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2020, Left
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All'alba del Novecento la battaglia per l'emancipazione femminile e per l'affermazione della democrazia dei soviet in Russia. La resistenza e il lungo sguardo delle donne sulla difficile lotta del socialismo per la conquista dell'uguaglianza Noemi Ghetti Mosca, 16 novembre 1918. Si inaugura, a un anno dalla rivoluzione d'ottobre, il Congresso panrusso delle operaie e delle contadine organizzato da Alexsandra Kollontaj e Inessa Armand, rivoluzionarie e agitatrici bolsceviche. L'una compagna di lotta di Lenin dal fatale 1905, l'altra incontrata a Parigi nel 1909, presto diventata sua amante e collaboratrice a fianco della fedele moglie Nadia Krupskaja. Ne erano attese 300, e a sorpresa arrivano 1147 delegate, in rappresentanza di un milione di lavoratrici, in gran parte operaie delle fabbriche tessili russe. Molte con figli al seguito da alloggiare e sfamare, in tempo di gelo e feroce carestia, con gli scarsi mezzi messi a disposizione dal partito. Nel 1908 a Pietroburgo, al primo congresso delle donne russe, Aleksandra e Inessa avevano già misurato la diffidenza dei compagni, che avevano imposto l'allontanamento di un gruppo di attiviste, nei confronti del movimento per i diritti femminili. Adesso, con la prospettiva di un consistente appoggio politico, sono riuscite a vincere le resistenze di Lenin che, pur convenendo sull'importanza della questione femminile, finora ha sempre ostacolato ogni progetto. Approdata a un'appassionata adesione al bolscevismo dalle rivendicazioni delle femministe borghesi e delle suffraggette di inizio secolo, Alexandra è anche una convinta assertrice del legame tra libero amore e reddito autonomo, e della necessità storica della formazione di una «donna nuova», sottratta alla tirannide del matrimonio tradizionale, che per le donne proletarie si traduce in una doppia forma di sfruttamento. Membro del governo rivoluzionario e prima donna ministro della storia, al suo impegno si devono grandi conquiste: l'equiparazione del salario delle donne a quello maschile, il diritto di voto e di essere elette, quello all'istruzione, al divorzio e all'aborto. E inoltre l'abolizione dell'autorità maritale, la parificazione dei figli naturali e una serie di provvedimenti sociali atti a proteggere la maternità: assistenza medica e legale per donne e bambini, asili per l'infanzia, lavanderie e mense pubbliche. Al punto che Lenin può affermare: «Nessuno stato, nessuna legislazione democratica hanno fatto per la donna la metà di ciò che ha fatto il potere sovietico durante i suoi primi mesi di esistenza». Ma le divergenze politiche cominciano presto, e non solo sulle rivendicazioni femminili, ma su fondamentali questioni di gestione economica e soprattutto di democrazia del partito. Nel marzo 1918 la Kollontaj manifesta, con i bolscevichi di sinistra, il suo dissenso nei confronti del trattato di Brest-Litovsk con la Germania, dimettendosi da commissaria del popolo. Al pari di Rosa Luxemburg, la leader della Lega spartachista assassinata nel gennaio successivo, critica l'ultracentralismo leninista. Nell'intervista sulla questione femminile rilasciata alla socialista tedesca e storica combattente per i diritti delle donne Clara Zetkin nel 1920, anno della drammatica morte di Inessa Armand, Lenin accusa come deviante e borghesemente pruriginosa l'attenzione riservata all'interno dei circoli bolscevichi alla questione della libertà sessuale e al diffuso problema della prostituzione. E non sfugge la pesante allusione alle teorie sessuali della pasionaria, implicita nella metafora del bere un bicchiere d'acqua, peraltro sporco e sbeccato. Nel marzo 1921 la Kollontaj condanna il sanguinoso intervento dell'Armata rossa per stroncare la rivolta dei marinai di Kronštadt, la grande base navale del Baltico, che chiedevano maggiore democrazia ai soviet. Ma la goccia che fa traboccare il vaso, in concomitanza con il varo della Nuova politica economica che nel 1921 reintroduce il libero mercato, è la pubblicazione della piattaforma dell'Opposizione operaia, in cui la Kollontaj a nome dei compagni svolge una critica spietata dei meccanismi di burocratizzazione e militarizzazione in atto nel partito, compiuta attraverso l'assimilazione surrettizia, negli uffici dello stato e nelle fabbriche, di "specialisti" che di fatto sono esponenti della
