LITTERA ANTIQUA
19
SIT LIBER GRATUS,
QUEM SERVULUS EST OPERATUS
STUDI
IN ONORE DI
ALESSANDRO PRATESI
PER IL SUO
90°
COMPLEANNO
a cura di
PAOLO CHERUBINI e GIOVANNA NICOLAJ
Tomo II
Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica
CITTÀ DEL VATICANO 2012
IV
SOMMARIO
Tutti i diritti riservati
© 2012 by Scuola Vaticana di Paleografia,
Diplomatica e Archivistica
ISBN - 978-88-85054-25-7
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
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EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
MINIMA TRISULTINA II.
I CODICI ORIGINARI *
Riesumare, a poco meno di venticinque anni di distanza, un argomento
lasciato dormire per tanto tempo in un cassetto, potrà apparire a taluno
o un atteggiamento di pigrizia mentale o un gesto di puerile nostalgia:
ma non ho saputo, in questa circostanza, vincere la tentazione di tornare
brevemente a certe nugae giovanili nella speranza che siano gradite al
destinatario di queste righe, non per l’argomento in sé, che è povera cosa,
ma per il ricordo... 1
1. Il lavoro di ricostruzione della biblioteca un tempo appartenuta alla
certosa di Trisulti, cui attendiamo oramai da qualche tempo 2, prevede, in
prima istanza, l’identificazione di un gruppo di manoscritti associati da alcuni segni esterni comuni – una segnatura costituita da una lettera seguita da
cifre romane, e una serie di note di possesso (figg. 1-2) –, segni che permettono di ricondurre i codici che ne sono forniti a una provenienza anch’essa
comune, appunto dalla certosa di Trisulti 3. Attraverso l’esame paleografico,
codicologico e storico-critico di quanto sopravvissuto dell’antica biblioteca 4,
* Questo lavoro è stato ideato, realizzato e scritto in totale sintonia e collaborazione: al
suo interno, a Emma Condello spettano il paragrafo 2 e scheda 1; a Maddalena Signorini il
paragrafo 3 e scheda 2.
1
ALESSANDRO PRATESI, Un piccolo dilemma diplomatico, in Studi sul Medioevo cristiano offerti
a Raffaello Morghen per il 90° anniversario dell’Istituto storico italiano (1883-1973), II, nella sede
dell’Istituto, Roma 1974, pp. 861-872, citazione da p. 861 [Studi Storici 83-92].
2
EMMA CONDELLO, MADDALENA SIGNORINI, Minima trisultina. Prime note per una ricostruzione
della biblioteca della certosa di Trisulti, secoli XI-XV, in Alethes philia. Studi in onore di Giancarlo Prato,
a cura di Marco D’Agostino e Paola Degni, CISAM, Spoleto 2010, pp. 191-263 [Collectanea 23].
3
CONDELLO, SIGNORINI, Minima trisultina, p. 263: rispetto all’elenco lì presentato, il numero
dei codici che è possibile ricondurre a una provenienza trisultina è cresciuto, come desumibile
già da uno dei manoscritti discusso in questa occasione. Una lista aggiornata verrà presentata
in un prossimo contributo.
4
Da associare a quanto attestato dall’antico catalogo redatto presumibilmente tra la metà
del XIII secolo e la fine di quello seguente, conservato, secondo l’editore (ALFONSO GALLO, Un
catalogo di libri nel codice 2615 della Biblioteca Certosina di Trisulti, in « Bullettino dell’Istituto storico italiano e Archivio muratoriano », 46 [1931], pp. 129-140), ancora alla certosa, ma risultato
invece irreperibile durante le nostre recenti ricerche in loco.
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EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Fig. 1 – Roma, Biblioteca Vallicelliana,
C 45, f. 74r
(© Biblioteca Vallicelliana)
Fig. 2 – Roma, Biblioteca Vallicelliana,
C 39, f. 208v
(© Biblioteca Vallicelliana)
viene anche sondata la possibilità, almeno per alcuni pezzi, di un’origine trisultina, nonché l’eventualità di una sopravvivenza nella certosa di un’eredità
libraria benedettina, considerato il fatto che la certosa stessa, fondata nel
1204 da Innocenzo III, si stabilì su una precedente abbazia benedettina della
quale incamerò beni mobili e immobili, pertinenze e privilegi 5.
Va tuttavia sottolineata la difficoltà principale sinora incontrata, che risiede
essenzialmente nella natura di composito della quasi totalità dei testimoni,
nei quali non tutte le singole unità sono di provenienza trisultina accertata,
né accertato è il momento in cui tali assemblaggi sono stati realizzati 6.
In questo contesto, l’esistenza di due codici unitari, dotati di sottoscrizione che ne afferma esplicitamente l’origine trisultina, costituisce un punto
fermo e la prova patente che nella certosa si svolgeva attività di copia, anche
se in un periodo posteriore a quello della maggior parte dei codici sino a
questo momento riconosciuti come provenienti da Trisulti.
Si tratta di due libri molto diversi tra loro per qualità estrinseche dei
due manufatti: estremamente lussuoso il primo – Blackburn, Museum and
Art Gallery, Hart 20918 –, riccamente decorato e opera di una mano professionale della quale si conosce anche un altro, precedente, prodotto; più
modesto il secondo – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
Chigi F. VIII. 211 – tipico manufatto interno monastico inteso per la lettura
e lo studio. Tuttavia essi sono stati realizzati a brevissima distanza di tempo
– 1400 il primo, 1405 il secondo – fatto che suggerisce anche una notevole
capacità di diversificazione dei prodotti librari all’interno del monastero, seppure è possibile che il codice Hart abbia visto la luce a Trisulti solo grazie
a un soggiorno estemporaneo del copista in quella sede.
5
Per la storia della certosa: [BEDA CASTELLI], La certosa di Trisulti. Cenni storici, Tip. N. D.
des Près, Tournai 1912; ANTONIETTA ANGELA SECHI, La certosa di Trisulti da Innocenzo III al Concilio
di Costanza (1204-1414). Note e documenti, Institut für Anglistik und Amerikanistik, Universität
Salzburg, Salzburg 1981 [Analecta Cartusiana 74.1]; JAMES HOGG, GIOVANNI LEONCINI, MICHELE MEROLA, La Certosa di Trisulti, Institut für Anglistik und Amerikanistik, Universität Salzburg, Salzburg
1991 [Analecta Cartusiana 74.2]; JAMES HOGG, The Uneasy Relationship of the Carthusians of Trisulti
with their Neighbours 1208-1947, Universität of Salzburg, Salzburg 2008 [Analecta Cartusiana 265],
pp. 1-51. Ulteriore bibliografia in CONDELLO, SIGNORINI, Minima trisultina.
6
Ibidem, pp. 197-200 e 215-216.
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
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Effettivamente la certosa di Trisulti, in questi primissimi anni del Quattrocento, viveva un momento di grande splendore economico, esito di un
itinerario iniziato già circa un secolo prima grazie all’incremento delle donazioni e a una gestione molto oculata del patrimonio 7. Se questa fase di
prosperità da un lato può essere messa in connessione con il più generale
movimento di espansione dell’Ordine nel quale trovano posto numerose
nuove fondazioni soprattutto in Toscana e Italia settentrionale 8, dall’altro è
sancita come un valore politico, verso la fine del secolo, dalla decisione di
Urbano VI che nominava, con bolla del 1379 dicembre 23, Giovanni Ratto,
meglio conosciuto come Giovanni da Bari, priore di Trisulti dal 1377 al
1382 9, visitatore e Vicario apostolico dell’Ordine cartusiano con ampissimi
poteri: « As Trisulti was the oldest foundation in the Papal States, it was only
fitting that it should be so honoured » 10. La nomina avveniva in un momento
delicatissimo per l’Ordine: a ridosso dell’elezione dell’antipapa Clemente VII e
in non casuale concomitanza con la grave divisione interna che andava creandosi anche in seno all’Ordine certosino ai prodromi dello scisma, visto che
la Grande Chartreuse e molte certose francesi, in modo prima più neutrale e
poi più deciso, si schieravano a favore dell’antipapa 11. A seguito del capitolo
generale del 22 aprile 1380, nel quale si formalizzava l’adesione definitiva
della Grande Chartreuse a Clemente VII e si arrivava persino a sollecitare
un analogo pronunciamento anche da parte del regno di Aragona, il papa
contrattaccò invitando Giovanni da Bari a convocare un capitolo di certose
osservanti. Il capitolo, riunitosi a Firenze il 29 maggio 1381, consolidò i
poteri di Giovanni e fissò una prossima riunione in Roma, nella quale, sotto
la presidenza di Nicola Caracciolo, cardinale di S. Ciriaco 12, Giovanni fu
confermato nelle sue funzioni e furono dichiarati nulli gli atti emanati dalla
Grande Charteuse nonché eretici tutti i priori di obbedienza clementina. Infine, in un nuovo capitolo tenutosi a Roma l’anno seguente e presieduto dal
papa stesso, il priore generale della Grande Chartreuse, Guillaume Rainaud,
fu scomunicato e al suo posto Giovanni da Bari fu nominato priore generale
dell’Ordine, mentre la sede centrale fu spostata a Firenze 13.
Anche Bonifacio IX, succeduto a Urbano VI il 2 novembre 1389, cercò
di saldare la spaccatura recuperando all’obbedienza le certose renitenti con
7
SECHI, La certosa, pp. 50-51.
GIOVANNI LEONCINI, « Cartusia numquam reformata »: spiritualità eremitica fra Trecento e
Quattrocento, in « Studi medievali », s. III, 29 (1988), pp. 561-586, in particolare le pp. 562-565.
9
Una lista dei priori trisultini si trova in SECHI, La certosa, pp. 74-76.
10
Il documento è edito da SECHI, La certosa, pp. 142 n. 139 (regesto), 193-195 e da HOGG,
LEONCINI, MEROLA, La Certosa, pp. XXXIII-XXXIV, la citazione da p. XXXIV.
11
GUILLAUME MOLLAT, L’adhésion des chartreux a Clément VII (1378-1380), in « Revue du
Moyen Âge latin », 5 (1949), pp. 35-42, in particolare le pp. 36-37.
12
HC, I, p. 23 n. 7.
13
MOLLAT, L’adhésion, pp. 38-39; HOGG, LEONCINI, MEROLA, La Certosa, p. XXXIV.
8
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EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
un capitolo generale convocato nel 1391 nel quale – se non si crearono i
presupposti per una ricomposizione cui si sarebbe giunti solo nel 1410 14 – si
stabilì di spostare la sede generale a Seitz, la più antica tra le sedi certosine
di obbedienza romana, nella quale Giovanni si trasferì morendovi poco dopo
il suo arrivo (12 ottobre 1391) 15.
Evidentemente il rilievo in seno all’Ordine determinato al priore trisultino dagli alti incarichi papali ricevuti e il prestigio derivante dal riconoscimento concorde delle altre certose ebbero un effetto anche sull’incremento
dei privilegi che il monastero riuscì a ottenere. Nel periodo, infatti, che va
grosso modo dall’inizio dello scisma al primo decennio del Quattrocento, alla
certosa furono confermati e ampliati benefici da parte della Santa Sede, sia
sotto Urbano VI, sia sotto Bonifacio IX 16; inoltre Trisulti acquisì numerosi possedimenti, estese le proprie pertinenze, ottenne ricche donazioni e
privilegi da laici 17, tra i quali si distingue, per importanza dei personaggi
coinvolti, la regina Margherita, madre di Ladislao re di Napoli che, con il
figlio, elargiva alla certosa i diritti di pesca nel lago del Fucino e sessanta
tomoli di sale annuali da prelevarsi presso la dogana di Gaeta. La certosa,
inoltre, era anche in grado di acquisire grandi appezzamenti di terreno,
come attesta l’importante acquisto della tenuta di Tecchiena, situata tra
Alatri e Ferentino e di proprietà della Chiesa che, per rimpolpare le
casse vuote a causa del Grande Scisma, acconsentì alla transazione. Bonifacio IX, con lettera del 1395 aprile 7, incaricò di trattare la vendita, a
nome della Camera apostolica, il cardinale Cosimo Migliorati, del titolo di
S. Croce in Gerusalemme, sede di monastero certosino dal 1370 circa 18. La
transazione impegnò il monastero per duecento trenta fiorini da versarsi
alla Chiesa, ma, soprattutto, per altri duemila cinquecento da liquidare agli
eredi di Guglielmo Rocchetta che in precedenza « aveva ottenuto il feudo
in compenso dei servigi prestati alla Chiesa, quale vicario della Campagna
e Marittima » 19.
Nel quadro brevemente tracciato di una delle fasi di maggiore rilievo
patrimoniale e politico della certosa, l’attività di copia attestata dai due
14
Con le simultanee dimissioni dei due priori Bonifacio Ferrer (priore della parte papale)
e Stefano Maconi (priore della parte obbediente) e l’elezione di un unico nuovo priore generale,
Giovanni di Griffenberg (HÉLÈNE ANGIOLINI, Maconi, Stefano, in DBI, 67, 2006, pp. 118-122, in
particolare la p. 120).
15
HOGG, LEONCINI, MEROLA, La Certosa, p. XXXV.
16
Bolla del 1379 dicembre 26 che conferma tutti i privilegi e le esenzioni concesse e tre
brevi (1379 dicembre 26, 1382 dicembre 8 e 1384 gennaio 30) relativi all’incorporazione della
chiesa di S. Pietro in Canneto; due brevi (1393 agosto 23 e 27) ancora di conferma dei diritti
acquisiti; HOGG, LEONCINI, MEROLA, La Certosa, p. XXXIV.
17
SECHI, La certosa, pp. 46-48.
18
HC, I, p. 25 n. 3; MARIANO ARMELLINI, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, nuova ed.,
II, Ed. R.O.R.E., Roma 1942, p. 984.
19
SECHI, La certosa, p. 52.
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
765
manoscritti che qui si presentano apre uno spiraglio sulla vita culturale del
monastero e incoraggia la ricerca delle tracce di altri manoscritti originari
prodotti in quei secoli per i quali non è ancora emersa la testimonianza
diretta di una produzione libraria a Trisulti.
2. Il manoscritto oggi a Blackburn, Museum and Art Gallery, Hart
20198 è un codice ascritto alla committenza di Pere Serra, cardinale di
obbedienza avignonese e figura di rango primario della corte di Aragona
nell’ultimo quarto almeno del XIV secolo 20, ed è il primo codice che presenti una sottoscrizione che ne colloca l’origine nella certosa di Trisulti. Il
colophon apposto alla fine di questo Messale fastosamente decorato menziona
il copista, Iohannes de Berlandia, e fissa al 24 luglio 1400 nel monastero
di S. Bartolomeo di Trisulti la fine del lavoro di copia 21. La certosa si presenta per la prima volta con certezza come luogo di produzione di scrittura
libraria, e il primo testimone superstite di tale attività è un libro liturgico
di contenuto tradizionale, vergato in textualis calligrafica, confezionato con
grande cura formale, decorato intensivamente e in modo impegnativo 22 da
20
MARTIN SOUCHON, Die Papstwahlen in der Zeit des grossen Schismas. Entwicklung und Verfassungsgerichte des Kardinalates von 1378-1417, II, Göritz, Braunschweig 1899, pp. 294-295 n. 183;
JOSÈ GOÑI, Serra, Pedro, in Diccionario de Historia Ecclesiastica de España, dirigido par Quintin Aldea
Vaquero et al., IV, Consejo superior de investigaciones cientificas, Madrid 1975, pp. 2439-2440.
21
« Explicit missale secundum consuetudinem romane curie scriptum per manus iohannis
de berlandia presbiteri traiectensis dyocesis sub anno domini millesimo quatricentesimo indictione octava pontificatus sanctissimi in cristo patris et domini nostri domini bonifatii divina
providentia pape noni anno undecimo die vero vicesimo quarto mensis iulii in monasterio sancti
bartholomei de trisulto ordinis cartusientium alatrine diocesis » (f. 297v).
