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Dallo studio delle relazioni che intercorrono fra i Gonzaga duchi di Mantova e la casata degli Asburgo attraverso la consultazione del carteggio fra le due corti, si individuano alcune lettere di inizio Seicento nelle quali l’imperatore Rodolfo II chiede con insistenza a Vincenzo I Gonzaga l’invio del disegno del giardino “posto sopra le volte”. Perché mai questo giardino - identificabile probabilmente con il giardino pensile di Palazzo Ducale - risulta di tale interesse per l’imperatore? L’indagine mossa a partire dai documenti contenuti nelle Banche dati Gonzaga digitali mette a fuoco le caratteristiche e le vicende del giardino pensile, spostandosi poi a Praga: qui il fruttuoso confronto con studiosi austriaci e cechi approfondisce il quadro delle opere che, in quel momento, si stanno portando avanti sul castello imperiale, chiarendo le ragioni dell’interesse di Rodolfo II nei confronti dell’architettura gonzaghesca, identificata come modello di riferimento.

In ricordo dell'antiquario DOMENICO PIVA, un autentico signore.

Il catalogo della prima mostra dedicata a Francesco Londonio (Milano, 1723-1783), grazie all'iniziativa della galleria milanese Piva & C. (5 marzo - 4 aprile 1998), è anche il primo studio monografico sull’opera pittorica dell’artista, dopo l’articolo di apertura della Böhm del 1934.
L’esposizione ha riunito un cospicuo gruppo di dipinti inediti costituito da otto pezzi provenienti dal celebre complesso di tele di villa Alari Visconti di Saliceto a Cernusco sul Naviglio (Milano), disperso nel dopoguerra, con l'aggiunta di due grandi tele extravaganti e cinque studi ad olio su carta, tutte opere di qualità eccelsa. 
Il catalogo apporta un contributo rilevante agli studi sul piano critico, filologico, culturale e biografico, documentando per la prima volta il pittore a Milano, dal matrimonio con la nipote orfana Cecilia Biraschi, celebrato nel 1768, alle ultime volontà dell'artista, morto per asma sessantenne nel 1783. 
La rivalutazione critica della discussa figura di Londonio è basata, non solo sul riconoscimento dell’elevata qualità formale dell’opera dell’artista, ma anche sulla sua capacità di interpretare visivamente gli ideali di una società rinnovata dal vento dei Lumi e dal riformismo asburgico. Generista e animalista convinto, Londonio riuscì infatti a coniugare l’eleganza garbata dell’Arcadia con il naturalismo della tradizione lombarda e olandese in una formula gradevole, immediatamente riconoscibile e conforme al gusto e alle aspirazioni delle élites aristocratica, finanziaria e intellettuale della Milano illuminista e teresiana. La sua pittura di tematica pastorale e agreste, che decorava le residenze di città e di campagna dell’antica e della nuova aristocrazia lombarda, è una celebrazione figurativa della vita “in villa”, da leggersi in parallelo alle odi di Parini "La vita rustica" e "La salubrità dell’aria" (1757 e ’59) e alle poesie sugli svaghi della villeggiatura di Tanzi e Balestrieri, entrambi estimatori di Londonio.  Questa chiave di lettura vale anche per l’imponente ciclo di ventiquattro tele che Londonio dipinse per la villa del conte Francesco Giacinto Alari tra il 1762 e il 1766, nel periodo più felice della sua carriera, intercalato dai viaggi di studio a Roma e a Napoli, compiuti nel 1763 e ’64.
L’analisi filologica e stilistica dei dipinti esposti ha fatto emergere le strette connessioni che legano l’opera pittorica a quella grafica e incisoria di Londonio, chiarendo il "modus operandi" caratteristico dell’artista e prospettando una plausibile scansione cronologica nel suo "corpus" pittorico apparentemente invariato.
L’esplorazione del fondo di disegni dell’Ambrosiana ha consentito alla Geddo di identificare alcuni studi preparatori per le tele del ciclo Alari, qui illustrati accanto ai dipinti, e di scoprire la prima opera certa di Londonio, un disegno con "Toro e mucca in riposo" datato 1753, insieme a un gruppo di affascinanti vedute dal vero della costiera napoletana. Le indagini d’archivio condotte dalla Geddo non sono state meno fruttuose, portando alla luce documenti di notevole interesse anche sotto il profilo sociale e culturale, come quelli relativi alla “Ditta Bancaria Londonio e Ciani”, fondata dal fratello Carlo (ante 1768), che aveva proseguito l’attività imprenditoriale della famiglia arricchitasi con il commercio della seta. Il discusso rapporto tra l'arte di Londonio e la cultura dei Lumi lombardi riceve infatti piena conferma dall’inventario della biblioteca del conte Saulo Agostino Alari (1787), cugino del mecenate di Londonio e probabile committente del pittore, che comprendeva, oltre agli arcadi, i classici dell’Illuminismo lombardo ed europeo, da Muratori a Beccaria, da Parini a Goldoni, da Locke a Pope, da Diderot a Voltaire e infine Rousseau. Gli  Alari, i Grianta, i Mellerio, il poeta Antonio Tanzi, lo stesso Parini e altri collezionisti di Londonio risultano tutti in rapporto con la banca del fratello, che dovette procurare all’artista la sua prestigiosa clientela di base.

