architettura
FIRENZE
2.2018
arte e architettura
en regard
FIRENZE
UNIVERSITY
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Periodico semestrale
Anno XXII n.2
€ 14,00
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In copertina:
Giulio Paolini, Mimesi, 1975, Calchi in gesso
mostra Giulio Paolini del Bello ideale, 26 ottobre 2018 - 10 febbraio 2019, Fondazione Carriero, Milano
foto Francesco Collotti
DIDA
DIPARTIMENTO DI
ARCHITETTURA
architettura
FIRENZE
via della Mattonaia, 8 - 50121 Firenze - tel. 055/2755433 fax 055/2755355
Periodico semestrale*
Anno XXII n. 2 - 2018
ISSN 1826-0772 (print) - ISSN 2035-4444 (online)
Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997
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editoriale
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architettura e arte
lo spazio dell’arte
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letture a cura di:
La linea, la forma
Luciano Semerani
5
L’architettura è arte
Raffaella Neri
8
La logica di un linguaggio. John Hejduk e Juan Gris Problem
Tommaso Brighenti
14
Il ritorno a casa - Maria Lai a Ulassai, 1981
Alberto Pireddu
20
Dentro una terra. Il Monumento alla Resistenza di Cima Grappa
Francesca Mugnai
28
Christo e Jeanne-Claude - Come un’architettura - The London Mastaba
Fabio Fabbrizzi
36
Olafur Eliasson - Strumenti per esperire il reale
Fabrizio Arrigoni
44
Ensamble studio - Strutture fatte di paesaggio, a partire dal paesaggio
Simone Barbi
52
Sironi alla prova - La V Triennale: una grande sfida vinta
Elisabetta Longari
58
Paesaggio oltre il paesaggio. Carlo Carrà e Giuseppe Pagano nella Versilia “vivente esempio delle cose”
Andrea Volpe
66
Tracce di mediterraneo a New York il negozio Olivetti sulla Fifth Avenue
Giuseppe Cosentino
74
Costantino Dardi. L’arte della configurazione
Roberta Albiero
82
Casa Jorn, sintesi immaginista delle arti
Davide Servente
90
Elementare / Evidente
Marco Ferrari
96
L’architettura-scultura di Michele de Lucchi
Alessio Palandri
104
L’arte nell’opera di Luigi walter Moretti
Riccardo Butini
110
Leonardo Savioli - Deposizioni contemporanee
Francesca Privitera
116
Homo faber versus homo ludens
Emiliano Romagnoli
122
Architetture “impossibili” di Giotto e Keaton
Marco Navarra
128
Marina Abramović - The Cleaner
L’allestimento in mostra. Modello di Palazzo Strozzi per Marina Abramović
Eleonora Cecconi
134
Francesco Collotti, Edoardo Cresci, Antonio Acocella, Andrea Volpe, Eleonora Mantese,
Jurji Filieri, Eliana Martinelli, Adolfo Natalini, Alberto Pireddu
140
Firenze Architettura (2, 2018), pp. 116-121
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Reminiscenze manieriste e ricerca sull’informale caratterizzano l’evoluzione iconografica delle Crocifissioni
dipinte da Leonardo Savioli nel 1962. Attraverso la rappresentazione della Passione di Cristo Savioli racconta la
condizione umana, la sua sofferenza ma anche la sua inesauribile e salvifica ‘disperata vitalità’.
Mannerist reminiscences and a research on the informal characterise the iconographic evolution of the
Crucifixions painted by Leonardo Savioli in 1962. Through the representation of the Passion of Christ Savioli
narrates the human condition, its suffering, but also its inexhaustible and salvific ‘desperate vitality’.
Leonardo Savioli
Deposizioni contemporanee
Contemporary depositions
Francesca Privitera
Guardare le crocifissioni di Leonardo Savioli, opere graficopittoriche realizzate dall’architetto e pittore fiorentino nel 1962,
significa guardare a quella relatività del fatto artistico richiamata
da Roberto Longhi nel primo numero di «Paragone» (1950).
Ogni opera chiarisce lo storico dell’arte non è mai sola, è sempre un rapporto a cominciare almeno, aggiunge, dal rapporto
con un’altra opera d’arte.
