Wewelsburg è essenzialmente una fortezza dalla pianta a forma di freccia, orientata verso nord, un’anomalia architettonica che non ha uguali in Germania. Una forma così curiosa ed insolita merita una spiegazione che tuttavia non ha nulla di misterioso: secondo le testimonianze degli storici locali, la natura stessa delle rocce sulla cima della collina invitava ad una costruzione difensiva: sembra che esistesse una grande pietra circolare che fu scelta come base per una delle torri e che finì per essere inglobata nella struttura; la pianta a freccia era dunque dovuta semplicemente alla natura architettonica della base rocciosa. I documenti cartografici che esaminai al castello mi confermarono questa versione dei fatti.
Nel IX e X sec. della nostra era, le invasioni degli unni avevano spinto i germani a costruire sulla collina di Wewelsburg un edificio per la protezione dei locali, cosa confermata dal testo di un cronista sassone del XII sec. riportato nella Storia di Wewelsburg di Wilhelm Segin (1).
Lo stesso cronista ci racconta che nel 1124 il conte Friederich von Arnsberg aveva costretto la popolazione a cominciare la costruzione del castello angariandola in ogni modo. Alla morte del conte, l’anno successivo, i poveri abitanti dei villaggi che avevano partecipato alla costruzione si ribellarono e distrussero il castello.
I nobili locali, creati cavalieri ma senza alcun ritegno morale, continuarono ad approfittarsi della popolazione, compiendo veri e propri crimini e provocando forti risentimenti verso la nobiltà e il clero; esistevano infatti i Fuerstbischof, o principi–vescovi, che prendevano piuttosto sottogamba la loro attività pastorale, preferendo le cacce e il lusso alla cura delle anime.
I principi si guadagnavano la lealtà dei cavalieri affidando loro una parte delle terre da amministrare e concedendo ampia discrezionalità sul modo in cui farlo.
Le angherie e le sofferenze che questi ultimi causavano alle popolazioni contadine alimentarono un crescente odio verso i nobili e il vescovado: addirittura una frase incisa sul muro dell’entrata del castello invitava le popolazioni che durante la guerra dei trent’anni cercavano un riparo alle violente dispute territoriali ad andarsene: Viele mochten gern hinein; aber das schaften sie nicht! (Molti vorrebbero entrare volentieri ma non ce la fanno!).
I secoli XVI e XVII portarono guerre e morte nella zona di Bueren, il distretto geografico di Wewelsburg, causate principalmente dal dissenso religioso e nel corso dei due secoli successivi il castello fu a più riprese attaccato e ricostruito con varie migliorie che riguardavano in special modo l’accrescimento dello spessore delle mura difensive.
Fu solo tra il 1604 e il 1607 che Wewelsburg acquisì la forma attuale voluta dai Fuerstbischof della famiglia Fuestenberg che lo trattennero come patrimonio familiare fino al 1802, anno in cui divenne di proprietà dello Stato prussiano; tuttavia il vescovado aveva già da tempo perso interesse a questa che era considerata una dimora secondaria per il clero e tennero un semplice amministratore fiduciario come custode.
