Academia.eduAcademia.edu

La resistenza della forma. Vita e opere di Pier Luigi Nervi

2020, La resistenza della forma. Vita e opere di Pier Luigi Nervi

Breve libro scritto nei giorni della pandemia di Covid-19 in Italia, per chi volesse affrontare (ma non troppo) difficili temi di ingegneria, anche senza avere la minima base di conoscenza teorica. Pier Luigi Nervi: vita , metodi e opere, con un approfondimento sul Palazzetto dello Sport di Roma.

Prefazione Breve libro scritto nei grigi giorni della pandemia di Covid-19 in Italia, per chi volesse affrontare - ma non troppo - difficili temi di ingegneria, anche senza avere la minima base di conoscenza teorica. Scritto in modo semplice e diretto, tratta le opere del più grande architetto italiano conosciuto, che aimè era un ingegnere ! Definito poeta del cemento, inventò un metodo personale per costruire in modo semplice ed economico enormi e complesse strutture, ancora oggi studiate e ammirate, vanto dell’ Italia nel mondo. Pier Luigi Nervi: vita , metodi e opere, con un approfondimento sul Palazzetto dello Sport di Roma. Il libro contiene alcuni riferimenti e foto di altri autori, citati in bibliografia, ma viene pubblicato a solo scopo didattico e senza fini di lucro. GLI ANNI DELLO STUDIO E DELLA FORMAZIONE Pierluigi Nervi nacque a Sondrio il 21/06/1891, figlio di un impiegato postale trascorre la giovinezza a Modena dove il padre era stato trasferito per lavoro e frequenta il Liceo-Ginnasio Muratori. Durante l'adolescenza cambierà spesso luogo di residenza fino ad approdare a Bologna dove si iscrive alla facoltà di Ingegneria. Nel 1913 si laurea con una tesi sulla “Tecnica dei grandi architetti del Rinascimento”. Negli stessi anni in Italia viene introdotto un nuovo materiale destinato a rivoluzionare il mondo delle costruzioni : il cemento armato. Uno dei primi professionisti ad interessarsi di questo nuovo materiale fu il Prof. Attilio Muggia, che insegnava presso la facoltà di Ingegneria di Bologna, e che ha tra i suoi allievi Pierluigi Nervi. Lo stesso Nervi appena laureato trovò impiego presso studi tecnici di Bologna, fino all’estate 1915, cioè fino al giorno in cui venne chiamato alle armi prestando il servizio militare nell’arma del Genio. Nervi dovette quindi forzatamente interrompere gli studi dal 1915 al 1918 e solo nella primavera 1919 tornò a Bologna dove fu assunto da una importante società di costruzioni, la “Società per le Costruzioni cementizie” con mansione di progettista. Il lavoro di Nervi per conto della società è frenetico, si divide fra importanti progetti in diverse zone d'Italia, a Firenze lavora alla costruzione della copertura della sala del Cinema Alhambra (1919-1921), a Livorno con la costruzione di silos per la società Solvay, a Prato con numerose realizzazioni strutturali per industrie tessili. Insoddisfatto per le condizioni economiche applicate dall'azienda decide di mettersi in proprio e nel 1923 fonda la “Soc. Ing. Nervi e Nebbiosi” , insieme al suo collega Rodolfo Nebbiosi , titolare di una società di costruzioni. IL METODO NERVI Per comprendere il lavoro di Nervi, ad anche il suo successo come progettista, bisogna considerare il periodo storico in cui ha lavorato. La prima metà del '900 segna infatti la nascita della grande ingegneria italiana, di cui fanno parte anche Morandi, Musmeci, Cestelli Guidi, Zorzi, Carè, tutti grandi progettisti strutturali. Il lavoro dell'ingegneria italiana che nasce come studio sperimentale agli inizio del secolo, diviene poi sempre più produttiva, fino a divenire urgente dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale. Gli ingegneri del tempo si trovarono di fronte ad un problema di non poco conto, ovvero la necessità di realizzare grandi strutture ed infrastrutture in cemento armato, in un periodo nel quale l'arretratezza tecnologica italiana era evidente, se confrontata con le tecniche utilizzate nei paesi