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A Marivanna. L'oltre me stesso… l'insieme. Nel 1905, un pensatore spagnolo, Miguel de Unamuno (1864-1936, pubblica: Vida de don Quijote y Sancho, según Miguel de Cervantes Saavedra, explicada y comentada por Miguel de Unamuno. Nel titolo già il significato dell'opera: un commento, un modo per far rivivere un'opera in un contesto diverso rispetto a quello in cui quella stessa opera è stata scritta e senza un commento è costretta a morire, è costretta a farsi mera filologia, a non essere punto e sostrato di ulteriore civilizzazione. Questo Unamuno, e non solo lui, lo aveva capito: aveva capito che era necessario andare nella meta-letteratura per tener viva l'opera letteraria; che la filologia è interessante se viene concepita come storia del linguaggio nella quale cercare la filosofia di un popolo: solo così diventa storia contemporanea; che la pura storia filologica è soltanto dotta e sterile esercitazione, oltre ad essere una forma errata di storia, perché priva di verità. La storia filologica non ha infatti la verità dentro di sé, ma la ripone nell'autorità cui rimanda, nel documento; questa forma di storia può essere corretta, ma non vera. Vera è la storia che non si limita alla re-compilazione dei pensieri altrui e già passati, ma esprime il nostro pensiero in atto, esprime cioè una critica. La storia insomma è quella che si esprime nel pensiero e per il pensiero ed il suo valore è insieme cultura, civiltà e progresso visti dal pensiero: così si arriva alla conoscenza della verità storica 1 . E allora, qual è la circostanza storica vissuta da Unamuno nel momento in cui scrive la sua Vida? Don Miguel scrive quest'opera durante la sua seconda tappa intellettuale: 1897-1912; nella sua prima tappa (1884-1897), la Spagna vive una crisi politica-economica-culturale, che culminerà quale evento simbolo, con la guerra e con la perdita di Cuba (1898). L'Unamuno di questo periodo è fondamentalmente quello dei saggi En torno al casticismo (1895), che si apre al raziopositivismo europeo e francese in particolare; attento ai bisogni del popolo, ma anche alle problematiche della scienza economica, cui si avvicina attraverso il 1 Cfr. : Benedetto Croce, Logica come scienza del concetto puro, Bari 1964 9 ; Ibidem, Teoria e storia della striografia, Milano 2001. Mi permetto di rimandare inoltre a:
Ordines, 2019
The structure of the Don Quixote is well-known: a hidalgo, don Quijana, read too much romances of chivalry and goes crazy, and thinks to be himself a knight errant. So, he wanders around the countryside in search of some adventure, mistaking real objects, persons and situations for things belonging to the world of those romances, with often shattering and laughable outcomes. In this essay I hold that this reading is, at least partially, wrong, and that the Quixote is a meta-romance, in which the main story is written with the actions by Quijana who pretend to be Don Quixote. So, Quijana isn't a madman, but maybe he has a fool idea: to write a romance in flesh and blood. And so, Quijana-Chisciotte takes his cue from reality to invent a novel reality on which to intervene, with the result that if in that reality he does justice in this one he often does nothing or even commits serious crimes. The law and the justice, always evoked, never really make their entrance. In the Quixote the two worlds intersect, but the law lives only in the world of the fiction.
Im@go, n. 18, 2021
Don Quixote, in addition to being a literary masterpiece, is also an inexhaustible epistemic reservoir that we need to draw on in order to understand what the relationship between imaginary and reality is made of and the peculiar way it is articulated in different eras, not only in Modernity. In this essay - from the perspective of Social Theory and the Social Change analysis - I will try to highlight how Cervantes' novel anticipates by many centuries what will be the most important epistemological (and aesthetic) acquisitions of the 20th century. Don Quixote is, from this point of view, a poetic treatise on the epistemology of complexity that reveals, in its folds, the mechanisms of functioning of complex systems and the paradoxes that are produced in them.After mentioning what makes this work unique in the cultural landscape of any age, I will therefore dwell on its great epistemic legacy. In addition to having made it possible to highlight the existence of multiple realities (Schütz, 2008), it consists in having created an immortal mimetic device that ostensibly illustrates the co-essentiality and secret relationships between reality and the imaginary, anticipating the relational and systemic character of social reality and the risks that lurk in the inauspicious treatment of its complexity.