In effetti il castello era in rovina, poiché un funzionario prussiano che visitò ed esaminò Wewelsburg nel 1802 lo ritenne in pessime condizioni, inadatto nemmeno alla mansione di carcere militare; la natura stava prendendo il sopravvento e il castello non era considerato degno di manutenzione dal vescovado. Nel 1815 un fulmine diede il colpo di grazia distruggendo il soffitto di una delle torri che crollò e il disastroso incendio che seguì intaccò profondamente la struttura al punto che rimasero in piedi solamente i muri esterni; di conseguenza il distretto di Bueren–Brenken decise di adattare il castello ai propri bisogni culturali e ne destinò una parte ad ostello per la gioventù, che esiste ancora oggi. Alla morte dell’ultimo amministratore, avvenuta nel 1821, Wewelsburg subì la stessa sorte del Colosseo: i locali lo depredarono di pietre e suppellettili finché nel 1832 lo Stato prussiano decise di offrire parte del castello come residenza per il sacerdote locale e si iniziarono i lavori di ristrutturazione nell’ala sud. Nel 1925 le autorità locali decisero di trasformare la parte rimanente del castello in un museo etnologico, il quale pure esiste al giorno d’oggi e occupa gran parte del volume abitativo totale; si possono ammirare oggetti, manufatti e anche reperti archeologici che testimoniano usi e costumi locali nel corso dei secoli, oltre a diorami e ambientazioni che illustrano flora e fauna dei dintorni. Furono inseriti nel progetto anche un ristorante, una sala per banchetti e varie stanze da utilizzare per occasioni speciali e festeggiamenti, tutti ricavati nelle sale del castello. Si decise in seguito di intervenire con lavori di ristrutturazione, poiché la Torre Nord era pericolante. Il sacerdote successivo completò i lavori e arriviamo così alla sua morte, avvenuta nel 1934, anno in cui Himmler acquistò il castello e Wewelsburg divenne il centro del culto segreto dell’Ordine Nero.
La forma a freccia aveva colpito profondamente l’immaginazione del Reichsfuehrer che ne vide la rappresentazione reale di un simbolo: il castello era orientato a nord, a differenza di tutte le costruzioni dell’antichità e moderne che seguono l’orientamento est–ovest. Il vettore nord richiamò immediatamente alla mente di Himmler la terra di Thule, l’Iperborea ariana, il Polo Nord, l’antica patria in cui la maggioranza delle tradizioni germaniche posizionano l’Eden ariano, e cioè il luogo in cui, nella notte dei tempi, una stirpe di uomini–dèi ariani vivevano in perfetta armonia con le forze della natura, essendone essi stessi una manifestazione, dotati di poteri divini.
Himmler decise che quando il III Reich avrebbe definitivamente governato sulla terra, quello sarebbe diventato il centro del mondo; il museo, il ristorante e l’ostello lasciarono così il posto all’accademia della Sezione Ahnenerbe (2), che da allora in poi ebbe una sede permanente a Wewelsburg.
Gli scavi archeologici compiuti dagli scienziati della Ahnenerbe nei dintorni del maniero rivelarono una certa quantità di scheletri, che vennero conservati nella Kammergrab, per essere studiati dagli archeologi (3).
Per assicurarsi la manodopera necessaria, Himmler decise di far costruire nelle vicinanze un piccolo campo di lavoro, che dal 1941 si chiamò Campo di Concentramento di Niederhagen (Konzentrationslager Niederhagen o KZ Niederhagen); in questo campo di lavoro forzato si applicò il concetto Vernichtung durch Arbeit, cioè sterminio attraverso il lavoro. La storica del castello ci ha informato che questo era uno dei campi in cui le condizioni di vita erano più dure in assoluto, dove torture e atrocità segnarono la fine di 1285 persone nel tempo in cui si portavano avanti i lavori di ristrutturazione e di ricostruzione; poche forse rispetto ad altri campi di sterminio ben più famosi, ma ci è stato ribadito più volte che si trattava di vero e proprio calvario, un inferno in cui migliaia di persone venivano continuamente picchiate e torturate con una crudeltà senza limiti.
Per quanto concerneva il progetto, Himmler si serviva del suo architetto personale Bartels (che soprintendeva ogni attività costruttiva in qualità di capo-architetto) e di Karl Maria Wiligut: in base ai loro consigli, ma soprattutto seguendo la via spirituale consigliatagli dal prete–mago Wiligut, Himmler stravolse la struttura interna del castello, mantenendone però la pianta a punta di lancia: tra il 1939 e il 1944 venne abbassata la Torre nord di 4,8 m e se ne ricavò all’interno quella che oggi conosciamo come “La Cripta”, il Sancta Sanctorum delle SS, battezzato da Himmler il Walhalla.