NOTA
Il libro ha due autori: Cristina Geddo e Marco Bona Castellotti.
I capitoli redatti da Geddo sono:
"Catalogo delle opere" (pp. n. n., nn. 1-15);
"Documenti inediti" (pp. I-VI).


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Nicola fa la sua comparsa nelle carte anconetane diversi anni prima della pala per Girolamo Ferretti: nel 1465 infatti egli agisce come procuratore di suo padre in un rogito col quale Antonio di Domenico cede ad altri una somma di denaro che aveva avuto in deposito dal rettore della chiesa di Sant'Antonio 37 . Per poter compiere quest'atto Nicola doveva teoricamente aver raggiunto l'età di 20 anni 38 , ma i documenti fiorentini -se della stessa famiglia si tratta davvero -affermano il contrario, collocando la sua nascita nel 1448. D'altronde, non sarà stato difficile far passare per ventenne un ragazzo di diciassette anni, tanto più se veniva da fuori 39 . Nicola doveva ormai su-

Abstract not yet available.

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(ITALIANO)
La monografia sul mecenate milanese Angelo Maria Durini (1725-1796), pubblicata a distanza di un secolo dal saggio di Marchesi (1904), si apre con la genealogia dei conti di Monza e con un ampio capitolo introduttivo dedicato alla famiglia del protagonista.
Di origine comasca, i Durini sono l’emblema della nuova nobiltà che garantì il ricambio del patriziato milanese compiendo la scalata sociale nella Milano spagnola e asburgica grazie alla fortuna accumulata con il commercio di tessuti e il banco. Lo studio ricostruisce l’attività di collezionisti e mecenati dei membri della famiglia nell’arco di quattro generazioni, attribuendole un ruolo fondamentale nella promozione del Barocco e del Barocchetto lombardi. L’iniziativa artistica dei Durini, distribuita tra i poli di Milano e di Monza, feudo Durini dal 1648, si esplica con particolare magnificenza nel palazzo milanese di via Durini – con l’annessa collezione ricca di opere del Seicento lombardo, parzialmente confluita nelle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco di Milano –, nella cappella gentilizia della chiesa francescana di Sant’Angelo e nella villa monzese del Mirabello. Tre snodi imprescindibili, qui analizzati compiutamente per la prima volta e collegati ai documenti esumati da un’esplorazione sistematica dell’archivio privato della famiglia.
Eroe carismatico di un’ode di Parini (“La gratitudine”) e dedicatario di innumerevoli rime di Balestrieri, il cardinale Angelo Maria Durini è riscoperto in questa monografia come un protagonista irresistibile della vita politica e culturale di un’Europa in trasformazione. Da Parigi a Malta, da Varsavia ad Avignone, lo studio ripercorre la carriera diplomatica del prelato coronata dal cardinalato (1776) e sancisce il ruolo di primo piano giocato dal suo mecenatismo nella cultura lombarda della matura stagione dei Lumi, alla luce di una messe di fonti documentarie, letterarie e visive.
Durini è l’uomo dei paradossi: in lui convivono l’avversario accanito di Voltaire e Stanislao Augusto, il nunzio ribelle paladino dei patrioti polacchi, il latinista irriducibile e il cultore del dialetto, il mecenate illuminato dei Lumi lombardi e il primo a celebrarli con un moderno pantheon degli "Uomini illustri" contemporanei.
Nelle sue ville di Monza e del lago di Como (Mirabello e Mirabellino, Balbiano e Balbianello), che accolgono le istanze razionaliste e preromantiche del più aggiornato gusto internazionale, il cardinale raduna l’intelligenza e la cultura lombarda, rianimando l’estinta Accademia dei Trasformati e offrendo il suo generoso patrocinio ai poeti Parini e Balestrieri, rappresentanti del nuovo Parnaso milanese in lingua e in dialetto, al latinista Guido Ferrari, esponente di un neoumanesimo gesuita, e perfino al “philosophe” Pietro Verri, caposcuola della fronda laica e radicale dell’“École de Milan”. Il mecenate delle arti appare così complementare al mecenate delle lettere, entrambe espressioni di una personalità impetuosa e ammaliante, capace di comporre vecchio e nuovo senza riuscire incoerente.
Il volume, presentato da Mauro Natale e Juliusz A. Chroscicki, è corredato da quattro Appendici, che radunano un’ampia selezione di testi e documenti inediti, di interesse sia artistico, che storico e letterario. I testi poetici in latino e in milanese sono tradotti in italiano da Felice Milani.
L’Indice dei nomi costituisce uno strumento basilare per la consultazione analitica del testo.

