giorni hai una serata
fissa in cui non ci sei e in qualche modo devi giustificarla [Interv. 19, 48, Piemonte].
È impossibile tenerlo nascosto in famiglia…[…] puoi tenerlo nascosto se i tuoi genitori son degli stupidi […]
adesso io abito in una casa dove praticamente a piano terra abitano i miei genitori […] quando iniziano ad andare a
fare le pulizie in casa tua, iniziano a vedere il libro, e un libro così e un libro cosà… libri, non so, il vestito, poi
iniziano a vedere la valigetta… […] io non sono sposato, però anche agli occhi di una compagna “dove vai
stasera?”, eh la puoi raccontare una volta, due, tre, poi dopo alla quarta… da lì alle cene, perché poi non vieni
solamente qua, cioè vai anche in giro per altre logge quindi… [Interv. 23, 39, Piemonte].
Come ha avuto modo di constatare Mahmud (2014, 64), spesso i suoi interlocutori utilizzano il
termine «outing» in riferimento al processo di svelamento della loro identità massonica a persone
profane; termine anglicizzato preso in prestito dal movimento italiano sui diritti dei gay per
significare «coming out».
Sia nel caso nordamericano che in quello italiano, una volta che il bussante fa domanda di ingresso,
hanno inizio degli incontri conoscitivi con alcuni Maestri. Ma, a differenza del caso italiano, nel
contesto preso in esame da Kenney (2016, 62) gli incontri spesso avvengono anche con la famiglia
del bussante e con la sua eventuale compagna. Questo può essere interpretato come un indice di
maggiore apertura e, soprattutto, di maggior coinvolgimento della cerchia di persone legate in modo
130
particolarmente stretto al fratello massone.
Per quanto riguarda gli amici, almeno quelli più stretti, si registra un maggiore riserbo. In generale i
fratelli sostengono che la persona debba essere preparata prima di poterle parlare della loro
appartenenza massonica perché si tratta di un'esperienza molto personale che, del resto, viene vista
in modo negativo all'esterno:
Lì va a sensibilità, nel senso che non mi sono mai nascosto ma non ho mai nemmeno messo i manifesti perché la
vivo come un’esperienza estremamente personale [Interv. 6, 61, Piemonte].
[Gli amici sanno?] Pochissimi, uno o due, sostanzialmente perché è una cosa mia, è un percorso strettamente
personale quindi non è necessario comunicarlo agli amici [Interv. 16, 55, Piemonte].
Alcuni lo sanno, altri no… devo dire che nelle cerchie di amici ho trovato un po’ di diffidenza… l’ho proposto
già più volte, non tantissime ma un po’ di volte a qualcuno l’ho proposto e non c’è stato un riscontro [Interv. 19, 48,
Piemonte].
[Gli amici sanno?] Qualcuno si e qualcuno no, dipende... […] chi capisco che possa recepire, che possa capire
quello che è veramente la massoneria, allora si... potrei farlo comunque eh, io non ho problemi perché non ho
interessi qui in città, quindi cosa pensano gli altri non me ne frega proprio niente, però è inutile star lì a spiegare a
uno che poi bollerebbe “ecco, ma tu sei massone, associazione a delinquere” e bon [Interv. 21, 62, Piemonte].
Sai nelle compagnie non sono tutti colti, tutti laureati, ci sono anche quelli che ne sentono parlare per scarsa
curiosità non vanno neanche a vedere cos’è, quindi… […] qualche volta te lo tieni per te, sei un po’ riservato
perché di fronte ti trovi magari il catto-comunista o il ciellino, perché poi giri in un ambiente, cominci a passare dal
Rotary alla massoneria […] quando vedo che può essere utile ai fini di avvicinare il rapporto e accorciare le
distanze lo dico, se invece capisco che potrebbe aumentare le distanze me lo tengo per me e non ne faccio parola
[Interv. 22, 36, Piemonte].
Gli amici più stretti, ammetto che l’unica che lo sa è la mia praticante…[…] alle volte viene con me in macchina,
al telefono parlo con uno, parlo con l’altro, non puoi sempre dire “non posso, ti chiamo più tardi” […] mi son
sentito di rivelarlo perché comunque l’ho reputata oltre che una professionista, anche una persona riservata, ecco
[…] con gli amici è sempre un po’, non dico un problema, però è sempre un po’ un’arma a doppio taglio […]
devono essere amici che sono in grado di capire quello che tu stai dicendo [Interv. 23, 39, Piemonte].
A volte verrebbe voglia di far capire certi argomenti ai profani, no? Altre volte torni indietro sui tuoi passi e dici
“no!”, perché alcune persone non è che non lo capiscono, ma non lo vogliono capire, non c’è la predisposizione per,
non c’è la mentalità [Interv. 13, 37, Piemonte].
Del resto ci sono anche fratelli che non hanno esternato con nessun amico la loro appartenenza
perché non si sentono pronti:
Della cerchia dei miei amici più intimi non l’ho mai detto a nessuno, non me la sento, in questo momento storico
[Interv. 8, 36, Piemonte].
Gli amici più stretti no [non sanno]… diciamo che se devo dirla tutta, mettiamola così, del resto è una cosa
risaputa, la massoneria in Italia non è molto amata [Interv. 9, 42, Piemonte].
C’è chi comprende e chi no, quindi magari tanti amici, quando uno sente la parola massoneria, “Mamma mia, fai
parte di una setta!”, ma una setta di che? Quindi per scelta preferisco non esternarlo [Interv. 12, 52, Piemonte].
Allora, normalmente è una cosa che cerco di tenere per me, ma semplicemente perché non ho voglia di entrare in
131
discussioni su chi può avere delle idee fuorvianti o fuorviate sulla massoneria, cioè se non ti interessa non
importa… cioè io di mio non ne parlo, se in qualche modo esce il discorso sulla massoneria cerco di tenermene al di
fuori [Interv. 19, 48, Piemonte].
In un caso un fratello intervistato non aveva comunicato la notizia a nessun amico («Sono riservato,
voglio evitare malintesi»), ma ugualmente tutti sono venuti a saperlo perché nella sua loggia è
entrato un “falso fratello”, sostanzialmente un giornalista a caccia di scoop che si è finto interessato
al percorso iniziatico. Appena i fratelli della loggia hanno svelato i reali intenti del nuovo membro,
hanno espulso il giornalista che, prontamente, ha reso pubblici i nominativi dei massoni che aveva
incontrato all’interno dell’Obbedienza.
Di solito l’approccio verso gli amici consiste nel tastare il terreno gradualmente per capire se l’altro
recepisce certi tipi di argomenti oppure no:
In alcuni casi [gli amici sanno] anche dell’appartenenza, in alcuni casi soltanto a livello di affrontare certi
argomenti, ma anche lì dipende molto con chi hai a che fare, quindi lasciami dire, se uno non è interessato di
esoterismo, ad una grigliata magari non vai a parlare di quello, invece ad altre persone magari fai discorsi di tipo
differente perché dall’altra parte hai qualcuno che capisce quello che dici e può anche rispondere in maniera
proficua [Interv. 10, 32, Piemonte].
Nel momento in cui magari tu lo dici, ehm, non sai mai quale può essere la reazione, perché poi magari i
comportamenti futuri di queste persone possono sempre essere condizionati dal fatto che sanno che tu sei un
fratello, e quindi magari si comportano diversamente […]. La cosa bella qual è? È che magari, senza parlarne, così,
dirompentemente, a fiume, ma magari accennando qualcosa, spiegando qualcosa, capire se questo tuo amico stretto
è una persona che recepisce, il cosiddetto recipiendario… capisce, comprende, assimila [Interv. 23, 39, Piemonte].
Una parte dei fratelli sostiene di non aver nessun problema a parlare dell'appartenenza con
chiunque. Da sottolineare come in questo gruppo rientrino tutti gli intervistati calabresi. Anche in
questo caso il dato potrebbe essere poco significativo visto che gli intervistati in questa regione
occupano posizioni di rilievo all’interno dell’Obbedienza e, conseguentemente, il loro profilo e
ruolo di massone risulta essere più pubblico e visibile rispetto ad altri:
Tutti sanno, non ho problemi a dire che lo sono [Interv. 7, 55, Piemonte].
C’è il libro che dice che sono massone, io non nascondo questa mia… non l’ho mai nascosta […] ma io ho
sempre palesato quelle che sono le mie idee, quello che ho nel cuore ce l’ho qua in bocca [Interv. 24, 80, Calabria].
Io sono convinto che l'istituzione è un'istituzione veramente valida e formativa e quindi l'ho sempre voluto dire a
tutti, ma anche nel mio ambiente di lavoro [Interv. 25, 44, Calabria].
Che io sono massone lo sanno tutti e tra l’altro vede [indica i quadretti esposti nel suo ufficio], c’è tutta una
decorazione in questi termini, non ne ho mai fatto un mistero [Interv. 26, 70, Calabria].
Se mette [su internet] nome e cognome, massoneria, il mio nome esce abbastanza facilmente [Interv. 27, 53,
Calabria].
132
Spesso si riscontra come sia più semplice parlare della propria appartenenza all’esterno quando non
si rischia di avere problemi, specialmente sul lavoro:
L’essere giovane quando sono entrato è stato molto utile perché non ho dovuto giustificare in nessun modo con
nessun datore di lavoro, niente di che… io sono arrivato dopo 10 anni di massoneria al punto in cui vado in giro con
squadra e compasso sulla giacca, ma anche sulla giacca sportiva, ma anche sulla camicia senza nessun problema, e
con un anellino che è anche abbastanza pacchianotto [Interv. 11, 40, Piemonte].
Considerata la frequentazione esterna che ho avuto con due fratelli torinesi, è risultato abbastanza
evidente una sorta di imbarazzo nell'affrontare l'argomento in un bar – ad esempio – in mezzo ad
altri tavolini con estranei che avrebbero potuto sintonizzarsi sulle nostre conversazioni. Imbarazzo
che consisteva per lo più nell'abbassamento del tono di voce e nell'evitare di pronunciare
direttamente parole quali massoneria e loggia.
In corrispondenza del solstizio d’estate e d’inverno è abitudine delle logge di fare le agapi, sarebbero delle cene
conviviali, che vengono definite bianche quando partecipano anche le famiglie… [Mio padre] iniziò a portarmi a
queste agapi dove c’erano anche i figli di altri fratelli perché poi comunque tra i fratelli si crea un legame forte
[Interv. 20, 57, Piemonte].
65
Ivi, p. 74.
133
Le agapi in bianco non sono gli unici momenti in cui i fratelli massoni possono invitare a
partecipare persone a loro care. Un'altra occasione è la commemorazione dei defunti che si celebra
il 10 marzo, in concomitanza con l'anniversario della morte di Mazzini. Durante questa cerimonia
vengono ricordati i fratelli passati all'Oriente eterno (deceduti) durante il corso dell'anno: «Tale
cerimonia, aperta in parte [...] anche ai profani, in genere parenti o amici degli scomparsi, si
distingue per la sua intensità particolare ed è in genere tenuta da più logge riunite insieme presso i
singoli Orienti (ossia presso le sedi principali del capoluogo di provincia)» (Panaino 2006, 763).
Uno dei miei intervistati, al tempo profano, era stato invitato alla commemorazione della morte del
padre e del fratello, entrambi massoni. Dopo quell'evento, ha deciso di fare il suo ingresso in
massoneria:
Il mio ingresso è molto particolare rispetto agli altri, perché io sono entrato in massoneria quando mi hanno
invitato da profano per la commemorazione dei defunti nella mia loggia e in quell'occasione si commemoravano
mio padre e mio fratello, quindi io sono entrato già nel tempio ad occhi aperti, non ad occhi bendati come si fa
normalmente durante l'iniziazione [Interv. 25, 44, Calabria].
134
rilevanza e visibilità pubblica» e, in tempi più recenti, ha saputo sfruttare internet disponendo di siti
ricchi di informazioni (Conti 2015).
Certamente, dalla Gran Maestranza Raffi66 in poi la volontà di apertura verso l'esterno si è fatta
molto sentire, ufficialmente per fornire un'immagine più positiva dell'organizzazione:
Secondo me [con una maggiore apertura] si può sfatare il mito di questo alone che si è formato sui massoni, sulle
logge… perché no! [Interv. 12, 52, Piemonte].
Anche l’altro aspetto [rimuovere l’immagine negativa della massoneria], per quanto riguarda soprattutto il Goi
sicuramente c’è perché comunque siamo in Italia, c’è stata la P2, la P2 faceva parte del Goi e quindi… io vedo che
comunque l’idea che hanno i profani della massoneria è ancora molto legata a qualcosa di segreto, poteri sotterranei
[Interv. 19, 48, Piemonte].
Io la vedo da un lato assolutamente positiva [l’apertura all’esterno] perché il lato positivo è proprio quello di far
capire al mondo profano che la nostra istituzione non è un'istituzione segreta, ma in Italia non possono esserci
istituzioni segrete, sarebbero contro legge... ci possono essere associazioni riservate [Interv. 25, 44, Calabria].
Io auspico che il Goi continui a svolgere questa attività di trasparenza e la trasparenza si può ottenere soltanto
aprendosi […] presentarsi alla società civile e a mano che la società civile quando ci vede e ci conosce e ci giudica,
possa dire “beh quello è un massone allora è una persona perbene è un galantuomo” questo è importante per noi
[Interv. 28, 65, Calabria].
Per alcuni fratelli l’apertura all’esterno, ciclicamente proclamata dai vertici quale azione di
trasparenza, è sicuramente andata aumentando nel corso dei decenni:
Ma io vedo che questo [l’apertura] è già avvenuto proprio perché stanno entrando, e questa cosa la vedo bene,
molti giovani [Interv. 9, 42, Piemonte].
Adesso se ne parla [di massoneria] e tu sei qua proprio perché molto probabilmente c’è stata una maggiore
apertura, sennò scordatelo che tu potevi entrare a quest’ora qui in Piazza Vittorio, anche solo 10-15 anni fa, quindi
c’è stata tutta una politica di apertura di un certo tipo [Interv. 11, 40, Piemonte].
50 anni fa non si usciva allo scoperto come si esce oggi; noi il 20 settembre, che lei avrà sentito, celebrativo della
Breccia di Porta Pia, i manifesti celebrativi del 20 settembre li attaccavamo di notte… erano altri tempi, non erano i
tempi di oggi. […] come oggi ci si sia aperti al punto di andare dal presidente della Repubblica a dire “Guardate che
noi stiamo organizzando le manifestazioni per i 70 anni della Repubblica” e il presidente della Repubblica ha
risposto compiaciuto di questo discorso. 50 anni fa al Presidente della Repubblica questi discorsi non si facevano
[Interv. 26, 70, Calabria].
Lo stesso Kenney (2016, 47) riconosce come ci sia stata un’evoluzione nel corso degli anni riguardo
alla riservatezza e all’apertura:
At one time the boundary was tightly drawn and Masons reportedly took their obligation to secrecy far more
seriously than they do today. Whether this was due to past persecutions or simply necessary to prevent the misuse
of information, the fact is that many Masons didn’t talk about it publicly, particularly between the late 1930s and
the emergence of Masonic public relations beginning in the 1980s and 1990s.
66
Come è già stato ricordato, Gustavo Raffi è stato Gran Maestro dal 1999 al 2014.
135
La graduale apertura, per quanto riguarda il contesto nordamericano, secondo l’autore è da
rintracciarsi soprattutto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso con la proliferazione della
letteratura di stampo massonico su Internet, con la fascinazione crescente che le società segrete e le
teorie della cospirazione hanno generato nel pubblico e grazie ad una generazione che, anche
attraverso gli stimoli sopra esposti, è più interessata a conoscere e ad avere informazioni rispetto
alla generazione nata negli anni Sessanta/Settanta.
Detto ciò, per alcuni intervistati quest’apertura al fine di eliminare una impronta negativa che nel
tempo si è fissata sulla massoneria, non è molto efficace:
La mia idea è che sia fondamentalmente inutile […]. Nella gran maestranza di Raffi, che è durata 15 anni, un
tempo spropositato, il suo fiore all’occhiello era “Apriamoci verso l’esterno così saremo riconosciuti su un piano
sociale”, poi non è stato così perché negli ultimi 15 anni non è cambiato nulla della cattiva impressione che
facciamo all’esterno [Interv. 6, 61, Piemonte].
La scarsa efficacia è spesso motivata dalla convinzione che lo scopo principale dell’apertura non sia
quello di acquisire un’immagine più positiva nei confronti dell’opinione pubblica. A questo
proposito vengono rintracciati altri due motivi: il primo consiste nel curare i propri interessi come
organizzazione sociale e politica; il secondo è quello di aumentare il numero dei membri per avere
un’organizzazione economicamente più florida. Di quest’ultimo aspetto parlerò nella parte dedicata
al proselitismo. Per quanto riguarda il primo aspetto riporto alcuni commenti dei miei intervistati:
Nel momento in cui sei diventato un’organizzazione e senti il bisogno di dare a quest’organizzazione un ruolo
sociale e politico, allora queste problematiche sono rilevanti perché se vuoi avere un ruolo sociale e politico devi
avere un’immagine, un’immagine positiva e come tutte le organizzazioni sociali e politiche devi preoccuparti di
farti riconoscere, raccontare chi sei, rintuzzare gli attacchi e andare avanti così… ma quella è un’istituzione
iniziatica? No, quella è un’organizzazione politico-sociale [Interv. 7, 55, Piemonte].
L’apertura verso l’esterno secondo me è stata funzionale solamente a coloro i quali si aprivano verso l’esterno
[Interv. 17, 43, Piemonte].
La filantropia, come abbiamo visto, per molti degli intervistati corrisponde ad un accessorio utile,
ma in essa non risiede il vero significato e il vero scopo dell'Istituzione. Infatti le azioni
filantropiche, per molti fratelli, sono il modo più diretto che ha il Goi per aprirsi all'esterno,
mostrare che «siamo tutti belli e tutti buoni», ma di fatto finiscono per creare altra confusione
nell'opinione pubblica dato che il Goi «non è una Caritas, non è un'associazione caritatevole»
[Interv. 7, 55, Piemonte]:
Quella parte lì è necessaria per due motivi, uno dei quali è quello dell’apertura e della trasparenza… mi auguro
abbia un impatto positivo sull’opinione pubblica, se non ce l’ha pazienza [Interv. 10, 32, Piemonte].
136
L’apertura verso l’esterno è direttamente collegata alla disponibilità o meno dei fratelli a mostrarsi e
rendere pubblica la propria appartenenza all’Obbedienza. In questo senso emerge un quadro in cui
alcuni fratelli non hanno problemi a mostrarsi, altri fratelli invece ne hanno, soprattutto per
eventuali ripercussioni in ambito lavorativo:
Sai poi noi siamo un’organizzazione, la più grossa d’Italia, la più importante, facciamo 23 mila persone e quindi
farsi identificare per molti è un problema serio, cioè non banale [Interv. 8, 36, Piemonte].
Quanti di noi non hanno problemi di far sapere all’esterno che sono iscritti alla massoneria? Punto interrogativo.
[…] l’altro giorno a una riunione che abbiamo fatto a Roma noi Presidenti convocati dal Gran Maestro, il Gran
Maestro raccomandava proprio questo… quando vengo io in visita a una loggia e mi fate la fotografia, fate la foto a
me, non a me e prendete altre venti persone col grembiulino che magari possono avere problemi di vedersi
pubblicata la foto su Erasmo [Interv. 26, 70, Calabria].
Nel caso di Asti, la sede delle due logge presenti in città ha l’ingresso direttamente sulla strada
principale, e questo causa non pochi problemi ad alcuni fratelli:
C’è qualcuno nelle nostre logge che digerisce già male la logistica di questa sede, il fatto che si debba entrare da
strada direttamente. […] anch’io sono d’accordo che non sia il massimo l’ingresso così su strada, perché magari
una sera a settimana vedi arrivare gente in giacca e cravatta, che appunto suona, entra con la borsetta [Interv. 19, 48,
Piemonte].
Ti dico, io potrei mettermi la maglietta con scritto “sono massone”… io non ho problemi con la gente, se ce li
hanno gli altri con me pace per loro. Cioè io ho dei fratelli che d’estate non vengono perché vien buio tardi e si vede
che entrano qua [Interv. 22, 36, Piemonte].
Questa scarsa apertura da parte di molti fratelli è causa anche della non estrema facilità con cui
sono riuscita ad avere i nominativi per svolgere le interviste:
C’è qualcuno di noi che sicuramente non avrebbe mai neanche partecipato a questa intervista […] per motivi di
riservatezza, per motivi di timori professionali… che però sono abbastanza eterogenei come diffusione, nel senso…
liberi professionisti che non vogliono che si sappia della loro appartenenza… secondo me è più giustificabile per
dipendenti pubblici [Interv. 19, 48, Piemonte].
Le dicevo pocanzi di un nome che è a Bruxelles [un fratello inserito in una lista di persone che avrei dovuto
intervistare], ma anche se non fosse stato a Bruxelles, da lei non si sarebbe fatto intervistare… questo tra l’altro
[…] lavora in un tribunale e magari teme che poi possa venir fuori, nonostante la tranquillità che uno può dare sulla
riservatezza [Interv. 26, 70, Calabria].
Del resto, qualche fratello mi ha detto di aver accettato di partecipare all’intervista solo per
l’estrema fiducia posta nel massone che ha fatto da mediatore tra me e loro:
[Il mediatore] mi ha chiamato, mi ha detto “C’è questa dottoranda che…”, ho detto “Bene, se c’è da fare qualcosa
facciamolo”, ho fiducia in lui… cerca di rimanere discreta, cioè non… [Interv. 10, 32, Piemonte].
Non è facile aprirsi ai profani. Io l'ho fatto con te perché me l'ha chiesto [il mediatore], di cui ho grande stima
[Interv. 17, 43, Piemonte].
137
Spesso inoltre alcuni fratelli non vedono di buon occhio l’ingresso nella casa massonica da parte dei
profani. Uno degli intervistati di questa ricerca si occupa dell’ordine paramassonico di DeMolay,
organizzazione di stampo iniziatico che racchiude ragazzi maschi di età compresa tra i 12 e i 21
anni. Alla domanda se lui veda da parte dei massoni del Goi un interesse a che il loro figlio faccia
parte dei DeMolay, lui risponde:
C’è qualcuno che è interessato, che crede in questa cosa e qualcuno che è contrario più che altro alla
frequentazione nei nostri ambienti di persone profane [Interv. 16, 55, Piemonte].
Quindi, se anche i DeMolay, che sono un gruppo paramassonico, sono considerati da alcuni fratelli
come dei profani, ben si capisce come dopo un paio di mesi di frequentazione della casa massonica
di Torino per svolgere le interviste, il fratello che mi organizzava gli incontri mi abbia confidato
che, da quel momento in poi, sarebbe stato un problema fornirmi altri nominativi. Questo perché
qualcuno si era lamentato che un profano – io, in quel caso – potesse accedere alla casa massonica,
soprattutto in orario serale quando questa è gremita di fratelli che girano tra la sala da pranzo, i
templi e gli altri locali. Durante le ultime interviste, infatti, si è venuta a creare una dinamica un po’
comica col fratello “mediatore” che si affacciava fuori dalla biblioteca – nella quale svolgevo le
interviste – per assicurarsi che, durante la mia uscita dal locale, gli altri fratelli non mi vedessero.
4.2.2 Proselitismo
Il tema dell’apertura verso l’esterno si lega anche all’aspetto del proselitismo. Nonostante il Gran
Maestro mi abbia detto che il motivo principale dell’apertura del Goi al mondo profano sia «per
farci conoscere… come dico spesso: la massoneria è il contrario dell’Aids, se la conosci non la
eviti», rispondendo con dei no sicuri alla possibilità da me palesata che l’Obbedienza intenda aprirsi
anche ai fini di proselitismo, per altri intervistati un importante motivo per la proclamata azione di
trasparenza è proprio quello della possibilità di un aumento degli iscritti per un conseguente
aumento degli introiti:
Più gente hai, sei un’associazione, voglio dire, siamo in mille e dobbiamo spendere 50 euro l’uno, fa X… se
siamo diecimila fa Y [Interv. 14, 50, Piemonte].
Si fa proselitismo anche se non si può dire perché non sembra una cosa così nobile, ma chi entra paga e i soldi
non fanno schifo e c'è chi mangia parecchio all'interno [Interv. 17, 43, Piemonte].
Siamo un’associazione di uomini e quindi abbiamo i problemi di tutti gli uomini, ossia quando si arriva a una
certa posizione di vertice poi entrano in gioco discorsi di tipo economico, politico e quant’altro quindi il
proselitismo sicuramente aiuta queste cose [Interv. 19, 48, Piemonte].
138
Sull’azione di proselitismo i pareri sono piuttosto concordi, con la parziale eccezione di un fratello
entrato tramite Internet, apertamente favorevole ad una sorta di «marketing culturale»:
Io sono per il marketing culturale, cioè io sono per dire “Noi siamo questo, ti possiamo cambiare la vita”. […]
secondo me noi possiamo dare tanto a chi ha delle potenzialità […]. Noi abbiamo una cultura d’élite perché si va
per presentazione; io sono entrato tramite un’email per cui il mio punto di vista non può essere che quello
dell’apertura [Interv. 8, 36, Piemonte].
La maggior parte degli intervistati, invece, utilizza toni più cauti, tirando in ballo l’elemento della
qualità dei membri che può vedersi indebolita a fronte di una maggiore quantità degli ingressi:
Allora io penso che non sia il numero delle persone ma la qualità delle persone, e quindi va bene un’apertura
purché, come si dice, le persone rimangano interessate a quello che effettivamente è il cuore dell’Obbedienza
[Interv. 10, 32, Piemonte].
Si per l'apertura, ma selezionata. Non è un club service; la giacca e la cravatta non sono elitari, ma la vestizione è
importante [Interv. 18, 50, Piemonte].
La visibilità aiuta a uscire dai gioghi dell’indice, ma dall’altra parte aumenta anche il numero di persone che
arrivano così, allo sbando, o per interessi diversi da quelle che sono le finalità della massoneria, per cui
proselitismo, direi, con calma [Interv. 11, 40, Piemonte].
Adesso il nostro problema è quello di fare un po’ di proselitismo. Io sono un po’ selettivo, cerco un’élite, quindi
diventa difficile coniugare la cooptazione con un po’, tra virgolette, di massa con la qualità. È sempre stato così,
quando tu c’hai la quantità, di solito va a discapito della qualità. […] Allora se tu vuoi fare un’élite, un’élite di
brave persone, […] l’apertura all’esterno la vedo una volgarizzazione di qualche cosa, e quindi perde di valore
[Interv. 14, 50, Piemonte].
Anche dalle interviste di Kenney emerge come, nonostante «every once in a while you have to add
membership to have membership», in linea generale l’atteggiamento sia quello verso una bassa
apertura per quanto riguarda il proselitismo (less openess in recruitment): «Many such respondents
were of the view that open-lodge recruitment policies were problematic in that they “favoured
quantity over quality of candidates”» (2016, 151-152).
A sostegno del “fattore qualità”, alcuni intervistati sottolineano quanto sia cruciale arrivare non a
tutti, bensì alle persone «giuste»:
Siccome l'apertura non vuol dire qualità, la quantità non è qualità, bisogna essere bravi a riuscire a individuare le
persone giuste che possano far parte di un percorso che è diverso da quelli che normalmente si fanno, quindi
apertura con moderazione [Interv. 27, 53, Calabria].
La massoneria diciamo farebbe presto ad aprirsi, scrivere sui giornali che c’è la Gran Loggia, che c’è questo e
quello, non ci vuole niente… il problema è di cambiare la cultura, cioè di alzare il livello di cultura diciamo del
popolo […] è lì che bisogna lavorare, però non è facile [Interv. 21, 62, Piemonte].
Vede nel mondo profano bisogna anche cercare di cooptare e di arrivare alle persone che hanno effettivamente
degli interessi veri; per avere lì una masnada di curiosi […] vengono perché vogliono della confusione, del casino,
perché comunque tu nei loro deliri sei un demonio […] effettivamente creerebbe solo del disagio e non porterebbe
niente a nessuno [Interv. 20, 57, Piemonte].
139
Secondo me la massoneria si deve aprire, d’accordo, a parte bisogna anche definire che cosa, come, quando e per
quanto tempo, cioè queste modalità di apertura, però se a te interessava la Gran Loggia, alla fine l’hai trovata… non
è il caso di iniziare a fare la pubblicità alle nove meno dieci di sera su Masterchef per avere più audience; nel
momento in cui uno si interessa ha quella fiammella che lo porta a scoprire e a interessarsi, nel momento in cui uno
si interessa non deve trovare una barriera ma deve trovare un ambiente disponibile e disposto ad accoglierlo [Interv.
23, 39, Piemonte].
Anche nella ricerca di Kenney (2016, 51) emerge come le «politiche di reclutamento» (solicitation
policies), nonostante la proclamata maggiore apertura nei confronti dell'esterno, rimangano un tema
controverso tra gli intervistati. Alcuni si sono detti favorevoli all’attivo reclutamento di nuovi
membri, mentre altri credono che il bussante debba prima chiedere ad un fratello massone
conoscente se possa entrare o meno. Dall’analisi delle interviste emerge anche il tema qualità vs
quantità, per cui «seven respondents decried the “number game,” favoured quality over quantity,
and expressed concern over how solicitation might “water down” the membership».
Interessante qui riportare come alcuni intervistati, sia massoni che ex massoni, in tono per lo più
sarcastico mi abbiano detto che spesso si cercano di cooptare persone con una occupazione profana
che possa essere di qualche utilità per le logge. Quindi la figura del ristoratore, per avere un posto in
cui andare a cena dopo le tornate rituali ed essere trattati bene; oppure il rappresentante di vini, per
avere sempre le migliori scorte. Un ex massone, parlando del passaggio di grado da Compagno a
Maestro, mi ricorda come sia previsto che, durante la cerimonia, un fratello Maestro debba prendere
posto all'interno di una bara per assumere il ruolo di Hiram, l'architetto capo della costruzione del
tempio di Salomone. In merito all'accaparramento di bare, il mio interlocutore si esprime nel modo
seguente:
[...] si sa che si viene messi in una bara, quindi... e infatti si cerca sempre anche il padrone delle pompe funebri.
[...] io ho visto il tempio di [città dell'intervistato], il più grande, una stanza era piena di bare... “E tutte queste
bare?”, “Perché abbiamo avuto molti fratelli nelle pompe funebri” [Interv. 4_ex, 40].
Ho trovato questi aneddoti piuttosto simpatici, delle note di colore che però hanno assunto maggiore
rilievo quando ho preso visione della tesi della Coggiola in cui si fa riferimento al “proselitismo di
piano” che, come dice uno dei suoi intervistati della Gran Loggia d'Italia degli Alam, verrebbe
praticato molto diffusamente nel Grande Oriente d'Italia:
Uno degli intervistati ha parlato di “proselitismo di piano”: si tratta di fare proselitismo al fine di avere almeno un
confratello in ogni Ente, azienda o posizione lavorativa di prestigio e – anche se solo implicitamente ammesso -
“utile”. Quando si sono domandante ad uno degli esponenti della Gran Loggia d'Italia delucidazioni riguardo al
“proselitismo di piano” mi è stato spiegato quanto detto e consigliato di domandare ai fratelli del Grande Oriente
d'Italia maggiori informazioni, in quanto essi lo praticherebbero diffusamente (Coggiola 1995, 28).
140
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, dall'analisi delle mie interviste emerge piuttosto un
processo di omofilia, (simile chiama simile), quindi alcune logge finiscono per essere composte da
membri che, in buona percentuale, praticano la stessa professione. Una sorta di camera
professionale che potrebbe facilmente far pensare ad attività di loggia che esulano da lavori di tipo
strettamente iniziatico. Del resto, se si guarda alla professione degli intervistati di Coggiola (1995,
86), emerge come ben 12 su 35 siano medici.
Io sono segretario […] diciamo sono il pr, quello che organizza le manifestazioni […]. Pochissima partecipazione
profana! Allora, siamo sempre gli stessi, siamo sempre noi perché c’è poca apertura. […] organizzare gli eventi è
molto bello tra di noi, ci rivediamo sempre tra di noi, vediamo i nostri figli crescere, e questo fa piacere ma ci sono
pochi profani [Interv. 8, 36, Piemonte].
Allora io faccio parte della Commissione cultura del Collegio […] quindi organizziamo eventi più che altro chiusi
all'interno. Sono aperti però alla fine vedo che anche gli eventi aperti che si fanno a Torino, gli arrivi da fuori non è
che... [Interv. 19, 48, Piemonte].
Torino si è impegnata tantissimo per il 2011 per i 150 anni dell'Unità d'Italia, ha organizzato un convegno
internazionale, dove c'è la Camera di commercio, Piazza Valdo Fusi... ha organizzato questo grosso evento in una
sala molto grossa, alla fine non c'è stata tutta questa partecipazione. Han portato un po' di scuole, un po' di gente
così però non c'era... e questo era più pubblicizzato, ma non c'è stata grande affluenza [e] gli eventi che son stati
organizzati al di fuori di Torino hanno avuto una risposta addirittura più bassa [Interv. 22, 36, Piemonte].
Noi cerchiamo la trasparenza, cerchiamo la partecipazione del mondo profano però poi il mondo profano non
risponde nei nostri confronti [Interv. 28, 65, Calabria].
Quanto la presenza profana agli eventi sia scarsa l'ho potuto appurare personalmente in più
occasioni. La fonte della notizia dell’evento l’ho sempre appresa dal sito del Goi, che visitavo
quotidianamente per motivi di ricerca. Tralasciando la Gran Loggia, la manifestazione annuale
dell’Obbedienza di cui parlerò tra poco, in tre casi l’evento si teneva all’interno di una Fondazione
67
All'articolo 73 del Regolamento dell'Ordine si legge che «per promuovere manifestazioni collettive, con l'intervento
di più di due Logge di Orienti diversi, occorre l'assenso del Presidente del Collegio Circoscrizionale, se interessano
solo Logge della Circoscrizione, o l'assenso del Gran Maestro se interessano Logge di diverse Circoscrizioni. Ove si
tratti di organizzare incontri con una o più Logge Estere appartenenti a Grandi Logge in rapporto con il Grande
Oriente d'Italia, oppure nel caso di manifestazioni aperte ai profani, deve essere richiesto il preventivo assenso del
Gran Maestro su conforme parere della Giunta», Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri,
Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma, Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. 75.
141
bancaria o di un hotel di lusso – luoghi certamente accessibili a tutti, ma non di scontata e facile
fruibilità. Luoghi che denotano comunque una forte impronta elitaria che può scoraggiare i profani
verso una attiva partecipazione. In due occasioni mi sono recata sul luogo dell’evento, ho suonato al
citofono ma nessuno ha risposto. In entrambi i casi ho dovuto attendere che un fratello citofonasse –
senza risposta anche lui – e quindi telefonasse ad uno dei presenti all’evento, che prontamente
apriva il portone d’ingresso del palazzo, permettendomi di entrare quasi in modo furtivo. In tutti i
casi l’affluenza profana era, a prima vista, completamente assente. Ovviamente non posso averne
certezza, ma l'impressione è che i componenti principali del pubblico fossero massoni e rispettive
consorti.
Riporto anche le testimonianze di due studiosi, Cazzaniga e Conti, nessuno dei due appartenenti alla
massoneria. Il primo commento è di Cazzaniga, in riferimento ad una conferenza tenutasi a Firenze:
[Sembra che questa trasparenza proclamata ai vertici poi venga in qualche modo disattesa alla base. Che ne
pensa?] Vero, la filosofia della base è “stiamo fra di noi”, non c'è dubbio. Una delle prime volte che ho fatto una
conferenza, l'ho fatta alle Giubbe rosse a Firenze, un loco storico, c'è passata una parte della cultura fiorentina e
italiana del primo Novecento e mi sono reso conto, c'erano una quarantina di persone [...] eran tutti massoni... cioè
la loro apertura stava solo nel fare una conferenza alle Giubbe rosse... è evidente che se non fai un po' di pubblicità
in giro, se non cerchi tu degli esterni, che magari fanno anche casino, che criticano... che apertura è? Io ero l'unico
non massone alle Giubbe rosse. […] Anche se spesso le conferenze son tenute da persone che non sono massoni
[…]. Il Rito Scozzese per celebrare il 750esimo dalla nascita di Dante, ha fatto una conferenza nel Salone dei
Cinquecento a Palazzo Vecchio a Firenze, un posto nobilissimo. I tre relatori erano profani, eran gli unici profani in
una sala con trecento persone [Interv. Cazzaniga].
Due anni fa ho pubblicato un libro che mi aveva chiesto una loggia di Firenze, la Concordia... ho pubblicato il
libro matricola della Concordia, dal 1861 al '21... ho detto “Guardate, ho una fonte straordinaria, mille nomi, tutti i
nomi degli appartenenti alla loggia dal 1861 al 1921”... ah bello bello, facciamolo! Poi questi, presi dall'entusiasmo
per la loro cosa, hanno voluto mettere [...] l'elenco dei membri... quelli che hanno accettato, non son tutti... [...]
anche la casa editrice ha fatto un po' di lancio stampa “Eh, escono i nomi...!”... sulla locandina della Nazione
“Outing...”... alcuni di questi a dire “No, ma come...” e io ho detto “Ma scusate, non è una cosa che fate fare in una
tipografia e ve la mettete nascosta... è un libro pubblico” […]. Così alla fine abbiamo fatto una misera
presentazione... un'occasione persa [Interv. Conti].
Facendo poi una ricerca sul web per osservare quanto spazio fosse riservato ai vari eventi da parte
di portali non massonici, mi sono resa conto di come spesso questi eventi siano presentati come
organizzati “dalla tale associazione” che ha lo stesso nome della loggia che ha pensato la
manifestazione, ma naturalmente questo collegamento è chiaro solo a chi si intende un po’ di
massoneria. Ho chiesto ai fratelli intervistati i motivi di questa scelta, le risposte sono
principalmente di due tipi: per motivi burocratici; per motivi di riservatezza.
142
Per quanto riguarda il primo aspetto si tende a precisare come ogni loggia debba costituirsi per
legge in associazione, da lì il presentarsi come tale ogni volta che si decide di proporre o creare un
qualsiasi evento:
Istituzionalmente noi siamo tutti costituiti in associazioni, perché altrimenti non sarebbe ben legale quello che
facciamo, quindi consideri che ad esempio qui ad Asti c’è un’associazione, Libertà Vera Luce […] sottostanti alla
Libertà Vera Luce ci sono la Monviso, l’associazione Monviso e l’associazione Acacia, che entrambi hanno la
comunicazione ufficiale all’Eas come associazioni culturali senza scopo di lucro perché questo siamo… quindi
quando vai a proporre il libro o vai a fare, tu la proponi come associazione culturale, non è che puoi andare lì e dire
loggia, puoi anche farlo, però come tale è perché come tali siamo perché è proprio un requisito richiesto dal Goi
[Interv. 20, 57, Piemonte].
Noi a Reggio Calabria abbiamo una importante borsa di studio che è emanazione di un circolo che esce fuori
come circolo culturale ma è sempre bene evidente il timbro del Goi, il logo del Goi... diciamo che ci sono esigenze
sia di natura burocratica che di natura proprio di associazione, perché noi siamo quasi tutti anche registrati come
associazione culturale [Interv. 30, 57, Calabria].
Il Gran Maestro mi ha risposto «Io cerco di dire che le cose vanno fatte [...] come loggia, o come
gruppo di logge» anche se, una volta incalzato sui motivi per cui la loggia si presenta come
associazione per promuovere un evento, risponde che i motivi sono solo burocratici.
Il Presidente del Collegio Circoscrizionale di Piemonte e Valle d'Aosta sostiene che il Goi si metta
«sotto il cappello» dell'associazione per motivi tecnici, essendo le associazioni soggetti giuridici che
possono affittare locali e spendere soldi, a differenza della loggia. In più aggiunge altri due motivi,
collegati tra loro, ossia «l'esigenza di utilizzare un nome neutro per essere più appetibili per il
pubblico» e «mantenere la riservatezza dei fratelli»: «In un luogo piccolo dove tutti si conoscono
può non essere salutare che un personaggio, specie se pubblico, si palesi in maniera evidente».
Anche dalle interviste affiora il pensiero secondo cui, presentandosi come loggia, l’affluenza
profana possa essere minore a causa dei pregiudizi nei confronti della massoneria. Collegato a
questo, come abbiamo accennato, l’aspetto che emerge con più forza è quello della riservatezza, di
come molti preferiscano non esporsi troppo, da qui la preferenza nel presentarsi come associazione
anziché come loggia promotrice di un particolare evento:
Secondo me da una parte forse scrivere che è organizzato dalla massoneria ti porta via qualcuno, dall'altra anche
solo la curiosità magari ti fa venire qualcuno in più [Interv. 19, 48, Piemonte].
[Perché uscite sulle news sempre come associazione culturale?] Prima, soprattutto in virtù degli scandali che ci
sono stati, molta gente è stata additata […] per cui c’è gente che ha perso il posto di lavoro, è stata additata […]
soprattutto con la pubblicazione degli elenchi sui giornali, su Internet. […] per cui, fondamentalmente, l’apertura è
sempre stata un grosso problema [Interv. 11, 40, Piemonte].
In un paio di casi si sostiene che la riservatezza sia da collegare ad una non volontà di ostentazione
da parte dell’Obbedienza:
143
Si in effetti non avviene mai, nelle varie locandine non avviene mai la scritta […]. Perché probabilmente… uno è
per tenere non nascosta la cosa, ma perché è abbastanza indifferente che siano i massoni a fare queste cose o meno;
l’altra è perché ci piace così, non ci piace apparire, non ci piace ostentare [Interv. 12, 52, Piemonte].
Come riassume Ennio Battelli in un’intervista pubblicata da Moramarco (1981, 42), «C’è un segreto
massonico di cui nessuno, stranamente ma non troppo, parla mai: quello che ci spinge a non mettere
avvisi sui giornali per pubblicizzare il bene, poco o molto, che riusciamo a fare. E ciò per due
ragioni: la prima morale, perché crediamo, come Massoni, che il bene debba essere fatto per il suo
intrinseco valore e non ricercando gratificazioni celesti o terrene; la seconda di opportunità, perché
a causa di pregiudizi e ostilità un’iniziativa promossa dalla Massoneria potrebbe essere avversata e
non raggiungere lo scopo prefisso».
Emerge, sostanzialmente, un quadro in cui si percepisce una tendenziale volontà di apertura verso
l'esterno da parte dell'Organizzazione – «[...] scordatelo che tu potevi entrare a quest’ora qui in
Piazza Vittorio, anche solo 10-15 anni fa [Interv. 11, 40, Piemonte]» –, apertura che poi ogni loggia
e, a livello individuale, ogni fratello gestisce a modo proprio. In generale l'apertura verso l'esterno
non è ben vista da chi intende la massoneria solo come percorso iniziatico di miglioramento di sé e
crede che proselitismo faccia rima con cooptazione, accurata selezione e qualità. Chi è entrato
tramite Internet è tendenzialmente più aperto verso una forma di proselitismo che faccia anche
perno sull'organizzazione di eventi e manifestazioni, ma il senso della qualità degli iniziati e della
forma elitaria risulta essere piuttosto forte in tutti. Infatti, parallelamente ad un discorso di apertura
verso l’esterno, si accompagna spesso un richiamo alla riservatezza interna che è opportuno che
rimanga tale. L’aspetto della riservatezza verrà affrontato meglio quando parlerò del segreto – o
meglio, dei vari significati che il termine segreto può assumere in ambito massonico. Qui preme
sottolineare come vi sia una tendenza a ribadire una forte volontà di riservatezza quasi a
controbilanciare una volontà di apertura che può avere effetti benefici ma che non può in alcun
modo operare a discapito della riservatezza interna:
Certo una trasparenza e tutto non per diventare un’associazione tipo il Rotary, che la nostra riservatezza deve
rimanere sempre, però far conoscere chi siamo, cosa facciamo e dove andiamo [Interv. 28, 65, Calabria].
Allora è giusta la trasparenza, però è sempre giusta la riservatezza dei nostri lavori... le spiego con un esempio;
quello che in tutte le case si fa nel talamo coniugale è una cosa perfettamente giusta e lecita ma nessuno si
sognerebbe di andare a dire all'esterno quello che ha fatto nel letto coniugale ovviamente, […] quella è una cosa
riservata che deve rimanere fra me e mia moglie ma è una cosa giusta, perfettamente giusta, che però non devo
divulgare all'esterno [Interv. 25, 44, Calabria].
Nella ricerca di Kenney (2016, 52), l’apertura all’esterno viene vista come un modo per dare una
nuova immagine alle Obbedienze (rebrand the Craft) e renderle più accattivanti per le generazioni
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più giovani: «It was argued that, among other things, it is possible to “mantain the essential
philosophy” but make “adaptive surface changes” to distance the Craft from “old-fashioned views”
and “reflect contemporary society.”» Quindi l’opera di «rebrand» deve giocarsi a cavallo tra
mantenimento della tradizione e rinnovamento, che viene esplicitato nei termini di «emphasize
“diversity” and “inclusiveness” in contemporary Masonry (including emphasizing the existence of
options for female partecipation, such as the Eastern Star)». Un dialogo tra tradizione e innovazione
che però non ha contorni chiari e mette il ricercatore nella condizione di porsi domande sulla reale
volontà di apertura dell’Obbedienza.
Non a caso, lo stesso concetto di “trasparenza” può avere connotati contraddittori. Come ha
sostenuto Mahmud (2014, 179), occorre porsi domande su questo eccesso di discorso sulla
trasparenza poiché si può rilevare una differenza tra la trasparenza «as an abstract ideal» o come
una serie di pratiche quotidiane. Ad esempio l’autrice ricorda che il Goi, dopo l’affare della P2, ha
deciso di modificare il rituale per cui non si parla più di giuramento ma di promessa solenne.
Questo cambiamento è stato pensato nella direzione di una maggiore apertura e trasparenza, per
smussare quell’aspetto di società segreta che tanto male ha fatto all’Obbedienza in più di
un’occasione. Mahmud ha incontrato alcuni membri della Gran Loggia d’Italia degli Alam che
hanno affermato che la decisione del Goi di modificare il rituale sia stata una mossa orribile
(dreadful) perché in quel modo l’Obbedienza ha ceduto a delle pressioni politiche e non ha risolto
nessun problema di trasparenza, anzi ha sminuito, in qualche modo, il significato di un percorso
iniziatico: «They [the GOI] now promise; they make a promise. I didn’t promise anything. I took a
solemn oath!”».
Il punto, secondo Mahmud, è che mentre la trasparenza fornisce informazioni – nomi, date, luoghi,
numeri – non è però in grado di offrire conoscenza, tanto meno avvedutezza. Nel momento in cui,
ad esempio, liste di nomi di massoni vengono rese pubbliche, vengono fornite solo delle
informazioni che poco aggiungono in termini di conoscenza sul mondo massonico. La circolazione
di informazioni sui membri della massoneria non fa che aumentare dubbi e sospetti anziché
diminuirli, infatti spesso – secondo l’autrice – il risultato di questi continui tentativi di trasparenza
ed esposizione può dare l'impressione che niente, in realtà, cambi (nothing seems to change). Si
tratterebbe piuttosto di una scrupolosa messa in scena di sforzi (painstaking labor spectacle) che
non fa che mantenere e riprodurre lo status quo (Mahmud 2014, 183-184).
La trasparenza, quindi, appare più un discorso ideologico che una vera presa di posizione. Quando i
membri dei vertici da me intervistati mi dicono che è tutto alla luce del sole, che i loro nomi e
curricula sono riportati sul sito Internet, in realtà parlano di trasparenza nel senso sopra descritto,
quello di una pubblicazione di dati che poco aggiunge in termini di conoscenza effettiva.
145
4.2.4 L’evento annuale della Gran Loggia
La Gran Loggia è un appuntamento annuale di circa tre giorni che si tiene, da qualche anno a questa
parte, al Palacongressi di Rimini: «ogni Ordine massonico tiene delle Gran Logge con cadenza
regolare (in genere annuale), nelle quali, oltre ai lavori amministrativi o, talora, elettorali, si
consolidano i rapporti internazionali e si presentano i progetti dell’ordine e si leggono le relazioni
morali relative all’anno trascorso» (Panaino 2006, 768). Il programma della Gran Loggia è
suddiviso in due parti di cui una rituale, quindi riservata ai fratelli partecipanti, e l’altra aperta al
pubblico profano. Ad alcune fasi della parte rituale i fratelli in grado di Apprendista e Compagno
d’Arte non possono partecipare. L’altra parte della manifestazione è aperta al pubblico profano e
consiste soprattutto in dibattiti su temi di attualità, presentazione di libri, mostre, proiezioni di
video.
In termini ufficiali la Gran Loggia, per la parte aperta ai profani, viene presentata come una
opportunità per l’Obbedienza di aprirsi all’esterno e far capire cosa sia la massoneria e di cosa si
occupi, cercando di squarciare quell’immagine negativa che col tempo si è fissata sull’Istituzione:
[Serve a] far capire che cosa, quali sono i messaggi, che cosa facciamo, quali sono veramente i nostri ideali e far
vedere che non siamo descritti o dipinti come purtroppo spesso e volentieri, per una questione di comodità,
veniamo o siamo stati descritti dalla stampa o dalle televisioni [Interv. 20, 57, Piemonte].
Un’ottima occasione per aprirsi un minimo, spiegarsi e far capire quali sono le finalità, gli scopi e anche secondo
me ai profani… sono tre giorni, chi vuole sapere di massoneria, chi vuole conoscere, chi vuole fare domande e darsi
qualche risposta [Interv. 23, 39, Piemonte].
Guardi il discorso della Gran loggia per la parte che riguarda l’apertura verso l’esterno è importante per aprire,
per squarciare il velo di segretezza [Interv. 26, 70, Calabria].
È un pregiudizio storico che comunque piano piano si sta smontando, non tanto in alcune istituzioni, ma
soprattutto all’interno dell’opinione pubblica grazie al grosso lavoro che si è fatto dalla fine degli anni Novanta in
poi con la Gran maestranza di Gustavo, con la primavera della massoneria, fu quella la Gran loggia diciamo di
avvio, di rinnovamento [Interv. 30, 57, Calabria].
Detto ciò, la maggior parte dei fratelli intervistati ha pareri critici nei confronti della Gran Loggia.
Nelle parole di un ex massone, questo inno alla trasparenza per far vedere cosa si fa all’interno della
massoneria, è un modo ipocrita di parlare di trasparenza:
Tutto questo viene venduto come un fatto trasparente; siccome io alla Gran Loggia faccio venire i giornalisti,
faccio entrare la televisione […] allora io sono trasparente, e siccome faccio i bilanci, pubblico i bilanci sono
trasparente. No, mi devi dire alle voci di bilancio che cosa corrisponde per essere trasparente, non lo dicono
nemmeno agli associati questo, quindi… [Interv. 5_ex, 60].
In vari commenti emerge come la Gran Loggia sia un evento di diretta emanazione dei vertici
dell'Organizzazione, quindi sostanzialmente «il luogo delle grandi cose belle e delle grandi
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imbecillità, mescolati insieme»; «una fiera paesana»; «la fanfara»; «un teatro»; «una passerella».
Viene visto in cattiva luce non tanto tutto l'ambito del merchandising, quanto il fatto che i fratelli
che partecipano sono quelli meno interessati al percorso iniziatico, e più motivati ad intraprendere
una scalata politica all’interno dell'Organizzazione o semplicemente a mostrare con una certa
vanteria la posizione raggiunta, sia in ambito profano sia in quello massonico:
Sono rimasto scioccato, ma non dal fatto che ci fosse l’apertura ai profani o ci fossero gli stand che vendevano le
tazzine, perché anche a me piacciono i gadget o i libri, non è che sono fuori dal mondo… però comunque non lo so,
è un mondo che non è rappresentativo di… […]. Cioè il problema principale della massoneria è che la maggior
parte delle persone che entrano, entrano come se fosse una sorta di riconoscimento di qualche cosa che nella vita
hanno già fatto [Interv. 5, 42, Piemonte].
Molti dei fratelli che partecipano all’evento sono gli stessi che invece di «lasciare i metalli fuori dal
tempio» [Interv. 14, 50, Piemonte] (abbandonare la sfera dell'avere per dedicarsi a quella
dell'essere), fanno sfoggio di titoli e orpelli vari, contravvenendo a quello che dovrebbe essere lo
spirito autentico dell'Organizzazione:
Ma tu c'andresti a mangiare a cena con una di quelle persone? Cioè io non c'andrei onestamente... è difficile
trovare qualcuno che veramente abbia un senso della realtà in cui sta vivendo oggi [Interv. 5, 42, Piemonte].
Lì c'è qualcuno che è amante del colore del grembiulino, si... c'è qualcuno che vive la massoneria e per lui la
massoneria è pennacchi e arzigogoli vari? Si [Interv. 7, 55, Piemonte].
Il Gran Maestro che arriva con la marcia trionfale della cosa, e tutti col passo dell'oca... cioè, sinceramente... tu
dici “Vabbè sono venuto a vedere un teatro”, quindi io da quel lato lì sono abbastanza dissociato [Interv. 14, 50,
Piemonte].
Lì c'è l'anima politica e sociale, c'è lo sfoggio, c'è il “mercato” massonico, ci sono i lecchini. A me non interessa
[Interv. 17, 43, Piemonte].
Dalle interviste si evince come questo evento, in realtà, non sia efficace in termini di apertura verso
il mondo profano:
Io onestamente credo che sia un palliativo pensare che aprendosi in questo modo uno possa risolvere il problema
del pregiudizio che c’è nei confronti della massoneria [Interv. 5, 42, Piemonte].
È una vetrina per far capire che la massoneria esiste e non è tanto chiusa. Forse però non è lo strumento giusto per
fare questo [Interv. 18, 50, Piemonte].
[L’apertura verso l’esterno della Gran loggia] secondo me non è efficace. […] io sono dell'idea che senza farsi
troppa pubblicità ma facendo le cose un po' più concretamente, voglio dire borse di studio, come abbiamo fatto a
Trieste e a Roma, abbiamo acquistato un software per la cardiologia dei bambini, senza neanche farne pubblicità,
secondo me poi son queste cose qua che arrivano [Interv. 22, 36, Piemonte].
Uno dei motivi principali per i quali i fratelli partecipano – al di là di quelli istituzionali come
votazioni varie, che però riguardano solo i Maestri – è il fatto che la Gran Loggia sia una buona
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occasione per incontrare fratelli da ogni parte d’Italia e trascorrere del tempo insieme a loro. Infatti,
l’elemento dell’apertura e dell’incontro del mondo profano risulta completamente assente e viene
invece dato risalto all’incontro “con i propri simili”:
Vado perché posso incontrare altri fratelli, posso conoscere tanti altri fratelli, ritrovarne qualcuno, che è cosa
piacevole [Interv. 7, 55, Piemonte].
È un momento di incontro, quindi, non lo so, io ho rivisto dei fratelli di Lecce… si conoscono dei fratelli della
Calabria, della Toscana, della Liguria [Interv. 8, 36, Piemonte].
A me piace particolarmente perché hai la possibilità primo di trovare fratelli da tutta Italia che magari non hai
l’occasione di vedere così sovente […] e quindi è un bel momento di ritrovo con persone molto interessanti [Interv.
29, 55, Calabria].
La presenza profana, in linea con gli altri tipi di eventi organizzati dal Goi, è piuttosto scarsa:
[Parlando dei profani] Allora diciamo che chi frequenta la Gran Loggia, per quello che ho visto io sono al 90%
parenti di chi ci è perché ha diritto a parteciparci, per cui non è che arrivi gente da fuori per vedere questa cosa qui
[Interv. 19, 48, Piemonte].
Io ho partecipato alla Gran Loggia del 2015 e del 2016 e mi sono resa conto che i pochissimi
profani presenti sono per lo più giornalisti – comunque pochissimi – e i parenti stretti dei massoni,
più ovviamente alcuni studiosi e conferenzieri. I parenti dei massoni partecipano in gran parte solo
al momento finale, ovvero l'apertura del tempio, che in questo caso non ha caratteri rituali ma ospita
il discorso finale del Gran Maestro più vari altri interventi, compreso un concerto.
Emerge sostanzialmente un quadro in cui la motivazione ufficiale dell’esistenza della Gran Loggia,
quella legata all’apertura verso il mondo profano ai fini di una maggiore comprensione e
trasparenza, non sia in realtà la ragione principale o, anche qualora lo fosse nelle intenzioni, risulti
infine priva di effettiva efficacia. Al di là delle motivazioni organizzative, la Gran Loggia rimane un
luogo di incontro tra fratelli provenienti da diverse parti d’Italia, un fine settimana di evasione dalla
routine quotidiana, un momento in cui dare sfogo a quell’aspetto goliardico di cui abbiamo
accennato in precedenza. I profani si stagliano sullo sfondo, anzi diciamo che sono quasi assenti.
Del resto la pubblicità dell’evento è piuttosto scarsa, a rimarcare una sorta di volontà di “apertura
controllata” verso l’esterno, per cui tendenzialmente riesce a partecipare solo chi è già interessato a
farlo. Si ha l’impressione che i profani non partecipino non per motivi di pregiudizio o ignoranza,
ma perché non c’è una reale volontà da parte dell’Obbedienza di comunicare con la vasta porzione
del mondo profano in questo senso. D’altra parte molti notano come questo tipo di manifestazione
non possa essere efficace come ponte verso l’esterno perché, come evidenziato precedentemente,
tende a rinforzare legami e collanti interni e ad erigere ancora di più, se possibile, un muro nei
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confronti del mondo esterno. Concludendo con le parole di un intervistato in merito alla
suddivisione della manifestazione tra eventi aperti al pubblico e eventi rituali a porte chiuse:
Aprire la Gran loggia alle persone per vedere cosa si fa dentro, che poi non si fa niente di rituale [nella parte
aperta al pubblico], sembra che li escludi di più ancora… “Ti faccio vedere solo la facciatina” [Interv. 22, 36,
Piemonte].
In sostanza, se da una parte non è facile per un profano venire a conoscenza della tre giorni, d’altra
parte una volta dentro la manifestazione si ha comunque parziale accesso agli eventi e ci si rende
subito conto di quanto questa sia stata creata per i membri dell’Obbedienza e non per una reale
apertura verso un pubblico profano.
Rosso [GMA] lo vedo a Torino, anche lui è già venuto più volte qua, ha partecipato a tornate, lo stesso
Bonvecchio [GO] è venuto qua, non ricordo più se all’inaugurazione del tempio o al cambio delle cariche… son
quelli tra virgolette vicini… quelli più meridionali, ho incontrato Fedele [GMA] a un convegno due tre anni fa però
non posso dire di conoscerlo [Interv. 19, 48, Piemonte].
A Reggio Calabria Rosso è venuto quattro volte, il Primo Gran Sorvegliante [calabrese] non lo so quante volte...
noi lo conosciamo direttamente, quindi è abbastanza semplice da questo punto di vista qui [Interv. 27, 53, Calabria].
Nel caso delle conoscenze più superficiali i contatti avvengono soprattutto durante tornate speciali a
cui una o più logge invitano a partecipare i componenti della Giunta oppure nel periodo della
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campagna elettorale per eleggere i nuovi vertici:
Spesso i membri della giunta nazionale vengono a trovare i fratelli in tutta Italia, in tornate particolari oppure
anche in tornate profane quando organizziamo congressi pubblici... ovviamente li invitiamo sempre quando è
possibile, quando loro possono ci vengono a trovare […] c'è contatto, si si si assolutamente... [Interv. 25, 44,
Calabria].
Ci siamo trovati nei lavori insieme. Vabbè chiaramente io mi ricordo di lui [del Gran Maestro], lui non si ricorda,
cioè ci mancherebbe che si ricordi di me [Interv. 10, 32, Piemonte].
Rosso, che tra l’altro è fratello onorario della nostra Officina, è venuto parecchie volte a Palmi… […] è chiaro
che quando viene un fratello come Bonvecchio a Palmi, ed è venuto anche lui più volte da noi invitato, la crescita
culturale è immediata… è chiaro che quando viene Morris Ghezzi, la crescita è immediata [Interv. 30, 57, Calabria].
Stefano Bisi [GM] è venuto qua prima delle elezioni, nel periodo elettorale, è stato qua dentro è venuto un giorno
a pranzo, ha visitato la casa massonica, abbiamo avuto modo di parlare a pranzo, una decina di persone… [Interv.
19, 48, Piemonte].
Consideri che in massoneria le campagne elettorali sono campagne elettorali […] ci sono i candidati, le liste, i
programmi, è un agone politico a tutti gli effetti, di conseguenza vengono a presentare i candidati, i componenti la
lista, i programmi stesso sicché… [Interv. 3_ex, 55].
Solitamente gli attuali componenti della Giunta vengono descritti come disponibili, persone
normalissime, fratelli alla pari degli altri, ai quali si dà del tu al di fuori dei lavori di loggia così
come ci si dà del tu tra fratelli di una stessa loggia:
[Lei dà del tu al Gran Maestro?] Beh quando siamo in loggia no, non c’è nessuno che gli dà del tu, fuori certo…
ma tra tutti ci diamo del tu [Interv. 16, 55, Piemonte].
Bisi è venuto qua ad Asti, abbiamo mangiato insieme, penso sia una persona normalissima e non ho nessuna cosa
da dire nei suoi confronti... [Interv. 22, 36, Piemonte].
Abituati alla vita profana, quando vedi il Presidente, quando vedi il Direttore generale, hai una certa reticenza ad
andarlo a salutare personalmente e io una volta che avevo visto il Gran Maestro in un'occasione di questo tipo,
stavo camminando tranquillamente vicino per non disturbarlo perché lui era con altre persone, quando mi ha visto è
stato lui a venire verso di me [Interv. 25, 44, Calabria].
Anche nel caso in cui non ci siano contatti diretti con i vertici, le cariche locali (nello specifico, i
Presidenti dei Collegi circoscrizionali) fungono da intermediarie tra la Giunta nazionale e i membri
delle logge locali. Dalle parole di alcuni Presidenti di Collegi circoscrizionali:
[C’è un contatto dinamico tra base e vertice?] Assolutamente si... è naturale che sia così perché quello che noi
ascoltiamo dei vertici, il modo di fare, il modo di agire, dobbiamo spiegarlo anche agli altri, non possiamo tenerli
lontani da quelli che sono gli eventi nazionali. È la loggia stessa che vuole compartecipare, vuole conoscere quello
che succede, quindi i rapporti sono diretti e stretti [Interv. 27, 53, Calabria].
Si si, c’è un contatto [con i vertici]… noi ora abbiamo il Primo Gran Sorvegliante che è calabrese, il segretario
che è un po’ il secondo nella gerarchia. Io l’ho sentito ieri, c’è un coordinamento. D’altra parte la funzione del
Presidente del collegio è questa, a me arrivano le lagnanze delle logge che a mia volta, come dire, faccio uno
scernimento e vedo quelle che debbono proseguire, quelle che si possono risolvere [Interv. 26, 70, Calabria].
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I pareri positivi riguardo la presenza e la disponibilità della Giunta nazionale e dell’attuale Gran
Maestro, si scontrano con i pareri che molti fratelli hanno nei confronti del precedente Gran
Maestro, rimasto in carica per 15 anni, un tempo da molti definito «spropositato» specialmente per
la modalità con cui è stato possibile che ciò avvenisse:
Lui [Raffi] doveva durare 5 anni e poi andare a casa, invece ha cambiato in modo artato le regole. Una prima
volta si è fatto rieleggere per altri 5 anni, ha ricambiato in modo artato la Costituzione e si è fatto rieleggere per la
terza volta… cosa assurda [Interv. 6, 61, Piemonte].
[Raffi] ha esagerato dal mio punto di vista, ha esagerato perché ha fatto 15 anni… normalmente da noi facciamo
3 anni, o 4 o 5 adesso non ricordo più bene… 5… [...] poi lui si è abituato al potere e lì diventi profano se non ti sai
staccare da questa cosa… non è stato un bell’esempio dal punto di vista di me Apprendista che comincio e tutti mi
raccontano un sacco di balle sul fatto che ti stacchi dai gioielli, dagli ori, da queste cose qua, dai metalli… e questo
non l’ho apprezzato [Interv. 15, 60, Piemonte].
Raffi è stato una grande delusione perché era un politico, un faccendiere, che cambia spesso le carte in tavola. La
sua Gran loggia era autoreferenziale. La storia della visibilità e dell'aumento degli iscritti sono balle, in realtà sono
entrati cani e porci. Non devono esserci iscritti ma iniziati [Interv. 18, 50, Piemonte].
Bisi ha problemi rituali per i veri puristi del rito, ma si sente il cuore. Raffi invece era una merda dal punto di
vista personale [Interv. 17, 43, Piemonte].
Diciamo che è un argomento che non mi appassiona [quello dei rapporti con i vertici dell’Obbedienza]. Nel
momento in cui sei diventato un’organizzazione e senti il bisogno di dare a quest’organizzazione un ruolo sociale e
politico, allora queste problematiche sono rilevanti perché se vuoi avere un ruolo sociale e politico devi avere
un’immagine, un’immagine positiva e come tutte le organizzazioni sociali e politiche devi preoccuparti di farti
riconoscere, raccontare chi sei, rintuzzare gli attacchi e andare avanti così… ma quella è un’istituzione iniziatica?
[…] [Secondo lei c’è oggi la volontà da parte di qualcuno di tornare a rivestire un ruolo sociale e politico forte? ]
Secondo me si, ma poi questo è tipico italiano, fa molto parte della storia della massoneria italiana, il suo ruolo
politico e sociale [Interv. 7, 55, Piemonte].
Il vertice, o meglio l’Organizzazione, è un dato amministrativo di organizzazione che è necessario, anche perché
tutta questa baracca qua, ad esempio, non sarebbe facile a gestirsi [Interv. 6, 61, Piemonte].
151
Definire il vertice come apparato amministrativo/politico conduce a due temi principali. Il primo,
più volte sollevato, consiste nel presentare la loggia come sovrana, nel senso che i veri lavori
massonici si svolgono all’interno della loggia:
[In riferimento all’evento della Gran Loggia] Io non amo quella massoneria… è una passerella, è marketing… è,
diciamo così, è necessaria per parlare alle folle esterne… ci vuole anche quel lato lì, qualcuno il lavoro sporco lo
deve fare… […] non è la mia massoneria, ecco. […] Il gran lavoro si fa nelle logge, il gran lavoro… è qui che
decidi che cosa vuoi essere e che cosa cerchi [Interv. 15, 60, Piemonte].
Tenga conto che se parla con uno come… della mia idea, e cioè di un lavoro tradizionale e iniziatico, allora chi si
occupa di massoneria su questo piano ritiene, e io sono fra questi, che la loggia sia in sé finita, cioè tutto nasce e
muore all’interno di questa piccola cellula [Interv. 6, 61, Piemonte].
Hazelrigg (1969, 329) prende in considerazione dieci tipi di società segrete sostenendo come alcune
di queste (Illuminati, Omladina, Chauffers, Skopzi, Hetairia, Gardunas) abbiano strutture di autorità
altamente centralizzate mentre altre, tra cui inserisce anche la massoneria (Freemasonry post-1700,
Knights Templars, Carbonari, Waldenses) «represent the opposite extreme of decentralization into a
number of relatively autonomous sects and communities».