Bartels presentò i piani costruttivi nel 1939 e senza attendere le concessioni edilizie del caso, cominciò i lavori di scavo per la cripta; inizialmente invece dei dodici piedistalli erano presenti dodici nicchie che furono murate e sostituite con le colonnine–sedile che si vedono oggi. Si provvide inoltre a creare un soffitto a cupola con stuccature a forma di swastika al centro e si realizzarono i fori da cui si origina ancora oggi la misteriosa forza eco che fa rabbrividire chi prova a parlare al centro della sala; si chiusero le precedenti finestre in stile gotico sostituendole con quelle attuali, studiate appositamente per convogliare la luce al centro della sala.
I lavori proseguirono con la creazione della Gruppenfuehrersaal, (sala dei capi supremi SS) al piano terra che si apre sul cortile interno; furono erette le 12 colonne sia in questa sala che nella cripta e si progettò un’altra sala al di sopra della Gruppenfuehrersaal, con un grandioso soffitto a cupola, progetti che non vennero mai realizzati.
Dal 1941 al 1945 si cominciò a pensare ad un progetto più grande con lo scopo di estendere l’area del castello fino ad inglobare il villaggio vicino; le case dei contadini sarebbero state spostate per far posto ad un enorme complesso di edifici di forma circolare che avrebbe circondato la struttura centrale.
La cripta sarebbe divenuto il centro geografico del sistema, una evidente simbologia che ci riporta al significato di omphalos, l’ombelico del mondo. Questo sarebbe stato l’ombelico che avrebbe legato il mondo cultuale delle SS con il suo Volk.
A seguito dell’avanzata degli alleati, il 31 marzo 1945 Himmler diede ordine di far saltare il castello ma nella fretta si riuscì solamente a danneggiare le strutture esterne con un incendio che causò pochi danni, a parte il soffitto di travi in legno che bruciò completamente.
Il signor B., un simpatico personaggio di Bueren (4), proprietario della locanda in cui alloggiavo, mi fece da guida nei dintorni del castello e mi raccontò che quando era piccolo assistette alla deflagrazione del 1945; egli ricordava che tutti gli abitanti corsero al castello per prendere la cassaforte che però fu requisita dagli alleati. Tutto ciò che trovarono fu un lago di vino rosso in cui galleggiavano oggetti di ogni tipo e pezzi di legno. La Cantina era stata distrutta.
Lo stesso personaggio mi confidò inoltre che molti degli abitanti di Bueren non avevano idea di chi fossero i loro genitori, in quanto in zona esisteva un Lebensborn, una delle famigerate cliniche specializzate in cui le giovani ariane venivano convinte ad accoppiarsi con SS di purissimo sangue germanico, generando perfetti esemplari ariani. Ma i locali non desiderano parlare di queste cose, si sentono imbarazzati e feriti; il sig. B. me lo disse chiaramente. Era uno degli aspetti tragici che circondavano il castello e contribuivano alla sua sinistra fama.
Quando si parla del lato oscuro del nazismo e in particolare del castello di Wewelsburg, è necessario riconoscere che molti autori, di solito narratori o ricercatori un poco avventati, si sono sbizzarriti nel tentativo di dimostrare sbrigativamente un legame del Nazismo con l’occulto, legame che certamente esiste, e molti di questi hanno citato fonti non confermate, hanno fatto affermazioni non corrette di cui solo loro possono portare il peso ed infine si sono appropriati di informazioni adattandole o esagerandole a seconda del testo che stavano scrivendo; il risultato è stato che il lato spirituale del Nazismo è stato sempre catalogato come una bufala o quantomeno una storiella utile per vendere qualche copia in più; in questo caso, vale l’assioma che solo un esame diretto, una ricerca sul campo può tagliare la testa al toro e fornire le informazioni più corrette e veritiere.
Un esempio per tutti tra i più famosi: si favoleggia in una corrente di letteratura post – bellica che spesso sconfina nella fantascienza, che i dodici Gruppenfuehrer e Himmler stesso prendessero le loro decisioni strategiche in relazione agli eventi bellici nella Gruppenfuehrersaal, mentre il fumo di un vaticinio occulto, saliva come un olocausto attraverso i fori del pavimento (5).
