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Formen der Satire in den Sonetti Romaneschi von G. G. Belli

2014, «Il 996», XII, 1 (2014)

H. Meter, Formen der Satire in den Sonetti Romaneschi von G. G. Belli, in W. N. Mair – H. Meter (a cura di), Italienisch in Schule und Hochschule. Probleme, Inhalte, Vermittlungsweisen, Tübingen, Gunter Narr, Verlag, 1984, pp. 123-152. di Herbert Natta I Sonetti romaneschi di Giuseppe Gioacchino Belli ebbero inizialmente maggior fortuna critica fuori d'Italia. Sono noti gli apprezzamenti e i contributi interpretativi di Nikolaj Gogol, Charles Augustin de Saint-Beuve, Hugo Schuchardt, Paul Heyse, Karl Vossler: nomi illustri che riconoscevano in Belli un importante documento di cultura italiana, senza incorrere nel pregiudizio, tipicamente nostrano, che al dialetto corrisponda un inferiore valore letterario. Numerosi sono stati gli sforzi del Centro di Studi Belliani per mappare e ricostruire la fortuna europea di Belli. Articoli, pubblicazioni, incontri che hanno messo in luce la diffusione dell'interesse per il poeta romano in Francia, Russia, Germania, Inghilterra, Repubblica Ceca, Spagna. A questa mappa si aggiunge ora l'Austria, già nota per i contributi di Friedrich Schürr e Ulrich Schulz-Buschhaus, si arricchisce ora dell'attività di Helmut Meter, professore emerito dell'Università di Klagenfurt, nonché romanista di riconosciuto valore. Si è occupato di Nievo, Saba, Verga, Brancati; di più recenti scrittori come Celati e Camilleri; del rapporto tra letteratura italiana e contesto europeo. Nel 2012 ha tenuto un corso sui Sonetti romaneschi e proprio sull'uso di quest'opera nell'insegnamento universitario si era già concentrato in un saggio del 1984: Formen der Satire in den Sonetti Romaneschi von G. G. Belli1. La natura della satira nei Sonetti romaneschi è un tema centrale della critica belliana. Un passaggio fondamentale per leggere e interpretare l'opera del poeta romano: c'è all'origine dei suoi testi un'indignazione soggettiva o la vena satirica è da ascriversi all'oggetto rappresentato? Negli studi di area tedesca prevale il valore mimetico e documentario dei Sonetti e la tendenza a ricondurre la satira alla lingua e cultura del popolo romano. Meter riprende e rielabora questo discorso in una lettura che appare funzionale a un preciso interesse: l'uso didattico dell'opera letteraria nella scuola e nell'università. Obiettivo chiaramente definito nel titolo della raccolta che comprende il testo: Italienisch in Schule und Hochschule. Probleme, Inhalte, Vermittlungsweisen2. Il critico austriaco considera l'opera di Belli «un esempio di mediazione letteraria e culturale in una comunità di lingua straniera»: un classico, insomma, del quale intende dimostrare il carattere esemplare analizzando un campione antologico di testi. Nucleo dell'argomentazione è il concetto di mediazione (Vermittlung): secondo Meter, la «strategia 1 Forme della satira nei Sonetti romaneschi di G. G. Belli. 2 L'Italiano nella scuola e nell'università. Problemi, contenuti, metodi di insegnamento. di mediazione», mediante la quale l'autore costruisce una rappresentazione letteraria della realtà, è rimasta ai margini dell'interesse critico, ma è fondamentale per comprendere la funzione della satira nei Sonetti. Questa infatti non nasce da una caratteristica del soggetto o dell'oggetto, ma dal processo che traduce la realtà storica in opera letteraria. Il plurale forme che introduce il saggio rivela la molteplicità degli esiti satirici, nei quali la sapiente regia dell'autore realizza il proprio lavoro di mediazione. La creazione di una tipologia di queste «forme di mediazione» risulta dunque necessaria per chiarire il funzionamento della satira nella complessa strategia poetica di Belli. Di questa tipologia i cinque sonetti esaminati, presentati in lingua originale e corredati delle note d'autore, offrono una sequenza evolutiva. Il primo sonetto analizzato è L'incrinazzione, che mostra una «minima […] presenza dell'Io», ma che rivela anche «la presenza di un'autorialità direttiva che si