Questo dato si riscontra anche nella ricerca di Kenney (2016, 165-166), in cui molti intervistati
enfatizzano come il vero lavoro massonico si svolga in loggia e come, per contro, alcuni fratelli
siano più affaccendati in questioni che riguardano l’Obbedienza – con riferimento al «business» ed
alla «Grand Lodge hierarchy»: «I think there needs to be more of a focus on the lodge, the lodge as
the heart of Masonry […]»; «I find that senior Masons focus all of their time and attention on Grand
Lodge. They seek each other out and talk about that business while little attention gets focused on
the ctual lodge and your average member. If affects the lodge experience itself».
Anche nel caso nordamericano, infatti, emerge come alcuni fratelli curino più la scalata verso i
gradi e i ruoli più prestigiosi, tutto ciò a detrimento dell’uguaglianza fraterna (brotherly love). Un
po’ lo sfoggio dei titoli di cui si parlava a proposito della Gran Loggia del Goi:
Some people only identify themselves as part of Grand Lodge. The whole Masonic movement, as I’ve seen it, is
very status conscious. Extremely. Absolutely. It’s very important to people to be seen – who I am, what I do – and
to be on the important forums dealing with important issues. How is that on the level? (Kenney 2016, 175).
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massoneria] Tradizione esoterica. Cosa questa che lo apparenta – di fatto e per analogia – ad un
monarca costituzionale pro tempore, investito, in aggiunta, di una funzione sacrale».
Quindi il Gran Maestro somiglia di più ad un capo organizzativo – come sostenuto da molti dei miei
intervistati – o ad un capo carismatico avente funzioni sacrali? L’elemento del carisma verrà messo
in discussione in questa parte della ricerca e, d'altra parte, lo stesso Bonvecchio scrive che la libera
muratoria si riconosce «in una comunità plasmata su profondi valori spirituali e ispirata da un
profondo senso carismatico non imperniato su di una particolare persona, ma sull’intero gruppo». In
questo senso è la libera muratoria, nel suo insieme, a risultare un’istituzione carismatica, «in cui il
carisma d’ufficio è trasmesso per via gerarchica a tutti i suoi membri e varia secondo dei livelli (i
Gradi nello specifico) e delle rispettive responsabilità» (Bonvecchio 2007, 98-99).
Lo stesso “carisma di gruppo” di cui parla Norbert Elias (2001, 146), ampliando il significato che
Weber (1922) dà all'espressione e applicandolo, non solo a clan e gruppi parentali, ma anche alle
caste, ai gruppi aristocratici, ossia a quelle formazioni i cui membri sono uniti da vincoli diversi da
quello di sangue: «Elias [riprende e sviluppa] l'esistenza di un carisma proprio non di personalità
eccezionali ma di individui “comuni” che lo possiedono non in quanto dotate per sé di qualità
particolari ma per il solo fatto di fare parte di determinate formazioni sociali, siano essi famiglie,
clan, ceti o gruppi di altro genere» (Perulli 2012, 97).
Come accennato, dalle interviste affiora l'immagine di un Gran Maestro che ha per lo più
significato amministrativo e niente affatto spirituale:
Mi faccio un’immagine [dei vertici] di grande responsabilità, mi rendo conto, perché guardi la responsabilità che
si ha quando fai il Maestro Venerabile devi provarla per poterla capire e comprendere, per cui quando penso a
questi grandi vertici, mi rendo conto… penso a dei leader, manager… non penso a degli illuminati, assolutamente
[Interv. 15, 60, Piemonte].
Allora in massoneria non c’è un leader… c’è Il Venerabile, ma dura in carica 3 anni, poi si siede di nuovo tra le
Colonne e c’è un altro Venerabile che può avere una visione completamente differente […]. Non esiste un maestro,
un vate al quale fare riferimento vita natural durante [Interv. 11, 40, Piemonte].
Tenga conto che il Gran Maestro non ha nessun potere iniziatico che io non abbia, che non abbia un Maestro
Venerabile. Ha soltanto un potere di rappresentanza e un potere amministrativo […]. Non ha un potere iniziatico
particolare. [...] Poi c’è una motivazione economica non di poco conto, economica e di prestigio, ovunque tu vada
sei sempre il Gran Maestro, cioè nel nostro ambiente, che se poi esci dal nostro ambiente sei un povero disgraziato
ovviamente, però in termini economici… ha visitato la Villa il Vascello? […] il maggiordomo, l’auto disponibile, la
carta di credito illimitata, 140mila euro di appannaggio, netto! […] per fare un lavoro di relazione estremamente
gratificante; è faticoso certo, anche, ma la fatica consta nel parlare come stiamo facendo noi, non è che stiamo
facendo chissà quale faticata [Interv. 6, 61, Piemonte].
Il Gran Maestro, quindi, non viene visto come un leader carismatico, un punto di riferimento
spirituale, ma come una sorta di manager che ha su di sé la responsabilità amministrativa di
un’organizzazione piuttosto complessa che deve essere ben gestita.
153
Quindi, nonostante la struttura dell’Obbedienza sia verticistica, il Gran Maestro è visto come un
primus inter pares, non come un capo illuminato, anzi in alcuni casi vengono messe in dubbio le
sue conoscenze e i suoi interessi in campo strettamente rituale («Bisi ha problemi rituali per i veri
puristi del rito, ma si sente il cuore» [Interv. 17, 43, Piemonte]). Questo elemento è interessante se si
prova ad analizzare il modo in cui la figura del leader può essere vista e vissuta all’interno di
un’organizzazione che mantiene tutt’oggi forti caratteri elitari. Riprenderò il tema del carisma nella
parte del capitolo dedicata alle espressioni che i miei interlocutori utilizzano per parlare del mondo
profano.
Il considerare il Gran Maestro per lo più come figura amministrativa, inoltre, porta a rimarcare –
come vedremo meglio nella parte dedicata al segreto – quanto la libera muratoria non sia, in realtà,
una società segreta. Come suggerisce Simmel (1908, 112), «Alla particolare misura di coesione
esistente all’interno delle società segrete corrisponde la loro decisa centralizzazione; esse
forniscono esempi di un’ubbidienza ai loro superiori totale e cieca». Come abbiamo visto, questo
tipo di obbedienza non è presente all’interno del Goi, in linea con quello che scrive successivamente
Simmel (1908, 114) in riferimento proprio alla massoneria, alla «grande autonomia dei suoi
elementi compositivi [i cui] aspetti comuni si estendono solo ai principi e ai segni di
riconoscimento» e non ad un forte apparato centralizzato.
154
4.4 Il linguaggio
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dell'elezione:
A me piacerebbe che la Gran Loggia tornasse ad essere come era quando io non potevo andare, cioè la Gran
Loggia vuol dire che è la loggia dei Maestri Venerabili. Una volta vi partecipavano soltanto i Maestri Venerabili, e il
Gran Maestro veniva eletto soltanto dai Maestri Venerabili [Interv. 6, 61, Piemonte].
Dal precedente commento si capisce come il senso elitario non si manifesti solo nei confronti del
mondo esterno l'Obbedienza, ma anche all'interno della stessa tra chi è più titolato e chi meno.
Questo in parte l'abbiamo visto in riferimento alle modalità di ingresso dei fratelli, tradizionalmente
e ancora oggi secondo il meccanismo della cooptazione, che però deve fare i conti con le richieste
tramite Internet che, seppur ancora molto esigue e con un iter di tegolatura molto accurato,
prevedono la possibilità che una persona possa fare il suo ingresso anche se non ha amici o parenti
all'interno dell'Obbedienza che possano garantire per lui. Abbiamo visto come ci sia una divisione
abbastanza equa tra gli intervistati in merito ai pareri favorevoli e non favorevoli ai nuovi ingressi
tramite Internet. I pareri meno favorevoli puntano l'attenzione soprattutto sul fattore esclusività, che
veniva maggiormente garantito prima dell'avvento di questa modalità telematica di presentazione.
Questo a rimarcare come vi sia ancora, all’interno dell’Obbedienza, scetticismo verso chi si
presenta senza avere conoscenze interne, come se avesse meno titolo a far parte di un gruppo che
deve il suo carattere esclusivo anche al meccanismo cooptativo. Qui il riferimento va diretto a
Gaetano Mosca che, anche se in riferimento soprattutto alle élites politiche, per primo parla di
tendenza aristocratica quando i loro membri vengono scelti per nascita o per cooptazione, e di
tendenza democratica quando i membri provengono da vari gruppi sociali (Mosca 1923).
Un altro intervistato usa il termine chiamata nel senso di vocazione:
A un certo punto un'élite nella vita ci dev'essere, anche solo perché alla fine tu ti sei fatta un culo così, non vedo
perché non ti debba esser riconosciuto [...]. Col senno di poi mi dico ''Cos'era, la chiamata?'' che mi parlavano tutti
di massoneria attorno [nello stesso periodo in cui gli è stato proposto di entrare] [...] io ritengo che ci debba essere
una sorta, più che di riserbo, di élite... io non sopporto quelli che fanno sfoggio dei vari orpelli, ok? Che io ritengo
tutto chiacchiere e distintivo, ma se noi torniamo a un concetto elitario di sostanza, beh! [Interv. 14, 50, Piemonte].
Lo stesso elemento emerge dalla ricerca di Mahmud (2014, 63), la “chiamata” che lei definisce
«calling»: «Freemasons often describe their desire to be initiated as a “calling” (vocazione). From
the early days of my field research, I noticed they would smile, soften their tone, and talk about it as
if they were trying to translate into words an unspeakable mystical experience».
Ricordo ancora benissimo quando mi è stato chiesto se mi interessava far parte della massoneria, la mia risposta è
stata subito affermativa, devo dire quasi con una punta di orgoglio. Allora conoscevo la massoneria quasi come
156
un'associazione segreta e in cui fosse difficile, tra virgolette, entrare, per cui il fatto che mi fosse stato proposto mi
aveva fatto piacere [Interv. 19, 48, Piemonte].
Anche Coggiola (1995, 43) sottolinea una sorta di orgoglio da parte di alcuni dei suoi intervistati, in
riferimento al fatto di essere stati “scelti” per entrare a far parte di un'Obbedienza massonica.
Simmel (1908), del resto, mette in evidenza come l’attrazione per il segreto dipenda principalmente
dalla sua capacità di dare una sensazione di possesso e uno status di eccezione.
Esaminerò la valenza del segreto successivamente; qui importa evidenziare come l’elemento della
segretezza e dello status di eccezione abbiano carattere elitario e siano uno dei motivi per cui molti
massoni decidono di intraprendere il percorso iniziatico.
Un altro elemento che evidenzia il sentimento elitario di gruppo è il tono che molti fratelli
utilizzano per parlare delle proprie lunghe tradizioni familiari massoniche:
C’è il gene del massone, non il germe, è un gene… talvolta però bisogna riuscire a tirar fuori questa inclinazione,
questa attitudine… nel mio caso devo dire che sono stato anche abbastanza facilitato perché avevo un familiare
diretto e quindi ho avuto degli stimoli e degli esempi diretti […]. Mi spiego, mio papà è stato uno dei tre fondatori
dell’Oriente di [sua città], è stato uno dei tre fondatori del primo triangolo e è uno di quelli che ha fondato la [loggia
di appartenenza] nel lontano 1967 […]. io ad esempio ho avuto un grande onore, una cosa molto rara, io sono stato
iniziato da mio padre... […] quindi io posso immaginare quale sia stata l'emozione per lui che mi ha dato la vita due
volte [Interv. 20, 57, Piemonte].
La mia famiglia è storica, è tra le famiglie che ha fondato la massoneria a [sua città]... partiamo dal 1800 i
bisnonni, poi ho avuto un nonno, poi ho avuto il padre io, poi ho avuto uno zio, mio padre è stato pure Maestro
Venerabile della mia Officina... poi c'è stato mio nonno, poi c'è stato anche uno zio [...] bisnonno, nonno, poi mio
padre, poi i miei due fratelli... insomma tutta la famiglia diciamo [Interv. 28, 65, Calabria].
Questo elemento è presente anche nella ricerca di Kenney (2016, 131): «Some of [the respondents]
also stressed their long family history in the Craft (e.g., fourth or fifth generation), a tradition that
they would find hard to let down by ceasing involvement in the order».
Ancora, parlando del Rito Scozzese Antico ed Accettato, questo viene da tutti considerato
«l'Università della massoneria» ed alcuni intervistati lo dipingono come una ulteriore élite
all'interno dell'élite massonica:
[Il Rito Scozzese] tutti lo paragonano all'Università della massoneria ed è forse lì dove inizi a trovare in effetti un
po' di vera élite [Interv. 14, 50, Piemonte].
Non è la massoneria che io cerco, nel Rito, perché è un po’ snobistico, si fregiano molti fratelli di questa cosa,
sono un trentesimo, il trentatreesimo… a me non interessa. […] anche nella mia stessa loggia, ci sono fratelli che
sono tutti al Rito Scozzese, io ero allo York… dico lo Scozzese ma anche lo York, voglio dire che son tutti un po’
saputi [Interv. 15, 60, Piemonte].
Io ho avuto un’esperienza col Rito scozzese […], non mi ha soddisfatto più di tanto e l’ho lasciato perdere subito.
[…] Mi ha dato fin da subito l’impressione che nel Rito scozzese si facesse una corsa ai grembiulini e a una sorta
anche lì di ricerca di potere, di crescita, di gradi ecc ecc [Interv. 19, 48, Piemonte].
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Al Rito è molto bello stare, ti senti in una dimensione elitaria ancora più grossa [Interv. 22, 36, Piemonte].
Nel Rito Scozzese, come ricorda un fratello, entrano solo alcuni Maestri e sempre per cooptazione,
quindi si tratta di una sorta di “selezione della selezione”, in cui si presume che i Maestri presenti
abbiano un taglio culturale medio più alto di chi non è stato cooptato:
Il Rito Scozzese Antico ed Accettato è il Rito più importante in Italia perché ha circa 5000 Maestri, solo del Goi,
sono già selezionati praticamente [Interv. 24, 80, Calabria].
Guardi io ho sempre sostenuto che l’Ordine è il liceo e il rito è l’università… il problema è dell’approccio, nel
Rito si dovrebbe incontrare un taglio culturale un pochino più elevato rispetto all’Ordine [Interv. 26, 70, Calabria].
Riprendendo il lavoro di Simmel, notiamo come la separazione che normalmente si compie nelle
società segrete tra chi è incluso e chi è escluso, conferma una percezione dei membri inclusi di
sentirsi come facenti parte di un’aristocrazia, di una cerchia privilegiata: «Quando coloro che
vogliono distinguersi si associano, si forma un’aristocrazia che rafforza e per così dire amplia la
posizione e la coscienza dei singoli col peso della loro somma. Il fatto che separazione e formazione
di gruppi vengano così connessi al tema della creazione di un’aristocrazia, in molti casi attribuisce a
questa, sin dall’inizio, l’impronta del “particolare” nel senso del valore» (Simmel 1908, 103). Lo
stesso Hoffman (2001), in merito alla massoneria, enfatizza come la metafora della fratellanza
comporti un certo grado di intimità tra i membri interni, che diventa presupposto per la creazione di
una sorta di esclusività ed elitismo degli iniziati in contrapposizione agli outsiders. Ma è già il
concetto di iniziazione a sancire una differenza tra chi ha deciso di intraprendere un determinato
percorso e chi no: «L’appartenenza alla sfera iniziatica rivela, così, il carattere precipuo che fa
dell’iniziato un essere dotato di completezza e, nel contempo, fa di coloro che iniziati non sono una
sorta di uomini “parziali” [infatti] chi per vari motivi iniziato non è, risulta privo di ciò che gli
conferisce, con la spiritualità, sia la maturità che la pienezza dell’umanità» (Bonvecchio 2007, 232).
In merito all’esclusività, Kenney (2016, 142-143) ricorda come questa sia un fattore storico
all’interno della massoneria e come molti dei suoi intervistati abbiano sottolineato l’importanza,
ancora oggi, di venire associati ad “important people”: «There’s the historical connection with
royalty, many famous individuals have been members, and […] in the old days the leaders of the
lodge were often merchants or the leaders of the colony. Masons were seen as influential […].
Consequently, most people wanted to join».
Alcuni intervistati sottolineano anche come oggi, per facilitare il coinvolgimento dei fratelli ed
evitare un precoce abbandono dell’Obbedienza, l’aspetto dell’esclusività interna debba essere
158
messo in risalto: «We need to have more associated accountrements suggesting an elite
organization. It would be good to have an exclusive restaurant or bar or members area, etc. We
could have people knocking on our door saying, “Please let me join,” instead of members going
around asking “Wanna join? Wanna join?”»; «To improve membership involvement we need to
attract more elite members that others will want to associate with […]».
Si riscontra inoltre come alcuni degli intervistati abbiano parlato dell’importanza di tenere le loro
tornate in «historic, architecturally significant buildings» o come il fatto di vestirsi bene in giacca e
cravatta aggiunga «dignity, pride, and a sense of importance to meeting» (Kenney 2016, 170).
Addirittura c’è chi sostiene che debba essere innalzato l’ammontare delle capitazioni, che si è
voluto mantenere basso per stimolare più persone ad entrare, ma che in effetti non ha impedito un
declino nel numero degli iscritti per quanto riguarda il contesto nordamericano. Un aumento delle
capitazioni potrebbe rendere l’Ordine più esclusivo perché in quel modo avrebbe la possibilità di
sfruttare le nuove entrate economiche per apportare migliorie interne e poter sviluppare più
iniziative: «We sell ourselves too cheap. We are nickel-and-diming our Masonic system to death.
[…] our lodges are facing financial difficulties, building and repair costs, and we’re not able to do
some of the things we should be [doing] to make the organization more effective» (Kenney 2016,
158).
Altri aggiungono l’elemento del «targeting certain groups», ossia indirizzarsi a gruppi particolari
«to make the order more exclusive». Gli stessi intervistati sostengono che queste decisioni
potrebbero essere prese di loggia in loggia e non in modo universale, seguendo l’esempio di altre
Obbedienze «where there were some lodges with high dues and others with the traditional fee
structure» (Kenney 2016, 159).
In questo senso Kenney (2016, 174) affronta il tema della tensione tra il potere attrattivo dello status
(attracting power of status) e il bisogno di uguaglianza (the need for equality), tensione tra una
coppia di opposti che può costituire «an attractive, productive tension» o produrre «a corrosive
elitism». Kenney aggiunge che, considerato l’ethos molto più egualitario dell’attuale società rispetto
al passato e il fatto che la massoneria recluti, in proporzione, un minor numero di persone di elevato
ceto sociale (fewer members of high social rank), l’equilibrio tra status ed uguaglianza deve essere
seriamente perseguito oggi più che mai rispetto ai decenni passati in cui «titles, social rank, and
deference to authority were the social norm».
Inoltre viene da pensare come, nel caso in cui le singole logge di un’Obbedienza adottassero misure
diverse in merito a questioni importanti e delicate come l’ammontare delle quote di capitazione, si
possano venire a creare logge di serie A e logge di serie B e come questo possa influire sul rapporto
tra fratelli di differenti logge. Si verrebbe a creare una élite all’interno dell’élite, fenomeno per altro
159
già presente all’interno dell’Obbedienza, non solo per quanto riguarda l’ulteriore selezione che si fa
dei fratelli all’interno del Rito Scozzese, ma anche per il fatto che le varie conoscenze all’interno
sono distribuite per gradi. Questo significa che se una loggia decide di lavorare in grado di
Compagno, gli Apprendisti non possono partecipare alle tornate, così come se la loggia lavora in
grado di Maestro, i fratelli appartenenti ai gradi più bassi, ossia Apprendisti e Compagni, non
possono prendervi parte. Come si legge anche nella ricerca di Kenney quando affronta il tema dello
status versus equality: «Another issue that shares this theme of status versus equality involves the
right of members of different rank to partecipate in certain activities of the lodge. Generally, a new
member [is] still not be allowed to attend when the lodge is operating on the second or third degrees
until they go through those ceremonies as well». Kenney (2016, 159) commenta dicendo che questo
escludere da alcuni lavori di loggia Apprendisti e/o Compagni può costituire un disincentivo per
rimanere all’interno dell’Obbedienza perché ci si sente, in qualche modo, esclusi o non tenuti
abbastanza in considerazione.
La mia analisi, da questo punto di vista, riguarda il constatare come anche all’interno
dell’Obbedienza vi siano «insiders più insiders di altri». Agli inizi di questa ricerca, infatti, pensavo
di affrontare il tema insiders versus outsiders prendendo in considerazione la divisione che sussiste
tra mondo interno all’Obbedienza e mondo esterno/profano. Durante la conduzione delle interviste
mi sono accorta di come, in realtà, tra gli insiders ci siano quelli che – trasformando una celebre
espressione di George Orwell – “sono più insiders degli altri”. Questo si nota, come abbiamo visto,
nella struttura di una “élite all’interno dell’élite” tipica del Rito Scozzese, ma anche nel continuo
riferimento alle cosiddette «cliques» – termine utilizzato dagli intervistati nordamericani (Kenney
2016, 173) – che hanno la tendenza a monopolizzare sempre le solite cariche (to hog certain parties
and to running everything) (Kenney 2016, 161). Lo stesso elemento lo si può individuare anche per
il caso italiano, in cui un paio di fratelli, in particolare, si lamentano del fatto che sono anni che
aspettano l’occasione di diventare Maestri Venerabili ma ciò non avviene per una sorta di “blocco”
nella selezione.
Il riferimento dell’aspetto elitario maggiormente presente all’interno del Rito Scozzese emerge
anche dalla ricerca di Mahmud (2014, 167-168) in cui un Maestro del Goi, in relazione ad una
domanda su eventuali affari illeciti che si possono creare all’interno della massoneria, con un
sorriso sardonico (sardonic smile) e iniziando a parlare con la parlata criptica tipica di molti
massoni ([he] began to talk the cryptik talk of so many Freemasons) dice: «You see, all Maestri are
equal. But some Maestri are more equal than others. Have you read Orwell?». L’autrice spiega che
con l’espressione «some Maestri» il suo interlocutore si riferisse a quelli presenti nel Rito Scozzese,
160
mentre gli «others» erano quelli presenti nell’Ordine: «That is why he had never wanted to be
initiated into a Rite: he was a third-degree Freemason, and the rest was “nonsense.”». In altre
parole, per questo massone era sufficiente aver raggiunto il terzo grado, quello di Maestro; la
scalata agli Alti gradi, per lui, costituiva solo un “nonsense”.
Un’ultima considerazione sul Rito Scozzese riguarda la questione se i fratelli che non vi
appartengono sappiano dell’appartenenza degli altri fratelli – almeno quelli della loro loggia – al
Rito. Non avevo tenuto in considerazione questo elemento in sede di svolgimento delle interviste,
fin quando non mi sono imbattuta nella ricerca di Mahmud (2014, 168) che sostiene come uno dei
fratelli del Goi, appartenente anche al Rito Scozzese, le abbia spiegato che all’interno dell’Ordine
(dove vengono celebrati solo i primi tre gradi iniziatici) sia importante mantenere uno status di
uguaglianza tra i fratelli, per cui si evita di proclamare la propria appartenenza al Rito (che celebra i
gradi successivi al terzo) per non imporre un’ulteriore gerarchia che non appartiene all’Ordine in
senso stretto (they would risk imposing a hierarchy that did not belong to the Order). La domanda
era sorta a Mahmud dopo che una sorella della Gran Loggia Femminile non le aveva voluto rivelare
l’appartenenza al Rito, dicendo che non le era consentito fornire una risposta in merito.
Questo elemento ha quindi assunto rilevanza perché, per quanto riguarda la mia ricerca, nessun
intervistato ha avuto problemi a rivelarmi l’eventuale appartenenza al Rito Scozzese e, altresì, era
piuttosto evidente come quei fratelli non appartenenti al Rito sapessero chi – quantomeno tra i
fratelli della propria loggia – vi appartenesse. Non avendo incontrato nessun massone contrario o
anche solo titubante nel fornirmi una risposta chiara in merito all’appartenenza al Rito Scozzese (o
a qualsiasi altro Rito), non ho pensato all’eventualità che forse possono esserci delle “regole non
scritte” che impediscono ai fratelli di rivelare la propria appartenenza ad un Rito ai fratelli che non
ne fanno parte. Dopo aver letto l’analisi di Mahmud mi è sorto il dubbio che questa regola non
scritta esista, e mi sembra anche piuttosto logico che sia così, per non creare invidie o dissidi di
sorta relativi al fatto che in loggia si verrebbero a trovare Maestri che, solo in apparenza, hanno
raggiunto lo stesso grado iniziatico (il terzo), ma che in realtà hanno raggiunto gradi iniziatici
diversi.
A parer mio l’elemento da sottolineare è come, in realtà, questa regola non scritta non venga
applicata. I motivi possono essere vari, ma uno di essi potrebbe risiedere nel fatto che alcuni
Maestri appartenenti al Rito possano avere una sorta di piacere egoistico nel rivelare agli altri di far
parte di un gruppo – se vogliamo – ancora più elitario di quello dell’Ordine. E il fatto che il Maestro
del Goi che ha interloquito con Mahmud abbia precisato che esista questa sorta di norma non
scritta, credo sia da collegare solo alla particolare domanda di Mahmud, che metteva in gioco la
testimonianza di una sorella della Gran Loggia Femminile in cui, evidentemente, questa norma non
161
scritta viene applicata, a differenza di quanto avvenga nel Goi.
Quindi l’aspetto dell’esistenza di una élite all’interno dell’élite ne esce ulteriormente rinforzato; una
élite all'interno dell'élite che porta alcuni fratelli a pensare che forse ai gradi Alti qualcosa può
esserci ancora, in riferimento ad attività che poco hanno a che fare con i lavori massonici. Come
suggerisce Mahmud (2014, 169), nonostante i valori portanti dell’Istituzione e le intenzioni di molti
dei suoi membri, gli aspetti della gerarchia e del segreto che caratterizzano le logge vanno a formare
un terreno fertile per lo sviluppo di società segrete all’interno della massoneria (provide fertile
ground for the development of secret societies within Freemasonry). Ritenere – da parte di alcuni
massoni – che, probabilmente, ai vertici o all’interno del Rito, vi siano dei gruppi di potere, da una
parte assicura sulla buona fede e condotta dei soggetti parlanti, sottolineando ancora una volta come
l’Obbedienza sia un mondo fortemente eterogeneo (Mahmud parla nei termini di «good masons» e
«bad masons»); dall’altra, però, non fa che riprodurre il luogo comune (the dominant mythology)
per cui la massoneria è un luogo di potere: «my interlocutors […] were so invested in reproducing
the dominant mythology of Freemasonry as a powerful network of secret-keepers, even if they were
careful not to implicate themselves personally» (Mahmud 2014, 166-169).
Coggiola, per la sua ricerca, chiede ai suoi interlocutori cosa pensino delle accuse che i mass media
rivolgono alla massoneria, soprattutto in riferimento alle commistioni con la malavita organizzata.
Ricordo che allora, alla metà degli anni Novanta, questo tema si presentava sulla scia delle inchieste
di Agostino Cordova. Una reazione “tipica” individuata da Coggiola (1995, 179) è proprio quella di
alcuni intervistati pressoché certi che nulla di strano avvenga al livello gerarchico da loro raggiunto,
ma che nutrono dubbi su quanto possa effettivamente avvenire nei gradi superiori.
L’elemento elitario viene fuori anche ogni qual volta gli intervistati si appellano alla tradizione per
significare qualcosa; capita, come abbiamo visto, quando si affronta il tema dell’impossibilità
d’ingresso delle donne all’interno dell’Obbedienza, oppure quando chiedo agli intervistati se
riterrebbero opportuno modificare o svecchiare un po’ il rituale, e loro in gran parte mi rispondono
di no, appellandosi innanzitutto alla tradizione che deve essere rispettata. La tradizione, come
suggerisce anche Bonvecchio (2007, 83), guida gli uomini a vivere l’esperienza della totalità,
dell’unità e dell’unione degli opposti, a differenza della scienza che appartiene al mondo del
contingente e del transeunte; quindi la tradizione ha in sé un carattere gerarchico e aristocratico
poiché «non tutti e non allo stesso modo possono raggiungere a comprendere il senso ultimo
dell’uomo e delle cose». Lo stesso discorso viene fatto per il linguaggio simbolico della libera
muratoria, che ha una valenza trascendente e può essere intuito, più che compreso in termini logici;
un linguaggio che, secondo l’autore, «non è elitario (in senso sociale od economico) ma è riservato
162
a coloro che ne vogliono usufruire sapendo che ad esso è connessa una profonda metabasis: un
radicale mutamento» (Bonvecchio 2007, 126).
No, è aperta a tutti… è chiaro che essendo patrocinata dal Grande Oriente d’Italia, nasce praticamente da un
gruppo di massoni che si sono uniti e hanno avuto interesse e hanno praticamente iniziato questo percorso, però è
aperto a tutti [Interv. 16, 55, Piemonte].
Chiedo se, secondo la sua esperienza, una volta compiuti i 21 anni e finito quindi il percorso
all'interno dei DeMolay, i ragazzi decidano poi di essere iniziati nel Goi:
Mh, allora, sono scelte personali… il percorso del Demolay non è obbligatoriamente, non condiziona
obbligatoriamente i ragazzi a fare una scelta del genere, possono fare qualsiasi scelta… possono entrare nel Grande
Oriente o in altre Obbedienze, ce ne sono tante…[...] diciamo che tendenzialmente… allora come tutte, diciamo, le
associazioni ce n’è una parte che eccellono e una parte che non eccellono, e poi dopo c’è la regolarità… la
regolarità normalmente, quindi lasciando perdere i due apici, la regolarità il 50% aderiscono alla massoneria, l’altro
50% fa scelte diverse… ma anche perché comunque la tendenza dei giovani è ormai quella di andare a studiare
all’estero e abbandonano i percorsi… all’estero poi magari non li trovano [Interv. 16, 55, Piemonte].
In Italia l'Ordine di DeMolay esiste da una ventina di anni e conta circa duecento ragazzi, anche se
il fratello da me intervistato auspica che si possa arrivare almeno a 500 nel corso dei prossimi
cinque anni. Gli chiedo qualcosa in merito allo slogan, secondo cui si ha l'impressione di trovarsi a
che fare con una vera e propria scuola di formazione di un qualche tipo di leadership. Lui risponde
che l'intento è proprio quello, sicuramente negli Stati Uniti funziona così:
Demolay oggi, leader tomorrow… [...] È una scuola di leader. [...] Allora… negli Stati Uniti… qua stiamo
provando a costruire qualche cosa di simile, poi i numeri sono piccoli e, insomma è una cosa in divenire. Negli Stati
163
Uniti funziona così: loro hanno i Capitoli, chiaramente corposi [...] di 30, 40, 50 ragazzi e c’è un continuo turnover.
Di questi 40-50 ragazzi che provengono da ogni tipo di situazione economica e culturale… loro su questi ragazzi
costruiscono un percorso che è culturale, che è ludico, che comunque è anche di lavoro interiore e li sottopongono a
prove continue che possono essere… dal lavare la macchina della polizia all’approfondire un argomento di studio,
insomma a una serie di prove… e hanno una cinquantina di step. Da questo tipo di percorso, che chiaramente è
ricavato su un filo logico di crescita adolescenziale che richiama 7 precetti principali che sono i valori tutto
sommato riconducibili anche ai valori massonici… e attraverso il superamento di queste prove loro individuano le
attitudini dei ragazzi [e] riescono a ricollocarli nel…. [...] nel momento in cui poi c’è il passo successivo cioè quello
della scelta universitaria, c’è un po’ più di chiarezza, si va un po’ più sereni [Interv. 16, 55, Piemonte].
Oltre all'élite, dal linguaggio degli intervistati emerge l'elemento della dote innata. Spesso, infatti,
ho ritrovato l'uso dei termini «fiammella» o «luce» ad indicare una sorta di spirito che occorre avere
già dentro di sé per poter essere idoneo ad intraprendere un percorso massonico:
Deve partire dalla fiammella, se hai quella fiammella è tutto più semplice [Interv. 15, 60, Piemonte].
Può darsi che molte persone possano avere quella fiamma, quella luce che serve per far parte dell'Istituzione
[Interv. 23, 39, Piemonte].
La dote innata legata al tema della dotazione di nascita viene dipinta anche con espressioni come il
«gene del massone», «massoni si nasce»:
C'è il gene del massone [...] talvolta però bisogna riuscire a tirar fuori questa inclinazione, questa attitudine
[Interv. 20, 57, Piemonte].
Secondo me uno massone lo nasce ed è quello che viene sempre e frequenta sempre [Interv. 22, 36, Piemonte].
Io probabilmente sono sempre stato massone, quindi anche lì il concetto “Massoneria: lo sei o lo diventi?” mah,
magari lo sei sempre stato, magari anche tu lo sei, anzi sicuramente lo sei [Interv. 14, 50, Piemonte].
Anche per quanto riguarda la tesi della Coggiola che, ricordo, è stata scritta alla metà degli anni
Novanta con riferimento alla Gran Loggia d'Italia degli Alam, l'opinione prevalente tra i suoi
intervistati è che massoni si nasca e non si diventi: «Secondo questo punto di vista, si ci può
migliorare ed affinare, ma non si può diventare ciò che, almeno in potenza, non si è già» (Coggiola
1995, 39). La Coggiola aggiunge come vi sia una sorta di accettazione quasi fatalistica del fatto di
essere stati cooptati all'interno della massoneria, che si accompagna ad una rilettura in termini
positivi ed ineluttabili degli eventi che hanno portato il fratello ad essere inizialmente cooptato.
Quindi, da questo punto di vista – e come mi è stato spesso ripetuto dagli intervistati –, all’interno
dell’Obbedienza possono trovarsi massoni “solo di fatto” mentre, nel mondo profano, possono
esserci massoni che non sono iniziati. In un paio di casi mi è stato fatto presente come,
probabilmente, io stessa – anzitutto per il fatto di interessarmi di libera muratoria – sono «massona»
senza saperlo.
164
Questo mi riporta alla ricerca di Mahmud (2014, 62-63), che getta luce sull'essere un «Freemason
within» (massone dentro). Questa espressione, utilizzata da alcuni dei suoi interlocutori, era
solitamente indirizzata nei confronti di persone profane per cui l’interlocutore provava un certo
grado di stima o a cui riconosceva alcune doti particolari: «Being a Freemason within seemes to be
about a personal set of qualities one had independently of the teachings of the Masonic path or the
active process of self-cultivation that it engendered. It was about an inner state of being rather than
a transformation learned and practiced». In questo senso essere massoni per certe qualità innate, al
di là del percorso di apprendimento e di «self-cultivation» che si può intraprendere all’interno di
un’Obbedienza, può apparire in contrasto con i principi della libera muratoria, in accordo con i
quali «anybody could walk the Masonic path after a required initiation ritual». Essere massoni
dentro aggiunge l’elemento della dote innata (inner talent) ad un percorso di apprendimento del sé
(pedagogical training of the self) che però, evidentemente, non è alla portata di tutti.
Kenney ricorda come anche Poulet (2010) getti luce sul fatto che un individuo può essere massone
anche senza essere iniziato ad una Obbedienza: «In this respect one may see a grain of truth in the
claim of one respondent that “a lot of men are Masons already who have never taken their
degrees”» (Kenney 2016, 43). Anche dalle parole degli intervistati di Kenney (2016, 127-128; 229)
emerge il riferimento alla fiammella e al fatto di essere già nati massoni: «We’re already
Freemasons. The organization is just there to ratify it, organize it, or channel it. Maybe we shouldn’t
expect everyone to have that click»; «I think Masons are more or less born. […] I don’t think we
can make a Mason […]»; «I was already a Mason in spirit».
Oltre alla dote innata può esserci anche una sorta di dote appresa all'interno di un contesto familiare
che ha favorito lo sviluppo di certe caratteristiche particolari, grazie al raggiungimento di un elevato
livello di studio e, in generale, grazie ad un particolare background culturale:
Sono rinato alla nuova vita morale e spirituale, anche se nella mia tradizione familiare questi principi sono stati
sempre rispettati [Interv. 24, 80, Calabria].
La mia famiglia è storica, è tra le famiglie che ha fondato la massoneria a Reggio Calabria, partiamo dal 1800 i
bisnonni, poi ho avuto un nonno, poi ho avuto il padre, uno zio [...] poi i miei due fratelli [Interv. 28, 65, Calabria].
Io sono dell'idea che almeno una laurea bisognerebbe averla per frequentare determinati ambienti, perché io vedo
persone che, anche se hanno il diritto di parola, non hanno niente da dire [Interv. 22, 36, Piemonte].
L'attività professionale interessa poco, lei lo sa meglio di me, interessa l'uomo, la persona; certo per poter
assimilare i nostri principi deve avere una certa anche cultura [Interv. 29, 55, Calabria].
C’è bisogno di una certa cultura per entrare nella massoneria. Come si fa a capire il simbolo, queste cose qua,
senza avere un’infarinatura di una cultura umanistica, senza conoscere la rivoluzione francese, la rivoluzione
americana, non si può. Se io mi metto a parlare di spiritualità… cioè di certe cose bisogna aprire la bocca quando le
orecchie sono aperte. Se le orecchie son chiuse bisogna stare zitti [Interv. 1_ex, 65].
165
L’aspetto del livello di studio si riscontra anche nella ricerca di Kenney (2016, 238); secondo alcuni
intervistati, infatti, occorre riconoscere che «the educational background» può avere un impatto su
come i massoni interpretano il rituale, leggono le analogie, interpretano le metafore.
Mahmud (2014, 146-147) parla nei termini di «high culture» e di come questa sia una delle
caratteristiche dei massoni da lei incontrati: «Every tavola I read or heard, every semipublic
Masonic talk I attended, and certainly most of my informants’ profane activities, interests, and
hobbies betrayed to various degrees their passion for high culture». Una “cultura alta” che diventa
una password per poter entrare in massoneria (a password into the esoteric society of Freemasonry),
infatti tutti i massoni da lei conosciuti erano persone di cultura, nonostante non sia esplicitato in
nessun regolamento che il capitale culturale (cultural capital) sia un criterio per l’iniziazione:
«Understanding the lodges’ speculative labor and the forms of simbolic capital that they engendered
is crucial to understanding the persistence of patterns of exclusion among Freemasons, despite their
inclusionary rhetoric».
In generale, poi, chi è più dotato solitamente ha anche una missione da compiere per mettere a frutto
queste sue qualità, altro elemento emerso dall'analisi del linguaggio degli intervistati:
Noi per portare luce all’interno della società dovevamo certamente mettere a nudo quel potere lì, no, che
schiavizzava le menti umane e via di seguito, che ancora oggi lo fa, perché alla fine di tutto non fa altro che vendere
sentimento, dogmi e fede, a noi non interessa tutto questo, noi vogliamo liberare l’uomo da queste prospettive
[Interv. 15, 60, Piemonte].
La realtà massonica è uno spaccato della società civile, praticamente nel senso che soltanto così i più dotati,
usando un adeguato linguaggio di comprensione e di semplicità, possono trasmettere agli altri quei valori eterni che
noi proponiamo [Interv. 24, 80, Calabria].
Vedete che nei nostri templi c'è una parte del muro incompleta, è il tetto scoperto perché ci deve far capire che noi
dobbiamo lavorare incessantemente per arrivare veramente un giorno a costruire la grande cattedrale […] se
riusciamo ad arrivare a questo riusciremo veramente a far si che possiamo costruire un mondo migliore [Interv. 25,
44, Calabria].
Il successo dell’essere massoni, cioè portare quello che c’è di buono all’esterno [Interv. 16, 55, Piemonte].
La cosa più importante è quella di diffondere poi, una volta che poi uno esce dalle quattro mura della loggia,
diffondere questi principi, diffondere queste nozioni, diffondere ciò che uno ha inglobato, ha preso e ha imparato
alla gente, perché altrimenti nel momento in cui noi non diffondiamo quello che abbiamo interiorizzato […] il
nostro lavoro di massoni non ha motivo di esistere [Interv. 23, 39, Piemonte].
166
Se entriamo come uomini liberi e di buoni costumi, per rafforzare il nostro modo di essere, questo lo dobbiamo
manifestare anche fuori […] ma non principalmente tra i fratelli, dobbiamo manifestarlo anche con il mondo
profano perché penso che oggi ce ne hanno più bisogno loro che i nostri fratelli [Interv. 28, 65, Calabria].
Lo scopo nostro definitivo è l’elevazione morale e culturale dell’uomo e dell’umana famiglia [Interv. 24, 80,
Calabria].
Quindi una missione che porti ordine, conoscenza, consapevolezza, desiderio di fratellanza al di
fuori, nel mondo profano che, più o meno direttamente, diventa il regno del disordine,
dell’ignoranza, della scarsa predisposizione a sapere, della mancanza di rispetto: «Given that we
now live in a period of far greater social change […] along with rampant consumerism, social
isolation, and mass-mediated disenchantent, perhaps the lodge could be seen by many more as a
source of stability in a sea of change» (Kenney 2016, 17). In questo brano l'Obbedienza viene
presentata come una fonte di stabilità all'interno di un mare in continuo mutamento. In riferimento
all'immagine di una società in continuo mutamento, Kenney (2016, 125) riporta il commento di un
fratello che sostiene come, soprattutto i giovani entrati negli ultimi anni in massoneria, abbiano
desiderio di appartenere a qualcosa che abbia una continuità (to belong to something that has
continuity), che abbia radici (roots) e che offra la percezione di stabilità (something that doesn't
change very much over time).
Molti dei miei intervistati tendono a rimarcare come all’interno delle logge siano assenti alcuni
atteggiamenti tipici del mondo profano, come parlarsi sopra invece di ascoltarsi l’un l’altro, oppure
giudicare gli altri senza conoscerli:
Tutto scorre in modo efficiente e ordinato a differenza di quello che succede nel mondo profano dove tutti si
parlano sopra. Meno democratico ma più ordinato [Interv. 17, 43, Piemonte].
Il fatto del silenzio [quando sei Apprendista] ti permette di osservar meglio le cose che ti capitano attorno […].
Chiaramente sei abituato in una società in cui se non parli sei visto in una maniera negativa… invece poi capisci il
valore che ha il silenzio [Interv. 10, 32, Piemonte].
Trovo molto educativo il fatto che non si accavalli mai la parola; se uno sta parlando finisce di parlare e poi
interviene l’altro, cosa che nel mondo profano non succede [Interv. 23, 39, Piemonte].
Magari tante volte all’esterno vuoi parlare di certi argomenti e ti viene difficile perché non c’è la persona adatta,
pronta a… […]. Invece qui si riesce ad avere un confronto costruttivo e non vieni mai giudicato, cosa che invece
all’esterno spesso e volentieri viene fatto [Interv. 13, 37, Piemonte].
In linea generale emerge come certe situazioni che si vengono a creare nel mondo libero muratorio
in riferimento soprattutto alla ricerca interiore e alla sensibilità verso un certo tipo di spiritualità,
non possono essere rintracciate e sviluppate fuori da quel contesto:
Occorre rendersi conto che certi valori e certe situazioni, se riesce a realizzarle all'interno dell'Istituzione, è
difficile trovarle nel mondo profano, ma non perché non ci siano condizioni speciali, ma perché nel mondo profano
167
la ricerca interiore e l'attenzione a quella spiritualità che noi continuamente cerchiamo, non sempre succede; quindi
c'è un valore aggiunto che non si trova al di fuori [Interv. 1, Rosso, GMA].
Anche Kenney (2016, 18) ha notato come seguire una certa etichetta e precise norme di
comportamento favorisca la naturale tendenza dei fratelli a parlare tra loro «in a positive way» e
come questo si colleghi ad un’idea della loggia vista come rifugio dai problemi della vita fuori
(outside life).
A volte alcuni intervistati ribadiscono come gli aspetti di caos, pregiudizio e litigiosità siano tipici
del mondo profano, dicendo però che spesso questi stessi atteggiamenti finiscono per entrare anche
in loggia:
[Sulla nascita di nuove logge per gemmazione] quello che si sta vivendo fuori di crisi, di insicurezza, di litigiosità
e quant’altro sta arrivando molto anche dentro l’Istituzione, quindi in realtà tutto il lavoro che facciamo, che
dovrebbe proteggerci da questi aspetti, o che dovrebbe darci gli strumenti per poterli governare, in realtà questo non
avviene [Interv. 7, 55, Piemonte].
Noi stiamo tegolando in questo momento una persona che è gay… io non so se riuscirò a superare la resistenza
dei fratelli, di alcuni fratelli non di tutti eh […]. Il mondo che c’è fuori, che sta cercando disperatamente [la
massoneria] di non essere uguale al mondo che c’è fuori, però siamo ancora quel mondo lì [Interv. 15, 60,
Piemonte].
Anche i termini che spesso vengono usati per intendere il mondo profano assumono una
connotazione particolarmente elitaria e una volontà di forte contrapposizione. Mi riferisco a parole
quali “masse”, “folle”; “poveri” e “popolo” seppur spesso intesi in senso metaforico:
Guardi le masse hanno, hanno diciamo così, la facilità di essere gestite, perché la massoneria non è per tutti, è di
tutti ma non è per tutti [Interv. 15, 60, Piemonte].
[Sulla filantropia] E invece fai il tuo senza tanto sventolare, vedrai che quando cominciano a dire “ah i massoni
danno da mangiare ai poveri, ah i massoni fanno lì” comincia a essere un pochettino più interessante... certo crea
sempre più divario perché sembriamo i regnanti che danno i pezzi di pane al popolo e lì fa ancora più fastidio. […] i
massoni non devono dar da mangiare ai poveri, i massoni devono trovar lavoro ai poveri dove c'è, perché dargli da
mangiare sembri Maria Antonietta che buttava il pane secco dalla Reggia di Francia [Interv. 22, 36, Piemonte].
[Alla domanda se gli amici sapessero della sua appartenenza alla massoneria, un intervistato pensa che io mi
riferisca ai fratelli massoni. Gli dico che in realtà mi sto riferendo agli amici fuori dall’Obbedienza ] Ah, profani
diciamo... della strada [Interv. 28, 65, Calabria].
Il Grande Oratore, nel parlare della separatezza che si viene a creare tra mondo esterno e mondo
interno all’Obbedienza, divide il genere umano in tre categorie, gli ilici, gli psichici e i pneumatici:
Gli ilici […] sono la maggior parte degli uomini… conformisti, quelli che si incollano davanti alla televisione,
quelli che pensano al denaro […]. Poi ci sono gli psichici […] quelli che ogni tanto si pongono delle domande e
pensano, qualche volta, da dove vengo, dove siamo, dove andiamo […] e poi ci sono i pneumatici, che viene da
pneuma, spirito. Gli aderenti alla libera muratoria dovrebbero partire dallo stato di psichico e arrivare allo stato di
168
pneumatico [Interv. 2, Bonvecchio, GO].
I toni con cui vengono dipinti gli amici – e in generale le persone – al di fuori dell’Obbedienza
ricalcano questa contrapposizione tra un dentro che ha i caratteri della profondità, della volontà di
apprendere e un fuori dove regnano superficialità e mancanza di obiettivi nobili:
L’idea di confrontarsi, di uscire con gli amici… io avevo l’ansia a un certo punto. […] parlano di calcio, parlano
di macchine, tutta una serie di cose che… […]. [All’interno dell’Obbedienza] mi son trovato invece di fronte a
persone che discutevano di qualcosa che è un po’ più intelligente [Interv. 11, 40, Piemonte].
Mah… c’è gente che va al bar, c’è gente che va alla partita… io non vado alla partita, non vado al bar e mi dedico
a questa cosa [alla massoneria] [Interv. 16, 55, Piemonte].
C’era stato un film su Dante di Louis Nero che è un regista […] dove c’era una rivisitazione della Divina
Commedia vista in un’ottica particolare… certo non è un film che possono vedere tutti, non guardi una puntata di
Beautiful, devi avere un certo spessore. […] le persone normali non gli interessa, gli interessa sapere cosa fa il
Napoli, cosa fa la Juve, avere il cellulare all’ultima tendenza [Interv. 20, 57, Piemonte].
L'elemento del parlare con persone che non si interessano solo di sport e che non “perdono tempo
nei pub” emerge anche dalle interviste di Kenney (2016, 145): «I found a place to talk about
important issues with like-minded men. I’m not into sports, I’m not into wasting my time in pubs.
It’s kind of reassuring to know that there’s this network and circle out there of people who are on
the same path and on the same road».
In sostanza si riscontra un “noi contro loro” che ha i caratteri elitari di un gruppo tutto sommato
ristretto che si contrappone alla massa delle persone che, in linea generale, «non ha la
predisposizione a capire». Da qui la difficoltà nel dire persino agli amici più stretti di far parte di
un'organizzazione massonica. Chi sta fuori, tendenzialmente, è qualcuno che «non si pone troppe
domande»; del resto emerge un quadro in cui i fratelli di loggia risultano sicuramente più stimolanti
degli amici “fuori” e le conversazioni interne assai meno convenzionali.
Questo ci ricollega al tema del carisma di gruppo affrontato in precedenza che, secondo Elias
(2001), si accompagna al disonore di gruppo, a formare i due poli di un unico continuum all'interno
di una figurazione sociale, che registra il grado di approvazione/disapprovazione tra due gruppi
(Perulli 2012, 101). In questo senso Elias parla di radicati e di esterni (2004), i primi investiti della
qualità carismatica, i secondi che recano la caratteristica del disonore di gruppo. Il ricorso alla
dimensione carisma-disonore di gruppo consente a Elias di sottolineare le dicotomie in termini di
buono/cattivo, migliore/peggiore del gruppo che occupa una determinata posizione di potere
(Perulli 2012, 102): «È possibile osservare più e più volte che i membri dei gruppi che sono, in
termini di potere, più forti degli altri gruppi interdipendenti, si considerano esseri umani migliori
169
degli altri. Il significato letterale del termine aristocrazia può servire ad esempio. È un termine che i
guerrieri ateniesi appartenenti alle classi superiori, possessori di schiavi, applicavano a quel tipo di
relazione di potere che, ad Atene, permetteva al loro gruppo di raggiungere la posizione di governo.
Ma letteralmente significava “il governo dei migliori”» (Elias, Scotson 2004).
L'elemento interessante è che, solitamente, lo stigma sociale viene “attaccato” dai membri del
gruppo radicato al gruppo esterno (Elias, Scotson 2004) mentre, nel caso di questa ricerca, è
possibile affermare che lo stesso gruppo dei radicati – i componenti del Goi – abbia su di sé un
fortissimo stigma che affonda le sue radici alle origini della massoneria speculativa e che, seppur
cambiando forma, si è mantenuto ancora oggi molto vivo. Uno stigma che, come vedremo in sede
di conclusione, diventa parte integrante della propria identità e, ancora, forte fattore attrattivo.
Secondo me ci dev'essere una base su cui lavorare, cioè tu già arrivi con il tuo carico di buoni costumi, poi
possibilmente aumentali [...] essere di buoni costumi è una cosa che devi avere già in partenza perché sennò non sei
adatto per questo ambiente [Interv. 11, 40, Piemonte].
Buoni costumi è anche essere delle persone integerrime dal punto di vista dell'onestà, del rapporto interpersonale
e sentimentale, di essere un buon padre di famiglia, un buon marito, una brava persona, una persona onesta, corretta
[Interv. 20, 57, Piemonte].
Di buoni costumi va letto nell'accezione di un soggetto che è bene integrato all'interno della società, quindi anche
apprezzato dalla società [Interv. 23, 39, Piemonte].
Anche per alcuni degli intervistati di Kenney (2016, 225-226) occorre già essere di buoni costumi
prima di entrare in massoneria: «Freemasonry takes a good man and makes him better». Quindi
l’espressione si lega a filo doppio col concetto di moralità e, come riporta lo stesso Kenney in
riferimento alla sua ricerca, gli intervistati parlano molto della relazione che sussiste tra il
coinvolgimento all'interno della massoneria e un'attitudine/indole virtuosa (moral character) come
mezzo per un «moral improvement». Come del resto sostiene Hoffman (2001, 173), la massoneria
diventa un posto per «civilizing members» tra cui troviamo i «moral elects», che hanno il compito
di apportare miglioramenti alla società.
C'è da dire, però, come l’aspetto della moralità risulti quantomeno controverso. In conversazioni
170
informali mi è stato riportato dagli stessi intervistati come spesso le tornate di loggia possano
diventare una scusa per uscire di casa e andare a “fare altro”, ad esempio andare a trovare
l’eventuale amante. La stessa Gran Loggia che si tiene annualmente viene descritta come una sorta
di ritrovo goliardico tra fratelli che approfittano del lungo fine settimana non solo per ritrovarsi,
cenare e parlare insieme, ma spesso anche per proseguire la serata in altre faccende poco
massoniche70.
Commenti su questo aspetto provengono in gran parte da conversazioni informali, ma anche da
alcune interviste:
Sono dell’idea che la maggioranza delle persone che partecipano alla Gran loggia non gliene freghi niente della
Gran loggia, sia una vacanzina, un weekend di vacanza quasi goliardico dove nel migliore dei casi si va a mangiare
il pesce e poi da lì in avanti serate, nottate e quant’altro… [Interv. 19, 48, Piemonte].
In verità molti vanno in massoneria e nascondono altre cose, ma come in tutte le associazioni, io vado là e poi
non vado là… succedono anche delle cose comiche all’interno della massoneria […]. Si incontrano due coppie e
dicono “Ma tu perché non c’eri alla tornata ieri?”, e lei “Ma se c’eri!”… divorzi, quindi figurati con le donne
all’interno come sarebbe [Interv. 4_ex, 40].
Seppur intuibile, questo elemento si discosta in maniera forte dal linguaggio e dall’atteggiamento di
molti degli intervistati, tesi entrambi a ribadire un’apparenza di assoluta moralità, buone maniere e
rispetto dei valori massonici.
Un altro elemento che esula dall'analisi del linguaggio ma che ci porta a riflettere sul tema
dell'elitarismo è la doppia appartenenza che molti fratelli hanno sia alla massoneria che ad un club
service come il Rotary e il Lions:
Ci sono persone che tramite il Lions o il Rotary entrano qui perché vengono riconosciute e segnalate da lì, oppure
ci sono percorsi al contrario, gente che si è conosciuta qui e viene portata fuori [...] tanti hanno questa doppia
appartenenza [Interv. 19, 48, Piemonte].
Ci possono essere delle doppie appartenenze chiaramente, non dimentichiamo che sia Melvin Jones per i Lions
che Paul Harris per il Rotary erano massoni [...] diciamo che la fondazione del Rotary e del Lions è stata un po' la
laicizzazione della massoneria [Interv. 26, 70, Calabria].
Far parte anche del Rotary per molti, ma non massoni, dico in senso generale, è uno status symbol, è un
riconoscimento sociale [...] spesso e volentieri ci sono fratelli massoni all'interno del Lions, del Rotary o del
Kiwanis e di conseguenza propongono, come è stato proposto a me, di entrare [nel club service] anche per fare
qualcosa assieme [Interv. 30, 57, Calabria].
Come suggerisce Elena Coggiola (1995, 14), il Rotary e il Lions sono stati fondati da due massoni
70
«Voi [liberi muratori] dovete anche tutelare la vostra salute non intrattenendovi troppo a lungo o troppo lontano da
casa, dopo che le ore di Loggia sono passate; ed evitando la ghiottoneria e l'ubriachezza, affinché le vostre famiglie
non siano trascurate od offese, né voi inabilitati a lavorare» Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi
doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma, Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. XII.
171
per fare ciò che in massoneria non era ammesso, ossia intrattenere rapporti relazionali a fini
professionali. Pare quindi priva di fondamento l'ipotesi che vede i club service come ambienti ideali
di reclutamento dei fratelli; piuttosto è più plausibile che i massoni vi facciano il loro ingresso
successivamente.
Ciò che qui interessa sottolineare è la fisionomia di gruppo elitario che è qualcosa che, da sempre,
accompagna questa Obbedienza. Nonostante i dettami regolamentari e il continuo riferimento a
temi quali eguaglianza, tolleranza e abbattimento delle barriere sociali, è un dato di fatto che tutti gli
intervistati che hanno contribuito a questa ricerca sono, come anche nell’esperienza di Kenney,
«White and of local origin». In questo senso possiamo citare Wilson (1980, 134) il quale ha visto
nelle attività rituali della massoneria la riproposizione di un «perpetual morality play», una sorta di
Wasp (White Anglo-Saxon Protestant) «civil religion» (Kenney 2016, 9). Altri studiosi con un
atteggiamento più critico nei confronti della massoneria (Summers 2003, Clawson 1989)
evidenziano come, nonostante ufficialmente questa si ponga come costruttrice di ponti di solidarietà
grazie ai suoi valori di tolleranza nei confronti degli orientamenti religiosi e delle differenze di
classe, in pratica, nel corso dei secoli, non abbia fatto altro che escludere le minoranze razziali e le
donne.
Kenney sostiene comunque di aver incontrato, durante il corso della sua carriera massonica, una
grande varietà etnica soprattutto in alcune logge di aree urbane. Ovviamente qui il paragone è un
po’ forzato perché incomparabile risulta la storia migratoria nel Nord America con quella italiana.
Nonostante questo, anche nel caso nordamericano troviamo le cosiddette Prince Hall lodges, che
iniziano solo uomini di colore, «costrette a farlo per il semplice motivo che la Massoneria
statunitense del Settecento aveva, di fatto, escluso i neri» (Moramarco 1981, 199). Prince Hall era
uno schiavo affrancato; lui e altri suoi compagni furono i primi ad essere iniziati in una loggia
militare irlandese nel 1775, ma poi dovettero costituire una “African Lodge” dopo la partenza della
loggia castrense, senza ricevere, per lungo tempo, il riconoscimento della massoneria cosiddetta
regolare. Il razzismo e la segregazione che imperversavano a quel tempo in Nord America resero
impossibile per gli afro-americani aderire a molte Grandi Logge tradizionali e questo cozza in modo
evidente col principio massonico dell’uguaglianza e dell’universalità.
Per quanto riguarda l’aspetto religioso, tutti i miei intervistati sono cattolici, anche se molti di loro
non praticanti. Anche nel caso studiato da Kenney (2016, 31), la maggior parte degli intervistati
pratica o ha praticato la stessa religione, quella protestante:
Aside from requiring a belief in a Supreme Being, the Craft does not get into doctrinal of theological differences
and the discussion of religion is frowned upon in lodge. As such, one might expect considerable religious diversity
in the sample. […] however, this is not the case. […] the information that is available indicates that the sample
remains relatively weighted toward Protestant Christianity as the Craft has traditionally been in the past. […] Yet
172
there was no evidence of other religious backgrounds despite Masonry being open to them.
L’aspetto della religione rinforza l’idea di un gruppo di persone molto simili rispetto a
caratteristiche generali quali etnicità, esperienza religiosa, professione. Una omogeneità che poi
assume forme di eterogeneità se si vanno ad analizzare i motivi personali, le modalità di ingresso e
gli interessi dei singoli. Nelle parole di Kenney, infatti, si parla di una «multi-faceted experience of
brotherhood». Quindi un’esperienza della fratellanza che si declina in modi diversi a seconda delle
inclinazioni e delle motivazioni dei singoli, ma una tendenziale omogeneità interna, per cui Kenney
(2016, 246-247) osserva come nonostante dai dati della sua ricerca emergano «claims of increased
“tolerance,” “trust,” and the ability to socially engage with a network of “more diverse” others
[…]», esista poi un’attrazione verso persone simili, che la pensano allo stesso modo (like-minded
individuals): «Hence, the overall impression is that this bonding dynamic operates more effectively
for a relatively select group in a narrowing relevance interface with society at large».
Quindi, prosegue Kenney, nonostante il continuo ricorso a concetti quali diversity, quello a cui
stiamo assistendo è in realtà il reclutamento e l’integrazione all’interno delle Obbedienze di persone
giovani che però sono in tutto simili ai membri più anziani: «Freemasonry is notoriously resistant to
change, so we are likely witnessing the integration of that relatively small, socially congruent group
of people in society to an existing order of authenticity and relevance […] rather than the adaptation
of a group rich in symbolic diversity to the great bulk of a changing society». In questo senso
Kenney parla della massoneria come di una subcultura tradizionalista (traditionalist subculture) che
difficilmente potrà cambiare finché la vecchia guardia (the old gards) rimane relativamente
dominante in termini sia di numeri che di autorità.
Abbiamo visto precedentemente, parlando dell’evento della Gran Loggia, come la distanza tra logge
e mondo profano si mantenga tale anche in un evento ufficialmente organizzato per aprirsi
all’esterno, quantomeno per la parte che non riguarda gli aspetti rituali. Come detto, l’impressione è
che i profani non partecipino non perché ignoranti e/o carichi di pregiudizi, ma perché non c’è una
reale volontà da parte dell’Obbedienza di comunicare con loro in questo senso. Un evento come
quello della Gran Loggia – a cui si possono aggiungere il ruolo della ritualità e quello del segreto
come elementi che contribuiscono ad accrescere barriere tra un dentro e un fuori – non fa che
rinforzare i legami interni tra fratelli che sfruttano quell’occasione per incontrarsi tra loro e non per
aprirsi ai profani.
Il forte sentimento elitario, gli elementi della dote innata, della missione, dei buoni costumi e il
modo in cui gli intervistati si rapportano e definiscono il mondo profano, non fanno che formare e
173
rinforzare una identità di gruppo ben precisa, senza la comprensione della quale risulta difficile
capire come sia possibile che, dopo più di 200 anni dalla nascita della massoneria speculativa in
Italia (e dopo 300 anni dalla nascita di quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la United Grand
Lodge of England) questo istituto continui a mantenersi vivo e, almeno nel caso italiano, in continua
crescita.
Come accennato nel precedente capitolo in riferimento ai motivi di ingresso dei fratelli massoni e
alle loro conoscenze anteriori sulla libera muratoria, Mahmud (2014) riporta come, molti dei suoi
intervistati, prima di entrare in massoneria non abbiano molte informazioni al riguardo.
Questo emerge anche dalla presente ricerca e da quella della Coggiola (1995); per questo ci si è
chiesto il motivo per cui una persona sia spinta a fare il suo ingresso nonostante sappia ben poco di
massoneria. La risposta di Mahmud è che possa essere forte nel neofita il desiderio di essere uno di
loro/come loro (to be one of them/like them) (Mahmud 2014, 79).
Nella tesi di Coggiola, sempre in riferimento alle scarse conoscenze anteriori all'ingresso, si
motivano le scelte dei nuovi bussanti in ragione di due motivi che si legano a filo doppio: la volontà
di trovare un gruppo in cui identificarsi, e la stima e la fiducia riposte nelle persone che li avevano
presentati. Come abbiamo detto, secondo l'autrice è soprattutto l'alone di mistero che circonda la
libera muratoria ad esercitare fascino sui nuovi iniziati, un mistero che si lega alla dimensione
elitaria di gruppo: «Un certo peso è dunque connesso al fatto di entrare a far parte di un ambiente
dai più ritenuto elitario e di essere al centro di una dinamica di cooptazione» (Coggiola 1995, 41).
Non possiamo quindi trascurare questo aspetto dell'identificazione e del riconoscimento, del voler
entrare in massoneria per essere “uno di loro/come loro”.
Va messo subito in risalto come i motivi che spingono i fratelli di questa ricerca ad entrare in
massoneria – e, sembra di capire, anche i membri delle altre cui ho appena fatto riferimento – siano
eterogenei tra loro ma, alla base, vi sia un comune denominatore che li lega tutti: la volontà di
entrare a far parte di un gruppo avente specifiche caratteristiche. Come afferma Alessandro
Pizzorno, «la presenza di altre persone è necessaria all'azione. Prima di diventare un possibile
mezzo per conseguire fini individuali, l'interazione con gli altri appare come un fine in se stesso»
(1991, 221).
Quali che siano queste caratteristiche – e in questa parte del lavoro ho cercato di delineare le più
rappresentative – il soggetto che intende entrare a far parte di un certo gruppo, valuta come positive
queste stesse caratteristiche nella misura in cui riconosce loro un certo valore. Del resto, gli uomini
costruiscono la loro socialità non sulla premessa del cooperare insieme, piuttosto su quella del
«giudicarsi affini per qualche valore che viene scelto […] come comune a tutti loro. Un giudizio, si
noti, che non è rivolto a qualche determinato atto […] bensì a valutare similarità dell'una con l'altra
174
persona […]» (Pizzorno 2007, 147).
Le caratteristiche di un gruppo rimandano alle caratteristiche dei membri di quel gruppo che, nel
nostro caso, in riferimento soprattutto alla qualità dei “buoni costumi” che occorre già possedere
prima di entrare, rendono i fratelli massoni soggetti portatori di reputazione (Ostrom 1998), che
somiglia più ad una reputazione come eccellenza che ad una reputazione come credibilità (Pizzorno
2007, 228). Nel secondo caso, infatti, si presuppongono rapporti interpersonali tra soggetti che, nel
tempo, ricavano un giudizio l'uno sull'altro in base alla loro conoscenza reciproca. La reputazione
come eccellenza, invece, riguarda il grado di superiorità che si assegna ad una persona stimandola,
magari, per i risultati raggiunti nell'ambito della sua attività, senza che per forza di cose vi sia un
rapporto interpersonale. Certamente, nel caso della libera muratoria, la stima che il bussante può
provare nei confronti dei suoi membri – al di là delle figure a stretto contatto con lui, come il
fratello presentatore o parenti massoni – non è derivata dalla conoscenza diretta di quei membri, ma
da quell'alone di eccezionalità che avvolge la massoneria e che ho provato a mettere in evidenza
attraverso una lettura attenta del linguaggio dei miei intervistati.
Appartenere ad un gruppo considerato come degno di reputazione, fa sì che il nuovo arrivato ritenga
che parte di quella reputazione, poi, possa ricadere anche su di lui. Non intendo qui definire questo
tipo di reputazione in termini specifici. Ciò che ho voluto fare in questa parte del lavoro è capire
quale sia l'immagine che gli intervistati hanno di loro stessi in quanto identità collettiva.
I riferimenti alla dimensione elitaria, alla missione da compiere e alla chiamata vocazionale, ai
buoni costumi e alle doti sia innate che apprese, contribuiscono a delineare i tratti di un gruppo
l'appartenenza al quale può avere l'effetto di procurare stima di se stessa e carattere di eccellenza
alla persona che intende farne parte.
Come abbiamo visto, forte valenza attrattiva è assunta dalla dimensione elitaria, dalle caratteristiche
aristocratiche del gruppo che si legano alla componente misteriosa e, in parte, segreta
dell'Obbedienza. Questi due aspetti possono assumere risvolti positivi o negativi, a seconda dei
significati che vengono loro attribuiti. In conseguenza di ciò, questi stessi significati possono
portare ad atteggiamenti di tipo – solo parzialmente – opposto: spingere un individuo a chiedere di
far parte dell'Istituzione, o spingerlo a ritenere che all'interno dei templi si nascondano gruppi di
potere che decidono delle sorti dei cittadini, a loro discapito. Quindi, a questo punto, risulta
importante focalizzare l'attenzione sul riconoscimento del mondo esterno.