Ora, è necessario considerare che ogni decisione bellica non veniva presa da Himmler, tantomeno dai suoi dodici cavalieri, ma era una prerogativa speciale del Fuehrer, Hitler stesso, che si lasciava andare a indecenti scoppi di ira incontrollata quando il suo parere si scontrava con quello ben più esperto dei suoi generali. Himmler non avrebbe mai potuto gestire personalmente le sorti di una guerra che era rigorosamente controllata da Hitler. In secondo luogo il pavimento della Gruppenfuehrersaal non presenta alcun foro, non è oggi e non era allora in comunicazione con la cripta sottostante (6).
Questo significa che nessun fumo di sacrificio poteva elevarsi alla sala superiore. Si potrebbe forse interpretare come un fumo simbolico, ma sono pure congetture.
La dr.ssa John-Stucke mi confermò, piante costruttive alla mano (7), che non esisteva alcuna possibilità di un passaggio di aria tra la cupola della cripta, di cemento e il pavimento della sala superiore. I quattro fori della swastika sul soffitto della cripta si estendevano per soli 40 centimetri nel calcestruzzo e servivano al solo scopo di generare l’effetto eco al centro della sala. Non comunicavano con nessun altra stanza. C’erano, è vero, dei fori sopra le finestre, ma essi portavano esclusivamente a un piccolo piano tra le due sale e sembra che servissero per l’impianto elettrico; comunque non collegavano le due sale.
Si tratta di un semplice esempio, è vero, ma basta per far capire come sia spesso necessaria una ricerca diretta presso archivi e siti storici per evidenziare clamorosi errori o veri e propri falsi in cui sono incorsi molti autori.
Proprio per questo, nel maggio del 2002 venni contattato da Patrizia Bertolotti, direttore responsabile di Hera, una interessante rivista italiana che si occupa di civiltà scomparse, storia e archeologia: incontrai lo staff di Hera in maggio e prendemmo accordi per uno speciale monografico sui misteri del nazismo che fu l’anticamera di questa ricerca.
Durante il primo sopralluogo che feci per conto della rivista, nel giugno del 2002, mi capitò di considerare un aspetto del design di Wewelsburg che mi aveva disturbato più volte, dapprima come una semplice sensazione indefinita che non riuscivo a focalizzare e solo in seguito come un pensiero preciso, quando la dr.ssa Kirsten John-Stucke, la storica responsabile degli archivi, mi fece notare la somiglianza del progetto finale di Wewelsburg con la cosiddetta Lancia di Longino: l’intero castello era orientato come un vettore, e cioè una freccia, simboleggiata dalla Lancia di Longino, in maniera ambivalente non solo verso nord, e quindi verso un punto esterno, ma anche verso il centro di sé stesso, cioè il punto esatto geografico al centro della grandiosa costruzione che avrebbe dovuto circondare il castello, corrispondente alla torre nord e alla cripta sotterranea.
Questo punto era l’estremità della Lancia o, se vogliamo, del vettore orientato come una bussola magnetica verso nord. In pratica, un anello di edifici aveva come suo punto focale equidistante dalla circonferenza esterna, il Walhalla, la cripta della torre nord, e non si trattava certamente di un caso ma di una scelta simbolica precisa: questo doveva diventare l’omphalos, il centro spirituale del mondo nazionalsocialista.
L’aspetto esterno–interno rivelava quindi una doppia valenza simbolica: la tensione verso una patria lontana nel tempo e nello spazio (l’antica Thule, situata nelle leggende nordiche nella zona polare) e la necessità di ripiegarsi nel proprio sé alla ricerca di una comunicazione diretta con il proprio universo, che scaturisce dalla weltanschauung nazionalsocialista, ovvero la necessità spirituale di un qualche tipo di meditazione o di culto mistico.