(FRANÇAIS)
Le mécène milanais Angelo Maria Durini, héros irrésistible et charismatique d’une ode célèbre de Parini, est redécouvert dans cette monographie comme un protagoniste de la vie politique et culturelle d’une Europe en pleine transformation. De Paris à Varsovie, le travail reconstitue la carrière diplomatique du prélat couronnée par le cardinalat (1776), et rétablit le rôle de premier plan joué par ce mécène dans la culture lombarde de l’époque des Lumières, à l’aide des sources documentaires, littéraires et visuelles.
Dans ses villas de rêve de Monza et du lac de Côme le cardinal abrite le nouveau parnasse milanais, dominé par Parini et Balestrieri, ainsi que par le latiniste Guido Ferrari et le « philosophe » Pietro Verri. Il est le premier qui les honore avec un moderne panthéon des hommes illustres contemporaines. Le mécène des arts apparaît donc complémentaire au mécène des lettres, mettant en lumière un personnage passionné, à la fois hors de la norme et représentatif de son temps.
Durini est un homme de paradoxes: d’un côté, le conservateur à outrance, le cardinal fastueux et aristocrate, l’adversaire acharné de Voltaire et de Stanislas-Auguste, l’humaniste, l’arcadien latin; de l’autre, le nonce rebelle défenseur des patriotes polonais, l’amateur du dialecte, et finalement le mécène éclairé des Lumières lombardes. Il ne suffit pas d’interpréter ces ambivalences comme le reflet d’une époque de changements : le cardinal Durini nous oblige à remettre en question la vision manichéenne du siècle des Lumières.
Le volume est enrichi de 4 annexes de documents inédits, d’intérêt artistique, historique-diplomatique et littéraire (y figurent des textes de Durini, Balestrieri, Giovio, Verri et Voltaire).

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Le esplorazioni territoriali e le conseguenti acquisizioni di materiale archeologico effettuate attorno al 1870 nel territorio veronese dall'arciprete mantovano Don Francesco Masè rimangono ad oggi poco conosciute e valorizzate: L'"Esposizione Preistorica" inaugurata nel 1876 nel Museo Civico di Verona rimane la principale testimonianza di
queste indagini. Una approfondita ricerca di archivio ha permesso, negli ultimi anni, di riportare alla luce documenti preziosi riguardo alla scoperta dei siti protostorici di Coazze (comune di Gazzo Veronese), Sorgà-Tione e Moratica, posti nelle vicinanze dell'attuale confine regionale. Una
revisione e una proposta sulla loro collocazione cronologica è stata effettuata a suo tempo, nel quadro delle ulteriori conoscenze acquisite negli anni, dal dott. Luciano Salzani (Salzani 1987, Salzani 1990). Particolare rilevanza per la ricostruzione delle vicende inerenti le ricerche condotte dal Masè ha avuto l'archivio conservato presso il Museo Preistorico Luigi Pigorini di Roma, i cui documenti permettono di ripercorrere le fasi delle esplorazioni e le vicende occorse ai materiali archeologici a queste legati. La documentazione raccolta ha permesso la ricostruzione del materiale raccolto/collezionato da Don Francesco Masè, grazie all'identificazione di lotti di materiali inediti provenienti dai siti in oggetto e oggi conservati presso il Museo Archeologico Nazionale di Parma, il Museo Civico Archeologico di Bologna e il
Palazzo Ducale di Mantova. In questo poster si presenta questo interessante lotto di materiali, nel contesto della temperie culturale dell'epoca delle ricerche di Don Masè.

