UNIVERSITÀ DI NAPOLI «L'ORIENTALE»
DIPARTIMENTO DI STUDI COMPARATI
STUDI SULLA LETTERATURA
ITALIANA DELLA MODERNITÀ
PER ANGELO R. PUPINO
2. Dal secondo Novecento ai giorni nostri
a cura di Elena Candela
Liguori Editore
CALVINO LEGGE LEONARDO*
di Carlo Vecce
All'inìzio del 1985 Italo Calvino cominciò a lavorare alla stesura di sei conferenze che avrebbe dovuto tenere ad Harvard alcuni mesi dopo, nell'ambito
delle Poetry Leclures dedicate a Charles Eliot Norton. La morte precoce
dell'autore lasciò il testo allo stadio del dattiloscritto, ormai pronto per la
comunicazione orale di cinque delle sei lezioni (che, previste in lingua inglese, avrebbero quindi comportato un'ultima trasformazione; e molti dei testi
citati erano comunque in inglese): un testo incompiuto, dunque, anche se
in seguito recepito come una sorta di testamento spirituale, riflesso anche
nella scelta del titolo (non d'autore) scelto per la prima edizione del 1988,
Lezioni americane, mentre il sottotitolo, Sei proposte per il prossimo millennio,
traduceva alla lettera un appunto manoscritto di Calvino, "SIX MEMOS
/ POR THE NEXT MILLENNIUM / 1. Lightness / 2. Quickness / 3.
Exactitude / 4. Vìsìbility / 5. Multìplicity / 6. Consistency", che sembrava
rispecchiare l'ultima redazione dell'opera'.
In realtà, a monte delle Lezioni americane che ci è dato leggere oggi (nell'edizione dei Meridiani derivata dalla princeps dell'88)2, il lavoro compositivo
di Calvino è rappresentato da cinque block-notes segnati dallo stesso autore
con l'indicazione progressiva da «Norton 1» a «Norton 5»3: un materiale
magmatico in cui idee e progetti di ordinamento mutano continuamente, in
un mobile processo di scrittura che, evidentemente, coinvolge direttamente
1 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Garzanti, 1988.
Nell'ordine, si presentano le seguenti lezioni: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità. Cfr. A. Asor Rosa, Lezioni americane di Italo Cai-vino, in Letteratura italiana. Le Opere,
voi. IV, parte II, Torino, Einaudi, 1996, pp. 953-96.
2 1. Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi, Milano, Mondadori, 1995, pp. 627-753.
Oltre ad alcune correzioni, la novità maggiore è costituita dall'aggiunta in appendice (pp.
734-53) di una sesta lezione ricavata dai manoscritti preparatori, Cominciare e finire, stesura
di quella che sarebbe dovuta essere la conferenza iniziale (con data 22 febbraio 1985).
1 Riprendo la descrizione di M. Barenghi in Calvino, Saggi, cit., pp. 2957-85.
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STUDI SULLA LK'ITKUATUKA ITALIANA DI-I .LA MUDKRNITÀ
l'autore alle prese non tanto (e non solo) con un'analisi di alcune costanti
dell'universo letterario, ma soprattutto con un difficile bilancio della propria
produzione. Calvino era passato in realtà attraverso molte strutture 'possibili'
(o si potrebbe dire 'potenziali1, richiamando il suo amato Ouìipó). L'opera,
che 'sembra' un ciclo di conferenze, appare piuttosto assimilabile allo schema
aperto e interattivo di Se una notte d'inverno un viaggiato??.