Himmler decise che dal 1939 in avanti i Gruppenfuehrer SS dovessero riunirsi una volta l’anno (forse anche più volte) a Wewelsburg per un adunanza speciale chiamata conferenza di primavera; l’unica cosa certa di questi incontri erano le diete speciali indette per i suoi dodici cavalieri e vertevano su argomenti relativi all’ariosofia e sui primordi della civiltà germanica, con collegamenti alla nuova realtà nazionalsocialista che stava rigenerando il passato delle tribù teutoniche su un tessuto moderno, mantenendone gli aspetti spirituali.
Abbiamo notizie certe solo sulla conferenza di primavera del 1941, ma il fatto che rimangano solo pochi documenti non implica che non ne fossero tenute altre, anzi, l’accademia Ahnenerbe era un centro di studi in costante, febbrile attività qui sostavano docenti e studiosi di varie discipline per accertare le possibilità spirituali e genetiche della razza aria purificata, ed è logico supporre che vi fosse un’attività di ricerca estremamente avanzata, con aggiornamenti, seminari e conferenze a cadenza regolare.
Tuttavia dobbiamo tenere presente che il castello era stato ideato principalmente come centro cultuale e quindi vi si svolgevano anche funzioni che rientravano certamente in una sfera più spirituale, o per meglio dire, pseudo–religiosa. Non dimentichiamo che a Wewelsburg, durante i matrimoni delle SS più elevate in grado, non vi era un prete che officiava ma, come abbiamo già visto, il consigliere spirituale di Himmler, Karl Maria Wiligut, che si presentava sulla scena con un pastorale adorno di un fiocco azzurro su cui erano incise le rune beneauguranti: una evidente forma di sostituzione della religione tradizionale con il neopaganesimo wotanico che permeava profondamente il Nazismo. Questa e altre cerimonie erano celebrate da Weisthor e regolavano l’attività degli scienziati e dei militari che sostavano a Wewelsburg: chi lavorava a Wewelsburg faceva parte di un Ordo, un ordine religioso di monaci combattenti, la cui élite riteneva l’aspetto spirituale segreto del nazionalsocialismo il vero fulcro intorno a cui si muoveva ogni altra attività.
Nella progettazione del castello, Himmler operò anche una precisa scelta stilistica; infatti in un’architettura romanica e classica troviamo inserti peculiari dell’architettura sacra: dodici colonne, dodici segni runici Sieg sulla ruota solare disegnata in marmo ad intarsio sul pavimento della Gruppenfuehrersaal, dodici sedili a colonnina nella cripta.
Pierluigi Tombetti
Brano tratto dal capitolo 11 del libro I grandi misteri del nazismo, Ed. Sugarco, Milano 2005.
NOTE
1. Segin, Wilhelm, Geschichte der Wewelsburg, Bueren, 1925. Il testo latino cita: “[…] castrum guoddam Wifilisburch, tempore Hunnorum constructum, sed vetustate temporis postea neglectum“.
2. Nel 1950 fu riaperto il museo e riaprì i battenti anche l’ostello.
3. Russell Stuart, Heinrich Himmlers Burg; das weltanschauliche zentrum der SS, RVG Verlags- und Vertriebs GmbH, Landshut, 1989, p. 43.
4. Bueren-Brenken è il paese a poca distanza da Wewelsburg in cui chi si reca a visitare il castello può trovare alloggio.
5. Lo stesso rituale magico è descritto anche in Pauwels, Louis e Bergier, Jacques, Le matin des magiciens, Librairie Gallimard, 1960; tr. it. di Pietro Lazzaro Il mattino dei maghi, Mondadori, Milano 1963, pp. 369, 370. Il rituale è descritto anche da Stuart Russell, in un intervista a Marco Dolcetta, Il Nazismo Esoterico, Hobby & Work, Milano, 1994, N° 2, p. 6; può darsi che Russell abbia tratto questa informazione da Pauwels e Bergier. Trattandosi però di un testo piuttosto particolare, che identifica l’origine della corrente contemporanea nazi/occultistica/fantascientifica, che spesso non dice dove ha tratto certe affermazioni e che a volte dà per vere cose che non sono probabilmente mai accadute, non mi sono sentito di avallare una tale idea. La riporto comunque per completezza.