Il genio non commette errori, apre portali di conoscenza" (Ulisse, James Joyce) La virtù del (dis)piacere E che storia sarebbe quella di Don Chisciotte de la Mancha? Lasciamo per un momento da parte, se cosi si può fare, ciò che è storico e ciò che è storicizzabile; le interpolazioni di un moro, la rilettura delle opere di un cavaliere cristiano da parte di un letterato arabo, tale Cide Hamete Benengeli, e le ironiche faticosissime ricerche, quasi una recherche proustianamente intesa, del nostro Cervantes. Lasciamo quindi in sospeso se un'azione a cui non subentri un riconoscimento al merito o al demerito possa avere valore e valenza di storia. Tutto questo, beninteso, è alla base della nascita del romance moderno, un genere che ha alle spalle il senso storico dell'azione come colonna d'Ercole insuperabile. Ma, come già avvertivamo nel capitolo precedente, l'elusione di ogni semplicistica attinenza fra cose e linguaggio, fra il fatto e il tradito, fra il codice ed il senso è avvertibile nell'operaopera di disillusione tutta spagnola come già sostenevano i primi esegeti a partire dal Menendez-Pelayonei nomi caricaturali che svelano la doppiezza del testo come ad esempio la contessa Triffaldi o la regina Micomicona, operazione alla quale non sfugge la virtù: sì, perché la storia di Don Chisciotte è una storia di virtù. Una storia di virtù cavalleresca, aderente a quell'antico ordine che non solo attraverso un'ascetica vita contemplativa impetrava grazie al Signore, ma anche attraverso eroiche gesta, nella consapevolezza del suo essere mondano e peccatore. Come l'agire intramondano sia al tempo stesso opera di fede ed opera che trascenda il volere di Dio, di fatto sentito come imperscrutabile, e quindi come esso operi per via della fede senza da essa potere avere riscontri certi, è smacco macchia e scomunica per l'uomo e al tempo stesso onore gloria e fama eterna. È caduta ed Eden al tempo stesso. Vediamo come si esprime il nostro eroe a proposito di tale aporia, a proposito quindi di quel che è riservato all'agire mondano nonostante la fede e la buona volontà: "per buon augurio, io ho preso, fratelli, l'aver visto quel che ho visto, poiché questi santi e cavalieri esercitano quel che esercito io, cioè la professione delle armi; senonchè la differenza che c'è tra me e loro si è che loro furon santi e combatteron da gente di Dio, mentre io son peccatore e combatto secondo il mondo. Essi conquistarono il cielo a forza di braccia, giacchè il cielo vuol essere forzato, ed io finora non so che conquisto a forza di travagli; tuttavia se la mia Dulcinea del Toboso fosse alleviata da quelli che soffre lei, forse col migliorarsi la mia sorte e col fare io miglior senno potrei dirigere i miei passi per via migliore di quella che ho presa" 1 . In un'ottica che ha come fine il ritrarsi delle pretese dell'uomo sul mondo e che legge la vanagloria come peccato contro Dio da scontare attraverso busse botte e beffe per arrivare in ultimo ad un perfezionamento spirituale, che culmina con la 1 M. de Cervantes, El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha (1605), trad. it. Don Chisciotte della Mancia, Rizzoli, Milano 1981, p.1056.
2020
Il tema della malinconia, centrale nell'opera di Starobinski, è anche concetto chiave per comprendere il personaggio del don Chisciotte. Starobinski dedica allo studio della personalità malinconica del cavaliere errante cervantino delle pagine magistrali, in cui, più che trattare il tema delle alternanze umorali, collerico-malinconiche, in linea con Galeno e Huarte de San Juan, si sofferma sull'analisi di un aspetto specifico, o sintomo, della personalità malinconica: il rapporto con il tempo e l'attesa. All'agire immediato e urgente del cavaliere di fronte ad ogni nuova avventura, Starobinski accosta quei momenti in cui l'eroe pare percepire il tempo in un modo totalmente diverso.