In rapida sintesi, e sulla base delle date apposte nei taccuini calviniani,
la composizione iniziò in gennaio con Lightness (rielaborata in aprile-maggio), proseguì con Cominciare e finire (che poi sarebbe in parte confluita
in Consistency), con L'enciclopedia e il nulla, Multiplicity (maggio), Openness,
Quickness (dal 1° al 10 giugno), Visibility (dal 18 al 23 giugno, e dal 13 al
16 luglio), e Exactitude (dal 23 giugno al 12 luglio). Fatte salve alcune aggiunte, correzioni e proposte di ordinamento, la lezione $v\V Esattezza (che
nelle edizioni si legge ora al terzo posto, al centro dell'opera), fu in realtà
l'ultima a essere composta, insieme a Vùibilità. Anche in essa, come nelle
altre, scorre la galleria di autori e testi esemplari, necessari per individuare i
Valori o qualità' di una poetica letteraria in grado di affrontare le sfide della
modernità, in una visione quasi 'profetica' che interagisce col mondo della
comunicazione veloce e immediata, dei nuovi media, dell'universalità e della
globalità dei rapporti economici.
Ora, proprio alla fine di Esattezza, dopo aver citato Leopardi, Musil,
Barthes, Valéry, le proprie Città invisibili^. Francis Ponge, Calvino introduce
a sorpresa un autore a lui non familiare, Leonardo da Vinci, dedicandogli le
tre pagine finali della lezione, con analisi puntuale di alcuni suoi testi4.
Probabilmente, la scrittura di Leonardo è scoperta tarda di Calvino. Il suo
nome compare poco nei suoi saggi e negli scritti critici. Forse lo allontanava
la diffidenza verso un'immagine vulgata contemporanea che, in parte, era
ancora quella ereditata dal simbolismo e dal decadentismo (segnatamente
dal leonardismo dannunziano). Altrove Calvino ricorda Leonardo inventore, con i suoi disegni di «macchine fantastiche che iniziano la genealogia
delle macchine inventabili e costruibili»5; e poi Leonardo artista, o studioso
di ottica6. Il confronto tra parola e immagine, così importante per Calvino
(anche a livello genetico, di inventio di alcune sue strutture narrative, dai
Nostri antenati alle Città invisibili}, almeno in un caso si incrocia con una
ripresa (non dichiarata, ma assolutamente evidente) del celebre Paragone
' Calvino, Saggi, cit., pp. 694-96.
Ivi, p. 312.
1 Ivi, pp. 489, e 527.
CALVINO Li'x;c;i- LEONARDO
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delle arti di Leonardo, la prima parte del Libro di pittura in cui si afferma la
superiorità del pittore sullo scrittore7:
Tra le possibili operazioni del pittore e dello scrittore c'è una differenza fondamentale. Il pittore manipola degli spazi, e il tempo resta
quello dell'occhio che vede. L'opera è contenuta in un sguardo, viaggia
con la velocità della luce. Può essere letta punto per punto o contemplata
indefinitamente: ma ogni secondo dell'indagine o della contemplazione
contiene la totalità dell'opera. Lo scrittore manipola il tempo, un tempo
speciale che è quello della lettura, interno all'opera. Gli spazi a cui rimanda
sono concentrati nella catena delle parole che si sgranano a una a una,
sono schiacciati nella giustezza della linea tipografica, mentre il tempo
della lettura si dilata e si contrae. C'è un paradosso del tempo della lettura, ed è questo: se si tratta di un tempo illusionistico, se è la funzione
d'un tempo "vissuto" altra volta e altrove, ecco che nella lettura passa
- sembra passare - veloce; se invece esclude di rappresentare un tempo
trascorso fuori della parola scritta, e s'identifica col tempo del leggere,
con l'atto d'appropriarsi della pagina scritta, allora è un tempo tutto soste
e intoppi, che si fa sentire come impiego di tempo.