Osservare le crocifissioni dall’angolazione di Longhi significa
far emergere quella rete di relazioni e di corrispondenze non
solo pittoriche ma anche umane ed esistenziali che le contraddistingue, ovvero immergersi in una dimensione temporale
cartesiana nella quale coaguli di esistenze si incontrano nell’intersezione tra le ascisse e le ordinate del tempo, ovvero tra contemporaneità e passato. Esse ben rappresentano l’ambizione di
Savioli testimoniata in una lettera scritta all’amico Emilio Vedova
di stabilire un rapporto con tutti gli uomini che sono esistiti, con
la loro forza, con le loro passioni, con la loro esistenza per intero
«fino a divenire ‘un solo uomo’ in orizzontale, nel presente, ed
‘un solo uomo’ in verticale, nel tempo»1.
Ed è questa forza arcaica dell’umanità, tanto vitale quanto sofferente, che Savioli traduce nelle sue Crocifissioni, anzi Deposizioni2, attraverso l’allusione ad una precisa eredità figurativa
trasfigurata dal proprio vissuto e calata nella contemporaneità:
quella di Rosso Fiorentino e della Deposizione dalla Croce
(1521) di Volterra e di Jacopo Carocci detto il Pontormo e della
Deposizione (1526-28) di Santa Felicita a Firenze.
Savioli senza dubbio è in qualche modo catturato già a partire
dagli anni quaranta dai maestri di quello scorcio di Cinquecen-
116
Looking at the crucifixions by Leonardo Savioli, graphic-pictorial
works made by the Florentine architect and painter in 1962,
means looking at the relativity of the artistic event referred to by
Roberto Longhi in the first number of «Paragone» (1950). Every
piece, the art historian explains, is never alone, it is always in
relationship to something else, beginning, he adds, with the
relation to another work of art.
Observing the crucifixions from Longhi’s point of view allows
the emergence of a network of relations and correspondences
which are not only pictorial, but also human and existential, it
immerses us in a Cartesian temporal dimension in which clots
of existence meet at the intersection between the abscisses
and ordinates of time, in other words between present and
past. These represent quite well Savioli’s ambition, made explicit in a letter written to his friend Emilio Vedova, to establish
a relationship with all men, past and present, with their force,
their passion, their whole existence «until finally becoming ‘a
single man’ in horizontal, in the present, and ‘a single man’ in
vertical, in time»1.
It is precisely this archaic force of humanity, as vital as it is suffering, that Savioli translates in his Crucifixions, or Depositions2,
through the allusion to a precise figurative heritage transfigured
by his own living experience and set in the present: that of Rosso
Fiorentino and the Deposizione dalla Croce (1521) in Volterra and
of Jacopo Carocci, also known as il Pontormo and the Deposizione (1526-28) at Santa Felicita in Florence.
Savioli since the Forties was undoubtedly attracted by those 16th
century masters, by their ‘desperate vitality’, as Longhi put it,
Leonardo Savioli
Senza titolo, 1974 ca., olio, carboncino, pastello, tempera, collage su
carta applicata su compensato, 124,5x87,5 cm
Museo Pecci, Prato, proprietà Regione Toscana
117
to, preso da quella ‘disperata vitalità’, così la definì Longhi, che
pervade la loro opera e che Savioli aveva riconosciuto durante gli
anni di guerra nella drammatica realtà di una umanità che conserva la propria forza anche nel dolore e nella sofferenza3. Questo
interesse per il manierismo è testimoniato dai libri sulla pittura e
sull’architettura manierista posseduti da Savioli in quegli anni e
dai suoi disegni architettonici tra i quali emergono schizzi di architetture tratte dagli esempi di Michelangelo, Vasari e Ammannati.
Questa precoce attenzione al manierismo non è altrettanto riverberata nell’opera pittorica, mentre già appaiono i primi studi di
Crocifissioni come paradigma delle sofferenze dell’uomo e come
denuncia delle atrocità della guerra, interpretazione che aveva
avuto nella Crocifissione di Renato Guttuso (1942) un esempio
paradigmatico certamente conosciuto da Savioli.
È possibile ipotizzare che il riavvicinamento di Savioli negli anni
sessanta ai maestri del Cinquecento sia stato sollecitato sia dalla
lettura de Il libro mio, il diario che Pontormo4 scrisse durante gli
ultimi anni della propria vita e pubblicato a Firenze nel 1956 e la
cui lettura entusiasma e ossessiona Savioli5, sia da una generale
riscoperta in quegli anni del manierismo ed in particolare dalla ripresa da parte della critica storico-artistica degli studi avviati negli
anni quaranta da Longhi e dai suoi allievi.
