All'alba del Novecento la battaglia per l'emancipazione femminile e per l'affermazione della democrazia dei soviet in Russia. La resistenza e il lungo sguardo delle donne sulla difficile lotta del socialismo per la conquista...
moreAll'alba del Novecento la battaglia per l'emancipazione femminile e per l'affermazione della democrazia dei soviet in Russia. La resistenza e il lungo sguardo delle donne sulla difficile lotta del socialismo per la conquista dell'uguaglianza Noemi Ghetti Mosca, 16 novembre 1918. Si inaugura, a un anno dalla rivoluzione d'ottobre, il Congresso panrusso delle operaie e delle contadine organizzato da Alexsandra Kollontaj e Inessa Armand, rivoluzionarie e agitatrici bolsceviche. L'una compagna di lotta di Lenin dal fatale 1905, l'altra incontrata a Parigi nel 1909, presto diventata sua amante e collaboratrice a fianco della fedele moglie Nadia Krupskaja. Ne erano attese 300, e a sorpresa arrivano 1147 delegate, in rappresentanza di un milione di lavoratrici, in gran parte operaie delle fabbriche tessili russe. Molte con figli al seguito da alloggiare e sfamare, in tempo di gelo e feroce carestia, con gli scarsi mezzi messi a disposizione dal partito. Nel 1908 a Pietroburgo, al primo congresso delle donne russe, Aleksandra e Inessa avevano già misurato la diffidenza dei compagni, che avevano imposto l'allontanamento di un gruppo di attiviste, nei confronti del movimento per i diritti femminili. Adesso, con la prospettiva di un consistente appoggio politico, sono riuscite a vincere le resistenze di Lenin che, pur convenendo sull'importanza della questione femminile, finora ha sempre ostacolato ogni progetto. Approdata a un'appassionata adesione al bolscevismo dalle rivendicazioni delle femministe borghesi e delle suffraggette di inizio secolo, Alexandra è anche una convinta assertrice del legame tra libero amore e reddito autonomo, e della necessità storica della formazione di una «donna nuova», sottratta alla tirannide del matrimonio tradizionale, che per le donne proletarie si traduce in una doppia forma di sfruttamento. Membro del governo rivoluzionario e prima donna ministro della storia, al suo impegno si devono grandi conquiste: l'equiparazione del salario delle donne a quello maschile, il diritto di voto e di essere elette, quello all'istruzione, al divorzio e all'aborto. E inoltre l'abolizione dell'autorità maritale, la parificazione dei figli naturali e una serie di provvedimenti sociali atti a proteggere la maternità: assistenza medica e legale per donne e bambini, asili per l'infanzia, lavanderie e mense pubbliche. Al punto che Lenin può affermare: «Nessuno stato, nessuna legislazione democratica hanno fatto per la donna la metà di ciò che ha fatto il potere sovietico durante i suoi primi mesi di esistenza». Ma le divergenze politiche cominciano presto, e non solo sulle rivendicazioni femminili, ma su fondamentali questioni di gestione economica e soprattutto di democrazia del partito. Nel marzo 1918 la Kollontaj manifesta, con i bolscevichi di sinistra, il suo dissenso nei confronti del trattato di Brest-Litovsk con la Germania, dimettendosi da commissaria del popolo. Al pari di Rosa Luxemburg, la leader della Lega spartachista assassinata nel gennaio successivo, critica l'ultracentralismo leninista. Nell'intervista sulla questione femminile rilasciata alla socialista tedesca e storica combattente per i diritti delle donne Clara Zetkin nel 1920, anno della drammatica morte di Inessa Armand, Lenin accusa come deviante e borghesemente pruriginosa l'attenzione riservata all'interno dei circoli bolscevichi alla questione della libertà sessuale e al diffuso problema della prostituzione. E non sfugge la pesante allusione alle teorie sessuali della pasionaria, implicita nella metafora del bere un bicchiere d'acqua, peraltro sporco e sbeccato. Nel marzo 1921 la Kollontaj condanna il sanguinoso intervento dell'Armata rossa per stroncare la rivolta dei marinai di Kronštadt, la grande base navale del Baltico, che chiedevano maggiore democrazia ai soviet. Ma la goccia che fa traboccare il vaso, in concomitanza con il varo della Nuova politica economica che nel 1921 reintroduce il libero mercato, è la pubblicazione della piattaforma dell'Opposizione operaia, in cui la Kollontaj a nome dei compagni svolge una critica spietata dei meccanismi di burocratizzazione e militarizzazione in atto nel partito, compiuta attraverso l'assimilazione surrettizia, negli uffici dello stato e nelle fabbriche, di "specialisti" che di fatto sono esponenti della