Leonardo scrittore sembra invece mediato dall'incontro con altri autori:
innanzitutto con quella straordinaria autobiografia che è il De vita propria
di Girolamo Cardano, scrittore latino per il quale Calvino osserva che, se
avesse scritto in volgare, «certo ne sarebbe venuto fuori un italiano aspro e
accidentato sul tipo di quello di Leonardo»8. Poi con lo scrittore francese
contemporaneo Francis Ponge, con il suo sforzo di misurarsi con le cose,
per mezzo della parola: qualcosa che fa richiamare subito il nome di Leonardo: «Questo comporta una battaglia col linguaggio, un continuo tirarlo
e rimboccarlo come un lenzuolo qua troppo stretto e là troppo largo, il
linguaggio che tende sempre a dire troppo poco o a dire troppo. Ricorda la
scrittura di Leonardo da Vinci che anche lui in certi brevi testi ha cercato
di descrivere attraverso faticate varianti l'avvampare del fuoco o il grattare
della lima»9.
7 I. Calvino, il tempo della lettura, in «il contesto», fase. 4-5-6, p. 3. Cfr. Leonardo da Vinci,
Libro di Pittura, Codice Urbinate lat. 1270 nella Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di C.
Pedretti, trascrizione critica di C. Vecce, Firenze, Giunti, 1995, p. 146, n° 22.
8 Nell'articolo Cardano: uno scienziato nel mondo di Amieto, in «Corriere della Sera», 21
settembre 1976 (Calvino, Saggi, cit., pp. 791-92).
9 Nell'articolo Felice tra le cose, in «Corriere della Sera», 29 luglio 1979, a proposito dell'edizione italiana de II partito preso delle cose, a cura di J. Risset, Torino, Einaudi, 1979 (Calvino,
Saggi, cit., pp. 1401-7 = 1404).
STUDI SULLA IJSTTEUATUUA ITALIANA DELLA MODERNITÀ
CALVINO LEGGE LEONARDO
Lo scatto Ponge-Leonardo è praticamente identico a distanza di pochi anni, in Esaftezza. Identica l'idea di una battaglia con la lingua, di un
processo faticoso di avvicinamento che, a livello di elaborazione testuale, si
basa sulla tecnica della riscrittura, e diventa, ad un certo punto, un vero e
proprio strumento di conoscenza10:
trova in uno dei più celebri codici di Leonardo, il Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana di Milano, al £ 321/"ex 116v& trattandosi di un testo ///
progress, incompiuto e in tre stesure, questo foglio non presenta alcun "rapido
riassunto", che invece troviamo in un altro codice, a Londra, Victoria and
Albert Museurn, Codice Forster III, f 3Qr. «H foco contende l'acqua posta
nel laveggio, dicendo com<e> l'acqua no merita star sopra il foco, re clelli
clemente, e così vo' per forza di bollore cacciare l'acqua del laveggio; onde
quella per farli onore d'ubbidienzia discende in basso e annega il foco»'2.
Certo, non è necessario pensare che Calvino si sobbarcasse l'impresa di andare a Milano, e di consultare l'originale del Codice Atlantico: era disponibile
la vecchia edizione di Giovanni Piumati (Milano, Hoepli, 1894-1904), e da
pochi anni quella monumentale di Augusto Marinoni, con riproduzione fototipica dei singoli fogli, e loro nuovo ordinamento e numerazione {Firenze,
Giunti, 1973-1980). Ora, il confronto con il foglio presenta sì le tre stesure,
ma disposte solo su due colonne13:
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L'esempio più significativo d'una battaglia con la lingua per catturare
qualcosa che ancora sfugge all'espressione è Leonardo da Vinci: i codici
leonardeschi sono un documento straordinario d'una battaglia con la
lingua, una lingua ispida e nodosa, alla ricerca dell'espressione più ricca
e sottile e precisa. Le varie fasi del trattamento d'un'idea che Francis
Ponge finisce per pubblicare una dopo l'altra perché l'opera vera consiste
non nella sua forma definitiva ma nella serie d'approssimazioni per raggiungerla, sono per Leonardo scrittore la prova dell'investimento di forze
che egli metteva nella scrittura come strumento conoscitivo, e del fatto
che - di tutti i libri che si proponeva di scrivere - gli interessava più il
processo di ricerca che il compimento di un testo da pubblicare. Anche i
temi sono talora simili a quelli di Ponge, come nella serie di brevi favole
che Leonardo scrive su oggetti e animali.