Tra gli esiti in Italia di questo rinnovato interesse per il manierismo
vi fu la pubblicazione del libro di Giuliano Briganti La maniera
118
that pervades their work and which Savioli had recognised during the war in the dramatic reality of humanity preserving its force
even through pain and suffering3. This interest for Mannerism is
also made evident by the books on Mannerist painting and architecture belonging to Savioli and by his architectural drawings
which include sketches of architectures by Michelangelo, Vasari
and Ammannati. Though this early attention to Mannerism is not
reflected in his paintings, in his first studies of Crucifixions, we
see the paradigm of human suffering and a condemnation of
the atrocities of war. Renato Guttuso’s Crocifissione (1942) was
a quintessential example of this interpretation with which Savioli
would certainly have been familiar.
Savioli’s interest in 16th century masters may have been triggered
by the reading of Il libro mio, the diary that Pontormo4 wrote
towards the end of his life and which had been published in Florence in 1956. As a result of this book, Savioli5 became enthralled
both with a general rediscovery of this period of Mannerism and,
in particular, with a return by art historians to studies started in
the Forties by Longhi and his followers.
Among the results in Italy of this renewed interest in Mannerism was the publication of Giuliano Briganti’s book La maniera
italiana, by Editori Riuniti (1961), which re-proposes the work
of the two dioscuri of Mannerism through the reproduction
of colour images of the Deposizione of Volterra and of the
italiana, di Editori Riuniti (1961) che ripropose l’opera dei due
dioscuri del manierismo attraverso la riproduzione di immagini a
colori della Deposizione di Volterra e della Deposizione di Santa
Felicita. Si tratta di quelle stesse tavole che guidarono Pier Paolo
Pasolini nella messa in scena dei due Tableaux Vivante nel cortometraggio La Ricotta (1965)6.
La citazione da parte di Savioli non è letterale, egli non è interessato al fatto estetico. Savioli come Pasolini richiama l’immagine
pittorica ed iconografica cinquecentesca per esprime in modo
efficace contenuti complessi7. Le deposizioni di Rosso e di Pontormo sono la lente attraverso la quale Savioli guarda la realtà, la
condizione umana, il dramma dell’uomo che assiste al lacerarsi
della civiltà dell’umanesimo e del suo valore etico. La scelta da
parte di Savioli di soggetti legati alla Passione più che testimoniare un interesse nei confronti del sacro testimonia la sua intensa
partecipazione alle sofferenze dell’umanità. Savioli come l’amico
Vedova nel dipinto Crocifissione Contemporanea – Ciclo della
protesta (1953) partecipa empaticamente al dramma umano
insito nelle Storie della Passione. Per Savioli, come per Vedova,
Cristo è «la vittima del male del mondo» come ripeteva Ottone
Rosai8 maestro di Savioli9.
Nelle crocifissioni di Savioli è chiaramente riconoscibile lo schema compositivo della Deposizione di Rosso Fiorentino compresso in verticale, con il braccio orizzontale della croce decisamente
Deposizione of Santa Felicita. These were the same paintings
that guided Pier Paolo Pasolini when staging the two Tableaux
Vivants in the short film La Ricotta (1965)6.
Savioli’s quotation is not literal, he is not interested in the aesthetic fact. Like Pasolini, he refers to the 16th century pictorial
and iconographic image in order to efficiently express complex
contents7. Rosso and Pontormo’s depositions are the lens
through which Savioli sees reality, the human condition, the
drama of man who witnesses the tearing apart of the civilisation
of humanism and of its ethical value. Savioli’s choice of subjects
related to the Passion rather than reflecting an interest for the
sacred, represents his intense participation in humanity’s suffering. Like his friend Vedova in the painting Crocifissione Contemporanea – Ciclo della protesta (1953), Savioli empathically
participates in the human drama inherent in the Passion. For
Savioli, as for Vedova, Christ is «the victim of the world’s evil», as
Ottone Rosai8, Savioli’s teacher9, would often repeat.
