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L'età rampante: 1970 - 1989
L'età rampante: 1970 - 1989
L'età rampante: 1970 - 1989
E-book398 pagine1 ora

L'età rampante: 1970 - 1989

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Info su questo ebook

L’Autore, autorevole scrittore di saggi e articoli di politica, filosofia, storia medievale, e molto altro, presenta un suo lato inedito, quello poetico. 
Un vizio, la poesia, che coltiva in silenzio, fin dalla giovinezza. 
Questo secondo volume di poesie riflette le passioni personali di un ventennio, i famosi anni Settanta e Ottanta. Sono lunghi venti anni di vita, anche se passano in un attimo. Un ventennio turbinoso che trasformò la tranquilla ed operosa Italia degasperiana del dopoguerra nell’Italia del centro sinistra. Anni difficili per molti, soprattutto per l’Autore, anni ruggenti e dolorosi, cambiando strada più volte. L’amore è il tema dominante di queste pagine, ancora una volta in un diario sentimentale confuso, contraddittorio, venato da sprazzi  di luce e di malinconia.
 
LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2021
ISBN9788831381796
L'età rampante: 1970 - 1989

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    L'età rampante - Stelio W. Venceslai

    dell’ignoto

    Prefazione

    Questo secondo volume di poesie riflette le passioni personali di un ventennio, i famosi anni Settanta e Ottanta. Sono lunghi venti anni di vita, anche se passano in un attimo. Un ventennio turbinoso che trasformò la tranquilla ed operosa Italia degasperiana del dopoguerra nell’Italia del centro sinistra.

    Furono anni difficili per molti, soprattutto per l’Autore, anni ruggenti e dolorosi, cambiando strada più volte.

    L’amore è il tema dominante di queste pagine, ancora una volta in un diario sentimentale confuso, contraddittorio, venato da sprazzi di luce e di malinconia.

    1970

    Mani di preghiera

    Il silenzio attorno

    distende

    le sue mani di preghiera.

    Nitide forme di carte, di libri,

    di colori tagliati

    nell’obliquità della luce

    attendono

    d’essere evocate.

    Questo languore strisciante

    mi prende le membra

    e mi avvolge le mani

    con fili di tristezza

    Scura giornata di pioggia

    accarezza i vetri

    della finestra

    e insegue nei ricordi

    molti fantasmi.

    La sensazione di costruire

    e di aver distrutto

    più volte

    viene come un gelo,

    odore di etere alla gola,

    nel mistero ambiguo

    della sera calante.

    Roma, 08/12/1970

    1971

    Cesira

    Tacita notte, respiro di vento

    e sconosciuto brusìo

    fra i rumori del giorno

    mi ha recato a questo insolito

    appuntamento.

    Calore di carne

    nella notte fremente

    e per le mani,

    mentre le ore divora

    questa passione aliena

    una parentesi aperta

    fra il tuo vuoto ed il mio.

    Come i Re Magi,

    sono venuto da lontano

    a cercare

    la pista nel deserto,

    ricolmo di luci, di suoni,

    di vita

    che accanto ti passano

    e non ti accorgi

    di passare con essi.

    Ma non hai

    né sentore di nuovo

    né desiderio di fine.

    Non cerco

    nuove malie che possano,

    come una pianta disseccata

    dal sole,

    recare illudendo nuovi

    dolori.

    Questa nostra pianura

    calcinata

    dai fuochi che ardono

    lontani,

    tu cerchi di rendere verde,

    popolata di pioppi,

    di canneti fruscianti,

    dai mille odori del bosco,

    ma avverto

    la calma riarsa e la sete

    del viandante smarrito.

    Tu cerchi l’inganno

    della fata Morgana,

    dell’acque, del vento, del mare,

    di ciò che attorno a noi

    s’è fatto acre e crudele.

    Non cercherò

    al di là del tuo corpo,

    qualcosa che venga

    a prendermi per mano

    e a portarmi via,

    nella dimensione degli amanti.