(colonna destra)
Trovato u
Rallegrandose il foco dei-quantedeUe secche legne che trova-1"'1 focolare
trovato avea e in <'uetle aPPresosi e con quelle comincia a scherzare tessendo le
sue piccole fiammelle mfra-K-irrtervaJK ora qua ora là per lì intervalli che
infra le legne si truova, traeva
E scorrendo infra quelle con festevole siocos° transito cominciò a spirare fra li intervalli delle superiori legne apparia faciendo di quelli a sé dilettevoli
finestre °ra C|ua ori la, e elevato alquanto le lucenti e rutilanti fiamme, già
aveva cacciato le oscure tenebre della chiusa abitazione, e con galclio
già le fiamme nate scherzavan colTaria d'esse legni circundatrice, e con
dolce rnormorio cantando già creava pia<cevole> somto-eoHpaale-pr&ntmtia
ehe-lo
E <ve>dutosi già fortemente essere sopra delle legne cresciuto e
fatto assai grande, cominciò a levare il mansueto e tranquillo animo in
gonfiata e incomportabile superbia, facendo quasi a sé credere tirare tutto el superiore elemento sopra le poche legne. E cominciato a sbuffare,
e empiendo di scoppi e di scintillanti sfavillamenti tutto il circunstante
focolare, già le fiamme, fatte grosse, unitamente si dirizzavano inverso
l'aria, quando /'a/fiero foco le fiamme più altiere percosse nel fondo della
superiore caldara
Trattando di favole (tema e genere a lui molto caro) Calvino propone
allora la sua prima scheda, il testo della favola del fuoco, minutamente
analizzata come se fosse tratta direttamente dal manoscritto originale di
Leonardo11:
Prendiamo per esempio la favola del fuoco. Leonardo ce ne da un
rapido riassunto (il fuoco, offeso perché l'acqua nella pentola sta sopra
di lui che pure è il "superiore elemento", innalza le sue fiamme sempre
più in alto, finché l'acqua bolle e traboccando lo spegne) che poi svolge
in tre stesure successive, tutte incomplete, scritte in tre colonne affiancate, ogni volta aggiungendo qualche dettaglio, descrivendo come da una
piccola brace la fiamma spira tra gli intervalli della legna e scoppietta e
si gonfia; ma presto Leonardo s'interrompe cone rendendosi conto che
non c'è limite alla minuziosità con cui si può raccontare anche la storia
più semplice. Anche il racconto della legna che s'accende nel focolare
della cucina può crescere dall'interno fino a diventare infinito.
Stranamente, la citazione calviniana, che sembra rinviare con precisione
anche alla pagina autografa, con la descrizione del processo materiale di
scrittura, non coincide con la fonte di riferimento. La favola in questione si
Leonardo da Vinci, Scritti, a cura di C. Vecce, Milano, Mursia, 1992, p. 55.
Do una nuova trascrizione critica del testo, basandomi sulla riproduzione del foglio originale: in corsivo sono i brani cancellati da Leonardo. L'ordine di composizione dei testi va
dalla colonna di destra a quella di sinistra, dal momento che Leonardo utilizza una scrittura
rovesciata, da destra a sinistra.
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Calvino, Saggi, cit, p. 694.
Ivi, pp. 694-95.
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STUDI SULLA LIOTEKATURA ITALIANA DELLA MODKRNITÀ
(colonna sinistra)
Standosi uno pò polo
Ricoverandosi uno poco dì &qQasi morto '" "no piccolo carbone che infra la
tiepida cenere poveramente il meglio che potea con gran carestia si cibava
del poco omore che nel suo carbone restato era.