Come sostiene Pizzorno (2000, 205-206), la stima di sé deriva da un giudizio favorevole sul gruppo
al quale si appartiene – o si intende appartenere – o anche da un giudizio negativo sul gruppo dal
quale ci si vuole distinguere. Per quest'ultimo aspetto rimando alle espressioni con cui i miei
intervistati definiscono il mondo profano in relazione alla dimensione dell'Obbedienza, di cui ho
175
parlato in precedenza. In riferimento al ruolo del mondo esterno, però, occorre osservare come
Pizzorno (2000, 207) identifichi una doppia struttura di riconoscimenti, la quale genera il
sentimento della stima di sé. Si tratta dei riconoscimenti interni che si sviluppano tra i membri del
gruppo sulla base di una comune identità e dei riconoscimenti esterni di cui gode il gruppo al di
fuori dei suoi confini. Viene da pensare che un positivo riconoscimento esterno possa aumentare
quel sentimento della stima di sé dell'individuo, già alimentato dalla presenza di un riconoscimento
interno. In realtà, come anche afferma Pizzorno, una cerchia di riconoscimento individuabile in
un'entità autonoma come un gruppo religioso o politico o simili, può arrivare a valere (cioè, essere
in grado di offrire alla persona un riconoscimento che è sufficiente per la sua vita di relazione)
indipendentemente da riconoscimenti ricevuti dall'ambiente esterno: «A volte può anzi succedere
che proprio l'isolamento da riconoscimenti esterni, l'autonomia assoluta, o pretesa tale,
dall'ambiente, siano un obiettivo che certi gruppi si pongono allo scopo di rafforzare la loro capacità
di offrire ai loro membri tutto il riconoscimento di cui questi possono credere di aver bisogno»
(Pizzorno 2000, 209).
Nel caso dell'Obbedienza da me analizzata si può quasi affermare che il suo aspetto di eccezionalità
derivi anche da un riconoscimento esterno che ha caratteri tuttora fortemente negativi. Non a caso
alcuni dei miei intervistati hanno sottolineato come sia proprio quest'immagine negativa ad averli
stimolati ad entrare, principalmente per capire se vi potesse essere fondamento per quel tipo di
pregiudizi che enfatizzano gli aspetti nascosti dell'Obbedienza, anziché sottolinearne la valenza più
iniziatica e filantropica.
In questo senso si può pensare che il motivo per cui molti individui hanno desiderio di diventare
membri del gruppo, sia legato al riconoscimento di un certo potere che questo gruppo possiede, che
può suscitare sentimenti di stima nei confronti dei suoi membri, anche se l'iniziato non ha
conoscenze precise sulla libera muratoria, quindi non conosce le caratteristiche di quel potere che,
però, pare intuire.
Pare che sia quindi la ben delineata identità dell'Obbedienza – le cui caratteristiche si sono andate
evidenziando in questa parte della ricerca – a suscitare, insieme, sentimenti di stima e sospetto,
elementi entrambi che contribuiscono a creare le condizioni del riconoscimento di un certo tipo di
potere in riferimento all'Istituzione esaminata. Questo potere fa sì che molte persone siano attratte
dall'Istituzione e decidano di entrare a farne parte, e decidano altresì di rimanervi nonostante
l'avvicendarsi di vari scandali che l'hanno coinvolta e che possono minare la credibilità della stessa
e corrompere la sua mission ufficiale. Ancora, questo potere è supportato dall'immagine elitaria
dell'Obbedienza e, insieme, dalla sua componente di mistero, due tratti inscindibili se si vuol
comprendere la forza attrattiva che il Goi continua ad esercitare a più di 200 anni dalla sua
176
fondazione, e che possono gettar luce sui motivi della tutto sommato inefficace apertura all'esterno,
nonostante i proclami alla trasparenza e al confronto di cui, ciclicamente, i vertici del Goi si fanno
portavoci.
177
s’intende qualcosa che deve appartenere, senza riserva alcuna, a tutti. È, piuttosto, qualcosa di
aristocratico» (Bonvecchio 2007, 169-177). L’autore prosegue dicendo come il segreto «si connota
– per coloro che ne sono al corrente – come un carattere di saldissima unione e di partecipazione a
qualcosa di profondamente condiviso e strutturante» e come, di conseguenza, questo sia «datore di
una salda identità [ribadendo] la particolare condizione di chi ne è al corrente rispetto a chi non lo
è» e divenendo, infine «la condizione stessa dell’esistenza del gruppo».
Il segreto, come ha scritto Simmel (1908, 48), offre «l’opportunità di un secondo mondo accanto a
quello rivelato» e, a sancire una separazione tra chi detiene il segreto e chi no, Simmel ricorda come
per molte persone il segreto posseduto non ha solo valore di per sé, come fonte conoscitiva di
qualcosa, ma ha valore anche nella misura in cui altri vi devono rinunciare: «dato che l’esclusione
degli altri da un possesso subentra soprattutto in caso di suo grande valore, è psicologicamente
ovvio il contrario e cioè che ciò che è negato a molti deve essere qualcosa di particolare valore»
(Simmel 1908, 50-51).
Questo è il segreto in termini iniziatici, però il termine viene utilizzato generalmente anche per
significare qualcosa d’altro. Prima di entrare nel merito, occorre riprendere una calzante definizione
di Giarrizzo (1994) secondo cui la massoneria non è una società segreta, bensì una società di
segreti. E infatti, a seconda dell'estensione del segreto, un'organizzazione può assumere due forme
principali: una in cui il segreto incorpora informazioni riguardo tutti gli aspetti del gruppo, inclusa
la sua stessa esistenza; l'altra in cui solo alcuni aspetti come la membership, le regole, gli obiettivi,
rimangono segreti (Hazelrigg 1969, 324).
Mentre il segreto iniziatico – nelle parole di Guénon (2010, 124-129) – è inafferrabile e
inaccessibile ai profani e quindi non può essere in alcun modo tradito, esistono altri segreti di altra
fattura: «Oltre a tale segreto, che soltanto le è essenziale, un’organizzazione iniziatica può
possedere secondariamente anche altri segreti non dello stesso ordine, ma di un ordine più o meno
esteriore e contingente… Naturalmente, ogni segreto di questa natura non ha che un valore
convenzionale e molto relativo e può essere sempre scoperto e tradito». Nelle parole degli
intervistati, in questo senso, è più corretto definire il segreto nei termini di «riservatezza/riserbo» o
«discrezione»:
Il termine segreto non esiste più… ai tempi miei si giurava segreto sui lavori compiuti a fine tornata, si giurava
segreto… poi c’erano i famosi giuramenti. Oggi invece si parla di promesse, sia pure solenni […] si parla di
mantenere la riservatezza [Interv. 26, 70, Calabria].
Mahmud enfatizza molto il termine discrezione nella sua ricerca (Mahmud 2012, 426), sostenendo
178
sia il termine preferito dai suoi intervistati perché riesce a spiegare bene le varie forme di
occultamento e rivelazione (concealment and revelation) che fanno da sfondo alle pratiche
massoniche e perché, d’altra parte, il termine segreto viene usato con estrema cautela in seguito alle
disavventure giudiziarie degli ultimi decenni.
Un secondo tipo di segreto, che non ha caratteri iniziatici in senso stretto, attiene a ciò che viene
svolto durante le tornate rituali e ad altre norme di comportamento sancite dai regolamenti. In
questo senso le interviste rimandano l'immagine di alcuni fratelli (soprattutto Maestri) che hanno
coscienza di cosa si possa dire ad un profano e cosa sia meglio tacere. Spesso viene utilizzata la
formula «Del resto questo non è un segreto», «Questo non è un mistero, possiamo rivelarlo»,
mentre altri (soprattutto Apprendisti) ogni tanto interrompono la conversazione con «Ma questo...
no, non te lo posso dire». Interessante notare come molte delle cose che questi fratelli “non mi
possono dire” in realtà mi vengano esposte da altri:
[Nella tua loggia la parte centrale è dedicata alla discussione di temi particolari?] Non si può dire [Interv. 10,
32, Piemonte].
La parte centrale non è un mistero, come non è un mistero nulla secondo me [Interv. 14, 50, Piemonte].
[Quante persone ci sono all'interno della sua loggia? L’intervistato fa una faccia strana. Questo me l'hanno detto
tutti, c'è il segreto anche su questo?] Quaranta [Interv. 16, 55, Piemonte].
Per quanto attiene ad alcune norme del regolamento massonico, in due casi mi è stato riferito
qualcosa che effettivamente non mi doveva essere riferito, ossia l’appartenenza di una certa persona
all’Obbedienza, dando per scontato che io fossi a conoscenza della questione. Come scrive Panaino
(2006, 765), «nessuna loggia e nessun massone affiliato a una obbedienza massonica ufficiale può
infatti essere “coperto” e pretendere la segretezza rispetto agli altri, mentre vige il principio della
riservatezza, ovvero il criterio secondo il quale […] ciascuna [persona] parla di sé e se lo vuole, può
manifestare la sua identità massonica, ma non è autorizzato a parlare per o di altri».
Ne emerge, quindi, un quadro in cui occorre ridefinire i termini di discrezione, a sottolineare come
vi sia scarsa consapevolezza interna riguardo ciò che può essere condiviso con i profani e ciò che
invece deve rimanere all'interno delle logge.
Dalle mie interviste, inoltre, si evince come i fratelli preferiscano non parlarmi del modo in cui
vengono svolti i lavori rituali, dicendomi comunque che oggi si può trovare tutto su Internet. Dalla
ricerca di Kenney, invece, emerge come gli intervistati non abbiano nessun problema a descrivere i
rituali nei minimi dettagli. La maggiore apertura è in parte motivata dall’avere di fronte un
intervistatore che fa parte anch’egli della massoneria. Né io né Kenney, infatti, abbiamo posto
domande esplicite sulle particolarità dei rituali, piuttosto domande generiche riguardanti le
179
sensazioni degli intervistati in relazione ai momenti di ritualità, a come questi vengano vissuti. Ma
mentre nelle interviste svolte da Kenney per alcuni fratelli è risultato naturale parlare anche dei
“tecnicismi” rituali, nel mio caso ciò non è avvenuto per chiara volontà dei fratelli che avevano la
tendenza a bloccare i loro racconti.
Qui emerge in modo chiaro come il segreto abbia una funzione essenziale, quella di creare un
vincolo e rinsaldare un legame tra coloro che lo detengono separandoli da coloro che non
appartengono al gruppo: «Ciò che si vuole sottolineare qui non è tanto la possibile natura eversiva
del segreto […] ma la natura costituente del segreto come cemento spirituale della comunità
separata» (Cazzaniga 2006, XIX; 23). L’autore prosegue dicendo come l’obbligazione indotta dal
giuramento a mantenere i segreti trasmessi con l’iniziazione, costituisca il riconoscimento e
l’accettazione di una nuova identità «che si presenta al recipiendario come frutto di un ciclo di
morte rituale e rinascita spirituale».
Ritornando al termine discrezione, Mahmud sottolinea come questo abbia a che fare sia con pratiche
di occultamento che di rivelazione, a differenza del segreto che ha a che fare per lo più con pratiche
di occultamento: «secrecy seems to put the emphasis on concealment, whereas discretion calls
attention to a contextualized set of revealing and concealing practices, of knowing how much to say,
to whom, and when» (Mahmud 2012, 429). In particolare, sostiene Mahmud, essendo i massoni
anche membri del mondo profano – avendo tutti un lavoro, parenti, amici appartenenti al mondo
profano – hanno bisogno di mettere in pratica forme di occultamento e rivelazione continui:
«Freemasons, thought of themselves as Freemasons alla the time, in any context, and it was their
dicretion that allowed them to remain Freemasons even in a profane world» (Mahmud 2012, 429).
Quindi la discrezione diviene un modo per dire alcune cose a qualcuno, nasconderle a qualcun altro,
parlare di un argomento trattandone solo alcuni aspetti e tralasciandone altri, parlare chiaro solo a
chi può comprendere il nostro stesso linguaggio.
La libera muratoria, quindi, non è – e per legge non può essere – una società segreta, ma ha i
caratteri della segretezza – riserbo, discrezione – e rientra in quel tipo di associazioni la cui
formazione, per Simmel (1908, 73), «è nota senza riserve, ma restano segreti i membri o lo scopo o
particolari disposizioni o legami, com’è il caso delle molte sette segrete dei popoli che vivono allo
stato naturale o dei massoni». Queste società solo relativamente segrete, prosegue Simmel (1908,
74), vengono organizzate sulla base di una certa pubblicità e possono tollerare di venir
ulteriormente scoperte, a differenza delle società veramente segrete che vengono distrutte non
appena sono scoperte. La debolezza delle società segrete, inoltre, è che una volta svelato il segreto,
ne avviene la dissoluzione. Inoltre, la stessa manifestazione dell’ideale di «abbracciare tutti gli
esseri umani e di rappresentare l’intera umanità» (Simmel 1908, 110) da parte della libera
180
muratoria, fa sì che questa non si possa considerare una società segreta, anche se ovviamente
bisogna considerare – anche alla luce della presente ricerca – quanto questo ideale sia poi
effettivamente perseguito.
Tutto questo sta a sottolineare la forma peculiare della massoneria che, a parer mio, può essere
definita associazione relativamente segreta. “Relativamente” perché, sia considerando il segreto in
termini iniziatici, sia considerando gli altri tipi di segretezza qui illustrati, i segreti hanno più una
funzione regolativa che ontologica. La funzione ontologica è tipica del segreto iniziatico che, però,
non accomuna tutti i massoni poiché, se da una parte la sua conoscenza si collega strettamente alle
intuizioni e alle capacità del singolo (quindi non ha carattere di gruppo), possono esserci anche
fratelli cui l’intuizione di tale segreto non arriverà mai. La funzione regolativa è, invece, tipica delle
altre forme di segreto, che sono più norme di comportamento da adottare per evitare problemi e
disagi agli altri fratelli e all’Istituzione, e che hanno uno scopo per lo più tutelante ed
autodisciplinante, ma qualora uno di questi segreti venisse infranto, non viene meno la ragion
d’essere dell’istituzione, tantomeno si perviene alla sua dissoluzione, come invece accade per le
società segrete in senso stretto.
Questo ci porta a riflettere sulla forma del segreto massonico e sul fatto che l’Istituzione, nella sua
forma speculativa, sopravviva da trecento anni mentre la vita delle società segrete è solitamente
assai più breve, essendo la loro esistenza un «correlato del dispotismo e della limitazione
poliziesca» (Simmel 1908, 76) avente quindi funzione difensiva ed offensiva contro la forza
soverchiante dei poteri centrali.
Anche se intendiamo il segreto nella veste del non far trapelare all’esterno ciò che viene svolto
durante le tornate rituali, oppure non svelare l’appartenenza di altri membri all’organizzazione (cioè
il segreto in riferimento ad un contenuto concreto, non iniziatico e non rientrante nella sfera
dell’intuibile) si può dire che il silenzio imposto ha più i caratteri dell’insegnamento
all’autodisciplina che non quelli di un divieto di svelare un contenuto prezioso. E infatti, nonostante
i fratelli intervistati tendenzialmente non facciano parola dei rituali di loggia, questi stessi rituali si
trovano riportati in numerose pubblicazioni; e anche nel caso dello svelamento dell’appartenenza di
un fratello all’organizzazione, a parte un certo fastidio da parte del diretto interessato, la questione
non ha compromesso i fratelli responsabili di tale svelamento. Allora il segreto, come scrive Simmel
(1908, 80), è più simile al silenzio pluriennale imposto ai novizi nelle leghe segrete dei pitagorici,
per cui «la lega mirava a una severa autodisciplina e a una stilizzata purezza di vita e chi ce la
faceva a tacere per anni era certo in grado di far fronte anche ad altre tentazioni oltre a quella della
loquacità».
Dalla ricerca emerge anche un terzo significato del concetto di segretezza/riservatezza nella veste di
181
«protezione» da un mondo profano che tende ad avere pregiudizi negativi e a fraintendere le finalità
massoniche. In questo senso i fratelli tentano di tutelarsi sia a livello personale, come abbiamo
visto, evitando di palesare apertamente la propria appartenenza, oppure ad un livello più generale di
apertura verso l’esterno, stando attenti a come pubblicizzare gli eventi e a come svolgere azione di
proselitismo: «Rivelare la propria qualifica massonica significa il più delle volte esporsi a
un’infinità di domande, commenti sarcastici, sproloqui di persone che spesso non vogliono
comprendere, ma profanare. E il vero Massone ama troppo l’Arte Reale per darla in pasto a
sprezzanti saccentelli. C’è poi l’aspetto “sociale”. Più che segreto sui nomi, direi si tratta di riserbo,
di discrezione. Non siamo da sempre oggetto di una guerra guerreggiata contro la nostra
reputazione?» (Moramarco 1981, 41). Dalle interviste emerge come questo istinto di riservatezza
sia altresì opportuno perché, qualora si rendessero palesi i lavori rituali, ad occhi esterni il lavoro
massonico potrebbe sembrare anacronistico, nonché possibile fonte di derisione:
Cosa penseresti se tu fossi una mosca e ci vedessi lavorare, aprire i lavori, fare il nostro rito e… o pensi che
siamo dei pazzi, dei pagliacci […], quindi talvolta il riserbo è dovuto al fatto che non tutti sono pronti ad accettare,
ad accettarci o a vederci nella giusta luce, nella giusta ottica, quindi è un po’ una sorta di riservatezza, di protezione
[Interv. 20, 57, Piemonte].
Quello che spesso scambiano per segretezza nostra, non è segretezza è riservatezza, ma riservatezza secondo me
necessaria dovuta al fatto che un non iniziato, se entrasse nei nostri templi e seguisse una riunione rituale, non la
capirebbe, non potrebbe capirla... il fatto stesso di vederci vestiti in una certa maniera, per esempio con i
grembiulini, potrebbe essere anche un po', forse... potrebbe dare dell'ilarità [Interv. 25, 44, Calabria].
In questo senso lo stesso Bonvecchio (2007, 234) scrive come i membri della libera muratoria si
debbano spesso ammantare della riservatezza «che ha l’unica funzione di salvaguardare dall’aperta
ostilità di chi li circonda e li considera corpi estranei per l’organismo sociale» perché visti «in
aperta controtendenza (se non in netta opposizione) con la conoscenza scientifica e con il principio
razionalista che rappresenta l’asse portante della medesima società, della sua ideologia e della sua
riproduzione sociale e culturale».
Il segreto massonico, quindi, è più un principio organizzativo che uno strumento di occultamento
(Sorrentino 2011, 27); se il secondo, infatti, è utilizzato da alcuni soggetti per nascondere
determinate informazioni ad altri soggetti, il tipo di segreto organizzativo risulta una forma di
dominio «indipendentemente dai contenuti occultati, che possono essere privi di valore o non
esistere affatto». Parlando della massoneria del XVIII secolo Koselleck osservava come «il mistero
delle logge prima ancora che nei contenuti consistette nell’aureola che da esso si irradiava»
(Koselleck 1984, 91). Va da sé che queste organizzazioni devono essere in qualche modo visibili
affinché il segreto possa avere la funzione di principio organizzativo e gli “esclusi” devono quindi
sapere che questo segreto esiste (Sorrentino 2011, 121).
182
4.5.2 La ritualità e l’identità di gruppo
La ritualità è un altro elemento che contribuisce a creare una separazione tra il mondo interno
all’Obbedienza e il mondo esterno: «si può affermare che il rituale “mette tra parentesi” la comune
spazio-temporalità e circoscrive uno spazio sacro che offre la possibilità […] di conseguire una
reale conoscenza del mondo e dei suoi legami simbolici» (Bonvecchio 2007, 143). Benché la mia
ricerca non si sia prefissa come obiettivo quello di un’analisi approfondita dell’aspetto rituale dei
lavori di loggia, emerge dalle interviste come questo sia fondamentale per costruire un collante
interno molto forte, quantomeno tra i fratelli della medesima loggia. Ecco quindi che molti fratelli
usano il termine «eggregore» che può anche trovarsi definito come «eggregora» o «eggregoro» che,
nelle parole di René Guénon è una «forza di carattere sottile costituita in qualche modo dagli
apporti di tutti i suoi membri passati e presenti […]» (Guénon 2014, 50). L’eggregore è una sorta di
spirito di comunanza che si viene a creare in particolari condizioni di vicinanza all’interno di un
gruppo:
In loggia c’è, si sente, è un eggregore… dipende sempre dallo spirito con cui entriamo in loggia. Ci sono delle
volte in cui c’è, lo senti volteggiare questo spirito [Interv. 15, 60, Piemonte].
Questo dato emerge anche dalle interviste di Kenney (2016, 229) in cui spesso si parla di una
speciale energia che circola durante i lavori di loggia: «There’s an energy there. It’s like when you
put two candles together and the flame is three times as big».
Occorre accennare brevemente al rituale massonico che, in termini generali, riproduce in forma
traslata l’opera di costruzione del tempio di Salomone, metafora del tempio interiore che si trova
all’interno di ciascuno di noi: «Il lavoro sulla pietra grezza, che viene affidato all’apprendista,
suggerisce esplicitamente il dovere che ogni massone deve compiere innanzitutto su se stesso al fine
di raggiungere un (continuo) perfezionamento interiore» (Panaino 2006, 759). Durante i rituali di
apertura e chiusura dei lavori di loggia, tutti i massoni sono tenuti a mantenere il proprio posto e a
non muoversi se non per sollecitazione del Maestro Venerabile e, successivamente, dei due
Sorveglianti71: «Ogni movimento imprevisto o inatteso durante il lavoro di costruzione del tempio
[…] potrebbe essere pericoloso». L’opera massonica – prosegue Panaino – riproduce il tentativo
mai compiuto di gettare una campata da una colonna all’altra della loggia per coprirne la volta. Dal
momento in cui questo obiettivo risulta quasi impossibile da compiere, i templi massonici
presentano una volta stellata, anche simbolo dell’incompiutezza di un lavoro che richiede il tempo
71
Nell'articolo 20 del Regolamento dell'Ordine si legge che «i Fratelli intervengono alle sedute in abito scuro e guanti
bianchi cingendo il grembiule del rispettivo Grado. Essi siedono nel Tempio al posto che loro compete, rimanendovi
durante tutto il corso dei Lavori e mantenendo un comportamento consono alla sacralità del luogo», Massoneria
Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma, Edizioni Erasmo
s.r.l., 2006, p. 54.
183
di una vita per essere portato (forse) a termine.
Bonvecchio (2007, 130) ricorda come il rito sia una sorta di ponte tra un ancestrale e mitico passato
e la contemporaneità, una sorta di “catena d’unione”: «Non a caso, uno dei momenti più importanti
della ritualità Libero Muratoria è proprio la “catena d’unione”. Per suo tramite, tutti i Liberi
Muratori di una Loggia – incrociando le braccia e stringendosi, vicendevolmente, le mani, con la
destra […] incrociata sulla sinistra […] – si stringono tra loro simboleggiando, unitamente ad una
sentita fratellanza, la trasmissione ininterrotta di un messaggio esoterico di vitalità e di potenza
spirituale».
Come abbiamo visto in precedenza, dagli intervistati di questa ricerca la tornata rituale viene
definita nei termini di ordine, rigore rituale, tolleranza. L’ordine, in particolar modo, è legato al
rispetto della ritualità e, infatti, dalle interviste viene posta enfasi sul fatto che in loggia non si
sovrappongono mai gli interventi, si chiede il permesso di parlare, si saluta in un certo modo il
Maestro Venerabile e le altre cariche, eccetera. L’ordine imposto dal rituale, come scrive Panaino
(2006, 760-761), si rivela da un punto di vista antropologico come uno strumento di armonia e di
autodisciplina, ma opera anche per trasformare la loggia in un corpo unico. Dalle riflessioni
dell'autore emerge un aspetto messo in evidenza in questa ricerca, quello dell’educazione che il
rituale stimola; in particolare Panaino fa riferimento all’uso della parola durante la tornata, che deve
essere ben bilanciato (tenendo anche conto del silenzio che devono tenere gli Apprendisti). Un uso
della parola che «educa e performa a un aggiogamento del discorso, quasi come una sorta di yoga,
invitando i suoi membri al corretto uso delle capacità di discorso e dell’eloquenza individuale».
In linea generale, l’aspetto rituale all’interno dei lavori di loggia suscita emozioni che arricchiscono
il singolo e gli consentono un contatto più intimo con gli altri fratelli, tale da creare un livello di
empatia che difficilmente si può trovare al di fuori delle porte del tempio:
[Il rituale] è una strada da percorrere, bisogna viverlo per capire, non si può descrivere. Ogni sera che uno entra
nella sua loggia e vengono effettuate le operazioni, vive un’emozione a approfondisce e conosce sempre cose
diverse [Interv. 16, 55, Piemonte].
Il livello di empatia che si crea, la sacralità, i riti sacri, si è in collegamento con forze universali… e questo è
difficile da trovare fuori [Interv. 18, 50, Piemonte].
Anche Carnes (1989, 123) sottolinea come la loggia promuova uno spazio che dà voce a sentimenti
personali che altrimenti, probabilmente, rimarrebbero inespressi. Uno spazio dove vengono messe
in atto delle pratiche che creano solidarietà e vicinanza di gruppo e quindi, indirettamente, segnano
184
un confine e una distinzione con chi certe pratiche non le vive e non le conosce.
Lo stesso concetto di tempo, all’interno della loggia, assume un altro significato rispetto a quello
profano, considerato innanzitutto che le date, almeno per quanto riguarda il Goi, sono calcolate a
partire dal 4000 a.C.72, per cui il 2017 corrisponde al 6017, considerato come VL, anno di Vera
Luce. Inoltre il primo mese dell’anno è marzo, non gennaio, in accordo con le cadenze dello
Zodiaco; quindi, per ottenere una data in termini massonici, oltre ad aggiungere 4000 anni per
conoscere l’anno corrente, occorre sottrarre il valore 2 al numero corrente del mese considerato.
Resta invariato il giorno. Inoltre, come ricorda Panaino (2006, 763) «il tempo, nel rito massonico,
subisce una curvatura, come di fatto in una sorta di metatempo rituale, che scandisce solitamente la
grande opera a partire dal mezzogiorno sino alla mezzanotte, periodo lungo il quale simbolicamente
si svolgono i lavori esoterici». Tutto ciò rende le scansioni temporali totalmente svincolate dal
tempo profano così come noi lo conosciamo.
Non intendo qui analizzare compiutamente le forme e il ruolo dei rituali che, da sempre, hanno
rivestito una certa importanza per ogni gruppo umano. Van Gennep (1960) mostra come i riti di
passaggio abbiano in sé strutturalmente l’elemento della separazione e della transizione e come, in
questo senso, forniscano agli individui una capacità di lettura diversa dei propri momenti di vita,
stabilendo delle connessioni sacre (sacred connections) tra esperienze e vissuti distanti tra loro, resi
però vicini dalla ricchezza dei simboli e dalla profondità di atti e procedure.
Kenney, riprendendo il pensiero di Goffman (1959), sostiene come, allorché i bussanti arrivano in
loggia per l’iniziazione, questi entrino «onto a new stage» dove li aspetta una esperienza strutturata
di tipo trasformativo e drammaturgico di impatto notevole, che consenta di attivare parti di sé, a
livello sia psicologico che emotivo. Pensiamo ad esempio al rituale dell’iniziazione dove ad un
certo punto all’iniziando viene chiesto quale sia il suo più grande desiderio: «The Deacon whispers
“light,” the candidates so answer, the blindfold is suddenly and dramatically removed, and they are
“brought to light”». Nell’espressione «brought to light» – che dà il titolo alla ricerca di Kenney – è
bene identificato il passaggio da una fase composta da confusione e oscurità ad una in cui,
sostanzialmente, si rinasce a una nuova vita. Alcuni degli intervistati di Kenney hanno parlato di un
passaggio attraverso una barriera (barrier) e di una esperienza di rinascita (renaissance, rebirth).
Solitamente, inoltre, si dice che il rituale del primo grado simbolizzi la nascita, il passaggio dalle
tenebre alla luce, mentre il secondo grado esemplifica l’educazione al lavoro, quindi il passaggio
72
Un prelato anglicano, James Usher, nato a Dublino nel 1580 le cui mortali spoglie riposano a Westminster per ordine
di Cromwell che ne aveva apprezzato la scienza, scrisse diverse opere tra cui una, Annales veteris et novi Testamenti
(1650-1654), che contiene una cronologia biblica che fa risalire al 4004 a.C. la creazione del mondo. A questa data,
convenzionalmente, il Goi fa riferimento per intendere l’epoca in cui ha inizio la storia del nostro mondo.
185
dall’ignoranza alla conoscenza (Kenney 2016, 80-94).
Anche Coggiola (1995, 65), in riferimento alle sensazioni che la cerimonia iniziatica suscita, riporta
i commenti di alcuni dei suoi intervistati che pongono in evidenza i riferimenti ad elementi
misteriosi e magici che sembrano appartenere ad «un'altra dimensione».
Il tempio stesso costituisce uno spazio altro rispetto a quello profano, suddivisi i due da un luogo
intermedio che fa da ponte: «tra la loggia e lo spazio esterno, rappresentato dalla Sala dei Passi
Perduti, ove stazionano i massoni prima dell’inizio dei lavori, si trovano, in teoria, due ulteriori
Sorveglianti […] che controllano e difendono la porta del tempio» (Panaino 2006, 762). Come ebbe
a dire Battelli, «Il Tempio Massonico, nelle epoche di grandi conflitti, è un po’ come il castello nel
quale il cavaliere stanco ritempra le sue forze prima di riprendere il cammino nella foresta. È un
teatro di riflessione e di memoria dove la ripetizione di antiche parole e di antichi gesti smuove
forze interiori, flussi di coscienza, facoltà latenti in ogni uomo che, se esercitate con perseveranza,
possono gradualmente avvicinarlo alla Luce» (Moramarco 1981, 42).
Margaret Kohn (2003) riprende il concetto foucaultiano di «eterotopia»73 per designare lo spazio
massonico. Secondo l’autrice, infatti, essendo l’architettura delle logge pensata per riflettere il piano
del Tempio di Salomone e il disegno dell’universo (design of the universe), la loggia massonica
«was a heterotopia in the original sense of The Order of Things74: the uncanny trace of a earlier
epistemé preserved in the present». Gran parte della tradizionale mitologia e iconografia massonica,
secondo Khon, evoca spazi liminali (liminal places) che simboleggiano rotture all’interno della
generica sfera sociale (ruptures in the social). Rotture che non necessariamente sfidano i processi
sociali dominanti (dominant social processes). Nel dire questo si ricorda per Foucault (1967, 25) le
eterotopie siano «la contestazione di tutti gli altri spazi», contestazione esercitata «o creando
un'illusione che denuncia tutto il resto della realtà come un'illusione […], oppure creando realmente
un altro spazio reale perfetto, meticoloso e ordinato, quanto il nostro è disordinato, mal organizzato
e caotico».
Sotto il nome di eterotopia vengono fatti rientrare ambienti anche molto diversi tra loro 75, ma il
comune denominatore sembra essere l'aspetto della rottura rispetto ai luoghi dove, normalmente,
trascorriamo gran parte della nostra vita quotidiana in termini di attività di routine.
73
Eterotopia, per Foucault, è quello spazio che ha «the curious property of being in relation with all the other sites,
but in such a way as to suspect, neutralize, or invert the set of relations that they happen to designate, mirror, or
reflect», Foucalt M., Of other spaces, Diactritics, 1986, p. 24.
74
Titolo originale Les Mots et les Choses (Une archéologie des sciences humaines), opera di Michel Foucault
pubblicata nel 1966.
75
Ho già citato le eterotopie di devianza; possiamo aggiungere gli esempi del teatro e del cinema, che hanno la
caratteristica di «giustapporre in un luogo reale più spazi che normalmente sarebbero, dovrebbero essere
incompatibili» (Foucault 1967, 18); i musei e le biblioteche, «che sono le eterotopie del tempo che si accumula
all'infinito» (Ivi, 20); i collegi e le caserme, legate «al passaggio, alla trasformaione, alla fatica di una rigenerazione»
(Ivi, 22).
186
Quindi, nel pensiero di Kohn, la loggia massonica costituisce uno spazio altro che, però, non
neutralizza né inverte relazioni di potere dominanti: «The existence of alterity and the proliferation
of heterotopias does not necessarily further a project of political transformation». Questo porta a
riflettere su come non sia la diversità (the otherness) degli spazi a risultare significativa per poter
parlare di rottura di certi schemi sociali predominanti; occorre, piuttosto, vedere le relazioni che
questi spazi intessono con le risorse dominanti di potere (the dominant sources of power) e le
caratteristiche di chi, in definitiva, questi spazi li occupa.
Anche il particolare abbigliamento utilizzato dai fratelli, con tutti i vari paramenti – o regalia –
sancisce una sorta di differenziazione dal mondo profano, ma anche di distinzione tra fratelli in base
al grado raggiunto o alla carica rivestita: «indispensabili appaiono il grembiule con gli emblemi ed i
colori del grado e della dignità, simbolo del lavoro muratorio, i guanti bianchi, significanti la
purezza e l’onestà, il collare dei dignitari al quale è appeso un gioiello rappresentante la funzione
svolta nella loggia, le spade e i maglietti» (Panaino 2006, 769-770). Questa sorta di travestimento –
nelle parole di Panaino – rientra nella tipologia antropologica della ritualità iniziatica «giacché il
rituale deve essere separato dalla realtà e dal tempo profano anche nell’aspetto esteriore attraverso
simboli chiaramente riconoscibili ed esclusivi» (Panaino 2006, 770). Al di là di grembiuli e
paramenti vari, esiste una sorta di “divisa del massone” che consiste, nella gran parte dei casi, in un
abito scuro composto da giacca e cravatta. Alcune logge hanno deciso di adottare una clamide, che è
una lunga veste scura con cappuccio, affinché tutti i fratelli appaiano uguali sotto i paramenti
massonici. D’altra parte, come ricorda Bonvecchio (2007, 92) – e come abbiamo in parte visto
quando ho parlato delle caratteristiche dei fratelli – «paramenti, ornamenti, gioielli e linguaggi […]
possono diventare lo specchio narcisistico […] in cui immaginarsi in un ruolo “altro” e misterioso
[…] con cui riscattare il grigiore quotidiano di una società appiattente e massificata».
Al pari del gergo e dell’abbigliamento tipici massonici, ci sono anche i cosiddetti segni di
riconoscimento, ossia una serie di gesti (teoricamente) sconosciuti ai profani, che consentono ai
massoni di riconoscersi tra loro senza dover esplicitare a parole la loro appartenenza all’istituzione.
Questi segni, originariamente, avevano la funzione di escludere dai lavori muratori le persone non
autorizzate e consentivano ai membri dell’associazione di legittimarsi come tali in ogni sede
dell’unione (Simmel 1908, 102). Una sorta di «codice muto» (Federici 2012, 77) decifrabile solo
dal gruppo e sconosciuto all’esterno, che avvicina i membri del gruppo facilitando la loro
comunicazione.
In conclusione, il rituale rinforza un senso di fratellanza, concetto quest’ultimo in cui è inclusa
naturalmente la dinamica inclusione/esclusione (Summers 2003); inoltre il rituale consente forme di
coesione e condivisione di gruppo notevoli e, insieme, una possibilità di esplorazione del sé che,
187
fuori da quel contesto, i membri dell’Obbedienza potrebbero faticare a trovare. Come sostiene
Hoffman (1989, 232) la natura appartata degli incontri di loggia, offre ai partecipanti la possibilità
di una esplorazione del sé in cui paure e speranze, che nel mondo profano non trovano un posto
legittimo, possono venire espresse ed ascoltate: «Secrecy and formal ritual made it possible for men
to open themselves to this emotional world and at the same time protect it from the “profane” world
outside”».
Da più parti viene dato risalto a come il rituale riesca sia a nascondere che a rivelare le generali
tensioni che si possono trovare nella più ampia società, insieme alla sua abilità di procurare ai
membri interni sollievo e supporto in relazione al proprio personale vissuto ma anche ai continui
cambiamenti cui la società va incontro e che, spesso, sono fonte di ansie e stress (Summers 2003,
Hoffman 2001, Hetherington 1997, Carnes 1989, Clawson 1989).
Dalla ricerca di Kenney viene fuori un contrasto tra il sentimento di anomia espresso da alcuni
fratelli prima dell’ingresso e il profondo senso di benvenuto, fratellanza e legame avvertito dopo,
«which can serve as an exemple of how rituals building on trust and secrecy can result in aroused
emotionality and a sense of authenticity sharply contrasting with today’s postemtional society»
(Meštrović 1997). Una società “post-emozionale”, popolata da «“negative social forces” such as
anomie» in contrapposizione allo spazio della loggia che diventa anche il luogo della «moral
stability» (Kenney 2016, 226).
188
CAPITOLO V
La dimensione nascosta: i legami con la sfera politica e la vicenda P2
In questo capitolo prendo in considerazione l’aspetto dell’organizzazione più nascosto e latente, che
ho rintracciato nel rapporto che l’Obbedienza ha avuto e continua ad avere con il mondo esterno, in
particolare quello politico e dei presenti rapporti con la criminalità organizzata. Come scrive Pinotti
(2007, 8) quando si parla di massoneria ci si muove su un doppio livello: «uno è quello ufficiale,
lucente, carico di simboli e riferimenti a figure storiche di indubbio spessore, un mondo a suo modo
ricco di valenze filosofiche, sociali, umanitarie internazionalistiche […]». Il secondo livello è quello
dell'uso del segreto come mezzo di potere, ossia «la trasformazione del networking, tipico delle
logge, in comitato d'affari quando non in partito politico» e comprende anche «i rapporti con il
mondo della criminalità organizzata». Questa posizione è molto diffusa in un'ampia pubblicistica e
merita di essere approfondita affinché da questa contrapposizione di voci affiori un'immagine più
comprensiva della libera muratoria.
Inizialmente descriverò i rapporti che il Goi ha tenuto con il mondo della politica nel corso dei
secoli, dall’anno della sua fondazione (1805) fino ai giorni nostri. Nel fare questo i riferimenti
principali andranno ai lavori di Fulvio Conti (2003) sulla storia del Goi soprattutto nel periodo
dell’Italia liberale; alla ricerca di Santi Fedele (2016) sulla massoneria nel periodo dell’esilio
durante il fascismo quando le logge vennero chiuse e al volume degli Annali della Storia d’Italia
edito da Einaudi e dedicato interamente alla massoneria (Cazzaniga et al. 2006).
Successivamente passerò all’analisi del primo dei due casi-studio che affronterò in questa ricerca,
quello della vicenda della loggia P2, caso esemplificativo dei rapporti che il Goi ha tenuto con il
mondo della politica dalla fine degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta.
Occorre intanto ricordare come nelle Costituzioni sia in vigore il principio per cui in loggia non ci si
debba occupare né di religione né di politica. Riguardo alla seconda, come scrive Cazzaniga (2006,
XVIII): «È evidente che se l’obiettivo fondamentale della massoneria è il perfezionamento
dell’uomo, la vita sociale non potrà essere esclusa da questa opera di perfezionamento […]. Ma una
cosa è discutere della dimensione individuale di questo perfezionamento, altra cosa è porsi il
problema di praticarlo e verificarlo nelle forme collettive della vita associata. Su questo terreno la
massoneria potrà influenzare o anche promuovere associazioni profane culturali, ricreative e
assistenziali […] ma non potrà, in quanto istituzione, porsi in prima persona come soggetto
politico». Vedremo come quest’ultima convinzione sia spesso stata disattesa per quanto riguarda il
contesto italiano.
189
Compito di questa parte della ricerca consiste nel mostrare, ancora una volta, come parte dei valori
fondanti del Goi, in molti casi, non trovi completa corrispondenza nella realtà. Il divieto di discutere
di politica all'interno delle logge è stato infranto a più riprese dal periodo risorgimentale sin dopo il
secondo dopoguerra. I legami tra Goi e partiti sono stati organici nel periodo dell'Italia liberale, e
comunque vi è sempre stato un riconoscimento reciproco. Non è un caso che, durante la
manifestazione della Gran Loggia annuale del Goi, puntualmente arrivino i saluti del Presidente
della Repubblica e si possa contare la presenza di esponenti politici di livello nazionale. Il ruolo
politico del Goi andrà scemando – o, comunque, cambierà forma – nei primi decenni del Novecento
in seguito, soprattutto, all'allargamento del suffragio e al grande seguito dei nascenti partiti di
massa. Pur avendo storicamente una linea politica affine ai partiti di impronta laica, in particolar
modo quello liberale e repubblicano, il Goi non ha mai abbracciato una precisa linea politica. Come
noteremo soprattutto esaminando la vicenda della P2, nessun partito pare essere rimasto immune da
contatti di vario tipo col mondo libero muratorio, specie se guardiamo all'ambito locale. Come
ricorda Martelli (2006, 737), nonostante la Dc e il Pci, i partiti ideologicamente più lontani dal Goi,
abbiano a più riprese affermato l'incompatibilità tra l'iscrizione al partito e l'affiliazione alle logge,
gli anni Sessanta e Settanta sono costellati di rivelazioni giornalistiche che denunciano
l'appartenenza alla massoneria di personaggi di spicco di entrambi i partiti: «Ciò non toglie che
sempre più spesso il notabilato politico locale, che esprimeva i quadri intermedi del Psi e in misura
minore della Dc (ma in qualche caso anche dello stesso Pci), finisse per affiliarsi alla muratoria
sulla scorta di tradizioni familiari legate alle specificità storiche del territorio». Lo stesso scandalo
della P2, prosegue l'autore, verrà superato senza che nessuna forza politica si assuma l'onere storico
di battersi fino in fondo per un'abolizione della libero muratoria ed anche nei decenni seguenti,
sull'onda delle numerose inchieste su collusioni tra mafie, politica e massoneria, «nessun partito
sembra realmente intenzionato a strumentalizzare tali episodi per una vera campagna di bando
istituzionale delle logge» (Martelli 2006, 737-738).
La politica, insomma, sembra esser stata un interlocutore importante della massoneria, e questo
contribuisce a sottolineare il carattere elitario dell'Istituzione e le ambivalenze di cui è disseminata
la sua storia, che finiscono per costituire parte integrante della propria identità.
190
5.1 Rapporti storici tra Goi e mondo politico
Prima di entrare nel merito dei rapporti tra il Grande Oriente d’Italia e il contesto politico italiano,
occorre accennare al fatto che, nel contesto europeo come in quello statunitense, la massoneria –
almeno nella sua veste speculativa – ha da sempre avuto un ruolo politico importante. Basti pensare
che la trasformazione della massoneria da operativa in speculativa si stava realizzando in Inghilterra
mentre era in corso la lotta fra gli Stuart e gli Orange (Francovich 1974, 10), famiglie che si sono
servite entrambe delle logge per i propri fini, concedendo a loro volta la propria protezione. Le
logge assicuravano un punto d’incontro non solo per trattative ed accordi diplomatici, ma anche per
lo svolgersi di una sottile azione di spionaggio.
Il carattere politico è indubbio se Francovich (1974, 37-38) parla, per il contesto europeo, di una
massoneria inglese che, tra il 1730 e il 1740 «ricalca il carattere della monarchia hannoveriana, che
accompagna l’evoluzione costituzionale e liberale nel costante affermarsi della borghesia
mercantile»; di una massoneria francese che «impersona le aspirazioni libertarie della nobiltà, alle
quali inevitabilmente si affiancano aspirazioni costituzionali, come lo dimostra il fatto che tra i
fondatori della libera muratoria francese si trovi il de Montesquieu» e di una massoneria germanica
che si affida «alla protezione del sovrano, inserendosi nel processo del dispotismo illuminato».
Come scrive Cazzaniga (2006, XX), la massoneria è la prima associazione che si ponga l’obiettivo
di influenzare e dirigere la società già agli albori del Settecento, «attraverso l’egemonia culturale
sull’opinione pubblica». Non minore – prosegue l’autore – è la sensibilità massonica sulle questioni
inerenti la formazione dei nuovi gruppi dirigenti: «In questa fase, che vede la fondazione dello Stato
moderno costruirsi sull’unicità di giurisdizione, si vengono formando le nuove obbedienze
massoniche nazionali, a opera di nobili riformatori che ora costituiscono il braccio del principe
illuminato, ora esprimono istanze di rivalutazione del ruolo della grande nobiltà in una situazione
mutata».
In Italia, dove la massoneria è stata un fenomeno d’importazione, «le logge servivano – ove più ove
meno – ad un certo tipo di penetrazione politica operante dall’esterno, sugli esponenti massonici,
che nella società civile erano anche esponenti della classe dirigente» (Francovich 1974, XIII).
All’inizio le logge erano popolate quasi esclusivamente da stranieri, come una delle prime sorte a
Firenze intorno al 1731. Intorno a queste logge, pian piano «si raccolse un numero crescente, una
settantina circa, di intellettuali e nobili fiorentini, quelli stessi che stavano combattendo la battaglia
per il rinnovamento della cultura in Toscana» (Francovich 1974, 50).
Senza entrare nel merito della storia delle massonerie sparse in Europa e negli Stati Uniti, un
rimando alla Rivoluzione Francese è doveroso allorché la massoneria italiana, sviluppatasi tra fine
191
Settecento e inizio Ottocento, è in parte di derivazione francese. Sarà proprio Napoleone a
consentire la diffusione della massoneria in tutto l’Impero «facendone un luogo di aggregazione
socio-culturale per i nuovi gruppi dirigenti civili e militari» (Cazzaniga 2006, XXI).
Sicuramente il Grande Oriente d’Italia ha avuto non solo rapporti con la politica, ma anche un ruolo
politico piuttosto importante dal periodo unitario fino almeno alla soppressione delle logge voluta
dal regime fascista. Con il suffragio universale e l’avvento dei partiti di massa, il suo ruolo politico
si ridimensionerà, anche se i rapporti con la sfera della politica si manterranno a vari livelli, fino ad
arrivare al caso più emblematico, la vicenda della loggia P2. Come ha scritto Galli (1998, 183-184),
«la massoneria storica di Palazzo Giustiniani […] e il suo vertice, hanno una responsabilità di
gestione politica, lunga decenni, responsabilità sotto un duplice profilo: in primo luogo hanno
accettato di far apparire l’istituzione come un soggetto comprimario sulla scena politica; e, in
secondo luogo, non hanno voluto o saputo fare chiarezza, con una franca assunzione di
responsabilità per quella scelta (che, con terminologia giuridica, potrebbe essere definita di
“millantato credito politico”), quando la scelta stessa ha dato luogo a interpretazioni che hanno dato
all’istituzione l’immagine di cui fatica tuttora a liberarsi, sino alla presunzione di una sistematica
attitudine all’illegalità e addirittura a rapporti con il crimine organizzato».
L'aspetto del non volere o del non sapere fare chiarezza sembra un tema ricorrente per il Goi che,
come vedremo, benché giustifichi i vari scandali che colpiscono l'Istituzione parlando di logge
spurie che non hanno niente a che vedere con le Obbedienze ufficiali, o del fatto che la massoneria
non sia un brand registrato, per cui chiunque può decidere di costituire una loggia e autoproclamarsi
Grande Oriente, in realtà poi non fa molto per tutelarsi in questo senso. Non fa un serio lavoro di
indagine sugli organismi spuri e non ha messo in atto azioni particolari per tutelare il proprio nome
ma, in compenso, dispiega con forza le sue armi specie quando viene messa a repentaglio la privacy
dei propri affiliati. Lo vedremo in seguito soprattutto in riferimento ai ricorsi del Goi alla Corte
europea di Strasburgo; qui interessa sottolineare il carattere ambivalente dell'Obbedienza, che è
emerso nel corso della ricerca e che viene messo in ulteriore risalto dalla storia dei suoi legami con
la sfera profana, mondo politico in modo particolare.
5.1.1 1805-1904
La nascita del Grande Oriente d’Italia viene fatta risalire al 1805. Il Gran Maestro allora era il
viceré del Regno d’Italia, Eugenio di Beauharnais e il Gran Maestro dell’altra Obbedienza più
importante, quella del Grande Oriente di Napoli, era Giuseppe Napoleone, incoronato Re di Napoli
nel 1806 e già alla guida del Grande Oriente di Francia. In seguito alla caduta di Napoleone, la
massoneria venne messa al bando da tutti i governi restaurati e per oltre 40 anni fu quindi priva di
192
un’organizzazione nazionale, anche se continuarono ad esistere logge in alcune parti della penisola,
soprattutto in città di mare «luogo di scambi, di traffici, dove più numerose erano le colonie
straniere e dove era più facile sottrarsi al controllo delle polizie» (Conti 2003, 20-21).
Dobbiamo aspettare il 1859 per assistere alla nascita della loggia Ausonia a Torino, che di lì a poco
avrebbe avviato le procedure per costituire un Grande Oriente Italiano. Fino a questo periodo, le
tracce di una presenza organizzata della massoneria furono labili e la conservazione di vincoli
associativi venne affidata soprattutto alle tipologie aggregative costituite dagli esuli politici in
Europa e America Latina.
Sul periodo che va dal 1815 al 1859, prende vita una querelle storiografica sul legame tra
massoneria – o quello che ne resta – e moti risorgimentali, sulla quale non intendo soffermarmi in
modo particolare. Che vi sia stato o meno un ruolo importante della massoneria nel processo
unitario, che vi sia una più o meno esplicita connessione tra questa e i moti carbonari, certamente
occorre ricordare che tra gli otto fondatori della loggia Ausonia di Torino figuravano numerosi
patrioti: «Nel periodo compreso tra il 1848 e il 1860 furono rari gli organismi massonici strutturati
operanti negli Stati italiani, ma la capitale dello Stato sabaudo divenne il rifugio di numerosi patrioti
che avevano frequentato logge massoniche o vendite carbonare nella Penisola o all’estero»
(Novarino 2006, 272).
Il primo obiettivo della loggia Ausonia fu quello di verificare l’esistenza di altre aggregazioni
massoniche e prospettare loro la possibilità di un lavoro in comune. Fu così che il 20 dicembre 1859
i fratelli della Ausonia si costituirono in Grande Oriente Italiano con Gran Maestro Filippo Delpino,
patriota italiano, a cui si affiancava come segretario Felice Govean, giornalista piemontese nato da
una famiglia di tradizioni giacobine.
In generale, allora, si guardava al Goi come ad una sorta di aggregazione politica vicina a Cavour e
alla Società Nazionale, «chiamata anzitutto a favorire il completamento del disegno unitario
risorgimentale concepito dai liberal-moderati» (Conti 2003, 31), limitando le pretese dei gruppi più
conservatori e ponendo un freno all'estremismo della democrazia mazziniana. In pochi mesi questi
obiettivi si vennero articolando in un progetto ideologico e organizzativo, che mirava ad ampliare il
numero degli iscritti nel contesto torinese – e presto anche fuori dal Regno – e le scelte caddero su
figure del mondo politico, economico e culturale di carattere liberale.
Nel 1861 la volontà dei dirigenti del Goi è di affidare la Gran Maestranza a Cavour, ma la sua
scomparsa il 6 giugno 1861 portò alla breve Gran maestranza di Costantino Nigra, diplomatico e
politico italiano, che dimostrò «di avere idee molto chiare sul futuro della massoneria italiana e
dettò un programma di azione che ben poteva attagliarsi a un nascente partito politico» cercando, tra
le altre cose «di allineare definitivamente il GOI alle posizioni del governo», proposito che fece
193
crescere forte dissenso da parte di quelle logge di orientamento democratico che si erano opposte
alla sua nomina come Gran Maestro (Conti 2003, 34). A lui subentrò, nel 1862, Filippo Cordova,
deputato e ministro dell’Agricoltura nel governo Ricasoli.
Nel 1860 nasce a Palermo il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato,
organizzazione massonica il cui rappresentante nell’Italia centro-settentrionale è Francesco Crispi.
Già allora, uno dei principi massonici consisteva nello stabilire la non ingerenza dei Riti nella vita
dell’Ordine. Rito Scozzese e Ordine, sostanzialmente, costituivano due organismi autonomi, tanto
più che nel 1861 il Goi aveva adottato il Rito Simbolico come Rito di perfezionamento – e non
quello Scozzese –, lasciando dopo qualche anno la scelta alle singole logge di decidere quale Rito
seguire. Crispi nel 1862 ottenne il mandato di accettare logge che volessero distaccarsi dal Goi,
quest’ultimo scisso in una componente moderata che sosteneva la Corona e le istituzioni e in una
più democratica di stampo mazziniano. In tale contesto rivestì valore il corteggiamento di Garibaldi
da parte del Supremo Consiglio, e difatti Garibaldi accettò di diventarne Sovrano Gran
Commendatore, la carica più alta: «Dietro la sua scelta [...] non è difficile scorgere una visione
strumentale dell’organizzazione massonica, da lui concepita come valido mezzo di mobilitazione in
vista della spedizione contro lo Stato pontificio che stava approntando in quei giorni» (Conti 2003,
40). Garibaldi affiliò alla massoneria alcuni suoi stretti collaboratori; anche Depretis, Saffi,
Zanardelli facevano parte del Supremo Consiglio.
Giuseppe Garibaldi venne poi eletto anche Gran Maestro del Goi, nominando come suo
rappresentante Antonio Mordini, deputato dal 1860 e futuro ministro. Presto però entrambi
rassegnarono le dimissioni massoniche perché si alzarono molte critiche verso una giunta di
provenienza così fortemente politica. Venne allora eletto Francesco De Luca, avvocato, patriota e
deputato della sinistra moderata dal 1861 fino alla sua morte avvenuta nel 1875.
Nel 1869 divenne Gran Maestro Lodovico Frapolli, politico, militare e patriota italiano, Gran
Maestro Aggiunto nella precedente Giunta. Giunta allora composta da 24 membri, di cui 13 erano
deputati e uno lo sarebbe diventato a breve; in più vi erano 2 senatori, 2 ex ministri, 1 capo
divisione al ministero dell’Istruzione pubblica. Durante la Gran Maestranza di Frapolli, invece, la
nuova Giunta contava 6 deputati, 1 senatore, 2 ex ministri.
Nel 1870 diviene Gran Maestro Giuseppe Mazzoni, politico e deputato del Regno d’Italia. Durante
la sua Gran Maestranza le vicende della massoneria iniziarono a intrecciarsi «con quelle della
sinistra democratica italiana e del movimento operaio, che proprio in quei mesi vissero una fase di
intensa fibrillazione dominata dallo scontro fra l’ala mazziniana e quella internazionalista» (Conti
2003, 88). Nel 1872 Garibaldi chiama a raccolta tutte le forze democratiche, repubblicane e
massoniche della Penisola le quali approvano un documento, il Patto di Roma, nel quale si indicano
194
riforme civili e politiche su cui mobilitare la democrazia italiana. Conti nota come l’assemblea
costituente massonica dell’aprile del 1872, si aprisse nel salone del Teatro Argentina di Roma nel
quale, mesi più tardi, sarebbero stati ospitati i lavori del congresso democratico (Conti 2003, 89).
Nel 1880 venne eletto Gran Maestro Giuseppe Petroni, avvocato e carbonaro mazziniano, che per la
sua fede politica era stato condannato prima a morte e poi all’ergastolo dal governo pontificio. Il
suo Tesoriere di giunta è Adriano Lemmi, patriota e politico italiano, amico stretto di Giuseppe
Mazzini. Lemmi, dopo cinque anni, diverrà Gran Maestro.
Il 9 gennaio 1884 il Goi partecipò al pellegrinaggio nazionale alla tomba di Vittorio Emanuele II,
episodio questo che, secondo Conti, conferma la duttilità dell’orientamento politico
dell’organizzazione, «democratico e progressista nella maggior parte dei suoi membri, ma fedele
alla monarchia e sempre più desideroso di accreditarsi come struttura associativa vicina al governo
e alle istituzioni» (Conti 2003, 111).
Come accennato in precedenza, nel 1885 diviene Gran Maestro Adriano Lemmi. 13 membri su 33
della sua Giunta erano deputati o senatori e, tra loro, figurava anche il futuro presidente del
Consiglio, Francesco Crispi. L’ingresso di Crispi nel Consiglio dell’Ordine, insieme a quello di
esponenti radicali e repubblicani, fu un segnale evidente del ruolo che la massoneria intendeva
svolgere come collante tra le forze democratiche più avanzate e come «pungolo costante sul
governo affinché realizzasse quel disegno organico di riforme laiche e progressiste che Lemmi
aveva delineato nella circolare elettorale del 1882» (Conti 2003, 112). La forza del Goi era
amplificata dal fatto che nelle varie realtà locali i suoi membri erano spesso alla testa di altre
associazioni o coprivano cariche politiche nelle amministrazioni comunali e provinciali. Nelle
parole di Della Campa (1998, 42), Lemmi fece della massoneria il «partito dello Stato» e tale
rimase fino al secondo dopoguerra. In questo senso l’autore parla di «massoneria deviata» o
«irregolare» proprio perché la tradizione libero muratoria pone il divieto di parlare di politica
durante i lavori di loggia.
Ma certamente – prosegue Della Campa (1998, 44) – non si può non considerare il contesto di
allora, con uno stato unitario sorto in contrapposizione alle monarchie del passato, con i massoni
che erano per la gran parte mazziniani e garibaldini, tutti «animati da “amor patrio”».
Dalle ricerche di Conti emerge come il fine dell’operato di Lemmi fosse pervenire alla creazione di
un potente gruppo di pressione in possesso di una capacità di condizionamento dell’opinione
pubblica da spendere nell’arena politica. La sua opera maggiore di pressione sarà su Crispi che, nel
1887, risulta tra i membri del Consiglio direttivo del Goi per poi diventare, pochi mesi dopo,
Presidente del Consiglio. Il governo di allora annoverava, oltre a Crispi, 5 ministri e un
sottosegretario massoni.
195
Mola (1976, 226) riporta un elenco dei nomi delle logge dell’epoca, rappresentativo degli argomenti
trattati nelle Officine che «davano la misura dell’accoglienza riservata alla tradizione iniziatica».
Ben scarsa accoglienza. Infatti i riferimenti vanno in gran parte al periodo risorgimentale; per
citarne alcuni: Anita e Giuseppe Garibaldi; Federico Campanella; Luigi Settembrini; Aspromonte;
Carlo Pisacane; Garibaldi risorta; Goffredo Mameli; Mazzini e Garibaldi.
Lemmi però non poté più arginare le critiche all’indomani dell’affare della Banca Romana che
l’aveva investito in pieno, secondo cui risultava come Crispi e alcuni suoi familiari e amici – tra cui,
per l’appunto, Lemmi – avessero contratto con la banca debiti mai restituiti. Fu così che nel 1896
Lemmi dette le dimissioni e fu eletto Gran Maestro Ernesto Nathan, uomo politico di tendenze
mazziniane e sindaco di Roma nel 1907.
Nonostante il proclamato invito al distacco dalla politica, il nuovo Gran Maestro pose il problema
della necessità «di irrobustire la presenza massonica nelle istituzioni e nell’alta burocrazia in modo
da disporre di una capacità di controllo su alcuni snodi vitali dello stato e della pubblica
amministrazione» (Conti 2003, 152). Per questo chiese di stabilire una «loggia speciale» - che poi
diverrà la loggia Propaganda, antesignana della loggia Propaganda 2 – in cui iniziare segretamente
membri della magistratura, dell’esercito e funzionari dello Stato, ma la proposta allora fu bocciata.
Sul terreno politico la linea restò quella di utilizzare le logge come luogo di aggregazione di tutte le
forze liberali e progressiste, ma la sconfitta riportata nelle elezioni comunali di Roma del 1902 –
dove Nathan figurò 17esimo tra i non eletti – dimostrò che l’anticlericalismo non poteva essere più
l’unico punto di unione tra le forze liberali e quelle della sinistra democratica e socialista (Conti
2003, 170). Intanto alla Camera ci fu il definitivo accantonamento del progetto di legge sul
divorzio. Questa vicenda contribuì a rivelare l’inadeguatezza delle forme di mobilitazione messe in
atto dal Goi poiché si trattava in effetti di «strumenti elitari e notabilari che mal si prestavano a
fungere da luogo di raccolta di tendenze e interessi diversi, e certo non potevano competere con la
poderosa macchina organizzativa del movimento cattolico» (Conti 2003, 170). In più stavano
sorgendo nuove forze politiche a sinistra.
La Gran Maestranza fu infine travolta da uno scandalo che coinvolse lo stesso Nathan, accusato di
aver aiutato un criminale a sottrarsi alla giustizia in nome della solidarietà massonica. A questo
seguirono le sue dimissioni e nel 1904 venne eletto nuovo Gran Maestro Ettore Ferrari, professore e
politico, deputato in Parlamento per tre legislature.
196
5.1.2 1904-1925
La Giunta del nuovo Gran Maestro Ettore Ferrari era tutta politicamente orientata a sinistra; Ferrari
stesso era un esponente dell’ala legalitaria del Partito repubblicano. Uno dei suoi obiettivi
consisteva nell’imprimere una svolta alla massoneria italiana, chiamandola ad esercitare un ruolo
più attivo nelle battaglie politiche e sociali e ad assumere una connotazione più nettamente
democratica e progressista (Conti 2003, 176).
È a partire da questo periodo che il Partito socialista espliciterà la volontà di sancire
l’incompatibilità tra appartenenza al Partito e alla massoneria, motivata da precedenti come il
tentativo di condizionamento che il Goi tentò di esercitare sulle scelte del Partito utilizzando i
propri affiliati che militavano nella corrente riformista dello stesso, uscita sconfitta nel 1904
dall’ultimo congresso. La bassa partecipazione al voto per questa proposta risolse in un nulla di
fatto il referendum, anche se tra i votanti la maggioranza si attestava sulla posizione di
incompatibilità.
Nel 1908 sorsero nuovi elementi di tensione all’interno del Goi, originati dalla battaglia sulla
laicizzazione della scuola e dalla mancata approvazione alla Camera della mozione contro
l’insegnamento religioso, presentata dal socialista Leonida Bissolati e affossata anche dal voto
contrario di alcuni deputati massoni. Questo fatto provocò la scissione di un gruppo di logge che
andarono a formare, come abbiamo già visto, la Gran Loggia d’Italia degli Alam (Antichi Liberi
Accettati Muratori). Quindi una scissione motivata da questioni politiche: «La decisione di
abbandonare il Grande Oriente d’Italia fu l’epilogo di un dissidio generatosi negli anni precedenti
tra la componente predominante di matrice progressista, laica e anticlericale, e la combattiva
minoranza liberalconservatrice. Il fatto che a guidare la scissione fossero tre pastori protestanti […]
induce a riflettere sulla collocazione politica di buona parte dei pastori massoni, restii ad accettare
l’apertura a “sinistra” impressa dal Gran Maestro Ettore Ferrari che, come ricaduta pratica, aveva
dato l’avvio alla stagione dei blocchi popolari» (Novarino 2006, 286).
I deputati massoni, in questo periodo, erano 38 di cui 17 seguirono le indicazioni di Ferrari votando
a favore della mozione, mentre 11 votarono contro e 10 risultarono assenti. Secondo Conti, 38
deputati massoni su 508 erano tutto sommato un numero esiguo, nonostante l’autore sostenga come
l’elenco debba essere integrato con altre figure di primo piano del mondo politico che ebbero con
l’Obbedienza rapporti intermittenti, ma protrattisi a lungo. Conti aggiunge che il reale potere del
sodalizio risiedeva «nella sua capacità di mobilitare l’opinione pubblica intorno a determinate
issues politiche e sociali, capacità che fu resa possibile dalla capillare penetrazione dei suoi affiliati
nel tessuto associativo delle città e in settori vitali della burocrazia e della pubblica
amministrazione» (Conti 2003, 184).
197
Il Partito socialista aveva nel frattempo riproposto la questione dell’incompatibilità fra militanza nel
Partito e iscrizione alle logge. Gaetano Salvemini, all’XI congresso nazionale del Psi, constatò
come la base dottrinale della massoneria fosse antitetica a quella del socialismo e che il segreto di
cui si circondava e la sua forma gerarchica fossero la negazione di ogni principio democratico.
Inoltre, durante il congresso, emerse come l’iscrizione alla massoneria potesse ingenerare sospetti
nei lavoratori e trovare degli ostacoli nei vincoli sconosciuti di un’associazione segreta (Conti 2003,
216). Ma il referendum proposto, ancora una volta, non raggiunse il quorum di presenze. Sarà
soltanto durante il XIV congresso nazionale del Psi che la mozione a favore dell’incompatibilità
passerà con una maggioranza di voti favorevoli, a seguito di un ordine del giorno presentato da
Giovanni Zibordi e Benito Mussolini.
Per quanto riguarda i rapporti del Goi con il Partito repubblicano, questi si incrinarono durante
l’impresa di Libia, allorché vi fu una crisi interna al Partito fra la base contadina e artigiana,
contraria alla guerra, e il gruppo dirigente propenso a sostenere le ragioni addotte da Giolitti a
giustificazione dell’impresa. Ma il rapporto di forze interne al Partito si ribaltò in occasione del
congresso del maggio 1912 in cui gli intransigenti avevano ottenuto la maggioranza e Salvatore
Barzilai, massone, nel gruppo dirigente del Partito, fu costretto a dimettersi. La responsabilità di ciò
venne in larga parte attribuita a quei repubblicani massoni che avevano subordinato la politica del
Partito alle strategie del Goi.
Per quanto riguarda i rapporti tra Goi e Partito nazionalista, i nazionalisti vedevano nella
massoneria «il simbolo del riformismo borghese che paralizzava le energie vitali del paese,
dell'umanitarismo cosmopolita che annichiliva ogni volontà di espansionismo militare, [...] di quel
trasformismo bloccardo che rappresentava una degenerazione per la vita politica italiana» (Conti
2003, 230). Fu proprio il Partito nazionalista ad avviare un'inchiesta sulle caratteristiche della
massoneria e sull'influenza che essa esercitava nella società italiana, chiamando a pronunciarsi
deputati, senatori, magistrati, docenti, funzionari pubblici dalle pagine dell'Idea Nazionale. I
personaggi chiamati a pronunciarsi – tra cui Benedetto Croce, Pasquale Villari, Giovanni
Amendola, Ivanoe Bonomi, Luigi Einaudi – espressero per lo più giudizi negativi. Come scrive
Mola (1976, 307), l’Idea Nazionale propose un questionario in tre punti in cui chiedeva: «1) se la
sopravvivenza di una associazione segreta, qual era la Massoneria, fosse ritenuta compatibile con le
condizioni della vita pubblica moderna; 2) se il razionalismo materialistico e l’ideologia umanitaria
e internazionalistica, cui la Massoneria nelle sue manifestazioni ufficiali si ispirava,
corrispondessero alle più vive tendenze del pensiero contemporaneo; 3) se l’azione palese e occulta
della Massoneria nella vita italiana, e particolarmente negli istituti militari, nella magistratura, nella
scuola, nelle pubbliche amministrazioni, si risolvesse in un beneficio o in un danno per il Paese».
198
L'eco dell'inchiesta fu enorme e un'ondata di discredito colpì il Goi che, però, sostenne che la
campagna antimassonica non giungeva inattesa alla vigilia dei comizi politici ed amministrativi. Al
Goi apparve chiaro come il vero obiettivo della campagna nazionalista fosse quello di incrinare il
fronte democratico, colpendo l'organizzazione che ne costituiva la principale ispiratrice.
Durante le elezioni politiche del 1913 la massoneria garantì il proprio sostegno a radicali,
repubblicani moderati e social riformisti e si fece ispiratrice di una nuova forza politica, il Partito
democostituzionale. Rispetto al 1908 la presenza massonica in Parlamento uscì dalle elezioni
rafforzata: nel 1914 i deputati massoni erano 90, poco meno di un quinto dei componenti della
Camera. Conti (2003, 236) riporta come alla metà del 1913 la rivista massonica Acacia riferisse che
il 28,14 percento dei fratelli del Goi era monarchico costituzionale, il 23,11 percento di
orientamento radicale, il 13,41 percento repubblicano, l’11,13 percento socialista il 22,21 percento
risultasse essere non iscritta ad alcun partito: «il dato che da esse emerge in modo inequivocabile è
la conferma dell’elevato tasso di politicizzazione del sodalizio massonico. Poco meno di quattro
massoni su cinque erano in possesso di una tessera di partito» e numerosi riscontri autorizzano a
ritenere che essi fossero quadri medi ed alti dei partiti sopra menzionati.
