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martedì 10 dicembre 2024

Libertà e crimine

Ieri sera a La torre di Babele, il programma di Corrado Augias su La7, è andata in onda l'ennesima mistificazione della storia, in maniera sottile, garbata. Un amabile colloquio tra Augias e lo storico Giordano Bruno Guerri ha riproposto il comune afflato espiatorio con la classica "macchia" di piazzale Loreto che resterà sulla Resistenza. Ancora una volta torna, opportunamente dissimulata, la visione romantica e spirituale della lotta partigiana, vista come l'angelo divino che, puro di luce, combatte il male dell'oscurità! Nessuna macchia è permessa in questa visione farsesca. La Resistenza l'hanno fatta uomini e donne fatti di carne e sangue, rabbia e sputi e merda, fatti di libertà soppresse per due decenni e una guerra, per finire in bellezza. Quale angelo aspettavano i puri di cuore che vanno cianciando oggi di macchie sulla Resistenza? Quella macchia, se macchia è, la poteva condannare Cesare Pavese che viveva quel tempo, era lì, era il giudizio di un intellettuale, di un individuo ma non è consentito a uno storico che esprime un giudizio su un fenomeno che fu collettivo, che vale per la collettività e per il tempo storico. In questo iato enorme tra giudizio soggettivo e analisi storica si annida la mistificazione, il vizio che torna, il perenne fascino per il fascismo che infetta la carne in maniera insidiosa. 
Non è solo un episodio, sono talpe, numerosissime, che scavano da decenni e che in questi anni stanno mettendo in rete tutte le loro gallerie per fare crollare il suolo su cui camminiamo. 
Edmondo Cirielli, viceministro degli affari esteri di Fratelli d'Italia, durante la presentazione del libro "Perché l'Italia è di destra" di Italo Bocchino, afferma: "il tratto distintivo più profondo del fascismo era uno spirito di libertà straordinaria". La frase si commenta da sé se consideriamo gli atti di violenza e prevaricazione che hanno rappresentato atti fondativi, strutturali del fascismo, non atti accidentali, non episodi transitori ma costitutivi. Il fascismo è nato all'insegna di atti violenti, eseguiti in maniera sistematica, programmati e orditi dal capobranco, eseguiti con chirurgica precisione dai suoi fedeli. L'assassinio di Matteotti (1924), i pestaggi programmati nei confronti degli oppositori Gobetti Amendola e molti altri (1925 ma cominciano già nel 1920, prima della marcia su Roma), l'arresto di Gramsci (1926), il confino per decine di prigionieri politici (dal 1926), la soppressione di sindacati e partiti (1925), gli incendi delle case del Popolo (dal 1920). Sono atti fondativi del fascismo. È nato così, perché era ed è così. Voleva essere così, non poteva essere altro.
La libertà di cui parla Cirielli è la libertà di sopprimere le altrui libertà. Questa non è libertà, è crimine. La libertà che rivendica il fascista, latente o manifesto, è la libertà del mascalzone di fare qualsiasi cosa gli passi per la testa. È questa specie di libertà "il tratto distintivo più profondo del fascismo."

domenica 24 novembre 2024

Il grande lutto

I movimenti collettivi, le mode e i costumi, che coinvolgono intere generazioni di una considerevole parte di mondo, hanno una sorta di intelligenza sotterranea, inconsapevole, che può emergere a molti anni di distanza. Il tempo fornisce la lente necessaria a comporre le forze propulsive di un fenomeno che nel suo divenire erano allo stato embrionale, percepibili in maniera sfocata o, più semplicemente, ero troppo giovane per cogliere.

È attraverso i molteplici sensi nascosti e disseminati nel corpo sociale che un'epoca percepisce il proprio zeitgeist e lo restituisce alle epoche successive.