Riflessioni sullo specchio Neuroscienze, Arte e Filosofia NICOLA SIMONETTI 21/05/2018 Lo scorso 17 aprile 2018, presso la Sala Consiliare del Castello Visconteo-Sforzesco di Galliate, si è svolta la conferenza interdisciplinare dal titolo “Riflessioni sullo Specchio. Neuroscienze, Arte e Filosofia”. Un evento interdisciplinare ideato da Nicola Simonetti, Docente di Filosofia e Storia presso il Liceo delle Arti Felice Casorati di Novara e membro della SFI, Società Filosofica Italiana, con l’avallo Salvatore Palvetti Dirigente Scolastico del suddetto Liceo. Michelangelo Pistoletto, artista internazionale e fondatore a Biella di “Cittadellarte”, insieme Aldo Biolcati, Geriatra, mèntore dell’ AMA, Associazione Malati di Alzheimer, di Novara, di cui fa parte anche Simonetti, sono stati gli ospiti speciali di questa iniziativa moderata dal critico Fortunato D’Amico. L’incontro, ha rappresentato un momento significativo del percorso formativo degli alunni delle classi quarte e quinte del Liceo presenti in sala, un prezioso evento di aggiornamento e di confronto anche con i relatori e gli auditori che hanno assistito alla simposio. Oggetto del dibatto è stato lo “specchio”, inteso sia come metafora dell’identità personale frammentata e distorta nel paziente malato di Alzheimer (nota demenza neurodegenerativa), sia come modalità pittorica e artistica in senso lato, alla ricerca di una oggettività rappresentativa della propria identità soggettiva, che come “meccanismo psicologico”, operante a livello inconscio neurobiologico, di interpretazione dei comportamenti altrui. Aldo Biolcati, ha sottolineando che una persona demente ha molti volti, molti modi di mostrare la faccia della perdita di memoria, ciascuno la sua specifica condizione patologica. Anche se in generale il tipo di demenza più conosciuto è l’Alzheimer, non è l’unico esistente, ma è solo il più comune (50%) . Tale patologia può anche manifestarsi attraverso la difficoltà a capire le immagini visive e i rapporti spaziali . Alcuni malati di Alzheimer possono avere invece solo difficoltà a leggere, a giudicare la distanza e a stabilire il colore o il contrasto. In termini di percezione, essi possono passare davanti a uno specchio e pensare che qualcun altro sia presente nella stanza. Addirittura, in uno stadio neurodegenerativo estremo potrebbero non capire di essere loro la persona nello specchio (agnosia). Lo stadio dello specchio nella vecchiaia rappresenta in qualche modo l’inverso di quello dell’infanzia: l’unità e l’integrità sono percepite come ciò che risiede all’interno, e non all’esterno, del soggetto; così, in questa dinamica, l’immagine che si dipinge nello specchio viene a simbolizzare il rovescio di quella superpotenza che rappresentava per il bambino, riflettendo per il soggetto anziano solo la perturbante ed estrema dipendenza della vecchiaia. Nicola Simonetti ha presentato una sintesi del suo saggio edito da Diogene Multimedia e una prefazione curata dal Genetista Edoardo Boncinelli, dal titolo “Lo specchio della mente. Il problema mente-corpo e i neuroni specchio 2016”. L’autore ha raccontato brevemente la storia della scoperta dei cosiddetti “neuroni specchio” negli Anni ’80-’90 del secolo scorso, ad opera del team parmense di neuroscienziati capeggiati da Giacomo Rizzolatti. I neuroni specchio sono stati chiamati così in quanto si attivano, come esemplificato dai moltissimi esperimenti compiuti e in fieri, sia quando svolgiamo un’azione motoria indirizzata a uno scopo (neuroni motori) sia quando osserviamo qualcuno che sta agendo o intende agire, manifestando uno scopo, per esempio con una espressione facciale, in modo del tutto involontario e