Il contributo analizza le presenze lombarde della galleria di pitture del ministro plenipotenziario di Maria Teresa a Milano, conte Carlo Firmian, politico e diplomatico di rango e uomo di insaziabili curiosità culturali, che ne fanno uno dei grandi collezionisti dell'Europa illuminista. In questo contesto riveste un ruolo di prim'ordine il filone leonardesco, stimolato dal noto Venanzio de Pagave, dominato da una "Leda stante" attribuita dal de Pagave allo stesso Leonardo e qui ipoteticamente identificata con la copia della collezione Johnson del Philadelphia Museum of Art. Firmian possedeva, inoltre, una "Maddalena" attribuita a Luini qui identificata con la bellissima penitente di Giampietrino in collezione padovana, e la famosa "Madonna di Menaggio" di Luini oggi al Louvre, di cui si ricostruisce l'itinerario collezionistico. Tra le opere del Seicento lombardo, si segnalano un'importante allegoria politica del tardo Giulio Cesare Procaccini, "La pace che frena la Guerra" oggi al Louvre, rintracciata nella collezione milanese settecentesca del "Questore Olivazzi", e tre quadri del Cairo barocco. L'''"Artemisia" è approdata alla Pinacoteca Civica di Pavia, mentre il "Tobia e Tobi" è qui identificato con quello commissionato all'artista nel 1657 dai milanesi fratelli Porro.
Appassionato di paesaggi e vedute, Firmian colleziona anche una coppia di fantastiche "Grotte marine con pastori e pescatori", già identificate dall'autrice con i due discussi pendants divisi tra il Museo di Belle Arti di Budapest e una collezione privata. Secondo la tesi qui argomentata, le due "Grotte" Firmian sarebbero state dipinte a Firenze intorno al 1705 da Alessandro Magnasco in collaborazione con il paesista e animalista tedesco attivo a Roma Philipp Peter Roos detto Rosa da Tivoli, e costituirebbero una preziosa testimonianza del soggiorno fiorentino del Roos, finora ignoto agli studi.

NOTA: Nel ben noto catalogo della mostra di Magnasco del 1996, l'autrice ha segnalato il testamento e l’inventario post mortem di Firmian con il "Catalogo delle Pitture, e Sculture" della sua collezione (1782 e '83), sconosciuti agli studi e da lei rintracciati nel fondo Notarile dell'Archivio di Stato di Milano. Questa preziosa scoperta è stata oggetto di una miserabile rapina, compiuta sotto gli occhi di tutti.

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Sulla base degli inventari post mortem del conte Giacomo I Durini (1708) e del figlio Giovan Battista II (1734), scoperti dall’autrice all’Archivio di Stato di Milano e qui pubblicati, è stato possibile identificare un numero considerevole di opere oggi disperse tra musei, in particolare le Raccolte d’Arte del Castello Sforzesco di Milano, e collezioni private. La collezione Durini, stratificata da tre generazioni, era composta principalmente da dipinti di epoca barocca e barocchetta, a cui si affiancava un’importante arazzeria fiamminga. Essa rivela il trend delle collezioni della nobiltà milanese dell’epoca, con una spinta dinamica verso le più innovative tendenze del gusto propria della nuova "nobiltà di denaro" favorita dalla Lombardia spagnola, poiché la famiglia Durini acquistò il feudo di Monza nel 1648. Allo studio della collezione si affianca quello del ruolo rivestito dai Durini come collezionisti e promotori d’arte tra la metà del Seicento e l’inizio del Settecento, visualizzato dalla cappella gentilizia nella chiesa di Sant’Angelo a Milano e dai cicli di affreschi a tema profano del palazzo di Milano, fondato da Giovan Battista I, e della villa Mirabello a Monza di Giuseppe Durini, dove emergono i nomi dei maggiori architetti e artisti milanesi dell’epoca.
Gli inventari sono annotati e pubblicati in appendice, corredati da una genealogia della famiglia Durini, una tavola delle concordanze tra i due inventari, un indice degli artisti inventariati.

AGGIORNAMENTO
Lo studio è stato integrato, ampliato e aggiornato nel capitolo “I Durini mecenati e collezionisti dal Barocco all’età dei Lumi” del volume monografico “Il cardinale Angelo Maria Durini (1725-1796). Un mecenate lombardo nell’Europa dei Lumi fra arte, lettere e diplomazia”, Cinisello Balsamo 2010, pp. 29-91, figg. 2-76, tavv. I-XVIII. 
La genealogia Durini è stata riveduta e ampliata nello stesso volume, pp. 23-28 (vedi sotto). 
Il tema è stato riepilogato e ulteriormente aggiornato nella voce “Durini (famiglia)”, in “Duomo di Monza. Dizionario”, direzione scientifica di R. Cassanelli et alii, Monza 2020, pp. 206-218 (vedi sotto).

ENGLISH
“Collectors and patrons in Milan between the 17th and 18th centuries: the Durini, counts of Monza”.
The inventories of the collection of count Giacomo I Durini (1708) and his son Giovan Battista II (1734), found by the author in the State Archives of Milan, are published here. On their basis, several works now astray in museums and private collections are recognized. The collection mainly included works of masters of the Baroque period and shows the characteristic trends of the collections of the Milanese nobility of that period. The analysis of the collection is accompanied by the study of the role of the Durini family as collectors, the promotion of pictorial cycles in their palace in Milan, and in their villa Mirabello in the park of Monza.