È quello che mi è successo stamattina con il cosiddetto stile gotico o dark degli anni '80. Un fenomeno sicuramente inserito in quella parabola che va dalle avvisaglie del post moderno alla cosiddetta fine della storia, ma non parlo della traiettoria descritta dagli intellettuali, parlo del costume che ha coinvolto intere masse di giovani, ne ha influenzato stile e cultura, moda e musica. Le analisi degli intellettuali e i movimenti di massa non sono compartimenti a tenuta stagna, come erroneamente si crede, ci sono reciproche osmosi e forse lo stile dark, che negli anni ottanta tocca la generazione dei post adolescenti di una buona fetta di occidente, lo dimostra.

Oggi sappiamo che negli anni ottanta abbiamo iniziato a raccontarci la storiella del declino delle grandi narrazioni della storia! Alla fine di quel decennio, con la caduta del muro di Berlino, ci si chiese se quelle narrazioni erano finite. Bastarono un paio di anni per dare risposta affermativa alla domanda. Con quella storiella non sapevamo di starci raccontando anche l'inizio della morte della democrazia, con buona pace dei fanatici del libero mercato, che con la loro narrazione finale si cantavano, come una ninna-nanna, le meravigliose sorti e progressive dell'ultimo uomo, libero e democratico. Era sull'onda melodica di quella ninna nanna che si stavano smantellando i dispositivi della politica come arte collettiva di regolazione sociale. Quei giovani degli anni '80 non lo sapevano ancora, forse non l'avrebbero mai saputo, ma di fatto erano già in lutto. Lo erano con il loro abbigliamento nero, il loro trucco pesante intorno agli occhi e sulle labbra, le loro inquietanti espressioni, tra il mezzo sorriso e la piena tristezza per qualcosa che non si può vedere.

E io che facevo negli anni 80? All'inizio crescevo, alla fine era troppo tardi. Fuori tempo, come lo è ogni anagrafe, per capire il proprio tempo. Talmente fuori tempo che mi tocca piangere oggi per la morte di Enrico Berlinguer, per la grande ambizione che a metà di quegli anni qui in Italia morì con lui.

E mi tocca farlo per due ragioni, piangere intendo: per non averlo fatto quando morì che avevo 15 anni e per non averlo fatto quando di anni ne avevo 20, età poco incline ai compromessi. Per aver già scritto dell'ecatombe politica degli anni '80 dimenticando la figura di Berlinguer, perché a scrivere di getto non era l'ultra quarantenne ma l'ex ventenne.

Due consigli, se posso. Se siete di Roma andate a vedere la mostra fotografica 80's dark Rome, al museo in Trastevere. Ripropone le foto che Dino Ignani espose nel 1985. È il ritratto di una generazione che merita di essere guardato con attenzione. Se volete sapere cos'era la politica prima di morire, andate al cinema a vedere il film Berlinguer-La grande ambizione. È il ritratto di un mondo che non c'è più.









sabato 2 novembre 2024

Senza titolo

Penso che l'inferno abbia un contenuto etico superiore a quello del paradiso. Non perché vi siano puniti peccati e altri malcelati alibi per esercitare il potere assurdo e ingiustificato, se non con questi mezzucci, dei viventi su altri viventi, ma perché non mette in pace neanche i superstiti ad un lutto. È quella costante tensione, quello stato di continua agitazione, opposto alla pace, così mediocremente intesa, che crea e costruisce l'edificio etico. Contrariamente al paradiso l'inferno costringe i viventi al continuo, eterno misurarsi con il dolore. Lo stesso, sia pure in diversa misura, si può dire del purgatorio. Qui c'è l'ausilio della speranza che rende questo luogo del pensiero forse più a misura d'uomo, creatura a tempo che mal s'accorda con l'eternità e che dei due poli dell'eterno, inferno e paradiso, sceglie volentieri il più comodo. Non è un caso se, dei tre regni dell'oltretomba, il purgatorio è stato quasi dimenticato. Anche il purgatorio è uno spazio di responsabilità, qui è richiesto ai credenti di pregare per la salvezza dei propri cari ma una volta raggiunta quella agognata salvezza, ogni tensione etica svanisce, chi amiamo è libero dal dolore e noi possiamo finalmente pensare i nostri cari in pace, nel regno della grande serenità. E con la loro serenità guadagniamo la nostra, perché quella perseguiamo sotto l'ipocrita bandiera del paradiso, con buona pace anche dell'amatissimo Dante che non poteva avere del suo paradiso la banale visione da mercato delle grazie che poi è diventato. Grande desolazione etica che fa dei defunti strumento delle preghiere dei superstiti, mercato della serenità dove scambiamo la nostra per quella di chi non c'è.

