Gaspar van Wittel

Il dipinto ( , presentato a The European Fine Art Fair (TEFAF) di Maastricht del 2105, raffigura un casino di delizie, con annesso giardino all'italiana, in cui si sta svolgendo un evento di notevole rilevanza istituzionale. Osservando infatti la strada sulla sinistra si nota che un plotone di guardie a cavallo è schierata a entrambi i lati del portale d'ingresso alla proprietà, così da impedire il passaggio lungo la direttrice viaria, mentre altre guardie in primo piano bloccano alcuni veicoli e i passanti. Sempre in primo piano a sinistra si vedono alcuni personaggi inginocchiati, due donne, un ragazzo e un uomo malvestito, forse un mendicante o un pellegrino: l'atto di devozione sembra quello dovuto alla presenza di un alto rappresentante della gerarchia ecclesiastica o del pontefice stesso in visita a quei luoghi.

Il saggio offre un contributo alla ricostruzione del legame privilegiato che unì Gaspar van Wittel ai Colonna, già ricordati da Lione Pascoli tra i principali committenti e collezionisti del vedutista olandese. Grazie al rinvenimento di documenti inediti è stato possibile delineare i rapporti intercorsi con il contestabile Lorenzo Onofrio (1637-1689) e con il figlio Filippo II (1663-1714), nonché il formarsi del primo nucleo di vedute posseduto dai Colonna, ammontante a ben trenta opere del pittore olandese. Se con ogni probabilità i primi contatti avvennero tramite Cornelis Meyer o grazie alla frequentazione della bottega di Pellegrino Peri, a Lorenzo Onofrio risale la prima acquisizione di due opere dell’artista, identificabili con le vedute raffiguranti Piazza del Popolo e Piazza Navona, datate 1688 e tuttora conservate nella residenza ai SS. Apostoli. Con il successore Filippo II, divenuto contestabile nel 1689, i rapporti col van Wittel divennero più profondi e assidui, sostanziati da un interesse e da una committenza qualificati che portarono il Colonna ad acquistare ben ventotto vedute, molte delle quali ancora presenti nella quadreria. I dipinti furono in gran parte commissionati o comprati direttamente dall’artista, mentre solo in un caso è testimoniata l’acquisizione di sette opere da un intermediario, il noto collezionista e commerciante di antichità Marco Antonio Sabbatini. Nel suo insieme la raccolta offriva uno sguardo variegato sulla produzione dell’olandese, con una predilezione per le vedute di Roma e di Venezia, per i dintorni dell’Urbe e per i possedimenti del Casato, cui si aggiungevano vedute delle Isole Borromeo, forse divenute familiari a Filippo II grazie alla frequentazione dell’architetto Carlo Fontana, nonché delle vedute ideate. Oltre ad acquistare dipinti per la propria collezione e ad introdurre il pittore nella corte del viceré di Napoli, Luis de La Cerda, Filippo si fece anche mediatore tra Gaspar Van Wittel e Marino Francesco Caracciolo, V principe di Avellino (1668-1720): dai documenti rinvenuti, infatti, emerge il ruolo centrale avuto dal Contestabile nel favorire l’acquisizione da parte del Caracciolo di almeno nove vedute dell’olandese, ormai disperse in vari musei, di cui cinque ora possono essere datate con certezza.

The Vanvitelli were not only a family of artists, but a dynasty that with Gaspar, Luigi and Carlo, through almost two centuries, leaved a perennial trace in the field of the arts, whose most glorious achievement was the creation of the Royal Palace of Caserta. A legacy that is here investigated from a new and unusual point of view: by means of the graphic production of the training’s years of the young architect Luigi Vanvitelli in relation to the paternal teachings. Through the study of the drawings of Gaspar and Luigi, belonging to the collections of the Cabinet of Drawings and Prints of the Caserta Palace, the Museum of San Martino in Naples, the Central Institute of Graphics in Rome, the Morgan Library & Museum in New York, is here investigated the period of apprenticeship that Luigi had at the father’s house, his acquiring of graphic techniques in architectural definition and landscape, his growing mastery in the scenographic sketching, also thanks to the fruitful bond with Filippo Juvarra, likely due to the privileged relationship that the Sicilian architect entertained with the Dutch painter. In the foreground the differences between the two: the rocaille ductus, nervous and lively of Luigi; firm, precise and poetic of Gaspar, in the delineation of the same subjects, as in both Veduta di Urbino. With precise comparisons with the pictorial work, the different ways of understanding architecture are closely analyzed, having been often confused by the critic lead to erroneous attributions. It is instead the publication of the Album di Disegni, begun by Gaspar and filled with sketches by the very young Luigi, which demonstrates the action of his father as a spur and patronage of his talent, in the elitist Roman aristocratic world. It is analyzed in the graphic work of both the conception of an exuberant and magnificent nature, which leads Luigi to conceive and build the Royal Palace of Caserta, following an inspiration and a landscape model directly derived from the paternal teachings.