Siamo nel 1913, il primo conflitto mondiale è alle porte. Dopo un primo momento contraddistinto
da cautela e ambiguità, i primi di settembre del 1914 il Goi abbandonò ogni remora e si pose
ufficialmente a favore dell’ingresso in guerra contro l’Austria. Uno dei primi interventi del Goi fu la
creazione di un comitato massonico per coordinare l’attività propagandistica e favorire una riunione
delle forze democratiche che si riconoscevano nella scelta interventista, il Comitato centrale dei
partiti interventisti a cui aderirono democostituzionali, radicali e socialisti riformisti. Come ebbe a
scrivere Francesco Saverio Nitti: «La massoneria aveva rappresentanti e agenti in tutti i centri
importanti di popolazione e spesso anche in alcuni centri minori. Nessun partito poteva nello stesso
giorno e alla stessa ora, come la massoneria, inscenare riunioni e dimostrazioni e far credere a
movimenti della coscienza nazionale che in realtà non esistevano» (Nitti 1948, 437).
Nel 1919 il nuovo Gran Maestro è Domizio Torrigiani, avvocato e politico, il cui convincimento
principale è che la massoneria debba mediare tra il ceto borghese e le classi lavoratrici, in un
periodo in cui l’incompatibilità sancita dal Partito socialista si aggiungeva alla nascita del Partito
popolare e all’emergere di una nuova forza politica, i Fasci di combattimento.
Per quanto riguarda l’impresa di Fiume, le logge di Trieste e Fiume vi ricoprirono un ruolo non
secondario dato che non pochi fratelli furono tra i più stretti collaboratori di D’Annunzio. Nel
novembre del 1918 la massoneria fu in prima linea nei festeggiamenti per la vittoria e a Trieste fu
aperta una nuova loggia grazie a Giacomo Treves che, in breve tempo, rappresenterà una sorta di
199
trait d’union fra il Goi e Gabriele d’Annunzio nell’impresa di Fiume (Conti 2003, 256).
Quando Francesco Saverio Nitti chiese a Badoglio di indicargli qualcuno che potesse persuadere
D’Annunzio dell’impossibilità dell’annessione, questi gli fece il nome del Gran Maestro Torrigiani,
a testimonianza di quanto forti fossero i legami tra Goi e D’Annunzio. Torrigiani si adoperò
affinché Fiume ricevesse, tramite la Croce Rossa, alimenti e carbone più l’apertura di un credito di
due milioni (Conti 2003, 267-268).
Per quanto riguarda i Fasci di combattimento, questi venivano visti con diffidenza da alcune logge,
mentre per altre il fascismo rappresentava l’unica forza in grado di contrastare l’avanzata della
sinistra più estrema. Una parte del Goi ne giustificava l’azione in quanto ispirata ad un principio di
salvaguardia dell’assetto istituzionale e dei valori patriottici. L’avversione per i socialisti e i
giolittiani avvicinò ai Fasci anche il Partito repubblicano, con solide radici negli ambienti
massonici. Non meraviglia che fra i presenti a Piazza San Sepolcro, il 23 marzo 1919, all’atto
ufficiale di nascita del fascismo il numero di massoni fosse rilevante (Conti 2003, 286-287).
Secondo Conti (2007, 91) la massoneria italiana guardò a Mussolini come ad uno degli interlocutori
più credibili: «La comune scelta interventista e il fervore patriottico cementarono un rapporto di
collaborazione che si protrasse ben oltre la fine della Grande guerra e fece sì che nei nuclei fascisti
delle origini la presenza massonica fosse tutt’altro che marginale».
Come scrive Padulo (2006, 657), la data di nascita ufficiale del fascismo si suole indicare con il 23
marzo 1919 quando a Palazzo Castani, a Milano, furono fondati i Fasci. Non si sa con certezza
quanti massoni parteciparono all'adunata, ma l'autore si sofferma su alcuni nomi: l'ex garibaldino
Luzzatto, l'avvocato Momigliano, il professor Massaretti, il ragionier Cattaneo, l'avvocato Bruzzesi,
il medico Binda, il ragionier Cerasola, Razza, Corradini, tutti obbedienti al Goi. Oltre a questi si
aggiungono quanti avevano soltanto aderito a San Sepolcro.
Tra i presenti, quelli meritevoli di più attenzione sono Cesare Goldmann e Roberto Farinacci, tutti e
due membri del Goi. Goldmann mise a disposizione di Mussolini la sala del circolo e invitò
personalmente l'onorevole Innocenzo Cappa a partecipare all'adunata. La presenza di Farinacci,
invece, è importante perché nel corso della campagna elettorale per le elezioni del novembre 1919
fu a fianco del socialista Leonida Bissolati, fratello del Goi.
Certamente la presenza di tanti autorevoli massoni a piazza San Sepolcro non può essere
considerata frutto del caso o di semplice curiosità; né fu frutto del caso l'adunanza privata che ebbe
luogo due settimane prima di San Sepolcro, a Milano, nella sede del Circolo Carlo Cattaneo,
promossa da un comitato provvisorio di cui facevano parte vari massoni e che fu convocata da una
200
circolare che, visto il contenuto76, può essere considerata un precedente organizzativo importante di
San Sepolcro.
Da parte sua il Gran Maestro Torrigiani, il 28 ottobre 1922, ricordò in una circolare che a dare vita
al fascismo nel suo inizio furono anche nuclei di fratelli molto autorevoli. Anche il Sovrano Gran
Commendatore Giuseppe Leti, nel 1932, ha scritto che nei primi tempi, quando il fascismo si diceva
repubblicano, socialistoide, anticlericale, non pochi fratelli lo assecondarono e, forse, anche
Torrigiani vi aveva quasi creduto.
Ma quali obiettivi poteva perseguire il Goi «non solo “battezzando” l'evento [di San Sepolcro], ma
“originando” il fenomeno? [...] cos'era e cosa rappresentava il Goi nel 1919?» (Padulo 2006, 667).
Sappiamo che allora l’Obbedienza era composta da circa ventimila affiliati che occupavano posti
chiave nella società civile e avevano in mano leve delicate dello Stato (a titolo di esempio, facevano
parte del Goi: Gino Olivetti, Battista Diatto, Efrem Ferraris, Giovanni Antonio Vanni, Giuseppe De
Michelis, Paolo Boselli, Vittorio Emanuele Orlando, Ivanoe Bonomi). Il Goi era «un partito sui
generis radicato nella società civile e che influenzava quasi tutti gli apparati dello Stato. Aveva,
inoltre, una base piccolo e medio borghese e un vertice, per così dire, alto borghese: accanto a
industriali, grands commis, rettori d'università e generali militavano sotto le sue bandiere molti
commercialisti, piccoli burocrati, maestri, professori, giovani ufficiali, avvocati, medici, ingegneri,
commercianti ecc» (Padulo 2006, 667).
È con la fine della prima guerra mondiale che si assisterà al graduale declino di questo partito sui
generis, di pari passo con il rafforzamento dei partiti antagonisti. Secondo Padulo, la pace aveva
condotto al crescente isolamento e alla delegittimazione dei gruppi che avevano voluto la guerra,
offrendo spazio di manovra soprattutto a cattolici e socialisti, che potevano contare su un forte
seguito di massa.
Non tutta la massoneria del Goi fu concorde con l'iniziativa di piazza San Sepolcro, Bissolati in
testa che era già stato isolato nel gennaio precedente dall'allora Gran Maestro Nathan con due
circolari che fecero si che alcune logge milanesi a lui vicine si staccassero dal Goi per costituirsi in
gruppo massonico indipendente.
Il Goi, quindi, si attestò su una linea di apertura nei confronti del fascismo, fino a che il Gran
Consiglio approvò un documento che sanciva l’incompatibilità tra l’iscrizione al Pnf e
l’appartenenza alla massoneria. La decisione apparve connessa alla posizione critica assunta dal Goi
sul tema dei rapporti tra Stato e Chiesa. Inoltre, agli occhi dei fascisti, la massoneria rappresentava
76
«Noi pensiamo che, per quanto possano essere interessanti le discussioni sulla Dalmazia, sia molto più utile tener
d'occhio il nemico interno, il disfattismo che non disarma e si fa sempre più minaccioso nella nostra assenza.
Abbiamo perciò deciso di riunire tutti gli amici interventisti che non hanno dimenticato il loro dovere così
nobilmente compiuto durante quattro anni al fronte e nel Paese per studiare insieme i mezzi pratici che valgano ad
opporre la propaganda e l'azione nostra alla propaganda e all'azione del socialismo ufficiale» (Padulo 2006, 661).
201
una sorta di «contropotere con profonde ramificazioni nei gangli vitali dello Stato, specie
nell’esercito, nella magistratura e nell’apparato burocratico, e perciò occorreva sbarazzarsene al più
presto» (Conti 2003, 305-306).
La rottura definitiva avvenne tra il 1923 e il 1924 allorché iniziarono gli assalti delle squadre
fasciste alle sedi del Goi. Il 12 gennaio 1925 Mussolini presentò un disegno di legge, poi votato,
volto a disciplinare l’attività delle associazioni segrete: lo scopo palese era colpire la massoneria,
ma la formulazione generica fece sì che il provvedimento si trasformasse in un attacco alla libertà di
associazione (Conti 2003, 315).
Gramsci, nel discorso tenuto alla Camera il 16 maggio del 1925, dichiarò che l'attacco alla
massoneria rappresentava un falso scopo, mentre il vero bersaglio erano le organizzazioni del
proletario. Nel fare questo, Gramsci ricostruì il ruolo che la massoneria aveva ricoperto in Italia
dopo l’Unità, affermando che questa era stata l’unico partito reale che la classe borghese avesse
avuto per lungo tempo, quindi, secondo Gramsci il fascismo cercava di lottare contro la sola forza
organizzata efficientemente che la borghesia capitalistica avesse in Italia:
Con la massoneria [il fascismo] ha impiegato la tattica politica del noyautage, poi il sistema terroristico
dell'incendio delle logge, e infine impiega oggi l'azione legislativa, per cui determinate personalità dell'alta banca e
dell'alta burocrazia finiranno per l'accodarsi ai dominatori per non perdere il loro posto, ma con la massoneria il
governo fascista dovrà venire ad un compromesso. Come si fa quando un nemico è forte? Prima gli si rompono le
gambe, poi si fa il compromesso in condizioni di evidente superiorità. [...] Poiché la massoneria passerà in massa al
Partito fascista e ne costituirà una tendenza, è chiaro che con questa legge voi sperate di impedire lo sviluppo di
grandi organizzazioni operaie e contadine. Questo è il valore reale, il vero significato della legge 77.
Del resto, finita la guerra, il peso politico del Goi sembra scemare, in parte per il ruolo avuto
durante il conflitto, in parte – secondo Padulo (2006, 677) – perché «lo stesso Gran Maestro e i suoi
collaboratori non mostrano di percepire le modificazioni introdotte dal suffragio universale e dalla
proporzionale nel sistema politico: volere e votare la proporzionale e seguitare a operare sul
mercato della politica come se il suffragio fosse ancora ristretto e i collegi fossero ancora
uninominali».
Come ha scritto Della Campa (1998, 84), «[I massoni del Goi] non avevano percepito che tutto era
cambiato ed il loro mondo era finito per sempre. …] Non intuirono […] né forse potevano capire, il
protagonismo delle masse e dei mezzi di massa nella società moderna. Erano – sono – cambiati i
modi di partecipazione alla vita pubblica e sociale».
Secondo Martelli (2006) sarebbe stato opportuno un ripensamento generale sul significato di una
struttura iniziatica in seno a una società in cui la politica era ormai fondata sul suffragio universale,
77
Origini e scopi della legge sulle associazioni segrete.
Discorso di Gramsci alla Camera [16 maggio 1925] contro il disegno di legge Mussolini-Rocco,
<https://www.inventati.org/reati_associativi/testi%20raccolti/011.html>, [ultima cons. 17-05-2017].
202
dove la cultura non era più privilegio delle classi egemoni e dove le nuove tecnologie avevano posto
la comunicazione al centro della relazionalità sociale. La massoneria poteva solo contare su alcuni
partiti laici minori, quello liberale, ma soprattutto quello repubblicano e alcuni settori della galassia
socialista.
Ad ogni modo, l’esilio e la clandestinità costituirono per i massoni italiani le uniche alternative alla
sottomissione incondizionata al regime. E nell’ambito della diaspora massonica antifascista venne
ricostituito a Londra, nel 1930, un Grande Oriente d’Italia in esilio, che operò a Parigi e alla cui
guida venne eletto Eugenio Chiesa, politico italiano.
5.1.3 1925-1948
Il 26 novembre 1925 viene promulgata la legge sulla Regolarizzazione dell'attività delle
associazioni e dell'appartenenza alle medesime del personale dipendente dallo Stato, meglio nota
come “legge contro la massoneria” e il Gran Maestro Torrigiani, il 22 novembre 1925, decreta lo
scioglimento delle logge del Goi: «Dopo l'emanazione delle Leggi eccezionali, [parte] una raffica di
assegnazioni al confino, a cominciare dai cinque anni inflitti al Gran Maestro Torrigiani con la
generica imputazione di mantenere contatti con gli oppositori all'estero finalizzati al sovvertimento
degli ordinamenti nazionali» (Fedele 2006, 679).
A seguito della promulgazione delle leggi eccezionali, molti membri del Goi hanno imboccato la
strada dell'esilio. Fedele cita deputati ed esponenti di primo piano del Pri quali Cipriano Facchinetti
e Eugenio Chiesa, nonché giornalisti e dirigenti del Pri già colpiti da mandato d'arresto come Silvio
Stringari e Odoardo Masini. Tra i socialisti esuli si fanno i nomi dell'ex ministro Arturo Labriola e
del direttore del Becco giallo, Alberto Giannini (Fedele 2006, 686).
In Francia gli esuli troveranno condizioni favorevoli sia al prosieguo dell'attività dei rispettivi partiti
che al perpetuarsi di un'attività massonica. Inoltre in Francia vi erano favorevoli condizioni
politiche poiché le elezioni del maggio 1924 avevano fatto registrare la vittoria dei partiti di sinistra,
alleati in quel Cartel des Gauches al cui successo elettorale un contributo era venuto dalle maggiori
obbedienze massoniche francesi, il Grand Orient e la Grande Loge.
Occorre qui citare anche un'organizzazione di chiara emanazione massonica quale la francese Ligue
des Droits de l'Homme e la sua derivazione italiana: la Lega italiana dei diritti dell'uomo (Lidu). Le
finalità erano di carattere assistenziale nei confronti delle persone che avevano scelto la via
dell'esilio e, difatti, l'organizzazione era aperta a tutti gli antifascisti, quale che fosse la loro
estrazione ideologica o partitica.
Un altro organismo che nasce in quel periodo è la Concentrazione antifascista, progetto di un
cartello tra partiti e movimenti antifascisti. I massoni esuli sono ampiamente rappresentati ai vertici
203
del Pri e della Lidu; la loro scelta a favore della concentrazione è condivisa da Giuseppe Leti,
massone del Goi iscritto al Pri che cercherà di tenere in vita l'esperienza libero muratoria italiana
all'estero durante l'esilio.
Anche in Svizzera migrarono molti esuli massoni, essendo la Svizzera «meta tradizionale
dell'emigrazione repubblicana di mazziniana e risorgimentale memoria» (Fedele 2006, 694), dove si
erano indirizzati un numero cospicuo di esponenti del Pri affiliati al Goi. A Lugano, ad esempio, si
era stabilito dal 1927 il politico massone Randolfo Pacciardi.
Nel contesto statunitense, invece, a rappresentare gli interessi della massoneria italiana perseguitata
provvedeva in parte un organismo paramassonico, la Fratellanza Eugenio Chiesa, comitato di
assistenza, di azione e di propaganda pro Massoneria italiana, «incaricato soprattutto di svolgere
presso i massoni americani opera di informazione sulla reale condizione dell’Italia sotto il fascismo
[…]. A dirigere questo nuovo organismo sono chiamati l’ex Venerabile della disciolta Loggia
“Giuseppe Mazzini” di Chicago, nonché componente del Supremo Consiglio del Rito Scozzese
Michele Armato, che funge da presidente, e Arturo Di Pietro 78 che ne è il segretario […]» (Fedele
2016, 122).
L'esigua base associativa del Goi (200 fratelli), secondo Fedele, lascia intendere le gravi difficoltà
finanziarie dell'Obbedienza in esilio; d'altra parte il flusso degli aiuti provenienti da alcuni fratelli
italo-americani non erano sufficienti al Goi neppure per potersi permettere una propria sede. Ma in
Italia qualcosa si era mantenuto, ed infatti si registrano contatti durante il 1930 tra i massoni in
esilio, e Leti in particolare, e un gruppo liberomuratorio dell'Italia settentrionale, di cui Raffaele
Cantoni è rappresentante, che hanno dato vita alla loggia clandestina Italia con sede a Milano e
diramazioni nel Veneto, Friuli e Venezia Giulia (Fedele 2006, 696).
Cordova (2006, 701) riporta come nel febbraio del 1945 un anonimo informatore inviò un rapporto
confidenziale79 a Washington con il quale riferì circa lo stato della libera muratoria italiana dopo
l'occupazione alleata; il gruppo più serio e più importante a livello massonico viene ritenuto quello
del Goi. A questo gruppo appartengono alcuni ministri in carica tra cui Meuccio Ruini, Francesco
Cerabona e Marcello Soleri, nonché il vicesindaco di Roma, avvocato Guido Laj. L'informativa
faceva riferimento all'ultimo governo Bonomi, in cui Marcello Soleri era ministro del Tesoro,
78
Mola (2001, 610-611) scrive come il Goi dell’esilio poté contare anche sull’aiuto dei massoni statunitensi citando il
pastore metodista italo-americano, Arturo Di Pietro, figlio di un massone, che sarà poi iniziato a sua volta nel Goi
nel 1933: «Dagli Stati Uniti questi raccoglieva e inviava aiuti in danaro, d’importanza vitale per la nuova
organizzazione: non tanto per fronteggiare bisogni materiali […] ma quale forma di riconoscimento della sua
legittimità e giacché la pose in grado di trattare da posizione di forza con i partiti politici della Concentrazione
antifascista e soprattutto con gli spigolosi capi di “Giustizia e Libertà”».
79
National Archive Washington (NAW), RG Records of OSS, Entry 99 Box 33, Folder 162.
204
Meuccio Ruini dei Lavori Pubblici e Francesco Cerabona dei Trasporti. Il 21 giugno salì alla
presidenza del Consiglio Ferruccio Parri; nella nuova compagine Soleri mantenne il Tesoro, Ruini
passò alla Ricostruzione. Del governo fecero parte anche altri due esponenti politici, Pietro Nenni –
ministro per la Costituente – e Mauro Scoccimarro – Finanze – entrambi massoni, come ebbe ad
indicare nel giugno del 1948 l'ambasciatore americano a Roma, James Clement Dunn, in una lettera
al sottosegretario del Dipartimento di Stato a Washington.
Il 12 aprile 1945 morì Roosevelt a cui subentrò il democratico Harry Truman che, come abbiamo
visto, aderiva alla massoneria. Fu proprio il nuovo Presidente ad inviare in Europa una commissione
con l'incarico di fornire alle Grandi Logge degli Stati Uniti notizie sulle massonerie dei vari paesi.
La Commissione riportò che il Goi contava 300 logge con 6000 affiliati, anche se le sue condizioni
economiche apparivano precarie e, del resto, non era ancora riuscito ad avere in restituzione
l'edificio di sua proprietà requisito da Mussolini; nonostante questo, secondo la Commissione il Goi
era l'unica Obbedienza in grado di ridare vita alla massoneria italiana. Il documento suggeriva
infine la strategia da adottare per la ripresa della massoneria in Italia, pensando ad un rinnovamento
da realizzare mediante l'unione dei migliori elementi della Gran Loggia di Piazza del Gesù con
quelli del Goi.
Il 18 novembre 1945 il Goi aveva eletto come Gran Maestro Guido Laj, prosindaco di Roma dal
1944 al 1946, e Gran Maestro aggiunto Ugo della Seta, deputato all’Assemblea Costituente 80. Di lì a
breve sarebbe iniziato il dibattito sull'articolo 7 della Costituzione che doveva regolare i rapporti
con la Chiesa. Nel dicembre 1946 Laj indirizzò alle logge una circolare nella quale prese una
posizione contro gli accordi del 1929, i Patti lateranensi, e inviò un proprio delegato al Pci per
stipulare un patto di collaborazione basato su tre principi: lotta anticlericale, divorzio e scuola laica.
Ma il Pci manteneva un atteggiamento cauto, primo perché sosteneva fosse impolitico cercare di
fare una lotta anticlericale in un paese dove la coscienza religiosa era profondamente radicata come
in Italia; inoltre l'atteggiamento nei confronti della massoneria era alquanto turbolento se
consideriamo che in quel periodo si discuteva, nel Partito, circa la doppia appartenenza a questo e
alla massoneria. Il voto del 26 marzo vide il Pci approvare l'articolo 7, segnando in modo concreto i
rapporti con il Goi.
Per quanto riguarda l’appuntamento del 2 giugno 1946, Mola (2001, 689) scrive come molti tra cui
Signorelli, Laj, Francocci, nutrissero predilezioni repubblicane, ma nelle fila dell’Ordine c’erano
anche molti monarchici convinti, per cui impossibile risultava impartire una direttiva univoca:
«all’appuntamento più importante della storia nazionale dall’unificazione in poi i massoni andarono
80
Ricordo che uno dei due presidenti dell’Assemblea Costituente, Giuseppe Saragat, era massone e il presidente della
Commissione dei 75, incaricata di redigere il testo costituzionale, era un altro massone, Meuccio Ruini, alto
dignitario del Goi.
205
in ordine sparso: che era anche la premessa più sicura per brindare, a risultati noti, per l’uno o
l’altro “capo” dello stato, nella sperimentata convinzione che all’Istituzione toccava di vegliare non
su di una forma o una persona ma sullo stato medesimo, secondo l’insegnamento di Lemmi».
Dopo le elezioni del 1948, in cui la Dc ottenne la maggioranza relativa e il Psi superò il Pci, Truman
intervenne in maniera informale presso il conte Sforza perché Palazzo Giustiniani venisse restituito
ai liberi muratori italiani. Il 18 maggio inviò un memorandum al proprio sottosegretario di Stato,
Robert Lovett, invitandolo a provvedere.
5.1.4 1948-2017
A partire dal secondo dopoguerra la libera muratoria è una realtà divisa, incapace di imporre un
discrimen tra ciò che è legittimato dall’Ordine e i raggruppamenti che rispondono a disegni estranei
ad esso. La muratoria post-bellica, secondo Martelli (2006), sembra voler ignorare il problema delle
responsabilità pregresse non dell’Istituzione ma di molti dei suoi membri. La massoneria godeva
infatti di una posizione egemone tra le classi di governo che non hanno saputo o voluto difendere lo
stato liberale dal fascismo e in quanto Istituzione ha preso le distanze dal Regime solo quando
questo ha deciso lo scioglimento delle logge. Ciò che manca negli anni Cinquanta, quindi, pare
essere un serio processo di autocritica con cui riconquistare credibilità:
La muratoria italiana è stata sì una vittima eccellente del regime, ma, in quanto istituzione, non ha avuto un forte
ruolo nel combatterlo. Singoli massoni si erano distinti nella lotta partigiana e alcune logge avevano ripreso
clandestinamente la loro attività durante il regime, ma ciò non bastava a collocare la muratoria tra le forze della
Resistenza, né essa sembrava troppo interessata a conseguire tale qualifica (Martelli 2006, 724).
L'orientamento politico dei membri del Goi all'inizio degli anni Cinquanta era ancora rivolto verso i
partiti laici minori che ottenevano il consenso dell'80 percento circa dei fratelli: «Analoga conferma
riguardava l'intonazione progressista del Goi, che si esplicitava principalmente […] nei 500
esponenti socialisti, ma anche nei 96 “socialisti indipendenti” e nei 74 comunisti. Esigua ma
significativa […] era la presenza di militanti delle forze conservatrici e reazionarie, con 179 affiliati
che si distribuivano fra monarchici e missini […] fra i 5.349 iscritti alle logge del Goi soltanto sette
si dichiaravano sostenitori della Dc» (Conti 2015, 20). Quindi esistevano ancora canali di
comunicazione col Partito socialista, in misura minore con quello comunista; per quanto riguarda la
Dc, Conti spiega come, in sostanza, i governi degasperiani venissero accettati solo nella logica della
collocazione atlantica e occidentale dell'Italia.
Tornando all'Assemblea Costituente, un altro articolo dibattuto è il 18, che prende in esame
l’esistenza delle società segrete. Tra i rappresentanti dei partiti laici c'erano molti membri della
massoneria che si preoccuparono di tutelare questo tipo di forma associativa, a differenza dell'ala
206
cattolica e comunista. De Gasperi e la Dc manifestarono cautele perché consci che una presa di
posizione troppo aggressiva verso la muratoria avrebbe suscitato le perplessità degli Stati Uniti:
«Oltre alla probabile preoccupazione degli Stati Uniti (massone era lo stesso presidente Truman), vi
era anche una questione tutta italiana: la rinata democrazia non poteva fondarsi iterando un bando
varato dalla dittatura appena abbattuta» (Martelli 2006, 737). Perciò l'art. 18 rappresentava una
situazione di compromesso: esso vietava le società segrete, ma non conteneva alcun elemento
specifico che consentisse di definire compiutamente il significato del termine “segreto”.
La conclusione del dibattito sull'art.18 fotografava l'atteggiamento che i partiti avrebbero tenuto nei
confronti della massoneria nei decenni successivi. La Dc e il Pci riaffermeranno l'incompatibilità tra
l'iscrizione al partito e l'affiliazione muratoria. Ciò non toglie, secondo Martelli, che sempre più
spesso il notabilato politico locale, che esprimeva i quadri intermedi del Psi e della Dc, finisse per
affiliarsi alla massoneria sulla scorta di tradizioni familiari legate alle specificità storiche del
territorio. Così, se a livello nazionale, soprattutto da parte del Pci, si prendeva posizione contro il
presunto ruolo corruttivo della massoneria in seno alle istituzioni, a livello locale il veto dei vari
statuti di partito veniva spesso ignorato (Martelli 2006, 737).
Gli anni Sessanta si aprono con la gran maestranza di Giordano Gamberini, nuovi avvicinamenti
con la Dc e il Partito socialista, con un orientamento dell'Obbedienza che si sposterà sempre più
verso posizioni di destra: «Il pontificato di Giovanni XIII e la svolta conciliare crearono le premesse
per una parziale ricomposizione del secolare dissidio fra massoneria e Chiesa cattolica. Ciò rese
possibile anche l'instaurazione di un rapporto meno conflittuale con la Dc, mentre l'avvento del
centro-sinistra avrebbe consentito di rinsaldare i legami fra il Goi e il Partito socialista, ormai
definitivamente reinserito nell'alveo governativo e istituzionale. In ogni caso, in questi anni l'asse
politico della massoneria italiana si sarebbe spostato a destra» (Conti 2015, 20).
In questi anni Gelli verrà iniziato in massoneria fino a diventare Maestro Venerabile della loggia
Propaganda 2, le cui vicende inizieranno ad apparire sulla stampa negli anni Settanta, anche se
dovremo aspettare gli anni Ottanta perché si costituisca la Commissione parlamentare d'inchiesta
sulla P2.
Nel corso degli anni Novanta la questione massonica sarà evocata da numerose inchieste su
collusioni tra mafia, politica e logge irregolari, soprattutto grazie alle inchieste del magistrato
Agostino Cordova, che avranno come conseguenza anche una scissione all'interno del Goi. Infatti il
Gran Maestro Giuliano di Bernardo deciderà – o sarà spinto – a dimettersi e andrà a formare la Gran
Loggia Regolare d'Italia, la terza Obbedienza italiana per numero di iniziati, la sola al momento ad
aver ricevuto patente di regolarità dalla United Grand Lodge of England. Ma della vicenda P2 e dei
rapporti tra massoneria e criminalità organizzata tornerò a parlare nell'ultima parte della ricerca.
207
Qui importa chiudere i rapporti tra Goi e sfera della politica accennando brevemente alle Gran
maestranze successive a quella di Gamberini. Dal 1970 al 1978 fu Gran Maestro il medico
fiorentino Lino Salvini, iscritto al Partito socialista italiano che, come vedremo, avrà un ruolo non
di poco conto nella vicenda P2. Dopo di lui salirà alla Gran maestranza Ennio Battelli, imprenditore
e militare italiano, che rimarrà in carica fino al 1982, le cui testimonianze ritroveremo negli atti
della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, così come quelle del suo successore Armando
Corona, a cui di fatto si deve la definitiva espulsione di Gelli dal Goi. Armando Corona, medico
sardo, è stato dirigente del Partito repubblicano, presidente del Collegio nazionale dei probiviri
dello stesso Partito e presidente del Consiglio regionale della Sardegna dal 1979 al 1981. Il suo
nome verrà evocato in riferimento ai contatti con l'agente segreto Francesco Pazienza e con il
faccendiere Flavio Carboni, tramite cui era entrato in stretti rapporti con Roberto Calvi 81. Flavio
Carboni verrà poi arrestato nell'ambito di un'inchiesta sugli appalti dell'energia eolica in Sardegna,
con l'accusa di aver costituito altresì quella che balzerà alle cronache come la loggia P3, una sorta di
prosecuzione della P282.
Dal 1990 al 1993, la Gran maestranza passò nelle mani del più volte citato Giuliano di Bernardo,
filosofo e docente di filosofia della scienza. Fu Gran Maestro nel periodo in cui presero avvio le
indagini di Agostino Cordova sulla commistione tra massoneria e criminalità organizzata. In seguito
a questa vicenda, come abbiamo visto, fu accusato dal Goi di aver fornito le liste dell'Obbedienza
alla magistratura senza tutelare la privacy degli affiliati, e quindi fu costretto a dimettersi nell'aprile
del 1993. A lui seguirà l'avvocato Virgilio Gaito che resterà in carica dal 1993 al 1999, a cui faranno
seguito i 15 anni di Gran maestranza dell'avvocato Gustavo Raffi, che è stato segretario provinciale
del Partito repubblicano di Ravenna dal 1989 al 1990 e consigliere nazionale dello stesso Partito dal
1990 al 1992. Come si è detto, dal 2014 il Gran Maestro è Stefano Bisi, giornalista senese.
Ancora deve essere scritta la storia dei rapporti che la massoneria, in particolare il Goi, ha intessuto
con la politica partitica negli ultimi decenni. In questa sede possiamo solo rilevare come le affinità
con il Partito repubblicano non siano venute meno, con riferimento particolare al ruolo che in esso
hanno svolto Gustavo Raffi e, soprattutto, Armando Corona.
In generale, sia Conti che Cazzaniga concordano nel sostenere come oggi l'influenza della
massoneria in politica sia piuttosto esigua. Come afferma Conti durante il nostro colloquio:
Secondo me oggi [la presenza dei massoni in Parlamento] è molto molto esigua […]. Se isoliamo il caso P2, che
è stato un po’ particolare… ma già dal dopoguerra. [...] Ho messo mano fino ai primi anni Cinquanta, controllando
81
Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2 (CpiP2), Teodori M., Relazione di minoranza, p.
150.
82
F. Q., “P3, pm chiede 4 anni per il plurimputato Denis Verdini. Nove anni e sei mesi per Flavio Carboni ”,
IlFattoQuotidiano.it, (11 novembre 2016), <http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/11/p3-pm-chiede-4-anni-per-il-
plurimputato-denis-verdini-nove-anni-e-sei-mesi-per-flavio-carboni/3185503/>, [ultima cons. 17-05-2017].
208
gli eletti al Senato, alla Camera e mettendoli a confronto con gli elenchi del Grande Oriente, per il dopoguerra, per
quegli anni… sono pochissimi, limitati per lo più al Partito repubblicano, liberale, socialdemocratico, un po’ di
socialisti… ma è una presenza che poi si assottiglia progressivamente. Qui secondo me la svolta è addirittura in
parte già con la prima guerra mondiale quando si passa da un sistema elettorale di tipo maggioritario al
proporzionale e al suffragio universale maschile. Quando si arriva al proporzionale puro del ’45-’46, col suffragio
allargato anche alle donne, una struttura elitaria, notabilare come la massoneria perde capacità di… [Interv. Conti].
Un peso politico che, come abbiamo già visto, inizia a scemare all'indomani del secondo conflitto
mondiale per una varietà di fattori, quali principalmente le riforme elettorali, il suffragio che man
mano si fa universale, col successo crescente dei partiti di massa come quello cattolico e comunista.
Da questo punto di vista, ho chiesto a Conti se sia lecito credere che, nei decenni più vicini a noi, la
maggior parte dei fratelli possa essere confluita nel centro destra perché Berlusconi, in qualche
modo, è riuscito a creare un partito liberale di massa. La sua risposta è che ciò è certamente
probabile, anche se andrebbe osservata la realtà locale delle singole città più che un orientamento
generale nazionale. In effetti, risulta interessante capire se l'Obbedienza mantenga una precisa
identità politica; in proposito, secondo Cazzaniga, questa identità non esiste più e, per quanto
riguarda l'orientamento politico dei singoli, risulta importante tenere in considerazione le differenze
regionali e locali. Come mi ha riferito lo studioso durante il nostro colloquio:
I legami con la politica non esistono. [Neanche a livello locale?] Come dire, a livello locale esistono eccome, ma
non esiste una identità politica del Grande Oriente. […] girando per conferenze mi sono accorto che esiste un
parallelismo con la regione, con la zona, in altre parole: in prevalenza erano di Forza Italia in Lombardia, in
prevalenza erano del Pd in Toscana. Questo torna con l'affermazione del principio del “non facciamo politica”, in
realtà torna con una mancanza di identità politica, che è un po' diverso insomma. Raffi era il segretario di Pacciardi,
e poi il segretario del Partito Repubblicano a Ravenna, quindi c'è una tradizione di destra repubblicana filo-
americana che Raffi rappresenta […] un patrimonio politico-culturale che non esiste più nell'arco che va da Forza
Italia al Pd, insomma [Interv. Cazzaniga].
209
postunitario in poi, che aveva mantenuto i caratteri «dell’affarismo, del carrierismo, della tessitura
di trame oscure per condizionare il potere politico e insinuarsi nei gangli vitali dello stato» da cui
però derivò la semplificazione frettolosa ed eccessiva di un fenomeno ben più complesso, «con
protagonisti che rientrano senza dubbio in questo schema di lettura, ma con molti altri che se ne
distanziano nettamente».
Dopo un'iniziale descrizione della loggia P2, cercherò di comprendere quanto questa possa essere
ritenuta a tutti gli effetti loggia regolare del Goi. In questo senso utilizzerò tutto quel materiale –
soprattutto costituito da deposizioni – incluso nei volumi della Commissione P2, dai quali
emergono aspetti interessanti come le anomalie di questa loggia che, seppur regolare – perché al
tempo non vi era il divieto di costituire logge coperte all'interno di un'Obbedienza – svolgeva
attività di tipo profano e non rituale. Tenterò poi di illustrare come dalla vicenda emerga l'immagine
di una base del Goi ignara di ciò che avveniva all'interno della P2, e tutto sommato poco desiderosa
di sapere. Altri aspetti da valutare saranno le figure dei Gran Maestri quali emergono dalle carte
della Commissione, ossia quelle di leader deboli, corruttibili e facilmente ricattabili; e ancora,
analizzando le interviste da me svolte all'interno dell'Obbedienza, capire quale sia la posizione dei
massoni di oggi circa la vicenda P2. Come vedremo, infatti, molti di loro tenderanno a minimizzare
l'accaduto, giustificando i propri pareri soprattutto in considerazione del fatto che nessuna condanna
è mai stata emessa.
210
iniziatico. L’altro vantaggio dell’anonimato consisteva nel diminuire le possibilità di far trapelare
all’esterno l’appartenenza alla massoneria da parte di questi personaggi, circostanza che avrebbe
potuto creare loro disagi di varia natura.
La loggia Propaganda venne soppressa insieme a tutte le altre logge durante il periodo fascista,
dopo il quale venne ricostituita e prese il nome di "Propaganda 2" per ragioni di numerazione delle
logge italiane imposte da necessità organizzative. Tra le logge attive prima della soppressione,
infatti, la Propaganda era la seconda loggia più anziana dell’Obbedienza, la quale usa attribuire ad
ogni loggia un numero in base all’anzianità di fondazione.
La loggia P2, quindi, era sostanzialmente diversa dalle altre logge dell’Obbedienza: «Le Logge
sono infatti i punti d’incontro dei Liberi Muratori, che si riuniscono per la celebrazione dei riti
massonici, per la formazione culturale e spirituale, per l’approfondimento dei rapporti fraterni e il
sostegno ad attività umanitarie. La P2, invece, non si riunisce mai. I suoi affiliati sono personalità
del mondo politico, militare, finanziario ed accademico, per le quali la superloggia è una sorta di
salvacondotto che esonera dalla frequentazione dei lavori massonici in una normale Loggia»
(Moramarco 1981, 10).
Si possono fare speculazioni sui veri scopi della loggia Propaganda così come era stata pensata alle
origini; considerato, infatti, che la partecipazione ai lavori massonici è dichiarata essenziale per la
costruzione e il percorso spirituale del singolo, la loggia Propaganda costituisce una sorta di
cedimento a interessi di natura squisitamente profana (Cerinotti 2009). Come ha scritto Moramarco
(1981, 11), entra nella P2 chi non vuole essere sommerso da richieste di favori e preferisce quindi
rimanere nell’ombra, oppure coloro che «si reputano troppo importanti per dover rispettare gli
arcani gesti della liturgia massonica», vizio ereditato – secondo l’autore – dai tempi nei quali la
massoneria era per lo più intesa solo come associazione di mutuo soccorso. Quel che è certo è che
la loggia Propaganda, risorta dopo il ventennio fascista e apparsa alla ribalta, dagli anni Settanta, nei
palinsesti giornalistici italiani, aveva certamente natura e scopi profani.
211
Della Campa (1998, 38) sostiene come la massoneria italiana fu «deviata» dall’origine fino al
secondo dopoguerra, perché sempre si era occupata di politica, discostandosi in questo modo dai
landmarks massonici. Secondo Fabio Martelli (2006, 723-726) «logge irregolari» iniziano a
svilupparsi già all’indomani dello sbarco alleato in Sicilia nel 1943: «con l’inizio del processo di
epurazione molti ex fascisti si affrettano a ricercare “patenti resistenziali”. La massoneria, in quanto
vittima del regime, si presenta allora come un possibile approdo e le logge irregolari accolgono così
molti “pentiti” […] burocrati di medio rango che però non possono certo essere spacciati per
antifascisti». Queste saranno le stesse logge irregolari composte da figure colluse col fascismo di
cui Ugo Lenzi – Gran Maestro del Goi dal 1949 al 1953 – deciderà l’ammissione, principalmente
per accrescere il numero degli adepti e aumentare le entrate economiche. Martelli parla di logge
irregolari al Sud Italia, screditate da legami con la mafia ed altre, obbedienti a Piazza del Gesù,
contaminate dall’iniziazione di ex fascisti.
Certamente i termini “irregolare”, “deviata”, “spuria”, “coperta”, “riservata” sono spesso utilizzati
in modo improprio. Secondo Della Campa (1998, 91) si può parlare di logge deviate nel caso, ad
esempio, della P2, poiché si trattava a tutti gli effetti di una loggia del Grande Oriente d’Italia, che
però non seguiva le tradizionali norme rituali. Non si può parlare, invece, di deviazioni in merito
alle logge cosiddette spurie, che non farebbero parte di nessuna Obbedienza legittimamente
riconosciuta, ma sarebbero solo raggruppamenti clandestini formati da personaggi autonominatisi
massoni senza nessun tipo di regolare iniziazione. A questo proposito, un ex Gran Maestro della
Gran Loggia d’Italia degli Alam, sostiene che le logge spurie si formino spesso ogni qualvolta un
Maestro Venerabile non viene eletto, e quindi «si offende, va via e crea una propria realtà. Sono
logge o obbedienze spurie, persone che si attribuiscono titoli roboanti tra di loro, ma che non hanno
riconoscimenti internazionali» (Pinotti 2007, 263).
Il termine irregolare è usato il più delle volte in modo improprio. Irregolari, infatti, possono essere
anche Obbedienze di antica nascita, riconosciute e affermate nell’ambiente massonico, ma che non
hanno il riconoscimento ufficiale della United Grande Lodge of England perché non rispettano tutti
i landmarks stabiliti nelle Costituzioni di Anderson. Da questo punto di vista è ritenuto irregolare il
Grande Oriente di Francia, che ha aperto le porte dei templi alle donne, così come la Gran Loggia
d’Italia degli Alam; ed è irregolare anche il Grande Oriente d’Italia, a cui è stato tolto il
riconoscimento ufficiale all’indomani dello scandalo P2.
Occorre qui precisare come il tema dei riconoscimenti tra Obbedienze costituisca materia piuttosto
complessa. In breve, possiamo dire che anche se un'Obbedienza è ritenuta irregolare dalla United
Grand Lodge of England, che si è autoproclamata Obbedienza madre con l'autorità di conferire il
riconoscimento di regolarità alle altre Obbedienze, può essere ritenuto regolare da altre Obbedienze
212
amiche, come nel caso del Goi che è riconosciuto come regolare da gran parte della massoneria
statunitense.
Per quanto riguarda le logge coperte, dobbiamo dire che originariamente il termine copertura si
riferiva ai lavori di loggia che dovevano tenersi “al coperto”, ossia lontano dallo sguardo dei
profani. Col tempo questo significato si è trasformato per cui non si parla tanto di copertura
riguardo ai profani, quanto di copertura «per esigenze meramente “profane”» (Della Campa 1998,
94). Qui il riferimento va alla loggia Propaganda 2, creata originariamente, come abbiamo visto, per
quei personaggi pubblici che occorreva tenere “coperti” non solo ai profani, ma anche alla restante
parte dei fratelli. Questi fratelli venivano iniziati «all’orecchio» del Gran Maestro (o «sulla spada» o
«alla memoria»), cioè i loro nominativi erano solo a conoscenza del Gran Maestro e non potevano
frequentare regolarmente una qualsiasi loggia se non “scoprendosi”: «Di fatto molti “coperti”
entravano poi – una volta cessati i motivi di riservatezza – nelle logge regolari con il semplice
procedimento di presentarsi al venerabile di una loggia. […] Un tal procedimento rafforza
l’opinione – invero ben fondata – di puristi che ritenevano l’iniziazione “sulla spada” una specie di
“pre-iniziazione”, una sorta di “manifestazione d’intenti” (o di “prenotazione”)» (Della Campa
1998, 94).
Tant’è vero che i massoni coperti non erano considerati dei veri e propri massoni dai fratelli
cosiddetti regolari. Questo è interessante per sottolineare come la contrapposizione tra massoni e
profani non sia l’unica da tenere in considerazione quando si parla di insiders e outsiders; il sistema
è molto più complesso allorché vengono alla luce diversi livelli interni di inclusione ed esclusione,
di palese e di nascosto, di regolarità e di copertura. Come si legge nella relazione di maggioranza
della Commissione P283, la copertura di alcune logge era messa in pratica per nascondere le proprie
attività sia al mondo profano che alle altre logge dell'Obbedienza: «È accertato che, sia in sede
centrale che in sede periferica, era assai frequente l’uso di denominazioni fittizie per mascherare
verso l'esterno, verso il mondo “profano”, la presenza di strutture massoniche. Così ad esempio era
prassi consueta intitolare a generici Centri studi i contratti di affitto per i locali necessari all'attività
della loggia […]. La tecnica impiegata realizzava una forma di copertura rivolta verso l’esterno,
verso il mondo “profano”, accanto alla quale deve essere esaminata una seconda forma di copertura
rivolta in tutto od in parte all'interno della stessa organizzazione. Sono stati infatti rinvenuti
documenti che fanno riferimento a logge coperte periferiche, ad una loggia coperta nazionale
numero uno (presso l'organizzazione di Piazza del Gesù), ad un Capitolo nazionale riservato (presso
il Rito Scozzese Antico ed Accettato di Palazzo Giustiniani). Sono stati inoltre acquisiti registri di
appartenenti a logge [...] nei quali gli iscritti venivano elencati invece che con il proprio nome con
83
CpiP2, Anselmi T., Relazione di maggioranza, p. 8.
213
soprannomi o pseudonimi di copertura».
Per quanto riguarda le logge cosiddette riservate, mi è stato riferito da un fratello durante un
colloquio informale che oggi, per lo più, si tratta di logge che preferiscono non avere in visita
fratelli provenienti da altre logge, senza però entrare nel merito della questione. Dai documenti della
Commissione P2 vengono citate due logge definite riservate, la Zamboni De Rolandis di Bologna e
la Emulation di Tirrenia. La prima risulta ancora attiva, mentre la seconda non appare nella lista
ufficiale delle logge del Goi. Queste due realtà risultano essere «due esempi di logge, realmente
funzionanti o rimaste allo stadio di iniziativa “ereticale” (come è probabile per la seconda, animata
dal “capogruppo” P2 Ezio Giunchiglia), [...] caratterizzate da particolare regime di riservatezza.
L'art. 15 delle Costituzioni massoniche documenta la possibilità di doppia appartenenza in vigore
ufficialmente nella famiglia giustinianea»84. Ricordo che il divieto di doppia appartenenza a due
logge del Goi verrà promulgato successivamente alla vicenda P2.
La natura delle due logge citate, comunque, potrebbe essere molto diversa. Per quanto riguarda la
loggia Emulation, questa pare fosse animata da un esponente in vista della P2, quindi assimilabile
alla P2 per composizione interna e modus operandi. Da una lettera anonima trasmessa alla
magistratura di Roma, di cui la Commissione ha ottenuto una copia, si legge che nel Goi era stata
istituita una loggia segreta, la Emulation, «costituita secondo un programma di decentramento della
P2 che fu messo in atto nel 1977 da Gelli e Salvini. […] questa loggia camuffata aveva compiti che
esulavano da quelli di una normale loggia massonica, e lo conferma anche la presenza di Alessandro
Del Bene inquisito dalla magistratura per traffico di armi […]. La loggia ha operato come base di
coordinamento di notizie, informazioni e documenti che venivano successivamente trasmesse al
maestro venerabile Licio Gelli»85.
La Zamboni De Rolandis, invece, pare fosse una sorta di “camera professionale” che contava
numerosi professori universitari. Nel volume di Pinotti (2007, 24) si trova un'intervista all'ex Gran
Maestro del Goi Giuliano Di Bernardo che ha fatto parte, per un certo periodo, della Zamboni De
Rolandis: «I miei colleghi dell’Università di Bologna, mi proposero di trasferirmi dalla loggia
“Risorgimento 8 agosto” alla loggia “Zamboni De Rolandis”, quella dei professori universitari, alla
quale appartenevano il rettore Fabio Roversi Monaco, e nella quale c’erano tanti professori di
diverse discipline». Come si legge nei documenti prodotti dalla Commissione, da due lettere
ritrovate nell'archivio della loggia Zamboni De Rolandis «si desume inequivocabilmente che detta
Loggia deve operare "in via strettamente riservata”, tanto è vero che nelle istruzioni riservate
84
CpiP2, Vol. II Tomo IX, Allegati alla relazione, p. 1.
85
Ivi, p. 9.
214
impartitemi dal Gran Maestro ad essa potevano accedere i fratelli coperti residenti a Bologna»86.
215
di incremento di potere, tanto personale quanto della loggia. Questa azione interessava vari campi:
politica, economia, editoria, ministeri. Il fine ultimo era il condizionamento politico del sistema e il
raggiungimento di questo fine ultimo non poteva che essere pensato in relazione al ruolo rivestito
dagli affiliati. Trattandosi di finalità profana, non poteva che assumere a metro di paragone il ruolo
profano degli affiliati, ovvero gli incarichi e le funzioni da essi ricoperti nella società. Inoltre
diversa – secondo la relazione di maggioranza – era la conoscenza delle attività della loggia a
seconda dei settori di appartenenza, tanto che il modello assunto è stato definito per “cerchi
concentrici”, ben rappresentando la settorialità di strutture e di relazioni sociali proprie
dell'organizzazione.
Occorre adesso entrare nel merito della vicenda P2, che sempre dalla Anselmi viene identificata
come divisa in due fasi, la prima che va dal 1965 al 1974 e la seconda che va dal 1974 e prosegue
fino al 1981, anno di istituzione della Commissione P2.
87
CpiP2, Anselmi T., Relazione di maggioranza, p. 12.
88
«[Gelli] aveva conosciuto il gran maestro aggiunto avvocato Roberto Ascarelli nel cui studio a Piazza di Spagna si
riunivano personaggi importanti e massoni “coperti” di quel gruppo – allora denominato “Hod” – che altro non era
che una P2 ante litteram affidata alle cure dell’avvocato Ascarelli ed allargata ad altri “personaggi” più o meno
illustri» (Della Campa 1998, 134).
216
nonché quello di tenere i rapporti con le massonerie estere e, secondo vari testimoni, con la Cia»89.
Sarà lui a presenziare alle iniziazioni che si tenevano presso l'Hotel Excelsior e sarà ancora lui a
redigere la lettera con la quale Salvini eleva nel 1975 il Gelli alla dignità di Maestro Venerabile
della P2.
L'inserimento di Gelli nella loggia P2 ad opera di Salvini si accompagna ad una prima
ristrutturazione dell'organizzazione, realizzata al di fuori dell'ortodossia statuaria. Da un carteggio
Ascarelli-Gamberini90 risulta come Gelli fosse bravo a reclutare gente particolarmente qualificata.
Inizia così l'appropriazione personale della P2 e anche gli statuti vengono modificati: nonostante
questi non prevedano riunioni, Gelli dispone un calendario di incontri tra appartenenti allo stesso
settore di attività.
Un'azione di vasto respiro che porta avanti in piena intesa con la Gran Maestranza del Goi. La
Commissione ha i verbali di una di queste riunioni in cui si dibattono argomenti quali la situazione
politica ed economica italiana; la minaccia del Pci; la carenza di potere delle forze dell'ordine; il
dilagare del malcostume e della moralità; la posizione da tenere in caso di ascesa al potere dei
clerico-comunisti; i rapporti con lo stato italiano91.
La P2, nella prima fase, si muove ancora nell'ambito della tradizione massonica e conserva
sostanziali legami strutturali ed operativi con l'Istituzione. Ne è testimonianza il ruolo ancora
centrale del Gran Maestro nella gestione della loggia, pur se esercitato in codominio con Gelli. Ma
le iniziative di Salvini determinarono, sin dal primo momento, la reazione di un gruppo di dissidenti
interni che sotto la denominazione “massoni democratici”, raccolse la parte politicamente meno
retriva del Goi, conducendo una serrata battaglia contro la coppia Gelli-Salvini. I massoni
democratici si fecero portavoce di due iniziative: la prima incentrata in una tavola di accusa firmata
da Ferdinando Accornero, membro della Giunta esecutiva del Goi ed esponente di questo gruppo
minoritario. Il documento era relativo ad alcune affermazioni riferite da Gelli sul proprio potere di
ricatto nei confronti di Salvini, nonché delle proprie attività a danno dei partigiani: «Il Salvini
decise per un sostanziale non luogo a procedere, non ritenendo colpa massonica i fatti addebitati e
disponendo che gli atti del procedimento restassero nell’archivio personale del Gran Maestro»92. La
seconda iniziativa consisteva nella denuncia del “caso Gelli” effettuata dal Grande Oratore
Ermenegildo Benedetti, anche lui membro del gruppo dei “massoni democratici”, che rimase
anch’essa senza eco.
89
CpiP2, Anselmi T., Relazione di maggioranza, p. 13.
90
Ivi, p. 15.
91
Ivi, p. 16.
92
Ivi, p. 19.
217
Come scrive Pisanò nella sua relazione di minoranza, «Gelli era assolutamente convinto che
filosofia, spiritualità, ritualità e esoterismo fossero scarpe vecchie da relegare in soffitta. La
massoneria doveva tornare a essere un formidabile centro di potere occulto, capace di riunire gli
uomini che decidono della vita della Nazione sotto la volta stellata del tempio». A questo scopo
costituì un «curioso Raggruppamento Gelli/P2», che in pratica era la loggia Propaganda alla quale
«con raro senso di modestia» aveva aggiunto il suo nome, e mise la sede nello studio dell'avvocato
Ascarelli a piazza di Spagna. Il meccanismo P2, scrive Pisanò, funzionava alla perfezione e il Gran
Maestro, che avrebbe dovuto tenerlo in pugno e dirigerlo, non ne sapeva niente perché Gelli gli
comunicava solo i nomi che voleva lui. Ma a Gamberini stava bene così, «pago di sapere che un
fratello zelante e amico suo si desse tanto da fare per conquistare alla famiglia personalità illustri»93.
218
l’avanzata del Pci al governo del Paese.
Non è questa la sede per tirare le somme di un lavoro durato anni e che, d’altra parte, non è riuscito
a far luce chiara su nessuno degli eventi citati sopra. Qui interessa soprattutto il rapporto che la P2
ha avuto con i partiti politici, tenendo in considerazione come la P2 possa essere definita a tutti gli
effetti loggia del Grande Oriente d’Italia. In questo senso parlare di P2 sarà come parlare di Grande
Oriente d’Italia, anche se ovviamente occorrerà specificare chi, all’interno dell’Obbedienza, fosse
realmente a conoscenza della struttura e delle finalità di questa loggia.
Nelle conclusioni di maggioranza la Commissione sostiene che la loggia P2 è associazione politica
che non si pone il fine politico di pervenire al governo del sistema, bensì quello di esercitarne il
controllo. La ragione politica della P2 era il controllo anonimo e surrettizio delle sedi istituzionali e
non la loro conquista, attraverso l'inserimento in alcuni dei processi fondamentali dai quali l'azione
di governo nasce e attraverso i quali concretamente si dispiega.
La degenerazione partitocratica del sistema politico italiano – secondo la Anselmi – consiste nella
dislocazione del potere fuori dai luoghi costituzionalmente riconosciuti, quindi in centri interni ed
esterni, di carattere occulto, che tagliano trasversalmente gli stessi partiti.
Come ha scritto Galli (1998, 208), «L’obiettivo non è il colpo di stato, ma la stabilizzazione
imperniata sulla Dc […] non la repressione militare, quindi, ma un plebiscito stabilizzatore. È per
questo progetto che lavora Gelli, con l’avallo esplicito o implicito, dei vertici massonici. Una
soluzione reazionaria, ma non eversiva».
Nel 1975 viene redatto il Piano di rinascita democratica – o schema R – che registra una
conversione di rotta, delineando una strategia diversa di occupazione articolata del sistema, un
progetto di riforma delle istituzioni teso a sbarrare la strada ad una possibile ascesa al potere del Pci.
Tale ipotesi prefigurava una sostanziale limitazione delle libertà collettive, in particolare a discapito
dei movimenti sindacali, e l'instaurazione di una sorta di stato di assedio con eliminazione dalla vita
politica delle forze ritenute pericolose, con l'accentramento nelle mani di commissioni tecniche non
elettive di gran parte dei poteri del Parlamento.
Un anno dopo, con le elezioni del 1976, l'Italia subisce un mutamento profondo costituito dal ruolo
inedito che il Pci assume, anche per la condizione posta dal Partito socialista di non far parte di
alcuna maggioranza di governo che non includesse, in qualche modo, il Pci. In contemporanea, nel
1977 c'è la prima operazione di ricapitalizzazione del gruppo Rizzoli da parte della loggia P2 che
acquisisce, in questo modo, un primario strumento di formazione dell'opinione pubblica; Gelli
inoltre procede ad una selezionata acquisizione di uomini collocati in ruoli centrali e determinanti
della pubblica amministrazione, dei vertici militari, del mondo bancario e finanziario.
Secondo la ricostruzione di Galli, la Dc è incapace di diventare un serio perno di stabilizzazione in
219
grado di evitare una partecipazione del Pci al governo del Paese per tutto il decennio 1968-78, da
qui la possibilità di accrescimento del potere di Gelli che rafforza la P2 in due direzioni: «verso
l’affarismo speculativo, che il prolungarsi dell’incertezza politica favorisce e del quale “inizia” i
rappresentanti; e verso gli ambienti militari» (1998, 208).
Per quanto riguarda il Goi, nel 1974 questo delibera di prendere le distanze dalla P2 e dal suo capo,
infatti nella Gran Loggia di Napoli viene decretata la demolizione della P2. Ma il gran Maestro
Salvini, il 12 maggio 1975, decreta la ricostituzione della P2 stabilendo che essa non apparterrà per
il momento a nessun Collegio circoscrizionale dei Maestri Venerabili – come succede per ogni altra
loggia dell’Obbedienza, che fa capo ad una sezione regionale – e sarà ispezionata direttamente dal
Gran Maestro o da un suo delegato. Poi eleva Gelli alla carica di Maestro Venerabile94.
Quindi vediamo la presa di posizione dei Maestri Venerabili che votano l'eliminazione dal corpo
massonico della loggia P2, che si risolverà invece in una sua ristrutturazione il cui effetto sarà
quello di rendere ancora più riservata l'organizzazione. Come scrive Della Campa (1998, 127), la
reazione di Gelli alla notizia della sospensione della P2 per renderla regolare fu fortissima: «si dette
da fare in tutte le direzioni; minacciò fra l’altro, e fece sapere, che con i “suoi della P2” avrebbe
costituito […] una gran loggia monegasca, con “rappresentanza” a Roma [e] organizzò all’interno
stesso del Grande Oriente un’opposizione per ribaltare (od almeno fortemente condizionare) il
potere di Salvini». Questo fece sì che fino allo scioglimento ufficiale del 1981, coesistettero due
diverse logge P2 di cui una regolare, nello spirito originario per cui questa loggia era stata creata, e
formata da qualche decina di fratelli, che però – a detta di Della Campa – non funzionò mai. L’altra
loggia, invece, era la continuazione del raggruppamento P2 facente capo a Licio Gelli.
Intanto la stampa dà sempre più ampia e negativa risonanza alla P2, tanto che sarà lo stesso Gelli a
richiedere il provvedimento della sospensione dei lavori della loggia: la domanda venne infatti
accolta il 26 luglio 1976 e a Gelli venne comminata la sospensione dall'attività massonica per tre
anni. La sospensione di tre anni poneva una certa distanza tra Gelli e il Goi anche se, nella sostanza,
l'intreccio Salvini-Gelli-Gamberini continuava ad operare. Secondo gli statuti, quindi, si dovrebbe
fermare la storia della P2 al termine del 1976, ma vedremo come, in sostanza, i legami tra P2 e Goi
continuino poi a persistere.
Il 20 marzo 1979, infatti, Gelli scrive al nuovo Gran Maestro Battelli riguardo la P2, ancora attiva,
lettera che denota una continuità mai interrotta di rapporti col Goi. C’è poi un’altra lettera del 15
aprile 1977 dove Salvini parla a Gelli in merito a nuove affiliazioni; inoltre sia Salvini che Battelli
non cessarono di consegnare a Gelli tessere in bianco per procedere alle iniziazioni in autonomia,
94
CpiP2, Anselmi T., Relazione di maggioranza, p. 21.
220
iniziazioni che erano celebrate per lo più da Gamberini che, in qualità di ex Gran Maestro, poteva
partecipare ai lavori della Giunta direttiva del Goi. Ancora, nel 1980 Gelli invia al Goi 4 milioni di
lire quale versamento delle quote degli iscritti per il triennio precedente ed, infine, c'è la normativa
dell'autunno 1981 con cui il Goi fissa le modalità per il reinserimento degli iscritti alla P2 nel
circuito ordinario della vita massonica95.
In conclusione la relazione di maggioranza ritiene ragionevole precisare che «la sospensione
decretata nel 1976 rappresentò una più sofisticata forma di copertura, alla quale fu giocoforza
ricorrere perché Gelli e la sua loggia costituivano un ingombro non più tollerabile per l'Istituzione.
Si pervenne così al duplice risultato: di salvaguardare nella forma la posizione del Grande Oriente,
consentendo nel contempo a Gelli di continuare ad operare in una posizione di segretezza che lo
poneva al di fuori di ogni controllo proveniente non solo dall'esterno dell'organizzazione ma altresì
da elementi interni»96.
Come abbiamo visto, la loggia venne sospesa ufficialmente nel 1976 dal Goi; Gelli, tuttavia,
continuò le sue attività di promozione e di intrigo personale e sia Salvini che, successivamente,
Battelli continuarono a firmare le tessere dei membri della P2. Quindi i vertici della massoneria
emergono come profondamente compromessi con Gelli e la sua loggia, incapaci di fare alcunché
per evitare che le deviazioni, le azioni illegali e le aberrazioni crescessero all'interno della
massoneria. Al contrario, si legge nella relazione di Pisanò, l'acquiescenza, il compromesso,
l’omissione e spesso anche la connivenza hanno permesso a Gelli di trasformare la P2 nell'oscuro
centro di potere che ha causato disordini profondi.
95
Ivi, pp. 23-24.
96
Ivi, p. 25.
97
Ivi, p. 26.
221
loggia Propaganda, ma è stato lui a trovare nella segretezza e nella copertura della loggia una
funzione a lui congeniale.
Si è messo inoltre in risalto come vi siano stati rapporti di continuità tra Gelli e le tre Gran
Maestranze che si sono succedute nel periodo di vita della loggia P2, impersonate dalle figure di
Gamberini, Salvini, Battelli. Come visto, infatti, sembra ragionevole ritenere che la sospensione
della loggia P2 decretata dal Goi nel 1974 rappresenti una forma di copertura alla quale si ricorse
perché Gelli e la sua loggia costituivano un ingombro di cui doversi liberare, al fine di
salvaguardare il Goi e di consentire a Gelli di continuare ad operare in una posizione di ancora
maggiore segretezza.
Riporto le parole di Galli, riprese dall'intervista da me svolta, secondo cui i vertici del Goi fossero
probabilmente interessati ad aumentare il peso politico dell'Istituzione, senza tener seriamente conto
del grande attivismo di Gelli:
La massoneria, che aveva perso un'importanza politica dal dopoguerra italiano, era diventata anche
un'associazione di sostegno reciproco in alcune categorie professionali, tra i medici, tra i magistrati anche, anche
nelle forze armate, però non aveva un peso politico specifico e furono personalità di sicuro prestigio nella
massoneria come Gamberini e come Ascarelli che, incontrando Gelli che era personaggio di una piccola loggia
massonica, di fronte al problema di aumentare il peso specifico della massoneria, lui si impegnò a farlo, quindi ci fu
un accordo molto preciso. La loggia aveva il compito di aumentare il peso specifico della massoneria nel sistema
politico italiano, quindi io ho iniziato a interessarmene sotto questo aspetto, il peso politico che aveva, che strategie
aveva, il famoso Piano di rinascita democratica. […] Raffi dice “la P2 sta alla massoneria come le Br stanno al
Pci”, che è una fantasia del tutto infondata. […] Secondo me i vertici del Goi non si interessavano tanto del Piano di
rinascita democratica, si interessavano più che altro a una sorta di influenza parlamentare, quindi non credo fossero
informati nei dettagli della strategia di Gelli né del grado di ramificazione che l'organizzazione aveva assunto […]
credo che i vertici del Goi non abbiano tenuto conto dell'attivismo di Gelli […] si accontentavano di aumentare il
loro peso politico, che poi aumentare il peso politico volesse dire inserirsi in profondità in alcune situazioni di
potere […] [i vertici] non hanno partecipato a un progetto di carattere eversivo ma certamente hanno partecipato a
un progetto di carattere politico [Interv. Galli].
Come ebbe a scrivere Pisanò nella sua relazione 98, la stragrande maggioranza dei circa
cinquantamila massoni italiani appartenenti alle diverse comunioni non seppe mai nulla di quanto
bolliva nella pentola della P2, e non ne porta quindi alcuna responsabilità. La responsabilità di tutto
ciò appartiene indubbiamente a coloro che erano a capo dell'Ordine. Essi sono anche responsabili
per aver allontanato, espulso o imposto il silenzio a coloro che hanno denunciato gli scandali della
P2 e per non aver dissociato la massoneria regolare da quel fatale centro di potere.
Del resto, secondo Mola (2001, 768) il modo in cui si era formato il raggruppamento di Gelli non
deve destare molto stupore visto che la libera muratoria italiana, ciclicamente, era venuta meno a
molti dei dettami della tradizione universale massonica: «Quanti aderivano a quello che fu poi detto
“raggruppamento Gelli” vennero iniziati nella terra ove Frapolli fu elevato a Maestro massone il 27
98
CpiP2, Pisanò G., Relazione di minoranza, p. 83.
222
dicembre 1862 e due giorni dopo balzò al 33° e ultimo grado del Rito Scozzese, il ministro di grazia
e giustizia e leader democratico bresciano Giuseppe Zanardelli venne iniziato e creato 33° grado in
un sol tempo e per oltre un secolo molte altre personalità videro la Vera Luce in modo altrettanto
folgorante. Il modus operandi di Licio Gelli era dunque in sintonia con quello solitamente tenuto
dalla Massoneria italiana, ancora e sempre alle prese con l’annoso problema di dar vita a una
compagine di “uomini di Stato” in un paese dilaniato dalle fazioni partitiche. Gli inaffiliati
“all’orecchio” di Salvini non erano da meno – per rango pubblico e sociale – rispetto ai membri
della “P2”: e del resto per lungo tempo ne furono sodali».
In conclusione ho ritenuto opportuno arricchire queste considerazioni con le testimonianze dirette di
alcuni dei protagonisti della vicenda P2, contenute negli atti dei lavori della stessa Commissione,
soprattutto in riferimento ad aspetti quali: le anomalie della P2 rispetto alle altre logge del Goi;
quanto si sapesse nelle logge circa il reale funzionamento della P2; se esistessero delle opposizioni
interne all'Obbedienza; quali gli atteggiamenti dei vertici.
223
hanno rilasciato tessere firmate ma in bianco, compilate successivamente da Gelli col nominativo
del nuovo iniziato.
Benedetti, un altro componente dei “massoni democratici”, sostiene che un’ulteriore anomalia della
P2 riguardava la nomina dell’Ispettore, per la quale carica fu nominato l’ex Gran Maestro
Gamberini, che non avrebbe potuto fare l’Ispettore perché, per Costituzione massonica, l’Ispettore
doveva essere un Consigliere dell’Ordine e Gamberini non lo era101.
Quindi si tratta di aspetti che costituiscono anomalie anche nel caso di logge coperte come la P2
che, ricordiamo, in quanto loggia coperta, al tempo era del tutto regolare. Un altro elemento che mi
interessa verificare è quanto i membri dell'Obbedienza fossero a conoscenza di ciò che realmente
era diventata la P2.