Uno poco di foco che in un piccolo carbone infra la tiepida cenere
rernaso era, del poco omore che in esso restava carestiosa e poveramente
se notriva se medesimo notrìa, quando la ministra della cucina per usare
con quello l'ordinario suo cibario offizio quivi apparve, e, poste le legne
nel focolare, e col solfanello, già resucitato una picola d'esso, già quasi
morto, una piccola fìammella e sopra e sopra lef infra le ordinate legne pone la
caldura, eliti sipartì, sanza altro sospetto sicuramente si parte quella appresa,
e posta di sopra la caldara, sanz'altro sospetto, di lì sicuramente si parte.
Allora il foco rallegratosi il fo<co> delle sopra sé poste secche legne,
comincia a elevarsi, <ca>cciando dolcemente l'aria delli intervalli d'esse
legne, infra quelle con ischerzevole e giocoso transito, se stessi tesseva
facendo sì ora questo ora l'altro spiracelo e coni e oltra di questo. Cominciato
a spirare fori dell'intervalli delle legne, di quelli a se stessi dilcttevo11 finestre
fatto avea; e cacciato fori di quelle rilucenti e rutilanti fìarnrnelle, subito
discaccia le oscure tenebre della serrata cucina; e con galdio le fiamme già
cresciute scherzavano coll'aria d'esse circundatrice e con dolce mormorio
cantando creava suave sonito.
È quindi evidente che Calvino non aveva davanti il foglio originale, e
nemmeno una sua riproduzione. Ma qua! era l'edizione di riferimento? Andiamo alla fine delle Lezioni americane, dove si trova la Nota bibliografica™,
ma Leonardo manca del tutto. Controlliamo allora le due migliori antologie
di testi vinciani disponibili per Calvino, quelle di Anna Maria Brizio e di
Augusto Marinoni. La prima presenta un testo della favola che non rende
pienamente ragione del processo elaborativo15, mentre la seconda accompagna il testo con una nota molto precisa: «Nel f 116v£, diviso in due
colonne, la Favola è scritta tre volte. Una prima rapida stesura si trova nella
prima colonna; essa è cancellata, salvo l'ultima parte (Vedutosi già}. Nella
seconda colonna Leonardo ricomincia da capo, ma anche questo secondo
tentativo è ripudiato, Segue quindi il testo riprodotto fino a suave sonito, al
quale abbiamo aggiunto la parte non cancellata del primo tentativo. Il testo
così tormentato non è ancora definitivo, perché la Favola doveva continuare
narrando la fuoruscita dell'acqua dalla caldara e lo spegnimento delle su-
" Calvino, Lezioni americane, cit., pp. 121-22. Si tratta, del resto, di un elenco riguardante
le edizioni italiane dei testi di letteratura straniera citati nelle Lezioni.
15 Leonardo da Vinci, Scrìtti scelti, a cura di A.M. Brizio, Torino, UTET, 19663, pp. 109-10.
L'ALVINO M«J(JK LKONAKDO
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perbe fiamme, come appunto si legge nella Favola n. 48, che di questa può
considerarsi la traccia»16.
Calvino ha allora fatto tesoro delle note di Marinoni, immaginando però
di vedere un foglio in cui le tre stesure si disponevano su tre colonne, invece
che su due. Al di là di questo minimo errore, la sua lettura è di straordinaria
profondità, come dimostra la pagina successiva di Esattezza. Quel continuo
riscrivere, da parte di Leonardo, è sempre il segno di un «rapporto difficile
con la parola scritta». Certo, è superiore per immediatezza il disegno, e qui
Calvino cita direttamente dai quaderni di anatomia: «O scrittore, con quali
lettere scriverai tu con tal perfezione la intera figurazione qual fa qui il disegno?»17. Il bisogno di scrittura è però 'incessante', fino a fondersi con il
disegno in un'unica e ininterrotta modalità comunicativa, «un unico discorso
con disegni e parole».