Il lutto è elaborato, il dolore trasfigurato, la pace è raggiunta.

Questa non è una riflessione sui morti, che riposino in pace come diciamo e speriamo, ma una riflessione sui vivi o supposti tali.

PS forse c'è questa necessità, sia pure rimossa perché necessariamente faticosa, di un fondamento etico nelle letture che oggi facciamo delle rappresentazioni dei regni dell'oltretomba. Nella stessa Divina Commedia fino alle pitture del giudizio finale, c'è una tensione nella cantica dell'inferno o nelle rappresentazioni dei dannati che è immensamente più coinvolgente di quanto non accada con le rappresentazioni dei beati. Forse è una lettura contemporanea ma proprio questo la rende consona al mio discorso.

mercoledì 30 ottobre 2024

I nuovissimi mostri

I nuovi mostri, il libro di Oliviero Beha di qualche anno fa (2009), prendeva le mosse dal funerale, più alla lettera dalla bara, di Sandro Curzi per condurre un’analisi spietata della decadenza nazionale, nello specifico di quella specie in via di estinzione che va sotto il nome di “intellettuali”. Non so dire se dallo scritto di Beha sono passati abbastanza anni perché il processo di estinzione possa dirsi concluso, certamente di passi avanti ne abbiamo fatti, su quale strada o ciglio di baratro giudicheranno i posteri. Oggi, davanti alla bara di Sandro Curzi, Beha avrebbe scritto della fragorosa risata dei vincenti e del malcelato dolore dei perdenti. Stupore! Chi può vincere o perdere davanti a un cadavere? Domanda oziosa se non si attraversa la valle dell’infantile trasposizione, dove tutto si declina in “chi vince” e “chi perde” e se sei con i primi ridi, se sei con i secondi piangi, non per il morto ma perché hai perso. Il cadavere è un arredo di scena, necessario per la parte in atto. Della vita del morto, della sua biografia, dei suoi sogni, delle sue ansie morali non importa e non deve importare nulla a nessuno, altrimenti il dolore, quello vero, annichilirebbe i seguaci del bipartito, chi ride e chi piange. Basterà un riferimento stanco al morto, magari ai suoi ultimi giorni, giusto per dare l’occasione a quelli che piangono di far sentire il loro “l’avevo detto anni fa”, per darsi un tono di profetico pasolinismo e ritornare al pianto odierno, quello facile, quello che vorrebbe far passare il dramma barocco per tragedia greca!


Ma che delirio è questo? È quello che accade dopo ogni elezione da un po’ di anni, con sempre meno elettori che vanno a votare. Rileggete le poche righe qui sopra pensando alle elezioni in Liguria. L’affluenza poco inferiore al 46%, meno della metà degli aventi diritto al voto. Diritto al voto! Anni fa il voto era considerato anche dovere civico ma ormai è concetto antico per pochi nostalgici, sepolto sotto le macerie vere del malcostume e presunte del “sono tutti uguali”, alibi per un popolo (o massa) complice che vuole farsi passare per vittima. Il cadavere della democrazia non ancora freddo è già nella bara. Un cadavere che per i nasi più sensibili già comincia a puzzare, nonostante le accorate proteste dei confratelli che fanno tornare in mente le pagine dei fratelli Karamazov quando il corpo senza vita di Zosima comincia a emanare quell’acre odore di putrefazione. Ma come? Il corpo di un santo che puzza? Che scandalo!