Per quanto riguarda l’ipotesi secondo cui la vicenda P2 fosse conosciuta e avallata dai vertici
dell’Obbedienza – per alcuni solo dai Gran Maestri, per altri anche dagli altri membri della Giunta –
ma sconosciuta alla base, cioè ai membri delle logge sul territorio, riporto intanto la testimonianza
di Siniscalchi102 secondo cui il vero potere della massoneria è rappresentato dal Gran Maestro e dal
Gran Segretario. Solo i vertici, quindi, possono essere ritenuti corresponsabili, non la massoneria
intera: «Anche una base un pochino poco sollecita a documentarsi è certamente in parte
responsabile per ingenuità, ma i vertici ne sono parimenti responsabili: gli attuali come i precedenti,
almeno da 13 anni a questa parte».
E ancora Siniscalchi prosegue dicendo che si poteva quasi giurare su una connivenza diretta dei
vertici con Gelli, almeno a partire dal 1968, salvo dover aggiungere che dal 1968 al 1971 la base
non sapeva niente di Gelli, «ma il vertice, concentrato nella persona del Gran Maestro Salvini, tra il
1969 e il 1970, già era connivente con Gelli […]. Con questo, arrivare ad estendere questa
connivenza a tutta la massoneria italiana, mi sembra un assurdo, perché direi che è un confondere
quella che può essere la responsabilità di una dirigenza con quella che può essere la più o meno, se
vogliamo, scarsezza di informazione o ingenuità»103.
Come ebbe a dire Benedetti all’interno della massoneria non si facevano i nomi della P2, anzi
quella lista era la cosa custodita più gelosamente di tutte: «Addirittura noi avevamo appreso
attraverso una circolare di Gelli che anche gli schedari di quella Loggia erano stati messi in codice,
proprio per garantirne la segretezza»104.
Quindi la base viene sostanzialmente dipinta come poco informata, poco desiderosa di informarsi e
101
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 19 gennaio 1982, p. 544.
102
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 12 gennaio 1982, p. 452.
103
Ivi, p. 478.
104
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 19 gennaio 1982, p. 543.
224
ingenua, un elemento periferico composto da «massoni normali», che svolgevano i loro lavori
lontano dai clamori delle vicende di illeciti di cui penetrava notizia solo a livello dei vertici
nazionali. A tal proposito, nell’audizione del 19 gennaio 1982, Benedetti dice che fino al 1968-69
non si è occupato di P2 perché non ne sapeva molto, essendo ancora un «massone di periferia» 105:
«Pur essendo massone, ho fatto vita periferica dal punto di vista massonico. Poi, comunque, Gelli
apparteneva a una loggia che era per i massoni normali assolutamente segreta, per cui […] Gelli
non era mai stato conosciuto dalla base massonica»106.
Paolo Carleo, il massone che ha presieduto il Tribunale massonico di accusa su Gelli, sostiene che
al tempo il Tribunale non aveva il potere di andare a fondo alla questione P2. Infatti, per conoscere
gli elenchi e riuscire a capire in che modo la loggia si muovesse, era stato costretto ad aspettare la
pubblicazione dei documenti del Senato: «Io non volevo affatto dire che il Grande Oriente non ne
fosse a conoscenza, se per Grande Oriente intendiamo i vertici […]. Possiamo sapere ciò che si sa
dalla stampa, ciò che abbiamo appreso anche dai documenti parlamentari, per il resto – ripeto – non
siamo neanche riusciti a sentire Gelli»107.
Dobbiamo aggiungere qualcosa in merito al procedimento massonico di accusa su Gelli. Infatti, fu il
Collegio circoscrizionale di Lazio-Abruzzo a mettere sotto processo Gelli nel 1976, perché la loggia
P2 aveva sede in Roma e, secondo gli statuti del Goi, i fratelli di loggia vengono giudicati dal
tribunale di loggia, i Maestri Venerabili sono giudicati dai tribunali dei Collegi circoscrizionali e,
infine, i membri della Giunta e i consiglieri dell'ordine sono giudicati dalla Corte centrale. Essendo
Gelli il Maestro Venerabile della P2, toccava al Collegio di Lazio-Abruzzo istituire il procedimento
di accusa. Però, già prima della fissazione della prima udienza, la Corte centrale avocò il
provvedimento arbitrariamente ad opera del Gran Maestro Salvini.
In seguito a ciò, il Collegio circoscrizionale di Lazio-Abruzzo ritenne di non poter accogliere la
richiesta di avocazione avanzata dalla Corte centrale, stilando un documento di protesta approvato
con una trentina di firme dei Maestri venerabili del Collegio. Questo non servì a nulla perché il
Gran Maestro lasciò che il procedimento si svolgesse dinanzi alla Corte centrale: «Alla corte
centrale poi questo procedimento fu cumulato stranamente - cosa che non c'entrava affatto - con il
procedimento a carico di altri fratelli, tra i quali Benedetti, Siniscalchi, Minghelli. Quindi, non c'era
nessuna affinità, ma fu cumulato e la sentenza che formulò la Corte centrale mentre espelleva
alcuni, dava a Licio Gelli la censura solenne. Ora, è da notare che neanche in seno alla corte
centrale, pur avendo saltato il normale stadio del Collegio, il Salvini riuscì a far uscire impunito
105
Ivi, p. 551.
106
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 12 gennaio 1982, p. 560.
107
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 19 gennaio 1982, p. 588.
225
Licio Gelli [...]»108. La censura solenne, infatti, comporta l'esclusione dalla partecipazione ai lavori
massonici per un periodo non superiore ad un anno, nonché l’interdizione da qualsiasi carica per un
periodo minimo di tre anni. Gelli, ad ogni modo, non fu espulso.
Come ricorda Carleo, la Corte centrale viene attivata esclusivamente su iniziativa del Gran Maestro
quindi, al tempo, di Salvini e – degno di nota – è che la stessa Corte avrebbe dovuto prendere in
esame alcune tavole di accusa nei confronti di Gelli e di Salvini stesso.
La prima di esse era stata mandata dalla Giunta esecutiva del Grande Oriente ed accusava Salvini e
Gelli di aver rilasciato due interviste non autorizzate, quella di Gelli al Corriere della sera del 5
ottobre 1980 e quella di Salvini a Panorama del 20 ottobre 1980. La seconda tavola portava la firma
di alcuni Maestri Venerabili di Piombino che accusavano Gelli e Salvini di aver costituito un circolo
privato, denominandolo P2 e di aver utilizzato la carta intestata della massoneria all'Obbedienza di
Palazzo Giustiniani per fare pubblicità a questo circolo privato, rilasciando tessere con intestato il
nome dell'Obbedienza e generando confusione in coloro che venivano avvicinati109.
La mossa di avocare il procedimento alla Corte centrale pare sia stata attuata per far sì che il Gran
Maestro potesse far cadere parte delle imputazioni a suo carico. Come dice Carleo, nel momento in
cui la Corte ha redatto i capi di imputazione contro Salvini, quest'ultimo ha contestato alla stessa
l'abuso di potere in quanto una certa norma del regolamento della massoneria prevedeva che il Gran
Maestro non potesse essere processato dalla Corte centrale.
Nel 1976, infatti, il Consiglio dell'ordine, organo che affianca il Gran Maestro, aveva interpretato
non doversi procedere nei confronti dello stesso per qualunque cosa fatta da questi mentre era in
carica. In conclusione, quindi, la Corte stralcia dal procedimento a carico di Gelli e Salvini la parte
relativa a Salvini inerente alla P2, lasciando soltanto il problema dell'intervista110.
Per quanto riguarda Gelli abbiamo già detto come la censura solenne addebitatagli a fine processo
sia stata una mossa per salvare l'onore dell'Istituzione e consentire a Gelli, a tutti gli effetti, di
potersi occupare della loggia in maniera ancora più segreta. Come ha sostenuto l'ex Gran Maestro
Di Bernardo dopo un'audizione presso la Commissione antimafia, il processo a Gelli era stato una
«farsa», scaturito solo dopo l'istituzione della Commissione P2, principalmente perché «si volevano
acquisire titoli per essere eletti Gran Maestro. Bisognava dare un esempio eclatante buttando fuori
Gelli»111.
108
Ivi, p. 610.
109
Ivi, p. 580.
110
Ivi, p. 581.
111
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 187 di Martedì 31 gennaio 2017, p. 28. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=31&idCommission
e=24&numero=0187&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 24-05-2017].
226
Inoltre, dagli atti della Commissione, appare come il potere della Corte sia un potere, tutto
sommato, scarsamente efficace. La Presidente, infatti, in sede di audizione dice a Carleo che i capi
d'accusa nei confronti di Gelli erano piuttosto blandi a fronte delle notizie che stavano emergendo
dai giornali e del fatto che l'autorità giudiziaria profana si stesse già occupando di lui. Carleo
risponde che il tribunale massonico era chiamato a valutare «non tanto ciò che il Gelli, nel suo
circolo privato, ha fatto verso l'esterno e le eventuali reti che ha tracciato, connesso e stabilito. Noi
dovevamo, come giudici di una libera organizzazione, valutare esclusivamente le violazioni con
riferimento al nostro statuto ed al nostro regolamento [...]» aggiungendo che, comunque, la Corte
non aveva assolutamente il potere per andare a fondo a molte delle questioni per cui Gelli veniva
indagato in ambito profano. In questo senso, Carleo ricorda di aver dovuto attendere la
pubblicazione dei documenti del Senato per conoscere gli elenchi della P2 e sapere qualcosa in più
circa il reale funzionamento di questa loggia112.
La Presidente di Commissione, a questo punto, si dimostra scettica circa il fatto che nel Goi nessuno
sapesse niente degli elenchi e delle attività della P2. A ciò Carleo ribatte: «Io non volevo affatto dire
che il Grande Oriente non ne fosse a conoscenza se per Grande Oriente intendiamo i vertici»113.
La Anselmi, di conseguenza, chiede come sia possibile che la Corte non fosse a conoscenza di ciò
di cui erano a conoscenza i vertici dell'Obbedienza, se furono proprio questi ad istituire il tribunale
d'accusa contro Gelli. Carleo conclude rovesciando la responsabilità sui vertici stessi: «Noi abbiamo
tentato di appurare questi fatti; ricordo ancora che abbiamo interrogato il Gran Segretario Spartaco
Mennini, abbiamo interrogato in dibattimento Giordano Gamberini, abbiamo interrogato lo stesso
Gran Maestro […]. Questo significa che, se mi è stato dato questo tipo di risposta, è evidente che
su irregolarità commesse o su atteggiamenti tenuti in altre occasioni, assolutamente non ci hanno
riferito e detto altro»114.
Questo ci dà la misura di come, all'interno del Goi, i vertici avessero al tempo un ruolo tale da poter
cancellare imputazioni di accusa a loro carico e tenere celate delle informazioni preziose in sede di
processo massonico. Un potere che fa sì che ogni responsabilità sia poi fatta ricadere sugli stessi
vertici e fatta rimbalzare dagli stessi, come vedremo, di Gran Maestro in Gran Maestro.
Tornando al motivo che vede la base del Goi poco consapevole di ciò che accadeva nella P2, l’ex
Gran Maestro Battelli sostiene di come lui stesso non sapesse niente di questa vicenda prima della
sua elezione a Gran Maestro poiché era «semplicemente Maestro Venerabile di una piccola loggia
di Imperia, mi limitavo a fare il mio lavoro e non avevo a che fare con quello che potevano essere
112
Ivi, pp. 584-585.
113
Ivi, p. 587.
114
Ibid.
227
personaggi noti della famiglia. […] Sentii parlare, a chiacchiere di corridoio e di stampa, delle
vicende della Gran loggia di Napoli, dello scioglimento e della successiva riapertura [della P2]. Ma
erano più episodi sussurrati e mormorati che altro, tanto più che di ufficiale alla periferia non
arrivava». E conclude dicendo che la vicenda P2/Gelli era più una guerra tra Gelli stesso e gli
oppositori interni, i “massoni democratici”, che non qualche cosa che «dovesse interessare noi della
periferia»115.
Manlio Cecovini, esponente del Goi e Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico ed
Accettato, sostiene come secondo lui «999 su mille massoni ignoravano totalmente che ci fosse una
specie di bubbone a fianco»116.
Dall’audizione di Armando Corona, che sarebbe diventato Gran Maestro nel 1982, emerge come dal
1976, al momento della sospensione della loggia P2, ci sia un vuoto che arriva fino al 1981, «di cui
io sono convinto […] che qualcuno dovrà rispondere […]. Comprendiamo anche noi che è difficile
scindere questo legame [tra P2 e Goi], ma una cosa è se lei mi dice massoneria, una cosa se mi dice
i rappresentanti della massoneria, che sono anche individuabili» 117. A questo punto viene chiesto a
Corona se tutta la Giunta nazionale non fosse in qualche modo coinvolta nella vicenda P2, oltre alla
figura del Gran Maestro. Quando l’esponente della commissione, Francesco di Cataldo, dice:
«Voglio dire: non c’è il dittatore della massoneria!», Corona risponde: «Si, purtroppo c’è […], può
decidere senza sentire nessuno ed è appunto in virtù di questo che ha gestito le tessere, che le ha
riammesse, che le ha sospese, proprio perché la Costituzione gli dà questi poteri». Francesco di
Cataldo chiede poi a Corona se, secondo lui, Salvini o Gamberini iniziavano i personaggi presentati
da Gelli in modo abusivo; Corona risponde: «Abusivamente, secondo la mia interpretazione» 118. In
una successiva audizione Corona estenderà le responsabilità della vicenda a gran parte della Giunta,
aggiungendo che a conoscenza della reale fisionomia della P2 e dell’attività di Gelli fossero
Battelli, Salvini – i due Gran Maestri – e non potessero non esserlo il Gran Segretario e i due Gran
Maestri Aggiunti di entrambe le Gran Maestranze119.
Come ha scritto Galli, sono stati i vertici della massoneria a permettere a Gelli di farsi suo interprete
in situazioni politiche delicate, secondo un comportamento per il quale può valere il paragone con le
parole attribuite ad Agnelli quando Berlusconi decise di “scendere in campo” in politica:
«“Lasciamolo fare – avrebbe detto l’avvocato – se vince, vince per tutti; se perde, perde da solo. I
115
CpiP2, Vol. II, Allegati alla relazione, audizione del 29 gennaio 1982, p. 78.
116
CpiP2, Vol. XII, Allegati alla relazione, audizione del 13 ottobre 1983, p. 504.
117
CpiP2, Vol. III, Allegati alla relazione, audizione del 8 giugno 1982, pp. 856-857.
118
Ivi, pp. 851-852.
119
CpiP2, Vol. XII, Allegati alla relazione, audizione del 20 ottobre 1983, p. 582.
228
vertici massonici si sono comportati nello stesso modo con Gelli, lasciandolo fare, persuasi che, se
avesse vinto, avrebbe vinto anche per loro; mentre, se avesse perso, sarebbe stato lasciato solo
(come avvenne)» (Galli 1998, 214).
229
Circostanza – questa dei motivi futili di espulsione –, ribadita negli atti del procedimento massonico
svolto nel 1983 contro la loggia Giustizia e Libertà di Roma124, che mette ai voti la propria
dissoluzione in segno di protesta nei confronti dell’Obbedienza, in relazione alla vicenda P2. Uno
dei fratelli della loggia a prendere parola durante la riunione è Ettore Porco, il quale si dichiara
subito convinto dell’inutilità di qualsiasi tentativo dall’interno per ricondurre alle finalità
istituzionali la Comunione, poiché da diversi anni si è avuto modo di constatare come chiunque
assuma il potere agisca poi da despota, soffocando le varie voci di opposizione, espellendole,
isolandole o mettendole comunque in condizione di non disturbare 125. Il Maestro Venerabile della
stessa loggia dichiarerà come si continui ad assistere alla prassi di colpire fratelli, «solo responsabili
di non condividere supinamente le deviazioni del potere, con inconsistenti e pretestuose tavole di
accusa che speciali tribunali compiacenti […] trasformano in pesanti sentenze di condanna in
violazione […] di tutte le norme costituzionali e regolamentari della Giustizia Massonica, calpestata
e vilipesa in ogni suo aspetto»126.
Il gruppo dei “massoni democratici” non costituisce l'unica voce fuori dal coro. Dagli atti della
Commissione P2 emerge come vi siano altre logge, in particolar modo due, a sollevare proteste nei
confronti del Gran Maestro, di Gelli e della sua loggia. Angelo Sambuco, il segretario particolare
del Gran Maestro Salvini, il quale si dimetterà dalla carica per divergenza di vedute («Gli scrissi
una prima lettera il 18 giugno [1976], dicendo che era arrivato il momento in cui non vedevamo più
le cose alla stessa maniera; si accumulavano molti punti oscuri su cui io non ci vedevo chiaro e
siccome non condividevo la prosecuzione di questo stato di cose, lasciavo il posto» 127), era anche
Maestro Venerabile della loggia Adriano Lemmi di Roma all'interno della quale, per effetto di tutte
le vicende che si andavano accumulando nel fenomeno P2, «si era costituita una corrente di
opposizione a questo andazzo che porta a coagulare intorno ad alcuni argomenti un numero
considerevole di appartenenti alla Loggia»128. Nel 1977 Sambuco, per protesta contro la copertura
che il Grande Oriente e il Gran Maestro Salvini davano alla P2, fece votare una mozione per far
uscire la loggia Lemmi dal Goi. Tutti gli aderenti firmarono la mozione e uscirono dal Goi, tranne
quattro.
Prima ancora della loggia Lemmi ce n'era stata un'altra, la loggia romana Fratelli Arvali, che nel
1975 aveva votato il seguente documento: «La loggia esprime la sua affettuosa solidarietà [...] per
124
CpiP2, Vol. VI Tomo I, Allegati alla relazione, p. 407.
125
Ivi, p. 411.
126
Ivi, p. 413.
127
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 19 gennaio 1982, pp. 608-609.
128
Ivi, p. 490.
230
gli espulsi. Rileva, inoltre, che alla persona del Gran Maestro sono state mosse esplicite e pubbliche
gravi accuse dalle quali egli non si è giustificato né difeso. Ritiene, perciò, insostenibile la sua
presenza nell'alta carica e lo invita a trarne con la massima urgenza le logiche conseguenze»129.
Come si legge ancora negli atti della Commissione P2, questa loggia che, in sostanza, chiedeva le
dimissioni del Gran Maestro, non ebbe sorte migliore dei membri dei “massoni democratici”; infatti
fu messa sotto processo massonico e fu demolita, cioè furono espulsi tutti i fratelli componenti.
I vertici dell'Obbedienza, quindi, hanno il potere di mettere a tacere le opposizioni interne e di
gestire, in parte, anche i procedimenti della giustizia massonica, avocando processi dai Collegi
circoscrizionali alla Corte centrale, non collaborando nel fornire informazioni circa le vicende sotto
processo e auto-donandosi l'immunità, come abbiamo visto nel caso di Salvini.
Questo ribadisce la circostanza che vede ciclicamente infranto il rispetto del regolamento e della
costituzione del Goi. Questa è la stessa impressione che ha la Presidente della Commissione P2;
interessante, infatti, riportare le sue perplessità rivolte a Sambuco, in merito alle contraddizioni che
vedono, da una parte, vari gruppi all'interno del Goi muoversi e protestare contro il Gran Maestro,
Gelli e la P2 ma, dall'altra parte, il mantenimento di una situazione che vede il Gran Maestro
sostanzialmente impunito e Gelli che, nonostante la sospensione, prosegue la sua attività di gestione
della P2: «Noi, da quando sentiamo esponenti della massoneria, ogni qual volta ci imbattiamo su
Gelli, troviamo che tutte le regole della costituzione vengono infrante. Allora, vorrei chiedere il suo
giudizio: ma perché per Gelli tutte le regole vengono infrante? O Gelli dominava la maggioranza
della massoneria e delle logge, ma non si capisce allora perché, ad esempio, a livello
circoscrizionale tutti questi venerabili maestri abbiano firmato... Cioè, vi sono dei fatti
contraddittori: da una parte sembra che la massoneria regolare sia stata una cosa diversa, e anzi
abbia condannato Gelli ma, in tutti i procedimenti contro Gelli le costituzioni massoniche vengono
calpestate sempre per favorire Gelli [...]»130.
A questo punto Sambuco risponde nuovamente gettando ogni responsabilità sull'operato dei vertici
del Goi che, a suo parere, erano in combutta con Gelli: «Il potere, effettivamente, era nelle mani di
Gelli, e parlo del potere effettivo e concreto. Questo, per la semplice ragione che il vertice del
Grande Oriente era collegato con il potere di Gelli, ma non l'istituzione nel suo complesso. Infatti, i
documenti dimostrano, senza ombra di dubbio [...] che, ufficialmente, alla base, la loggia P2 è stata
gabellata per una loggia ordinaria […]. […] il vero potere concreto massivo, della massoneria, tutto
il senso del potere politico ed affaristico al quale mirava Licio Gelli, era esclusivamente incentrato
in questi personaggi, che prima furono Gamberini, Gelli, Ascarelli, poi fu Gamberini, Salvini, Gelli,
129
Ivi, p. 612.
130
Ivi, p. 614.
231
poi, recentemente, fu Salvini, Battelli, Gelli, e qualche altro»131.
5.3.3 Lo scaricabarile
Singolare notare come i tre Gran Maestri succedutisi durante il periodo in cui Gelli teneva le redini
della P2 (Gamberini, Salvini e Battelli) tendano – in modo più o meno esplicito – a scaricare l’uno
sull’altro ogni responsabilità. Salvini, in una audizione precisa che quando era Gran Maestro, per
esigenze del magistero per cui doveva girare il mondo e preoccuparsi di tante faccende, aveva
delegato molti compiti all’ex Gran Maestro Gamberini, tra cui quello di seguire le iniziazioni delle
persone che venivano presentate da Licio Gelli per essere ammesse all’interno della P2. In più
occasioni Salvini tenderà a ribadire la questione della delega: «I fratelli che venivano iniziati alla
mia memoria, come ho detto prima, venivano iniziati dal mio predecessore Giordano Gamberini, da
me delegato a questa funzione»132; «Ripeto, onorevole, che avevo delegato l’ex Gran Maestro
Giordano Gamberini, il quale potrebbe essere venuto a conoscenza o essere più preciso di me. Mi
sono veramente disinteressato di questo»133.
Battelli, in una audizione, parla della fiducia riposta nell’ex Gran Maestro Gamberini, ma lo fa
principalmente per deresponsabilizzarsi del fatto che, neanche sotto la sua Gran Maestranza, la P2
fosse stata regolarizzata. Battelli infatti sostiene di aver visto Gelli appena cinque o sei volte, e solo
per convincerlo a regolarizzare la sua posizione, cioè riportare tutti i nominativi della Loggia P2 e
tutti i fascicoli relativi alla sede del Goi, affinché le posizioni degli iscritti venissero finalmente
regolarizzate dopo che di fatto la P2 era stato formalmente sospesa: «Mi veniva mostrato un elenco
di persone che erano state già iniziate a tutti gli effetti dal Gran Maestro Gamberini. […] Io mi
fidavo e dovevo fidarmi di quello che aveva fatto Gamberini»134. Gamberini, a sua volta, fa presente
che, per quanto riguarda le iniziazioni dei fratelli della loggia P2, le tessere in bianco erano state da
lui ritenute regolari perché portavano la firma di Salvini, il Gran Maestro in carica che aveva
delegato Gamberini alle iniziazioni: «Non erano tessere intestate alla “P2” e perciò non ho avuto
dubbi sulla regolarità del comportamento di Gelli»135.
Dal canto suo, Spartaco Mennini, allora Gran Segretario, addossa la responsabilità delle tessere
rilasciate in bianco a Battelli e Salvini: «Se il Gran Maestro Ennio Battelli o il Gran Maestro Salvini
hanno lasciato tessere, hanno iniziato persone, hanno fatto diventare qualcuno massone, gli hanno
131
Ibid.
132
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 12 gennaio 1982, p. 398.
133
Ivi, p. 434.
134
CpiP2, Vol. II, Allegati alla relazione, audizione del 29 gennaio 1982, p. 89.
135
CpiP2, Vol. VI Tomo XI, Allegati alla relazione.
232
rilasciato dei certificati, lei non troverà che questi certificati sono stati registrati al Grande Oriente
d’Italia, non portano la firma Spartaco Mennini»136.
Interessante notare come questo atteggiamento “di additamento” reciproco si riscontra, in termini
generali, anche quando un (ex) Gran Maestro parla di un suo predecessore o successore in relazione
ad altre questioni, come ad esempio la campagna elettorale sostenuta per la propria elezione.
Battelli, parlando del suo successore alla carica di Gran Maestro, Armando Corona, sostiene come
«nei miei ambienti si diceva che c’era molta politica dietro Corona» 137. La battaglia che lui –
Battelli – condusse era per tenere la massoneria il più possibile fuori dalla politica, mentre nel caso
di Corona subentrava una qualificazione politica molto precisa. Va qui ricordato che Corona, eletto
Gran Maestro nel 1982, è stato Presidente del Consiglio regionale della Sardegna nel 1979 e,
successivamente, vice segretario del Partito Repubblicano Italiano. Infatti Battelli ribadisce il
concetto dicendo che la propria campagna elettorale per essere rieletto era la più povera, tant’è vero
che non era uscito vincitore: «Comunque, se le altre avevano lobbies, la mia assolutamente,
purtroppo no. Il sospetto che ci fosse un impegno politico dietro alcune, questo fu denunciato da me
parecchie volte, anche perché uno si presentava [Corona], ripeto, come esponente di un partito di
governo, e un partito in quel momento fortemente incisivo»138.
Lo stesso Gamberini parla di Salvini dicendo che quando fu eletto alla Gran Maestranza fece
precedere la sua elezione da una campagna elettorale molto vasta e dispendiosa, tanto da pensare a
finanziamenti di personaggi molto influenti: «Sono perciò convinto che altre persone abbiano
abbondantemente finanziato la sua propaganda. […] Salvini intendeva portare i massoni da
settemila, come glieli avevo lasciati io, a centomila; per fare questo occorrevano forti disponibilità e
so che Salvini si presentò all’avvocato Agnelli» 139. Gamberini, in generale, non ha buone parole nei
confronti di Salvini; parlando, infatti, della circostanza dell’affidamento da parte di Salvini della
loggia P2 a Gelli, dice: «Ciò penso sia dipeso dalla inesperienza del fratello Salvini eletto Gran
Maestro nonostante non avesse una grossa preparazione ideologica massonica».
233
collegarsi agli scopi profani che si prefiggeva, bensì ad «irregolarità massoniche» 140. Anche l’attuale
Gran Maestro del Goi, Stefano Bisi, alla mia domanda sul perché negli ultimi anni alcune logge
calabresi sono state demolite, risponde: «[...] non svolgevano i lavori nella maniera corretta da un
punto di vista rituale». Di solito, con queste espressioni, ci si riferisce ad irregolarità come la
mancata trascrizione dei verbali di loggia, la mancata comunicazione di luoghi e orari di riunione e
altri aspetti che riguardano la vita amministrativa di una loggia. Ovviamente, in casi come quello
delle logge calabresi demolite – di cui tratterò successivamente – e, ancor di più, della P2, parlare di
semplici irregolarità massoniche appare fuorviante e alquanto riduttivo.
La debolezza di Salvini nella veste di Gran Maestro possiamo dedurla dalle sue stesse
testimonianze, allorché tende a ribadire come il suo rapporto con Gelli non fosse un rapporto di
pace, piuttosto «uno stato di non guerra»141: «Volevo evitare, però, che nel mio governo nascesse
un’altra massoneria importante [quella che faceva capo a Gelli] o che questa gente prendesse la
fuga per altre parti»142. Leggiamo ancora: «Non avendo io i razzi o le bombe atomiche per poter fare
la guerra, ho adottato un atteggiamento diplomatico […] cercando di non offenderlo
massimamente»143; «Io cercavo di vivere come lo struzzo, con la testa nella sabbia» 144. Quando gli
viene chiesto perché non abbia mai querelato Gelli, lui risponde di aver constatato che querelare è
una cosa impossibile perché spesso vuol dire «dar fuoco ad una polemica che non si arresta più. Io,
da parte mia, anche per consiglio di alcuni amici che stimavo, sono stato zitto».
Il modo stesso in cui Salvini parla dei suoi «nemici», i cosiddetti «massoni democratici» denota un
atteggiamento per lo più vittimista: «Ho governato sempre con una percentuale del 70-95 per cento;
avevo venti avversari, proprio venti, ventuno, ma mi ero scelto venti avversari così accaniti che di
questa avversione hanno fatto una professione, lo scopo di tutta la loro vita». Prosegue, rivolgendosi
ai commissari, che in nessuno dei loro partiti sarebbe stato ammissibile quello che è successo nel
Goi, ossia che un iscritto attaccasse il vertice rivolgendosi ai giudici anziché ai probiviri del partito
stesso.
La debolezza del personaggio è rivelata anche dalle testimonianze di altri. Siniscalchi sostiene come
Salvini abbia cercato di liberarsi di Gelli nel 1974 non per un atto di coraggio, onestà e buon senso,
ma perché in quell’epoca lui e gli altri del gruppo degli oppositori avevano già fatto filtrare
qualcosa alla stampa e quindi Salvini «ne vedeva la pericolosità, [...] non perché non conoscesse
140
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 12 gennaio 1982, p. 380.
141
Ivi, p. 384.
142
Ivi, p. 406.
143
CpiP2, Vol. V, Allegati alla relazione, audizione del 3 agosto 1982, p. 222.
144
Ivi, p. 232.
234
Gelli e quello che fosse Gelli, ma perché ormai questo diventava un fatto pubblico» 145. Aggiunge
poi che Gelli teneva in pugno Salvini attraverso il ricatto perché aveva informazioni sulla sua
persona che avrebbero potuto provocargli problemi.
Un leader facilmente ricattabile, va da sé, diventa anche un leader piuttosto debole. L’elemento
della ricattabilità affiora anche dalle parole di Benedetti allorché sostiene come Salvini non fosse
libero di dirigere la massoneria come avrebbe dovuto, «perché se poteva essere ricattato dal Gelli è
evidente che non era in grado di agire liberamente»146.
Un altro massone ascoltato dalla Commissione, Roberto Fabiani, sostiene come la massoneria che
contasse fosse quella di Gelli e non quella di Salvini: «Salvini era a capo di una massoneria di serie
B e cercava disperatamente di farsi una massoneria di serie A, senza riuscirci perché quello [Gelli]
lo teneva sotto, lo ricattava, lo minacciava»147.
La poca autorevolezza di Salvini emerge anche dalla circostanza della sospensione della loggia P2
attuata nel 1976 che, da molti, è ritenuta una manovra studiata a tavolino per consentire al Goi di
riacquisire una facciata di onestà e consentire alla P2 di poter agire ancor più segretamente. Come
ebbe a dire Bricchi, massone democratico, «il cosiddetto scioglimento del 1974 è una burletta […]
non successe niente perché Gelli, non so, ci rise sopra forse, non successe niente, Gelli continuò a
gestirsi bellamente la P2»148. Anche Benedetti sostiene come tutta l’operazione fosse una manovra
di facciata e come le varie «sospensioni, demolizioni, eccetera sono state tutte finzioni, tanto è vero
che nel 1976, quando la loggia avrebbe dovuto essere sospesa, i Grandi Maestri gli consegnavano [a
Gelli] le tessere in bianco per i nuovi iscritti»149. Lo stesso Corona, che ricordiamo era succeduto a
Battelli nella carica di Gran Maestro, alla domanda «Si ammette quindi che la prima sospensione
della loggia P2 era solo fittizia […] e con la complicità di Salvini?», risponde «Certo»150.
Salvini non è la sola figura di leader debole ad emergere. Battelli, in una audizione, giustifica il
silenzio tenuto anche dalla sua Gran Maestranza sul caso Gelli/P2 sostenendo come, in quel
momento, andare a rinfocolare le polemiche sulla P2 significasse aumentare le difficoltà che già lui,
in qualità di Gran Maestro, aveva: «Infatti, significava ancora una volta riportare all’onore della
stampa quello che si doveva – come posso dire? – acquietare, ed io dovevo riportare i
riconoscimenti [delle massonerie estere] in Italia, significava incrementare quella forza
145
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 12 gennaio 1982, p. 448.
146
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 19 gennaio 1982, p. 557.
147
CpiP2, Vol. XII, Allegati alla relazione, audizione del 29 settembre 1983, p. 103.
148
CpiP2, Vol. I, Allegati alla relazione, audizione del 19 gennaio 1982, p. 504.
149
Ivi, p. 545.
150
CpiP2, Vol. XII, Allegati alla relazione, audizione del 28 marzo 1982.
235
scissionistica che si era manifestata per il Rito Scozzese, e quindi in quel momento non era, per me,
la cosa più importante»151.
Spartaco Mennini, l’allora Gran Segretario, dice che il Goi si è occupato tardivamente della
questione P2 perché se persino il Governo italiano, nell’espressione dei partiti di maggioranza,
continuava a dare il suo «gradimento» a Gelli, perché non avrebbero dovuto farlo loro come Goi:
«Perché il Governo italiano che lo aveva accreditato non gli tolse il gradimento? Il Governo italiano
gli ha lasciato questo gradimento e noi altri cosa dovevamo fare? Era contento il Governo italiano…
a maggior ragione dovevamo esserlo noi. Non le pare?»152.
Quello della P2 è un caso emblematico per capire come i rapporti con il mondo profano e, in
particolar modo, col mondo politico, si siano mantenuti all'interno del Goi anche successivamente
alla perdita di gran parte del suo ruolo politico avvenuto, come abbiamo visto, in conseguenza di
alcuni fattori come l'allargamento del suffragio a tutti gli uomini e, solo successivamente, anche alle
donne e la nascita dei grandi partiti di massa nei primi decenni del Novecento. La vocazione poco
iniziatica di parte dei membri dell'Obbedienza, quindi, non è mai venuta meno.
Interessante, a questo punto, è stato valutare quanti membri del Goi fossero a conoscenza dei
rapporti che la P2 intesseva con vari settori del mondo profano. In questo senso, affiora l'immagine
di una grande fetta di fratelli massoni – generalmente quelli dislocati nelle logge locali, privi di
cariche a livello nazionale – ignara e poco desiderosa di sapere, a ribadire una sorta di autonomia da
parte delle singole logge e di parziale distacco da ciò che accade a livello centrale. Esistevano
opposizioni interne che, però, sono state messe a tacere con sospensioni ed espulsioni, senza che di
fatto questo sortisse effetti troppo negativi all'interno dell'Obbedienza come, ad esempio, scissioni
importanti. I tre Gran Maestri che si sono succeduti nel periodo in cui Gelli era a capo della P2,
emergono come leader deboli che non perdono occasione per scaricare ognuno le responsabilità
sull'altro; inoltre, soprattutto Salvini, appare come un capo corruttibile e facilmente ricattabile.
Tutto questo ci riporta a considerare l'analisi che ho fatto precedentemente riguardo all'assenza di
potere carismatico da parte del capo dell'Istituzione, un potere che non gli viene riconosciuto dalla
gran parte dei membri del Goi e che, invece, pare ricadere sull'Obbedienza considerata nel suo
insieme.
Di seguito, illustro le posizioni che i massoni intervistati per questa ricerca hanno assunto nei
confronti della vicenda P2. Come accennato, nonostante di primo acchito i miei interlocutori
tengano a prendere le distanze dalla vicenda, in molti casi si registra la tendenza a minimizzare
151
CpiP2, Vol. II, Allegati alla relazione, audizione del 29 gennaio 1982, p. 110.
152
CpiP2, Vol. II, Allegati alla relazione, audizione del 18 febbraio 1982, pp. 611-612.
236
l'accaduto, sottolineando il fatto che nessuna condanna è mai stata emessa e che, anzi, un gruppo di
potere così importante all'interno dell'Obbedienza poteva essere visto di buon occhio nei termini di
un'élite avente come scopo una buona gestione della cosa pubblica.
No, noi non sapevamo nulla […] operava ancora il discorso dei discorsi all’orecchio del Gran Maestro […] e i
discorsi all’orecchio sono all’orecchio di chi sente [Interv. 26, 70, Calabria].
Niente… almeno io sono il poveraccio, persona semplice, non si sapeva assolutamente niente. […] mai fatto il
nome di Gelli, almeno nella mia loggia mai fatto [Interv. 1_ex, 65].
Un ex massone da me intervistato sostiene, invece, di essere stato al corrente che esistessero logge
coperte nel periodo in cui frequentava l’Obbedienza, dall’inizio degli anni Settanta fino al 1982:
Sapevo che c’erano logge coperte perché c’erano due giovani, uno che faceva parte della Polizia di Stato, un altro
dell’Arma dei Carabinieri, e questi erano più informati di altri perché, per il loro lavoro stesso… per cui, siccome
era in termini di amicizia, venivo a sapere le cose, che esistevano queste logge coperte, così come i massoni coperti,
completamente ignoti anche ai fratelli massoni ma noti solo al Gran Maestro del Grande Oriente [Interv. 2_ex, 74].
Riguardo alla responsabilità dei tre Gran Maestri coinvolti nella vicenda, l'attuale Grande Oratore si
sente di assolvere in pieno Gamberini che, a suo dire, «era un grande idealista e secondo me l'hanno
fatto su... Gamberini non aveva interessi», mentre fa ricadere alcune responsabilità su Battelli e
Salvini che si sono fatti coinvolgere dal potere. Come mi ha detto durante l'intervista:
Battelli e Salvini, secondo me, erano un pochettino più coinvolti... certo si sono trovati uno strumento autorevole,
uno strumento di collegamento, con uno come Gelli che sicuramente i rapporti internazionali li aveva […]. Le
seduzioni del peccato ci sono nella Chiesa ma ci sono anche nella massoneria. [Battelli e Salvini] forse si sono
lasciati un po', come dire, coinvolgere da questo monopoli della politica, come lo chiamo io... oppure, se vuole
l'altra versione, non erano sufficientemente consapevoli del ruolo esoterico che come Gran Maestri incarnavano e si
sono lasciati prendere dalle ambizioni del potere, magari esercitato a distanza o indirettamente, visto che non
partecipavano direttamente [Interv. 2, Bonvecchio, GO].
Nonostante da più voci emerga come i vertici del Goi dovessero essere a conoscenza del fenomeno
(«Questa era una loggia riservata, che non doveva sapere […] no, delle tessere date in bianco l’ho
appreso dopo, nessuno sapeva queste […] era nota al Gran Maestro del tempo […] che ne sapevano
237
gli altri che questo dava le tessere!» [Interv. 24, 80, Calabria]; «Ma secondo lei un Gran Maestro
che sta a Roma non sapeva che all’Excelsior Gelli riuniva tutti quei personaggi?» [Interv. 26, 70,
Calabria]), tutto sommato si tende a non posare gravi responsabilità sulle loro spalle. Lo stesso
Grande Oratore, pur addebitando alcune responsabilità a Battelli e Salvini, alla fine sostiene che
questi esercitassero la loro influenza a distanza o indirettamente.
In generale, ho riscontrato la tendenza a ritenere che se qualche errore da parte dei vertici è stato
commesso, non è stato commesso in cattiva fede o per perseguire fini profani, essendosi trattato per
lo più di un caso di poca vigilanza e di molta delega:
[La questione loggia P2] era nota al Gran Maestro del tempo, gli altri potevano non sapere… […] anzi Battelli
che era un generale dell’aviazione in coscienza era una persona molto perbene, è stato uno dei migliori, ma tutti,
Salvini, Gamberini… [Ma qualche responsabilità a queste tre figure di Gran Maestri non se la sente di darla?] Ma
forse un po’, credo, buona fede penso io, non pensavano mai che la cosa potesse degenerare [Interv. 24, 80,
Calabria].
In linea con questo, alcuni intervistati tengono a precisare come il Goi avesse deciso di demolire la
loggia P2 ben prima che la magistratura e la Commissione parlamentare iniziassero a
interessarsene:
Le dicevo a Napoli dieci anni prima che lo Stato italiano si interessasse della P2, abbiamo votato per lo
scioglimento perché siccome vedevamo che la loggia era sfuggita al controllo diretto del GM del tempo, Ennio
Battelli, perché si davano a Gelli le tessere in bianco, allora noi abbiamo votato per lo scioglimento immediato, 10
anni prima che lo Stato si interessasse alla P2 [Interv. 24, 80, Calabria].
Prima ancora di tutte le sentenze che poi molte voglio dire, si chiusero senza condanne senza altro, fu l’istituzione
per prima a muoversi e a mandar fuori Licio Gelli, quindi… nel momento in cui venne alla luce qualche cosa che
con l’istituzione non aveva niente a che fare insomma… [Interv. 30, 57, Calabria].
Il problema è stato evidenziato prima dalla massoneria e poi dai media e dalla magistratura, perché noi abbiamo
espulso la P2 dalla massoneria regolare prima che cominciasse lo scandalo stesso [Interv. 1, Rosso, GMA].
Abbiamo visto come, in realtà, la volontà di demolizione della loggia sia nata in seguito
all’emergere della vicenda sulla stampa. Ma soprattutto, dalle analisi della Commissione sulla P2 e
dalle testimonianze raccolte dalla stessa, viene fuori come quella famosa demolizione del 1974
fosse stata una mossa strategica messa in atto dai vertici del Goi e che mirava a due obiettivi
principali: rendere la P2 più segreta perché meno controllabile e cercare di tutelare il Goi
fornendogli un’immagine più onesta e pulita.
In linea generale, dalla gran parte delle interviste emerge come all’interno dell’Obbedienza vi sia
una «massoneria sana» che si contrappone a delle realtà marginali definite come «deviate», «cattiva
massoneria», il caso delle classiche «mele marce». Un’altra contrapposizione ad emergere, e che è
già stata presa in considerazione nella prima parte della ricerca, è come la loggia sia sovrana, in sé
238
autonoma, e costituisca qualcosa di distante e diverso dal centro dell’Obbedienza, quel vertice che
ha carattere politico-amministrativo:
La loggia è il cuore pulsante, la cosa è questa, dipende di cosa ti interessi. A me la politica non interessa […] è
una parte che esiste, c’è, ne sento parlare, serve, ha una sua utilità, però non è quello che mi interessa [Interv. 10,
32, Piemonte].
Quando da Istituzione iniziatica, cammino iniziatico, vuoi diventare organizzazione col suo peso sociale e
politico, se ti scappa la mano… per diventare sociale e politico puoi anche adottare comportamenti sbagliati [Interv.
7, 55, Piemonte].
D’altra parte, il fatto che la loggia sia sovrana può comportare anche la difficoltà, da parte
dell’Obbedienza, di controllare ogni singola loggia sul territorio. Un intervistato mi ha detto come,
soprattutto per alcune logge di provincia, possa essere facile condurre dei lavori che esulano un po’
dalle regole massoniche, sfuggendo ai controlli:
È già molto difficile gestire quelle che sono le logge ufficiali, nel senso che ogni tanto c’è qualche loggia che
rimane un po’ staccata, soprattutto logge di provincia […]. C’è una figura, quella dell’Ispettore, che viene e
controlla che i lavori vengano fatti nel più regolare modo possibile, ma a meno di grosse imprecisioni, grossi errori,
grosse cose negative, non viene bacchettando […]. Mi immagino la gestione di, anche solo di tutto il Piemonte […]
la gestione delle logge coperte credo sia una cosa impossibile [Interv. 11, 40, Piemonte].
Occorre qui dire che il ruolo dell’Ispettore risulta quantomeno controverso poiché mi è stato più
volte riferito come lo stesso avverta la loggia ogniqualvolta decida di recarsi in visita. In più, la
maggior parte dei fratelli – se non tutti – sanno chi sono gli Ispettori perché sono cariche elettive,
per cui appena quel fratello entra in loggia, eventualmente anche senza preavviso, i fratelli della
loggia possono decidere di svolgere i lavori seguendo la più accorata ritualità.
Riporto, a questo proposito, un pezzo di un'intervista svolta con un fratello che mi dice che, nella
sua loggia, a differenza delle altre, si lavora con la bellezza attribuita al Secondo Sorvegliante e la
forza attribuita al Primo Sorvegliante. Senza entrare nel merito della simbologia del rituale
massonico, posso dire che servono deleghe speciali per poter apportare modifiche allo stesso. In
questo caso l'intervistato mi dice che la sua loggia ha fatto una richiesta di autorizzazione agli
organi centrali che, però, in 35 anni non hanno mai risposto. Nonostante ciò, loro continuano a
lavorare in questo modo. Chiedo allora se un Ispettore possa, eventualmente, creare problemi
qualora dovesse assistere ad una tornata rituale:
I: Ah si si noi lo diciamo tranquillamente, stasera abbiamo l’Ispettore, ma lo sa che lavoriamo in questo modo, ma
nessuno ci ha…
239
I: Si si si… non c’è mai l’improvvisazione così, l’Ispettore per educazione ti telefona e ti dice “Questa sera sono
da voi”… [Interv. 15, 60, Piemonte].
Qualche intervistato dice che probabilmente qualcosa di simile alla P2 «agli alti livelli» possa
esistere ancora, che in fondo nell’Obbedienza «girano molti soldi» e dove ci sono soldi si creano
anche poteri più o meno occulti:
Secondo me può essere che esista ancora, agli alti livelli esiste ancora, non spudorato com’era stato negli anni
Settanta, però siamo uomini, purtroppo alcuni legati al denaro in modo spudorato [Interv. 12, 52, Piemonte].
Lo vedo in tutte le logiche di potere, si diventa un club elitario, si cerca di stare in quel club e non si vuole andare
via, e la P2 era questo [Interv. 8, 36, Piemonte].
[Sulla P2] secondo me esiste ancora da qualche parte, non so dove, ma in Italia funziona così, lo sappiamo tutti.
Quel giorno abbiamo additato la massoneria perché qualche centinaio di nostri colleghi si erano celati dietro quel
nome e oggi saranno chissà dove celati [Interv. 17, 43, Piemonte].
Com’è intuibile, non si parla mai in termini concreti e provati, però emerge dalle voci degli
intervistati come, generalmente, in Italia funziona così:
La P2, dal mio punto di vista, è un fenomeno che non poteva che capitare all’interno della massoneria italiana,
ma proprio per questa funzione storica della massoneria italiana che dall’Unità italiana in avanti ha voluto avere un
ruolo politico e sociale decisivo [Interv. 7, 55, Piemonte].
Questo aspetto verrà ripreso nell’ultima parte della ricerca dedicata alla recente demolizione di
alcune logge in Calabria per presunte infiltrazioni malavitose. Per questa vicenda, alcuni dei fratelli
intervistati in Piemonte sostengono come certe cose sia facile che accadano in Italia, soprattutto in
regioni come la Calabria e la Sicilia, dove «il tessuto è quello e le persone sono le stesse, in tutti gli
ambiti» [Interv. 5, 42, Piemonte].
In generale quella che ha coinvolto Gelli e la P2 è ritenuta una vicenda negativa perché ha infangato
l’immagine dell’Istituzione, però non emergono grosse critiche né nei confronti della loggia P2 né
del suo “capo”, appellandosi gli intervistati al fatto che, comunque, nessuna condanna è stata
emessa153:
Ritengo che [la vicenda P2] sia stata una grandissima montatura. La Commissione Anselmi chiuse l’inchiesta
senza mandare nessuno a giudizio [Interv. 6, 61, Piemonte].
Non sto sdoganando la P2, assolutamente, però mi chiedo: per quale motivo le sentenze della P2 sono state tutte
153
Ricordo che la procura della repubblica di Roma iniziò un procedimento contro Licio Gelli ed una ventina di
persone ritenute affiliate alla P2; dopo un’inchiesta durata circa dieci anni, nel 1991 il giudice istruttore presso il
tribunale penale di Roma chiese il rinvio a giudizio di Gelli e degli altri con i capi d’accusa, tra gli altri, di
cospirazione politica e associazione per delinquere. Il processo durò un anno e mezzo e la Corte di assise di Roma
decise l’assoluzione per tutti gli imputati. Successivamente venne rigettato l’appello e nel 1996 la seconda sezione
della Corte di assise di appello di Roma confermò la sentenza di primo grado.
240
di assoluzione? [Interv. 11, 40, Piemonte].
Conosco la storia ma un’idea non ce l’ho perché se ne dicono talmente tante che preferisco non approfondire…
però non c’è stata nessuna condanna [Interv. 16, 55, Piemonte].
Anche se in effetti lo Stato italiano contro Gelli cos’ha trovato? Nulla [Interv. 24, 80, Calabria].
Prima ancora di tutte le sentenze che poi molte, voglio dire, si chiusero senza condanne, senza altro… [Interv. 30,
57, Calabria].
Vorrei ricordare una cosa: sulla P2 non c'è stata una sola condanna... e quindi tutto ciò che è nato intorno alla P2
non ha portato neanche alla constatazione di un reato se non sul piano personale del signor Licio Gelli [Interv. 1,
Rosso, GMA].
La vicenda che coinvolge la loggia P2 viene, in gran parte, minimizzata o addirittura concepita
positivamente per certi aspetti:
Ho letto che è stata creata questa loggia Propaganda 2, con massone Venerabile Licio Gelli […] con altre cose
particolari che ho letto sui libri, che suonano particolarmente strane, in cui c’erano dei papaveri italiani che
volevano fare un colpo di Stato [Interv. 10, 32, Piemonte].
Io ho letto i programmi della loggia P2 […] dici: ma era tutta questa la grande situazione? Io non ho trovato una
cosa che sia contra legem […]. Se ci fosse veramente un gruppo, e questa dovrebbe essere la finalità della
massoneria… di, fra virgolette, dare delle dritte al mondo, alla società, per avere una società migliore […] secondo
me non c’è niente di male, anzi [Interv. 14, 50, Piemonte].
Mah Licio Gelli era uno che aveva una visione, certamente ha portato la massoneria verso una situazione non
piacevole, ma poi le cose si stanno realizzando… la società liberale, il liberismo, il loro pensiero, queste cose si
stanno realizzando in qualche modo, ma non perché le ha pensate Licio Gelli, ma perché sono indispensabili a
questa società, per lo meno dal nostro punto di vista di società [Interv. 15, 60, Piemonte].
La P2 forse erano degli sprovveduti che immaginavano di essere i generali delle giovani marmotte [Interv. 2,
Bonvecchio, GO].
L’aspetto che sembra stare più a cuore rispetto alla vicenda è il non rispetto della riservatezza che
c’è stato nei confronti dell’Obbedienza, che ha visto pubblicati gli elenchi dei suoi iscritti:
Se io, o te, o qualunque cittadino… voglio sapere se una tua amica è iscritta alla Cgil, al Pd […] vado nella sede e
chiedo “La tale signora nome e cognome, voglio sapere…” […] ti dicono “Beh, fatti suoi!” e non te lo dicono. […]
va tutelata la libertà di associazione [Interv. 9, 42, Piemonte].
La pubblicazione degli elenchi, questa è la cosa che ha spaventato maggiormente, diciamo così, i fratelli di allora
[…] perché magari io faccio l’imprenditore, sono un uomo libero mi muovo come voglio, magari chi fa il
dipendente da qualche parte, insomma queste cose [Interv. 15, 60, Piemonte].
A Gelli io faccio l’imputazione di aver messo sulla strada tanti fratelli, doveva pensarci prima, non poteva
rischiare di essere coinvolto in gesti che danneggiassero i fratelli… io non posso nella mia posizione dire il
massimo responsabile, che un mio fratello possa venire danneggiato per mia negligenza [Interv. 24, 80, Calabria].
241
Un tema importante che emerge dalle interviste, legato al fenomeno delle logge coperte in generale,
è come non vi sia un brand registrato per la massoneria; questo significa che chiunque può
costituirsi in loggia e definirsi massoneria dandosi un nome che richiama quello di Obbedienze e
logge già esistenti. Aldo Mola (2001, 659) scrive come, già nel periodo subito successivo la seconda
guerra mondiale, «molti gruppi nei cui confronti la Massoneria italiana non è certo debitrice di
chiarezza né di buona fama si procacciarono e si attribuirono l’etichetta liberomuratoria: un
“marchio d’origine” non tutelato da alcuna norma e quindi disponibile ad libitum».
Considerata la poca conoscenza del fenomeno da parte del mondo profano, la tendenza sarà poi
quella di confondere Obbedienze regolari e spurie, addossando gran parte delle responsabilità per
ogni vicenda illecita alle Obbedienze più conosciute e antiche. È quindi facile che, in queste
circostanze, venga additato il Goi o la Gran Loggia d’Italia degli Alam:
In Italia ci sono 300 massonerie; lei ne ha citate 3, ma ce ne sono altre 280, 290… perché basta mettersi in 7, non
esiste un copyright della massoneria… [Interv. 2, Bonvecchio, GO].
Dato che massoneria non è un brand registrato […]. Limitandosi all’Italia, sulla Rete troverà 40, 50 Obbedienze
massoniche […] la stragrande maggioranza marginali, cioè piccolissime, alcune nate magari per precisi interessi
economici, politici e quant’altro.
Non è un brand, non esiste alcuna tutelabilità […]. Chiunque, qualunque organizzazione può chiamarsi
massoneria, Grande Oriente, eccetera […]. Il Grande Oriente d’Italia, ufficiale diciamo riconosciuto più o meno in
tutto il mondo, non ha alcuna tutela giuridica per dire “No, tu non ti puoi chiamare così” [Interv. 9, 42, Piemonte].
Lei capisce che se un giorno uno si sveglia e dice “ah io, facciamo l’Oriente di” e prende e si radunano, si
identificano come tali, in realtà sono tutto tranne che dei bravi massoni… se poi qualcuno di questi finisce nei
pasticci vengono identificati, ci finiamo in mezzo tutti [Interv. 29, 55, Calabria].
Purtroppo sotto la voce massoneria entra la massoneria regolare, però entrano anche un’infinità di altre
organizzazioni che si definiscono massoneria e che noi consideriamo delle massonerie non regolari, purtroppo i
problemi giudiziari non sono nostri però chi scrive sui giornali e le televisioni non specificano… anche perché per
specificare bisognerebbe essere a conoscenza della massoneria… [Interv. 26, 70, Calabria].
Tutta una serie di situazioni che nascono, crescono e muoiono così, perché non esiste una regolamentazione. Cioè
io e te domani potremmo fondare il Grande Oriente di XXX e Eleonora, no? […] senza nessuna ufficialità se non
quella appunto di utilizzare questo strumento come metodo di […] anche di importanza sociale [Interv. 11, 40,
Piemonte].
Anche Introvigne154 sostiene come in Italia nessuna organizzazione abbia il monopolio dell’etichetta
“massoneria”, «così che possono facilmente proliferare logge e obbedienze “selvagge” che si auto-
denominano “massoniche” ma che non hanno alcun legame con le maggiori obbedienze nazionali e
internazionali, e che spesso sono le organizzazioni “selvagge” a fungere da copertura a gruppi
criminali». Da questo deriva come sia difficile, nel contesto italiano, distinguere tra «deviazioni
154
Introvigne M., Che cos'è la massoneria: il problema delle origini e le origini del problema,
<http://alleanzacattolica.org/che-cos%C2%92e-la-massoneria-il-problema-delle-origini-e-le-origini-del-problema/>,
1994, [ultima cons. 03-04-2017].
242
dalla massoneria e deviazioni della massoneria».
Collegandomi a quest’ultimo intervento, una domanda che mi è venuto spontaneo fare agli
intervistati è perché un gruppo qualsiasi di persone che non ha nessun contatto con le Obbedienze
massoniche ufficiali, decida di costituirsi in Obbedienza o loggia massonica per portare avanti degli
illeciti di varia natura, tanto più che il brand massoneria non è il più immune da giudizi di tipo
negativo. A questa domanda mi è stato risposto che, probabilmente, a fondare logge ed Obbedienze
spurie sono proprio fratelli che facevano parte di un’Obbedienza ufficiale e poi, per motivi di
espulsione o altro, hanno pensato di creare una propria realtà che, però, non segue la prassi e le
regole della libera muratoria:
Magari è gente che è uscita da e ha il piacere di avere la sua organizzazione, no? [Interv. 6, 61, Piemonte].
Può darsi che siano fratelli faccendieri che escono da una loggia e ne formano una poco seria [Interv. 18, 50,
Piemonte].
[Cos'è che spinge un gruppo di delinquenti a costituirsi come loggia massonica?] uno spirito di emulazione,
magari sono, anelerebbero ad entrare in Obbedienze regolari ed importanti come il Goi o come la Gran loggia
d’Italia ma sono stati scartati o non presi in considerazione, non ritenuti degni o sapendo benissimo di non avere il
pedigree immacolato e a posto non si possono presentare [Interv. 20, 57, Piemonte].
Noi rispondiamo sul Goi, se poi ci sono delle persone che escono fuori da noi e vogliono andare a fare un altro
Grande Oriente, Gran loggia oppure sono persone che noi abbiamo espulso e se ne vanno a fare un altro, questi
sono problemi loro e poi se la vedono loro, solo che il danno che provocano a tutta l’istituzione [Interv. 28, 65,
Calabria].
Il mio punto di vista è che una loggia coperta e una loggia di quel genere può essere essenzialmente formata da
chi è entrato in massoneria cercando quel genere di situazioni, cercando un affarismo non bene identificato […] e
non l’ha trovato; ha imparato due nozioni e si è messo a farsi la sua loggettina… [Interv. 11, 40, Piemonte].
La domanda successiva, quindi, consisteva nel capire se ed, eventualmente, che tipo di vantaggio
può avere presentarsi come loggia massonica, per un gruppo di persone che intende portare avanti
obiettivi profani di dubbia liceità. Molti fratelli non hanno saputo rispondere. Da alcuni intervistati,
invece, emerge una riflessione circa il potere che il termine massoneria – e la conseguente
appartenenza – può esercitare a livello generale, essendo la libera muratoria ritenuta una sorta di
club elitario e privilegiato, composto da personaggi influenti e potenti. Quindi emerge come il
presentarsi come gruppo massonico possa costituire una forma di assoggettamento e facile
possibilità di ricatto verso il mondo profano:
Perché, molto semplicemente, l’idea di andare da qualcuno e dire “[abbassa il tono della voce] Sai, io sono
massone” suona anche in un certo modo, per cui ti crea quell’aura di mistero, di importanza, di “Oh mio dio, questo
governa il mondo”. [È una forma di assoggettamento, anche di potenziale ricatto?] Di ricatto, anche solo di “Io
sono importante, tu fammi quel favore, poi io penso a risolvere i tuoi problemi” [Interv. 11, 40, Piemonte].
Ha ragione, dice potrebbero fare un clan o una banda bassotti… ha ragione. Io credo […] perché probabilmente
243
in una sorta di campagna di reclutamento dire che si è creata una loggia coperta fa ancora sottintendere che ci possa
essere il potere […] probabilmente questo fascino, questa sorta di mistero è un ottimo, come si dice, un veicolo
pubblicitario importante. [Una potente arma di ricatto? chiedo] Si, secondo me si [Interv. 3_ex, 55].
Credo che darsi il nome di massoneria si autoproclami in un certo modo... […] danno una specie di marchio a se
stessi e con questo marchio ritengono di essere […] di poter essere ...riconosciuti, notati. [Potrebbe essere un'arma,
tra virgolette, di ricatto più forte il fatto di definirsi massoni?] Se uno parte con l'idea di fare un malaffare, parte
con l'idea del ricatto generale perché sennò non avrebbe senso... ti tengo sotto e ti ricatto, tu devi fare quello che
dico io [Interv. 27, 53, Calabria].
Interessante, a questo proposito, una vicenda che risale al 2014, in cui l'imprenditore Marco
Bianchini finisce vittima di una truffa posta in essere da persone che si definivano Cavalieri di
Malta, appartenenti alla loggia Sua Eccellenza, che utilizzavano l'arma del ricatto e delle
intimidazioni per raggiungere i propri scopi: «E se provava a ribellarsi, il sedicente capo della
loggia massonica “Sua Eccellenza”, così si faceva chiamare, con sms “profetizzava scenari
apocalittici” per lui e i suoi cari. Bianchini [...] veniva messo in guardia su “conseguenze nefaste per
la vittima e per la sua famiglia, financo a minacciare che i Servizi segreti deviati avrebbero potuto
far del male a loro e a tutte le persone a loro vicine”»155.
Dalle interviste dei miei interlocutori emerge il profilo di una massoneria “dalla faccia pulita”, che
poco sa delle vicende che interessano i vertici dell'Obbedienza ma che di questi, in linea di
massima, prende le difese minimizzandone le responsabilità. Addirittura, in certi casi, l'eventuale
presenza di un gruppo di potere all'interno del Goi viene vissuta come positiva.
Anche nella tesi di Coggiola (1995, 183-184) emerge come alcuni degli intervistai non trovino
«scandaloso» che esista una élite, all'interno dell'Obbedienza, che possa lavorare nella società civile
ed avere potere nella gestione della cosa pubblica. Come scrive l'autrice: «Colpisce […]
l'accettazione di un gruppo segreto anche all'interno dell'associazione stessa, soprattutto dopo tutto
il parlare di trasparenza che è stato fatto sia dai vertici massonici sia dai soggetti del campione preso
in esame».
Le riflessioni che si possono fare in merito è che l'esistenza di questa massoneria “dalla faccia
pulita” pare essere fondamentale affinché possa sussistere anche l'altra faccia, quella più nascosta.
Una parte della massoneria sensibile agli scandali che coinvolgono l'Istituzione, ma il cui punto di
vista generale sul Goi e sulla libera muratoria verrebbe, da questi, difficilmente intaccato. Entrambe
le facce sembrano alimentarsi reciprocamente come conseguenza di quella autonomia interna che
crea una sorta di distanza a seconda del grado di coinvolgimento degli affiliati e delle posizioni
155
“Falsi massoni ma vera truffa da 10 milioni all’ex 're della carta'”, Quotidiano.net, (17 luglio 2015),
<http://www.quotidiano.net/cronaca/falsi-massoni-truffa-10-milioni-marco-bianchini-1.464189>, [ultima cons. 17-
05-2017].
244
assunte all'interno del Goi.
Se da parte di alcuni è persino auspicabile che all'interno dell'Obbedienza si formino gruppi di
potere di vario tipo, da parte di altri l'Istituzione viene vissuta indipendentemente dagli scandali di
cui, una parte dei suoi membri, si può macchiare. Piuttosto, sembra che lo stesso aspetto di
ambiguità dell'Obbedienza sia un fattore predisponente per l'ingresso dei fratelli massoni e uno
stimolo per rimanere all'interno dell'Obbedienza. Del resto, le voci fuori dal coro – come abbiamo
visto – vengono prontamente tacitate tramite sospensioni ed espulsioni.
Questa sorta di silenzio generale dei fratelli sembra quasi un pegno da pagare per poter far parte di
un gruppo il cui carisma è imputabile a caratteristiche elitarie di vario tipo: «L'orgoglio per
l'incarnazione del carisma di gruppo nella propria persona, la soddisfazione di appartenere a un
gruppo potente e, secondo la propria identificazione emozionale, a un gruppo valutabile in termini
unici e umanamente superiore, e di esserne un rappresentante, è funzionalmente legata alla buona
volontà dei suoi membri di sottomettersi ai doveri imposti dall'appartenenza a quel gruppo» (Elias,
Scotson 2004, 25).
Un pegno da pagare e un dovere che, però, non sembrano essere percepiti come particolarmente
gravosi, e questo grazie alla facilità con la quale i membri dell'Obbedienza possono prendere le
distanze dalle vicende poco trasparenti che coinvolgono altri fratelli; vicende che, il più delle volte,
contribuiscono a rinforzare quell'immagine di gruppo elitario e di potere che tanta importanza
riveste in riferimento ai motivi d'ingresso degli affiliati. Non a caso, come abbiamo visto, ritenere –
da parte di alcuni massoni – che all'interno dell'Obbedienza possano esservi gruppi di potere, se da
una parte assicura sulla buona fede degli intervistati, dall’altra, come sostiene Mahmud (2014, 166-
169), questa condotta non fa che riprodurre il luogo comune (the dominant mythology) per cui la
massoneria è un luogo di potere, «even if they [gli intervistati di Mahmud] were careful not to
implicate themselves personally».
Occorre considerare, inoltre, che ci sono vicende, come quelle della P2, in cui siamo di fronte ad un
vertice del Goi connivente e ad una base generalmente ignara; ma vi sono altre situazioni in cui,
considerata proprio l'autonomia delle logge e la scarsa efficacia dei controlli interni, gli episodi dai
caratteri più opachi prendono piede a livello di base, tanto da ipotizzare che i vertici, eventualmente,
possano rimanerne anche all'oscuro. Come ha sostenuto l'ex Gran Maestro Di Bernardo in merito ad
alcune vicende particolari che lui definisce “enclave locali”, «[…] chi sta al vertice non vede nulla,
nella maniera più assoluta, e se sa qualcosa gli viene rivelato dai giornali. Non c'è, come invece si
potrebbe immaginare, una comunicazione che va dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto, per
cui vi è sempre una trasmissione di informazione. Più che altro oggi il Gran Maestro è una figura
rappresentativa. Tutto si svolge localmente, il bene e il male sono realtà locali ed è lì che si
245
realizzano»156.
Se nell'uno e nell'altro caso risulta difficile credere alla totale mancanza di scambio di informazioni
tra base e vertice, appare lecito sostenere come le situazioni dai risvolti più controversi vengano
lasciate maturare all'interno dell'Obbedienza senza che la gran parte dei fratelli metta in discussione
l'operato dei vertici o di altri membri e senza che i vertici del Goi si prendano la briga di portare
avanti approfondite indagini, a meno che le varie questioni non emergano alla ribalta nei media e
non diventino oggetto di analisi della giustizia profana.
156
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 187 di Martedì 31 gennaio 2017, p. 22. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=31&idCommission
e=24&numero=0187&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 24-05-2017].
246
CAPITOLO VI
La dimensione nascosta: i legami tra massoneria e criminalità organizzata
247
emesso dal Tribunale circoscrizionale del Goi della Calabria il 5 aprile 2012 e confermato dalla
Corte centrale del Goi il 3 ottobre 2012; espulso dall'Obbedienza «per averne leso l'immagine,
l'onore e la reputazione» attraverso la pubblicazione su internet di un articolo di denuncia aperto al
mondo profano162. Secondo l'organo di giustizia del Goi, infatti, una denuncia del genere Minnicelli
non doveva esternarla su un sito web accessibile ai fratelli e soprattutto ai profani.
Come ho accennato nel secondo capitolo quando ho descritto il funzionamento della giustizia
massonica, è richiesto dall'Obbedienza che un libero muratore, nell'accusarne altri, si rivolga prima
alla giustizia massonica piuttosto che a quella ordinaria, per cercare di risolvere la questione
all'interno dell'Istituzione, senza farla filtrare all'esterno.
Durante l'audizione di Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica presso il tribunale di
Catanzaro, avvenuta il 22 febbraio 2017 ad opera della Commissione parlamentare antimafia, la
presidente Rosy Bindi chiede per quale motivo il Goi ha difficoltà a denunciare pubblicamente che,
quando vengono chiuse delle logge in alcuni contesti come quello calabrese, possano esservi motivi
seri come infiltrazioni malavitose e non solo irregolarità organizzative e rituali. Il procuratore della
Repubblica risponde: «Si riconosce il loro sistema giudiziario, cioè il processo si fa all'interno. […]
I problemi si risolvono all'interno della famiglia»163.
A tal proposito, lo scrittore francese – nonché massone – Jean-Marie Ragon ha sostenuto la tesi
secondo cui il fratello massone vada sempre difeso, le sue colpe attenuate e le sue virtù esaltate,
soprattutto agli occhi dei profani. Se il fratello, infatti, deve essere accusato, occorre produrre contro
di lui solo prove inconfutabili, ma è solamente l'Ordine ad avere lo specifico compito di
pronunciare una eventuale condanna (Ragon 1948, 140).