più industrializzati d' Europa e d'Olteoceano, dove era già preponderante l'uso dell'acciaio come materiale da costruzione. Si può quindi comprendere lo sforzo adoperato dagli ingegneri dell'epoca nel dover continuamente sperimentare tecniche e materiali per sopperire al problema di coprire grandi luci , con un materiale come il cemento armato che richiedeva un attenta esecuzione in opera, meno adatto dell'acciaio a subire processi di prefabbricazione. E' in questa chiave di lettura che si può comprendere meglio il lavoro di Nervi, volto a risolvere le problematiche costruttive attraverso un “metodo”, chiamato a posteriori “metodo Nervi”. L'approccio di Nervi al progetto si potrebbe definire di tipo “classico”, ovvero quando l'architettoingegnere inteso letteralmente come “Capo-cantiere” era l'artefice di tutto il processo costruttivo in prima persona, occupandosi non solo del progetto dal punto di vista teorico, ma dirigendo il cantiere in tutte le sue fasi, sino a definire i compiti di ogni singolo operaio, le tempistiche e le modalità di ogni singola lavorazione, la gestione del cantiere nel tempo e nello spazio. Nella maggior parte dei progetti Nervi ricorre al cemento armato tradizionale, rinunciando tranne rari casi ad utilizzare il cemento armato precompresso, probabilmente perchè trova nel primo una maggiore duttilità esecutiva. Tale elasticità esecutiva è necessaria per esprimere tutta la sua genialità, volta a costruire modelli strutturali di grande impatto visivo, volutamente complessi ma allo stesso tempo realizzabili con pochi rudimentali materiali. Le sue sono strutture dove tutta la resistenza dell'edificio è collegata alla forma, ed in cui tale forma e le forze che si esercitano dentro di questa sono chiaramente leggibili e visibili dall'esterno, proprio come “nervi” dell'edificio. (alcuni critici fanno notare quanto tale gioco di parole “Nervi”- “nervi” sia appropriato). Il metodo Nervi è quindi un sistema di tecniche e metodologie costruttive trattate in modo scientifico, volte a raggiungere il maggior grado di economicità e praticità costruttiva, ad esempio eliminando le casseforme in legno per i getti del cls, costose e non recuperabili, limitando gli spessori degli elementi resistenti con diminuzione del peso proprio delle strutture, e suddividendo il cantiere in due zone principali, il cantiere di prefabbricazione dove una squadra di operai prepara gli elementi da assemblare, ed il cantiere in opera, dove la seconda squadra di operai procede in parallelo eseguendo le varie lavorazioni dallo scavo fino al getto. Nella sua carriera Nervi depositerà più di 40 brevetti , tra i più noti: Il “ferrocemento” (brevetto del 1943) realizzato predisponendo una sottile rete di armatura a strati sovrapposti e rivestendola con un sottile conglomerato di sabbia e cemento rinforzato, ottenendo così solette di circa 3 cm di spessore , estremamente elastiche, duttili , isotrope e leggere , sagomabili in qualsiasi forma e molto economiche; il “tavellone romboidale” (brevetto del 1950), tavellone a perdere a forma di rombo realizzato in ferrocemento che una volta messo in opera consente di dare la forma alle nervature da gettare. LE OPERE DI RILEVANZA NAZIONALE E INTERNAZIONALE In questo capitolo, si farà un breve escursus sulle principali opere di Nervi, con esclusione di quelle inerenti il villaggio Olimpico di Roma, che saranno trattate più dettagliatamente nel capitolo successivo. Tra le prime importanti opere di Nervi va certamente ricordato il Cinema- Teatro Augusteo ( 1924 Napoli), opera situata nel centro storico di Napoli, zona Vomero. Tale opera, tra le più amate dallo stesso Nervi, rappresenta uno dei primi capolavori di struttura iperstatica realizzati in Italia. L'edificio fu realizzato su progetto dell’architetto Arnaldo Foschini coadiuvato dall’ingegnere Gioacchino Luigi Mellucci, mentre Nervi appena trentacinquenne, si