FRANÇAIS
« Collectionneurs et mécènes à Milan entre les XVIIe et XVIIIe siècles : les Durini comtes de Monza ».
A l’appui des inventaires après décès du comte Giacomo I Durini (1708) et de son fils Giovan Battista II (1734) qui sont ici publiés, découverts par l’auteur aux Archives nationales de Milan, il a été possible d’identifier un nombre considérable d’œuvres aujourd’hui dispersées dans des musées , en particulier celui du Château des Sforza à Milan, et collections privées. La collection était essentiellement formée de peintures de la période baroque et baroque tardive et révèle en cela les tendances des collections de la noblesse milanaise à cette époque. L’étude de la collection s’accompagne de celle du rôle de la famille Durini en tant que collectionneurs et de commanditaires de cycles peints dans leur palais de Milan et dans leur villa Mirabello à Monza. Les documents sont publiés en appendice, accompagnés d’une généalogie de la famille Durini, d’une table de concordance entre les deux inventaires, d’une liste des artistes mentionnés dans ces inventaires.

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Esta pesquisa teve como propósito analisar os sentidos e os usos que José Loureiro Fernandes (1903 – 1977), figura central no processo de institucionalização das Ciências Sociais do Paraná, atribuía aos filmes etnográficos por ele encomendados e dirigidos. Os materiais, de caráter pioneiro no cenário abordado, trazem populações tradicionais do Paraná frequentemente marginalizadas pelo governo do estado. Através do exame sistemático de fontes primárias da vida do estudioso e tendo como base o aporte teórico da linha de estudos de trajetórias, foram categorizados três usos: o acadêmico, o educativo e o político. Cada uso vinculava-se às instituições paranaenses sobre as quais Loureiro exerceu influência ou às redes de contatos acadêmicos e políticos do intelectual, esmiuçadas no trabalho. A primeira categoria abarca os filmes exibidos em aulas e eventos, imbuídos da pretensão de serem representantes da realidade, apresentada de modo fiel e ordenado. Em termos educativos, tomava-se as películas como parte de um projeto de modernização dos museus, cuja tarefa deveria ser a promoção da ciência e da educação popular. No âmbito político, por sua vez, houve a utilização filmes para arguição no emblemático caso do Xetá da Serra dos Dourados. Por fim, há uma breve análise dos filmes etnográficos presentes no arquivo do MAE e os seus desdobramentos, ilustrando as dificuldades de feitura deles no Paraná e as concepções envolvidas no processo da gravação e edição, como o foco nos festejos, nas técnicas e na cultura material dos grupos.