22
La decorazione è attribuita ad almeno tre miniatori, dei quali il secondo, minore, di
possibile origine nordica come il terzo, attivo nel calendario dei ff. 10r-14v, nel quale Francesca Manzari segnala un singolo o più figure di una bottega influenzata da modi fiamminghi:
FRANCESCA MANZARI, Libri liturgici miniati in Italia centromeridionale all’inizio del ’400, in Universitates e baronie. Arte e architettura in Abruzzo e nel Regno al tempo dei Durazzo. Atti del Convegno
(Guardiagrele-Chieti, 9-11 nov. 2006), a cura di Pio F. Pistilli et al., I, Zip, Pescara 2008,
pp. 109-136, in particolare alle pp. 130-131. Da richiamare qui, rinviando per maggiore dettaglio
alla scheda descrittiva, le cinquanta iniziali istoriate, le cento settantasette ornate, la miniatura
a piena pagina all’inizio del Canone della Messa (tav. I), le bordure del calendario iniziale, e
soprattutto quelle del resto del codice, in cui proliferano motivi fantastici, zoomorfi (tav. II) e
antropomorfi (figurine portanti o aggrappate ai tralci, talora nude; musicanti, svariati, e monaci
dal saio cinerino molto chiaro; testine barbute o incorniciate da drappo, faccine tra le volute vegetali: tav. III) che arricchiscono le bordure nei margini e spesso nell’intercolumnio; da ricordare
ancora la finezza delle lettere filigranate, i cui racemi desinenti di solito a spirale, con fioriture di
gracili motivi vegetali, terminano talora con un inconsueto aggraziato motivo di uccellino (ff. 57r,
222r, passim: tav. IV). L’ornamentazione del codice è peraltro motivo delle citazioni, perlopiù
incidentali, riservate al Messale Hart in seno a più vaste trattazioni, costituendone l’intera bibliografia fino ad anni molto recenti: JONATHAN J. ALEXANDER, PAUL CROSSLEY, Medieval and Early
Renaissance Treasures in the North-West. Exposition (Manchester, 15th January-28th February 1976),
s. n., Manchester 1976, p. 34 n. 67; JONATHAN J. ALEXANDER, Pontifikale Bonifaz’ IX., in Biblioteca
Apostolica Vaticana. Liturgie und Andacht im Mittelalter, Ausstellung (Köln, 9. Oktober-10. Januar
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EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
miniatori attivi in ambito romano in altri manoscritti significativi per essere
tutti collegati alla committenza o all’entourage di Bonifacio IX 23. Il caso del
Messale Hart è tuttavia solo apparentemente definito dalla presenza della
1992), Belser, Stuttgart – Zürich 1992, p. 230; SERENA ROMANO, La peinture à Naples au début du
XVe siècle: le temps de Ladislas, in L’Europe des Anjou. Aventure des Princes angevins du XIIIe au XVe
siècle. [Catalogo della mostra] (Fontevraud, 15 juin-16 septembre 2001), Samogy, Parigi 2001,
pp. 134-141, in particolare le pp. 135, 136; nonché la menzione fattane da François Avril nel
1990 nella relazione tenuta al IX Colloque del Comité International de Paléographie Latine
(Città del Vaticano, 19-22 settembre 2000) i cui atti rimasero in buona parte inediti. Avril, che
desideriamo ringraziare della cortese disponibilità con cui ci ha reso accessibile il testo della
comunicazione orale, non sottolineava particolarmente la qualità della decorazione del codice,
che anzi definiva “assez faible” e “d’un style curieusement éclectique”, premettendo tuttavia
di non aver potuto vedere l’originale ma solo alcune fotografie ricevute da Alexander: quanto
bastava tuttavia a segnalare l’affinità delle peculiari iniziali filigranate, e la probabile identità
di mano, con quelle attribuite da Avril stesso al calligrafo e copista Stephanus Masii de Aquila,
scriptor, abbreviator e taxator nella curia pontificia sotto Urbano VI e Bonifacio VIII, attivo nel
Floro Par. lat. 9681, in un Messale per Bonifacio IX (Sankt Peterburg, Hermitage, ORr-23) e
in altri codici di cui avrebbe specificato la segnatura in sede di pubblicazione. Per Stephanus de
Aquila, attestato in Cancelleria almeno dal 1380 (Suppliques de Benoit XIII [1394-1422], publiés
par Marguerite Gastout, I, Inst. Historique Belge de Rome, Bruxelles – Rome 1976 [Analecta
Vaticano-Belgica 26-27; Documents relatifs au Grand Schisme 6], n. 79), si vedano, oltre al Liber cancellariae apostolicae cui rinviava Avril (Par. lat. 4169), HEINRICH KOCHENDÖRFFER, Päpstlichen
Kurialen während des Grossen Schismas, in « Neues Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche
Geschichtskunde », 30 (1905), pp. 549-601, in particolare le pp. 558 passim fino a 567; ANTON
LARGIADÈR, Papsturkunden der Schweiz von Innozenz III. bis Martin V., ohne Zürich, II, Schultess,
Zürich 1970, nn. 897, 917; Suppliques de Benoit XIII, II, nn. 585, 864, 890; BRIGIDE SCHWARZ, Die
Originale von Papsturkunden in Niedersachsen, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano
1988) [Index actorum Romanorum pontificum 4], nn. 336a, 352a, 333, 352b, 367, 368, 414,
420, 426, 430. Infine, FRANCESCA MANZARI, Committenza libraria e legittimità. Libri liturgici miniati tra
Avignone e Roma per Benedetto XIII e Bonifacio IX, in La Papauté et le Grand Scisme. Avignon/Rome:
langages politiques, impacts institutionnels, ripostes sociales et culturelles. Colloque international (Avignon, 13-15 novembre 2008), éd. par Armand Jamme (in stampa), segnala in area abruzzese,
per l’ultimo XIV secolo, iniziali filigranate affini a quelle di Stephanus e inclusive di uccellini e
altri motivi naturalistici alla terminazione dei tralci e nelle volute.
23
Per il corpus dei manoscritti collegati a Bonifacio IX o alla curia negli anni del suo
pontificato e in quelli immediatamente successivi si rinvia ai molteplici contributi di FRANCESCA
MANZARI, i già citati Libri liturgici miniati in Italia e Committenza libraria, e inoltre: EAD., Libri liturgici
miniati per Bonifacio IX. Il codice Vat. lat. 3747 e la miniatura a Roma e nel Lazio all’epoca dello Scisma,
in Il Pontificale di Bonifacio IX. Commentario, ed. Ambrogio M. Piazzoni, Art Codex – Biblioteca
Apostolica Vaticana, Modena – Città del Vaticano 2007, pp. 49-116; EAD., The international Context of Boniface IX’s Court and the marginal Drawings in the Chantilly Codex (Bibliothèque du Château,
ms. 564), in « Recercare », 22 (2010), pp. 11-33; EAD., La ripresa della miniatura a Roma all’inizio
del Quattrocento. Copisti, calligrafi e miniatori attivi durante lo Scisma, in Libri miniati per la Chiesa,
per la città, per la corte in Europa: lavori in corso. Atti del Convegno della Società internazionale
di storia della miniatura (Padova, 2-4 dicembre 2010) (in stampa). A Francesca Manzari le autrici di questo studio debbono un ringraziamento sincero, non formale, non soltanto per aver
favorito la lettura di due saggi, tra quelli sopra indicati, ancora in corso di stampa: lo scambio
amichevole di informazioni, riproduzioni, riflessioni instaurato con lei è stato contributo prezioso
per questa indagine.
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
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sottoscrizione autografa del copista datata cronicamente e topicamente. Il
rilievo assunto dal codice in quanto prima attestazione sicura di una produzione libraria in Trisulti e i dati controversi che emergono a una indagine
storica più approfondita inducono alla riconsiderazione complessiva del
problema della committenza e di quello del copista nei suoi rapporti con
la certosa alatrina.
La committenza di Pere Serra si deduce dalla presenza dello stemma
ripetuto nel codice per tre volte: a f. 2r si colloca a sinistra dell’ultimo tralcio di acanto nella decorazione del margine inferiore, in posizione in verità
anomala e quasi addossato alla terminazione dei tralci della decorazione,
dai quali per altro è indipendente (fig. 3); a f. 142v compare in calce alla
splendida miniatura a piena pagina della Crocifissione (popolata da dolenti
stretti l’uno accanto all’altro, con il Cristo e i ladroni stagliati su un fondo
metafisico, atemporale, di oro in foglia), a sorreggere la figura di un ecclesiastico ammantato di rosso, inginocchiato e con il libro aperto di fronte, che
rappresenta evidentemente il committente (tav. I); alla carta contrapposta,
f. 143r, si interpone tra la miniatura della deposizione dalla croce, che apre il
Te igitur e occupa i due terzi della pagina, e l’importante fregio del margine
inferiore al centro del quale è raffigurata la consacrazione dell’eucaristia 24.
Lo stemma è troncato, al capo di rosso alla banda scaccata a tre file di oro e
d’azzurro, alla punta d’azzurro alla stella d’oro a otto raggi, e nell’esecuzione
di foglio 2r è sormontato dal galero cardinalizio, mentre in quella di f. 142v
il cappello rosso è privo di fiocchi e a f. 143r manca del tutto. L’attribuzione
dello stemma a Pere Serra risale ad Alfonso Ciaconio 25 e si è tramandata
senza obiezione, trovando naturale accoglienza nella bibliografia relativa al
Messale Hart non senza qualche dubbio sulle possibilità di una committenza
libraria in ambiente sicuramente romano da parte di un cardinale scismatico. Al dubbio, fondamentale, si è offerta risposta mediante l’identificazione
dello stemma di Bonifacio IX Tomacelli nella parte superiore dello stemma
Serra: il cardinale catalano ne avrebbe avuto concessione dal pontefice,
dopo essersi sottomesso al papa di Roma forse in occasione della sottrazione
dell’obbedienza che nel 1398 pose in grave crisi l’antipapa Benedetto XIII 26.
Lo stemma identificato come Serra compare inoltre su frammenti marmorei dalla Basilica di San Pietro, residui ipotetici di una tomba, per i quali
gli editori moderni manifestano però il disagio della attribuzione basata su
24
Il celebrante che officia sotto una architettura dalle sottili colonnine sormontate da trafori di gusto gotico potrebbe essere ancora il committente, così come lo è l’ecclesiastico in veste
solenne inginocchiato in preghiera sotto l’iniziale istoriata di f. 24r, Natività.
25
ALPHONSUS CIACONIUS, Vitae et res gestae pontificum Romanorum et SRE cardinalium, ab initio
nascentis ecclesiae usque ad Clementem IX ... ab Augustino Oldoino S. J. recognitae, II, cura Philippi
et Ant. De Rubeis, Romae 1677, col. 739.
26
MANZARI Committenza libraria; EAD., La ripresa.
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EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Ciaconio, certamente problematica per la contraddittorietà dei dati storici 27.
Analogo sospetto trapelava del resto negli editori ottocenteschi dei frammenti, che osservavano in chiusura: « Mirandum porro est cardinalis huius
in vaticana praesertim basilica istud qualecunque monumentum inventum
esse, cum neque illum Romam adiisse temporibus eius historia doceat,
neque praeterea verisimile sit legitimi cardinalis loco in urbe habitum unquam fuisse » 28. Come, se non dopo un cambio di obbedienza, un cardinale
scismatico avrebbe potuto ricevere sepoltura in San Pietro, e come altrimenti avrebbe avuto occasione di dare luogo a committenza libraria proprio a
Roma o in area limitrofa? La biografia di Serra è di complessa ricostruzione
per la scarsità e la contraddittorietà di notizie, alle quali altri dati si possono forse aggiungere sempre avendo presenti le vicende della monarchia
aragonese e dei suoi territori siciliani e i rapporti tra la monarchia stessa
e il papato avignonese durante il Grande Scisma: solo guardando da vicino
al contesto diplomatico, politico e religioso in cui Serra si mosse si potrà
tracciarne un profilo e, forse, definirne le implicazioni con la committenza
del Messale Hart.
Di Pere Serra si conoscono l’origine catalana, in Girona; la qualifica
di licenciatus in decretis presso l’università di Llerida 29, la rapida carriera
presso Martino l’Umano, o il Vecchio, figlio cadetto di Pere il Cerimonioso re d’Aragona, per la quale giunse alla cerchia dei fedelissimi nel ruolo
di familiare e consigliere stretto; la carica di cancelliere del regno di Sicilia
subito dopo lo sbarco aragonese del 1392 fino al 1399; la qualifica di vescovo di Catania nel 1396 e quella di cardinale dal 1397, per nomina dal
papa scismatico Benedetto XIII 30; la morte in Genova, per peste, nel 1405 31.
27
Die mittelalterlichen Grabmäler in Rom und Latium vom 13. bis zum 15. Jahrhundert, II. Die
Monumentalgräber, bearb. von Jörg Garms, Andrea Sommerlechner, Werner Telesko, Osterreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 1994, pp. 156-157, n. 49 e fig. 171 [Publikationen
des Historischen Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom], dove si qualificano
problematici i dati storici che condurrebbero alla titolarità di Serra per lo stemma e l’ipotesi
di una tomba in un luogo per il quale non esiste collegamento alcuno nella biografia di Serra
(« Eher vorstellbar wäre dann allerdings eine Altarstiftung in der Grabeskirche des Apostelfürsten
als die Vorsorge für das eigene Grab an einem Ort, zu dem keinerlei biographische Bindungen
bestehen »).
28
AEMILIANUS SARTI, JOSEPHUS SETTELE, Ad Philippi Laurentii Dionysii opus de Vaticanis cryptis
appendix, II, Typ. Ferretti, Romae 1840, p. 106 n. 170 e tab. XXXVI n. 2.
29
Cfr. il rotulo di suppliche presentate dall’università di Llerida a Clemente VII nel 1378
nell’edizione di JOSEP RIU SERRA, L’estudi general de Lleida, in « Criterion », 8 (1932), pp. 72-90,
295-304, in particolare p. 301 n. 215.
30
Menzione coeva, di testimone diretto, di MARTIN DE ALPARTILS, Chronica actitatorum temporibus domini Benedicti XIII, zum erstenmal veröffentlich von Franz Ehrle, Schöning, Paderborn 1906,
pp 29-30, e i documenti editi alle pp. 260-261 [Quellen und Forschungen Görres-Gesellschaft,
12]; HC, I, pp. 30, 177.
31
La morte di Serra è prevalentemente collocata al 1404 (FRANZ EHRLE, Aus den Acten des
Afterconcils von Perpignan 1408, in « Archiv für Literatur- und Kulturgeschichte des Mittelalters »,
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
769
Ma una indagine più approfondita identifica in Serra, in origine semplice canonico in Gerona e arcidiacono presso Barcellona 32, un attore non secondario
della potenza aragonese e dei rapporti di questa con il papato avignonese 33:
dal 1383, quando fu in missione ad Avignone presso Clemente VII per ottenere la dispensa pontificia necessaria alle nozze tra Martino il Giovane, figlio
di Martino l’Umano, e Maria ultima erede del regno di Sicilia, cugina del futuro suocero e tramite di legittimazione delle mire aragonesi sull’isola 34, fino
alla morte per peste, a Genova, prima del 12 settembre 1405, mentre era al
seguito di Benedetto XIII nella sua fallita spedizione in Italia 35. L’ascesa di
5 (1889), pp. 387-487, e 7 (1893), pp. 576-693: v. 1889, p. 401 nota 1; ULYSSES C. CHEVALIER,
Répertoire des sources historiques du Moyen Age. Bio-bibliographie. nouv. éd., II, Picard, Paris 1907,
col. 4214; HC, I, p. 30; GOÑI, Serra; MANZARI, Libri liturgici miniati in Italia, p. 136 nota 162),
e in un caso al 1409 (CIACONIUS, Vitae et res gestae, II, coll. 639 per confusione con l’omonimo
Pedro Blavi, v. oltre nota 38; mentre l’editore Oldoini corregge in 1404). Per il 1405 come
data invece sicura, v. oltre, nota 35.