occupò della struttura in cemento armato. In quest’opera Nervi approfondisce la ricerca sui sistemi tridimensionali in ossatura di cemento armato, ideati come scheletri resistenti integrati con la muratura portante. Alla base del progetto c'è un approfondito studio delle strutture cementizie tridimensionali, in particolare della copertura della vasta sala centrale ( 30 metri di diametro), realizzata con sistema radiale di 18 travi reticolari dalle quali sbalzano mensole rastremate, le quali sorreggono un anello centrale. L’altezza delle travi corrisponde all'intero ultimo piano abitabile e i puntoni diagonali sono nascosti nelle pareti divisorie degli ambienti adibiti a uffici. Il perimetro della sala interna forma una grande trave Vierendeel anulare che contribuisce alla stabilità torsionale del sistema. Cinema Teatro Augusteo durante i lavori di costruzione. Altra opera rilevante in ambito italiano è lo Stadio Comunale Artemio Franchi ( 1932 Firenze) , di dimensioni notevoli lo stadio occupa una superficie di 40 mila mq. Quest'opera consegna una certa notorietà a Nervi, in quanto le immagini dell'opera vengono esposte nelle maggiori mostre dell'epoca. La forma dello stadio è inconsueta, la pianta infatti non è simmetrica , disegnando a terra una sorta di “D” , dovuta ad un vincolo progettuale relativo alla pista di atletica sul lato ovest. Foto dello stadio comunale Arte Franchi. Si distinguono due elementi di notevole importanza, la tribuna centrale coperta con una pensilina in c.a. , lunga circa 100 metri, profonda 22 , con uno sbalzo di 17 metri; la scala elicoidale costituita da una trave con asse elicoidale, sulla quale è ancorata la rampa, che risulta dunque una mensola “estrusa” per tutta la lunghezza della trave principale. Il momento flettente generatosi all’incastro della mensola comporta una torsione della trave principale la quale è controbilanciata da una seconda trave, sempre elicoidale, ma con verso di rotazione opposto. Palazzo delle esposizioni di Torino (1947-1954). L'edificio viene costruito dopo la fine della seconda guerra mondiale e rappresenta per Nervi la prima concreta possibilità di utilizzare la prefabbricazione strutturale. La sala centrale ha dimensioni notevoli, 96,00 x 75,00 m , quasi impossibile per l'epoca realizzare in poco tempo una copertura economica per questo enorme ambiente. Nervi realizza una copertura a volta sottile ondulata, realizzata con elementi in ferro cementato fabbricati in serie e resi solidali fra loro mediante nervatura in cemento armato, disposta sul colmo e nel cavo delle onde. Il risultato è notevole, anche per la grande forza espressiva data dall'immagine della grande copertura. La copertura del Palazzo delle Esposizioni durante i lavori di costruzione. Sede UNESCO di Parigi (1952-1958). Fra i vari edifici ed ambienti che caratterizzano il grande complesso dell'Unesco, l'apporto di Nervi è maggiormente evidente nella “Sala delle assemblee generali e delle commissioni”. L'edificio è caratterizzato da un continuum strutturale tra la copertura e le pareti dell'edificio, un guscio unico di calcestruzzo piegato a fisarmonica e quindi resistente per forma. Agli estremi della copertura la piastra strutturale si piega formando le pareti verticali. La struttura si comporta come une telaio tridimensionale a due campate, interrotte solo al centro da una fila di sei pilastri, dove la copertura è sottoposta principalmente a flessione. Schema della copertura sede Unesco. Fonte archweb.it Grattacielo Pirelli (1955, 1959) Milano. Pier Luigi Nervi si unisce al gruppo di progettazione del Grattacielo Pirelli sul finire del 1954, probabilmente interpellato dallo stesso Giò Ponti , progettista architettonico. Rispetto al progetto originario Nervi apporta delle modifiche al piano di copertura, lasciando a vista l'ossatura portante dell'edificio, così come l'utilizzo della facciata continua che arretra dal