6. Le fotografie d’epoca del castello visionabili all’archivio centrale, sede del museo e dell’esposizione permanente sul campo di concentramento di Wewelsburg, ci mostrano la Gruppenfuehrersaal esattamente com’è oggi: non vi erano fori che collegassero il soffitto della cripta con il pavimento della sala superiore. Il tentativo di far saltare il castello nel 1945 non provocò danni alle sale storiche e non vi furono lavori di ricostruzione sul pavimento della Gruppenfuehrersaal.
7. Note e progetti furono esaminati grazie al materiale presente nell’archivio: mi fu mostrato anche qualche progetto contenuto nell’ormai introvabile Hueser, Karl, Wewelsburg 1933-1945: Kult und Terrorstaette der SS, St Bonifatius, Paderborn, 1982, il libro ufficiale sulla storia del castello.
Pierluigi Tombetti, I grandi misteri del nazismo. La lotta con l’ombra.
vittorio
salve, bella descrizione di fatti e considerazioni, fino ad ora non mi sono mai interessato di wewesburg, pur essendo collezionista dall'eta' di 13 anni di oggetti militari ed altro ho sempre evitato di entrare in merito a questa storia e su tutto quello che riguarda quanto da voi descritto sopra. le motivazioni sono state molte e varie sia di carattere morale che scaramantico, non da parte mia ma delle persone a cui ho fatto vedere certi materiali che sono appartenuti certamente a quella fortezza ed ai suoi personaggi , mi spiego meglio: durante i miei vari viaggi in eta' piu' giovane ,quando ancora insistentemente cercavo reperti di tutti i tipi,esoterici,militari,ed altri,ho avuto la fortuna di conoscere personaggi che per vari motivi hanno gravitato in quelle zone ed erano in possesso di oggetti che avvolte hanno ceduto malvolentieri in cambio di denaro oppure perche' non volevano piu' avere a che fare con questi materiali. i due oggetti di cui parlero' mi vennero venduti da un colonnello dell'esercito cecoslovacco a seguito di quello russo che poi sarebbe diventato mio suocero, detta persona mi consegno all'ora due teschi umani che fino ad oggi apparte due volte sono rimasti chiusi e nascosti fuori italia per ovvi motivi. i due teschi sono senza mandibola ma ben tenuti e riportano simboli incisi con una tecnica che si usava nell'ottocento dai balenieri detta perditempo , usavano svariati materiali ,ossa, e punte di narvalo,ecc.. le incisioni sono molto dettagliate belle ma anche molto inquietanti, non solo per i simboli ma per il materiale su cui sono incisi.Le figure sono differeti su ambedue gli oggetti ma con lo stesso significato,rune svastiche e simboli esoterici, nonche' alcune scritte in gotico d tedesco.Quando mi furono date mi racconto dove erano stati presi,con altri oggetti che allora non aveva piu',venduti forse, solo questi due gli aveva tenuti perche' per lui rappresentavano la pazzia el'orrore in cui la germania era sprofondata ed anche per paura di ripercussioni da parte di alcune ancora ben vive associazioni naziste ancora esistenti. oggi leggendo qua e la mi sono deciso a riesumare queste cose che potrebbero essere di interesse culturale e storico e forse anche una dimostrazione di come la mente umana possa raggungere per fini e scopi qualsiasi limite etico. Se potro' e se ci sara' occasione, potro' inviarvi alcune foto di quanto sopra, dato che sono arrivato alla considerazione che questo materiale debba venire alla luce, con dispiacere gli oggetti non sono in italia dato che qui sono illegali e poi non appartengono alla nostra storia e pertanto dietro consiglio di qualche amico in seguito gli proporro' alla casa d'aste di monaco hermann historica che tratta questi oggetti. grazie per la cortese attenzione e mi scuso della lunghezza di questa mail . vittorio G.
ARYAMAN ARYADEVA
ALERE FLAMMAM !