32
Arcidiacono di Penedès (diocesi di Barcellona) fino al 1392 in documenti editi in JOSEP
BAUCELLS I REIG, El fons “Cisma d’Occident” de l’Arxiu Capitular de la Catedral de Barcelona. Catàleg
de còdexs i pergamins, Institut d’Estudis Catalans, Barcelona 1985, nn. 50, 53, 57, 104 [Memòries
de la secció històrico-arqueològica 34].
33
SALVATORE FODALE, Il regno di Trinacria e lo Scisma, in Genèse et débuts du Grand Schisme
d’Occident. Colloque internazionale du CNRS (Avignon, 25-28 septembre 1978), CNRS, Paris
1980, pp. 507-520, in particolare pp. 516-517 [Coll. Int. du CNRS, 586]; IDEM, Alunni della
perdizione. Chiesa e potere in Sicilia durante il Grande Scisma (1372-1416), Istituto Storico italiano
per il Medioevo, Roma 2008, pp. 55, 152, 254-255, 540-544 [Nuovi studi storici 80]. V. inoltre
ENRICO STINCO, La politica ecclesiastica di Martino I in Sicilia (1392-1409), Scuola tipografica,
Palermo 1921, Appendice, doc. XI.
34
STINCO, La politica ecclesiastica, p. 17, e Appendice, doc. V; NICOLA GIORDANO, Fra Paolo de’ Lapi,
arcivescovo di Monreale, in « Archivio storico siciliano », 14 (1963), pp. 199-228, in particolare p. 224.
35
Il 16 maggio del 1405 Benedetto XIII entrava in Genova; Alpartils, anch’egli al seguito
del papa, narra di aver fatto il viaggio da Barcellona a Nizza con Serra, in due galere gemelle,
e attesta la morte di più prelati, tra i quali è citato Serra, per la peste che affliggeva la Liguria
(ALPARTILS, Chronica, pp. 148-149, 153). In agosto, in data imprecisata il «cardenal de Catania»
era vivo (v. le istruzioni riservate inviate dalla corte aragonese al proprio agente a Roma, edite
da Ehrle in ALPARTILS, Chronica, p. 348), e presumibilmente lo era ancora fino a circa l’8 di
settembre, quando Martino il Vecchio riceveva in visita nella sua residenza estiva di Valldaura
la regina Maria, mentre il 12 le scrive riferendosi alla recentissima morte di Serra: « Sus ara
havem sabut certament que lo cardenal de Cathania ha finit sos dies en Genova; de que, part
la ordinacio divinal, n avem haut desplaer » (DANIEL GIRONA y LLAGOSTERA, Itinerari del rey en
Martì (1403-1410), in « Anuari del Instituts d’estudis catalans », 5 (1913-14), pp. 515-654, in
particolare p. 579, n. 60). Del resto, già in quella lettera Martino tratta del vescovato di Catania
ormai libero, e il 24 del mese stesso sollecitava da Benedetto XIII che benefici vacanti per la
morte di Serra fossero elargiti a Antonio Caldes, già familiare del cardinale, uno degli esecutori
testamentari che il 23 gennaio 1406 risultano aver versato alla Camera pontificia, in Savona,
la quota di spoglio ecclesiastico dei beni di Serra « in diversis libris ac vaxella auri et argenti »
(ASV, Reg. Aven. 327, ff. 70v-71r): cita gli ultimi due documenti FODALE, Alunni della perdizione,
p. 599 e nota 69, collocando tuttavia la morte di Serra ai primi di febbraio 1405 (p. 593): ma
ancora nel giugno di quell’anno (p. 625 nota 4) Martino il Vecchio incaricava il cardinale di
favorire presso Benedetto XIII benefici per Ponc Tahust, cappellano regio. La morte di Serra
770
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Pere lo vede amministratore della più ricca arcidiocesi di Sicilia, Monreale,
designato da Martino nel 1393; vescovo di Catania, di nomina regia, nel
1396 36; membro del quadrumvirato incaricato, alla fine dello stesso anno, di
affiancare Martino il Giovane presto privo dell’incombente tutela del padre,
richiamato in Aragona dalla morte del fratello Giovanni a prendere possesso di una corona che gli veniva contestata e che avrebbe infine consolidato
anche grazie all’azione diplomatica di Serra 37; consigliere irrinunciabile durante la permanenza di Martino ad Avignone nella primavera del 1397, che
verosimilmente gli fruttò la porpora cardinalizia conferitagli quell’anno da
Benedetto XIII 38, e ancora dopo il definitivo ritorno di Martino l’Umano in
e di altri dignitari e familiares spinse in tempi brevi il papa a trasferire la corte in Savona nel
tentativo di allontanarsi dalla pestilenza: sugli spostamenti di Benedetto tra Genova, Savona e
Montecarlo tra l’ottobre 1405 e l’agosto 1406, «convalescente gravi epidemia», cfr. anche EHRLE,
Aus den Acten, 1893, pp. 589, 590.
36
Nel clima di « double jeu parfait » instaurato da Martino l’Umano, sull’esempio paterno
(cfr. HENRI BRESC, La maison d’Aragon et le schisme: implications de politique international, in El Cisma
d’Occident a Catalunya, les illes i el Paìs Valencà. Jornades [Barcelona-Peníscola, 12-21 abril 1979],
I, Institut d’Estudis Catalans, Barcelona 1986, pp. 37-53: la citazione da p. 43), nei rapporti
con il papa di Roma e la Chiesa siciliana – nei quali si giocò la tenuta del dominio aragonese
nell’isola per quasi un ventennio – ma anche, su altro piano, in quelli con il papa di Avignone,
la sostituzione di vescovi ribelli al dominio catalano-aragonese prese la forma di insediamento di
amministratori catalani oppure di nomina regia di nuovi vescovi. Ambedue i casi riguardarono
Serra: la prima modalità, praticata quando si ritenesse di non poter brutalmente dichiarare deposto il ribelle, pur avendolo costretto alla macchia, si esercitò nel caso di Paolo de’ Lapi arcivescovo di Monreale surrogato appunto dall’amministrazione di Serra dall’aprile 1393; la seconda
si verificò per Catania, ove Serra fu insediato in luogo di Simone dal Pozzo (già processato
per tradimento nel 1392, avendo accusato di eresia gli Aragonesi dal pulpito, poi rimosso a
forza: Serra è il « quidam Petrus eccl. Montisreg. Praefectus » menzionato in HC, I, p. 349) e
inoltre per Palermo (Ludovico Bonito è rimosso nel 1392 e sostituito da Asbert de Villamarì),
Agrigento (Pere Ses-Corts sostituisce Gilforte Riccobono, rimosso), Patti (Ubertino da Corleone
è deposto nel 1392 e nell’anno seguente viene insediato Joan de Taust). Sulle sostituzioni episcopali sotto gli Aragonesi in queste sedi cfr. ROCCO PIRRI, Sicilia sacra disquisitionibus et notitiis
illustrata, I, apud haeredes Petri Coppulae, Panormi 1733, pp. 465, 545, 710-711, 781; RAFFAELE
STARABBA, Processo di fellonia contro frate Simone del Pozzo, vescovo di Catania (1392), in « Archivio
storico siciliano », 1 (1873), pp. 174-200, 399-442; STINCO, La politica ecclesiastica, Appendice, doc.
XIII; NINO TORRISI, I riflessi dello Scisma d’Occidente in Sicilia, in « Siculorum Gymnasium », 7
(1954), pp. 129-137; GIORDANO, Fra’ Paolo; VINCENZO D’ALESSANDRO, Politica e società nella Sicilia
aragonese, Manfredi, Palermo 1963, p. 174 nota 66 [Studi di storia medievale e moderna, 1];
BRESC, La maison d’Aragon, p. 45.
37
D’ALESSANDRO, Politica e società, p. 149; Storia della Chiesa dalle origini fino ai nostri giorni,
diretta da Augustin Fliche e Victor Martin, XV.1. La Chiesa al tempo del Grande Scisma e della crisi
conciliare (1378-1449), a cura di Etienne Delaruelle et alii, I, SIAE, Torino 1967, p. 133 e nota
24; TORRISI, I riflessi dello Scisma, pp. 134-135.
38
Incerto in bibliografia il titolo cardinalizio di Serra, che Eubel correttamente identifica
in SS. Silvestro e Martino ai Monti: in un documento di Martino d’Aragona datato da Altura, 1401 dicembre 20, Serra è designato come « reverendus in Christo pater dominus Petrus
divina providencia tituli Sancti Martini in Montibus presbiteri cardinalis, dictus vulgariter de
Cathania » (edito in FRANZ EHRLE, Neue materialen zur Geschichte Peters von Luna (Benedicts XIII),
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
771
Aragona; cronista per il suo re, che nel 1398 gli invia un rabbuffo per il
ritardo creativo, sollecitando l’invio di quanto fino ad allora composto e dei
materiali preparatori per proseguire personalmente la stesura della cronaca
del proprio regno 39.
Alla luce della biografia ora integrata attraverso la documentazione attingibile, sembra di poter dire che a Serra mancarono sia il movente sia
l’occasione per la committenza del Messale Hart. Non ci sono tracce di un
passaggio o di una permanenza a Roma tra 1399 e 1400 40; né di un ripudio
dell’obbedienza avignonese, non documentabile se non attraverso l’attribuzione dello stemma che ne viene a sua volta giustificata. L’adesione all’obbedienza romana avrebbe destato clamore e avrebbe comportato la disgrazia
di Serra nella corte aragonese, filoavignonese per convenienza ma senza
tentennamenti 41, impedendone l’attività diplomatica verso Benedetto XIII,
in « Archiv für Literatur- und Kulturgeschichte des Mittelalters », 6 [1892], pp. 139-308; 7
[1893], pp. 1-310, in particolare p. 39). La maggior parte degli autori gli attribuisce invece,
con Ciaconio, il titolo diaconale di S. Angelo in Piscinula (ONUPHRIUS PANVINIUS, Romani Pontifices et Cardinales SRE, apud Michaelem Tramezinum, Venetiis 1557, pp. 234, 237, 267; PIRRI,
Sicilia sacra I, pp. 466, 544; EHRLE, Aus den Acten, 1889, p. 401 nota 1) confondendolo con
l’omonimo e conterraneo Petrus Blavi, anch’egli elevato da Benedetto XIII, poi deposto per la
sottrazione d’obbedienza del 1398 e restituito da Alessandro V nel 1409 (HC, I, pp. 29, 49).
39
Per la lettera, datata Zaragoza, 1398 giugno 29, ANTONI RUBIÓ Y LLUCH, Estudi sobre la
elaboració de la Crònica de Pere∙l Ceremoniós, in « Anuari de l’Institut d’Estudis Catalans », 3 (190910), pp. 519-570, in particolare pp. 524-525; ID., Documents per l’historia de la cultura catalana
mig-eval, I, s. n., Barcelona 1908, pp. 399-340, doc. 459.
40
Nel 1399 novembre 22 Benedetto XIII comunicava ai suoi funzionari Pedro de Zagarriga, canonico di Llérida, e Francisco Climent, canonico di Barcellona, l’invio delle insegne
cardinalizie, a lungo trattenute, per Serra in procinto di tornare dalla Sicilia in Aragona, accanto a Martino il Vecchio; nel 1400 gennaio 31, Martino scriveva al vescovo e al capitolo di
Barcellona ordinando la disponibilità di una residenza per Serra che lo avrebbe accompagnato
nell’imminente soggiorno barcellonese, e il 14 agosto di quell’anno sempre in Barcellona Serra
riceve il saldo di un debito in veste di rappresentante del creditore; nel 1401 gennaio 10 è
testimone nell’atto di fondazione del Collegio di Medicina in Barcellona, e sempre accanto a
Martino Serra è registrato nel 1401 dicembre 20; nel 1402 maggio 30 Maria de Luna, scrivendo
al papa contemporaneamente e separatamente da Martino il Vecchio, ma come lui in appoggio alla richiesta di importanti benefici per Serra, lamentava che «tost haura tres anys que lo
cardenal de Cathania es açi vengut de Sicilia» e che in tanto tempo non avesse ricevuto quanto
meritava da Benedetto XIII. Cfr. GOÑI, Serra; BAUCELLS I REIG, El fons p. 168, doc. 297; RUBIÓ
Y LLUCH, Estudi, II, p. 359, doc. 26; EHRLE, Neue materialien, p. 39; Documentació barcelonina sobre
el cisma d’Occident. Catàleg de l’exposició, Institut d’Estudis Catalans, Barcelona 1979, p. 17,
doc. 32; FODALE, Alunni della perdizione, pp. 517, 567 nota 2.
41
Piuttosto Martino il Giovane re di Sicilia, anche per la complessa situazione interna e i
delicati rapporti con la chiesa locale seguace dell’obbedienza romana, mostrò propensione ad
aperture verso Bonifacio IX che poterono manifestarsi dopo il ritorno di Martino il Vecchio e
di Serra in Spagna, e negli anni di grave crisi dell’obbedienza avignonese: cfr. FODALE, Il regno
di Trinacria; TORRISI, I riflessi dello scisma, pp. 136-137; e, prima, STINCO, La politica ecclesiastica,
pp. 74-90. Stinco propone anche che « l’allontanamento dalla Sicilia del Cancelliere e Consigliere regio, Pietro Serra [...] di obbedienza notoriamente scismatica » nel settembre 1399 sia stato
772
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
accorta e guardinga 42 ma tale da mettere Serra in condizione, o nell’obbligo,
di far pervenire dalla Sicilia conferma della sua fedeltà in occasione della
sottrazione di obbedienza del 1398 43 e di accompagnarlo in Italia nel 1405
mentre parte del collegio cardinalizio avignonese si rifiutava « pretendentes
quod partes Italie, ad quas dominus noster accedebat, non erant secure » 44.
Sembra da escludere che a una figura con questa storia personale, politica e religiosa fosse possibile, e congruente, troncare il proprio stemma
con quello del pontefice di parte avversa, e trovare sepoltura nella Basilica
di San Pietro senza avere apertamente rinnegato l’adesione allo scisma 45.
E appare quindi arduo ascrivergli lo stemma riportato nei frammenti
marmorei e nel Messale Hart, per quanto sia disagevole dover porre in
dubbio una attribuzione che risale al XVI secolo e che non è stata finora
contraddetta, sebbene in alcuni abbia causato interrogativi, espressi som-
una delle condizioni necessarie e una conseguenza inevitabile della nuova politica di Martino
il Giovane (pp. 81-82). È del tutto verosimile che la figura troppo esposta di Serra divenisse
ingombrante per la svolta impressa alle relazioni con Roma, non lo è altrettanto che si sia proceduto a una rimozione brutale e sgradita a Serra stesso, come Stinco ritiene: da considerare
che alla svolta non era estranea la supervisione dello stesso re d’Aragona, e che la partenza
di Serra dalla Sicilia costituisce il riconoscimento del suo ruolo di fedele di Martino il Vecchio
e un ritorno in patria nell’orbita diretta del sovrano cui più strettamente erano legate la sua
fortuna e la sua azione diplomatica.