inconsapevole, attraverso un “meccanismo” di “risonanza” e simulazione a livello neurale. Questi neuroni specchio, quindi, si attivano nel cervello dell’osservatore in modo almeno duplice, ovvero per eseguire un movimento con uno scopo, ma anche per interpretare il comportamento o l’espressione altrui, in modo pre-concettuale e pre-linguistico, fondando anche il fenomeno dell’empatia, così diffuso nella specie umana e in molte specie animali. Tale scoperta ha aperto un ampio dibattito interdisciplinare tuttora in corso in quanto è controversa la sua portata nella spiegazione dei comportamenti cognitivi. L’intervento di Michelangelo Pistoletto ha messo in evidenza il tema indagando come nella storia dell’arte la scoperta dello specchio coincida con quella dell’autoritratto e quindi come quella di uno strumento utile per rappresentare la propria identità personale. Questo naturalmente sino all’invenzione della fotografia nell’ ‘800, che ha costretto l’arte a modificare il proprio ruolo non più legato alla rappresentazione dell’apparenza, ma alla ricerca dell’essenza psicologica più profonda. I movimenti artistici, Cubismo, Surrealismo, Espressionismo, Astrattismo, e in generale le avanguardie artistiche del novecento, sono una conseguenza della rivoluzione tecnologica che per tutto il secolo scorso ha travolto la produzione delle immagini tradizionali e ha portato i suoi protagonisti ad indagare nuove strade di ricerca e di interrogarsi sulla condizione e sulla funzione dell’arte contemporanea. E’ proprio lo specchio lo strumento fondamentale per la ricerca dell’oggettività, della propria identità personale, che ha consentito a Michelangelo Pistoletto di progredire nello studio delle relazioni che legano il mondo oggettivo e soggettivo, la permanenza e la precarietà dell’immagine, il rapporto tra passato e futuro e la loro continua sintesi nel presente ricerca ampia e interdisciplinare di cui oggi riusciamo a coglierne. Già agli inizi della sua attività ha incominciato a trasformare la tela in un elemento riflettente, utilizzando smalti, fondi in oro e argento e poi superfici metalliche che con il loro piano lucido a specchio hanno consentito al pubblico di diventare protagonista dentro un’opera d’arte mutevole. Il lavoro artistico di Michelangelo Pistoletto per la sua indole fenomenologica è di grande interesse scientifico, perché attiva intorno a sé relazioni e aperture interdisciplinari che ampliano il sapere in direzione di una condivisione della conoscenza e di orizzonti ideali.
La Balena Bianca. Rivista di Cultura Militante, 2024
Giù nella valle, il nuovo libro di Paolo Cognetti (Einaudi, 2023), come al solito è finito troppo presto e, come al solito, si è aperto e chiuso tra le mie mani come una carezza di altre mani, ruvide e gentili. La brevità del romanzo-forse più un racconto lungo, con i pregi che questa forma implica-non mi ha stupito. Prima del grande successo de Le otto montagne (Einaudi, 2016), Cognetti è stato a lungo scrittore di racconti. Ha esordito con la raccolta Manuale per ragazze di successo (minimum fax, 2004), proseguito con un'altra raccolta, Una cosa piccola che sta per esplodere (minimum fax, 2007), virato verso un ibrido romanzo di racconti con Sofia si veste sempre di nero (minimum fax, 2012), per poi dedicarsi a una sorta di trilogia di racconti lunghi sulla montagna, di cui questo è il capitolo più recente. Ancora prima, Cognetti è stato ed è lettore di narrativa breve, soprattutto di matrice angloamericana, che anche nel suo ultimo lavoro risuona nell'orchestrazione di descrizioni opportunamente calibrate e dialoghi asciutti e diretti. La brevità è poi quella della stagione delle nevi, che fa accendere la stufa a legna e passare il tempo a leggere e pelare patate; ma anche dell'estate, che trasforma il bianco degli alpeggi in verde brillante. Brevi sono tutte le stagioni, soprattutto quelle umane, e se la montagna insegna ad apprezzarne il volgere, i libri di Cognetti restituiscono dettagli che contribuiscono a renderne memorabile la quotidianità.