Del resto, come è dato leggere in un numero della rivista del Goi, Erasmo, con riferimento agli anni
2010-2013, i giudici della Corte Centrale hanno avuto l’esigenza di provvedere ad un riassetto
organico dell'ordinamento normativo interno, anche a seguito «del reiterato ricorso dei Fratelli alla
giustizia profana, con un concreto rischio di un progressivo affievolimento del carattere iniziatico
dell’Istituzione» ricordando come i principi ed i valori sui quali la giustizia massonica deve
attenersi «sono scolpiti nella natura iniziatica del Grande Oriente d’Italia, aldilà di ogni capzioso
tecnicismo giuridico che sempre più spesso ha caratterizzato gli atti pervenuti alla Corte,
impegnando le Sezioni giudicanti con esasperato formalismo».
162
“Carte riservate on line, massoneria in tribunale”, IlTempo.it, 16 novembre 2013,
<http://www.iltempo.it/cronache/2013/11/16/news/carte-riservate-on-line-massoneria-in-tribunale-915120/>, [ultima
cons. 01-05-2017].
163
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 191 di Mercoledì 22 febbraio 2017, p. 8. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=02&giorno=22&idCommission
e=24&numero=0191&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 03-05-2017].
248
In questo caso ci si riferisce al continuo richiamo, negli atti sottoposti dai fratelli alla Corte
massonica, di «eccezioni pregiudiziali che trovano la loro fonte in norme processuali profane la cui
applicazione appare quantomeno inopportuna in ragione del dato normativo di cui al citato art. 69
Cost. e della natura domestica ed iniziatica della nostra Giustizia»164.
Ciò che interessa di questo articolo è il modo in cui il Goi pone in evidenza come il ricorso dei
fratelli massoni alla giustizia profana comporti un concreto rischio di affievolimento del carattere
iniziatico dell'Istituzione e della natura domestica della sua giustizia.
Tornando alla vicenda di Minnicelli, il suo articolo di denuncia su Internet viene pubblicato poco
dopo l'arresto del massone Domenico Macrì, iscritto presso una loggia di Città di Castello. Secondo
la Procura, Macrì avrebbe concorso come intermediario d'affari della Banca di credito Sanmarinese,
al riciclaggio di 15 milioni di euro proventi del narcotraffico della cosca calabrese dei Mancuso di
Limbadi. Minnicelli prende spunto da questo fatto di cronaca per riportare su internet una frase che
gli era stata riferita da un fratello un paio di anni prima: «Siamo seduti su un braciere ardente» nel
senso che nei piè di lista delle logge vicine ai territori 'ndranghetisti sarebbero entrate persone
appartenenti al mondo della criminalità organizzata. In un passaggio successivo Minnicelli
rimprovera i vertici della massoneria – con particolare riferimento all'allora Gran Maestro Raffi – di
inerzia nell'osteggiare l'ingresso di persone legate ai clan.
Il 2 marzo 2014 ci sono state le elezioni per la nuova Gran Maestranza che hanno visto il passaggio
da Gustavo Raffi a Stefano Bisi. La vicenda delle logge calabresi in odore di infiltrazioni
malavitose si inserisce, quindi, in un arco temporale in cui le elezioni del nuovo Gran Maestro e
della nuova Giunta fungono un po' da spartiacque.
Durante la sua Gran Maestranza, durata ben 15 anni, Raffi nel 2000 ha adottato la riforma elettorale
che prevede un voto per ogni Maestro (prima potevano votare solo i Maestri Venerabili). In questo
modo Raffi ha esteso la partecipazione alle elezioni massoniche a tutti i Maestri dell'Obbedienza
che sono più di 16.000 su un totale di circa 23.000 iscritti. Questo dato è stato collegato da
Minnicelli a quello dell'aumento degli iscritti in Calabria, che conta circa 2000 affiliati di cui 1500
sono Maestri, quindi aventi diritto di voto. Minnicelli, da me intervistato per questa ricerca nel
marzo 2016, calcola che si possa risultare eletti con 4-5000 voti validi. Alla luce di ciò, l'avvocato
espulso ritiene che i massoni calabresi siano determinanti per gli esiti elettorali all'interno del Goi.
La massoneria calabrese, durante la gestione Raffi, pare abbia acquisito un peso elettorale di rilievo
offrendo un sostegno plebiscitario anche al nuovo Gran Maestro, Stefano Bisi, scelto da Raffi.
164
Grande Oriente d'Italia (2014), “La giustizia massonica (2010-2013)”, Erasmo notizie, 5-6(XV): 12,
<http://www.grandeoriente.it/wp-content/uploads/2015/05/Eerasmo-05-06-2014.pdf>, [ultima cons. 03-05-2017].
249
Nel corso dell'intervista, Minnicelli mi riferisce:
Raffi ha ritenuto di ampliare la base e questo non è certo un delitto. Ma l'esplosione degli iscritti nella mia
regione fa riflettere. E l'operazione “Decollo money” che ha portato in carcere nel 2011 l'imprenditore Domenico
Macrì, calabrese con residenza in Umbria e agganci in banca a San Marino, amico personale di Raffi, lambisce la
Gran maestranza. […] Se il Grande Oriente d'Italia si mette a fare il massonificio […] qualcosa sotto ci sarà. Chi ha
portato avanti questo progetto aveva l'obiettivo di diventare Gran Maestro o di restarci. Allora poco se ne è fregato
se all'interno del Goi sono entrati cani e porci. Perché è chiaro che diventa impossibile controllare duemila persone.
D'altra parte, se fai entrare un cane da una parte non lo puoi estromettere dall'altra». [...] «Ma se servono i voti...
questo è avvenuto da quando Raffi fece la riforma, un iscritto un voto. Sarà anche una cosa democratica, ma
dobbiamo vedere dove porta [Interv. Minnicelli].
Secondo quanto mi ha detto Minnicelli, la corsa ad aumentare il numero degli associati ha una
ragione politica e una ragione amministrativa. La ragione amministrativa l’abbiamo già considerata
durante la ricerca, con riferimento alle maggiori entrate economiche, mentre quella politica è
spiegata dal mio interlocutore in questi termini:
La ragione politica è che facendo entrare il numero possibilmente maggiore di persone prive di una coscienza
profonda propria, fa scattare quello che avviene nei partiti, cioè la manipolazione […]. C’è una percentuale che non
resiste al fascino del potere […]. Tenga presente che dopo due anni e mezzo/tre la maggior parte di queste persone
diventano Maestri, quindi hanno titolo a votare [Interv. Minnicelli].
Secondo uno dei fratelli intervistati in Piemonte, Raffi aveva modificato il sistema elettorale
consentendo a tutti i Maestri di poter votare non tanto per dare un’impronta maggiormente
democratica all'Obbedienza, ma perché temeva che le logge si dividessero per gemmazione in vista
delle elezioni al fine di avere più Maestri Venerabili e poter fornire più voti. Il mio interlocutore
aggiunge che ora, praticamente, si è sempre in campagna elettorale perché non bisogna più
convincere solo i Maestri Venerabili a votare, ma tutti i Maestri. Pare, inoltre, che a livello
economico il meccanismo dell’elezione risulti più dispendioso, ma soprattutto c’è il rischio che nei
mesi precedenti l’elezione vengano passati di grado vari Compagni prima delle regolari tempistiche,
allo scopo di renderli Maestri e, quindi, massoni votanti.
Questo sistema del “bruciare le tappe” attribuendo in brevissimo tempo tutti e tre i gradi massonici,
lo ritroviamo spesso nella storia della massoneria, motivato dalle più varie ragioni. Lo stesso
Kenney, nella sua ricerca, parla della strategia del one-day, three-degree, un programma adottato da
alcune logge per tentare di invogliare maggiormente le persone ad entrare in massoneria: «Despite
not being practiced in either of the two jurisdictions in this study, respondents nevertheless had a
great deal to say about these new and controversial “one-day, three-degree” programs introduced
elsewhere in order to increase membership in an increasingly fast-paced society» (Kenney 2016,
109).
250
La vicenda di Minnicelli è finita sia davanti alla magistratura civile che, in primo grado, lo
condanna al pagamento delle spese legali per aver denigrato il Goi e utilizzato espressioni offensive
nei confronti di Raffi, sia davanti alla Commissione parlamentare antimafia con una lettera inviata
alla presidente Rosy Bindi. Minnicelli sostiene di aver inviato una lettera a Raffi, insieme ad un
certo numero di Maestri Venerabili calabresi, sul pericolo riscontrabile in alcune logge del territorio
nazionale, in special modo in Calabria, prima di parlarne apertamente sul web 165. Un primo risultato
fu che il 14 dicembre 2012, nella trasmissione di Lucia Annunziata che ospitava l'allora Gran
Maestro Raffi, non veniva smentita l'esistenza del problema delle infiltrazioni malavitose e Raffi
affermava che, sul punto, sarebbe stato severissimo, impedendo persino ai parenti di personaggi
mafiosi di poter entrare in massoneria, al di là di ogni principio garantista che dovrebbe essere caro
al mondo libero muratorio. Tuttavia il primo provvedimento sarà preso solo nel novembre 2013.
Minnicelli è stato poi ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia il 31 gennaio 2017,
sostenendo di far parte di un gruppo di fratelli che non ha mai accettato che con le Gran maestranze
di Raffi e Bisi «il Goi si sia trasformato in un possedimento esclusivo di una componente, seppure
maggioritaria del Goi, rafforzata da un ingresso massiccio di persone senza che vi sia nessun
efficiente controllo», riferendosi al boom di iscrizioni in Calabria che, a suo dire, è passata da 600-
700 fratelli del 1995 fino ai 2600 di oggi. Tutto ciò avverrebbe «per esercitare un controllo
sull’organizzazione»166.
Minnicelli ritiene non sia un caso che la sua espulsione dall'Obbedienza sia avvenuta a ridosso delle
elezioni per la nuova Gran Maestranza. Come, infatti, tiene a precisare durante il nostro colloquio:
Loro hanno preso la palla al balzo, c'erano le elezioni della Gran Maestranza. Castigarne uno per educarne cento,
funziona. […] davo fastidio perché ero un esponente, diciamo, di spicco della minoranza all’epoca non favorevole a
Raffi; si preparavano le nuove elezioni e gli faceva comodo buttarmi fuori, dare l’esempio [Interv. Minnicelli].
A suo dire, il silenzio della maggior parte dei fratelli è imputabile a vari motivi, che fanno credere
che difficilmente possa esser presa una seria posizione sulla questione delle infiltrazioni malavitose
all'interno del Goi. Nel corso della nostra chiacchierata, l'avvocato espulso afferma:
È impensabile che un nuovo sussulto venga dal Goi fra chi non ha interesse ad affrontare la situazione, chi teme
ritorsioni, chi ottiene vantaggi, chi fa carriera all'ombra del silenzio [Interv. Minnicelli].
165
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 187 di Martedì 31 gennaio 2017. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=31&idCommission
e=24&numero=0187&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 24-05-2017].
166
Ivi, p. 35.
251
Stefano Bisi, ascoltato dalla Commissione parlamentare Antimafia rispettivamente il 3 agosto 2016
e il 18 gennaio 2017, ha confermato la demolizione di tre o quattro logge negli ultimi tre anni, «tre
logge in Calabria […] poi mi pare un'altra loggia in un'altra regione, che potrebbe essere il Lazio,
perché non raggiungeva più il numero sufficiente»167, aggiungendo che finché non c’è un certificato
penale, i vertici del Goi non possono agire come fossero la polizia giudiziaria. Particolare
attenzione, infatti, merita il meccanismo dei controlli all’interno del Goi.
Secondo Minnicelli qualcuno, all’interno dell’Obbedienza – con particolare riferimento alla figura
del Presidente del Collegio circoscrizionale – non può non sapere se vi sono personaggi in odore di
mafia all’interno delle logge. Come mi dice, in sede di intervista:
Non è facile nemmeno in massoneria dire a qualcuno “Vattene via perché ho il sospetto che sei mafioso”, quindi
il problema è prima, tu devi stare attento a non farli entrare; una volta entrati, “Si accomodi fuori” è molto difficile.
Allora una dirigenza attenta a questi fenomeni non li fa entrare; se li fa entrare è perché ne ha bisogno e se ne ha
bisogno poi ne diventa schiavo. […] Poi può sempre scappare qualcosa, ma se le cose sono abbastanza notorie, e
poi se tu ne fai entrare uno, quello ne fa entrare un altro da un’altra parte e poi un altro ancora… e se hai fatto
entrare quello, perché non hai fatto entrare quell’altro? […] In una organizzazione che contava, quando io sono
entrato, circa una trentina di logge in tutta la Calabria, adesso sono 100, ma chi li controlla? Ma perché le hai fatte
diventare 100 le logge? [Interv. Minnicelli].
Abbiamo parlato all’inizio del ruolo degli Ispettori e della richiesta che viene fatta, al momento
dell’iniziazione, dei certificati penali e del casellario giudiziario ai nuovi entrati. Per quanto
riguarda gli Ispettori, abbiamo precedentemente evidenziato come il loro ruolo risulti controverso
poiché gli stessi, solitamente, avvertono la loggia ogniqualvolta decidano di recarsi in visita per
controllare la regolarità dei lavori. Inoltre, essendo gli Ispettori cariche elettive, la maggior parte
degli affiliati – se non tutti – sanno chi sono i fratelli massoni che ricoprono questo ruolo, e quindi
possono facilmente adeguare i propri comportamenti in loggia in presenza di questi fratelli.
Bisi, nella sua deposizione di fronte alla Commissione antimafia, ribadisce come la garanzia di
corretto funzionamento dei lavori di loggia sia demandata alla figura degli Ispettori: «[Quali
strumenti vengono utilizzati per le verifiche?] […] attraverso gli ispettori circoscrizionali o ispettori
magistrali, magistrali perché nominati dal Gran Maestro»168.
Se è vero che gli Ispettori circoscrizionali sono cariche elette a suffragio universale da tutti i Maestri
del Goi, gli Ispettori magistrali – o centrali – sono nominati dal Gran Maestro, quindi i fratelli
dell'Obbedienza potrebbero non sapere quali individui ricoprono quelle cariche. Come si legge
nell'articolo 54 dei regolamenti del Goi: «Gli Ispettori sono Circoscrizionali o Centrali.[...] I secondi
167
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 184 di Mercoledì 18 gennaio 2017, p. 38. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=18&idCommission
e=24&numero=0184&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 01-05-2017].
168
Ivi, p. 37.
252
sono tutti i membri del Consiglio dell’Ordine, con l’esclusione dei due rappresentanti eletti a far
parte della Giunta del GOI, e quanti altri siano nominati dal Gran Maestro secondo le modalità
previste dal Regolamento dell’Ordine. Gli Ispettori centrali estendono la loro competenza su tutto il
territorio della Comunione»169. Risulta chiaro come gli Ispettori centrali facenti parte del Consiglio
dell'Ordine siano conosciuti. Possono, però, rimanere “segreti” quegli Ispettori nominati
direttamente dal Gran Maestro.
Detto questo, interessante riportare le parole dell'ex Gran Maestro Di Bernardo, sentito dalla
Commissione antimafia in data 31 maggio 2017, in merito all'efficacia degli ispettori: «Presidente:
Allora non c'era una struttura di ispezioni? Giuliano Di Bernardo: Certo che c'era, ci sono gli
ispettori che dovrebbero controllare. Ma la domanda è: “Gli ispettori controllano?”»170.
Per quanto concerne, invece, i certificati e il casellario giudiziario, il problema principale, a quanto
pare, è la mancata richiesta di aggiornamento di entrambi, per cui un individuo può fare il suo
ingresso nell’Obbedienza perfettamente pulito e poi compromettere la sua posizione in seguito,
senza che vi siano ulteriori accertamenti sulla sua condotta. Come mi ha detto un fratello
intervistato in merito all'ingresso in loggia di persone poco raccomandabili, nello specifico di un
fratello che è stato per molti anni all'interno della sua stessa loggia nonostante fosse indagato:
Io avevo proposto proprio al Presidente del Collegio che almeno ogni 3 anni fare un check e uno porti il
casellario giudiziario, i carichi pendenti… perché c’è gente che entra pulita, poi capita che qualcuno inciampi nella
legge e non va bene… proprio per cercare di avere una trasparenza e una pulizia nei confronti dell’opinione
pubblica, non si può avere dei pregiudicati piuttosto che della gente che è sotto processo, almeno uno finché è sotto
processo si assonna, quando il processo la legge gli dirà “sei a posto” rientri, altrimenti vai… come in politica
[Interv. 22, 36, Piemonte].
Come dice lo stesso Bisi, «Non chiediamo automaticamente l’aggiornamento dei certificati, ma
abbiamo dei controlli interni che ci fanno stare moderatamente tranquilli. Non siamo la polizia
giudiziaria, non possiamo fare né intercettazioni né verifiche sui conti correnti, non facciamo
un'azione di polizia, però abbiamo all'interno delle logge e a livello regionale, circoscrizionale, gli
ispettori […] che sono tenuti a vigilare sul comportamento dei fratelli»171.
Durante l’intervista al Gran Maestro che ho svolto nel settembre 2015, alla domanda sul come
potesse essere certo che all’interno del Goi non ci fossero logge coperte, Bisi risponde: «Ormai ci
sono controlli importanti, strutture ben organizzate di controllo e di verifica sul territorio, quindi da
169
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. 27.
170
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 187 di Martedì 31 gennaio 2017, p. 17. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=31&idCommission
e=24&numero=0187&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 24-05-2017].
171
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. 23.
253
noi non ci sono logge coperte», aggiungendo come le logge calabresi demolite «non erano
assolutamente logge coperte, erano logge che non svolgevano i lavori nella maniera corretta e
quindi sono state abbattute le Colonne… non svolgevano i lavori nella maniera corretta da un punto
di vista rituale».
Dire che le logge “non svolgevano i lavori nella maniera corretta da un punto di vista rituale”
oppure che le stesse fossero affette da «problemi organizzativi»172, come abbiamo già accennato,
significa far riferimento ad irregolarità come la mancata trascrizione dei verbali di loggia, la
mancata comunicazione di luoghi e orari di riunione oppure, come ha detto Bisi in sede di
audizione, il non indossare il grembiule e i guanti durante le tornate 173. In casi come quello delle
logge calabresi demolite e, come abbiamo visto, della P2, parlare di irregolarità massoniche appare,
però, quantomeno riduttivo.
Non a caso la presidente di Commissione dice a Bisi che, sulla loggia Verduci di Gerace, risulta che
il provvedimento di sospensione sia stato motivato da “possibile inquinamento addirittura di
carattere malavitoso riconducibile all'ambiente circostante”: «A noi risulta questo, non il grembiule
e i guanti»174.
In effetti, anche Stefano Bisi, durante l'audizione, fa intendere che sostenere che una loggia venga
demolita perché non segue la corretta ritualità, non significa minimizzare le sue eventuali
responsabilità: «L'altra volta, alcuni di voi sorrisero quando dissi che non portare i grembiuli e i
guanti durante una giornata [tornata] rituale è un fatto grave. Se ricordate, e lo sapete come me, la
cosiddetta P2 non faceva riunioni rituali, forse faceva altro. Quando una loggia non fa lavori rituali
regolari, può fare altro, e noi questo non lo consentiamo»175.
D'altra parte, come mi ha detto un ex massone, il Goi generalmente si mobilita ed indaga quando il
bubbone sta per scoppiare o è già scoppiato, non prima:
172
Alla domanda di Rosy Bindi: «Le colonne [delle logge calabresi] sono state abbattute per problemi rituali,
sostanzialmente?», Stefano Bisi risponde: «Per problemi organizzativi [...]».
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere,
Seduta n. 184 di Mercoledì 18 gennaio 2017, p. 40. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=18&idCommission
e=24&numero=0184&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 01-05-2017].
173
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 169 di Mercoledì 3 agosto 2016, p. 22. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2016&mese=08&giorno=03&idCommission
e=24&numero=0169&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 02-05-2017].
174
Ivi, p. 29.
175
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 184 di Mercoledì 18 gennaio 2017, p. 25. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=18&idCommission
e=24&numero=0184&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 01-05-2017].
254
È vero che quando il Goi scopre o fai qualcosa ti elimina, è vero, ma a volte non indaga neanche più di tanto. La
loggia coperta esiste, ne esistono tante, molto spesso esistono associazioni che sono logge coperte. Abbiamo dei
massoni che si fanno un’associazione che è una loggia coperta. […] Il Goi indaga se la cosa va a intaccare la loro
Istituzione, e poi quando li intervistano sono dei criminali per loro, però poi alla fine quei criminali un po’ li han
coperti. Come ti ho detto prima, molti nomi non vengono scritti nelle associazioni [Interv. 4_ex, 40].
L'ex Gran Maestro Di Bernardo, sentito nel marzo 2014 dal pm della Dda di Reggio Calabria
Giuseppe Lombardo, ricorda come anni prima Ettore Loizzo, un fratello di Cosenza, nel corso di
una riunione della Giunta del Goi tenuta nel 1993 dopo l'inizio dell'indagine di Agostino Cordova,
gli avesse confermato come 28 logge su 32 in Calabria fossero in mano alla 'ndrangheta, ma che lui
non poteva farci nulla perché aveva timore di rappresaglie sulla sua famiglia. Ettore Loizzo è
deceduto nel dicembre 2011 e quindi non ha mai potuto confermare queste parole tanto che,
secondo Bisi, «tirare in ballo un morto che non può minimamente contraddire o puntualizzare la
versione dei fatti attribuitagli è sin troppo facile e da furbi». Inoltre Bisi aggiunge come, al tempo
dei fatti, Di Bernardo, in qualità di Gran Maestro, avrebbe avuto tutti gli strumenti massonici per
poter intervenire e sciogliere le logge in presunto odore d'illegalità, o denunciarne i fatti alle autorità
competenti, ma non l'abbia mai fatto176.
Da questi fatti emerge chiaramente una scarsa volontà da parte di Goi di far trapelare all'interno
dell'Obbedienza le reali ragioni della demolizione di alcune logge o di volersi assumere la
responsabilità di indagare approfonditamente su eventuali commistioni interne con settori del
mondo profano che nulla hanno a che vedere con quella che dovrebbe essere la natura essenziale
della massoneria.
In merito al primo punto, la Presidente Bindi chiede a Di Bernardo perché, per abbattere le logge, i
vertici del Goi cercano delle ragioni formali e non viene dichiarato esplicitamente che il motivo è
ben più grave delle irregolarità rituali come, ad esempio, il non indossare i guanti durante le tornate:
«Non sarebbe più rispondente all'obiettivo che vi ponete, che è quello di sanare una situazione
deviata, dichiarare anche di fronte agli altri fratelli di aver abbattuto quella loggia perché c'erano
rapporti con le mafie o comunque perché vi partecipavano persone che volevano usare la
massoneria per altri obiettivi? Questa sorta di tentativo, non tanto di lavare i panni sporchi in casa,
quanto di nasconderli non è contrario allo spirito della massoneria?»177.
Di Bernardo spiega come vi sia una giustizia all'interno della massoneria che prescinde da quella
profana e, nel caso di indagini e processi paralleli, non è detto che poi il verdetto massonico possa
176
Bisi S., La Massoneria, il Grande Oriente d’Italia e le inchieste, 18 luglio 2016. <hhttp://www.grandeoriente.it/la-
massoneria-grande-oriente-ditalia-le-inchieste/>, [ultima cons. 01-05-2017].
177
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 187 di Martedì 31 gennaio 2017, p. 19. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=31&idCommission
e=24&numero=0187&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 24-05-2017].
255
concordare con quello profano. In sostanza, come afferma l'ex Gran Maestro, è molto facile che per
la giustizia massonica la maggior parte degli imputati venga poi assolta – a meno, viene da pensare,
nel caso di quei fratelli che sono processati per aver criticato, a vario titolo, l'Obbedienza e i suoi
vertici: «Quindi cosa avviene? Ad esempio, il sindaco di Castelvetrano [massone del Goi, indagato
dalla giustizia profana perché sospettato di avere rapporti con la mafia] viene sospeso e inviato alla
giustizia massonica, a quel punto giustizia è giustizia, è indubbio che i reati che vengono attribuiti a
chiunque devono essere presi in considerazione. Non esprimo giudizi sulle procedure, ma sulle
conseguenze. Dopo un po' quasi tutti sono assolti. […] Che qualcuno sia condannato è una cosa
eccezionale»178.
In merito al secondo punto, ossia la scarsa propensione del Goi ad indagare a fondo quando emerge
un fenomeno quali possibili infiltrazioni della criminalità organizzata all'interno delle logge, la
Presidente Bindi chiede a Di Bernardo che tipo di contributo avesse dato al tempo delle indagini di
Agostino Cordova in seguito alle quali, ricordiamo, l'allora Gran Maestro decise di dimettersi: «[...]
come giustamente lei dice, fu raccolto tutto il materiale e l'inchiesta si fermò lì. Tuttavia, c'era forse
anche un dovere interno, una volta venuti a conoscenza di una realtà preoccupante o quantomeno di
una domanda e di un dubbio così serio come quello che aveva il procuratore Cordova. Che tipo di
contributo ha dato il Grande Oriente in quel momento o aveva l'intenzione di dare o di non dare?».
Sul tipo di contributo offerto dal Goi per portare a compimento indagini interne più approfondite,
emerge come l'azione principale dell'allora Gran Maestro consistette solo nelle dimissioni: «Quando
ho avuto dal procuratore Cordova queste prove, che per me erano importanti, ho convocato la
giunta del Grande Oriente d'Italia e ho presentato la situazione. Al termine di questa riunione, io ho
deciso [...] di dimettermi dal Grande Oriente, perché avevo constatato una realtà che mai avrei
immaginato e che da quel momento io mi sarei rifiutato ancora di governare»179.
Un altro punto su cui focalizzare l’attenzione è chiedersi che fine abbiano fatto i fratelli
appartenenti alle logge demolite. Secondo l'articolo 71 della Costituzione del Goi, «il giudizio nei
confronti di una Loggia deve essere esteso anche nei confronti dei singoli Fratelli che abbiano
partecipato alle azioni contestate»180. Ma come mi ha detto, in proposito, un ex massone:
Una loggia del Goi è stata completamente rasa al suolo perché hanno cominciato a fare affari da tutte le parti.
Alla fine si erano scontrati tra di loro, ma si parlava di tanti soldi. Questa loggia adesso esiste, sempre con lo stesso
nome e fa parte di un’altra Obbedienza. Non muoiono mai [Interv. 4_ex, 40].
178
Ivi, pp. 19-20.
179
Ivi, pp. 9-10.
180
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. 34.
256
Durante l’intervista, Minnicelli mi chiede: «Lei lo sa dove sono finiti gli iscritti a quelle logge?».
Rispondo di no, aggiungendo: «Potrebbero essere in altre logge?». Minnicelli sorride e prosegue:
Tu non mi puoi demolire la loggia senza dire che i componenti devono essere anche demoliti. Oppure, se tu
ritieni, se c’hai le palle, perché ci vogliono le palle per fare questo […] se tu hai degli elementi borderline oppure
sono stati incriminati dalla magistratura, togli quelli, perché demolisci la loggia? Se la demolisci è perché ritieni che
la gran parte di quelli siano inquinati. Se lo sono, devi cacciarli tutti quanti [Interv. Minnicelli].
Secondo Minnicelli la stragrande maggioranza dei fratelli appartenenti a quelle logge demolite è
andata in altre logge oppure è stata sospesa, soprattutto se i fratelli in questione risultavano
direttamente indagati o arrestati, puntualizzando sul fatto che, in casi del genere, sarebbe stato
saggio espellere direttamente quei fratelli anziché sospenderli. Misura drastica che, però, nel suo
caso è stata presa senza esitazione. Come mi dice durante l'intervista:
Quello è sospeso, lo sospendono, poi non si sa che fine fanno queste sospensioni, quando rientrano… ma perché
non lo cacci? […] Potevano sospendere anche me senza espellermi, invece mi hanno espulso181 [Interv. Minnicelli].
Lo stesso quesito possiamo porcelo riguardo la vicenda P2, allorché la loggia in questione fu
demolita: che fine fecero i suoi componenti? Ricordiamo come questi ultimi, in quanto appartenenti
ad una loggia coperta, dovessero rimanere “coperti” nei confronti del mondo esterno ma anche
rispetto agli altri fratelli dell'Obbedienza, quindi la loro iniziazione era avvenuta “all'orecchio” del
Gran Maestro. In questo senso, come abbiamo già detto, solo il Gran Maestro – ed, eventualmente,
un suo stretto delegato – erano a conoscenza dell'appartenenza dell'individuo all'Obbedienza.
Bisi, in sede di audizione, riferisce circa l'inesistenza di logge segrete e di fratelli iniziati
“all'orecchio”, come invece era accaduto in passato. Alla luce di ciò, la presidente della
Commissione antimafia chiede a Bisi se l'eventuale espulsione di questi fratelli “all'orecchio” del
Gran Maestro, in riferimento alla P2, si possa ricostruire. Bisi risponde: «No, perché la
sussurravano al Gran Maestro, e le posso assicurare che per esempio il mio predecessore non mi ha
sussurrato...». La presidente di Commissione incalza chiedendo: «Se lei afferma che non ci sono
più, evidentemente ha la prova che sono stati radiati». Bisi risponde che i loro nominativi non erano
mai stati presenti negli elenchi ufficiali delle logge, quindi non è possibile accertare se fossero stati
espulsi o meno: «Presidente: Praticamente, non è possibile accertare. L'accertamento non è
possibile. Stefano Bisi […]: Se erano “all'orecchio”...»182.
181
Effettivamente, come si legge nell'articolo 27 del Regolamento dell'Ordine, i fratelli riconosciuti responsabili di
colpa massonica sono punibili in quattro modi, di cui solo l'ultimo prevede l'espulsione dall'Ordine. Gli altri sono:
l'ammonizione; la censura semplice che prevede l'interdizione da qualsiasi carica per un periodo che va da uno a tre
anni; la censura solenne che comporta l'esclusione dai lavori massonici per un periodo non superiore ad un anno e
l'interdizione da qualsiasi carica per un periodo minimo di tre anni. Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia,
Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma, Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, pp. 57-58.
182
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
257
Questo per sottolineare come il fatto di demolire una loggia, sia prima del 1982 quando potevano
esistere logge coperte, sia successivamente allorché tutti i fratelli dell'Obbedienza devono risultare
inseriti negli elenchi ufficiali, non dia la garanzia che i componenti della loggia demolita vengano
sospesi od espulsi. Vedremo successivamente, dalle testimonianze dei fratelli calabresi da me
intervistati, come venga giustificato il fatto che, nonostante si decida di demolire un'intera loggia –
e non, ad esempio, sospendere solo alcuni fratelli – non è detto che tutti i componenti della loggia in
questione si siano macchiati di colpe per le quali debbano essere sospesi od espulsi.
Un ultimo aspetto da considerare riguarda i rapporti che dal dicembre 2016 intercorrono tra il Goi e
la Commissione antimafia, con la netta presa di posizione da parte di Bisi che ritiene la richiesta
della Commissione circa la consegna degli elenchi dell'Obbedienza, una «discriminazione e un atto
intimidatorio»183, appellandosi alla legge sulla privacy: «[...] consegnando gli elenchi dei circa 23
mila fratelli del grande Oriente d'Italia, compiremmo noi stessi un reato, in quanto il Parlamento
italiano nel 2003 ha approvato una legge, la cosiddetta legge sulla privacy, che tutela la riservatezza
dei dati sensibili»184. La presidente della Commissione è interessata a capire cosa intenda Bisi per
“dati sensibili”. Il Gran Maestro, in proposito, sostiene: «Tra i dati sensibili, ci sono le appartenenze
culturali, le inclinazioni filosofiche e sessuali, e quindi l'appartenenza a una comunione massonica,
qual è il Grande Oriente d'Italia [...]» 185. Quindi, l'affiliazione stessa al Goi, per Bisi, risulterebbe un
dato sensibile, da qui la volontà di non voler consegnare gli elenchi dell'Obbedienza alla
Commissione, nonostante la Bindi abbia più volte ribadito come tali elenchi manterrebbero, negli
archivi della Commissione, il regime di segretezza186.
Nonostante ciò, agli inizi di marzo lo Scico (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità
organizzata) della Guardia di Finanza ha sequestrato gli elenchi di tutti gli iscritti al Grande Oriente
d’Italia di Calabria e Sicilia.
La decisione di Bisi di opporsi fino all'ultimo per evitare il sequestro delle liste è in linea con una
258
condotta tenuta dal Goi in vari momenti delicati della sua storia. Basti pensare alle resistenze
opposte da Armando Corona durante i lavori della Commissione Parlamentare sulla P2 e ricordare
come uno dei principali motivi che spinsero Giuliano Di Bernardo a dimettersi dalla carica di Gran
Maestro fu quello di aver consegnato le liste dell'Obbedienza alla magistratura durante le inchieste
di Agostino Cordova.
Ma la vicenda non si conclude qui. Come, infatti, leggiamo nel numero di marzo della rivista del
Goi, Erasmo187:
Nell'articolo si riporta anche l'avvenuta costituzione di un Collegio, aperto alle proposte di tutti
coloro che «hanno avvertito l’iniziativa della Commissione come preludio di una deriva populista
ed autoritaria ora scaturita anche dalle proposte di legge contro la Massoneria annunciate dal
deputato Pd Davide Mattiello e dall’on. Claudio Fava, entrambi componenti della stessa
Commissione Antimafia», ricordando come questo ricalchi un modello sul quale già il fascismo si
era cimentato con la legge sulla regolarizzazione dell’attività delle associazioni, promulgata il 26
novembre 1925, alla vigilia delle leggi speciali di abolizione dello Stato liberale e di instaurazione
della dittatura.
Come si legge sul numero di aprile della rivista Erasmo, non avendo il Grande Oriente ricevuto
nessuna risposta entro il termine indicato dei dieci giorni, il 31 marzo ha provveduto a denunciare
tutti i membri che fanno parte della Commissione parlamentare antimafia e ha chiesto alla
magistratura «una verifica delle liceità dei comportamenti e degli atti adottati dalla Commissione e
dai suoi componenti»188.
189
In seguito, una notizia battuta dall’Ansa l’11 aprile e riportata sul sito del Grande Oriente ,
riferiva della decisione della Bindi di dissequestrare gli elenchi di tutte le Obbedienze massoniche,
187
Grande Oriente d'Italia (2017), “L’ultimatum all’Antimafia”, Erasmo notizie, 3(II): 19,
<http://www.grandeoriente.it/wp-content/uploads/2017/03/Erasmo-n.3-marzo-2017.pdf>, [ultima cons. 02-05-
2017].
188
Grande Oriente d'Italia (2017), “Il Goi fa ricorso a Strasburgo”, Erasmo notizie, 4(II): 5,
<http://www.grandeoriente.it/wp-content/uploads/2017/04/erasmo_04_WEB.pdf>, [ultima cons. 02-05-2017].
189
Grande Oriente d'Italia, Massoneria: Bindi, elenchi possono essere dissequestrati, 11 aprile 2017.
<http://www.grandeoriente.it/massoneria-bindi-elenchi-possono-dissequestrati-ansa/>, [ultima cons. 02-05-2017].
259
dopo il completamento da parte dello Scico dell’acquisizione della documentazione.
Come risposta il Grande Oriente, in un comunicato, osservava che «“la Commissione presieduta
dall’on. Bindi, avendo agito in violazione della legge istitutiva” non poteva acquisire “alcunché di
quanto illecitamente sequestrato”, né “informatizzarlo” e che non avrebbe dovuto “dissequestrare”
bensì restituire “quanto indebitamente appreso presso la sede del Goi, come richiesto nella istanza
di revisione in autotutela” e “con espressa garanzia che nessuna copia, di nessun genere, di quegli
atti sia stata trattenuta dalla Commissione, dai collaboratori e dallo Scico”»190.
Come si continua a leggere nell'articolo, il 19 aprile il Goi ha comunicato di avere depositato
dinanzi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo un ricorso contro le iniziative della
Commissione antimafia e dei suoi componenti, definendo fortemente discriminatorie le azioni da
questi messe in atto.
Interessante qui riportare come già nel 2001 e nel 2007 il Grande Oriente abbia presentato e vinto
due ricorsi alla Corte Europea di Strasburgo contro due leggi regionali, una adottata dalle Marche e
l’altra dal Friuli Venezia Giulia, che stabilivano che chi avesse voluto ricoprire determinate cariche
pubbliche avrebbe dovuto dichiarare la propria eventuale appartenenza alla massoneria. Come si
legge sul sito del Goi: «I giudici europei hanno dato ragione al Grande Oriente d’Italia che si era
appellato agli articoli 11 e 14 della Convenzione dei diritti dell’uomo, sostenendo che non ci
possono essere restrizioni al diritto di associazione e che il godimento di tutti i diritti riconosciuti
dalla Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione»191.
Leggendo la sentenza della Corte in merito alla vicenda del Friuli Venezia Giulia 192, il Goi può
ritenersi “vittima” di violazione dell’Articolo 11 della Convenzione, che tutela la libertà di riunione
e di associazione; in questo caso, quindi, deve essere applicato l’Articolo 14 della Convenzione che
sancisce il divieto di discriminazione. La Corte osserva che la norma adottata dalla regione Friuli
Venezia Giulia distingue, da una parte, tra le associazioni segrete e massoniche, la cui appartenenza
deve essere dichiarata e, dall'altra parte, tutte le altre associazioni. Risulta evidente come via sia un
differente trattamento tra i membri della massoneria e i membri di ogni altra associazione non
segreta.
La Corte ha osservato che, in base alla legislazione del Friuli Venezia Giulia, l’appartenenza alla
massoneria non comportava l’esclusione automatica della nomina ad uno dei posti pubblici in
190
Ibid.
191
Grande Oriente d'Italia, Massoneria e diritti. I ricorsi del Grande Oriente d’Italia alla Corte Europea, 24 gennaio
2017. <http://www.grandeoriente.it/massoneria-diritti-ricorsi-del-grande-oriente-ditalia-alla-corte-europea/>, [ultima
cons. 02-05-2017].
192
Corte europea dei diritti umani, Giurisprudenza 26740/02, 31 maggio 2007, Grande Oriente d’Italia di Palazzo
Giustiniani c/ Italia (n. 2). <http://www.europeanrights.eu/index.php?funzione=S&op=2&id=199>, [ultima cons.
02-05-2017].
260
concorso; ciò è dimostrato dal fatto che il Consiglio regionale ha poi scelto, per ricoprire le funzioni
della carica messa a concorso, un candidato che aveva dichiarato di appartenere alla massoneria. La
Corte osteggia, tuttavia, il fatto che in Friuli Venezia Giulia soltanto i membri di un’associazione
massonica siano obbligati a dichiarare la loro affiliazione allorché si candidano per la nomina a
determinati incarichi di competenza regionale, e non i membri di altre associazioni non segrete
come, ad esempio, «i partiti politici, o i gruppi di sostegno di idee razziste o xenofobe, o meglio [...]
le sette o associazioni aventi organizzazione interna di tipo militare o stabilenti un legame di
solidarietà rigido o irriducibile tra i loro membri o ancora perseguenti un’ideologia contraria alle
regole della democrazia»193.
Come accennato, occorre notare come poco venga fatto dal Goi per combattere le massonerie spurie
ed indagare a fondo quando l'Obbedienza viene chiamata in causa per rapporti opachi intessuti con
settori vari del mondo profano, mentre vi è una pronta mobilitazione nel momento in cui si pone il
problema di tutelare la riservatezza dei propri affiliati. Come mi ha detto un ex massone da me
intervistato:
È vero che quando il Goi scopre o fai qualcosa ti elimina, è vero, ma a volte non indaga neanche più di tanto. La
loggia coperta esiste, ne esistono tante, molto spesso esistono associazioni che sono logge coperte. Abbiamo dei
massoni che si fanno un’associazione che è una loggia coperta. […] Il Goi indaga se la cosa va a intaccare la loro
Istituzione, e poi quando li intervistano sono dei criminali per loro, però poi alla fine quei criminali un po’ li han
coperti. Come ti ho detto prima, molti nomi non vengono scritti nelle associazioni [Interv. 4_ex, 40].
Come ha scritto Galli (1998, 183-184), «la massoneria storica di Palazzo Giustiniani […] e il suo
vertice, hanno una responsabilità di gestione politica, lunga decenni, responsabilità sotto un duplice
profilo: in primo luogo hanno accettato di far apparire l’istituzione come un soggetto comprimario
sulla scena politica; e, in secondo luogo, non hanno voluto o saputo fare chiarezza, con una franca
assunzione di responsabilità per quella scelta (che, con terminologia giuridica, potrebbe essere
definita di “millantato credito politico”), quando la scelta stessa ha dato luogo a interpretazioni che
hanno dato all’istituzione l’immagine di cui fatica tuttora a liberarsi, sino alla presunzione di una
sistematica attitudine all’illegalità e addirittura a rapporti con il crimine organizzato».
Se in certe situazioni il Goi non ha «voluto o saputo fare chiarezza», per altre questioni si è
mobilitato in maniera incisiva, come nel caso dei ricorsi alla Corte Europea. Questo aspetto
contribuisce a sottolineare quelle ambivalenze proprie dell'Istituzione che ho provato a far emergere
nel corso di tutta la ricerca e che, come vedremo meglio nelle conclusioni, costituiscono un
elemento identitario molto forte per il Goi. L'ambivalenza, in questo caso, consiste nel continuo
richiamo ai concetti di trasparenza ed apertura al fine di togliere quello stigma negativo che, negli
193
Ibid.
261
anni, si è cucito addosso all'Obbedienza, ma poi le reali azioni di denuncia del Goi si esplicano per
lo più proprio a difesa della riservatezza dei suoi affiliati.
In un tessuto sociale economico politico come può essere la Calabria piuttosto che, magari diciamocelo, poi per
carità, di tutto e dappertutto, Calabria, Sicilia, forse più facile che ci sia il fiorire di qualche cosa che… non
all’interno della nostra Istituzione, ma in generale ci possono essere… lei capisce che se un giorno uno si sveglia e
dice “ah io, facciamo l’Oriente di” e prende e si radunano, si identificano come tali, in realtà sono tutto tranne che
dei bravi massoni […] perché comunque è inutile star lì a, perché il tessuto è quello, ahimè può succedere [Interv.
20, 57, Piemonte].
Un altro fratello piemontese che ha lavorato per anni in Calabria, mi ha subito detto che sarebbe
stato interessante proseguire questa ricerca prendendo in considerazione le logge di questa regione:
Perché comunque io c'ho lavorato al sud […] viene vista un po' diversamente... in certe logge del sud un minimo
di clientelarismo esiste, perché conosco della gente... […] ho avuto a che fare per lavoro, […] ho conosciuto dei
personaggi che comunque poi ho scoperto che erano fratelli, però è logico che sti personaggi agivano nel mondo
degli appalti, del clientelarismo, in questo modo... per quello che dico che giustamente due tre logge son state
chiuse, e certo...[…] io conosco bene la città di Crotone che è una città molto... non è Cosenza... Crotone è una città
difficile, vuoi per i problemi di lavoro, vuoi questo vuoi quello e sti personaggi sono loro, sono loro che hanno
guidato e guidano queste città, questi grossi comuni... chi è che fa, sono i 4 o 5 persone che son sempre lì [Interv.
21, 62, Piemonte].
Successivamente gli ho chiesto perché, secondo lui, l'appartenenza alla massoneria aiuti per fare
degli illeciti:
Eh aiuta... aiuta in modo laterale secondo me, perché è logico se io sono un certo personaggio di Crotone e devo
magari lavorare, che lo stesso mio equivalente è un personaggio di Reggio Calabria, che se in condizioni normali
andassi a vincere un appalto in zona a Reggio Calabria, non vado a lavorare là perché al primo colpo mi bruciano,
non mi fanno neanche aprire il cantiere [...]. Se invece due sono tutti e due nella stessa Istituzione magari, una volta
tu lavori da me, una volta io lavoro da te [Interv. 21, 62, Piemonte].
262
Ai fratelli calabresi, invece, ho fatto domande dirette sulla vicenda delle logge demolite. Il primo
elemento che molti hanno sottolineato è come, in generale, i controlli siano numerosi all'interno del
Goi e venga rispettato il requisito della territorialità proprio per evitare che fratelli di una città
vengano iniziati in logge di altre città dove, magari, i loro trascorsi sono meno conosciuti. I fratelli
aggiungono che, anche qualora qualcosa dovesse sfuggire, appena c'è odore di irregolarità
prontamente si fanno le ispezioni e si prendono i dovuti provvedimenti:
Se è libero e di buoni costumi, se non c'ha carichi pendenti, però anziché essere di Vibo è di Catanzaro, perché
non può entrare a Vibo? Il Goi non l'accetta assolutamente... perché dice, se è di Catanzaro poi potrebbe avere delle
situazioni che voi a Vibo non conoscete, se entra a Catanzaro chiaramente qualche fratello saprà se è in odore di
mafia, se non è bravo veramente... anche se non c'ha i carichi pendenti e però non è di buoni costumi, come fate a
saperlo voi a Vibo? E quindi c'è un'attenzione assoluta […] il controllo c'è ed è forte [Interv. 25, 44, Calabria].
L'idea che mi sono fatto è di un lavoro fatto bene, che non si è fermato a quello che era l'evento in sé ma che è
stato realmente sviscerato... l'abbattimento è un segno chiaro di limpidezza, di una cosa fatta bene, di un Grande
Oriente serio che se vede qualche cosa che non va e se ne accorge, e se ne accorge perché in loco se ne accorge,
agisce subito, molto più rapidamente di una cosa qualunque fra virgolette non massonica del Goi [Interv. 27, 53,
Calabria].
In linea generale si ricalca la posizione del Gran Maestro Bisi che parla di problemi organizzativi e
rituali, aggiungendo che il tema delle infiltrazioni 'ndranghetiste, qualora sussista, sia compito della
magistratura accertarlo:
Quando una loggia non fa i verbali che deve fare, non trasmette nel modo dovuto le carte e le informazioni a
Roma, allora la loggia vuol dire che non funziona e siccome noi non possiamo eventualmente controllarla, la
chiudiamo perché non è detto che ci sono mafiosi là, nessuno lo può affermare, salvo che lo Stato non lo accerti
[Interv. 24, 80, Calabria].
Allora queste tre logge innanzitutto sono state demolite perché non svolgevano, noi abbiamo dei regolamenti e
delle costituzioni… e devono essere svolti i lavori con una certa ritualità, una certa assiduità, una certa
partecipazione… se non vengono fatti questi, ci sono i nostri organi che intervengono e provvedono alla loro
demolizione, se poi ci sono problemi che riguardano il mondo profano nelle Officine, questo è un problema che
riguarda l’attività che devono svolgere gli organi competenti, non certo noi… noi abbiamo provveduto, cioè penso
che ha provveduto il Goi, se ha ritenuto opportuno demolirle, da quello che so io, perché non svolgevano
determinate attività che riguardano la nostra istituzione, perché se io sono della loggia Logoteta, ci dobbiamo
riunire due volte al mese, non ci riuniamo, non seguiamo la ritualità e altro, ovviamente… [Interv. 28, 65, Calabria].
Ci sono sia situazioni di irregolarità rituale, cioè lavori non fatti per come dovevano esser fatti… [ Che significa
irregolarità rituale?] banale… c’è un calendario di lavoro che tu devi rispettare, ti riunisci come noi il secondo e
quarto venerdì di ogni mese, tu il secondo e il quarto venerdì ti devi riunire, ma non ti devi riunire in maniera
sportiva… esplicando quelle tornate a livello rituale… se per un qualsiasi motivo si viene a sapere che ciò non
avviene, ci sono i cosiddetti ispettori circoscrizionali che fanno le verifiche e questo può portare alla sospensione
dell’Officina [Interv. 30, 57, Calabria].
Il Presidente del Collegio circoscrizionale della Calabria ha ribadito che i motivi ufficiali della
demolizione delle logge calabresi sono il non rispetto della ritualità massonica, ma ha aperto anche
263
scenari alternativi:
[Le ispezioni da cosa son partite, c’è stato qualcuno all'interno che ha denunciato un fatto?] dalla stampa
generalmente… poi ovviamente non per un articolo si demolisce una loggia… […] [Quali sono i motivi per cui son
state chiuse queste logge?] [sospira] formalmente per un modus operandi che non rispettava la ritualità…[…]
informalmente… quando non si rispetta la ritualità qualcosa dietro ci potrebbe essere…[…] se non ci si riunisce
ritualmente, se non si segue un rituale, se non si tengono quelle poche carte che si debbono tenere, se in ogni loggia
su 20 persone ci sono i guelfi e i ghibellini… sono quelle situazioni che ovviamente urtano contro i principi
dell’assonanza e della fratellanza [Interv. 26, 70, Calabria].
Gli chiedo se se la senta di parlare di eventuali infiltrazioni 'ndranghetiste nelle logge demolite, lui
rimanda alla magistratura, aggiungendo però che se all'interno di una loggia c'è un fratello che ha
assunto comportamenti non in linea con i regolamenti massonici, si sospende o si espelle il fratello
e non l'intera loggia:
No no questo è un discorso di indagine giudiziaria, non è che io faccio il poliziotto... il discorso... è chiaro che nel
momento in cui dovesse accadere che un iscritto dovesse essere toccato da situazioni di questo tipo, non è che per
uno si demolisce la loggia, si invita il fratello della situazione a mettersi un pochettino vacante finché la questione
non si chiarisce... se poi la cosa non si chiarisce favorevolmente lo si saluta e arrivederci […] per demolire una
loggia debbono verificarsi dei fatti di carattere collettivo, diciamo, che hanno una certa collegialità. […] però se si
determinano situazioni in cui non si riesce a tenere l'amalgama, a tenere dei comportamenti... 40-50% contro l'altro
40-50% a quel punto che ritualità vuole che ci sia... l'iniziatico se n'è andato a quel paese. [...] Poi quali sono i
motivi che spingono gli uni contro gli altri, saranno motivi di voler emergere gli uni e gli altri nello stesso ambito,
possono essere legati ad eventi del mondo profano esterno, allora se tutte queste cose vengono messe insieme... il
presupposto di stare insieme è quello di essere fratelli [Interv. 26, 70, Calabria].
Come ha ribadito un intervistato, «ci sono fratelli che non hanno nessuna colpa, hanno quasi subito
l'evento, e non è giusto che paghino per colpa di tre» [Interv. 27, 53, Calabria]. Non si conosce il
numero dei fratelli che ha tenuto comportamenti irregolari all'interno delle logge demolite, però è
venuta spontanea la domanda sul perché si sia deciso di chiudere l'intera loggia anziché sospendere
solo alcuni fratelli. La stessa domanda viene posta dalla presidente della Commissione antimafia al
procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, che risponde nel modo seguente: «[...] io so che, se un
massone sbaglia, commette un errore, non si chiude la loggia, ma il massone verrà messo in sonno
per tre mesi, quattro mesi, ad esempio se ha millantato nella sua attività lavorativa. Per logica
conseguenza, se le colonne sono state abbattute, quindi se il tempio è stato chiuso sarà successo
qualcosa di più grave delle mancanze o delle violazioni procedurali dell'Ordine»194.
Gli intervistati di questa ricerca aggiungono degli elementi che non compaiono nelle carte della
Commissione antimafia ma che, al pari del pensiero di Gratteri – comune a molti, anche alla
sottoscritta – hanno una loro logica. I fratelli calabresi con cui ho parlato, infatti, sono piuttosto
194
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 191 di Mercoledì 22 febbraio 2017, p. 2. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=02&giorno=22&idCommission
e=24&numero=0191&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 02-05-2017].
264
concordi nel dire che se le persone che hanno tenuto un comportamento non idoneo sono i fratelli
che ricoprono cariche all'interno della loggia, per motivi strettamente organizzativi la loggia deve
essere demolita:
Dipende dal ruolo che hanno... se uno è uno dei dignitari di loggia è chiaro che non puoi, devi salvaguardare i
fratelli che sono fratelli buoni... [Che vengono smistati poi nelle altre logge?] Certo [Interv. 29, 55, Calabria].
Ovviamente ci sono le cariche della loggia, se mancano le cariche della loggia ovviamente si demolisce la loggia
[Interv. 28, 65, Calabria].
Dal primo commento si capisce come i fratelli che non hanno commesso alcuna irregolarità,
vengano poi smistati in altre logge. Un intervistato tende però a precisare che i fratelli delle logge
demolite possono essere ricollocati in altre logge, ma devono passare un ulteriore filtro di controlli:
Possono essere ricollocati… si però quando ricollocano c’è un filtro di nuovo da fare, il filtro può essere pure che
non rientrino… [...] ipotesi, un’Officina viene demolita, ci sono tre quattro fratelli che non sono in linea, poi non è
che possono essere assunti da un’altra Officina e allora l’altra Officina valuterà se è il caso o no di assorbirli o
meno, perché non è detto che passano [Interv. 28, 65, Calabria].
Le indagini della Commissione parlamentare Antimafia sono in corso, quindi risulta difficile
esprimere ulteriori considerazioni sulla vicenda. Solo analisi più accurate potranno far luce sui
legami che nel tempo si sono costituiti tra 'ndrangheta e massoneria, per poter delineare in maniera
sempre più netta quei confini opachi dell'area grigia in cui confluiscono gruppi di potere di diversa
natura. Un'area che sembra assumere nuove forme di pari passo ai mutamenti di obiettivi e strategie
che investono gli stessi gruppi che, man mano, entrano a far parte di quel circuito.
265
quasi metastorico, strutturalmente coeso, centralizzato, unito e rivolto al perseguimento di una
precisa strategia per un cambiamento radicale della società, non percependo in tal modo le radicali
differenze esistenti al suo interno».
Potremmo tracciare dei paralleli tra la difficoltà di analizzare il rapporto tra massoneria e società
segrete durante la Restaurazione e il rapporto tra massoneria e criminalità organizzata. Questa è una
delle parti su cui avrei voluto focalizzare maggiormente la mia attenzione ma, durante il lavoro, mi
sono accorta di dover procedere per piccoli passi data la scarsità di indagini sociologiche sulla
libero muratoria, proprio per evitare di cadere nell'errore di pensare di avere a che fare con
un'organizzazione coesa, centralizzata, omogenea e rivolta verso il perseguimento di una strategia
precisa, specie in ambito profano. Quindi ho fatto rientrare il rapporto tra massoneria e criminalità
organizzata in uno dei tanti aspetti dell'Obbedienza che ho preso in esame, ossia la parte nascosta e
latente.
In questa sezione del lavoro, che somiglia più ad uno studio preparatorio per approfondimenti
futuri, provo a capire a quali anni e a quali contesti vengano fatti risalire i contatti tra massoneria e
mondo della criminalità organizzata. A questo quadro introduttivo seguiranno alcune riflessioni.
195
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.
Relazione del presidente Violante sui rapporti tra mafia e politica. Seduta del 6 aprile 1993, p. 64.
266
l'Oss (Office of Strategic Services) con i capomafia siciliani. Non è questa la sede per riprendere le
fila di un articolato dibattito intorno ad un tema controverso come quello dello sbarco in Sicilia e
del ruolo che, eventualmente, vi fu giocato dalla mafia. Certo è che la figura di Sindona emergerà
nuovamente alla fine degli anni Settanta, in collegamento non solo con membri della massoneria –
come abbiamo avuto modo di vedere – ma anche con esponenti mafiosi: «Rapporti tra Cosa Nostra
e la Massoneria erano già emersi nell'ambito dell'attività di due commissioni parlamentari
d'inchiesta, quella sul caso Sindona e quella sulla loggia massonica P2, che avevano approfondito la
vicenda del finto rapimento del finanziere e della sua permanenza in Sicilia dal 10 agosto al 10
ottobre 1979. Della vicenda si erano anche occupate la magistratura milanese e quella palermitana,
accertando i collegamenti di Sindona con esponenti mafiosi e con appartenenti alla massoneria»196.
Pare, infatti, che proprio sul finire degli anni Settanta inizino ad intensificarsi i rapporti tra mafia e
massoneria italiana e, secondo diverse risultanze processuali, fu il boss Stefano Bontate la figura
principale in questo sforzo di avvicinamento. I pm del processo nei confronti di Gaetano Cinà e
Marcello Dell'Utri, scrivono: «Il tema della massoneria è centrale in questa parte della requisitoria
che riguarda la fine degli anni '70. È fondamentale per l'associazione mafiosa, e specie per Bontate,
che voleva svezzare Cosa nostra ed introdurla ancora di più negli ambienti che contano. Tramite la
massoneria viene acquisita una serie di contatti […]. La massoneria – ed in particolare proprio Licio
Gelli […] – in quel periodo si trova al centro di una serie di interessi, che avevano come propri
terminali associati mafiosi»197.
Le fonti a cui possiamo attingere per delineare le tracce di questi rapporti sono soprattutto le
testimonianze dei collaboratori di giustizia. Il pentito Antonino Calderone riferisce che Bontate
aveva ricevuto l'autorizzazione a far parte della massoneria – in deroga ad una vecchia regola di
Cosa Nostra – per perseguire i fini dell'associazione mafiosa e poter contattare persone potenti non
associate a Cosa Nostra: «Antonino Calderone sostiene che nel 1977 una loggia segreta della
massoneria avrebbe chiesto ai vertici di Cosa Nostra di far affiliare due uomini d'onore per ciascuna
provincia. Stando a quanto riferitogli dal fratello Giuseppe, la proposta sarebbe stata accettata, con
l'ingresso in massoneria di Michele Greco e Stefano Bontate per la provincia di Palermo [...].
Calderone ha illustrato il ruolo che gli iscritti alla massoneria potevano svolgere nel favorire la
posizione giudiziaria degli uomini d'onore, avvicinando i magistrati massoni»198.
Il collaboratore di giustizia che riesce a fornire informazioni più precise è Gioacchino Pennino, che
196
Ivi, p. 60.
197
Testo della requisitoria relativa al procedimento penale numero 4578/96 N.R nei confronti di Gaetano Cinà e
Marcello Dell'Utri, Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Direzione Distrettuale Antimafia, in
Gomez P., Travaglio M., L'amico degli amici (2005), Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, p. 227.
198
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.
Relazione del presidente Violante sui rapporti tra mafia e politica. Seduta del 6 aprile 1993, p. 62.
267
aveva fatto parte di una loggia del Goi e, prima ancora, sin dagli anni Sessanta, dell'Ordine di Rito
Scozzese Antico ed Accettato di cui era stato Sovrano Gran Commendatore Giovanni Alliata di
Monreale dal 1955 al 1960. Pennino racconta che facevano parte della stessa massoneria anche
Michele Sindona e alcuni associati a Cosa Nostra come Angelo Cosentino, Giuseppe Calò e Luigi
Faldetta. È ancora è lui a dire che fu Giovanni Alliata a presentare Michele Sindona a Stefano
Bontate199.
Nel dizionario di mafie e antimafia alla voce massoneria200, Alessandro Dino riporta una
testimonianza riferita da Pennino al tribunale di Palermo durante il procedimento penale a carico di
Giuseppe Mandalari, in cui il collaboratore racconta di aver incontrato Bontate qualche mese prima
che venisse ucciso, nel corso del 1980. In quell'occasione, lo stesso Bontate gli riferì di essere
«Grande Maestro Venerabile di una loggia, di una super loggia, […] che era un movimento
associativo di tante logge segrete [e] doveva avere il compito appunto di abbinarsi, di entrare in
simbiosi con Cosa nostra per poter far sì che […] il potere, soprattutto economico […] potesse
allargarsi». Pennino prosegue dicendo che fu ancora Bontate ad aver preso degli accordi in Calabria
e ad aver intessuto delle trattative per allargare il suo piano in questa regione: «Mi chiese di aderire
– prosegue Pennino – perché aveva bisogno di aiuto e, sapendo che io avevo avuto un'esperienza
massonica […]». Bontate aveva parlato a Pennino anche di suo cognato, Giacomo Vitale,
dicendogli che faceva parte di una massoneria ufficiale e che Bontate «lo utilizzava in questi scopi»
ma era una persona che parlava troppo e di cui non ci si poteva fidare. Per questo motivo stava
chiedendo aiuto direttamente a Pennino.
La domanda che sorge spontanea è che cosa potesse offrire la massoneria alla mafia e viceversa.
Come riportato dalla Commissione antimafia, «si può affermare che il patto massoneria-mafia è
servito a creare una struttura di potere, sul modello di setta segreta, con funzione di comitato di
affari (non solo economici), all’interno del quale ciascuno dei due poteri occulti trovava il proprio
interesse. I massoni potevano usufruire del potere militare e intimidatorio delle cosche, mentre i
mafiosi usufruivano della copertura e degli appoggi che i massoni potevano fornire a livello
politico, amministrativo, imprenditoriale e giudiziario»201.
Si legge nella relazione di Luciano Violante che «le affiliazioni massoniche offrono
all'organizzazione mafiosa uno strumento formidabile per estendere il proprio potere, per ottenere
favori e privilegi in ogni campo: sia per la conclusione di grandi affari sia per “l'aggiustamento” dei
199
Requisitoria del pubblico ministero Luca Tescaroli al processo «Omicidio di Roberto Calvi», Procura della
Repubblica, Tribunale di Roma, Procedimento penale 13034/95 RG Noti, Roma, 9 marzo 2007, parte I, p. 8.
200
Dino A., Dizionario enciclopedico di mafie e antimafia, 2013, s.v. “massoneria”, p. 368
201
Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari,
relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria. Relatore: Senatore Figurelli, 26 luglio 2000,
p. 128.
268
processi, come hanno rivelato numerosi collaboratori di giustizia»202. Del resto, come sostiene
Cipriani (1993, XIII), la massoneria poteva ben prestarsi, per sua natura, ad essere luogo di incontro
tra poteri clandestini poiché, da sempre, offrirebbe sedi riservate e sicure in cui incontrarsi.
La chiave per comprendere i legami di Sindona con Bontate ed altre famiglie mafiose, pare proprio
quella dei canali per riciclare e investire i soldi: « […] come si ricava dalla lettura a sistema delle
indicazioni di Gioacchino Pennino – il quale ha riferito, per averlo appreso da Stefano Bontate e
Giacomino Vitale, che anche i proventi illeciti della famiglia di “Uditore-Passo di Rigano”, erano
convogliati nelle holding di Sindona poi, in parte, transitati nel Banco Ambrosiano [...]»203.
Anche nel dizionario di mafie a antimafia204 si ribadisce come i rapporti tra mafia e massoneria, in
quegli anni, si saldassero intorno alle operazioni di riciclaggio del denaro proveniente dal traffico
internazionale di stupefacenti e si aggiunge che Bontate, insieme a Inzerillo e alla famiglia
Gambino, si affidasse a Sindona per il riciclaggio e l'investimento di questo denaro. Sappiamo
inoltre che Bontate ospitò Sindona nel 1979 in occasione della fuga del finanziere in Sicilia.
Pennino aggiunge che quando vi fu il crack delle banche di Sindona, questi canalizzò il denaro
presso il Banco Ambrosiano di Calvi205. E proprio in ragione delle inadempienze di Roberto Calvi,
quest'ultimo andrà incontro alla sua triste e nota fine: «[...] dalla deposizione dei collaboratori di
giustizia Francesco Marino Mannoia, Gaspare Mutolo, Angelo Siino e Gioacchino Pennino è
emersa “un’altra ragione che può aver causato l’omicidio”, vale a dire il fatto che “Roberto Calvi si
era reso inadempiente nei confronti delle famiglie mafiose, dalle quali aveva ricevuto ingenti
somme di denaro provenienti dalle loro illecite attività, con l’incarico di riciclarle e di
investirle”»206.
Pennino aggiunge elementi sul finto sequestro di Sindona, che secondo le sue testimonianze era
stato aiutato a fuggire dagli Stati Uniti dalla famiglia Gambino e che la sua prima tappa in Italia era
stata Brindisi e poi la Sicilia, dove era stato ospitato dalla famiglia Inzerillo e dal capomafia
Vincenzo Spatola207.
Il personaggio di riferimento della famiglia Gambino è John Gambino, italiano naturalizzato
statunitense, legato alla mafia siciliana nel periodo che ha preceduto il suo arrivo negli Stati Uniti,
202
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.
Relazione del presidente Violante sui rapporti tra mafia e politica. Seduta del 6 aprile 1993, p. 60.
203
Procura della Repubblica, Tribunale di Roma, Procedimento penale nei confronti di Giuseppe Calò, Flavio Carboni,
Ernesto Diotallevi e Silvano Vittor, per l’omicidio di Roberto Calvi. 21 gennaio 2008, p. 26.
204
Dino A., Dizionario enciclopedico di mafie e antimafia, 2013, s.v. “massoneria”, p. 369.
205
Requisitoria del pubblico ministero Luca Tescaroli al processo «Omicidio di Roberto Calvi», Procura della
Repubblica, Tribunale di Roma, Procedimento penale 13034/95 RG Noti, Roma, 9 marzo 2007, parte I, pp. 116 ss.
206
Procura della Repubblica, Tribunale di Roma, Procedimento penale nei confronti di Giuseppe Calò, Flavio Carboni,
Ernesto Diotallevi e Silvano Vittor, per l’omicidio di Roberto Calvi. 21 gennaio 2008, p. 468.
207
Requisitoria del pubblico ministero Luca Tescaroli al processo «Omicidio di Roberto Calvi», Procura della
Repubblica, Tribunale di Roma, Procedimento penale 13034/95 RG Noti, Roma, 9 marzo 2007, parte I, pp. 120-121.
269
dove entrerà in contatto con Cosa Nostra statunitense.
Senza entrare troppo nello specifico della vicenda del banchiere Sindona, occorre dire che la
simulazione del suo sequestro pare avesse come obiettivo quello di portare a buon fine il
salvataggio delle sue banche e quindi del denaro investito da alcuni mafiosi, Gambino compreso.
Non è chiaro se il finto sequestro fosse stato organizzato direttamente da Gambino, Bontate e
Inzerillo o se questi ne abbiano solo preso parte, lasciando l'organizzazione al medico di Sindona,
Miceli Crimi, il cui nome verrà trovato anch'esso nella lista P2, aiutato secondo alcune fonti anche
dal boss Giacomo Vitale. Come si legge nella relazione di Violante, «nel suo soggiorno siciliano
Sindona è attorniato da piduisti, massoni e mafiosi: Joseph Miceli Crimi gli procura la ferita alla
gamba; Salvatore Bellassai, funzionario della Regione è il suo ospite; i capimafia Rosario Spatola,
Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo si incontrano con lui, i guardaspalle Antony Caruso e Joseph
Macaluso sono massoni e mafiosi del clan Gambino, così come gli accompagnatori Vitale e
Fodera»208. Più avanti nella relazione viene riportato un brano dell'ordinanza di rinvio a giudizio di
Sindona per l'omicidio Ambrosoli dove il giudice Giuliano Turone usa queste parole per descrivere
le persone sopra nominate: «Personaggi in cui la dimensione massonica e la dimensione mafiosa
vengono a congiungersi». Prosegue Violante: «È suo [di Turone] il termine “masso-mafia”, che
designa la commistione di interessi e l'identità delle persone che in quegli anni sono protagonisti di
un'oscura trama eversiva dell'ordinamento democratico»209.