42
Delle ripicche e diffidenze diplomatiche tra i due sono indicative sia le vicende dell’invio
delle insegne vescovili a Serra, assente al momento della nomina (che causò a Benedetto una
fiera opposizione dalla maggioranza dei suoi cardinali) e riottoso a ringraziare, sia lo squarcio di
verità aperto da una lettera riservata di Benedetto al suo fiduciario Francisco Climent al quale,
tra le varie indicazioni e richieste, ansiosamente domandava notizie riguardo ai movimenti e agli
orientamenti di Serra: « de cardinali cataniensi scribis quod sit in Castellaris profecturus, aliqui
asserunt quod revertitur in Siciliam, alii vero asserunt quod Reg. Aragon. factus cancellarius debet
in Catalonia remanere. Informabis te de veritate istius articuli et quid a certo scive poteris aut
quid verosimilius presumendum nobis indicare curabis, et presertim scribe quo modo se habet in
negociis nostris » (SEBASTIÁN PUIG Y PUIG, Pedro de Luna, último papa de Aviñón, Poliglotal, Barcelona
1920, p. 475). Della opposizione che rese ostica la nomina di Serra e degli altri cardinali promossi dalle decise pressioni di Martino il Vecchio nel 1397 giunge testimonianza interna da un
promemoria edito da EHRLE, Neue materialen, 1892, in cui si parla di tali ordinazioni fatte « absque
quacunque causa rationabili, et contradicentibus omnibus cardinalibus antiquis, sine consensu
alicuius ipsorum, contra ritum, morem et consuetudinem Romane ecclesie et sedis apostolice,
creavit sex cardinales, quamvis expresse fuerunt allegate et proposite coram eo cause et raciones
per quas apparebat, dictam creacionem fieri in impedimentum unionis et fautoriam scismatis »
(p. 262); per le vicende dell’invio del cappello cardinalizio v. sopra, nota 40, e Ehrle in ALPARTILS, Chronica, p. 261, RUBIÓ Y LLUCH, Estudi, pp. 399-400, doc. 459, PUIG, Pedro de Luna, p. 99.
43
SOUCHON, Die Papstwahlen, I, Göritz, Braunschweig 1898, p. 255; Storia della Chiesa,
p. 142 e nota 62.
44
EHRLE, Aus den Acten, 1889, p. 588.
45
A conferma, del contrario, ricevette sepoltura nelle grotte vaticane di Pedro de Fonseca,
cardinale scismatico con Benedetto XIII, poi da lui revocato, tornato all’obbedienza romana e
restituito nel titolo da Martino V nel 1418 agosto 1, morto nel 1422 agosto 20: HC, I, pp. 30,
49; Die mittelalterlichen Grabmäler, pp. 160-162.
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
773
messamente e non portati alle conseguenze ultime tanto per il peso della
tradizione precedente 46 quanto per la difficoltà a presentare una attribuzione
alternativa. Difficoltà che permane, giustificata dalla consapevolezza che ci
sono periodi, ancor più durante i difficilissimi anni del Grande Scisma, per
i quali di diversi titoli cardinalizi non si conosce l’incardinato 47; peraltro,
se vale la pena di offrire una suggestione – non certo un’ipotesi, che richiederebbe altri tempi di formulazione e verifica – si può segnalare come
tra gli stemmi dei cardinali noti per gli anni circonvicini alla datazione del
Messale Hart ve ne siano solo due che presentano il motivo della stella
d’oro in campo azzurro. Quello di più inquietante somiglianza con lo stemma
del Messale apparteneva a Bartolomeo Oleario, del titolo di S. Pudenziana,
che le fonti segnalano defunto nel 1396 dunque troppo presto per la committenza del codice 48. L’altro presenta la stella (in questo caso una cometa)
su banda azzurra e con leggera modifica potrebbe costituire una base su cui
troncare lo stemma pontificio; appartenne a Cosimo Migliorati, elevato da
Bonifacio IX al titolo di S. Croce in Gerusalemme nel 1389, dall’ottobre 1404
papa con il nome di Innocenzo VII 49. Non ci sono altri indizi che sostengano
un’ipotesi Migliorati: a rendere attraente una indagine in questo senso potrebbe tuttavia valere la considerazione che durante il suo breve turbolento
pontificato si cercò di avviare una politica culturale, quantomeno potenziando
l’Università romana, progettandone un ruolo di centro di cultura classicistica
e di cenacolo intellettuale avanzato, e attraendo umanisti quali Bruni, Vergerio, Loschi, Francesco da Fiano, Bartolomeo da Montepulciano 50.
46
Tuttavia, la tradizione può vacillare: proprio nel caso di Serra, lo stemma vescovile
erroneamente attribuitogli, peraltro del tutto dissonante dal presunto cardinalizio, riguarda in
realtà Angelo D’Anna di Sommariva, cardinale dal 1384 morto nel 1428, con sepolcro e epitafio
in Napoli, S. Maria in Portanuova: CIACONIUS, Vitae et res gestae, II, coll. 663-664, HC, I, p. 25.
47
A titolo di esempio, e limitandosi agli anni dello scisma, cfr. Ibid., pp. 41-43, il vuoto di
documentazione per le titolarità di S. Croce tra 1384 e 1389, SS. Giovanni e Paolo tra 1405 e
1411, S. Lorenzo in Damaso tra 1397 e 1409, S. Lorenzo in Lucina tra 1384 e 1390.
48
Lo stemma di Oleario è troncato, al capo di rosso alla fascia scaccata rossa e azzurra, alla
punta d’azzurro alla stella d’oro: CIACONIUS, Vitae et res gestae, II, coll. 706-707, HC, I, p. 25 n. 2.
49
Ibid., p. 25 n. 2; AMEDEO DE VINCENTIIS, Innocenzo VII, in DBI, 62, 2004, pp. 447-450.
Vale forse la pena di sottolineare che Migliorati era abruzzese, che S. Croce in Gerusalemme
era assegnata ai Certosini e che il futuro Innocenzo VII fu in rapporti con Trisulti quanto meno
per la vicenda, ricordata in introduzione, dei possedimenti di Tecchiena venduti dalla Santa
Sede alla certosa nel 1395.
50
La bolla Ad exaltationem Romanae Urbis, 1406 settembre 1, « propone per la prima volta in
sede normativa la mappa completa delle discipline [...] in quello che è stato considerato l’atto di
nascita dello Studio umanistico » (CARLA FROVA, MASSIMO MIGLIO, “Studium Urbis” e “Studium Curiae”
nel Trecento e nel Quattrocento, in Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro al
Seicento. Atti del Convegno (Roma, 7-10 giugno 1989), Ministero per i beni culturali e ambientali,
Roma 1992 pp. 26-39: la citazione da p. 35 [Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi 22]) è
edita da FILIPPO M. RENAZZI, Storia dell’Università degli studi di Roma, Pagliarini, Roma 1803-1806,
I, pp. 110-113, 273-274, e di nuovo da GORDON GRIFFITHS, Leonardo Bruni and the restoration of the
774
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Se, dunque, il Messale Hart ha avuto un committente che verosimilmente
non è però Serra è stato comunque trascritto dal copista Iohannes quondam
Wilhelmi de Ramoca de Berlandia, un nederlandese 51 di alta professionalità,
esecutore di una textualis che, in assenza del colophon, si attribuirebbe senza
difficoltà a mano italiana. Del resto Iohannes era da molto in Italia: già otto
anni prima circa vergava un centinaio di fogli di un codice della Commedia
che è anche il più antico testimone del commento di Francesco da Buti, oggi
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Conventi soppressi 204 52. Nel codice
dantesco Iohannes sottoscrive come presbiter e capellanus, senza data ma verosimilmente a Pisa nel 1392: in quell’anno la fine repentina del committente
Pietro Gambacorta, signore della città 53, e dei suoi figli Lorenzo e Pietro,
tutti caduti il 21 ottobre in una congiura interna forse sostenuta da Gian
Galeazzo Visconti, costrinse il copista a interrompere il lavoro nel corso del
Purgatorio 54 e probabilmente a lasciare Pisa.
University of Rome, in « Renaissance Quarterly » 26 (1973), pp. 1-10. Sulla temperie di cui la bolla
è frutto e sulla rilevante presenza di intellettuali dell’Umanesimo nella corte e nella Cancelleria di
Innocenzo VII, v. anche GERMANO GUALDO, Umanesimo e segretari apostolici all’inizio del Quattrocento.
Alcuni casi esemplari, in Cancelleria e cultura nel Medio Evo. Giornate di studio della Commission
Internationale de Diplomatique-XVI Congresso internazionale di scienze storiche (Stoccarda, 2930 agosto 1985), a cura di Germano Gualdo, Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano 1990,
pp. 307-318, in particolare pp. 309-310; LIDIA CAPO, I primi due secoli dello Studium Urbis, in Storia
della Facoltà di Lettere e Filosofia de “La Sapienza”, a cura di Lidia Capo e Maria Rosa Di Simone,
Viella, Roma 2000, pp. 3-34, in particolare pp. 23-26.
51
Berlandia/Berlindia indica Baarland, Baarle, tra Breda e Turnhout, presso il moderno confine
tra Olanda e Belgio: cfr. Repertorium Germanicum. Verzeichnis der in den päpstlichen Registern und Kameralakten vorkommenden Personen, Kirchen und Orte des deutschen Reiches, seiner Diözesen und Territorien
vom Beginn des Schismas bis zur Reformation. 2. Urban VI., Bonifaz IX., Innocenz VII. und Gregor XII.,
1378-1415, von Gerd Tellenbach, Weidmann, Berlin 1933-1961, col. 41, nella forma Berlindia.
Verosimilmente è un toponimo, minore, anche Ramoka, che però non è stato possibile identificare.
52
Il Laurenziano, il solo per il quale Iohannes sia stato finora censito come copista librario, è il codice B della tradizione del commento dantesco di Buti. Schede di descrizione
in: MARCELLA RODDEWIG, Die göttliche Komödie. Vergleichende Bestandsaufnahme der Handschriften,
Hiersemann, Stuttgart 1984, p. 82 n. 191; MARISA BOSCHI ROTIROTI, Codicologia trecentesca della
commedia. Entro e oltre l’antica vulgata, Viella, Roma 2004 [Scritture e libri del medioevo 2],
p. 122 n. 101; FABIO ROMANINI, Altri testimoni della Commedia, in Nuove prospettive sulla tradizione
della “Commedia”. Una guida filologico-linguistica al poema dantesco, a cura di Paolo Trovato, Cesati,
Firenze 2007, pp. 61-94, in particolare pp. 78-79. V. inoltre SAVERIO BELLOMO, Dizionario dei
commentatori danteschi. L’esegesi della Commedia da Iacopo Alighieri a Nidobeato, L. S. Olschki, Firenze
2004, pp. 250, 251 [Biblioteca di “Lettere italiane”. Studi e testi 62], e ENRICO MALATO, ANDREA
MAZZUCCHI, Censimento dei Commenti danteschi. 1. I Commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480),
Salerno Ed., Roma 2011, n. 156.
53
FRANCESCO RAGONE, Gambacorta, Pietro in DBI, 52, 1999, pp. 19-22, con ampia bibliografia;
OTTAVIO BANTI, Appiani, Iacopo, in DBI, 3, 1961, pp. 625-629.
54
La sottoscrizione di Iohannes si colloca alla fine della prima cantica, a f. 92v (« Explicit
Liber primus Dantis. Hoc scripsit Presbiter Johannes quondam Wilhelmi de Berlandia Capellanus
Magnifici et potentissimi domini Domini Petri de Gambacurtis etcetera » (JOHN W. BRADLEY, A Dictionary of Miniaturist, Illuminators, Calligraphers and Copyist, I, Quaritch, London 1887, pp. 126-127;
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
775
Come per moltissimi professionisti della scrittura stranieri in Italia, dalla
fine del periodo avignonese e poi per tutto il XV secolo, tanto più se ecclesiastici come Iohannes, la meta dovette essere Roma, e in particolare la
corte pontificia 55. Non si hanno elementi per individuare un collegamento
CHEVALIER, Répertoire, Bio-bibliographie, II, col. 2365; Colophons de manuscrits occidentaux des origines
au XVIe siècle, III, Éditions Universitaires, Fribourg 1973, n. 9936 [Spicilegii Friburgensis Subsidia
4]) e la sua opera si interrompe a f. 118r, a Purg. IX, 34. Il codice fu completato, da altri, e
decorato solo più tardi. L’assoluto rilievo di questo testimone tra gli altri del commento butiano si
fonda anche sui dati topici e cronologici sopra indicati: il codice fu intrapreso nel contesto della
corte dei Gambacorta ove Buti era presente e attivo, contesto contiguo allo studio pisano in cui
Buti operava, nei medesimi anni in cui il commento veniva composto, ed è ipotesi sensata che
dell’allestimento di questa copia promossa dal Gambacorta il commentatore non fosse ignaro. A
tale riguardo, appare fondata anche la possibilità che il codice vergato, in parte, da Iohannes
dovesse costituire una edizione ufficiale del commento butiano avanzata da FABRIZIO FRANCESCHINI,
Il commento dantesco del Buti nel tardo Trecento e nel Quattrocento: tradizione del testo, lingua, società, in
« Bollettino storico pisano », 64 (1995), pp. 45-114, in particolare pp. 51, 98.
55
La bibliografia finora dedicata al fenomeno dei copisti stranieri attivi nell’Italia tardomedievale e della prima età moderna segnala viva attenzione per l’età umanistica conclamata,
non occupandosi finora della fase precedente che pure comprende tutto l’ultimo quarto del XIV
secolo e il primo scorcio del XV e vede nella corte pontificia il polo primario di attrazione.
Per i copisti di origine centro e nordeuropea documentati nell’Italia del XV secolo, afferenti
a una vasta area inclusiva anche degli attuali Paesi Bassi, di Boemia e Polonia e di una parte
dei territori baltici, un primo censimento basato sui Manoscritti datati delle biblioteche italiane è in
NICOLETTA GIOVÈ MARCHIOLI, ‘Scriptores’ stranieri in Italia nel Quattrocento. Note di lettura e qualche
riflessione, in Alethes philia, pp. 435-460; per Roma in particolare, ELISABETTA CALDELLI, Copisti a
Roma nel Quattrocento, Viella, Roma 2006 [Scritture e libri nel medioevo 4]; per i copisti nederlandesi, EEF A. OVERGAAUW, Nederlandse copiïsten in Italië, in Middeleeuwse handschriftenkunde in de
Nederlanden 1988. Verslag van de Codicologendaged (Groningen 28-29 april 1988), uitgegeven
door Jos. M. M. Hermans, Grave, Alfa 1989, pp. 251-267 [Nijmeegse Codicologische Cahiers
10-12], e ID., Les copistes vus par eux-mêmes: l’exemple des copistes néerlandais en Italie, in Le statut
du scripteur au Moyen Âge. Actes du XIIe colloque scientifique du Comité International de Paléographie Latine (Cluny, 17-20 juillet 1998), réunis par Marie-Clotilde Hubert et al., École des
Chartes, Paris 2000, pp. 325-332; uno sguardo più generale in PAOLO RADICIOTTI, L’apprendimento
grafico dei copisti stranieri nell’Italia di età umanistica, in Alethes philia, pp. 549-574. Riguardo alla
comunità germanofona nella curia pontificia, nella quale particolarmente allignano casi di scribi
documentari e librari non italiani, durante lo scisma: MAURICE VAES, Les fondations hospitalières
flamandes à Rome du XVe au XVIIIe siècle, in « Bulletin de l’Institut historique belge de Rome »,
1 (1919), pp. 161-371, in particolare pp. 167-181; CLIFFORD W. MAAS, The German community in
Renaissance Rome, 1378-1523, ed. by Peter Herde, Herder, Roma 1981, pp. 31-66 [Römische
Quartalschrift, Supplementheft 39]; CHRISTIANE SCHUCHARD, Die Deutschen an der päpstlichen Kurie
im späten Mittelalter, Niemeyer, Tübingen 1987 [Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom 65]; EAD., Deutsche an der päpstlichen Kurie im 15. und im frühen 16. Jahrhundert,
in « Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchegeschichte », 86 (1991),
pp. 78-97; ‘Defectus natalium’ und Karriere am römischen Hof. Das Beispiel der Deutschen an der päpstlichen Kurie (1378-1471), in Illegimität und Spätmittelalter, hrgb. von Ludwig Schmugge, Beatrice
Wiggenhauser, Oldenbourg, München 1994, pp. 149-170 [Schriften des Historischen Kollegs,
Kolloquien 29]; KNUT SCHULZ, Deutsche Handwerkergruppen im Rom der Renaissance. Mitgliederstärke, Organisationsstruktur, Voraussetzungen. Eine Bestandsaufnahme, in « Römische Quartalschrift für
christliche Altertumskunde und Kirchegeschichte », 86 (1991), pp. 3-22; KNUT SCHULZ, CHRISTIANE
776
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
di Iohannes con una familia prelatizia o nobiliare che potesse garantirlo e
favorirgli l’accesso agli uffici di Curia: tuttavia, la sottoscrizione del Messale Hart
ne attesta la presenza a Trisulti che appare giustificabile, essendo Iohannes un
religioso secolare privo di titoli e ancora scarsamente provvisto di prebende, solamente con l’esistenza di un patrono al seguito del quale poter essere ospitato
nella certosa tra i boschi in quei mesi estivi in cui Roma si faceva malsana e
pericolosa per la recrudescenza di epidemie endemicamente diffuse. Chi fosse
il patrono, se sua fosse la committenza del Messale concluso a Trisulti o se il
codice fosse esito di collaborazione, anche saltuaria, con una bottega di decorazione nella quale Francesca Manzari riconosce anche mani e gusto nordici
accanto agli influssi di miniatura abruzzese e romana, non è dato sapere 56. Dei
contatti di Iohannes con la Curia romana si ricostruisce che nel 1389 novembre
12, quando forse era a Pisa con Pietro Gambacorta, riceveva conferma di un
canonicato nella chiesa di S. Giovanni in Utrecht da parte di Bonifacio IX, e
che tre anni dopo la sottoscrizione del Messale, nel 1403 ottobre 9, Bonifacio
lo ammetteva all’incarico di scriptor litterarum apostolicarum 57, nel posto da cui era
stato rimosso Petrus Wserub, secretarius e scriptor titolare di numerosissimi benefici e di qualche incarico di responsabilità 58: l’intitulatio del secondo documento
si rivolge al « magistro Iohanni Wilhelmi de Ramoka de Berlandia presbitero
Traiectensis diocesis scriptori et familiari nostro », suggerendo il dubbio che a
SCHUCHARD, Handwerker deutscher Herkunft und ihre Bruderschaften im Rom der Renaissance. Darstellung und ausgewählte Quellen Rom, Herder, Freiburg 2005, pp. XXX [Römische Quartalschrift,
Supplementheft 57].
