Sprachbiographisches
Arbeiten in der
angewandten
Linguistik
Herausgegeben von Eva-Maria Thüne & Anna Nissen
CeSLiC
OCCASIONAL
PAPERS
M1
Sprachbiographisches Arbeiten
in der angewandten Linguistik
herausgegeben von
Eva-Maria Thüne & Anna Nissen
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers
M1
Monografie・M1
CeSLiC
Centro di Studi Linguistico-Culturali
ricerca-prassi formazione
https://site.unibo.it/ceslic/it/
Sprachbiographisches Arbeiten in der angewandten Linguistik/
a cura di: Thüne, Eva-Maria; Nissen, Anna.
Bologna, Centro di Studi Linguistico-Culturali (CeSLiC), 2021.
ISBN: 9788854970533. In Quaderni del CeSLiC. Occasional
Papers. A cura di: Miller, Donna Rose. ISSN: 1973-221x
ISSN: 1973-221x
ISBN: 9788854970533
Monografie・M1
CeSLiC
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers
2021
General Editor
Donna R. Miller
Sprachbiographisches Arbeiten
in der angewandten Linguistik
herausgegeben von
Eva-Maria THÜNE
Anna NISSEN
CeSLiC
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers
Monografie・M1
2021
Indice / Inhaltsverzeichnis
Donna R. Miller,
Prefazione
Eva-Maria Thüne
Sprache, Identität und Erinnerung – Sprachbiographische
Untersuchungen italienischer StudentInnen. Zur Einführung
Anna Nissen & Angelica Querci
Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
Caterina Cogorni & Eva-Maria Thüne
Sprachenportraits und Farben
Francesco Farina
Erinnerung an Sprache und Identitätsausdruck im Berliner Wendekorpus
Isidora Andus
Sprachbiographien von SerbInnen in Berlin
Roberta Negri
Sprachbiographien im Elsass
Brigitta Busch & Eva-Maria Thüne
Spracherlebnisse italienischer Studenten und Studentinnen
xi
1
11
Prefazione agli Occasional Papers del CeSLiC
Monografie
(ISSN: 1973-221X)
General Editor
Donna R. Miller
Local Editorial Board
L’attuale comitato di redazione bolognese comprende:
Gaia Aragrande, Sabrina Fusari, Antonella Luporini, Marina Manfredi, Donna R. Miller,
Catia Nannoni, Ana Pano Alamán, Monica Perotto, Rosa Pugliese, Maria José Rodrigo
Mora, Eva-Maria Thüne, Monica Turci, Valeria Zotti
Full Editorial Committee
L’attuale comitato scientifico completo comprende:
Gaia Aragrande (Università di Bologna), Maria Vittoria Calvi (Università degli Studi di
Milano), Luciana Fellin (Duke University, USA), Paola Maria Filippi (Università di
Bologna), Sabrina Fusari (Università di Bologna), Valeria Franzelli (Università di
Bologna), Maria Enrica Galazzi (Università Cattolica di Milano), Lucyna Gebert
(Università la Sapienza, Roma), Louann Haarman (Università di Bologna), Simona
Leonardi (Università di Genova), Antonella Luporini (Università di Bologna), Marina
Manfredi (Università di Bologna), Donna R. Miller (Università di Bologna), Elda
Morlicchio (Università Orientale di Napoli), Antonio Narbona (Universidad de Sevilla,
Spagna), Catia Nannoni (Università di Bologna), Gabriele Pallotti (Università di Modena
e Reggio Emilia), Ana Pano Alamán (Università di Bologna), Monica Perotto (Università
di Bologna), Rosa Pugliese (Università di Bologna), Goranka Rocco (Università di
Trieste), Maria José Rodrigo Mora (Università di Bologna), Viktor Michajlovich Shaklein
(Rossijskij Universitet Druzhby Narodov, RUDN, Mosca, Russia), Joanna Thornborrow
(Université de Bretagne Occidentale, Brest, Francia), Eva-Maria Thüne (Università di
Bologna), Nicoletta Vasta (Università di Udine), Francisco Veloso (Universidade Federal
do Acre, Brasile), Alexandra Zepter (Universität zu Köln, Germania), Valeria Zotti
(Università di Bologna)
La serie degli Occasional Papers è una collana collocata all’interno dei Quaderni del Centro di
Studi Linguistico-Culturali (CeSLiC), il centro di ricerca del quale sono responsabile
scientifico e che svolge ricerche nell’ambito del Dipartimento di Lingue e Letterature
Straniere e Moderne dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.
Agli Occasional Papers, nati nel 2005, si aggiungono le altre pubblicazioni del CeSLiC, ossia,
gli E-Libri – che includono:
1. la serie di manuali dei Quaderni del CeSLiC: Functional Grammar Studies for Non-Native
Speakers of English, nata nel 2005, che già vanta sei volumi pubblicati (ISSN 1973-2228),
il più recente dei quali è:
Miller, Donna Rose (2017) “Language as Purposeful: Functional Varieties of Text. 2nd Edition”
2. gli Atti dei Convegni patrocinati dal centro, nati nel 2005 (ISSN: 1973-932X):
CeSLiC Occasional Papers・M1・2021
Donna R. Miller, Prefazione
Inoltre gli E-libri del CeSLiC includono anche i volumi compresi in:
3. la collana di Studi grammaticali, dal 2008 (ISSN: 2036-0274);
4. la collana di Altre pubblicazioni – AMS Acta, nata nel 2010 (ISSN: 2038-7954).