A questo punto occorre dire che Bontate, Giacomo Vitale, Miceli Crimi e Michele Barresi facevano
parte di quella che balzerà alle cronache come la loggia Camea (Centro attività massoniche
esoteriche accettate): «I magistrati di Milano e di Palermo hanno accertato i collegamenti di
Sindona con esponenti della mafia e della massoneria siciliana, nel corso della vicenda del finto
rapimento del finanziere e della sua permanenza in Sicilia dal 10 maggio al 10 ottobre 1979.
Sindona era stato aiutato da Giacomo Vitale, cognato di Stefano Doniate e Joseph Miceli Crimi,
entrambi aderenti ad una comunione di piazza del Gesù, il C.A.M.E.A [...]»210.
Il/la Camea è un'Obbedienza fondata a Rapallo nel 1958 dal medico Aldo Vitale insieme a Giovanni
Allavena, alla guida del Sifar nel 1966, il cui nome verrà ritrovato negli elenchi della P2. Dalle
deposizioni di Angelo Siino211 si capisce che la Camea è un'Obbedienza poiché il collaboratore di
giustizia afferma la sua appartenenza alla loggia Orion di Palermo, precisando che la Camea era una
208
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.
Relazione del presidente Violante sui rapporti tra mafia e politica. Seduta del 6 aprile 1993, p. 99.
209
Ibid.
210
Ivi, p. 62.
211
Siino risulta essere affiliato alla loggia Orion di Palermo del Camea insieme a Giacomo Vitale: vedi allegati
relazione Commissione P2, volume VI, tomo XIV, p. 167.
270
loggia nazionale, mentre la loggia Orion era all'Oriente di Palermo. In sostanza la loggia Orion era
una loggia all'Obbedienza della Camea.
La Camea aveva il suo quartier generale a Santa Margherita Ligure e Siino racconta di un incontro
avvenuto in sede con Roberto Calvi. Nella requisitoria del processo per l'omicidio di Roberto Calvi,
si legge: «Gran Maestro dell’Oriente di Palermo della loggia massonica Camea, con il grado di
trentatre, Angelo Siino ha riferito di aver incontrato per caso Roberto Calvi a Santa Margherita
Ligure all’interno della sede della loggia, una chiesa sconsacrata, adibita a tempio massonico,
mentre stava parlando con l’allora Gran Maestro della loggia, Aldo Vitale, personaggio importante
in quella zona, medico condotto. Siino si era recato a Santa Margherita con Giacomo Vitale,
cognato di Stefano Bontate, massone parimenti appartenente alla loggia Camea»212.
È lo stesso Pennino, come abbiamo detto, a sostenere che il banchiere Roberto Calvi fosse
subentrato a Michele Sindona quando vi fu il crack delle banche di quest'ultimo, per cui il denaro
investito dalla mafia venne canalizzato presso il Banco Ambrosiano di Calvi, il quale non onorerà
gli impegni presi con Cosa nostra, mancando alla restituzione di gran parte del denaro investito. È a
questo punto che Giacomo Vitale si recherà da Licio Gelli con lo scopo di rientrare del denaro che
era stato consegnato a suo tempo al Banco Ambrosiano di Calvi213.
Ancora, il collaboratore Francesco Marino Mannoia ha riferito come il principale canale di
investimento e di riciclaggio di Bontate fosse Sindona, mentre Giuseppe Calò investiva i suoi soldi
attraverso Roberto Calvi e Licio Gelli214.
Nel dizionario di mafie e antimafia215 si riporta come Salvatore Riina e il gruppo dei corleonesi –
Calò, Madonia e altri – puntassero sull'abilità di Gelli per il riciclaggio e l'investimento del denaro;
questo almeno secondo il racconto di Nara Lazzerini, in quegli anni legata sentimentalmente a
Gelli, il quale tra il 1977 e il 1979 giunse in Sicilia «probabilmente anche per tentare l'unificazione
delle logge coperte dell'isola e ottenerne il controllo». Gelli aveva rivelato a Lazzerini che in Sicilia
si incontrava con esponenti della mafia.
271
compongono il mondo libero muratorio italiano.
Il collaboratore di giustizia Tullio Cannella ha riferito che la P2 aveva costituito diverse logge
regionali, praticamente sezioni della P2 stessa sul territorio. Tra queste sezioni vi era appunto la
loggia Camea che, anche se aveva sede in Liguria, era una loggia espressione di gruppi mafiosi
siciliani: «[...] appresi che la P2 aveva costituito diverse logge regionali, tra i quali questa
denominata la Camea che... era una loggia che... era espressione di gruppi… mafiosi della Sicilia
nella fattispecie era una loggia voluta, creata e costituita per volontà di Stefano Bontade»216.
Certo è che la Camea è stata fondata nel 1958 dal medico Aldo Vitale, nato a Napoli nel 1925, che
pare non avesse parentele con Giacomo Vitale. Iniziato in massoneria nel 1944 nella loggia
Garibaldi all’Oriente di Napoli, il 23 Gennaio 1957 passa al Grado trentatreesimo del Rito
Scozzese e il 23 maggio 1958, a Santa Margherita Ligure, alza le Colonne della Camea.
In questo senso verrebbe da escludere la creazione della Camea da parte di Bontate e sicuramente
da parte della loggia P2 diretta da Gelli, se teniamo presente che Gelli è stato iniziato in massoneria
nel 1963, dunque cinque anni dopo la fondazione della Camea. Non è però da escludere la pista
secondo cui la P2 si sia infiltrata all'interno di questo organismo e se ne sia servita in qualche modo.
Dal sito della Camea217 si legge come Aldo Vitale, già dai primi anni Sessanta, avesse tentato una
riunificazione con le altre Obbedienze italiane, ma che solo nel 1973 riuscì ad avere contatti con il
Gran Maestro del Goi, Lino Salvini e con il Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia di Palazzo
Vitelleschi, Giovanni Ghinazzi. Nel 1974, trovato il punto unificatore, seicento fratelli della Camea
entrarono a far parte «della tanto sospirata Unione Massonica».
Dopo soli quattro anni, senza che se ne comprendano chiaramente i motivi, quella unificazione non
aveva avuto il risultato sperato e quindi il 18 febbraio 1978 venne stilato il primo verbale della
ricostituzione della «Loggia madre Camea», all’Oriente di Santa Margherita Ligure. Il 2 aprile 1978
la Camea riprende i lavori, «ma a causa dei tristi eventi verificatisi negli anni successivi, ed il
conseguente momento poco propizio per la Massoneria Italiana, Aldo Vitale nell'anno 1982,
onorando il suo Grado e la responsabilità verso la Massoneria Mondiale, prende la decisione con i
Fratelli del Supremo Consiglio di porre in sonno le Logge, lasciando il Supremo Consiglio sospeso
per un eventuale ripensamento». Per quindici anni Vitale si pone in sonno e in un lungo silenzio; poi
le vicende della Camea riprenderanno in anni più recenti, ma non credo sia opportuno approfondire
oltre.
L'attenzione va focalizzata sul periodo in cui seicento fratelli della Camea “migrano” nelle
Obbedienze del Goi e della Gran Loggia d'Italia degli Alam, dal 1974 al 1978 circa. Non si può
216
Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Palermo. Requisitoria del P.G. nel procedimento a
carico di Dell’Utri Marcello, imputato del reato p.e.p. dagli artt.110,416 bis c.p., p. 94.
217
Chi siamo, <http://www.supremoconsigliocamea.com/chi-siamo.html>, [ultima cons. 04-04-2017]
272
ignorare il fatto che, come riporta Aldo Mola (2001), nel 1973 vi fu una fusione tra Goi e una parte
della massoneria di Piazza del Gesù, tanto che nelle file del Goi entrò la loggia coperta Giustizia e
Libertà che apparteneva all'Obbedienza di Piazza del Gesù, retta dal Maestro Venerabile Giorgio
Ciarocca, funzionario della Rai, e di cui facevano parte anche il senatore Cesare Merzagora,
Eugenio Cefis, Guido Carli, Enrico Cuccia, Raffaele Ursini (che troveremo coinvolto nelle vicende
sui rapporti tra 'ndrangheta e massoneria), Michele Sindona, Carmelo Spagnolo. I nominativi della
loggia coperta Giustizia e Libertà furono assorbiti dalla loggia P2 di Gelli (Pinotti 2007, 397).
Sono gli stessi anni in cui si dà avvio alle varie unificazioni massoniche che portano molti esponenti
dell'Obbedienza di Piazza del Gesù all'interno della loggia P2 – gli stessi che avranno un ruolo
importante in quella vicenda e i cui nomi risulteranno collegati anche al mondo della criminalità
organizzata – ed esponenti dell'Obbedienza Camea all'interno del Goi e della stessa P2.
273
superloggia legata alla P2 che nascondeva un intreccio tra mafia, armi e droga, in cui erano
coinvolti un centinaio di persone tutte affiliate alla loggia Iside 2, inaugurata a Trapani nella
primavera del 1980 da Licio Gelli. Gli affiliati interferivano sul funzionamento di uffici pubblici e
si occupavano di appalti e di corruzione delle forze dell'ordine.
Molta enfasi viene posta sul rapporto tra il presidente del circolo, Grimaudo, e Giuseppe (Pino)
Mandalari, il “commercialista” di Totò Riina. Giacoma Filippello, convivente del boss Natale l'Ala,
ha raccontato ai giudici di Trapani che Grimaudo faceva da tramite con la mafia trapanese per
curare affari e appoggiare uomini politici vicini ai boss, aggiungendo che la loggia Iside 2,
attraverso le conoscenze mafiose di Natale l'Ala (che apparteneva alla stessa), si interessò di fare
campagna elettorale per i deputati regionali Dc Francesco Canino e Nicolò Nicolosi219.
Quello che qui interessa maggiormente è il ruolo di Gelli nella vicenda. Grimaudo conosceva Gelli,
infatti sarà lui stesso, nel corso del processo che lo vedrà condannato per violazione della legge che
vieta le associazioni segrete, a confermare di avere scritto a Gelli invitandolo in visita ufficiale alla
massoneria del Circolo Scontrino (Flamigni 2005, 368). Nel corso del procedimento giudiziario che
coinvolge gli esponenti del Centro Scontrino, Filippa Barraco e Renata Pinaglia, affiliate ad una
delle logge del Centro, testimoniano di aver appreso da Grimaudo che le logge trapanesi fossero
legate a Gelli. Altri testimoni riferiscono della presenza, all'interno del Circolo, dell'avvocato
Augusto Sinagra, iscritto alla P2 e legale di Gelli (Flamigni 2005, 369). Troverà, inoltre, conferma
l'appartenenza al circolo di Mandalari220 diventato per Cosa nostra, fin dagli anni Settanta, «uno
degli elementi fondamentali di collegamento [della mafia] con la società civile. Un punto di
riferimento costante per il reinvestimento degli illeciti guadagni, per i contatti con il mondo
giudiziario, politico e sociale in genere, nei confronti del quale il Mandalari, forte del suo grado
massonico e della sua statura criminale, ha saputo magistralmente svolgere un ruolo di collante con
l'organizzazione mafiosa»221.
219
Commissione parlamentare antimafia, resoconto stenografico della seduta del 4 dicembre 1992 (n. 38, XI
legislatura) presieduta dall'onorevole Luciano Violante, pp. 1833-1834.
220
Come si legge negli atti della Commissione antimafia, «Mandalari è un esponente significativo della massoneria e
riconobbe, nel 1978, le logge trapanesi che facevano capo a Grimaudo. […] Giuseppe Mandalari, Gran Maestro
della loggia di piazza del Gesù oltre che Sovrano della loggia di Palermo di via Cordova » Commissione
parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari. Relazione del
presidente Violante sui rapporti tra mafia e politica. Seduta del 6 aprile 1993, pp. 62; 100.
Ma la sua storia massonica appare incerta; nel dizionario di mafie e antimafia, infatti, leggiamo di come Mandalari,
il commercialista al servizio dei corleonesi, facesse parte della massoneria dagli anni Sessanta e fosse stato poi
espulso dall'Obbedienza di Palazzo Giustiniani, ossia dal Grande Oriente d'Italia. Dino A., Dizionario enciclopedico
di mafie e antimafia, 2013, s.v. “massoneria”, p. 369.
221
Commissione parlamentare antimafia, seduta del 17 ottobre 1985, Senato della Repubblica, resoconto della
Commissione, relatore onorevole Giuseppe Ayala, pp. 55-56.
274
6.4 'Ndrangheta e massoneria
Come si legge negli atti della Commissione antimafia, alla fine degli anni Settanta iniziano ad
essere segnalate, da parte della magistratura, ipotesi di collegamenti tra criminalità organizzata
calabrese e massoneria. Ma bisognerà attendere la stagione dei collaboratori per avere delle
conferme attendibili: «Solo a partire dal 1992, e in particolare negli atti della Operazione cosiddetta
“Olimpia” della DDA di Reggio Calabria, giungerà una ricostruzione organica di tali rapporti anche
alla luce dei mutamenti che proprio alla fine degli anni Settanta si erano registrati all’interno della
’ndrangheta, mutamenti [...] funzionali proprio alla formazione di quei rapporti e di quei
collegamenti con una parte della massoneria»222.
Esistono molte similitudini tra mafie e massoneria; pensiamo, in generale, al patrimonio simbolico-
rituale di riferimento, ai più o meno rigidi meccanismi di selezione degli affiliati, all'importanza che
il silenzio sulla vita associativa comporta (Davis 1977). E poi ancora alla valenza del rito di
iniziazione, al giuramento o promessa solenne, al fatto che l'affiliazione – ad entrambi i tipi di
organizzazione – sia per la vita, ad eccezione dei casi gravi di espulsione (Hutin 1955).
Il giornalista Mario Guarino (2004, 14-20) fa risalire i contatti organici tra ‘ndrangheta e
massoneria alla metà degli anni Settanta quando al vertice dell’organizzazione mafiosa calabrese si
trovano i fratelli Giuseppe e Girolamo (Mommo) Piromalli, Antonio Macrì e Domenico Tripodo.
Tutti e quattro intrattengono già rapporti con la mafia siciliana e ne mutuano, in parte, la strategia di
avvicinamento alla massoneria: «Don Mommo – rispetto agli altri boss – ha una mentalità meno
legata alle tradizioni ‘ndranghetiste. Sa che l’organizzazione non può restare in eterno in conflitto
con le istituzioni statali. Ergo: allacciare rapporti con esse può soltanto facilitare (e produrre) nuovi
affari. Come? Attraverso la massoneria coperta, sull’esempio di quanto hanno già fatto i suoi
referenti mafiosi in Sicilia: Bontate, Inzerillo, Riina e via via altri boss».
Questa svolta di Mommo Piromalli, secondo Guarino, consentirà di penetrare nelle forze
dell’ordine, nella politica, nella magistratura perché molti degli esponenti di questi istituti
appartenevano anche alla massoneria.
Secondo la testimonianza di Gaspare Mutolo, la massoneria è decisiva per i boss da quando tutti i
punti chiave, sia commercialmente sia nelle istituzioni, sono occupati per la maggior parte da
massoni. Mutolo cita il caso dei processi parlando di giudici compiacenti e, in particolare, di due
psichiatri appartenenti alla P2, usati dai mafiosi per redigere perizie a loro favorevoli: «Mutolo
conferma che alcuni uomini d'onore possono essere stati autorizzati ad entrare in massoneria “per
avere strade aperte ad un certo livello” e per ottenere informazioni preziose, ma esclude che la
222
Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari,
relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria. Relatore: Senatore Figurelli, 26 luglio 2000,
p. 117.
275
massoneria possa essere informata delle vicende interne di Cosa Nostra. Gli risulta che iscritti alla
massoneria sono stati utilizzati per “aggiustare” processi attraverso contatti con giudici massoni.
Riferisce anche sul ruolo svolto dagli psichiatri Semerari e Ferracuti, di cui non conosceva la
comune appartenenza alla loggia P2, nel predisporre perizie favorevoli agli uomini d'onore»223.
Alcuni boss della 'ndrangheta decidono di creare la “Santa”, una sorta di struttura parallela i cui
affiliati – i “santisti” – sono autorizzati a intrattenere rapporti con i rappresentanti delle istituzioni
allo scopo di incrementare e facilitare gli affari e di procurarsi coperture sul piano politico e
giudiziario. Come scrive Catino (2014, 286) sin dalla seconda metà degli anni Settanta è stata
costituita la Santa, un'«organizzazione segreta, una specie di loggia» all’interno della ‘ndrangheta,
di cui fanno parte i membri più in vista all’interno dell’organizzazione, «autorizzati non solo a
intessere rapporti con il mondo esterno, con la politica, ma anche a farne parte, violando una delle
regole fondamentali dell’associazione».
Si legge, negli atti della Commissione antimafia, che «nella seconda metà degli anni Settanta la
’ndrangheta si trova di fronte a un bivio: o continuare ad essere una organizzazione criminale dedita
ad estorsioni e sequestri di persona, oppure fare un salto di qualità e inserirsi nei circuiti del potere
per trasformarsi in “mafia imprenditrice”, in soggetto economico e politico autonomo, capace di
interloquire con i rappresentanti delle istituzioni, delle amministrazioni pubbliche, dei partiti, e
offrire i propri “servizi” nel settore degli appalti, nella raccolta dei consensi elettorali, e così via. Per
fare questo la ’ndrangheta si trovò nella necessità di creare una struttura nuova [...] in grado di
muoversi in maniera spregiudicata, senza i limiti della vecchia onorata società e della sua
subcultura, e soprattutto senza i tradizionali divieti, fissati dal codice della ’ndrangheta, di avere
contatti di alcun genere con i cosiddetti “contrasti”, cioè con tutti gli estranei alla vecchia onorata
società. […] Nasce così la “Santa”, e “santisti” sono denominati i suoi appartenenti, che
costituiscono quella che si può definire la “direzione strategica” della nuova ’ndrangheta, che la
caratterizzerà per circa un ventennio»224.
Il collaboratore di giustizia Gaetano Costa riporta come fosse stato Mommo Piromalli che,
considerati gli interessi che alla fine degli anni Settanta sussistevano nella zona di Reggio Calabria
(il troncone ferroviario, la centrale siderurgica, il porto di Gioia Tauro eccetera), al fine di gestire
direttamente la realizzazione delle opere pubbliche, si fregiò del grado di santista che, a suo dire, gli
era stato conferito direttamente a Toronto, dove esisteva una importantissima ’ndrina. Non tutti
vollero riconoscere l’esistenza della Santa; ciò portò ad alcuni contrasti che si conclusero con
223
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.
Relazione del presidente Violante sui rapporti tra mafia e politica. Seduta del 6 aprile 1993, p. 64.
224
Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari,
relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria. Relatore: Senatore Figurelli, 26 luglio 2000,
pp. 117-118.
276
l’affermazione di Piromalli e del suo strettissimo alleato, Paolo De Stefano: «Poiché Mommo
Piromalli era notoriamente massone o, comunque, vicinissimo ad ambiente della massoneria, per
qualificare e differenziare ulteriormente la società di Santa da quelle minori, lo stesso introdusse, o
comunque fece conoscere, la regola secondo cui ogni componente la società di santa poteva entrare
a far parte della massoneria. Quest’ultima circostanza mi venne narrata da Peppino Piromalli, nel
1989, al carcere di Palmi»225.
Costa dirà che con la nuova nuova riorganizzazione della Santa si erano cementati i collegamenti
con Cosa nostra e con la nuova Camorra, tant’è che era stata programmata una nuova strategia per il
futuro: «Tale strategia, sinteticamente, riguarda: un’azione comune per la salvaguardia dei processi
in corso e per quelli già celebrati; assicurare le ricchezze accumulate; gestire di comune accordo i
rapporti con massoneria, politica, ed istituzioni»226.
Nelle carte della Commissione antimafia leggiamo dei rapporti della Santa con ambienti massonici;
si tratterebbe di un mutamento radicale per la ’ndrangheta, che passa da un atteggiamento di
contrapposizione o distacco rispetto alla società civile, ad un atteggiamento di integrazione, alla
ricerca di una nuova legittimazione attraverso legami estesi alla sfera della politica, dell’economia,
delle istituzioni: «L’ingresso nelle logge massoniche esistenti, o in quelle costituite allo scopo,
doveva dunque costituire il tramite per quel collegamento con ruoli e funzioni appartenenti a figure
sociali per tradizione aderenti alla massoneria, vale a dire professionisti (medici, avvocati, notai),
imprenditori, funzionari della pubblica Amministrazione, uomini politici, rappresentanti delle
istituzioni, tra cui magistrati e dirigenti delle Forze dell’ordine»227.
Potremmo dire, parafrasando l'ex Gran Maestro del Goi Raffi, che ha sempre sostenuto che «la P2
sta alla massoneria come le Br stanno al Partito comunista», che la Santa può stare alla ‘ndrangheta
come la P2 stava alla massoneria. Difficile capire se i collaboratori facciano riferimento a logge di
Obbedienze regolari e riconosciute, o a raggruppamenti spuri. Anche nella relazione redatta
dall'allora senatore Michele Figurelli, si legge come non sia facile trovare prove certe, in relazione
alle persone chiamate in causa, circa la loro appartenenza a logge massoniche. Questo perché sia la
massoneria che la 'ndrangheta sono non solo due organizzazioni entrambe soggetto e oggetto di
segreto e di riservatezza, ma anche perché molti calabresi hanno scelto di iscriversi a logge
massoniche aventi sede in altre parti d’Italia, venendo quindi meno l'elemento della territorialità cui
ho fatto cenno parlando del requisito che il Goi richiede ai propri affiliati prima di entrare.
Altre volte l’appartenenza alla massoneria, o l’ingresso in una loggia, avvengono saltando i rituali
225
Ivi, p. 120. Preso da: Verbale del 16.9.1994, DDA Palermo.
226
Ibid. Preso da: Verbale del 26.2.1994 - dr Verzera - Atti proc. n. 46/93 DDA RC (Operazione ”Olimpia”).
227
Ivi, p. 118.
277
simbolici e sono comunicati direttamente all’orecchio del Gran maestro (come accadeva nel caso
della P2): «L’argomento è complesso e coinvolge aspetti che prescindono da quelle che potrebbero
a prima vista apparire le uniche cause di tale difficoltà nel reperimento di riscontri documentali
oggettivi: la riservatezza che contraddistingue le associazioni massoniche, la perdurante diffusione
nel nostro Paese di organizzazioni massoniche coperte e delle cosiddette affiliazioni coperte (“alla
memoria” o “all’orecchio del Gran Maestro”), vale a dire le affiliazioni di persone la cui
appartenenza alla “famiglia” è conosciuta soltanto dal vertice dell’organizzazione massonica e da
una ristretta cerchia di confratelli»228.
Ciò non esclude che queste logge, anche se coperte, possano far parte o siano emanazione di una
Obbedienza ufficiale, come accaduto con la P2. Tra gli stessi collaboratori di giustizia si trovano
versioni contrastanti in merito alla natura, ufficiale o meno, delle logge massoniche collegate alla
'ndrangheta. Nel dizionario enciclopedico di mafie e antimafia 229, Dino riporta le parole di Leonardo
Messina rivolte alla Commissione antimafia nel dicembre 1992, in cui il pentito sostiene che una
parte della massoneria che è coinvolta con la mafia non ha niente a che vedere con la massoneria
ufficiale. In seguito, invece, sono riportate le parole di un uomo di punta della ‘ndrangheta, Saverio
Morabito, che decide di collaborare con la giustizia intorno al 1992, il quale rivela: «Non è certo un
caso […] che taluni dei membri di maggior spicco della ‘ndrangheta si dice siano inseriti nella
massoneria ufficiale, come ad esempio la famiglia Nirta di San Luca […]»230.
Il pentito Giacomo Lauro, appartenente alla cosca ionica rappresentata da Don Antonio Macrì e da
Antonio Nirta di San Luca, spiega come la storia politica-affaristica-criminale della provincia
reggina si articoli in due periodi: «Sino alla prima guerra di mafia la massoneria e la 'ndrangheta
erano vicine, ma la 'ndrangheta era subalterna alla massoneria, che fungeva da tramite con le
istituzioni. Già sin da allora la massoneria ricavava un utile diretto percentualizzato, in riferimento
agli affari che per conto nostro mediava. Invero vi era una presenza massonica massiccia nelle
istituzioni tra i politici, imprenditori, magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine e bancari, e
pertanto vi era un nostro interesse diretto a mantenere un rapporto con la massoneria»231. In questo
modo la 'ndrangheta era costretta a delegare la gestione di alcuni interessi; ciò comportava minori
guadagni e un necessario affidamento a persone che non facevano parte delle famiglie mafiose: «A
228
Ivi, p. 119.
229
Dino A., Dizionario enciclopedico di mafie e antimafia, 2013, s.v. “massoneria”, p. 365.
230
Ivi, p. 367.
231
Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari,
relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria. Relatore: Senatore Figurelli, 26 luglio 2000,
p. 122. Preso da: Verbale del 21.6.1994, DDA Messina, in Atti Operazione Olimpia.
278
questo punto capimmo benissimo che se fossimo entrati a far parte della famiglia massonica
avremmo potuto interloquire direttamente ed essere rappresentati nelle istituzioni»232.
Alcuni rappresentanti della magistratura – nelle parole di Lauro – assumevano un ruolo di garanzia
nella gestione degli interessi della 'ndrangheta. L'iniziazione di questi magistrati alla massoneria
pare fosse avvenuta “all’orecchio”, difatti i loro nominativi venivano tramandati oralmente da
maestro in maestro (o, più probabilmente, da Gran Maestro in Gran Maestro). Lauro conclude
dicendo che «altri magistrati erano rappresentati da fratelli regolarmente iscritti alle logge di Reggio
Calabria, di Gioiosa Jonica e Roccella Jonica»233. Da quanto affermato, quindi, sembra quasi che
potesse esistere un doppio livello di appartenenza massonica. Nel caso specifico dei magistrati citati
da Lauro, si può ritenere che una parte di questi – a diretto contatto con gli 'ndranghetisti – facesse
parte di logge coperte, mentre un'altra parte fosse regolarmente iscritta a logge ufficiali. Viene da
credere che le logge coperte in questione – come nel caso della P2 – fossero strettamente legate a
quelle ufficiali, perché di emanazione della medesima Obbedienza. Ma queste sono solo
supposizioni. Come detto in precedenza, i resoconti dei collaboratori di giustizia sono molti, ma
poco precisi in termini di denominazioni di logge ed Obbedienze di appartenenza degli individui da
questi nominati.
Un esempio, per chiarire il filo delle supposizioni sopra riportare, è dato dalla vicenda della
costituzione di una “Superloggia” da parte di esponenti mafiosi e di estrema destra e il ruolo che vi
assume tale Cosimo Zaccone, massone.
Nell'intervista rilasciata a Pinotti (2007, 538), Nicaso sostiene come il contatto tra massoneria,
destra eversiva e ‘ndrangheta si ritrova alla fine degli anni Settanta, nel periodo della latitanza a
Reggio Calabria di Franco Freda: «In Calabria il processo di integrazione con gli ambienti eversivi
e paramassonici avvenne nel 1979 quando, durante la latitanza a Reggio del terrorista Freda, venne
costituita la cosiddetta Superloggia, un organismo segreto con diramazioni a Messina e Catania,
collegato alla Loggia dei Trecento. Alla Superloggia, oltre ai più importanti capobastone della
‘ndrangheta, avrebbero aderito esponenti della destra eversiva, fratelli già affiliati alla P2 e ad altre
logge coperte».
Il collaboratore Filippo Barreca ha fornito elementi circa questa Superloggia che si sarebbe
costituita nel 1979, in concomitanza con la presenza di Freda nella sua abitazione. Riferisce
Barreca di aver partecipato ad alcuni incontri avvenuti a casa sua tra Franco Freda, Paolo Romeo e
Giorgio De Stefano, nei quali si discuteva circa la costituzione di una loggia super segreta, nella
quale dovevano confluire personaggi di ’ndrangheta e della destra eversiva: «La super loggia di cui
232
Ibid.
233
Ibid.
279
ho parlato doveva avere sede a Reggio e veniva ad inserirsi in una loggia massonica ufficiale, e
precisamente quella di cui faceva parte il preside Zaccone»234.
Come si legge nella relazione della Commissione antimafia, «la “Santa” entra in contatto con la
massoneria, o meglio entra nella massoneria, tramite logge compiacenti e personaggi quali Zaccone,
Modafferi, Marrapodi, tutti massoni, tutti in qualche modo coinvolti negli affari, negli interessi,
negli organigrammi della ’ndrangheta»235.
Quindi Cosimo Zaccone sembra essere una figura centrale di raccordo tra 'ndrangheta e massoneria.
Come ho riportato sopra, Barreca dichiara che Zaccone faceva parte di una loggia ufficiale, anche se
non risulta chiaro a quale Obbedienza appartenesse. Ma un indizio possiamo desumerlo analizzando
la vicenda di un furto effettuato dal pentito Giacomo Lauro, concernente 150 cassette di sicurezza
del caveau della Cassa di risparmio di Calabria e Lucania, nel corso della rapina cosiddetta “della
lancia termica”236. Una di queste cassette di sicurezza apparteneva a Zaccone; all'interno, venne
ritrovata un’agenda piena di nominativi di massoni. I magistrati reggini decisero quindi di recarsi
presso l’abitazione della vedova De Carlo, dove Lauro sosteneva trovarsi l’agenda del professor
Zaccone. Dell’agenda non vi è traccia; in compenso, viene rinvenuta una copiosa documentazione
riguardante le logge massoniche Bovio e Logoteta, opuscoli sul Rito Scozzese, sul Grande Oriente,
nonché numerose schede su personaggi iscritti alle Logge ufficiali. In effetti le logge Bovio e
Logoteta fanno ancora oggi parte del Grande Oriente d’Italia, per cui viene da pensare che Zaccone
appartenesse a questa Obbedienza.
234
Ivi, p. 123. Preso da: Verbale del 8.11.1994, in Atti Operazione “Olimpia”.
235
Ivi, p. 125.
236
Ivi, p. 123.
280
permesso di navigare nell’area grigia delle relazioni esterne che gli appartenenti all’organizzazione
hanno allacciato con i detentori del potere finanziario [...]»237.
Ciò che emerge da questi esempi è l'esistenza di un'area grigia nella quale diversi poteri
confluiscono per scambiarsi favori, «costituita da rapporti di collusione economica e politica, da cui
la mafia trae gran parte della sua forza e che le consente di rigenerarsi e adattarsi ai mutamenti»
(Sciarrone 2009, 129).
L'ex Gran Maestro del Goi, Di Bernardo, intervistato da Pinotti (2007, 399), sottolinea come, per
natura, la massoneria consenta di sviluppare e rafforzare connessioni tra persone a livello
internazionale, con particolare riferimento all'influenza che la massoneria può avere sulla sfera della
finanza; in questo senso la presenza della massoneria all'interno dell'area grigia dei rapporti tra
poteri diversi, può risultare utile anche nei termini di “ampliamento” degli ambiti di manovra. In
qualsiasi città il massone “accreditato” dalla sua Obbedienza o dal Rito sa dove andare e a chi
rivolgersi, quindi la massoneria diviene un passaporto che consente di stabilire numerosi contatti
che con il passare del tempo si consolidano (Cipriani 1993, 147).
Come ha sostenuto uno degli ex massoni da me intervistati, poco tempo dopo aver smesso di
frequentare i lavori di loggia senza mettersi ufficialmente in sonno, è stato ricontattato da alcuni
fratelli che gli hanno chiesto di riprendere l'attività con precise motivazioni, legate appunto alla
possibilità di fruizione di questo “passaporto massonico”:
Non che fossi assiduissimo prima, ma poi ho smesso di andare e nel frattempo sono diventato primario e dopo
due-tre anni che ero diventato primario, son stato avvicinato di nuovo, dicendo: “Mah sai, tu vedo che hai tante
relazioni internazionali, ti invitano ai congressi più importanti del mondo, tu potresti usufruire del passaporto
massonico con cui, in qualsiasi parte del mondo ti presenti, noi ti forniamo precedentemente i nomi delle persone
più importanti e tutto l’appoggio per qualsiasi tua necessità”. Io ho ringraziato sentitamente, ho detto che non mi
interessava, che il passaporto c’avevo già quello normale e mi basta quello [Interv. 2_ex, 74].
La forma della loggia, poi, facilita contatti tra persone che hanno bisogno di mantenere il più
possibile nascoste le proprie attività. Di Bernardo stesso ha parlato di possibilità di copertura
mediante l’iscrizione in logge diverse da quelle di residenza, mediante l’indicazione di attività non
corrispondenti a quelle effettivamente in corso o la storpiatura del nome, l’uso di segni
convenzionali in relazione a nomi convenzionali, l’omissione della data di nascita e della
professione, l’iscrizione di uno stretto congiunto al posto proprio, la sussistenza della forma di
affiliazione detta “all’orecchio del maestro” […] (Forgione, Mondani 1994, 215).
Sull’esistenza di logge coperte o massoni coperti, un ex massone da me intervistato riporta come,
ancora oggi, possano non essere presenti alcuni nominativi di affiliati all'interno degli elenchi delle
237
Requisitoria del pubblico ministero Luca Tescaroli al processo «Omicidio di Roberto Calvi», Procura della
Repubblica, Tribunale di Roma, Procedimento penale 13034/95 RG Noti, Roma, 9 marzo 2007, parte I, p. 119.
281
logge:
Quando tu ti iscrivi a una loggia massonica, la loggia per esistere deve avere una associazione […]. La lista
dell’associazione va depositata da Polizia e Carabinieri, tutti i poliziotti e i carabinieri [della città] sanno chi sono i
massoni della città, è ovvio. Però ad esempio è vero che se c’è il Presidente della Repubblica dentro una loggia,
quando depositi ai Carabinieri il nome degli associati, non scrivi che c’è il Presidente della Repubblica, quindi alla
fine è segretezza. E infatti sapevo di molte persone che non erano segnate eppure lo erano [massoni], persone
magari importanti a livello regionale, provinciale [Interv. 4_ex, 40].
Lo stesso viene confermato dall'ex Gran Maestro Di Bernardo che, al tempo delle indagini di
Agostino Cordova a inizio anni Novanta, aveva fornito gli elenchi dei massoni calabresi richiesti
dalla procura. Di Bernardo ricorda di aver dato disposizione al Gran Segretario di consegnare questi
elenchi e il Gran Segretario, in risposta, gli chiese: «Tutti gli elenchi?». Di Bernardo precisa che
l'elenco era uno soltanto, infatti il Gran Segretario intendeva chiedere se fosse il caso o meno di
presentare tutti i nomi dell'elenco. A questo punto l'ex Gran Maestro afferma, rivolgendosi alla
Presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi: «Certo che io avrei potuto dire: “Sì, togline
una parte, poi il criterio si vedrà”, però io in quella precisa occasione ho detto: “Bisogna dare
l'elenco completo di tutti i massoni calabresi, perché io spero che la magistratura attraverso le sue
inchieste [...]»238. Quindi è lo stesso Gran Maestro a ribadire come, una delle sue facoltà, fosse
quella di eliminare alcuni nomi dalle liste ufficiali dell'Obbedienza.
Tornando alla zona grigia, vediamo come al suo interno poteri diversi si incontrino per dare vita a
scambi e creare legami le cui origini e motivazioni, spesso, risultano scarsamente decifrabili:
«L'indeterminatezza dell'espressione è dovuta certamente al fatto che l'area grigia individua una
zona dai confini – per definizione – incerti e sfuggenti» (Sciarrone 2011, 11). Poteri diversi che, in
qualche modo, si compenetrano e sono funzionali l’uno all’altro. Come sostiene Guarino (2004,
105-109), accanto a una ‘ndrangheta che intimidisce, che difende il proprio territorio, che ammazza,
c’è una ‘ndrangheta rappresentata da personaggi di diversa levatura culturale che vivono al crocevia
dell’intricato mondo dei capicosca, dell’imprenditoria e della politica. Sono i massoni dal volto
coperto, che assicurano le entrature nei palazzi del potere, la copertura per quanto riguarda l’azione
delle forze dell’ordine, le complicità con magistrati acquiescenti. Sono questi, i «fratelli
incappucciati», a tenere i contatti anche con il mondo finanziario, per assicurare ai loro sodali
finanziamenti bancari e per riciclare il denaro da lavare perché provento di attività illecite.
La creazione di questi legami procede di pari passo con la graduale trasformazione delle
238
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 187 di Martedì 31 gennaio 2017, p. 6. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=31&idCommission
e=24&numero=0187&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 24-05-2017].
282
organizzazioni mafiose. Come riporta l'attuale Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola
Gratteri, intervistato da Pinotti (2007, 516):
La ‘ndrangheta di una volta era “proporzionata” all’economia di una volta. Un tempo si accontentava in alcuni
casi anche della “mangiata di maiale”, o di una parte del raccolto o dell’“aiuto ai carcerati” […]. Quando è iniziata
la stagione delle opere pubbliche, le cose sono cambiate. Ogni fase storica vede la trasformazione della
‘ndrangheta: pur mantenendo l’osservanza rigida delle leggi che regolamentano la vita all’interno della famiglia e
del “locale”, la ‘ndrangheta è permeabile alle novità, sa stare al passo coi tempi.
Spesso si tende a credere che le logge in cui si incontrano i poteri sopra menzionati siano tutte di
derivazione piduista, loggia coperta che ha mantenuto vive e attive le proprie tracce dopo la sua
dissoluzione. Come ha detto Cordova: «Il piduismo ha permeato di sé buona parte della massoneria
italiana, come se tante piccole P2 fossero germinate ovunque, nelle principali città del “Bel Paese”»
(Forgione, Mondani 1994, 177). Quindi saremmo di fronte ad un allargamento del fenomeno
piduista, cresciuto dopo il suo scioglimento, per cui il meccanismo della P2, cioè il trasferimento in
una loggia segreta di molte decisioni di ordine politico e finanziario, a fini eversivi e illeciti, è poi
proliferato in tutta Italia.
Secondo le riflessioni portate avanti fin qui, pare lecito credere alle relazioni tra esponenti della P2
e quelle logge, luoghi di incontro di piduisti e mafiosi, anche se non appare convincente la strada
che vede la P2 come “madre” creatrice di queste realtà. Lo abbiamo visto con la Camea,
Obbedienza nata anni prima che la P2 accogliesse nel suo seno Licio Gelli e addirittura anni prima
che questo personaggio fosse iniziato al Grande Oriente d’Italia. Quindi risulta più logico credere
che queste realtà già esistenti siano state contaminate con il passare del tempo attraverso la
costruzione di una rete di contatti che si è allargata fino a comprendere fratelli privi di vocazione
iniziatica.
Colpisce come molti dei collaboratori di giustizia che indicano la propria appartenenza ad una
loggia massonica o quella di altri esponenti legati alla criminalità organizzata, non siano in grado di
precisare a quale Obbedienza queste logge facciano parte. Leonardo Messina parla dell’affiliazione
massonica di Totò Riina, Michele Greco, Francesco Madonia, Stefano Bontate, Giacomo Vitale,
Mariano Agate ed altri239. Il presidente dell’Antimafia, Luciano Violante, chiede al teste se faccia
riferimento «a entrambe le massonerie o ad una in particolare» e Messina risponde: «È un’ala della
massoneria che è segreta. È una setta segreta, cioè non è ufficiale». Cipriani, nel suo resoconto,
aggiunge però come risulti certo il dato che gli ambienti della P2, attraverso Sindona e la Camea,
avessero stretto rapporti con la mafia. E la P2 non rappresentava certo una deviazione dalla
massoneria, ma una deviazione della massoneria (Cipriani 1993, 41).
239
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.
Relazione del presidente Violante sui rapporti tra mafia e politica. Seduta del 6 aprile 1993, p. 63.
283
Questa contaminazione tra poteri diversi è avvenuta in Obbedienze piuttosto sconosciute e dai
caratteri indefiniti come la Camea, ma è avvenuta anche per le Obbedienze più note e storiche come
il Goi e la Gran loggia d’Italia degli Alam. Nonostante i dignitari della massoneria ufficiale abbiano
più volte sostenuto che per vicende come quella del circolo Scontrino di Trapani, semmai, si poteva
parlare di una massoneria artigianale, marginale e del tutto estranea al circuito internazionale della
libera muratoria, secondo Cipriani (1993, 135) la sinergia tra mafia e massoneria è funzionale solo
nel momento in cui le logge rappresentano un “passaporto internazionale” attraverso il quale
mantenere una fitta rete di contatti. E certamente, più un’Obbedienza può contare su dimensioni
importanti e su riconoscimenti internazionali, più è possibile che possa costituire il luogo ideale di
incontro tra poteri diversi.
Cipriani riporta le parole di un suo interlocutore, «un grado 33° del Rito Scozzese», che afferma:
«In realtà tra le logge irregolari del meridione e le principali Obbedienze si sono sempre mantenuti
contatti organici. Il fatto che quelle logge siano formalmente un corpo estraneo serve a mantenere
“pulita” l’immagine delle Comunioni. Ma si tratta di un artificio».
Se torniamo con la mente all'area grigia dei rapporti tra organizzazioni criminali e massoneria,
possiamo pensare alla presenza di figure di raccordo che stanno al confine fra le due realtà. Nei casi
esaminati in questa sede, Gioacchino Pennino e Giacomo Vitale sembrano figure che hanno la
funzione di ponte proprio per la loro affiliazione ad Obbedienze ufficiali (il primo al Goi, il secondo
all'Obbedienza di Piazza del Gesù) e per i loro rapporti con esponenti mafiosi (lo zio di Pennino era
uomo d'onore, mentre Vitale è il cognato di Stefano Bontate).
Allo stato attuale non è possibile aggiungere molto di più anche se occorre sottolineare quanto sia
importante distinguere tra le responsabilità dei singoli e quelle, eventualmente, dell'Obbedienza
intera. Comunque pare evidente come, nonostante l'incertezza e la poca chiarezza in merito alle
precise denominazioni di logge ed Obbedienze coinvolte nei rapporti con la criminalità organizzata,
esistano figure ponte che legano questi due ambiti, appartenendo a logge ufficiali e riconosciute a
livello internazionale. In quest'ultima parte della ricerca, inoltre, ho inteso gettare luce sui vantaggi
reciproci che possono ottenere massoni ed esponenti mafiosi nell'intessere rapporti, che la
Commissione antimafia che si sta occupando delle logge sciolte in Calabria potrà, eventualmente,
confermare o smentire.
284
Conclusioni
L'intento di questo lavoro era considerare la libera muratoria italiana, nello specifico l'Obbedienza
del Grande Oriente d'Italia, mettendone in discussione vari aspetti, alla luce delle testimonianze
delle persone che la frequentano, di ex massoni che per diverse ragioni si sono messi in sonno o
sono stati espulsi, di studiosi che si sono occupati a vario titolo di massoneria. Convinta che solo
attraverso la messa in discussione degli scopi e dei valori ufficiali dell'Obbedienza e dei motivi che
spingono le persone a farne parte, si possa gettare una luce più precisa sul fenomeno massoneria,
riuscendo a far comunicare due narrazioni opposte che la dipingono, da una parte, come una società
iniziatica e filantropica e, dall'altra, come un'organizzazione che, dietro lo scudo della segretezza,
intesse rapporti col mondo profano per motivi di interesse dei propri affiliati, ricorrendo anche a
pratiche non del tutto legali.
Per illustrare questo processo di messa in discussione è risultato utile considerare l'Obbedienza
grazie ad una analisi che si sviluppa attraverso tre livelli di profondità (Schein 1985): gli artefatti,
cioè gli elementi direttamente osservabili sia in termini fisici (abbigliamento, gergo utilizzato,
architettura, arredamenti...) sia in termini ufficiali (regolamento e costituzione dell'Obbedienza, e
documenti ufficiali); i valori espliciti che emergono soprattutto dalle interviste svolte all'interno del
Goi; gli assunti di base, ossia ciò che emerge dalla messa in comunicazione di artefatti e valori
espliciti, al fine di valutarne le eventuali incongruenze e costruire nuovi significati.
240
Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri, Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma,
Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. XVI.
285
network di persone che gode di un certo prestigio socio-economico, può avere a che fare con una
crisi di valori spirituale, ma anche con il bisogno di sentirsi parte di un gruppo che funga da organo
di tutela in termini anche pratici. Dalle interviste, infatti, si riscontra come uno dei motivi di
ingresso nell'Obbedienza sia la volontà di fare business, di tentare avanzamenti di carriera, entrando
in contatto con una rete di persone che possa aiutare in questo senso. Non è raro, infatti, che
all'interno della stessa loggia si ritrovino individui che lavorano nello stesso ambito.
Tutti entrano per conoscere, l'avvocato conoscerà il medico, il medico conosce l'ingegnere [...] tra tutti ci si dà
una mano [...] [Quali sono le motivazioni del recente aumento di iscrizioni?] Lo stemmino, lo stemmino. [C'è chi
inizia pensando già a una crescita interiore?] Pochissimi [Interv. 22, 36, Piemonte].
Come scrive il Grande Oratore del Goi, Claudio Bonvecchio (2007, 76), spesso si manifesta
all’interno della libera muratoria un «deprecabile allontanamento dai suoi stessi principi» che fa sì
che l’Istituzione venga relegata ad un ruolo che «facilmente può ridursi ad autocompiacimento
narcisistico, a presenza antiquaria (una specie di circolo snobistico) o a una mentalità lobbistica,
naturalmente a vari livelli. In quest’ultimo caso, il rischio è quello di lasciarsi coinvolgere in
pratiche affaristiche o di potere». Inoltre, come abbiamo visto, secondo un processo di omofilia che
fa sì che simile chiami simile, è facile che si vengano a creare delle logge che somigliano a delle
camere professionali, composte in maggioranza da individui che praticano la medesima professione.
Un altro dei motivi di ingresso è che l'appartenenza alla libera muratoria può sancire il
riconoscimento di uno status raggiunto nel mondo profano:
Cioè il problema principale della massoneria è che la maggior parte delle persone che entrano, entrano come se
fosse una sorta di riconoscimento di qualche cosa che nella vita hanno già fatto [Interv. 5, 42, Piemonte].
Più volte nell'Obbedienza si ribadisce il fatto che occorra lasciare i metalli fuori dal tempio prima di
entrarvi – nel senso di spogliarsi dei propri averi per dare spazio al proprio essere – ma spesso il
riconoscimento di una posizione raggiunta fuori viene suggellato in modo assai prestigioso da
un'appartenenza che ha ancora caratteri fortemente elitari, e che finisce per donare all’individuo
quel senso di “eccezionalità” e “aristocrazia” che forse è sempre più difficile rintracciare in una
società che è andata massificandosi.
In linea generale i fratelli massoni non sanno molto di massoneria prima di entrare, quindi è lecito
chiedersi cosa li spinga veramente a farlo. Questa motivazione può collegarsi a fattori quali la
credenza di poter ricevere vantaggi personali, oppure all'estrema fiducia riposta nella persona che si
è fatta presentatrice del neofita, o ancora al generico sentimento di voler appartenere all'Istituzione,
286
di voler essere “uno di loro/come loro” (Mahmud 2014, 79). Ecco perché spesso, venendo meno
l'interesse iniziatico-esoterico, molte persone finiscono per rimanere all'interno dell'Obbedienza
«senza sapere cosa stanno facendo veramente [Interv. 5, 42, Piemonte]», come fosse un qualsiasi
club come il Rotary o il Lions. Occorre anche considerare, tra i motivi della permanenza, che nel
corso del tempo si creano legami forti tra fratelli e, inoltre, la frequentazione della casa massonica
una volta a settimana – o anche più – è vista come un momento di “libera uscita”, in uno spazio
quasi creato per gli uomini, in linea con quell'aspetto di male bonding (Morrison 2012, Hoffman
2001, Carnes 1989, Clawson 1989) di cui più volte si è parlato.
Come scrive l’attuale Grande Oratore del Goi in una circolare riservata alle logge dal titolo Il senso
di appartenenza alla Libera Muratoria, che mi è stata fornita da un fratello intervistato, la
fratellanza tra liberi muratori non deve essere una fratellanza fasulla, «non una Fratellanza praticata
in vista di qualche carica, grembiule o onorificenza». Il Grande Oratore ricorda poi come sia bello
assistere ad una iniziazione e vedere i fratelli viverla con commozione, sempre che questa
commozione non sia solo «lacrime da coccodrillo e nulla più. E allora, la mia domanda è: quanti
veramente […] vivono l’Iniziazione come una assoluta trasformazione dell’animo? Quanti
veramente si sentono iniziati nello spirito?».
Il rapporto tra massoni dovrebbe essere di fratellanza, concetto questo molto caro alla libera
muratoria, che si lega a quelli di tolleranza ed uguaglianza. Dalle interviste emerge come spesso la
fratellanza sia dipinta come qualcosa di diverso e di più grande dell'amicizia, ma nonostante – o,
forse, proprio a causa – dei legami forti che vengono a crearsi tra fratelli, dalle interviste affiora
anche la loro grande litigiosità dovuta a degli attriti che ciclicamente si creano all'interno
dell'Obbedienza. E, in effetti, occorre constatare come moltissime logge – la totalità, nei casi da me
esaminati – siano nate per gemmazione da una scissione avvenuta in altre logge. Le cause della
gemmazione, come leggiamo nel glossario massonico, vengono attribuite soprattutto al motivo del
numero troppo alto di fratelli all'interno di una loggia che fa sì che, soprattutto per ragioni
organizzative, debba formarsi un'altra loggia per consentire uno svolgimento più fluido delle tornate
rituali. In realtà dalle interviste emerge come il motivo principale della gemmazione sia da legarsi
alla mancata acquisizione, da parte di qualche massone, della carica più importante all'interno della
loggia, quella del Maestro Venerabile. In questo caso verrebbero a formarsi dei gruppi in
opposizione tra loro, per cui quello che esce “sconfitto” spesso decide di distaccarsi e formare
un'altra loggia.
287
Per quanto riguarda le due anime preponderanti rintracciate all'interno dell'Obbedienza, quella
iniziatica e spirituale e quella dedita maggiormente ad attività di tipo filantropico, come abbiamo
visto entrambi questi aspetti dovrebbero trovare composizione all'interno delle logge ai fini
dell'elevazione morale e spirituale dell'uomo e dell'umana famiglia, poiché la natura della
massoneria e delle sue istituzioni è «umanitaria, filosofica e morale»241.
Secondo i pareri dei massoni intervistati, entrambe queste anime, in effetti, si ritrovano all'interno
delle logge ma, generalmente, vi sono molti accenti critici nei confronti di chi si prodiga senza
riserve in ambito filantropico. Questo aspetto, infatti, è spesso visto come un accessorio utile, ma
non necessario all'interno di un'Istituzione che non è una associazione caritatevole e nemmeno un
club service come il Rotary, e in cui troppo spesso “l'edificazione del tempio” di operativa memoria
viene traslato nell'impegno filantropico, anziché tradotto nei termini più speculativi di “edificazione
del proprio tempio interiore”.
Inoltre la filantropia è da molti vista come un modo di aprirsi all'esterno in termini politici più che
caritatevoli e per dare un'immagine pulita e socialmente attendibile ad un'Istituzione che, ancora
oggi, gode di cattiva fama: «Ne consegue che al fine di sopravvivere e di ottenere una qualche
credibilità sociale, molti gruppi iniziatici – compresa la Libera Muratoria – e molti individui che ne
fanno parte convertono la pratica esoterica in un atteggiamento genericamente e banalmente
umanitario o filantropico» (Bonvecchio 2007, 234-235).
Alla fine del terzo capitolo ho inserito l'analisi di due questioni controverse, ossia l'ingresso delle
donne e degli omosessuali all'interno dell'Obbedienza. Per quanto riguarda il primo punto,
ricordiamo che il Goi è un'Obbedienza interamente maschile ed esclude le donne per motivi legati
alla tradizione, sostenendo come queste non facessero parte della massoneria delle origini, quando
ancora questa aveva caratteri operativi, poiché non svolgevano le mansioni strettamente legate
all'arte muratoria. L'altro motivo è di tipo più iniziatico poiché il percorso femminile viene definito
lunare, a differenza di quello maschile a cui vengono attribuiti caratteri solari; due percorsi iniziatici
scanditi da tappe e cicli di vita differenti, che richiamano cerimonie, strumenti, simbologie e rituali
diversi.
Dalle interviste le ragioni addotte per motivare l'esclusione delle donne sono molto più variegate.
Se, infatti, alcuni si rifanno ai motivi ufficiali sopra esposti, altri adducono ragioni decisamente più
profane che hanno a che fare, principalmente, con il motivo delle distrazioni che le donne
potrebbero apportare in un luogo tipicamente maschile e degli attriti interni che, in conseguenza di
ciò, potrebbero crearsi. Interessante notare come le due cariche più alte all'interno del Goi, quella
241
Ibid.
288
del Gran Maestro e del Gran Maestro Aggiunto, abbiano approcci piuttosto diversi nei confronti
della questione; se il primo, infatti, si rifà completamente alla tradizione operativa muratoria, che
non sembra voler mettere in discussione, il secondo sottolinea come molte donne meriterebbero di
entrare nel Goi – e non, quindi, in una Obbedienza femminile o mista – e che il problema «deve
essere affrontato», ponendo enfasi sul “deve”, nonostante poi lo stesso affermi che probabilmente
passerà ancora molto tempo «prima che possiamo evolverci in questo senso».
Poi dobbiamo notare come i toni degli intervistati siano particolarmente elogiativi nei confronti
delle donne («io ho molta stima delle donne», «noi le rispettiamo, le consideriamo», «non siamo
maturi noi maschietti per accogliere le donne», «non che le donne inquinano noi, siamo noi che
inquiniamo le donne»), in parte per ragioni di “politicamente corretto”, visto che il Goi è
un'Obbedienza maschile e può essere facilmente additata come misogina e maschilista, sia
probabilmente per la mia presenza in qualità di intervistatrice. Questi toni elogiativi, però,
diventano quasi canzonatori quando si finisce a parlare delle Stelle d'Oriente, organo paramassonico
del Goi dove si incontrano le parenti donne dei fratelli massoni, i quali però vi ricoprono un ruolo
importante visto che i lavori rituali non possono essere aperti senza la loro presenza.
In generale si registra la tendenza, da parte dei massoni intervistati, a considerare questo organo
paramassonico come secondario, una sorta di “pegno da pagare” ereditato dalla massoneria
statunitense, che non ha la stessa dignità di un Ordine massonico vero e proprio. Tendenzialmente il
maggior rispetto va nei confronti delle Obbedienze interamente femminili, con le quali si auspicano
anche momenti di incontro e di scambio.
Le osservazioni che si possono fare a questo proposito sono principalmente due: la prima riguarda il
concetto di tradizione, tanto caro alla libera muratoria, che però viene utilizzato a volte in maniera
categorica, altre in modo decisamente più flessibile. Non possiamo, infatti, ignorare che i
regolamenti dell'Istituzione, così come vietano l'ingresso delle donne, vietano anche l'ingresso dei
disabili: «[...] nessun Maestro può assumere un Apprendista se non ha bastevole occupazione per
lui, se non è un giovane perfetto, non avente nel suo corpo mutilazioni o difetti che lo possano
rendere incapace di apprendere l’Arte [...]»242. Questo precetto è caduto in disuso con l'avvento della
massoneria speculativa poiché, di fatto, oggi non si richiede ai liberi muratori di lavorare
manualmente all'edificazione di edifici e cattedrali. Perché invece si continui a negare l'ingresso alle
donne, però, rimane un quesito che si pongono anche alcuni dei fratelli intervistati, sostenendo
come proprio in considerazione del passaggio ad un tipo di lavoro speculativo e intellettuale, non
dovrebbe esservi più ragione di tenere le donne al di fuori del tempio.
242
Ivi, p. VIII
289
La seconda riflessione è che la loro esclusione vada a confermare quell'immagine dell'Obbedienza
come luogo per i maschi, in cui le donne sono doppiamente escluse, in qualità di profane e in
qualità di donne. Quest'immagine del club maschile viene confermata anche dalla questione
dell'ingresso di persone omosessuali. Tutti i fratelli intervistati professano piena apertura nei
confronti dell'ingresso di uomini omosessuali; solo in un caso mi viene riferito, dal Maestro
Venerabile di una loggia, circa l'episodio di un profano omosessuale la cui iniziazione è in corso di
valutazione, ma che forse non andrà a buon fine a causa dell'atteggiamento ostile di molti dei fratelli
della loggia in questione. Questo è certamente un caso unico ma piuttosto esemplificativo di un
clima interno fatto di professata apertura, ma entro certi limiti («Intendiamoci, tutto va benissimo,
all'interno della giacca e della cravatta» [Interv. 6, 61, Piemonte]). Una apertura che presuppone
condizioni di “rigore” particolari affinché non si creino malcontenti all'interno di un'Obbedienza
che continua ad avere una visione fortemente maschile dell'appartenenza. Nel Goi, infatti, ci sono
sicuramente omosessuali, ma nella quasi totalità dei casi emerge come all'interno delle logge non si
sappia se siano effettivamente presenti omosessuali, perché «a noi, personalmente, in termini
esoterici non ci interessa l'aspirazione sessuale di...» [Interv. 15, 60, Piemonte]. In realtà, poi, dai
discorsi affiora anche come vi sia tutt'oggi difficoltà a fare outing «in una situazione maschilista,
machista […]. Un po' come nel mondo del calcio, ce ne sono tanti ma nessuno lo dice» [Interv. 22,
36, Piemonte].
Sarete cauti nelle vostre parole e nel vostro portamento affinché l'estraneo più accorto non possa scoprire o
trovare quanto non è conveniente che apprenda; e talvolta dovrete sviare un discorso e manipolarlo prudentemente
per l'onore della rispettabile Fratellanza. [...] particolarmente non lasciate che la vostra famiglia, amici e vicini
conoscano quanto riguarda la Loggia ecc. ma saggiamente tutelate l'onore vostro e quello dell'antica Fratellanza 243.
243
Ivi, p. XII
290
Dalle testimonianze degli intervistati affiora una certa reticenza a parlare della propria appartenenza
massonica ai parenti, che però vengono a conoscenza del fatto perché – soprattutto nei confronti di
eventuali mogli e figli – prima o poi occorre giustificare le uscite serali, specie quando cadono gli
stessi giorni della settimana. La reticenza è motivata dal fatto che i parenti – il riferimento non va a
quelle famiglie che vantano appartenenze massoniche lunghe generazioni – possono avere la
tendenza a pensare che il proprio caro abbia deciso di affiliarsi per ragioni di interesse affaristico
personale. Stesso discorso vale per la cerchia di amici più stretti.
Per quanto riguarda la seconda fascia di esterno, quella composta dal resto dei profani, esiste
un'apertura dell'Obbedienza in termini di promozione di eventi e momenti di confronto.
Come abbiamo visto nel corso del lavoro, infatti, ciclicamente le varie Gran maestranze che si sono
succedute nel Goi, si sono poste il problema dell'apertura al mondo profano in termini di maggior
trasparenza, senza però risolverlo mai in modo convincente. Il motivo ufficiale di tale volontà di
apertura consiste nel cercare di togliere un'impronta negativa che, col tempo, si è formata sulla
massoneria e che lo scandalo della loggia P2, certamente, ha contribuito ad ingrandire.
Molti fratelli riscontrano una diversa strategia nei confronti del mondo profano («Scordatelo che tu
potevi entrare a quest'ora qui in Piazza Vittorio anche solo 10-15 anni fa» [Interv. 11, 40,
Piemonte]), ma l'opinione generale è che l'organizzazione di eventi non sia troppo efficace in
termini di apertura. L'affluenza profana è sicuramente bassa, lo confermano gli intervistati massoni,
gli studiosi che hanno avuto modo di tenere conferenze in ambito massonico o presentare i risultati
delle proprie ricerche, e lo posso testimoniare io stessa avendo presenziato a molti degli eventi del
Goi. Spesso si imputa la scarsa partecipazione ad un pregiudizio nei confronti della libera
muratoria, ancora troppo ancorato nel mondo profano. Se si va a guardare più in profondità, si ha
però l'impressione che questa volontà di apertura sia, da un lato, proclamata ai vertici ma non
completamente promossa alla base e, dall'altro lato, che si tratti di una apertura molto controllata,
che può essere motivata dalla volontà di tutelare la privacy degli affiliati. Mi sono accorta, infatti, di
come molti degli eventi organizzati dalle logge siano presentati come promossi dalla tale
associazione, che ha lo stesso nome della loggia – che, per statuto, deve costituirsi anche in
associazione – ma questo collegamento non è chiaro a chi non si intende di massoneria.
Anche il fatto che oggi su Internet si possano facilmente trovare informazioni sulle varie
Obbedienze, sui profili biografici delle persone che rivestono le maggiori cariche, sugli stessi rituali
delle cerimonie, non aggiunge moltissimo in termini di trasparenza ed effettiva conoscenza, tanto
che risulta lecito chiedersi se questo eccesso di discorso sulla trasparenza non la faccia somigliare
più ad un ideale astratto che ad una serie effettiva di pratiche quotidiane (Mahmud 2014, 179).
291
La stessa Gran Loggia, l’assemblea dei Maestri Venerabili che si riunisce generalmente il primo
fine settimana di aprile e che prevede una parte rituale dedicata ai soli massoni e una serie di eventi
aperti al pubblico profano, è in realtà un'occasione per consentire ai fratelli di tutta Italia di
incontrarsi tra loro. Da profani si può avere l'impressione che l'evento sia stato creato per i membri
dell'Obbedienza e non per il mondo esterno, cui è consentito accedere solo in alcuni spazi e solo per
determinati eventi:
Aprire la Gran loggia alle persone per vedere cosa si fa dentro, che poi non si fa niente di rituale [nella parte
aperta al pubblico], sembra che li escludi di più ancora… “Ti faccio vedere solo la facciatina” [Interv. 22, 36,
Piemonte].
L'altro aspetto che considero in questa parte della ricerca è il rapporto tra i vertici e la base
dell'Istituzione. Occorre qui ricordare come nei regolamenti il Gran Maestro, la carica più alta
dell'Obbedienza, venga presentato nella veste di «garante della Tradizione Muratoria. Ispira,
presiede e governa la Comunione Massonica Italiana. Nell’esercizio del Magistero Iniziatico la sua
autorità è sacra ed inviolabile. Egli esercita tutte le attribuzioni di carattere tradizionale
nell’osservanza e nell’ambito della Costituzione e del Regolamento dell’Ordine [...]»244.
In questa formula possiamo notare sia il riferimento alle caratteristiche sacrali e spirituali (non solo
presiede e governa, ma anche ispira l'Istituzione e la sua autorità è sacra ed inviolabile), sia al ruolo
organizzativo-amministrativo (Gran Maestro come garante della tradizione muratoria che deve
preoccuparsi che la Costituzione e il Regolamento vengano rispettati per il buon funzionamento
dell'Istituzione).
Nelle parole degli intervistati, i membri della Giunta del Goi vengono dipinti come persone
disponibili e il Gran Maestro come una sorta di primus inter pares, ma in linea generale si esalta il
suo ruolo amministrativo e quasi per nulla quello iniziatico-spirituale, anzi a volte vengono messe
in discussione le sue conoscenze in ambito strettamente rituale. La loggia è considerata come
sovrana, per cui il Maestro Venerabile, secondo molti degli intervistati, è la massima carica a cui si
possa aspirare in termini iniziatici. Il Gran Maestro, per contro, assume le vesti di un manager più
che di un capo illuminato, di un rappresentante amministrativo più che di un maestro.
La riflessione, a questo proposito, verte soprattutto su quanto possano essere conciliabili le
caratteristiche di un gruppo che ha ancora connotati elitari molto accentuati, e la presenza all'interno
dell'Obbedienza di una gerarchia di tipo verticistico. Ricordiamo, infatti, come all'interno del Goi
esista una gerarchia di ruoli sia a livello di organizzazione (nazionale e circoscrizionale), sia a
livello iniziatico, ossia all'interno delle singole logge. In questo secondo caso, però, è più opportuno
244
Ivi, p. 12
292
parlare di “gioco di ruoli” poiché la maggior parte dei massoni di una loggia, se non tutti, a
rotazione assume le varie cariche man mano che prosegue nel percorso iniziatico.
L'impressione è che, da parte della base, vi sia la tendenza a privare le gerarchie nazionali di un
potere, per la precisione quello sacrale e spirituale, per cui alla fine il Gran Maestro viene
depotenziato del suo carattere carismatico. Come detto, ciò risulta interessante se si prova a
comprendere il modo in cui la figura del leader può essere vissuta all’interno di un’organizzazione
che possiede aspetti fortemente elitari. A questo proposito, ho osservato come questo carattere
carismatico venga piuttosto riconosciuto all'intera Obbedienza e non a qualcuno dei suoi membri in
particolare, e ciò potrebbe costituire una delle ragioni della longevità di questa organizzazione.
Si tratta di quel carisma di gruppo (Elias 2001), posseduto da alcuni individui non per loro
determinate caratteristiche personali, ma perché facenti parte di una particolare formazione sociale
(Perulli 2012). Secondo Elias (2001), il carisma di un certo gruppo si accompagna al disonore di
[un altro] gruppo. Nella sua ricerca sulla piccola comunità di Winston Parva (Elias, Scotson 2004),
il sociologo identifica due principali categorie di abitanti: i radicati e gli esterni, i primi investiti
della qualità carismatica, i secondi dall'aspetto del disonore di gruppo. A questi ultimi, infatti,
vengono attribuite caratteristiche con una connotazione fortemente negativa, che vanno a formare
un vero e proprio stigma.
L'elemento interessante è che, mentre si è portati a ritenere che lo stigma venga “attaccato” dai
membri del gruppo radicato al gruppo esterno (Elias, Scotson 2004), nel caso della presente ricerca
è possibile affermare che lo stesso gruppo dei radicati – i componenti del Goi – abbia su di sé un
fortissimo stigma che affonda le sue radici alle origini della massoneria speculativa e che, seppur
cambiando forma, si è mantenuto ancora oggi molto vivo.
Facendo riferimento alla citata ricerca di Scotson ed Elias, non è stato facile stabilire in senso
univoco se il Goi possa essere definito gruppo radicato o gruppo esterno, established o outsider. La
propensione a descriverlo come più vicino al primo termine di queste posizioni dicotomiche deriva,
soprattutto, da una lettura attenta delle interviste di questa ricerca. Continui, infatti, sono i
riferimenti all'élite, al gene del massone, alla chiamata, alla missione da compiere, alla dote innata
o ad una sorta di dote appresa, con riferimento particolare al retroterra culturale che un profano
dovrebbe avere prima di bussare alle porte dell'Obbedienza.
L'immagine negativa che accompagna il Goi sin dalla sua nascita si lega all'elemento del segreto e
del mistero e rivela come coloro che, nel tempo, hanno contribuito a costruire questo stigma – dalla
Chiesa, ai governi, alla società civile –, riconoscano un qualche potere all'Istituzione. Questo spiega
anche perché i massoni non si impegnino con maggior efficacia a ribaltare l'immagine negativa che
li riguarda.
293
Quando ho iniziato questo lavoro pensavo di dover tenere in considerazione soprattutto la
contrapposizione tra logge e mondo profano, poiché ipotizzavo che all'interno dell'Obbedienza si
venisse a creare quel sentimento del noi versus loro che porta i massoni ad erigere un confine tra lo
spazio dell'Obbedienza e il mondo fuori, e a parlare spesso in termini quasi snobistici degli amici
non iniziati e del mondo profano in generale. Proseguendo con le mie analisi, però, mi sono resa
conto di come l'Obbedienza stessa sia popolata da differenti gruppi interni. Il riferimento principale
va alla presenza dei Riti, organismi che amministrano i gradi iniziatici successivi al terzo, ed in
particolare del Rito Scozzese Antico ed Accettato, il più frequentato dai fratelli del Goi.