filo dei pilastri, consentendo la lettura in facciata del progressivo assottigliamento degli stessi in funzione della diminuzione dei carichi portati. Ultimo piano del grattacielo Pirelli con il belvedere. Il Palazzo del Lavoro (1959,1961), Torino. Il progetto risolve in modo del tutto originale il problema di realizzare l'enorme copertura dell'edificio (22.550 mq), questa viene infatti suddivisa in 16 elementi strutturalmente indipendenti, ciascuno di misura 40x40 m, intervallati da finestre a nastro continue. Ognuno dei 16 elementi assume la forma di un ombrello, sorretto da un pilastro centrale a sezione variabile. Il risultato è un sorprendente esempio di integrazione tra struttura , architettura ed estetica del costruito. Il Palazzo del lavoro. Foto interna. Cartiera Burgo (1961-1964) Mantova. L'edificio della cartiera di forma parallelepipeda rettangolare doveva ospitare la più grande macchina continua esistente in Europa per la produzione di carta in bobine, con un velocità produttiva di 1000 metri al minuto. Era quindi necessario realizzare un unico ambiente lungo circa 160 metri privo di strutture al suo interno. Il gruppo di progettazione dell'Ing. Nervi realizza un lungo basamento a due livelli che funziona da fondazione per l'installazione dei pesanti macchinari ed incorpora tutti gli impianti, mentre la copertura viene realizzata con un traliccio continuo in acciaio , sostenuto da due enormi cavalletti in c.a. a cui viene collegata tramite delle funi d' acciao. L'edificio ha in questo modo la struttura di un ponte, rendendo di fatto la fabbrica un enorme edificio sospeso. Le chiusure laterali della scatola costruttiva verranno realizzate mediante grandi facciate vetrate. Cartiera Burgo in una foto a costruzione ultimata. Torre della Borsa (1961-1965) Montreal. In Canada Nervi realizza il più alto grattacielo in cemento armato del mondo del tempo. Una torre per uffici di 47 piani, con un altezza di 190 metri, al numero 800 di Victoria Square. L'edificio è collegato alla città sotterranea mediante la fermata della metropolitana Square-Victoria. Quattro grandi pilasti di cemento a vista segnano gli angoli della torre e sono leggermente inclinati per dare all’intera struttura una lieve curvatura convessa. Le facciate bronzee di alluminio anodizzato contrastano con le lunghe colonne agli angoli. La struttura portante è quindi formata da un nucleo centrale, quattro pilastri angolari, e tre travi reticolari posizionate al 5°, 19° e 32° piano. Tale struttura è studiata per renderla meno ingombrante e maggiormente resistente ai terremoti ed alla spinta laterale del vento. La torre della Borsa in una vista odierna. Aula Paolo VI in Vaticano (1963-1971). La grande aula di dimensioni 80 m x 100 m , con altezza di m 18,00 ha forma trapezoidale con copertura composta da volta ondulata a sezione parabolica. La volta , dal lato di ingresso è sostenuta da dieci pilastri in c.a., mentre dal lato opposto, dove si trova il trono papale, è sostenuta da una trave cava sorretta da due grandi pilastri in cemento. L'aula ha una capienza di 10'000 posti. Questo tipo di copertura è molto simile a quella progettata da Nervi per il Palazzo delle Esposizioni di Torino. La copertura dell’aula Paolo Vi in costruzione Cattedrale di Sant Mary (1963-1971) San Francisco. In questo progetto Nervi raccoglie la sfida di realizzare un opera fortemente innovativa in una zona a forte sismicità , come quella di San Francisco. Quattro pilastri inclinati sorreggono archi a profilo e sezioni triangolari, i quali sostengono le volte a forma di paraboloidi iperbolici. All'interno, guardando verso la volta, è possibile vedere una grande croce, formata dai lucernari interposti tra le vele di copertura. I paraboloidi sono realizzati secondo uno dei brevetti di Nervi, ovvero con i tegoloni in ferrocemento utilizzati come casseri a perdere. Vista della copertura della Chiesa