    Al fondo del tuo essere

    felice, dove

    la carne tua vibrante

    è quasi ferita,

    ritrovo la verità dell’uomo.

    Là c’è l’anima tua,

    e nei giunchi cedevoli

    ed aspri

    e nel fluire delle ore

    accanto a te è

    l’oblio che i sogni raccoglie

    e disperde nello spazio,

    come portano via le alghe

    dal mare le onde,

    fino all’oceano lontano,

    oltre il cadere rosseggiante

    del sole.

    Pomezia, 07/05/1971

    La tua voce odo nell’ombra

    La tua voce odo nell’ombra,

    parole

    come liquide perle

    d’argento,

    e ritrovo il tuo volto

    nel cielo corrusco,

    bagnato dalla luce

    del tramonto.

    Mi chiedo

    se questa mia sete di te

    potrà mai placarsi,

    se questo mio desiderio

    di te che m’ingombra

    il cuore

    potrà colmare questa

    solitudine,

    Sento l’urlo dei lupi

    nella notte

    che cercano le gole

    dei monti,

    tra i rovi pungenti

    e il terrore del sabba

    del viaggiatore smarrito.

    Roma, 01/06/1971

    La chiesa fiamminga

    Una voce straniera

    nell’ombra

    salmodia preghiere.

    Fuori la pioggia m’ha spinto

    ad aprire la porta pesante,

    dimensione silente

    nel buio

    della chiesa fiamminga.

    Ardono i ceri oscillanti

    e danno lucòre

    ai vetri dipinti.

    Un linguaggio contorto

    viene dall’altare

    fumoso d’incenso.

    Poca gente che prega,

    un silenzio più grande,

    un’ombra più densa che sale

    dalle lastre di pietra

    degli antichi sepolcri.

    Penso ai secoli

    che sono trascorsi,

    alle persone oranti,

    alle morti avvenute, alle feste

    nuziali ed ai canti:

    battesimo, cresima, omelìe,

    davanti alle dame con i veli

    ricamati ed i pizzi,

    agli uomini con le spade al fianco,

    agli angeli di marmo

    e di bronzo

    che eterni nelle nicchie

    guatano,

    incavati nell’ombra.

    Gand, 16/05/1971

    I miei figli

    Due volti che ricordano

    il mio, con accenti stranieri.

    negli occhi e nel verbo,

    un sorriso fremente

    e talvolta un po’ triste.

    Miei figli perduti

    e mai più ritrovati, sommersi

    nel mare delle cose

    di sempre, giorno

    per giorno scacciati

    dalla mente,

    dai molti contrasti,

    dalle fughe verso Paesi diversi

    dal telefono ansante,

    da un rimorso

    che a volte, come un’onda

    di piena,

    travolge il mio cuore.

    E penso alle cose che avrei

    potuto dentro di me trovare

    e loro dare,

    alle parole non facili né ilari

    di quando l’incontro

    che avrei potuto

    diversamente dire,

    a ciò che assieme,

    essi crescendo ed io,

    tornando addietro,

    avremmo potuto fare,

    con voglia, con amore,

    con tenera violenza,

    perché uomini divenissero,

    a mano a mano,

    resi più saldi dalle mie

    mani che sanno sbagliare,

    ma da questi miei fallimenti

    amorosamente

    fortificati.

    La mia indisciplinata

    giovinezza li ha travolti;

    sconosciuti ad essi tendo

    la mano,

    accarezzo le teste arruffate

    dei miei e non miei capelli,

    con loro parlo con parole

    diverse da quelle

    che forse dovrei

    e soprattutto,

    quando non li vedo,

    un’angoscia mi stringe

    e amara mi rende

    la gioia dell’incontro,

    inavvertita

    mi costringe a rinviarlo,

    a spacciare

    per infinito da fare,

    il mio rimorso d’averli

    perduti.