La voce ricapitola la storia della famiglia Durini, feudataria di Monza dal 1648 al 1796, dalle origini fino al secolo XIX, prestando particolare attenzione alla strategia politica e culturale che guidò i membri della casata durante il secolo e mezzo della loro signoria.
Riemerge quindi l'alto profilo dei Durini collezionisti e mecenati tra Monza e Milano, che coinvolse non solo la città e il territorio, puntellati da un sistema di residenze urbane e suburbane di grande rilievo architettonico, ma anche il duomo di Monza. A quest'ultimo furono infatti destinati alla fine del Seicento il magnifico quadrone di Sebastiano Ricci raffigurante la "Fondazione della basilica di Monza", che inaugurò il ciclo con le "Storie della regina Teodolinda e della Corona ferrea", e un gran numero di pregiatissime suppellettili e paramenti liturgici.
Il quadrone fu donato nel 1697 da Giacomo II Durini (1647-1707), mentre le preziose oreficerie, di cui sopravvive solo l'Ostensorio di Antonio Grossi del 1688 (Museo e Tesoro del Duomo), sono connesse alla figura di Carlo Francesco I Durini (1634-1694), pio mecenate del duomo e delle chiese monzesi, a cui spetta anche la fondazione del sepolcro Durini (1695) già esistente nella cappella di Teodolinda.
Ai nomi di orefici, intagliatori e ricamatori si affianca il lungo elenco dei pittori milanesi attivi nell'arco di quattro generazioni tanto nelle residenze e nella cappella gentilizia dei Durini quanto nel duomo di Monza, con un parallelismo non casuale. Ritroviamo così le due coppie dominanti di Stefano Montalto - Ercole Procaccini e Legnanino - Castellino, predilette rispettivamente da Gian Battista II Durini (1612-1677) e da suo figlio Giacomo II, con al seguito Carlo Cane, Agostino Santagostino, apprezzato da Carlo Francesco I, Pietro Maggi e Giovan Battista Sassi, favoriti da Gian Battista III (1685-1734), e Francesco Corneliani, prediletto dal cardinal Durini.
Oltre a un'ampia e prestigiosa quadreria, i Durini avevano formato una delle più imponenti arazzerie barocche della Lombardia, distribuita tra i palazzi di Milano e di Monza, per il quale Carlo Francesco I commissionò due serie di arazzi con Storie di Sansone e di Teseo, tessute ad Anversa da Filips Wauters intorno al 1660-75.
Nel secolo successivo, la pratica del collezionismo sarà proseguita da due insigni cardinali e diplomatici della Santa Sede, Carlo Franecsco II (1693-1769), vescovo di Pavia dal 1753, e Angelo Maria III Durini (1725-1796), arcade e poeta latino, mecenate delle lettere e delle arti lombarde dell'età dei Lumi di rilevanza europea.
La voce del "Dizionario del Duomo di Monza" non si limita a riassumere il contenuto della monografia pubblicata nel 2010, ma lo aggiorna, lo integra e lo incrementa con nuovi dati ricavati da documenti o da fonti manoscritte e bibliografiche, dando maggior spazio al contesto storico che fa da sfondo all'ascesa sociale della casata dei conti di Monza, e puntualizzandone i rapporti con la basilica e la città.
Tra i principali ritrovamenti si segnalano la lastra marmorea con lo stemma Durini conservata nel chiostrino del duomo (1695), qui riconosciuta come l'unico frammento del sepolcro di famiglia interrato dal Beltrami alla fine dell'Ottocento, e quattro sontuosi Pontificali donati alla basilica nel 1773 dal cardinale Angelo Maria Durini, identificati nella Biblioteca Capitolare grazie alle epigrafi dedicatorie. Da segnalare anche il testamento dell'arciprete Bosca (12-4-1699), alleato del Durini nella difesa della Corona ferrea in polemica col Muratori.
Un'aggiornata bibliografia selettiva è posta in calce alla voce, corredata da due schede di approfondimento, dedicate alle "Origini della famiglia" e alle "Residenze urbane e periurbane" dei Durini. Dalla prima scheda emerge la figura di Gian Giacomo I Durini (1573-1639), ricchissimo mercante auroserico, banchiere e imprenditore comasco naturalizzato milanese, qui indicato come l'anello di congiunzione tra i Durini e Monza. La seconda rievoca le dimore monzesi di città e di campagna della famiglia, tra cui il demolito castello visconteo, più volte rinnovato dai conti di Monza e infine rimpiazzato da villa Durini, progettata da  Carlo Amati (1814-20), e il distrutto palazzo Durini in piazza del Mercato (ante 1659). 

NOTA *
Nel testo sono stati reinseriti alcuni dati e ritrovamenti importanti, come lo stemma Durini proveniente dal sepolcro, inclusi nell'ultima bozza corretta (14-1-2019), ma non riportati nella versione a stampa.


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From July 1, 1934, to November 1, 1968, the Production Code Administration (PCA) oversaw the creation of American motion pictures, in order to improve Hollywood’s moral standing. To assist in this endeavor, the studios produced film adaptations of classic literature, such as the plays of William Shakespeare. In the first two years of the Code’s inception, two Shakespearean films were produced by major studios: A Midsummer Night’s Dream (1935) and Romeo and Juliet (1936). But were these classic adaptations able to avoid the censorship that other films endured? With the use of archived collections, film viewings, and an in-depth analysis of the plays, multiple versions of the scripts, and other available surviving documents, I was able to see how these productions were affected by the enforcement of film censorship and what it said about the position of Shakespeare’s work in society.

A Midsummer Night’s Dream tended to use self-regulation, so as to avoid the censorship of the PCA. However, the film did not escape without some required changes. In spite of the filmmakers’ efforts, there were a few textual changes and the fairy costumes required revisions to meet the PCA’s standards.

In the case of Romeo and Juliet, the PCA was far more involved in all stages of the film’s production. There were many documented text changes and even a case in which the censors objected to how the actors and director executed a scene on film. The motion picture was created as if it were of the greatest importance by all involved. And, as it were, the existing archives paint a picture of a production that was a sort of battleground in a sociopolitical war between the censors and the filmmakers.

As both films arrived on the international stage, this sociopolitical campaigning did not end. During international distribution, the films were each accepted, rejected, and forced to endure further censorship, in order to become acceptable for public screening. This censorship often relayed a message about the location’s societal views and its contrast to American society.