L'Europa di Gramsci, 2022
Contributo a "L'Europa di Gramsci", In collaborazione con Centro interuniversitario di ricerca per gli studi gramsciani (pp. 229-246, Bordeaux edizioni, 2022)
Europa Orientalis IX, 1990
verso declamato dei proverbi, dei motti, delle pribautki, esistesse già nei primi secoli della storia letteraria anticorussa una diffusa pratica versificatoria, riferibile soprattutto ai generi innografici di ascendenza bizantina e direttamente collegata al grande retaggio slavomeridionale (Taranovskij 1968).
Italiano LinguaDue, 2021
La facies linguistica del Viaggio per l’Italia di Giannettino presenta le caratteristiche note e attese della lingua di Collodi, all’insegna di un toscanismo temperato dal costante riferimento alla tradizione letteraria panitaliana e preponderante soprattutto a livello lessicale, ma ben attento ad evitare derive di stampo popolareggiante, che in questa e in altre sedi vengono espressamente menzionate come dispreferibili. Collodi – pur senza dichiararlo apertamente – contribuisce a delineare (nella prassi scrittoria ancor più che nella prescrizione grammaticale, maggiormente conservativa) i tratti di quel manzonismo moderato, fondato sull’uso fiorentino medio e “civile”, che tanto gradimento avrebbe riscosso nel Milanese e che nella produzione collodiana per l’infanzia trova una delle sue applicazioni più felici e feconde. L’analisi sistematica del testo, proposta in questo contributo, arricchisce gli studi linguistici collodiani con nuovi spogli e conferma alcuni dei tratti che meglio incarnano il “manzonismo di fatto” della lingua di Collodi (monottongazione del dittongo velare dopo contoide palatale, desinenza analogica nella prima persona singolare dell’imperfetto indicativo, forme oblique del pronome personale di terza persona singolare con funzione di soggetto, prevalenza del tipo che cosa nelle proposizioni interrogative e molti altri); al contempo evidenzia la variazione diacronica presente nelle diverse edizioni di ciascun volume dell’opera e sottolinea il differenziale stilistico, di sicura autorialità, che caratterizza gli ultimi due volumi, e specialmente il terzo, all’insegna di una medietà toscoletteraria maggiormente avvertita e tuttavia contaminata, soprattutto a livello lessicale, dall’impiego di voci popolari, secondo una linea che potremmo definire “toscanista” e rigutiniana.