    Roma, 20/12/1971

    1972

    Il sipario calante

    Cosa sai delle ombre

    fredde e furenti

    che mi salgono al volto?

    Cosa delle loro origini

    lontane,

    dei loro sbocchi

    contenuti e violenti?

    Il mio cuore si stringe,

    piegato dal vento.

    Solitudine e esilio raccolti

    in un turbine acre

    hanno imbevuto me stesso.

    E nella ovvia gradualità

    delle cose, nel silente

    fluire dei giorni e degli anni,

    s’allontana

    la scintilla divina.

    Il senso della fine viene

    crescendo,

    un sipario calante

    in una sala già vuota.

    Roma, 21/05/1972

    1973

    Vulnerabilità

    Stanchezza d’essere solo

    tornando,

    nella notte d’autunno,

    le foglie cadute nel giorno

    bagnando

    con i fari fumosi di nebbia.

    Non c’è nessuno

    ad aspettarmi,

    che mi corra incontro

    con le braccia aperte,

    felice

    di vedermi tornare.

    E se spengo la luce

    non c’è nessuno

    cui stringermi accanto

    da proteggere e amare.

    Roma, 09/09/1973

    Altrui

    Come sempre

    trovo accanto le tue mani,

    divenute sottili e a me

    fredde,

    le lunghe, solide dita,

    le unghie curate

    e la tenera

    carne dei polpastrelli,

    il profumo delle tue mani

    diverso,

    delle tue mani altrui.

    Io cerco d’annegare attorno

    questo tormento,

    di cancellare il tuo volto

    altrui ridente,

    il tuo altrui stare accanto,

    questo tuo altrui essere

    diversa.

    Per tutta la notte,

    fra l’insolita neve di questo

    ormai amico Paese,

    ho cercato di avvolgere

    nell’umido e nel freddo

    la mia tentazione.

    Mi basta stare da solo

    perché i fantasmi

    del tuo essere altrui

    con dita di ghiaccio e di cristallo

    mi stringano

    le radici del cuore.

    Vorrei, talvolta,

    che mi tenessi accanto

    come quando

    attorno a noi s’addensava

    la tempesta

    e ti dicevo che un giorno

    sarebbe venuta l’estate,

    tenere

    le tue mani strette,

    un ponte aggrovigliato

    fra due anime,

    qualcosa che fosse come

    una colonna di sangue

    caldo, vivo,

    che un giorno avesse

    fatto risplendere

    i miei, i tuoi capelli bianchi,

    nell’ora del tramonto,

    rammentando

    il nostro passato d’amore.

    Ora che questo

    velo è caduto e la sabbia

    fra le mani, divenuta calda,

    è filtrata sulla riva

    dei nostri anni dispersi,

    ho paura di quello

    che resta

    e dei tuoi riottosi silenzi,

    di questo mio solitario

    giacere

    pensando al tuo fantasma

    lontano

    Bruxelles, 27/11/1973

    1974

    I grilli sull’Appia

    Non sento altro che vento,

    stasera.

    Sul bordo metallico e freddo

    giace la tua mano

    e il vento vi passa sopra

    accarezzandola.

    Non sento,

    al calare dell’ombra,

    l’abbraccio del crepuscolo.

    Giace l’anima mia

    divisa

    in fondo a un pozzo di nebbia.

    Scende profumata

    dal vento che viene dal mare,

    la sera,

    l’assetante calura del giorno

    fuga l’irrompere

    del sole

    e una lama di sangue

    che sale

    sull’orizzonte ingrigito

    annuncia la notte.

    Nello spazio già scuro

    i miei occhi cercano

    le ingannevoli forme cangianti

    della sera.

    Dio, come gridano i grilli

    sull’Appia,

    quando la luna inargenta

    le cime dei pini

    e annoda le mani agli amanti,

    risveglia il ringhio dei cani

    e ti allontana da me!

    Ecco, è venuta l’ora

    che te

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