L’eccezionale circostanza di incontrare due dipinti, di particolare formato allungato che riflettono le caratteristiche delle “due vedute di Venezia, con mare […] di Gaspero degli Occhiali” citate nell’Inventario del 1741 della collezione del marchese Vincenzo Riccardi, segna un’importante svolta nella scoperta e catalogazione di inediti vanvitelliani. Si tratta di due pendant che hanno per soggetto San Giorgio Maggiore con la Giudecca e San Michele, San Cristoforo e Murano, quest’ultimo firmato sul lato del veliero a sinistra, eseguiti da Gaspar van Wittel con ogni probabilità immediatamente dopo il suo viaggio a Venezia del 1695, sicuramente entro lo scadere del secolo. Questa datazione gli identifica tra i primi esemplari di veduta veneziana, dal taglio inedito e del tutto nuovo per rappresentare le isole della laguna, unendo canoni estetici e tecnica della tradizione olandese con una chiara luminosità e grande perizia descrittiva. La scelta e l’ampiezza della visuale li configura come magnifici precedenti della Venezia di Canaletto e Francesco Guardi.

Viterbo e la Tuscia, i nuclei insediativi dei Monti Cimini, le forre e gli orridi, le necropoli rupestri non si sottrassero alla fortuna incontrata dall'antico e dal paesaggio italiano presso gli artisti e gli intellettuali europei di età moderna e, per essere posti lungo le tradizionali reti viarie di collegamento da e per Roma, a sud delle colline toscane e a nord della campagna romana, e già lungo i convenzionali tracciati della cosiddetta Via Francigena, furono oggetto di un’assidua frequentazione e di un’altrettanto alacre attività grafico-pittorica, evocativa dell’antico, di illustrazione a corredo della letteratura periegetica, celebrativa dei fasti dell’aristocrazia, pittoresca indagatrice delle peculiarità orografiche e botaniche.
  Cospicuo fu il parterre di artisti europei che tra Settecento e Ottocento soggiornarono in Tuscia. Tra questi: Gaspar van Wittel, Claude Joseph Vernet, Hubert Robert, Franciszek Smugliewicz, William Turner, Jean Baptiste Camille Corot. In riferimento alla loro produzione è stato definito il presente contributo  con l’intento precipuo comunque di segnalare intorno ad alcuni nuclei tematici, significativi episodi di pittura di paesaggio, urbano e di soggetto naturalistico.

Since his arrival in Rome in 1675, the Dutch painter Gaspar van Wittel had been developing an innovative operational methodology broadly based on a massive use of a camera ottica: it allowed him to compose pictures considered innovative both for their form and content. As a matter of fact, van Wittel is considered the pioneer of the veduta and one of the first artists in Rome to orient his gaze to the Tiber and the river landscape. The hydraulic engineer Cornelis Meyer had introduced him to the river territory as well as to cartographic issues; and certainly his Dutch origins had given van Wittel a special sensitiveness toward the water landscape but the fact that at least 75 of his paintings focus on the Tiber, from at least sixteen different points of view, is also depending on the optical features of his camera. Van Wittel's interest in unusual subjects and the river in particular, is strictly linked to his use of the camera ottica and the quantity of space it required to reduce post-production work. The Tiber offered both an unedited scenic device and a precious void in the heart of Rome. Similar technical reasons often suggested van Wittel to relegate architectures to the sides of his compositions, as lateral screens useful to frame the landscape. His paintings indirectly favoured an innovative sensitiveness toward the city as an organism as well as the river environment and certainly their wide rectangular format contributed to shift people's taste from the still point of view of traditional central perspective to the kinematic perception of the panoramic vedute but their visual model was followed and replicated well beyond the contingent causes that produced it, like an image extracted from a picture.