Per tornare al libro di Beha, questi sono i nuovissimi mostri, quelli che un confronto vero e costante sulla morte della democrazia non lo hanno fatto e non lo vogliono fare. Quelli dei sorrisi a sessantaquattro denti perché il/la leader ha scelto bene il candidato, come quelli della faccia triste perché lo hanno scelto male, come fosse una partita di serie C dove l’attaccante non era all’altezza del centrocampista e l'allenatore va cambiato. Continuiamo così, continuiamo a giocare questa partita truccata, poi tutti al funerale a gozzovigliare tra risate e pianti in nome del popolo italiano.

venerdì 30 agosto 2024

Eros e auto

Date le attuali condizioni di impossibilità di determinare con esattezza arbitraria la posizione sessuale e la quantità di moto erotico senza un errore superiore alla misura, entrare in auto equivale a indossare un guanto anticoncezionale per fare sesso sicuro! Lo spostamento dell'oggetto del desiderio erotico ha investito gli interni dell'auto di fattezze vaginali, mentre l'esterno diventa surrogato penico per corpi cavernosi in cerca di identità. Il guidatore, vestito interamente il corpo-fallo del dispositivo protettore, tra scocca e airbag, dà sfogo alla foja penetrativa con occhio sgranato e piede pesante che dall'acceleratore spruzza di liquido germinale il cilindro stantuffato dal pistone nel tripudio eiaculatorio che dall'albero motore si trasmette ai centri del piacere. Non ha varianti sessuali l'atto impuro. Il maschio e la femmina si confondono nell'orgasmico brum brum, infantile prosecuzione del è mio è mio: possessivo qualificativo della specie umana dalla tenera età. È questa monosessualizzazione marziale che sfugge ai terrorizzati del genere, che si fanno distrarre da televisive Olimpiadi dell'inane e non vedono la priapica erezione delle auto che si allungano di un centimetro all'anno. Il maschio nell'auto realizza se stesso; può finalmente mostrare la sua autentica natura: un inguantato membro della società del benessere. La femmina non ha più motivo di contestare l'improvvida invidia penis, perché finalmente ne ha uno, anzi ne è uno. L'atto impuro dicevo, perché guidare è atto masturbativo e solitario, privo di qualsiasi potenza generativa. Il pedone incontrato per la via disturba la foja manuale e l'auto sbanda come bimbo sorpreso a fare marachella.
Ognuno guida solo! L'Essere-per-la-guida è davanti a noi, nessuno può sfuggire.

venerdì 26 luglio 2024

Contabilità à la carte

Da un po' di tempo è tutto un fiorire di "analisi" sui materiali che servono per fare le batterie delle auto elettriche, quanto inquinano, quanto costano ecc. ecc. Spesso queste analisi sono corredate da immagini improbabili ma efficaci a creare un senso di paura. Da parte degli stessi autori di queste analisi non abbiamo mai visto altrettanta acribia sul fronte delle auto a motore. Nessuno di questi neoecologisti, e spesso nel novero ci sono pure associazioni che sostengono di essere ambientaliste, che si sia preso la briga di fare conti altrettanto dettagliati sul materiale richiesto per costruire oleodotti, gasdotti, navi metaniere e petrolifere, centrali di compressione, depositi e distributori di benzina, camion per trasportarla dal deposito al distributore, trivelle, piattaforme petrolifere, raffinerie, reagenti per abbattere emissioni, terre rare nelle marmitte catalitiche... Mi fermo?

La realtà non è affatto idilliaca, non lo è affatto, e qualsiasi tecnologia comporta rischi ambientali, sociali e politici. Non è infrequente dover ricordare quel maledetto secondo principio della termodinamica a chi disinvoltamente ne farebbe volentieri a meno!

A proposito di rischi sociali e politici, scusate la digressione, c'è qualcuno che sappia dimostrarmi che i paesi produttori di petrolio sono paradisi della democrazia e dei diritti sociali e civili?