dall’interno verso l’alto. Il ponte del Risorgimento (1963-1968) Verona. Il progetto del ponte deriva da un concorso istituito nel 1963 dal comune di Verona. Nervi in questo caso non vinse il concorso, ma ebbe l'incarico di occuparsi del progetto esecutivo e della direzione lavori. L'innovazione di questo tipo di ponte è nella sezione variabile, che passa dalla forma trapezoidale degli appoggi, alla forma di trapezio rovesciato nella mezzeria delle campate, con soluzione di continuità. Ancora una volta Nervi realizza un progetto semplice per quanto geniale, lavorando unicamente sulla resistenza per forma degli elementi costruttivi, in un disegno che ancora oggi risulta estremamente moderno. Il ponte del Risorgimento. Ambasciata d'Italia. (1971-1977) Brasilia. Considerato oggi uno dei più importanti edifici di Brasilia, è meta di turismo internazionale al pari di un monumento storico. Il progetto è nato su commissione diretta del Ministro degli Affari Esteri, all'epoca Pietro Nenni. L'edificio ha la forma di una grande piastra sollevata da terra mediante pilastri tetrapodi, la cui forma ricorda quella di alberi stilizzati. Ogni pilastro termina con 4 braccia a sezione variabile di tipo romboidale. La sala delle feste ha invece una copertura tronco piramidale, costruita alla maniera di Nervi, con utilizzo di tavelloni in ferrocemento. Ambasciata d’Italia a Brasilia. IL RUOLO DI NERVI NEI PROGETTI PER IL VILLAGGIO OLIMPICO DI ROMA La zona di Roma oggi denominata Villaggio Olimpico, è un area compresa tra il Tevere, Via Flaminia, Villa Glori ed i Parioli. L’area è stata da sempre utilizzata per attività sportive, ad inizio del 900 vi era il Campo da corse dei cavalli dei Parioli, l’Ippodromo, lo Stadio Nazionale, successivamente vi furono realizzati i campi da tennis e l’ippodromo della Rondinella. Nel PRG di Roma del 1931 l’area era destinata verde pubblico, e negli anni 40 esistevano già dei progetti per la realizzazione di un villaggio olimpico, mai realizzati. Durante la seconda guerra mondiale l’area viene utilizzata dai militari italiani ed americani che vi realizzarono anche un aereoporto militare. L'emergenza abitativa del secondo dopoguerra aveva spinto una massa di popolazione, disperata e perlopiù proveniente dalle campagne, ad insediarsi ai margini delle principali metropoli europee. Anche a Roma, nei pressi dell'attuale quartiere Parioli, si era andata a formare un estesa baraccopoli, denominata “Campo Parioli”. I Giochi Olimpici del 1960 furono un occasione per sgomberare questi agglomerati sub-urbani (slum), fatti di baracche fatiscenti ed in condizioni igieniche precarie. Il complesso del Villaggio Olimpico di Roma, edificato negli 1958-1959, è stato assegnato dall’INCIS, “Istituto Nazionale per le Case degli Impiegati dello Stato”, a un gruppo di esperti professionisti dell'epoca, tra i quali spiccano: Luigi Moretti, Vittorio Cafiero, Adalberto Libera , Amedeo Luccichenti e lo stesso Pierluigi Nervi. La progettazione del villaggio olimpico, diverrà un esempio nazionale di applicazione a scala urbana dei principi architettonici del “Movimento Moderno”, che aveva fra i principali maestri Le Corbusier, Walter Gropius, Frank Lloyd Wright e Alvar Aalto . Lo scopo del progetto, oltre alla realizzazione di impianti ed attrezzature sportive per lo svolgimento delle competizioni , era quello di ospitare il personale impegnato nei giochi olimpici (più di 8'000 persone tra atleti, organizzatori, allenatori e rappresentanti della stampa ), per assegnare poi le residenze alle alla famiglie di dipendenti statali, una volta terminati i giochi. La conformazione del villaggio olimpico è strutturata sul tipo dell'antico “castrum” romano, con strade ortogonali a formare cardi ( con direttrice Nord-Sud ) e decumani ( con direttrice Est -Ovest), Il decumanus maximuse il cardo maximus avevano alle loro estremità le quattro porte dell’accampamento e si