Im@go Journal, 2021
The fiction of fiction. The role of Quixote in the labirinths of Borgesian metaliterature. In 1939 Jorge Luis Borges wrote a short and fulminating story (about ten pages in all), entitled Pierre Menard, author of Quixote, later included in the Fiction collection (1944). The text analyzes and reviews a fictional work of a writer, Pierre Menard, equally fictional. The "fantastic" work is actually the most famous novel in the world, namely Don Quixote. Borges presents Menard's text-completely identical, word for word, to Cervantes' masterpiece (albeit limited to chapters XXVIII and IX of the first tome of the work)-as the result not of copying or of simple transcription or of identification between Menard and Cervantes, but generated directly from Menard's mental life. With one of the typical slips into the vertigo of Borgesian paradoxes, Pierre Menard will have to be the new author of Quixote to such an extent that the text will have to penetrate the fibers of his writing, preventing him from detaching himself, even by a comma, from the original text of Cervantes. In the few pages of the story a literary construction takes shape that does not admit a solution of continuity between real and imaginary, fiction and truth, authors and characters, and which deserves to be investigated for its sociological and not just literary repercussions.
Luigi Riggio ricevette in dono da Luigi XV re di Francia dodici preziosi arazzi con immagini tratte dalla storia di Don Chisciotte tessuti nelle famose manifatture parigine dei Gobelins. Nel 1860 sette dei dodici arazzi di Luigi furono acquisiti nel patrimonio della corona sabauda e finirono al Quirinale dove ancora oggi si mostrano nelle sale della Presidenza della Repubblica.
¿Y qué ha dejado Don Quijote?, diréis. Y yo os diré que se ha dejado a sí mismo, y que un hombre, un hombre vivo y eterno, vale por todas las teorías y por todas las filosofías. Otros pueblos nos han dejado sobre todo instituciones, libros; nosotros hemos dejado almas.
2020
Il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes può prestarsi ad adattamenti non strettamente legati all'ambito del romanzo. Nel teatro contemporaneo le esperienze di riscrittura dell'opera sono numerose. Viene qui evidenziato il valore temporale dell'azione scenica che emancipa i personaggi dal dato storico e letterario per condurlo all'attualità dell'istante scenico o aión. Il risultato dell'incontro fra il tempo della scena e quello del romanzo è descritto in maniera esemplificativa dai due autori e artisti contemporanei Rino Marino e Auretta Sterrantino, rispettivamente con le opere Lunario e Quarantena. Don Quixote by Miguel de Cervantes has been adapted many times also beyond the novel genre, and contemporary theatre is full of such rewritings. The temporal value of the act could release characters from to the historical and literary fact into the current time on stage or aión. The process is described by means of the works Lunario by Rino Marino and Quaranten...
Quaderns d’Italià, 2011
Questo «omaggio» al poeta recentemente scomparso (uno dei maggiori intellettuali italiani del Novecento) prende spunto dalla pubblicazione in Varie ed eventuali (l'ultima raccolta poetica) dei Frammenti da «Invenzione di Don Chisciotte» (un testo del 1949), dove il personaggio cervantino è proposto come «viaggiatore sensibile». Si propone una lettura delle «poesie di viaggio» di Sanguineti ispirate a luoghi spagnoli e catalani. Partendo dalla poetica del «piccolo fatto vero», vi è sviluppata la dimensione-tema della «bilocazione» (come la chiamerà in Cose 63), che si rivela, nei poli dello sdoppiamento e dell'assenza, come uno dei nodi fondamentali che l'esperienza poetica del viaggio mette in evidenza.