Insomma, per farla breve, io posso pure passare sulla contabilità ambientale alla bisogna, è roba per miserabili ma pazienza, ma che brandisca la giustizia internazionale chi non se n'è mai fregato un tubo di nessuno che non fosse parente di sangue, questo no. Questa roba qua non è solo roba da miserabili che "difendono le auto degli italiani", questa roba puzza di petrolio da lontano! Questa roba è figlia di interessi precisi.

Detto questo, benvengano tutte le analisi sul ciclo di vita delle auto elettriche ma prima di leggerle io darei una sbirciatina al curriculum vitae et studiorum di chi le fa e pretendo, sì pretendo, di trovare studi analoghi e altrettanto dettagliati sulle auto a motore e sui combustibili fossili. E soprattutto pretendo di trovare un rigoroso sostenitore di lunga data dei diritti sociali dei lavoratori, di qualunque nazionalità.

Buon futuro!

domenica 2 giugno 2024

Della res publica

Patria, nazione, nazionalismo. Sono concetti diversi, sebbene possano confondersi sui loro confini. La prima evoca una dimensione sentimentale e spirituale (la terra degli avi), laddove la seconda è carica di tensioni storiche e geografiche. La terza è una degenerazione prepolitica e tribale che assurge alla grande dimensione. In questo caso la storia diventa un pretesto in mano a un manipolo di bruti. 

La sinistra ha sempre sofferto la confusione tra questi termini e per rigettare il terzo ha sacrificato il secondo e spesso rinnegato il primo, aiutata in questo anche dalla sua cultura internazionalista, fieramente internazionalista. Questo ha lasciato campo aperto a ciurmatori professionisti che si definiscono patrioti pur discendendo da chi voleva svendere la patria all'invasore nazista con cui quei "patrioti" s'erano alleati. I veri patrioti sono stati i partigiani che quei traditori della patria hanno combattuto e sconfitto. I veri patrioti sono quelli che hanno promosso politiche a tutela della res pubblica, dei diritti di tutti, della sanità pubblica, dell'istruzione per tutti.

La sinistra deve imparare a gridarlo forte, rivendicando i concetti di nazione e patria evitando le degenerazioni degli imbecilli il cui motto è più Italia meno Europa, Salvini o Giorgia che si vogliano fare chiamare. 

Buona festa della Repubblica italiana 🇮🇹

giovedì 25 aprile 2024

Testamento del vecchio partigiano

...infine vi lascio un giorno che sembra come gli altri giorni ma non sarà un giorno come gli altri. Sarà un giorno per ricordare gli anni di parole soffocate in gola, le adunate festanti per forza, i signorsì imposti dalla tradizione dei padroni e ricorderete i documenti falsi, le tane da animali scavate con le mani per tornare finalmente uomini, ritroverete nella memoria le armi trafugate, le trepidanti attese e le imboscate, ricorderete la paura che allatta il coraggio, le notti di luna piena per pareggiare conti sul libro contabile del fango che ci fa uguali, perché l'uomo mangia pane e libertà, diventa i suoi sogni perché di questi è fatto. In quel giorno sentirete il dolore dei papaveri calpestati e i sassi torneranno a sanguinare. Vi lascio un giorno difficile ma confido che saprete sostenerne il peso.

Figli miei, se non imbraccerete la legge come io ho dovuto imbracciare il fucile, quel giorno sarà sempre più breve e diventerà uguale agli altri giorni. Fino a quando quel giorno non si confonderà con le altre ricorrenze vi servirà per riconoscere gli uomini liberi, servirà per riconoscervi liberi.