56
Non aiuta a definire destinazione o area d’uso il calendario dei ff. 10r-14v che, vergato
sempre da Iohannes e decorato da cornici più fitte e pesanti, meno fantasiose di quelle del
resto del codice, testualmente è del tutto anodino, non presenta indizi agiografici significativi
ed è rimasto intonso.
57
ASV, Reg. Lat. 1, f. 185v, e 108, f. 115v: regesti in Repertorium Germanicum, col. 644; il
documento di nomina è inoltre edito in CAMILL KROFTA, Acta Urbani VI. et Bonifatii IX. pontificum
Romanorum, II, Typis Gregerianis, Pragae 1905, n. 2137, pp. 1250-1251.
58
Su Petrus Wserub, H. J. TOMASETH, Die Register und Sekretäre Urbans 5. und Gregor 11.,
in « Mitteilungen des Instituts für Österreichischen Geschichtsforschung », 19 (1898), pp. 417470, in particolare p. 464, e WALTER VON HOFMANN, Über den Corrector Litterarum Apostolicarum,
in « Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchegeschichte », 20/2 (1906),
pp. 91-98, in particolare p. 94 n. 4. Petrus, molto attivo in Curia almeno dal 1380 al 1401
come funzionario, beneficiario e incaricato di procure e conservatorie numerose, scompare dalla
documentazione della Cancelleria pontificia dopo l’inizio del 1401 dopo essere apparentemente
caduto in repentina disgrazia: « nos hodie eundem Petrum ex certis racionabilibus causis nostrum ad id animum moventibus ab ipso officio auctoritate apostolica deponendum duximus
et eciam amovendum », recita il documento di nomina di Johannes de Berlandia in Curia. La
rimozione potrebbe essere diretta conseguenza della deposizione di Venceslao di Boemia dal
titolo di imperatore e all’immediato favore dichiarato da Bonifacio IX al successore Roberto
di Wittelsbach: di Venceslao Petrus, radicato in Boemia per le sue origini e per i molteplici
benefici ecclesiastici assegnatigli, era capellanus, dopo essere stato nunzio apostolico in occasione
della delicata questione del versamento a Roma dei proventi del giubileo “praghese” indetto nel
1393: v. KROFTA, Acta Urbani VI. et Bonifatii IX., nn. 724, 852, 2136, pp. 413-415, 466, 1248-50.
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
777
quella data Iohannes fosse già in qualche modo nell’orbita della Curia, forse
scriptor in altri servizi.. Con Gregorio XII, Iohannes compare come scriptor
in documenti emessi a Roma nel 1407 gennaio 15, a Lucca nel 1408 marzo
21, a Gaeta nel 1411 maggio 1 e settembre 8, nel 1412 maggio 19 59. Nello
stesso arco temporale è attivo nella curia di Gregorio XII come procuratore
nel 1407 novembre 16; risulta titolare confermato di benefici in Utrecht e
Leida conferiti da Iohannes Egidi cardinale di SS. Cosma e Damiano da
poco defunto 60 e insidiati da un pretendente abusivo, ed è autorizzato a
prenderne possesso nel 1408 settembre 25; riceve altri benefici nel 1411
maggio 10 61. Dopo il 1412 si spengono le tracce del copista della Commedia
pisana e del Messale Hart, nella dispersione del seguito del suo papa, o
ancora nella parabola di lui che si sarebbe chiusa nel 1415, tagliando fuori
Iohannes presbiter e scriptor dalla nuova curia di Martino V.
3. Il manoscritto oggi conservato nel fondo Chigiano della Biblioteca
Apostolica Vaticana con la segnatura F. VIII. 211 rappresenta una scelta
libraria che riflette in maniera significativa il coinvolgimento della certosa di
Trisulti – certosa che potrebbe apparire eccentrica rispetto alle più ricche e
influenti case dell’Italia centro-settentrionale – nei più vasti interessi di natura spirituale emersi tra gli ultimi anni del Trecento e il primo ventennio
del secolo seguente.
Trascritto all’interno della certosa trisultina nella primavera del 1405,
come accertato dalla presenza del colophon – « Anno Domini nostri Iesu
Christi .M°.CCCC°.V°. nativitatis eiusdem, ultimo die mensis aprilis scriptus seu
finitus est liber iste, in venerabili monasterio sancti bartholomei apostoli,
ordinis cartusiensis, in partibus campanie sito » – si presenta con un aspetto
tutto sommato comune 62 e tuttavia l’interesse verso questo manoscritto risiede, non solo nel fatto di costituire, come premesso all’inizio, uno dei due
soli codici sicuramente originari della certosa laziale, ma soprattutto nel testo
tramandato, la Legenda maior della vita di santa Caterina da Siena, terminata
di scrivere nel 1395 dal domenicano Raimondo da Capua, suo confessore 63.
In effetti i rapporti tra l’Ordine certosino e la santa senese furono
piuttosto stretti se consideriamo che molti dei suoi discepoli entrarono in
quell’Ordine e ricoprirono cariche importanti. Così « don Cristofano da
Firenze, generale dei certosini d’obbedienza romana dal 1391 al 1398, e
59
Regesti in LARGIADÈR 1970 n. 925, 929 e in SCHWARZ, Die Originale, nn. 435, 440, 441.
Jean Gilles, preposito di Liegi, cardinale dal 1405 maggio 12, morto nel 1408 luglio 1
a Pisa: HC, I, pp. 27 n. 11, 49.
61
ASV, Reg. Lat. 129, f. 155r; 131, f. 186r-v; 134, f. 16r. Regesti in Repertorium Germanicum,
coll. 1364, 1384.
62
F. 140r. Per la descrizione dettagliata del codice si rimanda alla scheda n. 2.
63
PAOLO BERTOLINI, KATHERINE WALSH, Della Vigna, Raimondo, in DBI, 37, 1989, pp. 784-789;
edita in Acta Sanctorum Aprilis III, apud Michaelem Cnobarum, Antverp 1675, coll. 853-959.
60
778
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
don Bartolomeo da Ravenna, figura pure di rilievo, tanto che fu scelto da
Bonifacio IX per una missione presso il re di Francia nel 1392 » 64; così, soprattutto, Stefano Maconi, segretario di Caterina, poi priore della certosa di
Pontignano 65 (1382-1389 e 1410-1411) e di Garegnano (1389-1398), priore
generale dell’Ordine (1398-1410), vicario in Italia del priore generale e visitatore della provincia di Lombardia (1411-1413) e infine priore (1411-1421)
della potente e ricchissima certosa di Pavia eretta, anche con il suo consiglio
e contributo, per volere di Gian Galeazzo Visconti nel 1396 66.
Le ragioni di tale legame privilegiato tra Caterina e l’Ordine certosino
sono essenzialmente, come intuibile, di natura spirituale e vanno ricercate
nell’affinità tra i modi della santa di condurre il suo avvicinamento a Dio
attraverso progressive rinunce e colloqui “personali” e quelle che sono le
virtù portanti di quest’Ordine a vocazione eremitica: obbedienza, silenzio,
solitudine. Virtù tali da aver preservato i Certosini, in un momento storico
invece fortemente riformistico nei confronti di altre realtà conventuali e
monastiche, dalla necessità di ritoccare le proprie consuetudines, come ben
espresso dal loro motto Cartusia nunquam reformata nunquam deformata 67. Soprattutto il concetto di solitudine – evidenziato in origine dalla dislocazione
remota e inaccessibile, poi, quando i monasteri si avvicinarono al limite
delle città, dalla cella, luogo di esclusione e colloquio interiore, elemento,
anche architettonico, precipuo del monastero certosino – viene assimilato da
Caterina, che esplicitamente lo elabora e lo supera quando dichiara che la
cella altro non è se non il proprio spazio interiore, la « cella della mente » 68.
64
LEONCINI, « Cartusia numquam reformata », p. 580; si veda anche ASTORRE BAGLIONI, Santa
Caterina e l’Ordine di Certosa, in Inquadramenti storici, Edizioni cateriniane, Roma 1975 [Quaderni
cateriniani 9], pp. 65-107, e GIORGIO PICASSO, Santa Caterina e il mondo monastico del suo tempo,
in Atti del Simposio internazionale cateriniano-bernardiniano (Siena, 17-20 aprile 1980), a cura di
Domenico Maffei e Paolo Nardi, Tip. Mori, Siena 1982, pp. 271-278, in particolare p. 274.
65
Va ricordato che Stefano Maconi divenne priore di Pontignano dopo un solo anno dalla
sua entrata in monastero, fatto del tutto irrituale poiché i Nova statuta (parte II, cap. III, n. 10)
stabilivano che nessuno potesse accedere alla carica prima di tre anni dalla professione solenne;
fu infatti fortemente imposto proprio da Giovanni da Bari, priore di Trisulti e, come si è visto,
priore generale dell’Ordine di parte romana per nomina di Urbano VI nel 1381 (HOGG, The
Uneasy Relationship, p. 31; LEONCINI, « Cartusia numquam reformata », p. 582).
66
Per la vita di Stefano Maconi: [BARTOLOMEO SCALA], De vita et moribus beati Stephani Maconi
senensis cartusiani ticinensis Cartusiae olim Coenobiarchae, libri quinque, ex typis Herculis de Goris,
Siena 1626 (non sempre storicamente attendibile); GIOVANNI LEONCINI, Un certosino del tardo
Medioevo: don Stefano Maconi, Universität of Salzburg, Salzburg 1991, pp. 54-107, in particolare
p. 79 nota 14 [Analecta Cartusiana 63/2] dove si elencano i principali studi biografici; ANGIOLINI,
Maconi Stefano, pp. 118-122.
67
LEONCINI, « Cartusia numquam reformata », p. 561.
68
SOFIA BOESCH GAJANO, ODILE REDON, La “Legenda maior” di R. da Capua, costruzione di una
santa, in Atti del Simposio internazionale Cateriniano-Bernardiano, pp. 15-35, citazione da p. 27;
LEONCINI, « Cartusia numquam reformata », p. 581 e nota 62 e LEONCINI, Un certosino, p. 69 e nota
115; PICASSO, Santa Caterina e il mondo monastico, p. 276.
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
779
Alla sua morte, avvenuta nel 1380 nel convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva e del quale era priore proprio Raimondo da Capua, non
tutti e immediatamente furono disposti a riconoscere a Caterina, a una donna
non inserita in alcun ordine femminile canonico – era soltanto una terziaria
domenicana –, priva di famiglia, che viaggiava e che, soprattutto, sosteneva un
percorso di fede individualistico e pertanto non riproducibile, tutte le caratteristiche della santità. Fu dunque compito delle persone a lei più vicine raccogliere e ordinare i ricordi e le testimonianze dirette, di prima mano, relative
alla sua vita di rinunce, ai “segni” divini, ai miracoli; testimonianze decisive per
il riconoscimento del suo operato anche in vista della sua canonizzazione 69.
Da un lato, dunque, viene redatta in latino da Raimondo da Capua la
lunga e dettagliata vita della santa, la cosiddetta Legenda maior per opposizione alle altre, successive, versioni abbreviate e in volgare; un racconto che
si propone come obbiettivo, caratterizzato da rigore storico, e che Raimondo
stesso si preoccupò di divulgare il più possibile portando con sé una copia
dell’opera in tutti gli spostamenti che caratterizzarono l’ultima parte della
sua vita, matrice approvata dalla quale far discendere ulteriori trascrizioni 70.
Dall’altro lato assistiamo invece alla consistente azione di corretta divulgazione dei testi cateriniani conseguita soprattutto attraverso la raccolta e lo
studio delle opere della santa o a essa legate realizzata da Stefano Maconi, in
altro modo ma con le medesime finalità di attestazione di una “verità” oculare,
che passa anche attraverso la deposizione testimoniale al cosiddetto “processo castellano” del 1411: « per quas [litteras] me valde requiritis atque rogatis
ut veridicam informationem vestre caritati dirigere debeam etiam in publica
forma, de gestis, moribus et doctrina famose sanctitatis virginis Catherine
de Senis, cuius conversationem aliquando merui, dum ageret in humanis, ut
asseritis » 71. E d’altra parte la certosa di Pavia, nella quale Stefano Maconi,
come si è detto, fu priore dal 1411 al 1421 (peraltro succedendo a un altro
discepolo di Caterina, Bartolomeo da Ravenna, lì dal 1398 al 1409), conserva
nelle sue collezioni librarie il riflesso degli interessi di questa personalità di
spicco dell’Ordine certosino poiché, infatti, « si trovò a possedere una delle
raccolte di scritti cateriniani più ricche del tempo, che in gran parte è giunta
sino a noi », come è possibile ricostrire sulla base dell’inventario secentesco 72.
69
Per la storia e la documentazione relativa al cosiddetto “Processo castellano”: Il processo
castellano, con appendice di documenti sul culto e la canonizzazione di s. Caterina da Siena, a cura
di Marie-Hyacinte Laurent, F.lli Bocca, Milano, 1942, pp. VI-XLIX [Fontes vitae s. Catharinae
Senensis historici 9].
70
BERTOLINI-WALSH, Della Vigna, Raimondo, p. 788; GIORGIO CENCETTI, La “Leggenda maggiore”
di s. Caterina da Siena e il suo volgarizzamento, in ‘Strenna’ dell’anno XVIII dell’Istituto nazionale di cultura fascista. Sezione di Piacenza, Soc. Tip. Ed. Porta, Piacenza 1939, pp. 3-15, in particolare p. 8.
71
Il Processo Castellano, p. 258.
72
BAV, Vat. lat. 11276, ff. 5r-8r; LUCIANO GARGAN, L’antica biblioteca della certosa di Pavia,
Storia e Letteratura, Roma 1998, p. 8, la citazione da p. 13 [Sussidi eruditi 47].
780
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Ci rimangono, infatti, otto manoscritti provenienti dalla certosa lombarda e
tutti recano nei margini e nell’interlinea la mano di Stefano Maconi « il quale
talvolta si limita ad apporre semplici segni di richiamo [...], ma molto più
frequentemente corregge errori evidenti del copista, integra lacune, indica
varianti e nei vari esemplari della Leggenda di Raimondo da Capua, nella
redazione maggiore o in quella abbreviata di Tommaso Nacci, o negli atti
del “processo castellano”, conferma o precisa con testimonianze personali
quanto viene detto nel testo » 73.