The compositional scheme of Rosso Fiorentino’s Deposition is
clearly recognisable in Savioli’s crucifixions, with the horizontal
beam of the cross decidedly shifted towards the upper part of
the composition and occupying the entire width of the space
available, and the lower part of the vertical limb invisible. The
three scale iconography is the same as in Rosso Fiorentino, as
is the presence of the figure on the horizontal limb of the cross
119
p. 118
Rosso Fiorentino
Deposizione dalla Croce (1521)
Pinacoteca Civica di Volterra, proprietà Opera della Cattedrale di Volterra
Leonardo Savioli
Crocifissione, 1962, china su cartoncino, (© ASF, FLS, p.158)
p. 119
Leonardo Savioli
Crocifissione, 1962, china su cartoncino, (© ASF, FLS, p.155r)
Leonardo Savioli
Crocifissione, 1962, china su cartoncino, (© ASF, FLS, p.154)
p. 120
Jacopo Pontormo
Deposizione, (1526-1528), Chiesa di Santa Felicita, Firenze
proprietà Opera del Duomo di Firenze
p. 121
Leonardo Savioli
Crocifissione, 1962, china su cartoncino, (© ASF, FLS, p.153)
Leonardo Savioli
Crocifissione, 1962, china e china diluita su cartoncino, (© ASF, FLS, p.156)
Le immagini dei disegni conservati presso l’Archivio di Stato di Firenze (ASFI),
Fondo Leonardo Savioli (FLS), Serie Disegni grafico-pittorici sono pubblicate
su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo,
ne è vietata la riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo
spostato verso la parte alta della composizione ad occupare
in larghezza tutto lo spazio a disposizione e l’appoggio a terra
del braccio verticale non visibile. Anche l’iconografia con tre
scale è la stessa di Rosso Fiorentino così come sembra essere
ripresa dalla pala di Volterra la presenza della figura arrampicata
sul braccio orizzontale della croce. Nelle deposizioni di Savioli,
come nelle tavole di Pontormo e di Rosso, tutto è instabile ed incerto, le figure si muovono in configurazioni precarie ed instabili
su scale prive di appoggio «come acrobati sugli attrezzi»10, come
scrisse Giulio Carlo Argan a proposito delle figure inerpicate
sulle scale nella Deposizione di Volterra. Progressivamente Savioli aumenta il numero delle figure che compongono la scena,
talvolta le addensa a saturare lo spazio altre volte le dilata fino a
determinare ampie zone di vuoto.
Le dimensioni delle figure disegnate da Savioli sono variabili e
arbitrarie, esse sovvertono il consueto ordine gerarchico delle
immagini scalate in profondità, lo spazio è indefinito, la visione
policentrica e dinamica della composizione evoca l’origine manierista della disgregazione dell’unità prospettica e la matrice
dell’arte moderna11.
Durante gli anni sessanta progressivamente Savioli disgrega
l’iconografia della crocifissione: lacerti dell’uomo e della sua croce
emergono da un groviglio di avvenimenti grafici, impronte di tessuti
e velature di china diluita fino a dissolversi completamente in una
120
apparently taken from the altarpiece in Volterra. In Savioli’s depositions, as in Pontromo and Rosso’s, everything is unstable and
uncertain, the figures move in precarious configurations on ladders which are unsupported «like acrobats on apparatuses»10, as
Giulio Carlo Argan wrote à propos of the figures climbing the ladder in the Deposizione of Volterra. Savioli progressively increases
the number of figures in the scene, in some places saturating
spaces and in other expanding it so as to create large voids.
The dimensions of the figures painted by Savioli are variable and
arbitrary, they subvert the traditional hierarchic order of images
proportionally scaled in depth, space is undefined, while the
polycentric and dynamic composition evokes the Mannerist origin of the disaggregation of the perspective unity and the matrix
of modern art11.
During the Sixties Savioli progressively disaggregates the iconography of the crucifixion: fragments of the man and of his
cross emerge from a tangle of graphic events, traces of fabrics
and veilings of Indian ink diluted until it is completely dissolved
in a pictorial gesture that is increasingly intense in its exploration
of the informal. Traces of human figures remain, and cruciform
systems which more than evoking the cross of martyrdom suggest a principle of compositional and spatial order to which
Savioli the architect and painter does not wish to renounce12.
Finally colour returns: pure, brilliant, full of vital energy, still a
gestualità pittorica sempre più intensa che esplora l’informale. Restano tracce di figure umane e di sistemi cruciformi che ora più che
evocare la croce del martirio suggeriscono un principio di ordine
compositivo e spaziale al quale Savioli architetto oltre che pittore
sembra non rinunciare12. Infine torna il colore: puro, brillante, carico
di energia vitale, ancora una reminiscenza, forse, della Deposizione
di Santa Felicita e della ‘disperata vitalità’ del suo cromatismo.