Buon 25 aprile 🌹

venerdì 8 marzo 2024

Considerazioni tardive su una tornata elettorale, forse precoci sull'altra

Supponiamo di voler campionare una popolazione per stabilire quanti sono più alti di 170 cm e quanti sono più bassi. Si prende a caso un campione della popolazione e si misura l'altezza di ciascun individuo. Alla fine delle misure le due percentuali sono molto vicine al 50%, ma una delle due è leggermente superiore. L'analisi dei dati conclude che le due percentuali non sono statisticamente significative. In altre parole, più rigorose, commetteremmo un errore statisticamente inaccettabile se dicessimo che le due percentuali sono diverse. 
Possiamo leggere con questo metro il risultato delle elezioni sarde, con circa 1500 voti di scarto che separano la coalizione vincente da quella perdente su circa 750.000 votanti effettivi. Un metro che tuttavia non può non tenere conto di differenze fondamentali: le elezioni democratiche non sono un'estrazione casuale da un campione. Chi vota si presume lo faccia per una ragione precisa, che sia informato di quella ragione. Tutti i distinguo dunque vengono meno se alle elezioni viene meno la componente razionale, informata, politicamente cosciente. La tifoseria in politica avvicina le elezioni a una estrazione a sorte tra due diversi tipi di soggetti di una popolazione. L'analisi statistica dei risultati direbbe che non ci sono differenze significative e che la prevalenza di un tipo sull'altro è dovuta a fattori casuali ma noi siamo esseri razionali(zzatori) e il caso non ci piace. È giusto che non ci piaccia e tutte le analisi del risultato sardo mi parlano di questa ostinata resistenza al caso ma tutto quello che chiamiamo post-democrazia sta portando il caso al centro del palcoscenico della storia. Facciamocene una ragione! 
Evito considerazioni di più corto respiro, altrimenti dovrei parlare di vecchi e nuovi trasformismi e quella che è celebrata come una vittoria rischierebbe di passare per una sconfitta.

lunedì 12 febbraio 2024

Note#1

"Se si aprisse un discorso serio sull'appartenenza all'Italia in senso costituzionale, si dovrebbe dire che coloro che non si riconoscono nella res publica italiana non sono italiani. Dal punto di vista della res publica, sottrarsi ai doveri di partecipazione alla vita collettiva - res publica, per l'appunto - significa rinunciare a essere italiani. Qual è il primo di questi doveri? Il dovere di onestà fiscale. Coloro che intenzionalmente, consapevolmente si sottraggono agli obblighi tributari dovrebbero essere sospettati di in-italianità con le dovute conseguenze. Per esempio, con riguardo alla fruizione dei servizi pubblici, che potrebbe essere sospesa, oppure gravata di imposte straordinarie. Il caso estremo sarebbe la revoca della cittadinanza." Gustavo Zagrebelsky in MicroMega, 1/2024.

sabato 6 gennaio 2024

Scendeva dal camino

Scendeva dal camino, per questo si lasciava, solo per la notte scorsa, qualche carbone acceso. Chissà quanto freddo avrebbe dovuto sopportare nel suo viaggio sulla scopa. Con questo vento poi, povera vecchia, avrebbe faticato più del solito per correre controvento. Non sarebbe stato facile neanche fermarsi con le raffiche alle spalle. Avrebbe trovato riposo e tepore per qualche minuto, il tempo di scendere dal camino, tenere un'assemblea speciale e ripartire per un'altra destinazione dopo aver deciso se lasciare o no un dono. La decisione dipendeva dal risultato dell'assemblea in cui avrebbe chiesto agli animali di casa se erano trattati bene, se in quella casa trovavano cura e amore. Al centro ci sarebbe stata la vecchia vestita di stracci e intorno gli animali, ognuno in attesa di riferire la sua versione dei fatti.  Per quella notte gli animali avrebbero parlato proprio come noi e ci avrebbero giudicati. La vecchia avrebbe accolto il loro responso e deciso di conseguenza. Il desiderio di assistere a quel consiglio era smisurato.
Ho desiderato tanto vedere quella vecchina ma guai a volerla scorgere, sarebbe svanita e mai più ritornata.
È quello che è accaduto. 
L'abbiamo vista, svelata, scoperta. L'abbiamo profanata con i nostri occhi, l'abbiamo violata. Da allora non l'abbiamo più vista. Gli animali restano muti tutto l'anno. Nessuno ci giudica più.
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