In particolare per quanto riguarda la Legenda maior va ricordato che la
tradizione dell’opera conta ancora oggi il consistente numero di quarantotto
codici sparsi in molte sedi europee 74, mentre la diffusione a stampa fu tardiva 75, surclassata dalle ben cinque edizioni della versione volgare tra 1477 e
1489 76. All’interno della tradizione manoscritta, il Braidense AD IX 38, proveniente dalla certosa di Pavia 77 e un altro esemplare, il Vat. lat. 10151 78, non
proveniente da Pavia ma ugualmente postillato da Stefano Maconi, assumono
un particolare interesse per la loro antichità essendo entrambi databili entro
la fine del secolo e, dunque, trascritti assai a ridosso della stesura dell’opera 79.
Solo nel manoscritto vaticano però 80, le postille maconiane possono essere
73
I manoscritti sono: BDGe, B V 1 (Divina dottrina); BNMi, AD IX 11 (Legenda minor),
AD IX 36 (Divina dottrina), AD IX 38 (Legenda maior), AD XIII 31 (Legenda minor), AD XIII 34
(Legenda minor), AE IX 35 (Processo castellano); BTMi, Triv. 497 (Divina dottrina); GARGAN, L’antica
biblioteca, pp. 14-15, citazione da p. 15.
74
Trenta manoscritti sono elencati da BALDOVIN DE GAIFFIER, rec. a ROBERT FAWTIER, LOUIS
CANET, La double expérience de Catherine Benincasa (Sainte Catherine de Sienne), Gallimard, Paris
1950 [et al.], in « Analecta Bollandiana », 69 (1951), pp. 182-191, in particolare le pp. 189-190,
cui si aggiungono i diciotto ricordati in THOMAS KAEPPELI, Scriptores ordinis praedicatorum Medii
Aevi, III, ad S. Sabinae, Roma 1980, p. 289.
75
Theologiae mysticae, mirabilium scilicet, & inscrutabilium operum Dei lucida demonstratio, in libros
2. distributa ante annos 183, per D. Raymundum à Vineis Capuanum, theologum conscripta partim,
partimque è idiomate italico in latinum transfusa, excudebat Iaspar Gennepaeus, Coloniae 1553.
76
BERTOLINI, WALSH, Della Vigna, Raimondo, p. 788.
77
GARGAN, L’antica biblioteca, pp. 17, 44-45 n. 23.1; si tratta di un manoscritto miniato,
probabilmente approntato a Milano; Miniature a Brera, 1100-1422. Manoscritti dalla Biblioteca
Nazionale Braidense e da Collezioni private, a cura di Miklós Boskovits, con Giovanni Valagussa e
Milvia Bollati, F. Motta, Milano 1997, pp. 234-237.
78
MARCO VATTASSO, ENRICO CARUSI, Codices Vaticani latini. Codices 9852-10300, Tip. Vaticana,
Roma 1914, pp. 508-509; GARGAN, L’antica biblioteca, p. 16 nota 38.
79
A parte i due manoscritti realizzati nel monastero veneziano dei SS. Giovanni e Paolo
organizzato dal discepolo Tommaso Caffarini, produzione che però rappresenta una tradizione
indipendente nonostante i forti legami personali con Stefano Maconi: Roma, Archivio generale
dell’ordine dei Domenicani, XIV. 24 con postille dello stesso Tommaso, databile entro il 1398
(Mostra cateriniana di documenti, manoscritti, edizioni dei secoli XIII-XVIII nel Palazzo del Comune di
Siena. Catalogo [Agosto-Ottobre 1947], introduzione di Aldo Lusini, La Diana, Siena 1947, p. 133)
e BNNa, XIV. B. 20 (LIDIA BIANCHI, Caterina da Siena santa, in Enciclopedia dell’arte medievale, 4,
Roma 1993, pp. 486-492, in particolare la p. 490).
80
Le postille del manoscritto di Brera AD IX 38, purtroppo non riprodotte, sono comunque databili intorno al 1410 (Miniature a Brera, p. 234). Uno studio dell’evoluzione della mano
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
781
datate con certezza entro gli ultimi anni del Trecento grazie alla nota apposta nel margine inferiore di f. 73r che circoscrive specificamente gli interventi
grafici tra il 1395, data di compilazione finale della Legenda capuana, e il
1398, data di morte di Cristoforo da Firenze, lì indicato quale attuale priore
generale dell’Ordine certosino 81.
Se, dunque, i due manoscritti postillati da Stefano Maconi mostrano un
interesse e un lavorìo sul testo delle opere cateriniane volto alla loro corretta
divulgazione molto precoce, certo assai precedente a una politica finalizzata al processo del 1411, nonché alla copia del codice di origine trisultina,
dall’altro quest’ultimo attesta in maniera inequivocabile la partecipazione della certosa laziale al più generale sostegno e legame che sin dall’inizio aveva
unito la santa senese a questo Ordine 82, partecipazione che non parrebbe
perciò limitarsi soltanto a quelle sedi evidentemente a lei connesse da vicinanza geografica (le certose senesi o toscane) o da particolari vicende biografiche (quelle certose, cioè, nelle quali diverranno priori alcuni suoi discepoli).
Importante ci pare, infine, segnalare la presenza nel Vat. lat. 10151 di
singolari segni di attenzione costituiti da una croce formata da cinque punti e
decorata con brevi raggi obliqui tra i bracci 83 che si ritrovano molto simili, in
alcuni casi con i raggi rubricati, nel chigiano F. VIII. 211 84. Pure necessario è
notare come molte delle correzioni apportate in margine dal futuro priore di
di Stefano Maconi, tuttavia, è ancora da fare; per il momento – confrontando le postille del
manoscritto vaticano (e la lettera autografa a Neri di Landoccio Pagliaresi, datata 1382 dicembre
14 e riprodotta in Mostra cateriniana, p. 113) con quelle riprodotte da GARGAN, L’antica biblioteca,
tavv. I-III e riferite al Braidense AE IX 35, codice che, contenendo il testo del Processo Castellano
non può che essere posteriore alla conclusione di quello, ma che, nello specifico è stato trascritto a Venezia tra 1413 e 1416 (ibid., p. 92 n. 183) – è possibile osservare, più che una vera
e propria evoluzione grafica, piuttosto una regolarizzazione e una maggiore ricerca di ordine
e armonia nella disposizione delle glosse, nelle quali si nota un allineamento sempre diritto e
un’interlinea regolare, così come una impaginazione più corretta e rispettosa delle ideali linee
di giustificazione iniziali e finali. Anche il segno di attenzione “a fiorellino” disseminato in tutti
i manoscritti appartenutigli e costituito da tre punti disposti a triangolo con il vertice verso
l’alto e breve coda discendente, nel manoscritto più tardo appare eseguito con più attenzione,
specialmente la coda, sinuosa e desinente verso sinistra con un bottone.
81
BAV, Vat. lat. 10151, f. 73r: « Nomen prioris de quo dicitur est donnus Christoforus
tunc prior domus Berriguardi, nunc autem pater Reverendus donnus generalis predicti ordinis
cartusiensis »; Il Processo Castellano, p. 72 e nota 90; GARGAN, L’antica biblioteca, p. 16 nota 38.
82
Per un elenco delle lettere di Caterina a esponenti di monasteri certosini: LEONCINI, Un
certosino, p. 97 nota 104. Si aggiunga che l’entrata nell’Ordine certosino di Stefano Maconi, fu
voluto esplicitamente dalla santa in punto di morte, come raccontato da Stefano stesso nella sua
deposizione al “processo castellano”: « Dum vero laboraret in extremis, ordinavit cum aliquibus
quid agere deberent post eius transitum. Postea faciem ad me vertens, ait digitum suum protendendo: “Tibi autem in virtute sancte obedientie precipio ex parte Dei, ut vadas ad ordinem
Cartusiensem, quoniam ad illum ordinem te vocavit et eligit” » (Il Processo castellano, p. 261); v.
anche PICASSO, Santa Caterina e il mondo monastico, p. 278.
83
BAV, Vat. lat. 10151, ff. 37v, 44r, 46r, 47v, 48v.
84
BAV, Chig. F. VIII. 211, ff. 4v, 28r, 113v, 126r-128r.
782
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Pavia appaiano, almeno ad un primo e non sistematico controllo, già inserite
nel testo nel nostro manoscritto, così come il titolo della prima parte, aggiunto nel margine superiore del Vat. lat. 10151 (f. 8r) e indicato come alternativo
(la rubrica è introdotta da vel), adottato invece a testo nel chigiano 85. Indizi,
questi, che sarebbe proficuo poter seguire su tutta la tradizione manoscritta
dell’opera, e che testimoniano non solo del considerevole sforzo di diffusione
di testi cateriniani opportunamente rivisti svolta da Stefano Maconi, ma anche
della rapidità di recezione di tali novità editoriali in sedi che, almeno dal
punto di vista geografico, potrebbero apparire eccentriche 86.
Che, d’altra parte, la copia della Legenda maior a Trisulti non debba essere
considerata quale un fatto estemporaneo e casuale, ma invece inserita in un
preciso movimento spirituale, e che essa sia stata realizzata allo scopo di leggerla e studiarla, ce lo mostra la fattura modesta del manoscritto, di dimensioni medie, per la realizzazione del quale è stata utilizzata una pergamena
sottile ma non priva di qualche difetto. La copia è portata a termine da una
sola mano, abile ma non professionale, che utilizza una littera textualis pesante,
fitta di abbreviazioni e ricca di elementi corsivi, la quale si preoccupa però di
ricontrollare il testo sull’originale (o su un altro esemplare?) 87. La decorazione
di tipo gotico, poi, del tutto standardizzata, oltre all’uso di rubriche, di segni
di paragrafo e di maiuscole toccate di rosso, prevede l’esecuzione di iniziali
filigranate a scandire le maggiori partizioni dell’opera, di grande formato, ma
assai rozze nell’esecuzione e quella di iniziali di capitolo semplici rosse, tra
le quali va notata la presenza di una T ancora di gusto centromeridionale
(f. 12v). Copia non lussuosa, quindi, destinata all’uso interno, cosa che avvenne,
considerando le circa dieci diverse mani, tutte grosso modo coeve o di poco
posteriori, che si trovano disseminate lungo il codice, ciascuna responsabile
di brevi interventi 88. Tra queste degna di segnalazione è almeno quella che
per ben due volte segnala in margine alcune precisazioni relative a Stefano
Maconi 89; ancora un indizio, dunque, di come a questa altezza cronologica la
certosa di Trisulti sia certamente assai viva culturalmente, ben inserita nella
rete a maglie larghe dell’ordine di appartenenza.
85
Diversamente, là dove, alla fine del quinto capitolo della prima parte (f. 19v) il copista del
manoscritto trisultino lascia un ampio spazio in bianco segnalando l’anomalia con vacat, nel Vat.
lat. 10151 il testo scorre senza soluzione di continuità (f. 15r) e così anche nell’edizione (p. 867).
86
Sulla diffusione dell’opera sia in ambito certosino, sia presso altri ordini: LEONCINI, Un
certosino, p. 66 e nota 89.
87
Le correzioni di mano del copista, infatti, non si limitano al solo intervento su singole
parole dimenticate, ma anche all’inserzione di brevi brani; solo uno studio più approfondito
della tradizione di quest’opera potrà chiarire se si tratta di semplici salti nella trascrizione o di
porzioni testuali derivate da un diverso antigrafo.
88
Le mani dei postillatori possono orientativamente essere così ripartite: a (ff. 4v, 112r),
b (ff. 16r, 101v), c (ff. 18v, 122v), d (ff. 32r, 60v), e (ff. 37v, 39r), f (ff. 63v, 73r, 79r, 79v), g (ff. 69v,
86r), h (ff. 90r, 115v), i (92v, 96r, 102r, 120v, 122r, 123r), l (f. 103v).
89
F. 90r: « § Iste stephanus postea fuit prior tocius ordinis cartusiensis »; f. 115v: « hic fuit
postea dompnus cartusiensis ».
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
783
SCHEDE
1. Blackburn, Museum and Art Gallery, Hart 20198
1400 luglio 24, Trisulti (f. 297v)
M e m b r . , pergamena di buona lavorazione, chiara, priva di difetti originari. Stato di
conservazione buono, tuttavia scrittura progressivamente evanida da f. 295v alla fine.
Ff. I-II, 296, I’-II’. Numerazione di mano del XX secolo nell’angolo superiore esterno,
da 2 a 297. Tracce di antica numerazione a registro, in gran parte rifilata (f. iii, f. 57r, k
ii f. 87r, k iiii f. 89r, s iiii f. 153r, y i-ii ff. 182-183r; v. a. ff. 79r, 81r, 86r, 224r). Una mano
del XX secolo, probabilmente la medesima della numerazione dei fogli, appone una ulteriore
segnatura a registro alfabetica sul foglio iniziale di ogni fascicolo, da B (f. 10r) in poi, con
ripresa da AA a f. 182r.
mm 325×245 con sensibile rifilatura che danneggia talora la decorazione (ff. 10-14, calendario, e passim); ‹212×148 (64 + 10 + 64)›; rr./ll. 32/31.
Trentotto fascicoli inizianti dal lato carne, in prevalenza quaternioni (III privo del foglio
iniziale, tra gli attuali 14 e 15), tranne un quinione (I, ff. 2-9, privo di due fogli iniziali) e
tre ternioni (II, ff. 10-14, privo del foglio iniziale, tra gli attuali 9 e 10; XXXVI, ff. 278-283;
XXXVIII, ff. 292-297). Richiamo centrale, di prima mano, nell’ultimo foglio verso.
F o r m u l a : I10-2 (ff. 2-9); II6-1 (ff. 10-14); III8-1 (ff. 15-21); IV8 (ff. 22-29); V8 (ff. 30-37);
VI8 (ff. 38-45); VII8 (ff. 46-53); VIII8 (ff. 54-61); IX8 (ff. 62-69); X8 (ff. 70-77); XI8 (ff. 78-85);
XII8 (ff. 86-93); XIII8 (ff. 94-101); XIV8 (ff. 102-109); XV8 (ff. 110-117); XVI8 (ff. 118-125);
XVII8 (ff. 126-133); XVIII8 (ff. 134-41); XIX8 (ff. 142-149); XX8 (ff. 150-157); XXI8 (ff. 158165); XXII8 (ff. 166-173); XXIII8 (ff. 174-181); XXIV8 (ff. 182-189); XXV8 (ff. 190-197);
XXVI8 (ff. 198-205); XXVII8 (ff. 206-213); XXVIII8 (ff. 214-221); XXIX8 (ff. 222-229); XXX8
(ff. 230-237); XXXI8 (ff. 238-245); XXXII8 (ff. 246-253); XXXIII8 (ff. 254-261); XXXIV8
(ff. 262-269); XXXV8 (ff. 270-277); XXXVI6 (ff. 278-283); XXXVII8 (ff. 284-291); XXXVIII6
(ff. 292-297).
Foratura eseguita a fascicolo chiuso e composto.
Rigatura a mina grigia (Derolez 41).
Decorazione molto ricca, è attribuita a una bottega romana, o di area romana,
alla quale cooperano decoratori italiani e stranieri e che sintetizza elementi di derivazione italocentrale (Abruzzo), toscana e nordeuropea (MANZARI 2008 e passim).