Studio dedicato al periodo polacco del poeta e mecenate Angelo Maria Durini (1725-1796), nunzio a Varsavia dal 1767 al 1772, negli anni della guerra civile sfociati nella prima spartizione della Polonia. Il contributo è ospitato negli "Studi in onore" di Juliusz A. Chroscicki, professore di Storia dell'arte moderna all'Università di Varsavia, che scrive all'autrice: "Chère Amie, je suis honoré par votre article, très important et plein de finesse!..." (lettera dell'11 novembre 2009).

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Testo e diapositive della lezione tenuta a Matelica il 6 luglio 2016, nell’ambito della summer school della Fondazione Federico Zeri ‟Marche 1500. Tra protoclassicismo ed eccentrici al tempo di Perugino e Raffaello” (Pesaro e Matelica, 2-9 luglio 2016), a cura di Anna Maria Ambrosini Massari e Andrea De Marchi.
Aggiunto un commento (in grassetto) relativo alla dimenticanza di un'importante voce bibliografica.

Nel contributo è pubblicato l’inventario originale della preziosa biblioteca donata dal cardinale milanese Angelo Maria Durini alla Biblioteca di Brera, dettato in occasione della donazione nel luglio 1795 , scoperto dall’autrice nell’Archivio Durini di Como.
Diplomatico della Santa Sede, poeta latino affiliato all’Arcadia, bibliofilo, umanista e classicista, mecenate delle lettere e delle arti lombarde nella tarda stagione dei Lumi, il cardinal Durini (1725-1796) aveva raccolto la sua biblioteca nel corso di una vita, divisa tra l’Europa e la Lombardia.
La trascrizione degli elenchi, preceduta da un’ampia “Nota introduttiva”, è incastonata fra due toccanti poesie inedite del donatore, che motiva la decisione di destinare la sua raccolta libraria alla Braidense e si accomiata definitivamente dai suoi amati libri. 
Ricco di opere letterarie greche, latine, italiane e francesi, in pregiate edizioni delle più celebri tipografie europee dal Cinquecento all’ultimo Settecento, l’inventario della donazione si rivela uno strumento prezioso anche per guidare la ricostruzione integrale del fondo Durini alla Braidense, oggi gravemente lacunoso.

AVVERTENZA: Sulla base della normativa in materia di diritti d’autore, oltre che di una norma etica fondamentale, non è concesso utilizzare questo testo in qualsiasi forma – copia, citazione, riassunto etc. – senza menzionare la fonte.

WARNING: Under copyright law, as well as a fundamental norm of ethics, any use of this published paper – copy, citation, abridged version etc. – is not authorised without mentioning the source.

Many themes have dominated research into the history of Egyptology including the Napoleonic Description de l'Egypte, the decipherment of hieroglyphs, and the explorations of early travellers. But increasingly, broader themes relating to the history of Egyptology are being discussed including the influence of political conditions on the development of early Egyptology in the 19th century, and the work of the first Egyptologists as seen in their original archives.

Monza 13 Marzo 2017 COMUNICATO STAMPA L'Associazione Amici dei Musei Monza e Brianza Onlus organizza un ciclo di conferenze dedicate a: I DURINI FEUDATARI DI MONZA Saletta della Reale della Stazione di Monza "I conti Durini furono i feudatari di Monza, dopo i De Leyva, dal 1648 al 1795. La loro presenza in città, per un secolo e mezzo, lasciò tracce nelle vicende amministrative e urbanistiche e nella produzione artistica e letteraria. Per meglio conoscere questo periodo poco noto della storia di Monza gli "Amici dei Musei" organizzano una serie di incontri e di visite.

Dallo studio delle relazioni che intercorrono fra i Gonzaga duchi di Mantova e la casata degli Asburgo attraverso la consultazione del carteggio fra le due corti, si individuano alcune lettere di inizio Seicento nelle quali l’imperatore Rodolfo II chiede con insistenza a Vincenzo I Gonzaga l’invio del disegno del giardino “posto sopra le volte”. Perché mai questo giardino - identificabile probabilmente con il giardino pensile di Palazzo Ducale - risulta di tale interesse per l’imperatore? L’indagine mossa a partire dai documenti contenuti nelle Banche dati Gonzaga digitali mette a fuoco le caratteristiche e le vicende del giardino pensile, spostandosi poi a Praga: qui il fruttuoso confronto con studiosi austriaci e cechi approfondisce il quadro delle opere che, in quel momento, si stanno portando avanti sul castello imperiale, chiarendo le ragioni dell’interesse di Rodolfo II nei confronti dell’architettura gonzaghesca, identificata come modello di riferimento.

