Completezza

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Analisi 1 per Ingegneria, Steger

3. La completezza di R
3.1. Per due numeri reali b ≤ c, l’intervallo chiuso fra b e c è questo:
(1) [b, c] = {x ∈ R ; b ≤ x ≤ c}
Cosa significa l’espansione decimale di un numero? Ad esempio
ln(21) = 3,044522437723422996 . . .
Vuol dire che
ln(21) ∈ I0 = [3, 4] ln(21) ∈ I1 = [3,0 , 3,1]
ln(21) ∈ I2 = [3,04 , 3,05] ln(21) ∈ I3 = [3,044 , 3,045]
ln(21) ∈ I4 = [3,0445 , 3,0446] ln(21) ∈ I5 = [3,04452 , 3,04453] ...
La successione I0 , I1 , I2 , . . . si chiama una successione di intervalli. Per
la successione di sopra, si vede che I0 ⊇ I1 ⊇ I2 ⊇ . . . , e perciò quella
successione si chiama una successione di intervalli nidificati.
Il significato dell’espansione decimale di ln(21) è che
ln(21) ∈ I0 ∩ I1 ∩ I2 ∩ . . .
Effettivamente
I0 ∩ I1 ∩ I2 ∩ · · · = {ln(21)}
Crediamo che ad ogni espansione decimale corrisponde un numero.
Perché? Si pensa che i numeri reali corrisponde ai punti di una retta,
ad esempio ai punti di un metro che si usa per misurare le lunghez-
ze. Allora, I0 corrisponde al intervallo fra 3 cm e 4 cm, un intervallo
di lunghezza un centimetro. Altrettanto, I1 corrisponde al intervallo
fra 3,0 cm e 3,1 cm, un intervallo di lunghezza un millimetro. Un po’
più avanti, I4 corrisonde all’intervallo fra 3,0445 e 3,0446, un intervallo
di lunghezza un micrometro. Eccetera. Il nostro intuito è che deve
esistere un punto che si trova nell’intersezione di tutti questi intervalli.
Per essere preciso, questo è il nostro intuito relativa ad una retta, o un
metro, ideale. Un metro vero, materiale, è fatto di atomi, e una volta
siamo passati alla scala atomica, non è chiarissimo se punti e intervalli
esistono. Io direi che esistono come punti in spazio, se non esattamente
come punti materiali, ma ormai siamo passati alla fisica, o forse alla
metafisica, argomenti fuori dalla mia competenza.

3.2. Il concetto di completezza di R è precisamente l’idea che una suc-


cessione di intervalli come di sopra ha sempre un punto d’intersezione.
A proposito, come si ottiene I1 da I0 ? Si divide I0 in dieci parti ugua-
li, e poi si sceglie il primo di essi come I1 . Poi, per passare ad I2 , si
divide I1 in dieci parti uguali, e si sceglie il quinto di essi come I2 .
(Domanda: perché il quinto e non il quarto?)
Per i ragionamenti matematici, è più comodo dividere ogni intervallo
in due parti invece di dieci. Questo corrisponde a lavorare in binario,
base 2, invece di decimale, base 10. Quindi, è una scelta sensata anche
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del punto di vista dell’informatica. Comunque, non sarebbe impossibile


lavorare in decimale, solo più macchinoso.
Sia In = [bn , cn ] un intervallo. Definiamo
(2) mn = (bn + cn )/2 In0 = [bn , mn ] In00 = [mn , cn ]
Quindi mn è il punto centrale dell’intervallo, In0 è la metà a sinistra,
e In00 è la metà a destra. Diciamo che una successione di intervalli
nidificati è dyadica se
(3) In+1 = In0 o In+1 = In00 per n = 0, 1, 2, 3, . . .
Ciascun intervallo è uno delle due metà dell’intervallo precedente.
L’assiome di completezza di R che useremo è questo: per ogni successio-
ne dyadica (In )n di intervalli nidificati, esiste un punto d’intersezione:
(4) I0 ∩ I1 ∩ I2 ∩ I3 ∩ · · · = {a} per un numero a ∈ R.
3.3. Quali sono le lunghezze degli intervalli di una successione dyadica?
La lunghezza di I0 è (c0 −b0 ). La lunghezza di I1 è esattamente la metà
di quella, cioè (c0 − b0 )/2. La lunghezza di I2 è la metà di quella, cioè
(c0 − b0 )/4. Continuando questo calcolo si trova:
(5) cn − bn = [la lunghezza di In ] = (c0 − b0 )/2n
Questo calcolo è un esempio semplicissimo di una dimostrazione per
ricorrenza matematica. Si osservi che se l’equazione (5) vale per un
valore n, vale anche per il valore successivo, n + 1. Quindi, passo per
passo, si vede che deve valere per tutti i valori di n.
Da (5), si vede che cn −bn = o(1) per n → ∞. In quanto |cn −a| ≤ cn −bn
e |bn − a| = a − bn ≤ cn − bn , vale anche
(6) cn = a + o(1) bn = a + o(1)
per n → ∞, o in altra notazione:
(7) lim cn = lim bn = a
n→∞ n→∞