Comprende:
– miniatura a piena pagina: f. 142v, Crocifissione, su fondo aureo, con cornice
di palmette a segmenti alternati porpora, azzurro, verde chiaro, interrotti da ritratti
dei quattro evangelisti, agli angoli, e da busti con mitria, corona, cappello prelatizio;
nel margine inferiore del foglio, ricco decoro vegetale su sfondo aureo, con piccoli
animali, testine umane nelle volute, bolli aurei, al centro del quale si pone uno stemma (troncato, al capo di rosso alla banda scaccata a tre file di oro e d’azzurro, alla
punta d’azzurro alla stella d’oro a otto raggi) che sorregge la figura di un prelato
tonsurato, con cappa porpora, inginocchiato in adorazione, con libro aperto davanti
(tav. I). Lo stemma non identificato, già attribuito a Pere Serra, cardinale scismatico
di SS. Silvestro e Martino ai Monti, † 1405, compare anche sotto l’iniziale miniata di
784
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
f. 143r, sovrastato da cappello prelatizio, e nel margine inferiore di f. 2r, a destra,
sormontato dal cappello cardinalizio (fig. 3)
– cinquantuno iniziali istoriate: stagliate su riquadri o rettangoli aurei talvolta
decorati con puntinatura, di dimensioni comprese tra mm 150×148 (f. 143r) e
26×29 (f. 29r); lettera in colore (violetto, azzurro, verde chiaro, giallo-verde, rosa,
rosa e porpora, arancio e rosso e porpora), con filettature o motivi di perle bianche
o con motivi di palmette all’interno dei tratti. Dalla lettera si diparte, nella maggioranza dei casi, un decoro che forma bordura o cornice nei margini e nell’intecolumnio, per il quale v. oltre. Le iniziali si trovano ai ff. 2r, 24r, 25r, 26r, 27r, 27v, 29r,
29v, 30v, 37r, 143r, 148r, 161r, 164v, 172r-v, 198v, 199v, 201r, 203v, 207r, 208r, 210v,
211r-v, 212v (2), 214r, 220r, 222v, 223v, 227v, 228v, 231r, 233v (fig. 4), 235r, 237v, 239v,
241r, 242r, 246r, 248r, 249v, 251v, 254r, 257v, 258r, 264r, 268v, 270r, 289r. Di esse si
descrivono in particolare:
f. 2r O (dilecta), lettera azzurra con perline bianche e foglie rosa entro i
tratti, su riquadro di mm 68×71; all’interno, vestizione del vescovo per la celebrazione della messa solenne;
f. 24r P (uer), lettera viola filettata di bianco, su riquadro di mm 112×57;
all’interno, Natività, con Maria adagiata accanto al Bambino in fasce e Giuseppe
accanto, sotto la scena del Bambino lavato da una donna. Sotto la lettera, figura
di un religioso tonsurato inginocchiato in adorazione;
f. 143r, T (e igitur) iscritta su fondo aureo, in cornice quadrata (mm
150×148), lettera rossa con profili azzurri e motivi a intaglio su oro, contiene
la Deposizione dalla croce. Intorno al foglio bordura a cornice di motivi vegetali
con bolli aurei, popolata di uccelli scimmie, caprioli, galline, animali di fantasia,
faccine: nel margine inferiore si apre un medaglione in cui, in un’architettura
dalle sottili colonnine desinenti in trafori gotici, un celebrante tonsurato eleva
l’ostia; sopra il medaglione, lo stemma già a f. 142v, qui sormontato da cappello
prelatizio;
Fig. 4 – Blackburn, Art Museum and Gallery, Hart 20198, f. 233v
Fig. 3 – Blackburn, Art
(© Art Museum and Gallery)
Museum and Gallery,
Hart 20198, f. 2r
(© Art Museum and Gallery)
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
785
f. 148r R (esurrexi), lettera azzurra, con perle e filetti bianchi, in cornice rettangolare (mm 69×55); all’interno, Cristo risorto esce dal sepolcro: ai suoi piedi,
le guardie addormentate (tav. III);
f. 161r V (iri), lettera azzurra con perle e filetti bianchi, in cornice rettangolare (mm 55×55); all’interno, Gesù ascende in cielo, sotto di lui i discepoli
stupefatti;
f. 172r O (mnipotens), lettera azzurra con perle e foglia d’acanto, in cornice
rettangolare (mm 45×40) recante agli angoli motivi di chicchi di melograno agli
angoli; all’interno, Trinità, con Dio assiso che sorregge tra le braccia aperte la
croce cui è inchiodato Cristo, mentre a sinistra aleggia lo Spirito Santo;
f. 198v D (ominus), lettera rosa e porpora con perle e filetti, desinente a sinistra in fregi d’acanto, iscritta in cornice quadrata (mm 33×35); all’interno, la
pesca miracolosa, con fondo blu e due apostoli a reggere la rete piena;
f. 203v S (cio), lettera rosa con palmette all’interno dei tratti, in cornice rettangolare (mm 45×40); all’interno, nell’ansa inferiore della lettera san Paolo supino,
colpito dalla rivelazione divina che gli piove dal cielo delineato nell’ansa superiore;
f. 237v O (alve) errore per S, lettera violetta, con quattro testine umane nella
circonferenza, iscritta in cornice quadrata (mm 50×50); all’interno, natività di
Maria, con sant’Anna seduta sul letto e la bimba ritta tra le sue braccia;
f. 246r G (audeamus), lettera azzurra con palmette all’interno dei tratti, formata da un corpo di serpente con testa di cane e coda pinnata, iscritta in cornice rettangolare (mm 48×40); all’interno, la Vergine circondata e seguita dal
corteggio di Ognissanti; nel margine sinistro della cornice, fregio d’acanto abitato
da testina umana, esteso nel margine inferiore in figura d’uccello sormontato da
balestriere e cinghiale.
– cento settantasette iniziali ornate, tutte iscritte su riquadro aureo di mm 5 in
altezza, con lettere in colore decorate a filetti e perle bianche, con motivi di fogliame filettato di bianco e foglie d’acanto con bottoni aurei tra le punte ad aculeo. Di
esse, sessantuno maggiori presentano decoro lussureggiante di motivi antropomorfi,
zoomorfi, fantastici, contemplano lettere figurate, spesso con monaci dal saio chiaro
(I [ntret] 51v) o anche con corpo umano dalla testa d’uccello (I [n] 31v), o formate da
pesce con testina di cane (I [ntret] 258v), o sorrette da animali fantastici, o recanti,
nei fregi d’acanto che in parte le disegnano, testine umane, angeli, monaci, mostri,
scimmie, uccelli; oltre a quelle già indicate, le altre maggiori si trovano ai ff. 21v,
32v, 33r, 34r, 36r, 38v, 40v, 41v, 44v, 45v, 73v (fig. 5), 81r, 85r, 93v, 94v, 99v, 100r, 103v,
104v, 108v, 118r (fig. 6), 131v, 153v, 159r, 170r, 182r, 187v, 188r, 194r, 196v, 202v, 208v,
215r, 215r, 215v, 216r, 216r, 216v, 216v, 217r (2), 217r, 218v, 219r, 221r, 221v, 224v
(fig. 7), 225v, 230v, 231r, 232r-v, 234v, 235v, 236r, 238v, 240v, 245r-v. Le cento sedici iniziali
restanti, alte mm 30 in media, presentano esclusivamente la decorazione di fogliame
e bottoni aurei, ai ff. 42v, 43v, 47r-v, 49r, 50r, 53v, 54r, 55r, 56r, 57r, 58r, 59v, 61v, 62v,
64r, 65r, 66r, 67r, 69r, 71v, 72v, 73v, 75r, 77r, 78r, 80r, 82r, 83r, 84r, 86v, 99r, 135r, 140r
(P, 106×62), 141r (fig. 8), 150v, 151v, 152v, 154v, 156v, 157r, 158r, 159r, 186r, 167r-v,
169r, 171v, 174r, 175r-v, 176v, 177v, 178r, 179r, 180r-v, 181v, 182v, 183r, 184r, 185r,
186r-v, 189v, 190r, 192v, 193v, 196r, 197v, 200r-v, 201v (2), 202r, 203r, 205r, 209r-v, 212r,
213r, 217v, 218v, 224v, 226v (2), 227r, 229r, 229v, 230r, 234r, 235r, 237r, 239r, 240r,
242r, 243r, 244r, 245r, 247r, 248v (2), 250r, 256v, 273r, 274r-v, 275v, 276r, 276v (2), 277v
(2), 278r, 294r, 295v.
786
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Fig. 5 – Blackburn, Art Museum and Gallery,
Hart 20198, f. 73v
(© Art Museum and Gallery)
Fig. 6 – Blackburn, Art Museum
and Gallery, Hart 20198, f. 118r
(© Art Museum and Gallery)
Fig. 7 – Blackburn, Art Museum and Gallery,
Hart 20198, f. 224v
(© Art Museum and Gallery)
Fig. 8 – Blackburn, Art Museum
and Gallery, Hart 20198, f. 141r
(© Art Museum and Gallery)
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
787
– bordure e cornici, che si dipartono dalle lettere istoriate e da quelle ornate
maggiori (figg. 5-8): tralci, foglie di acanto, foglie azzurre, giallo pallido, rosa, porpora, arancio cosparse e circondate da bottoni aurei, stellati o cigliati, proliferano
su uno o tutti i margini e nell’intercolumnio. Alle foglie si alternano, o le abitano,
motivi zoomorfi anche di fantasia (pavoni, corvi, uccellini anche coronati, orsi, lepri,
scimmie, spesso galline o galli, un dromedario, talvolta farfalla o pappagallo; uccelli
con zampe di grifo e con pesce nel becco, draghi) o mostri, grottesche, centauri con
la zampogna, motivi vegetali (fiore di cardo, melagrana stilizzata o chicchi di melagrana), figurine umane (stanti, inginocchiate, nude, tonsurate e con saio cinerino
chiaro, rosa o quasi bianco; musicanti; puttini; faccine che abitano i tralci, testine
barbute o avvolte da drappo o cappuccio).
Più pesante, probabilmente di altra mano, la decorazione delle cornici vegetali
nel calendario dei ff. 10r-14v, a motivi vegetali più grandi, fitti e carnosi, ancora con
animali, figurine e mostri, bolli e losanghe aurei cigliati. All’angolo superiore sinistro
della bordura, sempre un rettangolo aureo decorato con puntinatura (mm 29×44),
su cui si staglia K(a)l(endae) a lettere azzurre con filetti bianchi interni ai tratti; lungo
uno dei margini laterali si illustra il segno zodiacale del mese; nel margine inferiore
al centro, una cornice polilobata presenta il tema del mese (marzo: suonatore di
corni, annunzio della primavera; aprile: cacciatore a cavallo, con il falcone; maggio:
giovane con tralci di fiori in mano; giugno: mietitura; luglio: battitura del grano;
agosto: preparazione delle botti; settembre: vendemmia; ottobre: semina; novembre:
raccolta delle olive; dicembre: uccisione del maiale):
– iniziali filigranate (tav. IV), in gran numero, azzurre con filigrana rossa o
rosse con filigrana blu/viola, di disegno eccezionalmente fine, attribuite alla mano di
Stephanus de Aquila, scriptor della curia romana, decoratore e calligrafo (AVRIL). Le
lettere presentano decoro interno sempre diverso sullo stesso foglio e hanno racemi,
radi oppure singoli, molto prolungati, sviluppati in esili steli rettilinei recanti talvolta un piccolo fregio a croce e germinati di rade fogliette o boccioli chiusi, spighe,
grappoli, e terminanti in volute a spirale o a paraffio talvolta abitate da un uccellino
(ff. 57r, 222r, passim);
– maiuscole interne toccate di giallo;
– segni paragrafali rossi e azzurri alternati, rubricature per i titoli e sezioni interne al testo.
Notazione neumatica quadrata, su quattro righe rosse ai ff. 90r-91v, 118r-123r
(Exultet e benedictio cerei), 135r-142r, 145r-147r.
Littera textualis di unica mano, molto calligrafica, non troppo compressa, con aste
brevissime, d tonda con il tratto orizzontale completamente adagiato e con episodi di
rotondeggiamento accentuato che contribuiscono all’effetto generale di mano italiana
(ma cfr. sottoscrizione del copista). Da rilevare lo sporadico uso di r tonda dopo
lettere diritte quale a (f. 32vA ultimo rigo carnis), lo scarso ricorso ad abbreviazioni
peraltro convenzionali, la punteggiatura limitata ai due punti sovrapposti per pausa
breve, al punto basso per pausa finale e al gruppo di tre punti sovrastanti virgola
per fine sezione.
Nei margini due mani coeve hanno apposto rare note da collazione in textualis
(ff. 28r, 32v) o in textualis destrutturata (f. 279r). A f. 297v, di seguito alla sottoscrizione,
788
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
una mano coeva in textualis, più larga, meno controllata, regolare e allineata di quella
del copista ha aggiunto una lettura da Sap 1, 5.
Legatura del secolo XVIII. Piatti in cartone rivestiti di marocchino brunorossiccio, decorati in oro con cornice di piccoli ferri in prossimità del perimetro
e cornice interna centrale a filetti e piccoli festoni; agli angoli delle cornici fregi
floreali stilizzati, al centro del piatto fregio vegetale ai piccoli ferri. Dorso a quattro
doppi nervi poco rilevati, decorato in oro a comparti con cornici a filetti e ferretti
geometrizzanti, piccoli fregi agli angoli, motivo centrale di cornucopia. Risguardie
e guardie I e II’ in carta decorata avorio con motivi blu; guardie II e I’ cartacee
con filigrana non identificata forse di area italosettentrionale (cerchio mm 76×73,
contenente due stemmi affiancati sovrastati da cartiglio bianco, raffiguranti quello
di sinistra una biscia, l’altro il leone di s. Marco rampante con zampa poggiata
sul vangelo chiuso. Sotto gli stemmi, barchetta con rematore al palo e ancora
inclinata).
Contenuto
1.
ff. 2r-9v [Praeparatio missae]
inc.: Incipit ordo quando episcopus parat se ad celebrandam missam (rubr.)
O dilecta tabernacula
expl.: habeasque vitam eternam et vivas in secula seculorum amen.
2.
ff. 10r-14v [Calendario, acefalo]
inc.: Marcius habet dies XXXI
expl.: II kl [ian.] Sancti silvestri pape et confessoris.
3.
15r-297r [Messale]
inc.: Notandum quod a prima dominica de adventu ... ad missam introitus (rubr).
Populus syon ecce dominus veniet
expl.: abstineatis vos hodie et cras et aliter cras. Eatis in viam pacis.
4.
297v [Biblia V. T, Sap 1, 5]
inc.: Lectio libri sapientie (rubr.). Stabunt iusti in magna constantia
expl.: et inter sanctos sors illorum est.
Storia
Vergato a Trisulti e terminato il 24 luglio 1400, come da sottoscrizione del copista, a f. 297vA: « Explicit missale secundum consuetudinem romane curie scriptum
per manus iohannis de berlandia presbiteri traiectensis dyocesis sub anno domini
millesimo quatricentesimo indictione octava pontificatus sanctissimi in cristo patris
et domini nostri domini bonifatii divina providentia pape noni anno undecimo die
vero vicesimo quarto mensis iulii in monasterio sancti bartholomei de trisulto ordinis
cartusientium alatrine diocesis ». Il codice va ad aggiungersi all’unico finora noto di
mano di Iohannes (Wilhelmi de Ramoka) de Berlandia, copista nederlandese attestato
in Italia dal 1392 nella sottoscrizione del Laur., Conventi soppressi 204, cfr. Colophons,
III, 9936. Il ricco apparato decorativo e la presenza di uno stemma segnalano un
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
789
committenza cardinalizia la cui tradizionale identificazione con Pere Serra, † 1405,
cardinale di osservanza avignonese e consigliere di Martino l’Umano re d’Aragona,
appare difficilmente documentabile. Non si hanno notizie delle vicende del codice
fino ad età contemporanea, quando risulta appartenere alla biblioteca dei duchi di
St. Albans (cfr. resti di etichetta cartacea strappata con la cifra « 5 ») dalla quale passò,
per acquisto, alla collezione privata di Robert Edward Hart (1878-1946) della quale
porta tutt’ora il numero di inventario (cfr. etichetta cartacea con ex-libris incollata
nella risguardia anteriore, e nota a mina nel margine superiore di f. IIr: « 20198 Dec.