può collocare solo al di fuori dell'arte mimetica». Solo in virtù dell'azione di una soggettività extratestuale può infatti avere luogo «la fusione del romanesco [...] con la forma del sonetto nel segno della satira». Anche Er peccato origginale sembra costruito sulla fedele rappresentazione di un discorso popolare, ma la mimesi non è sufficiente a giustificare l'effetto satirico, che nasce invece «dalla consapevolezza che le dichiarazioni della voce narrante» vengono traslate «in un contesto sintagmatico». Il passaggio dall'oralità spontanea alla forma letteraria genera la satira, perché consente di rintracciare ed evidenziare i paradossi interni alla narrazione, altrimenti celati in un coerente bozzettismo. Secondo Meter «la realtà della satira risulta determinata da un processo di lettura, non di ascolto». Per questo l'autore diffonde i sonetti solo oralmente: «una ripetuta, accurata lettura – in breve: una filologia rudimentale – avrebbe lasciato emergere la sua operazione satirica con conseguenze potenzialmente pericolose». Dall'analisi de Li dannati emerge come l'abile lavoro filologico, capace di riprodurre fedelmente il dialetto spontaneo del popolo, consenta a Belli di «nascondere il calcolo satirico». Rispetto ai testi precedenti, si rileva anche un'evoluzione strutturale del sonetto. La sostanziale opposizione tra quartine e terzine, caratteristica rilevata anche negli altri componimenti, non scardina qui la coerenza argomentativa del narratore popolare. La «stoccata finale» giunge come conclusione logica, ma getta una nuova luce sui versi precedenti e rivela la presenza di una regia autoriale che opera in funzione satirica. Una dinamica che agisce anche nel sonetto successivo, La sovranezza, nel quale la satira «scaturisce anche dal contrasto tematico tra ciò che è espresso direttamente e ciò che si legge tra le righe»: la volontà dell'autore si nasconde dietro la ricostruzione della parlata del popolano. Meter insiste a questo proposito su un punto fondamentale: non c'è giustapposizione tra autore e voce narrante, ma compresenza. La dinamica satirica non prevede una chiosa finale che smascheri l'ingenuità del pensiero della plebe, ma si muove internamente a una struttura discorsiva che mantiene un coerente «sviluppo causale». Su questo concetto si focalizza l'ultima analisi: Er dilettante de Ponte rivela la satira come mezzo mediante il quale la realtà viene recuperata e documentata attraverso la sua rappresentazione. Nel sonetto si distinguono «tre livelli di comunicazione»: il sarcasmo dell'Io narrante che descrive la scena che lo circonda, la rappresentazione di Sé che si evince dal suo discorso, l'influenza della società che agisce su di lui. La satira dunque «si scaglia tanto contro l'Io, il rappresentante “popolano”, quanto contro quelle autorità politiche» che ne incitano i sentimenti malvagi e perversi. Si modificano così i termini della questione sull'oggettività o soggettività della satira belliana: essa non dipende interamente né dal realismo della rappresentazione né dalla vis polemica dell'autore, ma deriva dal processo di mediazione che intrappola «l'esuberante» realtà romana in un «principio d'ordine» formale. Secondo Meter, la mediazione della satira è l'unico strumento in grado di veicolare la verità storica, in quella forma di «ironia segreta» che «di fatto è costretta ad ammettere la propria fragilità»; perché «Belli immagina in gran parte la ricezione della sua opera», sa che il suo pubblico non è il popolo, ma «aristocratici o religiosi». Per questo, a differenza dei riferimenti illuministi, ai quali il critico ricollega la poesia belliana, il poeta romano «non si propone né l'educazione né il miglioramento morale dei suoi destinatari. Egli intende piuttosto suscitare in loro un aura di simpatia culturale, che a sua volta potrebbe essere la base di una velata critica». Solo in questo modo, attraverso la mediazione di una forma letteraria nota (il sonetto), Belli riesce a veicolare al vero destinatario (i posteri) «un documento storico e culturale» della Roma del suo tempo.