Inoltre, se abbiamo per ogni n un numero xn ∈ In , allora |xn − a| ≤


cn − bn = o(1). Quindi
(8) xn = a + o(1) lim xn = a
n→∞

3.4. Sia X ⊆ R un qualsiasi sottoinsieme di R, ad esempio


(9) X = {3 , 3,0 , 3,04 , 3,044 , 3,0445 , 3,04452 , 3,044522 , . . . }
Si dice che un numero M è un maggiorante di X se M ≥ x per ogni
x ∈ X. Per l’esempio sopra, M = 10 è un maggiorante; altrettanto
M = 5, M = 4, M = 3,5, M = 3,1, e tanti altri. Invece M = 3,042
non è un maggiorante poiché 3,042 6≥ 3,044.
Si dice che un numero S è l’estremo superiore di X, e si scrive:
sup X = S
se S è un maggiorante di X, e inoltre S ≤ M per qualsiasi altro mag-
giorante di X. L’estremo superiore, se esiste, e il più piccolo di tutti i
maggioranti di X. Se si immagina X come un insieme di punti su un
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asse orizontale, allora i maggioranti di X sono i punti che sono a destra


di tutti i punti di X, e fra questi maggioranti, l’estremo superiore è
quello più a sinistra.
Se X = {13, 4, 25, 19, 3, −2}, allora 25 è un maggiorante. Inoltre, ogni
maggiorante è ≥ 25. Quindi sup X = 25. In generale, l’estremo supe-
riore di un insieme finito non è altro che il massimo fra i suoi elementi.
Invece, per l’esempio di X proposto in (9), un insieme non finito, è
evidente che l’estremo superiore non può essere nessuno degli elementi
di X. Di fatto, il suo estremo superiore è 3.044522437723422996 . . . .

3.5. L’estremo superiore di X, se esiste, è unico. Diciamo che S1 e S2


sono ambedue estremi superiori di X. Allora sono ambedue maggio-
ranti di X. In quanto S1 è un estremo superiore, S1 ≤ S2 ; in quanto
S2 è un estremo superiore, S2 ≤ S1 . La sola possibilità è che S1 = S2 .

3.6. Si può discutere anche i minoranti e l’estremo inferiore di X. Ba-


sta scambiare maggiore con minore (sinistra con destra) dappertutto.
La notazione per l’estremo inferiore è “inf X”.

3.7. Un importante manifestazione della completezza di R è questo:


se X ⊆ R non è vuoto, e se ha almeno un maggiorante, allora ha un
estremo superiore.

Dimostrazione. Prima scegliamo un elemento qualsiasi x0 ∈ X, e un


maggiorante qualsiasi c0 di X. Sia b0 = x0 − 1. Allora
b0 non è un maggiorante di X c0 è un maggiorante di X
Sia I0 = [b0 , c0 ]. Si procede a costruire una successione dyadica di
intervalli nidificati secondo la regola che
(
In0 = [bn , mn ] se mn è un maggiorante di X
In+1 = 00
In = [mn , cn ] se non lo è
Con queste scelte, risulta sempre che
bn non è un maggiorante di X cn è un maggiorante di X
Allora, in quanto bn non è un maggiorante, deve esistere xn ∈ X con
bn < xn . In quanto cn è un maggiorante, deve essere che xn ≤ cn .
Dunque, bn < xn ≤ cn , dunque xn ∈ In .
Sia I0 ∩ I1 ∩ I2 ∩ · · · = {S}. L’esistenza di S segue dall’assiome di
completezza. Per qualsiasi x ∈ X, abbiamo x ≤ cn . Dunque x =
limn x ≤ limn cn = S, e si vede che S è un maggiorante di X. Sia M
un qualsiasi altro maggiorante di X. Allora xn ≤ M . Dunque, S =
limn xn ≤ limn M = M . Quindi S è l’estremo superiore di X. 

Può essere divertente considerare questo tipo di dimostrazione come


una battuta di caccia. La nostra preda è l’estremo superiore, S. Prima
stabiliamo una gabbia, I0 = [b0 , c0 ] grande sufficiente che la preda deve
essere dentro. Poi dividiamo la gabbia in due parti, e secondo l’ubi-
cazione della preda, spostiamo uno degli estremi della gabbia al punto
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centrale. Continuiamo cosı̀, e alla fine, dopo infiniti dimezzamenti, la


preda sarà completamente incastrata.