E Calvino arriva a questo punto a rintracciare nella scrittura di Leonardo
degli elementi di 'mobilità' interna che vanno ben oltre la lezione àsSStEsattezza. Il brano in cui viene presentato questo nuovo testo è di tale intensa
bellezza (per la capacità di Calvino di dialogare col testo vinciano, e quasi
di riscriverlo lui stesso), che vale la pena riportarlo per intero18:
Nel foglio 265 del Codice Atlantico, Leonardo comincia ad annotare
prove per dimostrare la tesi della crescita della terra. Dopo aver fatto gli
esempi di città sepolte inghiottite dal suolo, passa ai fossili marini ritrovati sulle montagne, e in particolare a certe ossa che suppone abbiano
appartenuto a un mostro marino antidiluviano. A quel momento la sua
immaginazione deve esser stata affascinata dalla visione dell'immenso
animale quando ancora nuotava tra le onde. Fatto sta che capovolge il
foglio e cerca di fissare l'immagine dell'animale tentando per tre volte
una frase che renda tutta la meraviglia dell'evocazione.
O quante volte fusti tu veduto in fra l'onde del gonfiato e grande
oceano, col setoluto e nero dosso, a guisa di montagna e con grave
e superbo andamento!
(
16 Leonardo da Vinci, Scrìtti letterarì, a cura di A. Marinoni, Milano, Rizzoli, 1974, pp. 8990. Identici i testi della favola e della nota nella prima edizione: Leonardo da Vinci, Tutti
gli scritti. Scrìtti letterarì, a cura di A. Marinoni, Milano, Rizzoli, 1952, p. 86. Sull'importanza
dell'attività filologica di Marinoni, cfr. C. Vecce, Marinoni e le parole di Leonardo. Dagli 'appaiiti
grammaticalie lessicali ai rebus, in "Hostinato rigore". Leonardiana in memoria di Augusto Marinoni,
a cura di P. C. Marani, Milano, Electa, 2000, pp. 96-102.
17 Windsor, Royal Library, f. 19071/-= Quaderni dì Anatomia II, f. Ir (sempre attraverso la
mediazione di Marinoni; Leonardo, Scrìtti letterari, cit, p. 151). Altra citazione di Calvino,
più avanti, è dal proemio contro i letterati, dal Codice Atlantico f. 323rex 117ré (Leonardo,
Scritti letlerari, p. 147).
18 Calvino, Saggi, cit, pp. 695-96.
400
STUDI SULLA LETTERATURA ITALIANA DELLA MODERNITÀ
Poi cerca di movimentare \andamento del mostro, introducendo il verbo
volteggiare:
E spesse volte eri veduto in fra l'onde del gonfiato e grande oceano,
e col superbo e grave moto gir volteggiando in fra le marine acque.
E con setoluto e nero dosso, a guisa di montagna, quelle vincere e
sopraffare!
Ma il volteggiare gli sembra attenui l'impressione di imponenza e di maestà
che egli vuoi evocare. Sceglie allora il verbo solcare e corregge tutta la
costruzione del passo rendendogli compattezza e ritmo, con una sapienza
letteraria sicura:
O quante volte fusti tu veduto in fra l'onde del gonfiato e grande
oceano, a guisa di montagna quelle vincere e sopraffare, e col setoluto e nero dosso solcare le marine acque, e con superbo e grave
andamento!
Il passo si trova nel Codice Atlantico, £ 715, ex 165«z, e ancora una
volta Calvino riprende precisamente la nota filologica e linguistica di Marinoni, che aveva posto l'accento sulle stesse varianti lessicali (andamento,
volteggiare, solcare)™. Di nuovo un piccolo errore: la visione dell'immensa
caverna formata dalle ossa della balena si trova non su questo foglio, ma in
un altro manoscritto, il Codice Arundel, al f. 156r. «Per le cavernose e ritorte
interiora [...] Ora disfatto dal tempo, paziente diaci in questo chiuso loco.