Don Chisciotte e "quel contraccolpo all'altezza della rotula". Un caso d'arte come "meta-orientamento" alla ricerca e all'azione di Antonia Chiara Scardicchio Lo scritto muove da un evento artistico -una mostra dedicata al don Chisciotte -che diventa 'sfondo integratore' per riflettere intorno alle potenzialità formative ed orientative del personaggio letterario di Cervantes e dell'arte come esercizio alla ricerca e all'azione. L'identità precipua del cavaliere errante coincide con l'identità e la progettualità pedagogiche, muovendo un percorso di "meta-orientamento", finalizzato alla presa in carico di sé e della realtà in ottica costruttivista: contempl-azione. i due, quello savio? Ai visitatori della Mostra "Dalla parte del torto", dedicata a don Chisciotte [1] sono state affidate solo domande, nessuna risposta. Perché il suo obiettivo è filosofico: far vivere a chi la attraversa -e per il quale il termine "visitatore" è una riduzione -l'esperienza di un'arte che diventa ricerca non solo per l'artista ma anche per il fruitore/contempl-attore. Vito Moccia ha dipinto e scolpito un'itineranza, ha materializzato un viaggio: un viaggio di quelli al confine tra fuori e dentro, ove tutte le forme della materia e dell'arte si danno il cambio per raccontare non un personaggio o soltanto una storia ma un incontro, una rivoluzione, un dissestamento. E di più ancora: un modo di sentire, di guardare, di esistere. Un modo di vivere non assopito sul divano: dove due più due non fa sempre quattro e dove la saggezza non coincide col disincanto. Un modo di vivere in cui l'arte ritrova la sua più profonda e ancestrale identità (Debray,1999): insegnare a guardare. A sentire. A vivere, persino. Contagiando uno sguardo che, anziché irrazionale, educa a pensare. Così una mostra non è più una "mostra" soltanto: il "visitatore" diventa contempl-attore e partecipa a un progetto (cfr. Nardi, 1991; e partecipare è intraprendere un percorso 'meta' di orientamento. Paradossalmente, muovendo da un disorientamento. Sicché il visitatore non è più soltanto tale, giacché non gli è richiesta solo una "visita" ma una compromissione. Gli è proposto un contagio. E il passaggio attraverso ogni opera di Moccia implica una trasformazione: tutte, difatti, sembrano parlare. Ci sono sguardi che dagli acquerelli vengono fuori, quasi fossero tridimensionali. Ci sono disegni che sembrano sculture. E sculture che sembrano danze. E installazioni che appaiono come rappresentazioni musicali e insieme teatrali. Immagini e parole si mescolano all'unisono trascinando artista e fruitore verso la medesima direzione: un incontro, una rivoluzione, un modo di esistere. E di guardare. Un guardare che è ben più che la contemplazione dell'uomo-saggio-immobile-sul-divano: un guardare che è entrare e diventare parte di una metafora. E una metafora particolare: perché Chisciotte è icona e simbolo, invito ed esortazione. Orientamento a prendersi-in-carico la realtà. Ove la sua immaginazione non è patologia ma, come per Calvino (1993), in quanto "repertorio del potenziale, dell'ipotetico, di ciò che non è né stato né sarà ma che avrebbe potuto essere" (p. 91), è procedura che insegna a prendersi cura, con coraggio e dedizione, di ciò-che-è e di ciò che, tramite la nostra personale compromissione, può-essere. Orientamento all'azione. All'agency, nella sua formulazione più complessa: "atteggiamento rispondente" (Cipriani, 2004), ove l'agire muove dalla spinta cognitiva al sottrarsi allo scacco. E ove il proprium umano è, al cospetto del reale, la possibilità di generare l'inatteso: quel "sorprendente" -nell'introduzione di quel quid singolare, storico eppure non relativo, che dice della specificità di ogni singolo essere umano -che, secondo la Arendt, è il miraculum possibile: «Il fatto che l'uomo sia capace d'azione significa che da lui ci si può attendere l'inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile» (Arendt, 1988, p. 131). Non a caso, dunque, quando Bonhoeffer, teologo e pastore protestante arrestato e poi ucciso per aver preso parte a una congiura contro Hitler, in una delle sue lettere dal carcere berlinese si chiese ove fosse il confine tra la "necessaria resistenza" e la altrettanto necessaria "resa al destino", scelse di identificare la prima con don Chisciotte e la seconda con Sancho Panza (Bonhoeffer, 1996, p. 288). Resistenza e resa. Due modi differenti di guardare-sentire-pensare. Vivere. La resa è del realista ma non della razionalità. La resa è del realismo che non crede