Il primo weekend del mese scorso ho avuto il piacere di essere tra gli invitati alla presentazione del progetto della Comunità del Cibo della Garfagnana.
Sono stato ospite, insieme a altri blogger e giornalisti, dell'Unione dei Comuni della Garfagnana che ci hanno presentato i prodotti che fanno della Garfagnana una Terra Unica.
Tra questi il prodotto principe è senza dubbio il farro.
Il farro può essere considerato il capostipite dei cereali e in Garfagnana viene coltivato praticamente da sempre in piccoli appezzamenti.
Fino agli anni '70 la coltivazione avveniva in poche migliaia di mq; le indicazioni della Regione Toscana lo censiscono come coltivazione a rischio di erosione genetica e negli anni '80 la coltivazione passa a qualche decina di ettari.
Nel 1996 viene sancito il recupero definitivo del Farro della Garfagnana con l'ottenimento del riconoscimento da parte della Comunità Europea dell'Indicazione Geografica Protetta (IGP).
Questo ha comportato la redazione di un disciplinare che dispone che la coltivazione deve essere nell'area dei comuni della Garfagnana. a una quota compresa tra i 300 e i 1000 metri s.l.m. e secondo metodi di coltivazione biologica.
Questo riconoscimento ha fatto si che la richiesta del farro fosse in costante aumento e per farne fronte viene istituito il Consorzio dei Produttori di Farro della Garfagnana che raccoglie la maggior parte dei produttori e nel 2000 realizza un centro unico per la lavorazione, il confezionamento e lo stoccaggio del prodotto.
Il farro coltivato in Garfagnana è il Triticum Dicoccum Schrank (grano vestito) e, dal punto di vista nutrizionale, è molto affine al grano tenero.
Ricco di principi nutritivi che si mantengono intatti se consumato in chicchi interi, ha una bassa percentuale di grassi e un alto contenuto di sali minerali tra i quali calcio, ferro, fosforo, magnesio, manganese, potassio, rame nonché di fibre insolubili e vitamine A,B,C,E.
La semina avviene in autunno utilizzando il seme vestito e, data l'estrema rusticità della pianta, non è necessario alcun utilizzo di concimi chimici, fitofarmaci e diserbanti e la tecnica tradizionale di coltivazione ne fa di fatto un prodotto biologico. La raccolta viene effettuata in estate e la produzione massima consentita è di 25 q.li di farro vestito per ettaro.
Abbiamo avuto l'occasione di visitare il centro della lavorazione del farro del Consorzio seguendo il ciclo di lavorazione.
Mediante l'utilizzo di particolari molini a macine le spighette vengono private dei rivestimenti glumeali effettuando la cosidetta "brillatura". La granella ottenuta viene poi vagliata, utilizzando macchinari dotati di lettore ottico, eliminando le impurità presenti.
La granella brillata viene utilizzata per zuppe, minestre e torte salate.
La farina di farro vieni invece utilizzata per pasta, pane, biscotti.
Presso la Fortezza delle Verrucole, a San Romano in Garfagnana, c'è l'Osteria delle Verrucole, gestita dalla Garfagnana Coop.. Qui abbiamo potuto assaggiare alcuni prodotti tipici garfagnini tra cui la zuppa di farro di cui riporto la ricetta e la trota alla griglia, allevata in vasche direttamente collegata con il torrente.
Sia la Fortezza che l'Osteria meritano sicuramente una visita.
Un ringraziamento a Sandro Pieroni, Antonella Poli nostra impareggiabile guida, Luigi Aloisi proprietario dell'Agriturismo Ai Frati, a tutti i partecipanti e, soprattutto, a Annarita Rossi del blog Il bosco di alici
Tra questi il prodotto principe è senza dubbio il farro.
Fotografia di Annarita Rossi de Il bosco di alici |
Fino agli anni '70 la coltivazione avveniva in poche migliaia di mq; le indicazioni della Regione Toscana lo censiscono come coltivazione a rischio di erosione genetica e negli anni '80 la coltivazione passa a qualche decina di ettari.
Nel 1996 viene sancito il recupero definitivo del Farro della Garfagnana con l'ottenimento del riconoscimento da parte della Comunità Europea dell'Indicazione Geografica Protetta (IGP).
Questo ha comportato la redazione di un disciplinare che dispone che la coltivazione deve essere nell'area dei comuni della Garfagnana. a una quota compresa tra i 300 e i 1000 metri s.l.m. e secondo metodi di coltivazione biologica.
Questo riconoscimento ha fatto si che la richiesta del farro fosse in costante aumento e per farne fronte viene istituito il Consorzio dei Produttori di Farro della Garfagnana che raccoglie la maggior parte dei produttori e nel 2000 realizza un centro unico per la lavorazione, il confezionamento e lo stoccaggio del prodotto.
Fotografia di Annarita Rossi de Il bosco di alici |
Ricco di principi nutritivi che si mantengono intatti se consumato in chicchi interi, ha una bassa percentuale di grassi e un alto contenuto di sali minerali tra i quali calcio, ferro, fosforo, magnesio, manganese, potassio, rame nonché di fibre insolubili e vitamine A,B,C,E.
La semina avviene in autunno utilizzando il seme vestito e, data l'estrema rusticità della pianta, non è necessario alcun utilizzo di concimi chimici, fitofarmaci e diserbanti e la tecnica tradizionale di coltivazione ne fa di fatto un prodotto biologico. La raccolta viene effettuata in estate e la produzione massima consentita è di 25 q.li di farro vestito per ettaro.
Abbiamo avuto l'occasione di visitare il centro della lavorazione del farro del Consorzio seguendo il ciclo di lavorazione.
Mediante l'utilizzo di particolari molini a macine le spighette vengono private dei rivestimenti glumeali effettuando la cosidetta "brillatura". La granella ottenuta viene poi vagliata, utilizzando macchinari dotati di lettore ottico, eliminando le impurità presenti.
La granella brillata viene utilizzata per zuppe, minestre e torte salate.
La farina di farro vieni invece utilizzata per pasta, pane, biscotti.
Presso la Fortezza delle Verrucole, a San Romano in Garfagnana, c'è l'Osteria delle Verrucole, gestita dalla Garfagnana Coop.. Qui abbiamo potuto assaggiare alcuni prodotti tipici garfagnini tra cui la zuppa di farro di cui riporto la ricetta e la trota alla griglia, allevata in vasche direttamente collegata con il torrente.
Sia la Fortezza che l'Osteria meritano sicuramente una visita.
Fotografia di Annarita Rossi de Il bosco di alici |