Colle ispogliate, spolpate e ignude ossa hai fatto armadura e sostegno al
sopraposto monte»20; ma Calvino la leggeva insieme ai tre brani del mostro
marino, sulla stessa pagina dell'edizione di Marinoni.
Non è questo, evidentemente, che conta. Al termine della lezione Caivino si rende conto che qualcosa sta andando al di là dei confini che si era
prefissato, come traspare anche dalle sue ultime parole: «L'inseguimento di
questa apparizione che si presenta quasi come un simbolo della forza solenne
della natura ci apre uno spiraglio su come funzionava l'immaginazione di
Leonardo. Vi consegno questa immagine in chiusura della mia conferenza
perché possiate custodirla nella memoria il più a lungo possibile in tutta
la sua limpidezza e il suo mistero»21. È un'immagine, infatti, che potrebbe
mettere in crisi anche la personale riflessione di Calvino, sulla propria opera
e sulla propria poetica, il rapporto profondo fra immaginazione e creazione
letteraria.
Leonardo, Scrìtti letterati, cit., pp. 186-87.
Cfr. Leonardo da Vinci, // Codice Arundel 263 nella British Library, Edizione in facsimile
nel riordinamento cronologico dei suoi fascicoli a cura di C. Pedretti, Trascrizioni e note
critiche a cura di C. Vecce, Firenze, Giunti, 1998.
31 Calvino, Saggi* cit., p. 696.
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CALV1NO LlìGGE LEONARDO
401
La scrittura è 'in movimento', non più qualcosa di stabile, di determinato,
ancorato a figure sostanzialmente statiche, strutture come cristalli o poliedri.
Scripta mutant, e la loro metamorfosi si collega alla metamorfosi immanente
delle cose che le parole sarebbero chiamate a 'de-scrivere', a isolare dal flusso
continuo di coscienza e di vita che ci circonda. Potenzialmente infinita, la
scrittura supera, con un colpo d'ala, l'iniziale difficoltà della 'battaglia della
lingua"22.
Dal punto di vista della macrostruttura, questo significa innanzitutto
il rifiuto consapevole, da parte di Leonardo, di qualunque forma di struttura 'chiusa'. Tra i suoi scritti, tra migliaia e migliaia di fogli, non è dato
riconoscere alcuna opera finita. La testualità resta 'aperta', senza gerarchla,
disponibile ad ogni nuovo apporto, e ad ogni nuova combinazione. Ora,
tra i testi ricordati nella lezione dell'Esattezza, vi sono tre opere che presentano una forte analogia con la struttura aperta del corpus dei manoscritti
di Leonardo: lo Zibaldone di Giacomo Leopardi, i Cahìers di Paul Valéry, e
le Città invisibili dello stesso Calvino. E anche gli altri Valori' proposti da
Calvino sono fortemente presenti negli scritti di Leonardo: la leggerezza,
la molteplicità, la velocità, e soprattutto la visibilità, da intendersi nel senso
del continuo confronto tra i linguaggi, in particolare tra il linguaggio verbale
(la parola, veicolata per mezzo dell'oralità, o della scrittura) e il linguaggio
iconico (le arti figurative). Un problema fondamentale oggi, in un'epoca in
cui la velocità di comunicazione e di ricezione del messaggio spinge a forme
di testualità, appunto, 'in movimento'.
22 Su Leonardo scrittore, cfr. C. Vecce, Scrìtti di Leonardo da Vinci, in Letteratura italiana.
Le Opere, cit., voi. II, Torino, Einaudi, 1993, pp. 95-124; C. Scarpati, Leonardo scrittore, Milano, Vita e Pensiero, 2001; C. Vecce, Word and image in Leonardo's wrìtìngs, in Leonardo da
Vinci Master Drafìman, ed. by C. Bambach, New Haven and London, Yale University Press,
2003, pp. 59-77.