3.8. Se X ⊆ R non ha nessun maggiorante in R, allora si scrive


sup X = +∞. Altrettanto, se X ⊆ R non ha nessun minorante, si
scrive inf X = −∞.

Esercizio 1. Siano X1 e X2 due sottoinsiemi non vuoti di R. Siano


S1 = sup X1 e S2 = sup X2 , e supponiamo che S1 , S2 < +∞. Dimostra-
re che S = mass(S1 , S2 ) è un maggiorante di X1 ∪ X2 . Poi dimostrare
che se M è un qualsiasi altro maggiorante di X1 ∪ X2 , allora S ≤ M .
Dedurre che sup(X1 ∪ X2 ) = S.

3.9. Sia (an )n una successione crescente di numeri reali:

a1 ≤ a2 ≤ a3 ≤ . . .

Supponiamo che S = sup{a1 , a2 , a3 , . . . } < +∞. Allora limn an esiste


e coincide con S.

Dimostrazione. Si fissi un qualsiasi valore  > 0. In quanto S −  < S,


non è possibile che S− sia un maggiorante di {a1 , a2 , a3 , . . . }. Dunque,
esite almeno un aN con S− < aN . In quanto la successione è crescente,
vale S −  < an quando n ≥ N . Dall’altro canto, S è un maggiorante
di {a1 , a2 , a3 , . . . }, quindi an ≤ S per ogni n. Risulta, per n ≤ N , che
S −  < an ≤ S, quindi |an − S| = S − an ≤ . 

Esercizio 2. Controllare che se sup{a1 , a2 , a3 , . . . } = +∞, allora


limn an = +∞ e vice versa.

Se la successione è decrescente:

a1 ≥ a2 ≥ a3 ≥ . . .

e se inf{a1 , a2 , a3 , . . . } > −∞, allora limn an esiste e coincide con


inf{a1 , a2 , a3 , . . . }.

Esercizio 3. Siano In = [bn , cn ] e supponiamo che I0 ⊇ I1 ⊇ I2 ⊇


I3 . . . costituisce una successione di intervalli nidificati, ma non neces-
sariamente dyadica. Osservare che b1 ≤ b2 ≤ b3 ≤ . . . e c1 ≥ c2 ≥ c3 ≥
. . . , e dedurre che b = limn bn e c = lim cn esistono. Osservare che

(10) I1 ∩ I2 ∩ I3 ∩ · · · = [b, c]

L’intersezione è fatto di un singolo numero esattamente quando b = c.


Dimostrare che questo avviene esattamente quando cn − bn = o(1) per
n → ∞.
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3.10. Si fissi un valore r, 0 ≤ r < 1. Allora la successione


1, r, r2 , r3 , . . .
è decrescente, e perciò L = limn rn esiste. Pensando a qualche esempio:
r = 1/10, r = 1/2, eccetera, è piuttosto chiaro che L = 0.
Ecco un modo fintroppo elegante per stabilire L = 0. In generale,
togliere o aggiungere qualche numero all’inizio di una successione non
cambia il suo limite. Perció anche la successione
r, r2 , r3 , . . .
ha limite L.
L = lim rn+1 = lim r · rn = lim r · lim rn = rL
n n n n

Risulta che (1 − r)L = 0, quindi L = 0.


Esercizio 4. Ecco un modo meno elegante di stabilire che L = 0.
Attraverso la ricorrenza matematica, dimostrare che
r
0 ≤ rn ≤
r + n(1 − r)
r
per n = 0, 1, 2, 3, . . . , e poi dimostrare che limn r+n(1−r)
= 0.

Esercizio 5. Dimostrare (o almeno capire)




 0 se z ∈ C, |z| < 1

1 se z = 1


n
lim z = non esiste se z ∈ C, |z| = 1 e z 6= 1
n 



 +∞ se z ∈ R, z > 1
∞ se z ∈ C, |z| > 1

Se non si riesce a capire per i numeri complessi, conviene cominciare


con i numeri reali. Il caso centrale è il più divertente.

3.11. Non si dimentichi che esistono tante e tante successioni che non
hanno limiti. Perciò, sono utili i criteri che permettono di dedurre l’e-
sistenza di un limite, anche quando non è possibile o non è necessario
calcolare quel limite. Ad esempio, in 3.9 si vedeva che ogni successione
crescente che non tende a +∞ ha un limite. Ma ci sono tante suc-
cessioni che hanno un limite senza essere né crescenti né decrescenti.
In particolare, per una successione di numeri complessi il concetto di
crescente non ha senso.
Questo porta al concetto di una successione di Cauchy. Si dice che
una successione (an )n di numeri reali o complessi è una successione di
Cauchy, o che vale la proprietà di Cauchy per quella successione se:
(11) am − an = o(1) per m, n → ∞.
Questo significa che per un qualsiasi valore  > 0, esiste N = N () tale
che
(12) |am − an | ≤  · 1 =  se m, n ≥ N ().
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Meno precisamente, se andiamo avanti in una successione di Cauchy,


troviamo che tutti i numeri della successione cominciano ad essere
approssimativamente uguali:
am ≈ an quando m, n  1.