Pandora Rivista, 2020
A partire dalla fine degli anni Sessanta, è emersa con forza sempre maggiore, nel campo dell'intellettualità di sinistra, l'esigenza di interrogarsi sull'intreccio di quei due ambiti della vita che vennero chiamati, con uno slogan, personale e politico. A monte di questo rinnovato interesse va individuata l'ovvia spinta della seconda ondata femminista[1] e dei movimenti giovanili in genere, che avevano posto a livello globale l'emergenza di nuovi costumi e la messa in discussione delle forme classiche della militanza e della lotta politica. Sono fioriti, da quel momento in poi, studi e ricerche che hanno voluto interpretare le figure dei maggiori pensatori comunisti e socialisti secondo questo nuovo paradigma, evidenziandone i forti limiti e in qualche caso anche le intuizioni. Gramsci non ha fatto eccezione: nel 1976 Adele Cambria pubblicò il libro Amore e rivoluzione[2], che in copertina veniva presentato come «la risposta alle Lettere dal carcere». Fino a quel momento, infatti, si leggevano le lettere del pensatore sardo senza nulla sapere delle risposte e delle vite delle sue interlocutrici; squarciando questo velo di silenzio, Cambria restituì la propria storia a queste donne, illuminando di una luce nuova anche il profilo di Gramsci . Dopo quel momento iniziale, non sono però stati moltissimi i contributi che hanno proseguito quel filone di indagine in relazione al pensatore di Ales . Per questo motivo, la ricerca di Noemi Ghetti, già intrapresa nei suoi precedenti saggi[5], si segnala nel vasto panorama degli studi gramsciani per la sua originalità di temi e di interpretazioni. In questa sua nuova opera, Gramsci e le donne. Gli affetti, gli amori, le idee, l'autrice porta avanti, in un'ottica non femminista, la sua rilettura del pensiero e della biografia gramsciani, alla luce del nodo fondamentale del rapporto uomo-donna[6]. Il significato del titolo è duplice: da un lato l'attenta ricostruzione delle vicende delle donne che con Gramsci entrarono in rapporto; dall'altro un'originale lettura delle elaborazioni del pensatore sardo sull'emancipazione femminile e sul suo ruolo nel processo rivoluzionario. L'autrice tesse un intreccio sapiente tra questi due piani, restituendo a pieno il senso della ricerca gramsciana, in una fusione assoluta del pensatore e dell'uomo. Come scriveva infatti Camilla Ravera, lungi dall'essere fredda elaborazione teorica, «il socialismo era in Gramsci una visione integrale della vita» (cit. p. 37). Ripercorrere le vite e le tracce delle donne con cui Gramsci entrò in relazione, permette tra l'altro, per la varietà e l'importanza delle interlocutrici, di tratteggiare come la questione dei rapporti personali esistesse e fosse ben viva anche nella prima metà del Novecento. Ad una iniziale presentazione delle donne di casa Gramsci, segue quindi una lunga serie di ritratti che restituisce la vitalità e la profondità del contributo femminile al pensiero e alla militanza comunista: Pia Carena, militante e primo amore dell'intellettuale sardo; Camilla Ravera, Rita Montagnana e Teresa Noce, che furono accanto a Gramsci nel biennio rosso; le grandi protagoniste internazionali, Aleksandra Kollontaj, Inessa Armand, Clara Zetkin, Rosa Luxemburg; e ovviamente le tre sorelle Schucht, Eugenia, Giulia e Tatiana, che rappresentarono il centro della vita affettiva del pensatore. In questo senso il saggio può essere letto attraverso una doppia ottica: da un lato analizza nella pratica e nella riflessione gramsciana la persistente presenza dell'idea «della necessità dello sviluppo di una nuova identità femminile, intimamente libera da schiavitù arcaiche e da condizionamenti culturali» (p. 4). Dall'altro tratteggia un brano di storia del movimento comunista mondiale, mettendo in evidenza come il tentativo delle donne di rivendicare una propria specifica Pubblicato su: pandorarivista.it https://www.pandorarivista.it/articoli/gramsci-e-le-donne-di-noemi-ghetti/
Altre modernità, 2018
di Simone Invernizzi Le otto montagne di Paolo Cognetti, che ha vinto il premio Strega 2017, racconta, in modo asciutto e poetico allo stesso tempo, il rapporto tra un padre e suo figlio, la storia di un'amicizia e l'amore per la montagna. Il romanzo è scandito in tre parti -ciascuna con un titolo proprio (Montagna d'infanzia, La casa della riconciliazione, Inverno di un amico) e divisa al suo interno in quattro capitoli dalla numerazione continua tra le diverse parti, da Uno a Dodici -e presenta al lettore i ricordi del protagonista Pietro Guasti, dalla fanciullezza all'età adulta, narrati in prima persona e con i tempi del passato. Pietro nasce a Milano e conosce le montagne grazie ai soggiorni estivi trascorsi insieme ai suoi genitori a Grana, un piccolo paese ai piedi del Rosa. Qui, contagiato dalla passione di suo padre Giovanni, uomo duro e taciturno innamorato della montagna, Pietro inizia fin da piccolo a seguirlo in lunghe camminate alla scoperta delle vette e dei sentieri del Grenon, la montagna di Grana. A loro si unisce ogni tanto Bruno, un ragazzo del posto figlio di povera gente a cui Pietro si lega in amicizia fraterna; quando il padre Giovanni è a Milano per lavorare, è seguendo Bruno che Pietro esplora il fondovalle attorno a Grana, imparando dall'amico i nomi dei luoghi e degli oggetti.