Da queste note succinte, ricavate da fonti e documenti inediti, emergono nomi e notizie di artiste lombarde poco note o trascurate dagli studi.
Nel 1697 l’Accademia di San Luca ammette per la prima volta candidate donne, precedentemente escluse, accogliendo tra i suoi membri le rinomate pittrici di fiori Francesca Volò Smiller e Margherita Volò Caffi dette le Vicenzine, insieme all'oscura pittrice milanese Lucrezia Ferrari, autrice di una pala dispersa già nella demolita chiesa di Santa Maria Fulcorina.
Di Giovanna Durandi, ritrattista e miniatrice operosa a Milano intorno alla metà del Settecento, si conserva invece un ritratto alle II.PP.A.B, pagato all'artista nel 1752. Nel 1740 la Durandi risulta attiva per il conte Giovan Battista III Durini (1685-1734), personaggio libertino e di vedute progressiste, che accoglie tra i primi nella sua quadreria un nucleo di donne pittrici (la stessa Durandi, Margherita Caffi, Teresa Cornara e la celebre veneziana Rosalba Carriera). Tanto questa rarità collezionistica, quanto la presenza nella sua biblioteca di un’opera come "Les Avantages du Sexe ou le Triomphe des Femmes" (Anvers 1698), che sosteneva la tesi della superiorità del genere femminile su quello maschile, segnalano l’emergere e la progressiva affermazione intellettuale delle donne nella società milanese dei primi decenni del Settecento.

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Monza 13 Marzo 2017 COMUNICATO STAMPA L'Associazione Amici dei Musei Monza e Brianza Onlus organizza un ciclo di conferenze dedicate a: I DURINI FEUDATARI DI MONZA Saletta della Reale della Stazione di Monza "I conti Durini furono i feudatari di Monza, dopo i De Leyva, dal 1648 al 1795. La loro presenza in città, per un secolo e mezzo, lasciò tracce nelle vicende amministrative e urbanistiche e nella produzione artistica e letteraria. Per meglio conoscere questo periodo poco noto della storia di Monza gli "Amici dei Musei" organizzano una serie di incontri e di visite.

Altamura F., 2022. “Elephants from the archives”: two unpublished findings of Pleistocene elephants from 20th century archives of the Roman area /“Elefanti d’archivio”: due rinvenimenti inediti di elefanti pleistocenici da archivi novecenteschi dell’area romana, in Abstract Book. 40 Years of Casal de’ Pazzi – The site within the Pleistocene archaeo-palaeontological framework between 400.000 and 40.000 BP – Current knowledge and new research perspectives. Rome, Auditorium of the Ara Pacis, 30th March – 1st April 2022,  pp. 30-31 (Eng.)/32 (Ita.).

This article connects the creative writing discipline to archives, and talks about why and where these areas intersect. Topics covered include: common struggles of researchers coming into the archives, concepts necessary to understanding archives that creative writers may not yet know (for instance, how archives apply copyright, use fees, etc.), how to approach archives for help with workshops or classes, and how to approach archives for creative writing projects. The authors also surveyed a handful of writers with experience working with archives. The result is a portion of this article that compiles the best advice from these writers on using archives for their work. The article also includes a discussion of how the context and genre of a writing project can determine what archival materials may be important to view, and the advantages and complexities of digital archives for creative writers.

*The journal this article appears in is open access. Please visit the link (marked in the full record as "File") to download the article and remember how important open access scholarship is to our communities!

Il volume è stato realizzato grazie ad un finanziamento erogato al Comune di Anzi in attuazione dell'Accordo Quadro Regione Basilicata-contitolari della concessione petrolifera "Gorgoglione" e ad un accordo di collaborazione (ex art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241) stipulato tra il Comune di Anzi e l'Università degli Studi della Basilicata

Bobrowska, O., Seeking Truth in Facts. Historicizing Chinese Animation, [in:] Global Animation Theory. International Perspectives at Animafest Zagreb, Franziska Bruckner, Holger Lang, Nikica Gilić, Daniel Šuljić, Hrvoje Turković [eds.], Bloomsbury: London, New York, Sydney, Dehli 2018, pp. 61-82.

The aim of the paper is to present partial results of research focusing on an examination of the everyday life of the teachers at primary schools (ISCED 1 and 2) before the Velvet Revolution in 1989 and during the time of subsequent transformation as the eyewitnesses themselves lived it. We will specifically focus on the perception of organisational or pedagogical changes in schools themselves, how senior members of staff were replaced, and how the passage to school autonomy proceeded. In this paper we will also look at the methodological issues of research, in particular the method of oral history. We will mention in brief the preparation of interviews, the execution of pilot interviews, the evaluation of these, and the subsequent adjustment of the structure of interviews. We will also consider the issue of research that is based on interviews at the time of the Covid-19 pandemic, which affects the organisation of the research and indeed the quality of the interviews.