All'interno del Rito si entra ancora per cooptazione dopo aver raggiunto il grado di Maestro, quindi
in questa circostanza siamo di fronte ad una sorta di “selezione della selezione” dei fratelli massoni,
non a caso i Riti sono definiti comunemente come «l'Università della massoneria». Secondo le mie
considerazioni, i fratelli che fanno parte dei Riti costituiscono una élite all'interno della élite,
poiché non solo fanno parte dell'Ordine – che amministra i primi tre gradi – ma hanno proseguito il
loro percorso iniziatico all'interno di un Rito. Ciò significa, in senso stretto, che benché all'interno
della loggia possa essere presente un certo numero di Maestri, non è detto che questi Maestri
abbiano in realtà raggiunto lo stesso grado iniziatico.
Coloro che non fanno parte dei Riti – la maggioranza dei fratelli massoni, per quanto riguarda il Goi
– si dividono in varie categorie: quelli che non hanno ancora raggiunto il grado di Maestro, e quindi
non possono essere cooptati dal Rito; quelli che ne hanno fatto parte ma ne sono usciti perché
avevano vissuto quell'esperienza come una visibile scalata all'accaparramento del grembiulino più
prestigioso; quelli che non sono mai stati cooptati pur essendone incuriositi.
Sono soprattutto questi ultimi due gruppi a nutrire dei sospetti nei confronti degli Alti gradi del Rito
Scozzese, fino ad ipotizzare che, agli alti livelli, qualcosa possa ancora accadere in termini di
rapporti di potere poco trasparenti con vari settori del mondo profano. Questo, come vedremo,
dimostra anche come, spesso, siano gli stessi massoni a riprodurre la “mitologia dominante” che
vede la massoneria nella veste di un gruppo potente composto da “custodi di segreti” (secret-
keepers) di varia natura (Mahmud 2014, 166-169).
Un altro punto preso in considerazione è il continuo riferimento all'espressione «buoni costumi»;
uno dei requisiti per entrare, infatti, è essere «uomini di buoni costumi», gli stessi costumi definiti
in un altro passo dei regolamenti come «irreprensibili»245, senza che vi sia una precisazione su cosa
questa espressione significhi realmente. Nelle parole dei massoni intervistati, buoni costumi ha a
che fare con alcune doti che il profano deve già possedere prima di chiedere di essere iniziato, come
una buona posizione lavorativa, il riconoscimento all'interno della comunità di riferimento, l'essere
245
Ivi, p. 45.
294
buoni mariti e padri di famiglia. Come intuibile, questo richiamo alla morale e ai buoni costumi, nei
fatti, viene più volte disatteso. Parlando soprattutto dell'opportuna condotta che il fratello massone
dovrebbe tenere nell'ambito familiare, da molte interviste emerge come l'occasione della tornata di
loggia venga a volte utilizzata per nascondere altri tipi di uscite, che poco hanno a che fare con la
massoneria e con l'ambito iniziatico. Lo stesso evento della Gran Loggia viene spesso dipinto come
un ritrovo goliardico tra fratelli di tutta Italia che approfittano del lungo fine settimana per
“svagarsi” lontani dalla famiglia.
Il capitolo quarto si conclude con l'analisi di altri due elementi che contribuiscono a sancire una
separazione tra un mondo interno l'Obbedienza ed uno esterno: il segreto e il rituale. In riferimento
al primo, nel regolamento dell'Ordine si parla più volte di riservatezza e discrezione, ma non viene
mai usato il termine segreto in relazione all'ambito iniziatico. Inoltre, dopo la vicenda della loggia
P2, si registra una certa cautela nell'usare tale termine; lo stesso «giuramento massonico» ha
cambiato nome e si è trasformato in una più blanda «promessa solenne».
E, infatti, i massoni da me intervistati utilizzano il termine solo per definire il segreto iniziatico, che
rimane incomunicabile poiché è possibile cogliere il suo significato solo a livello intuitivo, quindi
fondamentalmente individuale. Per gli altri tipi di segreto, che hanno natura più esteriore e
contingente, si privilegiano i concetti di riservatezza e discrezione, che hanno la caratteristica di
essere meno restrittivi, ponendosi al confine della dinamica di occultamento e svelamento (Mahmud
2012, 426) a differenza del termine segreto che tende ad enfatizzare soprattutto l'aspetto
dell'occultamento.
Risulta quindi come la segretezza, all'interno del Goi, abbia funzione regolativa più che ontologica,
costituendo più un principio organizzativo che uno strumento di occultamento (Sorrentino 2011,
27). Un tipo di segreto che costituisce una forma di dominio, fascinazione e collante di gruppo
indipendentemente dal fatto che i contenuti occultati abbiano un qualche valore.
Ancora una volta, pare che sia la stessa Obbedienza a riprodurre la mitologia dominante che vede il
Goi – e la massoneria, in generale – come una società che usa la segretezza come una copertura
funzionale alla mutua assistenza tra fratelli, finalizzata alla soddisfazione di interessi personali e alla
conquista di posizioni di potere. La massoneria stessa, quindi, contribuisce ad alimentare questa
mitologia, insieme a tutte le ambivalenze finora esposte, tanto da pensare che, venendo meno queste
ambivalenze, il Goi rischierebbe di mutare radicalmente pelle perdendo i suoi caratteri identitari e,
probabilmente, parte del suo potere attrattivo.
Infine, in merito all'aspetto del rituale, che sancisce in maniera netta una separazione tra il mondo
dell'Obbedienza e l'ambiente esterno e che contribuisce a creare quel carattere anacronistico più
volte affibbiato alla libera muratoria, risulta calzante l'analisi di Margaret Kohn (2003) che parla
295
della massoneria come di una eterotopia in termini foucaultiani, quegli «spazi assolutamente altri»
(Foucault 1967) che simboleggiano delle rotture all'interno del mondo sociale. Spazi liminali che,
però, nel caso della massoneria, non mirano a sfidare i processi sociali dominanti, non neutralizzano
né invertono relazioni di potere esterne, anzi in qualche modo ne traggono linfa e, in alcuni casi,
contribuiscono ad alimentarle.
Margaret Kohn (2003) riprende il concetto di «eterotopia» 246 per designare la loggia massonica:
«[The lodge] was a heterotopia in the original sense of The Order of Things247: the uncanny trace of
a earlier epistemé preserved in the present».
Gran parte della tradizionale mitologia e iconografia massonica, secondo Kohn, evoca spazi liminali
(liminal places) che simboleggiano rotture all’interno della generica sfera sociale (ruptures in the
social). Rotture che, a differenza di quanto ci si aspetta dall’analisi del concetto di eterotopia, non
necessariamente sfidano i processi sociali dominanti (dominant social processes).
Nel dire questo si ricorda come Foucault (1967, 25) sostenga che le eterotopie siano «la
contestazione di tutti gli altri spazi» aggiungendo come questa contestazione si possa esercitare in
due modi: «O creando un'illusione che denuncia tutto il resto della realtà come un'illusione […],
oppure creando realmente un altro spazio reale perfetto, meticoloso e ordinato, quanto il nostro è
disordinato, mal organizzato e caotico».
È poi vero che, sotto il nome di eterotopia, vengono fatti rientrare vari tipi di ambienti, anche molto
diversi tra loro, ma il comune denominatore sembra essere l'aspetto della rottura rispetto ai luoghi
dove, normalmente, trascorriamo gran parte della nostra vita quotidiana in termini di attività di
routine.
Quindi, nel pensiero di Kohn, la loggia massonica costituisce uno spazio altro all’interno della più
ampia società che, però, non neutralizza né inverte relazioni di potere dominanti: «The existence of
alterity and the proliferation of heterotopias does not necessarily further a project of political
transformation». Questo porta a riflettere su come non sia la diversità (the otherness) degli spazi
che, da sola, risulti significativa per poter produrre modalità di pensiero, idee e azioni nuove e di
rottura di certi schemi sociali predominanti; occorre, piuttosto, vedere le relazioni che questi spazi
intessono con le risorse dominanti di potere (the dominant sources of power) e le caratteristiche di
chi, in definitiva, questi spazi li occupa.
246
Eterotopia, per Foucault, è quello spazio che ha «the curious property of being in relation with all the other sites,
but in such a way as to suspect, neutralize, or invert the set of relations that they happen to designate, mirror, or
reflect», Foucalt M., Of other spaces, Diactritics, 1986, p. 24.
247
Titolo originale Les Mots et les Choses (Une archéologie des sciences humaines), opera di Michel Foucault
pubblicata nel 1966.
296
La dimensione nascosta e latente
Abbiamo più volte ribadito come, all'interno delle logge, vi sia divieto di parlare e di occuparsi di
politica248, intesa principalmente nel senso di politica partitica. In aggiunta, ogni libero muratore «è
tenuto a rispettare scrupolosamente la Carta Costituzionale dello Stato nel quale risiede o che lo
ospita e le leggi che ad essa si ispirino»249.
Nonostante i precedenti assunti, l'ultima parte del presente lavoro è dedicata proprio all'esistenza dei
rapporti che l'Obbedienza ha tenuto con l'ambito profano – e, in particolare, con la sfera della
politica – nel corso della sua storia, citando come caso emblematico la vicenda della loggia coperta
Propaganda 2. Ho poi tentato una ricostruzione dei rapporti che hanno legato la libera muratoria
italiana alla criminalità organizzata, anche se in questo caso si tratta più di uno studio preparatorio
per analisi successive, considerata la sommarietà delle fonti e la difficoltà di poter distinguere le
responsabilità delle varie Obbedienze e, all'interno delle stesse, la responsabilità dei singoli che non
può sempre essere imputata all'intero gruppo massonico. In questo caso, le riflessioni prendono
spunto dalla chiusura di alcune logge in Calabria nel periodo 2013-2015, vicenda sulla quale ho
potuto far luce anche grazie alle interviste dei miei interlocutori e di cui si sta ancora occupando la
Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi.
Molto spesso si utilizza l'espressione “massoneria deviata” per identificare quella massoneria che ha
svolto un ruolo che mal si concilia con la sua vocazione iniziatica, spirituale e filantropica: «La
massoneria deviata si pone spesso al centro di intrecci tra politica, mafia, magistratura,
imprenditoria e molto altro ancora [...]» (Eurispes 1995, 399) fino a formare uno degli attori di
quell'area grigia in cui confluiscono poteri di diversa natura.
Secondo il rapporto Eurispes sopra citato, i fenomeni di devianza massonica si verificano
principalmente a causa di tre elementi: il primo è la tipologia degli aderenti, per lo più professionisti
affermati o che comunque godono di uno status socio economico alto e medio alto; il secondo è
relativo alle relazioni che si stabiliscono all'interno delle logge, in cui possono trovarsi individui che
svolgono professioni che, all'esterno dell'ambito libero muratorio, possono creare conflitti di
interesse, portando alla luce un serio problema di interferenze tra i due ambiti, massonico e profano;
il terzo è constatare come la massoneria si articoli su tutto il territorio nazionale riuscendo a creare
capillari reti di contatti, arrivando a costituire, in alcuni casi, un «network di controllo che parte dai
poteri affaristico-politico-mafiosi locali per giungere a settori del potere centrale e, eventualmente,
connettersi alle centrali massoniche sparse in tutto il mondo» (Eurispes 1995, 399).
248
«La Massoneria è apolitica. Essa impone ai suoi membri i doveri di lealtà civica, riserva loro il diritto di formarsi la
propria opinione riguardo agli affari pubblici, ma né in Loggia né in qualsiasi altro momento dell’attività massonica,
è consentito loro discutere in materia di politica», Massoneria Universale Grande Oriente d'Italia, Antichi doveri,
Costituzione, Regolamento dell'Ordine, Roma, Edizioni Erasmo s.r.l., 2006, p. XVII.
249
Ibid.
297
Il ruolo politico che il Goi ha assunto nel corso della sua storia, almeno fino alla soppressione delle
logge voluta dal regime fascista, e alla grande presenza di massoni in special modo all'interno dei
partiti repubblicano e liberale, è un fatto storicamente assodato e riconosciuto all'interno della stessa
Obbedienza. Il suo ruolo politico è andato scemando soprattutto in ragione dell'allargamento del
suffragio, prima a tutti gli uomini e poi, in seguito, alle donne e del sistema elettorale proporzionale:
«[...] lo stesso Gran Maestro e i suoi collaboratori non mostrano di percepire le modificazioni
introdotte dal suffragio universale e dalla proporzionale nel sistema politico [continuando] a operare
sul mercato della politica come se il suffragio fosse ancora ristretto e i collegi fossero ancora
uninominali» (Padulo 2006, 677), a cui va aggiunta la comparsa e il seguito sempre più crescente
dei partiti di massa socialista e cattolico, a cui poi si aggiungerà quello comunista.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti che l'Obbedienza ha tenuto con il mondo della criminalità
organizzata – mafia e 'ndrangheta nello specifico – ho cercato di comprendere in quale contesto e
sotto quale forma questi legami si siano instaurati. I casi di studio esaminati, come detto, sono la
vicenda della loggia P2 e l'avvenuta demolizione di alcune logge in Calabria dal 2013 al 2015 per
presunte infiltrazioni di carattere malavitoso.
Dalle parole degli intervistati, in riferimento al generale ruolo che il Goi può aver avuto in entrambe
ed in simili altre situazioni, si tende a ribadire come la massoneria sia fatta da uomini, con i loro
pregi e i loro difetti e come, a vari livelli e in determinati contesti, possano ancora sussistere contatti
con gruppi di potere di vario genere. Il dito viene puntato, dagli intervistati piemontesi, su regioni
come Calabria e Sicilia, dove si sostiene sia più facile che all'interno delle logge facciano il loro
ingresso personaggi in odore di mafia. Non tutti escludono la possibilità che nell'Obbedienza
possano ancora esservi logge coperte, ma la maggior parte degli intervistati ribadisce come sia più
facile che gruppi spuri si formino al di fuori dell'Obbedienza poiché non esiste un brand registrato
per la massoneria, quindi ognuno può autoproclamarsi liberamente Obbedienza massonica. Poi la
scarsa informazione che c'è sul fenomeno farà sì che, in occasione di inchieste che vedono
protagonista la massoneria, la maggior parte delle persone tenderà ad addebitare ogni tipo di
responsabilità alle Obbedienze più antiche e conosciute.
Incalzati sul motivo per il quale un gruppo X di persone dedite al malaffare decida di costituire
delle logge od Obbedienze spurie dato che, tra l'altro, il brand massoneria non è il più immune da
critiche, gli intervistati riconoscono che probabilmente gli individui che formano queste logge
abbiano fatto parte di qualche Obbedienza regolare e poi, per vari dissidi interni, possano essersene
allontanati con la volontà di creare una sorta di gruppo parallelo: «In realtà tra le logge irregolari del
meridione e le principali Obbedienze si sono sempre mantenuti contatti organici. Il fatto che quelle
logge siano formalmente un corpo estraneo serve a mantenere “pulita” l’immagine delle
298
Comunioni. Ma si tratta di un artificio» (Cipriani 1993, 139).
Occorre, a questo proposito, notare come poco venga fatto dal Goi per combattere queste
massonerie spurie e, come abbiamo visto nel corso della ricerca, per indagare approfonditamente su
episodi di devianza all'interno dell'Obbedienza:
È vero che quando il Goi scopre o fai qualcosa ti elimina, è vero, ma a volte non indaga neanche più di tanto. La
loggia coperta esiste, ne esistono tante, molto spesso esistono associazioni che sono logge coperte. Abbiamo dei
massoni che si fanno un’associazione che è una loggia coperta. […] Il Goi indaga se la cosa va a intaccare la loro
Istituzione, e poi quando li intervistano sono dei criminali per loro, però poi alla fine quei criminali un po’ li han
coperti. Come ti ho detto prima, molti nomi non vengono scritti nelle associazioni [Interv. 4_ex, 40].
Però, nel momento in cui si pone il problema di tutelare la riservatezza dei propri affiliati,
l'Obbedienza dispiega ampiamente tutte le proprie forze. Come ha scritto Galli (1998, 183-184):
La massoneria storica di Palazzo Giustiniani […] e il suo vertice, hanno una responsabilità di gestione politica,
lunga decenni, responsabilità sotto un duplice profilo: in primo luogo hanno accettato di far apparire l’istituzione
come un soggetto comprimario sulla scena politica; e, in secondo luogo, non hanno voluto o saputo fare chiarezza,
con una franca assunzione di responsabilità per quella scelta (che, con terminologia giuridica, potrebbe essere
definita di “millantato credito politico”), quando la scelta stessa ha dato luogo a interpretazioni che hanno dato
all’istituzione l’immagine di cui fatica tuttora a liberarsi, sino alla presunzione di una sistematica attitudine
all’illegalità e addirittura a rapporti con il crimine organizzato.
Se in certe situazioni il Goi non ha «voluto o saputo fare chiarezza», per altre questioni si è
mobilitato più convintamente. Come abbiamo visto, almeno tre sono stati, nel corso degli anni, i
ricorsi alla Corte Europea in merito alla privacy dei membri del Goi, ritenuta minacciata dalle leggi
italiane. L'ultimo ricorso è avvenuto nell'aprile 2017 allorché l'Obbedienza ha depositato dinanzi
alla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo un ricorso contro le iniziative della
Commissione antimafia e dei suoi componenti, definendo fortemente discriminatorie le azioni da
questi messe in atto in riferimento alla perquisizione delle liste dei fratelli massoni iscritti.
Questo aspetto contribuisce a sottolineare quelle ambivalenze dell'Istituzione che ho provato a far
emergere nel corso di tutta la ricerca. L'ambivalenza, in questo caso, consiste nel continuo richiamo
ai concetti di trasparenza ed apertura al fine di togliere quello stigma negativo che, negli anni, si è
cucito addosso all'Obbedienza, ma poi le reali azioni di denuncia del Goi si esplicano per lo più a
difesa della riservatezza dei suoi affiliati.
Nello specifico della vicenda della loggia coperta interna al Goi, la Propaganda 2, i massoni
intervistati – rifacendosi soprattutto agli atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2 –
confermano un ruolo dei vertici del Goi durante le tre Gran maestranze che si sono succedute nel
periodo in cui Licio Gelli aveva assunto il ruolo di Maestro Venerabile della loggia. Ma le colpe che
299
vengono addossate a questi tre Gran Maestri sono, in generale, di ingenuità, poca vigilanza e molta
delega, sottolineando sempre il fatto che comunque, alla fine, nessuno è stato mai condannato in
merito alla vicenda, neppure lo stesso Gelli. L'unico suo vero demerito, piuttosto, sembra esser stato
quello di non aver tutelato in alcun modo la riservatezza degli affiliati del Goi.
Soprattutto nel caso della P2, di cui abbiamo ampia documentazione, si può parlare di presenza di
leader corrotti, che hanno pervertito la mission originaria dell'organizzazione, imprimendole linee
segrete e perseguite per vie sotterranee. Leader deboli che, in sede di audizione, non faranno altro
che scaricare l'uno sull'altro le responsabilità della vicenda.
Per la questione delle logge calabresi chiuse, invece, non si può ancora parlare di responsabilità
poiché le indagini sono in corso d'opera. I massoni intervistati, per l'appunto, rimandano agli
accertamenti della magistratura ribadendo la posizione ufficiale del Gran Maestro, ossia che le
colonne di quelle logge sono state abbattute «per problemi organizzativi e rituali», sotto il quale
cappello rientrano aspetti come la mancata trascrizione dei verbali, l'imprecisa organizzazione della
loggia che non pubblica i calendari delle tornate rituali e simili.
Certo non si può non tenere di conto che il numero degli affiliati in Calabria ha visto un incremento
negli ultimi due decenni non in linea con le altre regioni italiane. I fratelli calabresi intervistati
imputano questo grande interesse per la libera muratoria alla crisi di valori che coinvolge l'intera
società, in particolar modo le zone come la Calabria dove ci sono meno possibilità in termini sia
lavorativi che associativi. D'altra parte, voci più critiche insinuano il sospetto che il peso elettorale
massonico di questa regione sia andato aumentando di pari passo all'incremento degli iscritti, dal
momento in cui l'ex Gran Maestro del Goi Gustavo Raffi ha modificato le regole per l'elezione delle
cariche nazionali, dando diritto di voto a tutti i Maestri; prima della riforma elettorale del 2000,
infatti, potevano votare solo i Maestri Venerabili.
Se questa può essere considerata una mossa dai risvolti democratici, da alcuni è stata letta nei
termini di una troppo generosa apertura delle porte dell'Obbedienza, soprattutto in alcune realtà
come la Calabria in cui sarebbe più semplice una compravendita di voti. Ma, come ripeto, queste
sono tutte ipotesi che non è compito di questo lavoro accertare.
Sicuramente, però, per entrambi gli episodi si può notare un certo distacco della base del Goi per
quanto riguarda questioni che esulano la vita di loggia; dagli atti della Commissione parlamentare
d'inchiesta sulla P2 emerge l'immagine di una base locale praticamente all'oscuro di ciò che
succedeva nella loggia inquisita e dei rapporti opachi che i vertici del Goi potevano intrattenere con
Licio Gelli e, tramite lui, con settori vari del mondo profano. Una base poco informata, ma anche
poco desiderosa di informarsi, un elemento periferico composto da «massoni normali» che non
avevano né volontà né, forse, modo per occuparsi di vicende di così vasta portata.
300
In ambedue gli episodi, però, si sono create delle opposizioni interne al Goi; nel caso della P2 si
tratta soprattutto del gruppo che balzerà alle cronache col nome di «massoni democratici», la
maggior parte dei quali ricopriva una carica a livello nazionale nella Giunta dell'Obbedienza. Nel
caso calabrese, una voce fuori dal coro è sicuramente quella del fratello massone intervistato per
questo lavoro, che è stato il primo a far emergere la questione delle possibili commistioni tra Goi
calabrese e malavita organizzata. Nel primo caso alcuni degli oppositori sono stati espulsi, altri
sospesi; per la seconda vicenda, invece, il fratello in questione è stato espulso per aver leso
l'immagine, l'onore e la reputazione del Goi attraverso la pubblicazione su Internet di un articolo di
denuncia aperto al mondo profano.
In questo scenario, appaiono rilevanti le figure adibite ai controlli della regolare conduzione dei
lavori all'interno del Goi, gli Ispettori, che ricordiamo essere sia circoscrizionali (controllano la
regolarità dei lavori delle logge della circoscrizione di riferimento), sia centrali. Sono Ispettori
centrali tutti i membri del Consiglio dell’Ordine – con l’esclusione dei due rappresentanti eletti a far
parte della Giunta del Goi – il cui compito è estendere i controlli su tutto il territorio
dell'Obbedienza.
Occorre però dire che gli Ispettori sono conosciuti – o, comunque, possono facilmente esserlo – da
tutti i fratelli poiché sono cariche elettive; inoltre, come mi è stato riferito dai massoni intervistati,
solitamente gli Ispettori avvisano prima di presiedere ai lavori di una loggia, quindi i componenti la
loggia hanno tutto il tempo per aggiustare eventualmente il tiro ed organizzare i lavori rituali nella
piena osservanza dei regolamenti dell'Ordine. Possono rimanere “segreti” solo quegli Ispettori
nominati direttamente dal Gran Maestro ma, come abbiamo poi visto in merito alle vicende di
cronaca sopra esposte, in entrambi gli episodi le ispezioni hanno avuto luogo solo dopo che la
stampa ha iniziato ad interessarsi del fenomeno. Infine, è spesso messa in discussione anche la
consegna dei carichi pendenti e del casellario giudiziario da parte del massone prima della sua
eventuale iniziazione poiché, come sostengono anche alcuni fratelli intervistati, non viene di norma
richiesto l'aggiornamento degli stessi.
301
questo il Goi registra un numero di affiliazioni in costante crescita dal 1998 ad oggi.
A quali bisogni la libera muratoria continua a dare risposte? Quale il suo potere attrattivo?
Dall'analisi emerge come l'imprinting elitario giochi un ruolo ancora molto forte, in linea con i tratti
distintivi dell'epoca in cui il Goi è sorto, nonostante in questi due secoli molte cose siano mutate,
compresa l'estrazione sociale degli affiliati. Non è un caso che la matrice dell'Obbedienza sia da
rintracciare nelle esperienze politiche dei partiti repubblicano e liberale, partiti tradizionalmente di
censo, che tra le loro file hanno sempre contato numerosissimi massoni. L'essere massoni per gli
intervistati di questa ricerca è qualcosa che dona prestigio; molti addirittura non vedono di buon
occhio gli ingressi tramite Internet perché, nonostante vi sia un'attenzione maggiore nei loro
riguardi, motivata dall'assenza di una persona interna che faccia da garante per il nuovo iniziato, la
richiesta di affiliazione telematica va un po' a sminuire quel carattere aristocratico dovuto anche al
metodo tradizionalmente cooptativo.
L'attuale Grande Oratore (Bonvecchio 2007, 87) scrive come il senso di colpa derivato dal non
avere una adeguata audience sociale, porti molti massoni all'auto-esclusione dalla società e ad una
sorta di «arroccamento elitario e sprezzante»:
In questa prospettiva, l’esperienza muratoria viene vissuta (ed è stata vissuta), per lo più – in chiave narcisistica –
come compiacimento della propria particolarità e della propria esclusione. Ciò ha indotto (e induce) – a livello del
singolo e della collettività – una forma di psicologismo che, lentamente ma inesorabilmente, si sovrappone a
qualsiasi istanza esoterico-iniziatica. Ne consegue un insidioso atteggiamento autoreferenziale, in cui matura
l’assurda convinzione della propria assoluta superiorità e diversità […] che si manifestano nell’esibizione di una
ingiustificabile alterigia, nel culto maniacale della segretezza, nell’esasperato rifiuto di qualsiasi apertura al mondo
esterno e, facilmente, in un delirio persecutorio […].
E il richiamo alla tradizione, al rigore e all'ordine che regnano durante i lavori di loggia, alla morale
e ai buoni costumi, alle differenze che sussistono tra il mondo interno ed esterno l'Obbedienza,
rimandano l'immagine di un gruppo di uomini rispettati e rispettabili che ha fatto della stabilità e
della resistenza al cambiamento un must, nonostante i continui richiami alla trasparenza e
all'apertura nei confronti del pubblico profano. L'habitus dell'Obbedienza, infatti, appare solido e
poco mutevole, nonostante le statistiche parlino dell'ingresso di persone sempre più giovani e di
modalità alternative come quella tramite Internet; novità che, però, almeno al momento, non
contribuiscono a fare la differenza e ad avviare la libera muratoria verso un serio processo di messa
in discussione interno. In questo senso occorre citare un passo della ricerca di Kenney (2016) in cui
lo studioso sostiene come, nonostante il continuo ricorso a concetti quali quello di diversity, si sta
assistendo all’integrazione all’interno delle Obbedienze di persone giovani che però sono in tutto
simili ai membri più anziani:
302
Freemasonry is notoriously resistant to change, so we are likely witnessing the integration of that relatively small,
socially congruent group of people in society to an existing order of authenticity and relevance […] rather than the
adaptation of a group rich in symbolic diversity to the great bulk of a changing society.
In questo senso Kenney parla della massoneria come di una subcultura tradizionalista (traditionalist
subculture) che difficilmente potrà cambiare finché la vecchia guardia (the old gards) rimane
relativamente dominante in termini sia di numeri che di autorità (Kenney 2016, 246-247).
Per questi motivi molti individui, anche senza avere grandi conoscenze sulla massoneria, decidono
di entrarvi, vale a dire per il desiderio di appartenere a quel gruppo, per essere “uno di loro/come
loro” (Mahmud 2014), per far parte di una Istituzione con una forte identificazione di gruppo.
Quest'ultima è garantita dalla distintività, che la rende unica nel suo genere; dal prestigio, che
senz'altro aumenta la considerazione che il singolo ha di se stesso; dalla presenza di un outgroup
che sancisce uno spirito di corpo per la sola contrapposizione che si viene a creare tra un noi e un
loro (Bergami, Corrado, Lomi 1997).
Occorre poi riflettere sulla struttura stessa del Goi, composta da microcosmi piuttosto autonomi – le
logge – nonostante le differenze presenti sul piano territoriale: «[Freemasonry post-1700]
represent[s] the opposite extreme of decentralization into a number of relatively autonomous sects
and communities» (Hazelrigg 1969, 329). Questo consente agli affiliati di sentirsi parte di
un'Istituzione tradizionalmente prestigiosa e dal profilo elitario ma, allo stesso tempo, svincolati
dalle gerarchie e piuttosto autonomi per quanto riguarda la conduzione dei lavori della propria
loggia e del proprio gruppo di riferimento. In questo senso possiamo parlare di cultura
differenziante (Martin 1992), di vere e proprie sottoculture organizzative (Marchisio 2000) che,
però, consentono all'Obbedienza di non andare mai incontro ad una vera disgregazione.
L'autonomia delle logge locali può creare distanza in merito al livello di conoscenza che i singoli
membri possono avere sul generale andamento dell'Obbedienza. Lo abbiamo visto in modo
emblematico per la vicenda P2, in cui è emersa l'immagine di una base ignara, forse anche poco
desiderosa di sapere, che spesso riproduce quella mitologia negativa per cui circola sempre il
dubbio che, ai livelli alti dell'Obbedienza, qualcosa di non troppo lecito possa effettivamente
accadere:
Secondo me un motivo sbagliato, quello di poter entrare per far parte di una lobby, quello è uno dei motivi che
spingono di più ad entrare... poi quanto questo possa essere vero non so dirti [...] conosco bene Asti, conosco bene
la realtà di Alba, Alessandria e so che non è così, non è che entrando in una loggia del Goi hai più facilità a
diventare primario piuttosto che qualcos'altro [...] che questo non accada ad altri livelli e in realtà più grandi non te
lo so dire [...] anche se sono convinto che qualcosa ci sia [Interv. 19, 48, Piemonte].
303
Quella fetta di massoneria che Mahmud (2014, 166-169) identifica con l'espressione good masons
che, al di là del significato che si può attribuire al termine good, rappresenta la faccia pulita della
massoneria, la cui esistenza pare essere fondamentale affinché possa sussistere anche l'altra faccia,
quella più nascosta. Una parte della massoneria certamente sensibile agli scandali che, ciclicamente,
coinvolgono l'Istituzione, ma il cui punto di vista generale sulla libera muratoria verrebbe, da questi,
difficilmente intaccato.
Nelle parole del massone espulso da me intervistato:
È impensabile che un nuovo sussulto venga dal Goi fra chi non ha interesse ad affrontare la situazione, chi teme
ritorsioni, chi ottiene vantaggi, chi fa carriera all'ombra del silenzio [Interv. Minnicelli].
Entrambe le facce sembrano alimentarsi reciprocamente, ma questo non pare il frutto di un qualche
calcolo strategico, piuttosto una conseguenza di quella autonomia interna che crea una sorta di
distanza a seconda del grado di coinvolgimento degli affiliati e delle posizioni assunte all'interno del
Goi. Una distanza il cui rispetto è garantito da una equilibrata distribuzione di potere poiché tutti, in
potenza, sanno di poter aver accesso a un qualche tipo di potere – non è un caso che le liti più
frequenti avvengano per l'elezione della carica più alta di loggia, quella del Maestro Venerabile.
L'effetto di questa distribuzione di potere – che può consistere anche nel fatto che ogni livello
gerarchico è depositario di segreti sconosciuti al livello inferiore ed è all'oscuro di quelli detenuti
dai gradi superiori – ha l'effetto di consolidare l'architettura dell'organizzazione anziché minarne le
fondamenta. Nonostante l'eventuale desiderio dei singoli di accrescere il proprio potere spinga i
membri a competere tra loro, questa stessa competizione non finisce per sovvertire le regole di base
dell'organizzazione. Quando questo accade e vengono a formarsi delle vere e proprie opposizioni
interne, la risposta più facile che il Goi mette sul tavolo è l'espulsione delle voci fuori dal coro,
senza però intaccare in maniera decisiva la struttura dell'organizzazione.
Inoltre, l'equilibrata distribuzione di potere si lega anche al fatto che non vi sono solo vicende, come
come quella della P2, in cui siamo di fronte ad un vertice del Goi connivente e ad una base
generalmente ignara. Esistono, infatti, altre situazioni in cui, considerata proprio l'autonomia delle
logge e la scarsa efficacia dei controlli interni, gli episodi dai caratteri più opachi prendono piede a
livello di base. Come ha sostenuto l'ex Gran Maestro Di Bernardo in merito ad alcune vicende
particolari che lui definisce “enclave locali”, «[…] chi sta al vertice non vede nulla, nella maniera
più assoluta, e se sa qualcosa gli viene rivelato dai giornali. Non c'è, come invece si potrebbe
immaginare, una comunicazione che va dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto, per cui vi è
sempre una trasmissione di informazione. Più che altro oggi il Gran Maestro è una figura
rappresentativa. Tutto si svolge localmente, il bene e il male sono realtà locali ed è lì che si
304
realizzano»250.
Come detto nel corso della ricerca, se risulta difficile credere alla totale mancanza di scambio di
informazioni tra base e vertice, appare lecito sostenere come le situazioni dai risvolti più controversi
vengano lasciate maturare all'interno dell'Obbedienza senza che la gran parte dei fratelli metta in
discussione l'operato dei vertici o di altri membri della stessa e senza che i vertici del Goi mettano
in atto controlli accurati, a meno che gli episodi in questione non diventino di dominio pubblico o
oggetto di indagine della giustizia profana.
L'autonomia interna e la presenza di microcosmi autonomi fanno sì che la struttura del Goi si
mantenga in equilibrio, nonostante i frequenti attriti interni, le consuete gemmazioni e gli scandali
che, ciclicamente, la coinvolgono. Infine, poi, bisogna considerare che l'eventuale impatto
disgregativo viene attenuato o, addirittura, neutralizzato dalla separazione con il mondo profano,
che ha un effetto unificante e contribuisce a consolidare un forte spirito di corpo anche nei momenti
in cui questo spirito sembra venire meno.
Quindi, per quanto riguarda l'identità del Grande Oriente d'Italia, credo sia lecito parlare di una
identità forte, ben delineata e resistente al cambiamento. Il Goi è una Istituzione che ha una storia
lunga secoli, per cui l'elemento della tradizione risulta fondamentale per comprenderne il potere
attrattivo. Una tradizione che ha caratteri elitari molto forti, l'incertezza delle cui origini aumenta il
suo fascino poiché l'assenza di un capo-maestro-stregone da cui tutto è partito, fa sì che l'aspetto
verticistico dell'Obbedienza – che potrebbe creare resistenze da parte degli affiliati – venga
rimodulato e perda gran parte del suo potere di autorità.
Se l'identità del Goi appare forte e definita, dalle continue incongruenze che si vengono a formare
tra artefatti, valori espliciti e assunti di base, emerge come sia l'ideologia dell'Obbedienza ad
apparire debole, quel portato di precetti, valori ed obiettivi che poi non trovano piena
attualizzazione nella realtà.
Già Benedetto Croce, parlando della mentalità massonica (1910), considerava i liberi muratori
persone incapaci di attuare gli scopi universalistici della massoneria, limitandosi a coltivare una
gretta solidarietà tra fratelli. La loro mentalità veniva presentata come superficiale poiché gli
obiettivi che i liberi muratori si pongono, in quanto universali e astratti – il potere della ragione, la
libertà, la fratellanza, l'uguaglianza – non hanno la capacità di approfondire i problemi
dell'individuo e della società nel suo insieme, diventando cultura pessima e inadeguata:
[…] quanto alla mentalità massonica […] vedo in essa un serio pericolo per la cultura italiana. È una mentalità
250
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, Seduta n. 187 di Martedì 31 gennaio 2017, p. 22. <http://www.camera.it/leg17/1058?
idLegislatura=17&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2017&mese=01&giorno=31&idCommission
e=24&numero=0187&file=indice_stenografico>, [ultima cons. 24-05-2017].
305
che chiamo a quel modo perché prevalente nella massoneria e tradizionalmente propria di quella istituzione.
[Questa consiste] nell'astrattismo e nel semplicismo. La mentalità massonica semplifica tutto: la storia che è
complicata, la filosofia che è difficile, la scienza che non si presta a conclusioni recise, la morale che è ricca di
ansie e di contrasti. Essa passa su tutte queste cose trionfalmente, in nome della ragione, della libertà, della umanità,
della fratellanza, della tolleranza. E con queste astrazioni si argomenta di distinguere a colpo d'occhio il bene dal
male, e va classificando fatti e uomini per segni esteriori e per formule (Croce 1910, 442).
Secondo Croce, la cultura massonica è una cultura a buon mercato, pessima per chi deve
approfondire i problemi dello spirito, della società, della realtà. Pessima non solo mentalmente, ma
anche moralmente poiché intrisa così tanto di astrattismo da far cadere spesso i suoi propulsori
«nella ipocrisia, che è ripugnante» (Croce 1910, 442).
Il problema del diffondersi della mentalità massonica, per Croce, non è solo di tipo civico e politico,
ma filosofico. La questione, infatti, non è tanto l'esistenza – accanto a quelli che l'autore definisce
“massoni ingenui” – di massoni “furbi”, «perniciosa accolta d’intriganti e affaristi» (Croce 1914,
142), che fondano il proprio agire sull’ipocrisia e sulla «gretta solidarietà» che può degenerare in
un’associazione di mutua assistenza dai caratteri illeciti.
La questione è, piuttosto, storico-culturale e filosofico-politica, visto che è la mentalità massonica –
più della stessa massoneria – a costituire un pericolo per la cultura e per la politica italiana, «in
quanto sopravvivenza anacronistica di una forma di pensiero che rende impossibile la comprensione
del flusso reale degli avvenimenti» (Croce 1914, 142), un anacronismo che impedisce
l’affermazione di una consapevolezza storico-politica e filosofica in grado – al tempo in cui scrive
Croce – di rileggere, ad esempio, i valori risorgimentali alla luce dei problemi posti dalla società
industriale e di massa.
In merito all'ideologia massonica, Cazzaniga sostiene, invece, come dal 1861 al 1921, pur nelle
divisioni interne all'ambito libero muratorio, esista un progetto massonico che si rifà ai temi della
laicità delle istituzioni. Però lo studioso si chiede quale sia il progetto massonico dal secondo
dopoguerra in avanti e la risposta è che, molto probabilmente, questo progetto non esiste.
Lo stesso Grande Oratore del Goi, in un documento fatto circolare tra le logge del territorio,
rivolgendosi ai fratelli muratori scrive:
L’opinione pubblica, i giovani si chiedono: ma dove andremo? Cosa faremo? Troveremo lavoro? Cosa succederà
di noi? E cercano risposte sul testamento biologico, sull’ecologia, sulla bioetica, sulla società del futuro, sul destino
dell’uomo. E noi – Libera Muratoria – a fronte di tutto questo che cosa diciamo? Che risposte diamo? Il nostro
silenzio – il silenzio del Grande Oriente – è assordante. […] Le Logge devono aprirsi a questi argomenti, devono
poter portare alla società la discussione su questi temi. […] deve mostrare come i laici – quali noi siamo (senza
dimenticare che esiste anche una spiritualità laica) – sono in grado di discutere, apertamente, di questi temi. […] Se
rimaniamo in silenzio, allora sì la gente può pensare […] che noi ci occupiamo solo di affari.
306
Interessante riportare anche il pensiero di Giarrizzo251 secondo cui sembra prevalere, all'interno
dell'Ordine, la tendenza a fissare denominatori comuni deboli – i doveri di fraternità, solidarietà e
libertà – che la rendono un modello associazionistico a ideologia debole, facilmente plasmabile in
base alle esigenze locali. E lo stesso Grande Oratore Bonvecchio, nella circolare interna citata in
precedenza, si rivolge ai fratelli del Goi chiedendo loro se l'Obbedienza sia ancora all’altezza del
compito di riportare in auge, nel mondo profano, valori come quelli di libertà, fratellanza,
uguaglianza, antidogmatismo, tolleranza, richiamando i fratelli a questo compito alto e al distacco
da liti e attriti interni che lui definisce «le piccole cose».
Ma forse è anche questa ideologia debole a consentire all'Obbedienza di sopravvivere. L'identità
forte la fa rimanere ancorata a principi e tradizioni che vengono ribaditi costantemente e che le
forniscono quell'imprinting elitario che continua a esercitare grande potere attrattivo. L'ideologia
debole, d'altra parte, rende l'Obbedienza adattabile ad un contesto sociale che cambia,
consentendole di intessere relazioni sempre nuove e riorganizzare i propri obiettivi.
Il Goi può riuscire a fare questo grazie alla sua struttura interna composta da microcosmi piuttosto
autonomi quali sono le logge e grazie ad un'equa distribuzione di potere che fa sì che, nonostante i
continui attriti interni e le vicende opache che coinvolgono l'Istituzione, il suo assetto non vada
incontro a perturbazioni decisive.
Come ho ipotizzato nel corso del presente lavoro, pare che sia la ben delineata identità
dell'Obbedienza a suscitare, insieme, sentimenti di stima e sospetto, elementi che contribuiscono a
creare le condizioni del riconoscimento di un certo tipo di potere in riferimento all'Istituzione.
Questo potere fa sì che molte persone decidano di farne parte e di rimanervi, nonostante
l'avvicendarsi degli scandali che l'hanno coinvolta e che possono minarne la credibilità e
corromperne la mission ufficiale.
Le ambivalenze del Goi emerse dalla ricerca, che sfociano spesso in ambiguità, sembrano essere un
carattere costitutivo della configurazione che la massoneria ha assunto nel corso del tempo. Questo
carattere spiega anche perché i massoni non si impegnino con maggior efficacia a ribaltare
l'immagine negativa che li riguarda, un'immagine che li accompagna dalla nascita della massoneria
speculativa e che, seppur cambiando forma, costituisce una sorta di stigma e, insieme, un punto di
riferimento identitario forte. Uno stigma che, soprattutto oggi, si lega ai motivi del segreto, del
mistero e del sospetto che all'interno delle logge ci si occupi di questioni non iniziatiche e si
intrattengano rapporti col mondo profano, ambito politico e finanziario in modo particolare.
Se le ambivalenze all'interno dell'Obbedienza – vero e proprio contenitore di contraddizioni –
251
Giarrizzo G., Enciclopedia delle scienze sociali, 1996, s.v. “massoneria”,
<http://www.treccani.it/enciclopedia/massoneria_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/> [ultima cons. 03-04-2017].
307
venissero risolte, questa andrebbe probabilmente incontro ad una mutazione genetica, perdendo il
suo carattere distintivo. L'identità del Goi, infatti, sembra trarre linfa da questa ambivalenza che non
può non creare sospetti e pregiudizi da parte del mondo profano perché, per sua natura, offre terreno
per lo svolgersi di pratiche opache a più livelli, dai piccoli favori tra fratelli all'interno della loggia,
al coinvolgimento in vicende ben più complesse come le presunte infiltrazioni malavitose di cui
abbiamo parlato in merito alle logge chiuse in Calabria.
Suddividendo il Goi in una base locale e in un vertice nazionale – o, meglio, in una molteplicità di
logge autonome e in un vertice centrale – possiamo ritenere come questi volti dell'Obbedienza
avanzino paralleli, senza mai interferire veramente l'uno con l'altro, a patto di mantenere spazi di
autonomia e libertà notevoli. Questi elementi sono da tenere in considerazione se si vuole
comprendere la forza attrattiva che il Goi continua ad esercitare a più di 200 anni dalla sua
fondazione e possono gettar luce sui motivi della tutto sommato inefficace apertura all'esterno,
nonostante i proclami alla trasparenza e al confronto con il mondo profano di cui i vertici del Goi si
fanno, ciclicamente, portavoci.
308
Appendice A
Di seguito il glossario dei termini massonici preso dal sito del Grande Oriente d'Italia252.
Abbattere le colonne: sospendere i lavori di una loggia. L’attività di una loggia può essere sospesa
per assenza di membri attivi, irregolarità dei lavori e sospensione dei diritti massonici.
Acacia: pianta con un forte valore simbolico, collegata alla leggenda di Hiram.
Affiliazione: iscrizione di un massone a una loggia massonica. Sinonimo di iniziazione.
Agape: banchetto che può essere rituale o bianco. All’agape rituale possono partecipare solo gli
iniziati mentre nell’agape bianca possono essere invitati anche i profani.
A.G.D.G.A.D.U.: Alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo.
Alzare le colonne: ripresa dei lavori rituali da parte di una loggia o creazione di una nuova loggia.
Anno massonico: si ottiene sommando 4000 anni al calendario cristiano ed il primo giorno
dell’anno massonico è il primo Marzo. Nei documenti massonici tale datazione è indicata come
Anno di Vera Luce (V.L.) in concomitanza alla data corrente contrassegnata dalla dicitura “Era
Volgare” (E.V.).
Antichi doveri: termine con cui si indicano i principi basilari (landmarks) pubblicati per la prima
volta dalla Grande Loggia Unita d’Inghilterra nel 1723 e adottati dalla maggioranza delle
Obbedienze massoniche.
Apprendista: primo grado della scala iniziatica massonica. Si diventa apprendisti dopo
l’iniziazione.
Ara sacra: tavolino in cui è posto il libro della legge sacra su cui si pongono la squadra e il
compasso. Si trova nel tempio massonico ed è posto all’oriente.
Arte reale: sinonimo di Massoneria. Termine che era usato nel Settecento e si rifaceva alla
leggenda del Re Salomone.
Aumento di salario; aumento di Luce: passaggio di grado. Termine che deriva dall’ambiente dei
costruttori di cattedrali medievali, dove il passaggio da apprendista a compagno d’arte veniva
ricompensato con un aumento di paga.
Auspici: termine che indica il riconoscimento di una loggia da parte di un organismo massonico
252
Galassi G. (cur.), Glossario, <http://www.grandeoriente.it/che-cosa-e-la-massoneria/glossario/>, [ultima cons. 03-
04-2017].
309
nazionale. Tutte le logge devono essere sotto gli auspici di un Grande Oriente o di una Gran Loggia.
Balaustra: lettera o relazione del Gran Maestro a diffusione interna.
Batteria: applauso rituale con cui si onorano eventi particolari (la visita di massoni illustri,
l’iniziazione di un profano).
Bolla di fondazione: decreto attestante la fondazione di una loggia, rilasciata da un organismo
massonico nazionale (Gran Loggia o Grande Oriente).
Brevetto: documento che certifica il grado massonico raggiunto.
Sala dei passi perduti: locale immediatamente esterno al tempio dove si tengono le riunioni di
loggia.
Camera di Mezzo: riunione rituale di Maestri massoni.
Capitazioni: quote associative che i massoni devono versare annualmente alla loro loggia.
Catena d’unione: catena umana che si forma durante i lavori di loggia. I massoni si uniscono in
circolo incrociandosi le mani per simboleggiare l’unione di tutti massoni che partecipano ai lavori
di loggia. Rappresenta il principio di fratellanza.
Cazzuola: strumento simbolico di derivazione muratoria, che simboleggia il lavoro compiuto in
loggia.
Comunione: sinonimo di Obbedienza.
Collare: insegna che distingue l’incarico espletato in loggia.
Colonne: simbolo massonico mutuato dalla terminologia dei liberi muratori operativi medievali che
rappresentava la costruzione di un tempio interiore e morale. All’ingresso dei templi massonici sono
poste due colonne, quella sinistra di stile dorico e quella destra di stile ionico, contraddistinte dalla
lettera J e B e sormontate rispettivamente da tre melograni e da un mappamondo. In senso figurato
alzare e abbattere le colonne si riferisce alla creazione e alla chiusura di una loggia. Il termine
colonna indica anche la fila degli scanni dove si siedono i massoni durante i lavori rituali di loggia.
Gli Apprendisti siedono alla destra del Maestro Venerabile mentre i Compagni d’Arte alla sinistra; i
Maestri possono sedersi sia a destra sia a sinistra.
Compagno d’Arte: secondo grado della scala iniziatica massonica.
Compasso: simbolo massonico che si trova incrociato alla squadra per rappresentare la massoneria.
Rappresenta simbolicamente i limiti del campo d’azione mentale dell’uomo.
Consiglio delle luci: organismo di una loggia, composto dal Maestro Venerabile, dal Primo e dal
Secondo Sorvegliante.
Coprire il tempio: espressione usata per indicare che nessun profano è presente nel tempio.
Significa anche uscire dal tempio durante una tenuta rituale.
Copritore esterno: massone incaricato di sorvegliare l’ingresso esterno, affinché nessuno possa
310
entrare nel tempio senza permesso.
Copritore interno: massone incaricato di sorvegliare la porta d’ingresso del tempio, affinché
nessuno possa disturbare i lavori della loggia senza essere annunciato.
Diacono: esistono Primo e Secondo Diacono che sono incaricati di assistere rispettivamente il
Maestro Venerabile ed il Primo Sorvegliante.
Dignitari: sono i dirigenti di una loggia – il Maestro venerabile, Primo e Secondo Sorvegliante,
l’Oratore, il Tesoriere ed il Segretario.
Demolizione: termine che indica lo scioglimento di una loggia.
Elemosiniere: carica di loggia con la funzione di raccogliere l’obolo per il tronco della Vedova
(beneficenza).
Esperto: massone che è incaricato d’istruire ed accompagnare i profani in occasione della loro
iniziazione.
Figli della Vedova: sinonimo di massoni. Deriva dalla leggenda secondo cui Hiram, il costruttore
del Tempio di Salomone, fosse il figlio di una vedova.
Fratelli: termine con cui si chiamano tra loro i massoni.
Gabinetto di riflessione: locale dove il profano inizia il rito dell’iniziazione scrivendo il proprio
testamento rispondendo a tre domande sui doveri dell’uomo verso se stesso, verso l’Ente Supremo e
verso l’umanità.
GADU: abbreviazione di Grande Architetto dell’Universo.
Garante d’amicizia: sinonimo di ambasciatore. Rappresentante di una Gran Loggia o Grande
Oriente presso un organismo massonico con cui si sono stabiliti rapporti di amicizia e
collaborazione.
Gemmare: creare una nuova loggia da un’altra. La gemmazione avviene generalmente quando una
loggia diventa troppo numerosa e una parte dei massoni aderenti decide di crearne un’altra.
Giunta: organo esecutivo del Grande Oriente d’Italia.
GOI: Grande Oriente d’Italia. Vedi anche Palazzo Giustiniani.
Grado: tappe che deve seguire un massone. Il passaggio a un grado superiore suppone un crescita
nella conoscenza dei principi massonici.
Gran: suffisso che precede le cariche dei dignitari a livello nazionale. Le cariche corrispondono a
quelle della loggia. Es. Gran Segretario, Primo Gran Sorvegliante ecc.
Grande Architetto dell’Universo (GADU): principio creatore che non si identifica con nessuna
religione. L’invocazione “Alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo” (AGDGADU) precede
generalmente gli atti ufficiali e la corrispondenza massonica.
Grande Oriente: organismo massonico nazionale.
311
Gran Loggia: il termine Gran Loggia ha due significati. Si può usare per indicare un organismo
massonico, quindi come sinonimo di Grande Oriente, o come l’assemblea dei Maestri Venerabili,
che si riunisce generalmente durante l’equinozio di primavera.
Gran Maestro: massima carica di una organizzazione massonica.
Gran Maestro Aggiunto: carica con il compito di coadiuvare e sostituire il Gran Maestro in caso di
inabilità di quest’ultimo.
Grembiule: simbolo del lavoro massonico. Varia secondo il grado raggiunto e deriva da quelli dei
muratori operativi medievali.
Guanti: guanti bianchi che vengono indossati obbligatoriamente durante le sedute rituali e
simboleggiano la purezza spirituale e l’onesta intellettuale del Fratello.
Hiram: mitico architetto e costruttore del Tempio di Salomone.
Iniziazione: cerimonia con la quale il profano diventa massone.
Iniziato: colui che ha superato il rito d’iniziazione massonica. Si usa come sinonimo di massone.
Installazione: rituale con il quale i dignitari di una loggia, dopo la loro elezione, assumono la
carica.
Labaro: stendardo distintivo di una loggia.
Latomismo: sinonimo di Massoneria.
Lavori architettonici: termine, d’origine medievale, che indicava i lavori che si svolgevano nelle
logge liberomuratorie.
Libera Muratoria: sinonimo di Massoneria.
Libro sacro: libro (nei paesi occidentali si usa generalmente la Bibbia) su cui si posano la Squadra
e il Compasso incrociati.
Loggia: luogo dove i massoni si riuniscono. Indica anche un gruppo di almeno sette massoni, con i
gradi dal primo al terzo, che costituiscono l’unità di base di un’organizzazione massonica.
Luci di Loggia: termine con il quale si indicano generalmente il Maestro Venerabile, il Primo
Sorvegliante e il Secondo Sorvegliante.
Maestro: terzo e ultimo grado della massoneria simbolica.
Maestro venerabile: massima carica all’interno di una loggia. Presiede ed amministra, insieme agli
altri dignitari, una loggia e viene eletto ogni anno in Camera di Mezzo.
Maestro delle cerimonie: massone incaricato all’osservanza del cerimoniale previsto dai rituali.
Maglietto: attrezzo, di origine muratoria, che simboleggia il comando. Durante i lavori di loggia ne
sono fornite le tre Luci di Loggia.
Membro onorario: titolo onorifico concesso da una loggia a un fratello particolarmente meritevole.
I membri onorari non partecipano abitualmente ai lavori della loggia.
312
Officina: sinonimo di loggia.
Oratore: dignitario di loggia che è custode della legge massonica, ossia controlla che vengano
applicati i dettami della Costituzione e dei Regolamenti.
Obbedienza: termine con il quale si indica un organismo massonico a livello nazionale.
Ordine: sinonimo di Obbedienza.
Oriente: luogo dove opera una loggia (es. Oriente di Firenze, Torino, Roma etc.).
Oriente eterno: termine indicante l’aldilà, utilizzato in occasione della dipartita di un massone.
Quando un massone muore si afferma che è passato “all’oriente eterno”.
Palazzo Giustiniani: sede storica del Grande Oriente d’Italia che, quindi, serviva ad identificarlo.
Parole sacre e di passo: parole convenzionali che vengono pronunciate durante i lavori rituali.
Piè di lista: elenco dei membri di una loggia.
Profano: termine che indica colui che non è stato iniziato.
Quadro di loggia: dipinto o disegno che raffigura i simboli massonici distintivi di ogni grado.
Recipiendario: profano che sta per essere iniziato. Sinonimo di neofita.
Riconoscimento: instaurazione di regolari rapporti diplomatici tra obbedienze massoniche.
Rito: organismo massonico che amministra i gradi superiori al terzo.
Rituale: complesso di norme che regolano le cerimonie all’interno di un tempio massonico.
Esistono, per esempio, il rito d’iniziazione, di passaggio di grado (promozione dal grado di
Apprendista a quello di Compagno d’arte), di elevazione a Maestro (passaggio da Compagno d’arte
a Maestro, terzo e ultimo grado della massoneria simbolica).
Sacco delle proposte: sacco di tela nera che si fa circolare tra le colonne e serve per raccogliere
proposte e richieste d’aiuto.
Segni rituali: gesti usati durante le sedute rituali che variano secondo il grado raggiunto.
Segretario: dignitario di loggia, responsabile della parte amministrativa di una loggia. Ha anche il
compito di redigere e conservare i verbali delle sedute.
Sonno: massone che non partecipa più ai lavori di loggia. Durante “l’assonnamento” il massone
perde i suoi diritti però mantiene la sua qualità di iniziato e può richiedere in seguito di essere
riammesso.
Sorveglianti: esistono il Primo e il Secondo Sorvegliante. Entrambi sono dignitari di loggia e la
loro funzione è di coadiuvare il Maestro Venerabile nei lavori di Loggia.
Spada fiammeggiante: spada con lama sinusoidale che rappresenta il simbolo del potere iniziatico
del Maestro Venerabile. Viene utilizzata durante le iniziazioni e nei passaggi di grado.
Squadra: attrezzo, di origine muratoria, che, incrociata con il compasso, forma il simbolo
massonico. Simbolicamente rappresenta equilibrio e rettitudine.
313
Supremo Maglietto: sinonimo di Gran Maestro.
Tavola: termine che derivava da «tavola da disegno» sulla quale venivano scritte le formule per
costruire le cattedrali. Nella massoneria speculativa indica il testo di un intervento o il verbale di
una riunione di loggia (tavola architettonica).
Tavola d’accusa: denuncia al tribunale massonico.
Tempio: locale dove vengono svolte le cerimonie rituali massoniche.
Tenuta: riunione rituale di massoni in un tempio. Se la riunione è aperta ai profani si dice bianca e i
membri della loggia non indossano nessun paramento massonico.
Tesoriere: dignitario responsabile delle finanze di una loggia autorizzato a raccogliere le
capitazioni.
Terzo grado: grado di Maestro.
Tornata: riunione rituale di una loggia che si svolge all’interno di un Tempio massonico.
Triangolo: piccolo gruppo di massoni, riconosciuti da un’obbedienza, che agiscono per costituirsi
in loggia una volta raggiunto il numero di sette fratelli, pratica questa, normalmente utilizzata per
costituire una loggia nei piccoli centri di provincia.
Tronco della vedova: sacco che viene fatto circolare tra le colonne al termine di una tornata rituale
e serve per raccogliere offerte in denaro da destinare in beneficenza.
Ufficiali di loggia: incarichi minori all’interno di una loggia (Copritore interno ed esterno, Maestro
delle cerimonie, Primo e Secondo Diacono, Elemosiniere, ecc.).
Valle: entità geografica in cui, anticamente, si suddivideva amministrativamente un’obbedienza
massonica (es. Torino era denominata Valle del Po).
Venerabile: abbreviazione di Maestro Venerabile.
V.I.T.R.I.O.L.: acronimo della frase di origine alchemica Visita Interiora Terra Rectificandoque
Invenies Occultum Lapidem. Campeggia nella Camera di riflessione.
Volta stellata: soffitto di un tempio massonico che riproduce il cielo nel giorno del Solstizio
d’estate. Simbolicamente rappresenta la costruzione del Tempio non ancora finita, a simboleggiare
che i lavori del Tempio interiore per un massone non finiscono mai.
Volta d’acciaio: omaggio reso nel tempio a un visitatore illustre dai membri della loggia che,
allineati su due file, incrociano le spade e formano una volta sotto la quale passava il visitatore.
314
Appendice B
La loggia.
6. Quanti membri conta la sua loggia?
7. Conosce tutti i membri della loggia di cui fa parte? Vi frequentavate anche all'esterno?
8. Nel momento del giuramento, o “promessa solenne”, nelle logge del Goi che ha frequentato
si promette sulla Bibbia o vengono usati anche altri libri sacri?
9. Mi risulta che ogni loggia organizzi due tornate rituali al mese: in queste tornate si
celebrano i passaggi di grado o si fanno altre attività?
10. Delle persone che fanno parte della sua loggia, numericamente quante partecipano alle
tornate rituali?
11. Di cosa si discute in generale durante le tornate rituali? Si trattano anche questioni
personali?
12. Ha visto molte persone andarsene o ha assistito direttamente a qualche scissione interna?
I vertici
13. Lei conosce personalmente i membri della Giunta del Goi?
14. Il rapporto tra i vertici nazionali e la base territoriale è più di autonomia o di forte
coordinazione? Capita spesso che le direttive dei vertici vengano disattese dalla base?
253
Per gli ex liberi muratori la traccia rimane per lo più invariata, anche se sono aggiunte, di volta in volta, domande
inerenti la vicenda personale dell'intervistato in relazione soprattutto ai motivi che l''hanno spinto ad uscire
dall'Obbedienza o che hanno provocato la sua espulsione.
315
15. È ancora possibile che il Gran Maestro accetti iniziati “all'orecchio”, quindi senza il
normale procedimento di selezione?
Capitazioni
16. Quante forme di entrate esistono? Solo quote associative o anche, ad esempio, quote per
avanzamenti di grado?
17. I soldi, oltre che per attività filantropiche e di solidarietà tra affiliati, vengono anche spese,
ad esempio, per finanziare giornali o riviste?
Il Rito
18. Lei fa parte anche del Rito Scozzese Antico ed Accettato o di qualche altro Rito?
19. (Se risponde affermativamente alla domanda precedente): preferisce partecipare alla tornata
di loggia o alle riunioni del Rito? Quale la differenza tra i lavori che si svolgono nell'Ordine
e quelli che del Rito?
Questioni controverse
20. Come la pensa in merito alla presenza o meno delle donne all'interno della massoneria?
21. Leggendo vari numeri della rivista Erasmo mi sono accorta di come vengano riportati
spesso riferimenti alla tutela dei diritti degli anziani, delle donne, al supporto dei giovani
attraverso varie modalità di intervento, ma mai si parla di uno dei temi maggiormente
dibattuti in questi anni, quello delle unioni civili e dei diritti degli omosessuali in generale.
Mi chiedo se si parli di questi argomenti all'interno della loggia e quale la posizione nei
confronti dell'ingresso di omosessuali.
22. Vede all'interno della loggia che frequenta, e delle logge che conosce, una rottura delle
barriere tra classi sociali?
23. Perché la massoneria viene associata molto frequentemente a fenomeni di illegalità
sistematica, dalla corruzione alla criminalità organizzata?
24. (Se non emerge nella risposta precedente): lei pensa che alcuni membri della massoneria
utilizzino i legami massonici per agire come gruppo di pressione in diversi ambiti
economici o politici?
25. P2: qual è la sua posizione nei riguardi dello scandalo P2? Quali erano i legami tra il Goi e
la loggia coperta?
26. Durante tutto il periodo dell'Italia liberale si descrive il Grande Oriente come dominato da
due correnti principali, una di stampo più laico e progressista, l'altra più liberal-
316
conservatrice. Esistono correnti simili anche oggi all'interno del Goi?
27. La massoneria è anche un luogo di reclutamento della futura élite al potere?
Segreto
28. Ci sono diversi livelli di svelamento del segreto per ognuno dei tre gradi?
29. È possibile tradire/svelare il segreto massonico?
Conclusione
30. Che tipo di lavoro svolge o ha svolto?
31. Lei professa qualche religione particolare?
32. Ha mai ricoperto cariche politiche?
33. Cosa ha aggiunto e cos'ha tolto l’esser diventato massone nella sua vita?
317
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Ringraziamenti
I ringraziamenti iniziali vanno alle persone che, per prime, mi hanno aiutato a far sì che questa
ricerca potesse essere realizzata. Mi riferisco al professor Rocco Sciarrone, che ha accettato di
sostenere questo progetto e ha saputo ben consigliarmi durante tutti gli anni di dottorato, e al
professor Marco Novarino, che per me è stato come un secondo tutor, non solo per i vari colloqui
che ho avuto modo di intrattenere con lui, ma anche per essere stato il tramite principale attraverso
cui poter ottenere interviste all'interno dell'Obbedienza del Grande Oriente d'Italia. Senza quelle
interviste non sarei stata in grado di portare a termine questa ricerca.
Ringrazio, in particolare, altri tre professori che, a vario titolo, si sono occupati di libera muratoria e
che sono riusciti ad aprirmi gli occhi su alcuni aspetti da me trascurati; mi riferisco a Gian Mario
Cazzaniga, Fulvio Conti e Giorgio Galli, più volte citati all'interno del presente lavoro. Inoltre un
pensiero va alle professoresse Margaret Jacob e Lilith Mahmud per avermi dedicato molto del loro
tempo durante il mio soggiorno negli Stati Uniti.
Per quanto riguarda il Grande Oriente d'Italia, ringrazio il Gran Maestro Stefano Bisi, il Gran
Maestro Aggiunto Sergio Rosso e il Grande Oratore Claudio Bonvecchio per aver accettato di farsi
intervistare e per avermi concesso di poter effettuare ulteriori interviste all'interno delle logge
piemontesi e calabresi. Non li citerò uno per uno, soprattutto per motivi di privacy, ma un grazie
immenso va a tutti i fratelli del Goi con cui ho avuto il piacere di parlare, sia in sede di intervista,
sia – con alcuni – in modo informale al di fuori delle porte dell'Obbedienza. Specialmente con
questi ultimi si sono creati dei legami d'affetto e d'amicizia di cui sono veramente grata.
Quantunque un ricercatore debba approcciarsi all'oggetto di studio in modo il più possibile
avalutativo, un certo pregiudizio iniziale è quasi sempre presente, e credo rientri nel naturale corso
delle cose. Per quanto mi riguarda, ho semplicemente cercato di mettere a giudizio questo
pregiudizio, e il contatto che ho avuto con molti dei fratelli dell'Obbedienza mi ha aperto gli occhi
sull'eterogeneità interna al mondo libero muratorio, eterogeneità che è diventata una chiave
interpretativa fondamentale per questa ricerca. Rimanendo nell'ambito dello studio, ringrazio inoltre
i sei ex membri del Goi che si sono resi disponibili per un'intervista, e spero che tutti coloro – tra
fratelli ed ex fratelli – che hanno manifestato dubbi e ritrosie, rifiutando un confronto, possano
leggere questa tesi ed intuirne le sincere intenzioni.
Ho dedicato a questa ricerca più di tre anni della mia vita la quale, com'è normale che sia, è stata nel
frattempo attraversata da vari tipi di eventi. Ringrazio la mia famiglia per avermi sempre
supportato, anche se a distanza, in particolare mia sorella che rimane l'anello di congiunzione tra me
e il mondo.
335
Ringrazio i miei amici, quelli toscani per aver continuato ad essere presenti nella mia vita e per
avermi sempre ben accolto ogni volta che tornavo “giù”, e i nuovi piemontesi, che mi hanno aiutato
a sentirmi un po' a casa anche “quassù”, facendomi scoprire nuovi lati di me, tra cui una passione
incredibile per la montagna. Tra tutti, un ringraziamento particolare va a Guadalupe, la mia collega
che è tornata in Messico dopo il dottorato, e che per me in questi anni è diventata una seconda
sorella.
Un giorno di un paio d'anni fa ero nel mezzo del mio decimo trasloco e ho scoperto di avere nella
borsa cinque mazzi di chiavi. Dopo un primo momento di noncuranza, mi sono un attimo fermata
perché il trasloco porta sempre via un sacco di energie, fisiche e mentali, e perché l'elemento dei
cinque mazzi di chiavi meritava di essere considerato.
I momenti più difficili di questi anni di dottorato sono stati proprio quelli in cui il senso di
alienazione sbucava prepotente dallo sfondo in cui, normalmente, sonnecchiava e mi faceva capire
quanto fosse difficile conciliare più vite, più case, più affetti, senza avere delle cornici esistenziali
marcate, senza avere la possibilità di poter scorgere delle valide traiettorie future, ma vivendo alla
giornata sull'onda della carissima e fallibile intuizione. Tre anni erranti e, va da sé, pieni di errori.
Mi è capitato tempo fa di parlare con un carissimo amico e ribadire che dagli errori si impara, che se
siamo in grado di reagire bene alle delusioni e al dolore, possiamo scoprire quasi all'improvviso di
essere diventate persone migliori. Citando uno dei miei intervistati, “Non siamo più muratori
manuali, e quindi questo è diventato un percorso dove si fa la cosa più dura e difficile del mondo,
ossia costruire il proprio tempio interiore”. Poi alla fine ho guardato il mio amico e gli ho detto: “Si
è vero, le esperienze negative ci fanno crescere. Però sarebbe anche bello, ogni tanto, fare
semplicemente delle cose ed essere semplicemente felici”.
336