Riflessioni sullo specchio Neuroscienze, Arte e Filosofia NICOLA SIMONETTI 21/05/2018 Lo scorso 17 aprile 2018, presso la Sala Consiliare del Castello Visconteo-Sforzesco di Galliate, si è svolta la conferenza interdisciplinare dal titolo “Riflessioni sullo Specchio. Neuroscienze, Arte e Filosofia”. Un evento interdisciplinare ideato da Nicola Simonetti, Docente di Filosofia e Storia presso il Liceo delle Arti Felice Casorati di Novara e membro della SFI, Società Filosofica Italiana, con l’avallo Salvatore Palvetti Dirigente Scolastico del suddetto Liceo. Michelangelo Pistoletto, artista internazionale e fondatore a Biella di “Cittadellarte”, insieme Aldo Biolcati, Geriatra, mèntore dell’ AMA, Associazione Malati di Alzheimer, di Novara, di cui fa parte anche Simonetti, sono stati gli ospiti speciali di questa iniziativa moderata dal critico Fortunato D’Amico. L’incontro, ha rappresentato un momento significativo del percorso formativo degli alunni delle classi quarte e quinte del Liceo presenti in sala, un prezioso evento di aggiornamento e di confronto anche con i relatori e gli auditori che hanno assistito alla simposio. Oggetto del dibatto è stato lo “specchio”, inteso sia come metafora dell’identità personale frammentata e distorta nel paziente malato di Alzheimer (nota demenza neurodegenerativa), sia come modalità pittorica e artistica in senso lato, alla ricerca di una oggettività rappresentativa della propria identità soggettiva, che come “meccanismo psicologico”, operante a livello inconscio neurobiologico, di interpretazione dei comportamenti altrui. Aldo Biolcati, ha sottolineando che una persona demente ha molti volti, molti modi di mostrare la faccia della perdita di memoria, ciascuno la sua specifica condizione patologica. Anche se in generale il tipo di demenza più conosciuto è l’Alzheimer, non è l’unico esistente, ma è solo il più comune (50%) . Tale patologia può anche manifestarsi attraverso la difficoltà a capire le immagini visive e i rapporti spaziali . Alcuni malati di Alzheimer possono avere invece solo difficoltà a leggere, a giudicare la distanza e a stabilire il colore o il contrasto. In termini di percezione, essi possono passare davanti a uno specchio e pensare che qualcun altro sia presente nella stanza. Addirittura, in uno stadio neurodegenerativo estremo potrebbero non capire di essere loro la persona nello specchio (agnosia). Lo stadio dello specchio nella vecchiaia rappresenta in qualche modo l’inverso di quello dell’infanzia: l’unità e l’integrità sono percepite come ciò che risiede all’interno, e non all’esterno, del soggetto; così, in questa dinamica, l’immagine che si dipinge nello specchio viene a simbolizzare il rovescio di quella superpotenza che rappresentava per il bambino, riflettendo per il soggetto anziano solo la perturbante ed estrema dipendenza della vecchiaia. Nicola Simonetti ha presentato una sintesi del suo saggio edito da Diogene Multimedia e una prefazione curata dal Genetista Edoardo Boncinelli, dal titolo “Lo specchio della mente. Il problema mente-corpo e i neuroni specchio 2016”. L’autore ha raccontato brevemente la storia della scoperta dei cosiddetti “neuroni specchio” negli Anni ’80-’90 del secolo scorso, ad opera del team parmense di neuroscienziati capeggiati da Giacomo Rizzolatti. I neuroni specchio sono stati chiamati così in quanto si attivano, come esemplificato dai moltissimi esperimenti compiuti e in fieri, sia quando svolgiamo un’azione motoria indirizzata a uno