incontravano nel foro. All’estremità del decumanus maximus c’era la porta praetoria. Nel Villaggio Olimpico, il decumano massimo è “Viale della XVII Olimpiade” e le strade lungo il viadotto di “Corso Francia” costituiscono il cardo maximus. Il complesso del villaggio olimpico comprenderà al suo interno delle zone residenziali con palazzine disposte in linea ed a croce, con altezza compresa fra 2 e 5 piani fuori terra, circondate da zone verdi e sollevate da terra medianti pilotis, in linea con i principi dell’architettura di Le Corbusier, il quale visitò il complesso di persona durante la sua realizzazione. Le attrezzature sportive erano composte dal Palazzetto dello Sport di Annibale Vitellozzi e Pierluigi Nervi, lo stadio Flaminio dello stesso Nervi, e il Palazzo delle Federazioni sportive di Pasquale Carbonara. Foto aerea d’epoca anni 60’. E’ visibile il Villaggio Olimpico nell’insieme. Il viadotto di Corso Francia. L’asse Nord- Sud che attraversa tutta l’area fu oggetto di un concorso pubblico bandito dal Comune di Roma nel 1948 per programmare la distribuzione urbanistica dell’area. Tale asse lungo circa 1 Km, doveva collegare la Cassia Flaminia con la zona dei Parioli, ed è oggi corrispondente al tracciato di Corso Francia. Il progetto strutturale del viadotto fu affidato all’Ing. Nervi, che realizzò un viadotto rialzato su pilastri al fine di conservare la continuità dei percorsi esistenti al livello del terreno e quindi di evitare una frattura fra le zone ad Est e Ovest del nuovo viadotto. La realizzazione dell’opera apparì subito difficoltosa, sia per l’estensione del progetto, sia per i tempi ristretti che intercorsero tra l’affidamento del progetto (Maggio 1959) e l’inizio delle Olimpiadi del 1960. Nonostante le grandi difficoltà , l’opera di Nervi fu portata a compimento nei tempi previsti grazie all’organizzazione del cantiere basata sul “Sistema Nervi” e sulle capacità dello stesso di combinare sapientemente elementi prefabbricati ed elementi gettati in opera. Una delle caratteristiche dell’opera è nella forma dei piloni che sostengono il viadotto, realizzati in opera e aventi sezione variabile, dalla base con forma cruciforme, arrivano in sommità con forma rettangolare, tali piloni sostengono una mensola con due bracci a sbalzo, la quale a sua volta sostiene le travi longitudinali del viadotto. Tali travi , con sezione a V, sono di tipo prefabbricato e qui Nervi compie un eccezione in quanto le realizzerà in c.a. precompresso , tecnica a lui poca consona. Il viadotto comprende due sedi stradali parallele, distanziate di circa 5 metri, ed interrotte ogni 48 metri da passaggi pedonali. Ai lati delle carreggiate realizzerà dei brevi tratti a sbalzo destinati ai passaggi pedonali. Il risultato finale è ammirabile sia percorrendo il viadotto da sopra, sia sotto di esso dove si forma una lunga passeggiata pedonale, che nel progetto iniziale doveva ospitare delle attività commerciali. Il viadotto di Corso Francia visto dal piano stradale sottostante. Lo stadio Flaminio. Lo stadio è stato realizzato sul perimetro del preesistente Stadio Nazionale progettato da Marcello Piacentini nel 1911. In seguito ad un concorso pubblico del 1957 , il nuovo progetto fu affidato alla Ingg. Nervi e Bartoli, su progetto dello stesso Nervi e del figlio maggiore Antonio, in quanto tra i vari progetti proposti era quello che consentiva un maggiore risparmio di budget, 810 milioni di lire, molto più basso delle altri ditte partecipanti. Il progetto dello Stadio prevedeva una capienza originaria di 24’000 posti, di cui la metà sono posti in piedi. La grande gradinata anulare funziona anche da copertura per i volumi sottostanti che contengono 5 palestre, spogliatoi, una piscina, un pronto soccorso e vari servizi collegati. La struttura portante è formata da 92 telai in cemento armato a due cerniere, i quali sostengono i gradoni prefabbricati a sagoma cava. La