87; f. 145 »). Nota di questo passaggio di proprietà vergata a mina a f. Iv: « Missal
of Roman Use. Dated 1405 AD by Johannes de Berlandia, the only authentic work
by Berlandia in England, ex Duke of St. Albans Library. Arms of Pedro Serra a
Spaniard bishop of Catania 1396-97 created cardinal deacon by Pope Benedict XIII
1397, died in Spain 1409 » cui segue traduzione inglese del colophon. Nel 1946 il codice è pervenuto, per testamento con il resto della collezione Hart, al Museum and
Art Gallery di Blackburn. Sulla risguardia posteriore, etichetta cartacea: « Exhibition
Italian Art., reg. n° 24.4 ».
Bibliografia
Hart Collection, Numerical IV [catalogo dattiloscritto]; JONATHAN J. ALEXANDER, PAUL CROSSLEY,
Medieval and Early Renaissance Treasures in the North-West. Exposition (Manchester, 15th January28th February 1976), s. n., Manchester 1976, p. 34 n. 67; JONATHAN J. ALEXANDER, Pontifikale
Bonifaz’ IX., in Biblioteca Apostolica Vaticana. Liturgie und Andacht im Mittelalter, Ausstellung (Köln,
9. Oktober-10. Januar 1992), Belser, Stuttgart – Zürich 1992, p. 230; SERENA ROMANO, La peinture à Naples au début du XVe siècle: le temps de Ladislas, in L’Europe des Anjou. Aventure des Princes
angevins du XIIIe au XVe siècle, catalogo della mostra (Fontevraud, 15 juin-16 septembre 2001),
Somogy, Parigi 2001, pp. 135, 136; FRANCESCA MANZARI, Libri liturgici miniati per Bonifacio IX.
Il codice Vat. Lat. 3747 e la miniatura a Roma e nel Lazio all’epoca dello Scisma, in Il Pontificale di
Bonifacio IX. Commentario, a cura di Ambrogio M. Piazzoni, Art Codex – Biblioteca Apostolica Vaticana, Modena – Città del Vaticano 2007, pp. 49-116: 76-79; EAD., Libri liturgici miniati in Italia
centromeridionale all’inizio del Quattrocento, in Universitates e Baronie. Arte e architettura in Abruzzo e
nel Regno al tempo dei Durazzo. Atti del convegno (Guardiagrele – Chieti, 9-11 novembre 2006),
a cura di Pio F. Pistilli, Francesca Manzari, Gaetano Curzi, I, Zip, Pescara 2008, pp. 103-131,
in particolare pp. 124, 126, 129-132; EAD., The international Context of Boniface IX’s Court and
the Marginal Drawings in the Chantilly Codex (Bibliothèque du Château, ms. 564), in « Ricercare »,
22 (2010), pp. 11-33, in particolare pp. 13, 33; EAD., Il contributo della storia della miniatura
nella catalogazione dei libri liturgici, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae. XVII, Biblioteca
Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 2010 [Studi e testi 462], pp. 231-257, in particolare
pp. 241-242 e tav. VIII; EAD., Committenza libraria e legittimità. Libri liturgici miniati tra Avignone
e Roma per Benedetto XIII e Bonifacio IX, in La Papauté et le Grand Scisme. Avignon/Rome: langages
politiques, impacts institutionnels, ripostes sociales et culturelles. Colloque international (Avignon, 13-15
novembre 2008), éd. par Armand Jamme (in stampa).
2. BAV, Chig. F. VIII. 211
1405 apr. 30, Trisulti (ff. 1r, 140r)
M e m b r . , pergamena sottile ma che presenta qualche differenza tra lato carne e lato
pelo; alcune oscillazioni nelle dimensioni dei fogli del primo fascicolo. Lisières (ff. 4, 5, 10, 19,
35, 59, 121, 122, 137), due fori (ff. 95, 136).
790
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Ff. I-II, 140, 141, I’. Numerazione coeva in numeri romani rubricati nell’angolo superiore
esterno che conta cento quarantuno fogli per salto del f. 83; numerazione moderna a timbro
meccanico nell’angolo inferiore esterno che conta come 141 la guardia posteriore antica (secolo
XIII2), costituita da quanto rimane di un foglio ora tagliato a metà nel senso della larghezza,
proveniente da un codice di grandi dimensioni (circa 410×261) e contente la glossa alle Decretali di Gregorio IX, Lib. II, cap. VIII (Decretales D. Gregorii Papae IX suae integritati una cum
glossis restitutae, in aedibus Populi Romani, Romae 1582, coll. 687-688); questo foglio è cucito
rozzamente al f. 136, iniziale dell’ultimo fascicolo, secondo modalità confrontabili con altri manoscritti di provenienza trisultina.
mm 267×201 (f. 29); ‹192×140 (62 + 15 + 63)›; rr./ll. 2/34.
Sedici quaternioni, un ternione con un foglio aggiunto, un ternione mutilo di un foglio;
richiami al centro del margine inferiore tra due punti (tra fregi quello del fasc. 2; assente nel
fasc. 1).
F o r m u l a : I8 (ff. 1-8); II8 (ff. 9-16), III8 (ff. 17-24); IV8 (ff. 25-32); V8 (ff. 33-40); VI8
(ff. 41-48); VII8 (ff. 49-56); VIII8 (ff. 57-64); IX6+1 (ff. 65-71; il f. 69 è privo di riscontro); X8
(ff. 72-79); XI8 (ff. 80-87); XII8 (ff. 88-95); XIII8 (ff. 96-103); XIV8 (ff. 104-111); XV8 (ff. 112119); XVI8 (ff. 120-127); XVII8 (ff. 128-135); XVIII6+1 (ff. 136-140; il f. 136 è privo di riscontro).
Foratura eseguita in un sol tempo a fascicolo piegato e composto.
Rigatura a mina eseguita foglio per foglio per il solo specchio di scrittura; Leroy 00A2
(privo di rettrici); i ff. 12-13, centrali del secondo fascicolo, riutilizzano un bifolio precedentemente rigato che prevedeva uno specchio scrittorio leggermente più grande nelle due
dimensioni (mm 212×152).
Iniziali maggiori a incastro rosso/blu riempite e contornate da filigrana rozzamente eseguita,
le quali, probabilmente in un secondo tempo, sono state ripassate in alcuni punti con oro che
spesso eccede i contorni dei luoghi interessati (ff. 2r, 8v, 9r, 39r, 111v; 10/14 rr.); iniziali minori
semplici rosse o blu (2/3 rr.); maiuscole toccate di rosso; segni di paragrafo; rubriche eseguite
sino a f. 10 con un inchiostro rosso scuro in contrasto con quello, rosso vivo, utilizzato per la
filigrana delle iniziali maggiori, dei segni di paragrafo e delle rubriche da quel foglio in poi.
Littera textualis di mano unica, nonostante alcune irregolarità e cambi di inchiostro (ff. 28r, 56v, 59v); fitta, pesante, spezzata, con forti elementi derivati dalla
minuscola cancelleresca soprattutto nelle aste piuttosto slanciate, le basse desinenti
a chiodo, e nelle f e s che scendono sotto il rigo; a di forma testuale e corsiva;
d con tratto obliquo molto sviluppato che tende a ritornare verso destra nella parte
finale; qualche caso di m finale con ultimo tratto che scende sotto il rigo; abbreviazioni numerose ma comuni. Il copista stesso è ritornato sul testo con numerose
correzioni o integrazioni.
Mani grosso modo coeve hanno apposto nei margini alcune osservazioni (f. 4v),
correzioni, graffe, maniculae con manica di saio (ff. 22r, 28r), segni di attenzione
costituiti da più punti in forma di croce, a volte collegati da un tratto verticale
(ff. 4v, 28r). Questi ultimi, poi ripetuti e parzialmente rubricati nei ff. 113v, 126r128r, trovano un puntuale riscontro nel Vat. lat. 10151 (ff. 37v, 44r, 46r, 47v, 48v),
manoscritto che contiene anch’esso la Legenda maior, con postille di Stefano Maconi
(databili tra 1395 e 1398 da una glossa marginale presente al f. 73r; GARGAN, La
biblioteca, p. 16 nota 38).
Nel margine superiore di f. 120r due diverse mani dell’inizio del XVI secolo
hanno apposto i loro nomi in grandi lettere eseguite a mina: « M(adonna) angela,
M(esser) petri de lazio », e forse hanno aggiunto le maniculae rozze e sovradimensionate dei ff. 17v e 64v.
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
791
Una mano sempre cinquecentesca ha, infine, aggiunto glosse e graffe ai ff. 37r-v,
62 -63v.
v
Legatura chigiana in pelle verde (secolo XVIII), piatti che presentano una doppia
cornice di doppi filetti dorati, la più interna decorata agli angoli con gli emblemi
Chigi; dorso su quattro doppi nervi, negli scomparti, in cornicette di doppi filetti
dorati, il titolo (S. CATHAR. DE / SENIS / VITA) e gli emblemi di casa Chigi. La
legatura è oggi protetta da una copertina in carta.
Guardie membranacee: I-II, I’ moderna, secolo XVIII.
Alla prima guardia anteriore è incollato un foglietto cartaceo (filigrana: trimonte
affiancato dalle lettere A e P, inscritto in cerchio) che reca indicazioni relative alla
storia e al contenuto del codice, di mano di Alessandro VII (1655-1667): « C.809 Codex Ms. an 1405 in monasterio S. Bartholomei Cartuasiensis in partibus Campaniae
sito, v. in fine, hoc est de Trisulto, v. primo fol., venditus ‹corr. su emptus dep.› a
dictis fratribus Io. Angelo Rufinello ‹per Rustinello›, tum emptus a Julio Sansedonio
episcopo Grosseti, et donatus Constantino Caietano ». Segue: « Vita s. Catharinae de
Senis scripta a B(eato) f. Raimundo de Vineis Capuano Magistro Generali ordinis
Praedicatorum, qui fuerat Virginis Catherinae confessor ».
Contenuto
ff. 1r-140r [RAIMONDO DELLA VIGNA DA CAPUA, Legenda s. Catharinae de Senis o Legenda maior]
Beati Raymundi de vineis Capuani ord. Praed. Vita s. Caterina senensis (titolo aggiunto, secolo XVII)
ff. 1r-2r Rubrica
ff. 2r-8v [I] Prologus
inc.: Vox spiritualis est aquile usque ad celi supremi fastigium evolantis
expl.: sint pro voce spiritualis aquile ad propositum nostrum ‹agg. nell’interl. su
segno di inserzione a cuspide› concludenda. Nunc ad narrandum gesta huius sacre
virginis procedamus.
ff. 8v-9r Secundus Prologus
inc.: Dixit David filius Ysay dixit vir cui constitutum est de Christo Dei Iacob
egregius psalmista
expl.: ad laudem eiusdem trinitatis excelse cui est honor et gloria in secula
seculorum amen.
ff. 9r-140r [Legenda s. Catharinae de Senis]
inc.: Fuit vir unus in civitate Senensi regionis tuscie nomine iacobus cuius
pater vocatus est
expl.: Quod eterna bonitas eius michi et ceteris filiis et filiabus ipsius dignetur concedere que una in trinitate ac trina in unitate vivit et regnat in secula
seculorum. Amen.
ediz.: Acta Sanctorum, pp. 853-959; KAEPPELI, Scriptores, p. 289.
Storia
« Anno domini nostri iesu christi .M°. | CCCC°. V°. nativitatis ei(us)de(m), ul|timo
die ‹agg. nel margine interno di inserzione e richiamo› me(n)sis ap(r)ilis sc(r)iptus seu |
792
EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
finitus est liber iste in venera|bili monasterio sancti bartholomei apostoli | ordinis
cartusiensis, in partibus campa|nie sito ∙:∙ ~ » (f. 141r; rubricato);
« D XXVIJ » (f. 1r, margine superiore);
« Iste liber est sancti bartholomei de trisulto ordinis carthusiensis » (f. 1r, margine
inferiore; stessa mano che appone la nota nel Vall. B 82, unità 2);
« Die . 4. 7bris 1604. Romae | Emi ego Julius Sansedonius senensis praesbyter indignus | hunc libru(m) à D. Joanne Angelo Rustinello, qui emerat cum | quibusdam
aliis illum à Monachis dicti Monasterij. (f. 1r margine inferiore, della stessa mano che
aggiunge il titolo di f. 1r e 2r; per Giovanni Angelo Rustinelli, nominato alla sede di
Grosseto il 20 novembre 1606: FERDINANDO UGHELLI, Italia Sacra, sive De episcopis Italiae et insularum adjacentium, rebusque ab iis praeclare gestis deducta serie ad nostram usque
aetatem (...), editio secunda, aucta & emendata, cura et studio Nicolai Coleti (...) III,
Venezia, apud Sebastianum Coleti, 1718, III, p. 695);
« Die XXIX. Januarii MDCXIX. D. Julius Sansedonius, episcopus Grossetanus | cui
dono dedi libros aliquot, tribuit hunc eumdem librum mihi | D. Constantino Caietano
Abbate S. Baronti » (f. 2r, margine inferiore; Costantino Caetani, 1560-1650; Badia di
S. Baronto, Pistoia: GAETANO BEANI, La chiesa pistoiese dalla sua origine ai tempi nostri.
Appunti storici, Cino dei fratelli Bracali, Pistoia 1883, pp. 129-130);
« 1405 .cc. » (f. 1r, angolo superiore esterno; secolo XVIII);
« 29 » (f. 1r, margine interno appena sotto la colonna; secolo XVIII?);
sul contropiatto anteriore, antiche segnature chigiane: « 809 » e « 1564 ».
Bibliografia
GIUSEPPE BARONCI, Inventario dei manoscritti chigiani, I-VI, [secolo XIX-XX] (copia facsimilare di sala dell’originale manoscritto, Chigi T. IV. 14), f. 193v, it. 1501; ALBERT PONCELET,
Catalogus codicum hagiographicorum Latinorum bibliothecarum Romanarum praeter quam Vaticanae,
apud editores, Bruxelles 1909, p. 275 [Subsidia hagiographica 11]; MARIE-HYACINTHE LAURENT,
Codici cateriniani poco noti della Biblioteca Vaticana, in « S. Caterina da Siena », n. s., 2 (1950),
pp. 18-24, in particolare pp. 20-21; BALDOVIN DE GAIFFIER, rec. a ROBERT FAWTIER, LOUIS CANET,
La double expérience de Catherine Benincasa (Sainte Catherine de Sienne), Gallimard, Paris 1950 [et alii],
in « Analecta Bollandiana », 69 (1951), pp. 182-191, in particolare p. 190; JOSÈ RUYSSCHAERT,
Costantino Gaetano O.S.B. chasseur de manuscrits. Contribution à l’histoire de trois bibliothèques
romaines du XVIIe s. L’Aniciana, l’Alessandrina et la Chigi, in Mélanges Eugène Tisserant, VII/2.
Bibliothèque Vaticaine, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1964, pp. 261-326, in
particolare p. 310 n. 400, tav. VIIa-b [Studi e testi 237]; I codici latini datati della Biblioteca
Apostolica Vaticana. I. Nei fondi Archivio S. Pietro, Barberini, Boncompagni, Borghese, Borgia, Capponi, Chigi, Ferrajoli, Ottoboni, sotto la direzione di Josè Ruysschaert; a cura di Adriana Marucchi
e Albinia C. de la Mare, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1997, pp. 84-84
n. 191, tav. XXII.
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Tav. I – Blackburn, Art Museum and Gallery, Hart 20198, f. 142v
(© Art Museum and Gallery)
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EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Tav. II – Blackburn, Art Museum and Gallery, Hart 20198, f. 30v
(© Art Museum and Gallery)
MINIMA TRISULTINA II. I CODICI ORIGINARI
Tav. III – Blackburn, Art Museum and Gallery, Hart 20198, f. 148r
(© Art Museum and Gallery)
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EMMA CONDELLO - MADDALENA SIGNORINI
Tav. IV – Blackburn, Art Museum and Gallery, Hart 20198, f. 114r
(© Art Museum and Gallery)