scopo (neuroni motori) sia quando osserviamo qualcuno che sta agendo o intende agire, manifestando uno scopo, per esempio con una espressione facciale, in modo del tutto involontario e inconsapevole, attraverso un “meccanismo” di “risonanza” e simulazione a livello neurale. Questi neuroni specchio, quindi, si attivano nel cervello dell’osservatore in modo almeno duplice, ovvero per eseguire un movimento con uno scopo, ma anche per interpretare il comportamento o l’espressione altrui, in modo pre-concettuale e pre-linguistico, fondando anche il fenomeno dell’empatia, così diffuso nella specie umana e in molte specie animali. Tale scoperta ha aperto un ampio dibattito interdisciplinare tuttora in corso in quanto è controversa la sua portata nella spiegazione dei comportamenti cognitivi. L’intervento di Michelangelo Pistoletto ha messo in evidenza il tema indagando come nella storia dell’arte la scoperta dello specchio coincida con quella dell’autoritratto e quindi come quella di uno strumento utile per rappresentare la propria identità personale. Questo naturalmente sino all’invenzione della fotografia nell’ ‘800, che ha costretto l’arte a modificare il proprio ruolo non più legato alla rappresentazione dell’apparenza, ma alla ricerca dell’essenza psicologica più profonda. I movimenti artistici, Cubismo, Surrealismo, Espressionismo, Astrattismo, e in generale le avanguardie artistiche del novecento, sono una conseguenza della rivoluzione tecnologica che per tutto il secolo scorso ha travolto la produzione delle immagini tradizionali e ha portato i suoi protagonisti ad indagare nuove strade di ricerca e di interrogarsi sulla condizione e sulla funzione dell’arte contemporanea. E’ proprio lo specchio lo strumento fondamentale per la ricerca dell’oggettività, della propria identità personale, che ha consentito a Michelangelo Pistoletto di progredire nello studio delle relazioni che legano il mondo oggettivo e soggettivo, la permanenza e la precarietà dell’immagine, il rapporto tra passato e futuro e la loro continua sintesi nel presente ricerca ampia e interdisciplinare di cui oggi riusciamo a coglierne. Già agli inizi della sua attività ha incominciato a trasformare la tela in un elemento riflettente, utilizzando smalti, fondi in oro e argento e poi superfici metalliche che con il loro piano lucido a specchio hanno consentito al pubblico di diventare protagonista dentro un’opera d’arte mutevole. Il lavoro artistico di Michelangelo Pistoletto per la sua indole fenomenologica è di grande interesse scientifico, perché attiva intorno a sé relazioni e aperture interdisciplinari che ampliano il sapere in direzione di una condivisione della conoscenza e di orizzonti ideali.
Exhibition , 2024
IRANIAN STUDIES IN HONOUR OF ADRIANO V. ROSSI , 2019
Urban Studies, 2018
Journal of Food Engineering, 2007
CONCIENCIA: Journal of Islamic Education, 2024
Theory and Society, 2023
Revista Logos
[in:] Mikołajczyk, B./Taborek, J./Zabrocki, W. (ed.): Język w poznaniu 3., pp. 93-104., 2012
Journal of Documentation, 2006
Journal of Volcanology and Geothermal Research, 2014
2019
Classical and Quantum Gravity, 2007
Brazilian Journal of Political Economy, 2013
Journal of the Bible and Its Reception, 2023
Journal of development and agricultural economics, 2011
Arteriosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology, 2005
Journal of Polymer Science Part A: Polymer Chemistry, 2008
Aquaculture International, 2019
Nineteenth Century Theatre and Film, 2015