pensilina della tribuna d’onore merita un attenzione particolare, la sagoma del grande sbalzo si snellisce in direzione dell’estremità esterna e si innesta sui prolungamenti delle nervature perimetrali e su una serie di puntoni inclinati. La pensilina ed aggetta per circa 14 metri rispetto agli appoggi. Lo stadio Flaminio in due foto d’epoca. IL PALAZZO DELLO SPORT DI PIERLUIGI NERVI Il Palazzetto dello Sport inaugurato nel 1959, fu per l’epoca un opera visionaria, la sua cupola, facilmente distinguibile percorrendo Corso Francia, è divenuta un elemento iconico al pari delle altre cupole di Roma ed è stata definita da Bruno Zevi “un Phanteon schiacciato “per via del suo diametro interno ( 43 m) uguale a quello dell’antico tempio romano. L’edificio, seppure trascurato per molti anni , è oggi considerato una pietra miliare del connubio tra architettura e dell’ingegneria italiana del dopoguerra, questa opera ha infatti rimesso in discussione i metodi di costruzione delle grandi strutture e non teme il confronto con altre importanti opere moderne costruite nelle vicinanze, come l’Audiotrium di Renzo Piano ed Il MAXXI da Zaha Hadid. Foto d’epoca. Il palazzetto ancora in costruzione. Il villaggio Olimpico non è ancora riconoscibile. Nel 1959, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano incarica per la sua realizzazione l’architetto Annibale Vitellozzi, che si avvale dell’Ing. Nervi per il progetto della copertura . Questo progetto nasce non come un elemento unico e indissolubilmente legato al luogo, ma come un prototipo di edificio dello sport da poter replicare anche in altre città del mondo. Da qui il suo rigore geometrico, la pianta perfettamente circolare, l’uso di strutture radiali anche al fine di uniformare gli elementi costruttivi rendendoli il più possibile replicabili anche mediante prefabbricazione degli stessi. Quello che appare subito evidente, a prima vista, è il contrasto tra la superficie esterna della cupola, perfettamente liscia e ondulata, un forma “organica” simile ad una medusa, ed il lato interno della stessa, con le sue fitte nervature geometriche, “razionaliste” che formano un ricamo geometricamente perfetto. La cupola rappresenta infatti per Nervi la soluzione ideale per la copertura di grandi luci, tale da paragonarla ad una struttura perfetta. E’ nota la passione di Nervi per le coperture a cupola, ed in particolare per la cupola di S. Maria del Fiore di Brunelleschi, opera che lo entusiasmava, sia per il coraggio di Brunelleschi nella sua realizzazione, sia per la sua complessità strutturale. E’ quindi da queste premesse che nasce la cupola del Palazzetto dello Sport, una sfida ad innovare le tecniche costruttive fino ad allora utilizzate per realizzare una grande cupola di nuova concezione. Foto d’epoca. Il palazzetto in costruzione, notare la gru centrale e i conci romboidali. Dettaglio della cupola del palazzetto, lato interno. La struttura si potrebbe schematizzare definendola come un guscio ondulato di 60 metri di diametro, costituito da 1620 elementi a losanga prefabbricati in ferro cemento, sostenuto da 36 cavalletti inclinati a forma di Y disposti radialmente lungo il perimetro dell’impianto ad una distanza angolare di 10 gradi e lineare di 6,30 metri l’uno dall’altro, ancorati a terra mediante una fondazione circolare in cemento armato. I cavalletti giacciono sulla stessa superficie sferica della calotta e ne rappresentano per così dire la continuazione fino a terra. Questi cavalletti di sostegno sono collegati alla cupola mediante dei “ventagli strutturali” che ricevono ognuno 1/36 della spinta complessiva della volta. Tra due ventagli contigui, il margine periferico della calotta è composto da piccole volte composte da tre pannelli prefabbricati triangolari. Gli elementi romboidali della cupola sono stati preparati a terra in apposite casseforme di murature, posizionati su un ponteggio metallico, e