3.12. Se a = limn an esiste ed è finito, allora la successione è una


successione di Cauchy. Senza essere troppo preciso, questo vale poiché
am ≈ a ≈ an se m, n  1.
Più precisamente:
am = a + o(1) per m → ∞ an = a + o(1) per n → ∞
e dunque
am −an = (a+o(1))−(a+o(1)) = o(1)−o(1) = o(1) per m, n → ∞.

Esercizio 6. Riesprimere questo calcolo usando  e N = N ().

Esercizio 7. Per z ∈ C, |z| = 1, controllare che |z n+1 − z n | = |z − 1|.


Da questo dedurre che (z n )n non è una successione di Cauchy se z 6= 1,
quindi che non ha nessun limite.

3.13. Vice versa, ogni successione di Cauchy ha un limite finito. Si


comincia con il caso di una successione di numeri reali.

Dimostrazione. Sia (an )n una successione di Cauchy costituita da nu-


meri reali. Scegliamo N = N (1) tale che
|am − an | ≤ 1 per m, n ≥ N = N (1).
Risulta che tutti gli elementi da aN in avanti giaciono nell’intervallo
I0 = [b0 , c0 ] = [aN − 1, aN + 1]. In particolare, in quel intervallo c’è un
infinito degli elementi della successione. Si costruiscono una successione
dyadica di intervalli nidificati a cominciare di I0 .
Le due metà di I0 si chiamano I00 e I000 . Almeno uno di questi deve
contenere un infinito degli elementi della successione. Se no, mettendo
i due metà insieme, si troverebbe solo un numero finito degli elementi
della successione, un’assurdità. Perciò, possiamo scegliere I1 = I00 o
I1 = I000 in modo che anche I1 contiene un infinito degli elementi della
successione. Si continui cosı̀ per ottenere la successione dyadica. In
ogni Ij si trova un infinito degli elementi della successione.
Sia I0 ∩ I1 ∩ I2 ∩ · · · = {a}. Vedremo che limn an = a. Si fissi un
qualsiasi valore  > 0. Si scelga
j tale che cj − bj = [la lunghezza di Ij ] ≤ /2
N = N (/2) tale che |am − an | ≤ /2 per m, n ≥ N (/2)
Poi scegliamo un qualsiasi m con m ≥ N (/2) tale che am giace in Ij .
Questo è possibile perché gli elementi della successione che giaciono
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in Ij sono infiniti. Risulta che |am − a| ≤ cj − bj ≤ /2. Dunque


(13) |an − a| = |(an − am ) + (am − a)|
≤ |an − am | + |am − a| ≤ /2 + /2 = 
quando n ≥ N (/2). 
Anche in questo caso si vede che l’esistenza del limite si dimostra attra-
verso la completezza di R. Senza completezza, non sarebbe garantito
che la successione
3 , 3,0 , 3,04 , 3,044 , 3,0445 , 3,04452, . . .
avesse nessun limite, nonostante che sia una successione crescente, no-
nostante che sia una successione di Cauchy. Domanda: come si capisce
che sia una successione di Cauchy?
3.14. Adesso si consideri una successione di numeri complessi:
u1 , u2 , u3 , · · · = x1 + iy1 , x2 + iy2 , x3 + iy3 , . . .
Qui xn e yn sono le parti reali e imaginari di un . Se (un )n è una
successione di Cauchy, allora possiede un limite finito.
Dimostrazione. Basta ridurre questo caso al caso di due successioni
reali. In quanto um − un = (xm − xn ) + i(ym − yn ) e
|um − un |2 = |xm − xn |2 + |ym − yn |2
si trova che |xm − xn | ≤ |um − un | e che |ym − yn | ≤ |um − un |. In
quanto um − un = o(1) per m, n → ∞, vale anche
xm − xn = o(1) e ym − yn = o(1) per m, n → ∞.
Risulta che (xn )n e (yn )n sono successioni di Cauchy. Secondo 3.13, si
sa che x = limn xn e y = limn yn esistono e sono finiti. Quindi
lim un = lim (xn + iyn ) = lim xn + lim iyn
n→∞ n→∞ n→∞ n→∞
= lim xn + lim i lim yn = x + iy
n→∞ n→∞ n→∞

Anche (un )n ha un limite finito. 

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