neppur nella ragione, poiché crede solo in quel che vede. La resistenza, allora, non è rinuncia alla ragione né è irrazionalità: è la sua forma costruttivista e anche quella più fiera di sé: perché sa che può modellare la realtà, non soltanto visitarla (Scardicchio, 2011). E questa resistenza, questo orientamento a vivere trasformando , Moccia lo dipinge e lo scolpisce, usando la sua arte come letteratura: il polistirolo dice della fragilità, l'argilla descrive la creatività. L'acciaio racconta del coraggio, la luce dice dell'innocenza. Ogni tratto e ogni movimento descrivono il contrario della resa. Ed ecco perché tutte le opere sembrano non soltanto parlare ma, meglio ancora, chiamare. Chiamano nel territorio della Mancha: non con la presunzione di chi intende indicare una via come quella giusta ma con non è sinonimo di stasi. Ma il suo contrario. Eppure Chisciotte fa ridere. Al primo sguardo del lettore di Cervantes appare solo il comico. O, meglio, il ridicolo. Allo sguardo più profondo appare il tragico: Dostoevskij lo definì il libro più triste che avesse mai letto e anche Kant lo ritenne tale. Marx lo considerò emblema dell'utopia astratta. Ma uno sguardo che colga solo il comico o solo il tragico dell'opera di Cervantes ne coglie una dimensione soltanto, viviseziona come in laboratorio, perdendo l'intero. Come se si leggesse un film di Fellini come irreale soltanto. E, allora, così come l'onirico felliniano dice della realtà talvolta persino di più di un certo realismo, così don Chisciotte trasuda altri significati dietro le sue allucinazioni. La dinamica realtà/irrealtà che ne emerge è complessa e scientificamente corroborata. Il suo vedere-quel-che-non-si-vede è ben più che indice di follia. È la competenza del vedere-quel-che-non-è-visibile ma che, non per questo, non-è . È una vista ad un meta livello che riconosce la realtà come intrisa delle nostre proiezioni, anticipando approdi costruttivistici ed evidenze neuroscientifiche. Chisciotte vede guerrieri: e invece sono solo pecore e montoni. Ma, questa, di fatto, è la norma di ogni nostra visione (Watzlawick, 1981; Lucignani & Pinotti, 2007). Lo iato, lo scarto, la linea di demarcazione tra Chisciotte e Sancho non è nella qualità delle rispettive visioni, bensì nel differente modo di stare al loro cospetto. Il primo è mobile, il secondo statico. Il secondo è elegia del passato come eterno presente, il primo è lirica del futuro, prossimo e remoto. Poiché «Don Chisciotte aveva ricavato dalle sue letture antiquarie un aldilà anche nella vita quotidiana» (Buber, 2005, p. 1201): così nel suo «mondo utopico-antiquario", ripristina «il più insostenibile tra i rapporti, il rapporto tra anticipazione e passato» (ivi, p. 1207). Ne risulta, allora, «una caricatura dell'utopia»? (ibidem). La posizione di Buber sembrerebbe, alla fine, andare proprio in questa svalutante direzione: «Egli è il più grande utopista fatto oggetto di romanzo, ma al tempo stesso ne è l'immagine deformata; e in prima istanza, nella primissima e più visibile, Cervantes l'ha solo coperto di scherno. Questo non contiene certamente l'ultima parola, a tal fine Don Chisciotte resta un esempio troppo commovente di coscienza utopicamente attiva, anzi uno degli iniziatori dell'utopia, con giganteschi castelli in aria al di sopra della pianura» (ivi, p. 1208): Buber risente della lettura di Marx, che «particolarmente suscettibile in materia di
Scientific Reports, 2024
Publications de l'École française de Rome Middle Ages without borders: a conversation on medievalism, 2021
Empires and Communities in the Post-Roman and Islamic World, C. 400-1000 CE, eds. Rutger Kramer and Walter Pohl, 2021
Consumption and Society , 2024
Fichte-Studien , 2024
International Journal of Innovative Science and Research Technology, 2024
Urdimento - Revista de Estudos em Artes Cênicas. Florianópolis, v. 2, n. 51., 2024
N. Boroffka, G. T. Rustoiu, R. Ota (Hrsg.), Carpathian-Heartlands. Studies on the prehistory and history of Transsilvania in European contexts, dedicated to Horia Ciugudean on his 60th birthday, Apulum 51, 2014, 401-416.
Smart Sensors, Measurement and Instrumentation, 2017
SUNY Series in Contemporary Italian Philosophy, 2016
Journal of Water Resource and Protection, 2014
European Journal of Inorganic Chemistry, 2006
Dalton Transactions, 2012
Biophysical Journal, 2012
International Surgery Journal, 2020
Journal of Geophysical Research, 2007
Brazilian Journal of Pharmaceutical Sciences, 2019
The Clinical Neuropsychologist, 2009