successivamente portati in quota mediante una gru posta al centro dell’edificio. La posa in opera degli elementi della cupola ed i getti della nervatura e della soletta sono stai realizzati in un mese. Gli operai a lavoro in cantiere, realizzano i gusci romboidali in ferrocemento a terra, questi elementi, una volta portati in quota tramite la gru centrale, faranno da cassaforme per il getto delle nervature in c.a. delle cupola. Disegno della sezione e della planimetria del palazzetto tratti da Archweb.it Lo schema statico che caratterizza la sezione dell’ edificio, con la volta fortemente ribassata, produce delle forti spinte orizzontali sul perimetro della struttura, ma Nervi riesce in buona parte a riverticalizzare queste spinte nel suo schema costruttivo originale. Il comportamento statico di questa struttura è quello di un solido di rivoluzione , caratterizzato da uno scambio di forze nelle due direzioni definite dai meridiani e dai paralleli della cupola, ovvero da un regime statico tridimensionale spaziale. Andando ad approssimare questo schema statico, si potrebbe ricondurlo, con sufficiente approssimazione , alla sezione mediana della cupola, trascurando quindi la natura spaziale dell’edificio, e riconducendo il problema alla soluzione di un sistema statico piano che si potrebbe definire “ad archi indipendenti”. La cupola si potrebbe quindi sintetizzare come un insieme di archi a sezione variabile, ciascuno dei quali costituito da una coppia di cavalletti contrapposti e dalle corrispondenti porzioni di calotta sferica, comprese tra due piani verticali passanti per l’asse della cupola e tali da racchiudere la coppia di cavalletti. Questo sistema statico si può quindi ricondurre ad un insieme di corpi rigidi, vincolati tra loro e con il suolo mediante delle cerniere. Schema statico tratto da Archweb.it Il fatto di ricondurre i vincoli a delle cerniere può essere giustificato dallo spessore ridotto della calotta sferica e dalla forte rastremazione dei cavalletti , fatto che limita fortemente la trasmissione dei momenti da un elemento all’altro, consentendo la rotazione relativa degli elementi vincolati. Praticando una ulteriore semplificazione si potrebbero ricondurre a cerniere anche i vincoli al piede dei cavalletti (e dei pilastrini verticali), realizzando così un sistema di tipo isostatico. Questo tipo di schema produce delle reazioni vincolari Xs=Xd, Ys=Yd, Yt=Yk , dove appare a questo punto evidente che il sistema di copertura conduce tutto il carico verso i cavalletti inclinati, i quali veicolano la spinta all’anello di fondazione. Il peso proprio del cavalletto è sostenuto dal pilastrino in mezzeria T,K ( sottoposto quindi ad un carico minimo) , mentre i cavalletti inclinati suddividono la spinta nelle componenti orizzontale e verticale, assorbita dalle massicce fondazioni in c.a precompresso. Il risultato è che le travi SRA e DEB si comportano di fatto come pendoli (o bielle) inclinati poiché le forze ad esse trasmesse dalle cerniere di estremità (S e A per la trave SRA; D e B per la trave DEB) sono dirette con ottima approssimazione lungo l’asse delle travi stesse. Il Palazzetto dello Sport ultimato. Bibliografia: - Nervi, Pier Luigi. Scienza o arte del costruire? Caratteristiche e possibilità del cemento armato. Introduzione di Aldo Rossi. I Torino: Città Studi Edizioni, 2014 - Nervi, Pier Luigi. Costruire correttamente. II Milano: Hoepli, 2010 - Pier Luigi Nervi : Arte e Scienza del Costruire, a cura di Cristiana Chiorino. Fondazione Pier Luigi Nervi, Quina Srl Edizioni 2018 Milano; - Pier Luigi Nervi e l’arte di Costruire, Fausto Giovannardi, Licenza Creative Commons, Firenze 2009 - Pier Luigi Nervi e l’architettura strutturale: Francesca Romana Castelli, Anna Irene del Monaco, DIAP Sapienza, Edilstampa Srl 2011; - Iori, Tullia. Pier Luigi Nervi. I Milano: Federico Motta, 2009 - Archweb.it - Costruirecorrettamente.it