Si ringrazia il Direttore della Pinacoteca Civica di Volterra e l’Opera di Volterra per
la concessione alla pubblicazione dell’immagine della Deposizione dalla Croce
di Rosso Fiorentino.
1
Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Fondo Leonardo Savioli (FLS), Carteggio,
pezzo (p.) 38, s.d.
2
L’analisi iconografica delle Crocifissioni del 1962 suggerisce che si tratti in realtà
di Deposizioni dalla Croce.
3
Cfr. ASFi, FLS, scritti, p. 11, s.d.
4
Il manoscritto di Pontormo viene scoperto nel 1902. La prima edizione è del 1956
Editore Le Monnier, Firenze.
5
Cfr. G. Fanelli, Leonardo Savioli. L’opus dell’anima, in E. Godoli (a cura di),
Architetture del Novecento. La Toscana, Polistampa, Firenze 2001.
6
Numerosi studi critici indagano la relazione tra l’opera di Pasolini e il manierismo,
in particolare Cfr. F. Galluzzi, Pasolini e la Pittura, Bulzoni, Roma 1994.
7
M. Bazzocchi, Pier Paolo Pasolini, Bruno Mondadori, Milano 1998.
8
Cfr. T. Amodei, Emilio Vedova, in «La sapienza della croce», XX, 2005, pp. 309-314.
9
Cfr. ASF, FLS, Attività universitaria, p. 152. Lezione del 7 marzo 1967. Corso di Architettura degli Interni. Sull’importanza di Rosai nella formazione teorica e artistica di Savioli.
10
G. Argan, Storia dell’Arte Italiana, Vol. 3, Sansoni, Firenze 2002, p. 101.
11
Cfr. A. Hauser, Il manierismo, la crisi del rinascimento e l’origine dell’arte moderna,
Einaudi, Milano 1964.
12
Cfr. C. Paolini, E. Tolu (a cura di), “Registrare l’esistenza”. La pittura e il disegno
di Leonardo Savioli, Polistampa, Firenze 2010.
reminiscence, perhaps, of the Deposizione of Santa Felicita and
of the ‘desperate vitality’ of its chromatism.
Translation by Luis Gatt
We thank the Director of the Pinacoteca Civica di Volterra and the Opera di Volterra
for granting permission to publish the image of the Deposition from the Cross by
Rosso Fiorentino.
1
Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Fondo Leonardo Savioli (FLS), Carteggio, pezzo
(p.) 38, s.d.
The iconographic analysis of the 1962 Crocifissioni suggests that it is in fact the
Deposition from the Cross.
3
Cf. ASFi, FLS, scritti, p. 11, s.d.
4
Pontormo’s manuscript was discovered in 1902. It was first published in 1956 by
Editore Le Monnier, Firenze.
5
Cf. G. Fanelli, Leonardo Savioli. L’opus dell’anima, in E. Godoli (ed.), Architetture
del Novecento. La Toscana, Polistampa, Firenze 2001.
6
Many studies investigate the relationship between Pasolini’s work and Mannerism,
in particular Cf. F. Galluzzi, Pasolini e la Pittura, Bulzoni, Roma 1994.
7
M. Bazzocchi, Pier Paolo Pasolini, Bruno Mondadori, Milano 1998.
8
Cf. T. Amodei, Emilio Vedova, in «La sapienza della croce», XX, 2005, pp. 309-314.
9
Cf. ASF, FLS, Attività universitaria, p. 152. Lecture given on March 7, 1967.
Course on Interior Architecture. On the importance of Rosai in Savioli’s theoretical
and artistic education.
10
G. Argan, Storia dell’Arte Italiana, Vol. 3, Sansoni, Firenze 2002, p. 101.
11
Cf. A. Hauser, Il manierismo, la crisi del rinascimento e l’origine dell’arte moderna,
Einaudi, Milano 1964.
12
Cf. C. Paolini, E. Tolu (eds.), “Registrare l’esistenza”. La pittura e il disegno di
Leonardo Savioli, Polistampa, Firenze 2010.
2
121
ISSN 1826-0772
9 771826 077002