Oggi si pubblica il secondo estratto della nuova iniziativa all’interno della collana Quaderni
del CeSLiC. Occasional Papers, vale a dire le Monografie, numeri monografici concentrati su
un unico tema con contributi che si occupano di vari aspetti dell’argomento.
Il primo numero, o volume 1, del 2021, scritto in lingua tedesca, è dedicato a:
Sprachbiographisches Arbeiten in der angewandten Linguistik
vale a dire
‘Biografie linguistiche. Esempi di linguistica applicata’
ed è a cura di Eva-Maria Thüne e Anna Nissen.
xii
CeSLiC Occasional Papers・M1・2021
Eva-Maria Thüne insegna Lingua e Linguistica tedesca all’Università di Bologna dal
1997. I suoi interessi di ricerca sono rivolti in particolare alla linguistica testuale, all’analisi
della lingua parlata e della conversazione e al tedesco come lingua straniera. Ha partecipato
a progetti di ricerca nazionali e internazionali (p.es. https://mappaturaisraelkorpus.
wordpress.com). Nel 2017 è stata Bologna-Clare Hall-Fellow a Cambridge (UK), in
seguito Life Member di Clare Hall. Tra le sue ultime pubblicazioni: Gerettet. Berichte von
Kindertransport und Auswanderung nach Großbritannien. 2019. Berlin-Leipzig (Hentrich &
Hentrich).
Anna Nissen ha studiato filologia latina, letterature comparate e tedesco come lingua
straniera presso la Freie Universität di Berlino, l’Università di Roma “La Sapienza”
(soggiorno con borsa Erasmus a.a. 2013-2014) e presso la Ludwig-MaximiliansUniversität di Monaco di Baviera. Dall’ottobre 2018 lavora come lettrice DAAD presso
l’Università di Bologna, dove tiene esercitazioni di lingua nei corsi di laurea triennale ed
esercitazioni di scrittura accademica e di traduzione dall’italiano al tedesco nel corso di
laurea magistrale internazionale del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture
Straniere Moderne (LILEC).
Biografie linguistiche. Esempi di linguistica applicata
Negli ultimi anni, nella linguistica applicata gli approcci autobiografici sono diventati
sempre più rilevanti e numerosi, nonché differenziati per quanto riguarda la metodologia
(cfr. Franceschini 2010, Busch 2013, Thoma 2018). Questo sviluppo è stato in parte
favorito da una crescente diversificazione culturale e linguistica nelle società
contemporanee caratterizzate da molteplici processi di migrazione (Stevenson 2019).
In questo contesto si collocano anche le analisi di biografie linguistiche, che non si
basano solo su dati descrittivi di tipo sociolinguistico ma aprono una prospettiva a dati
soggettivi basati su narrazioni multimodali che abbracciano anche forme espressive non
verbali (Busch 2017). Tramite l’approccio biografico è possibile monitorare come
vengono percepiti e vissuti ‘da dentro’ processi sociali in contesti di diversità linguistica;
su questa base è poi possibile avanzare proposte sulla rilevanza dei cambiamenti del
repertorio nell’arco della vita e sull’interazione tra fattori personali e sociali.
Tutti i contributi raccolti in questo volume hanno in comune un focus su biografie
linguistiche, ma da differenti prospettive metodologiche: un primo gruppo di articoli è
incentrato sulla ricostruzione soggettiva di eventi, sia di rilevanza storico-sociale collettiva
(Farina, Negri) sia individuale (Andus). Altri sono legati alle biografie linguistiche nella
didattica delle lingue straniere (Nissen/Querci), all’interpretazione dei colori nella
rappresentazione del repertorio linguistico (Cogorni/Thüne) e nello sviluppo di una metaconsapevolezza linguistica (Busch/Thüne).
xiii
Donna R. Miller, Prefazione
L’estratto che pubblichiamo oggi è il primo articolo del volume, di Anna Nissen e
Angelica Querci, dal titolo
Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenporträts
ossia
Studenti e studentesse italiane parlano dei loro ritratti linguistici
Parole chiave: ritratti linguistici, esperienza linguistica, repertorio plurilingue, lingua
parlata, code-switching, didattica delle lingue straniere
Donna R. Miller
General Editor dei Quaderni del CeSLiC
Bologna, li 25 maggio 2021
xiv
Italienische Studierende
sprechen über ihre Sprachenportraits
Anna Nissen & Angelica Querci*
In diesem Beitrag werden Beispiele für das Erstellen von kleinen mündlichen Korpora
und deren Interpretation im Fremdsprachenunterricht vorgestellt. Das Material dafür
stammt aus einem Unterrichtsprojekt zum Thema Sprachenportrait und gesprochene
Sprache, das im akademischen Jahr 2019/2020 unter der Leitung von Prof. Eva-Maria
Thüne und Prof. Brigitta Busch im Masterstudiengang ‚Language, Society and
Communication‘ an der Universität Bologna durchgeführt wurde.
Im ersten Teil werden die Vorgehensweise bei der Erstellung des Korpus sowie die untersuchte Gruppe vorgestellt. Anschließend wird ein Dialog auf inhaltlicher Ebene
untersucht, wobei der Fokus auf dem thematischen Aufbau liegt. Es folgt eine ausführliche Untersuchung der relevanten Aspekte der eingesetzten Formulierungsverfahren
sowie des gezeigten dialogischen Verhaltens in den Gesprächen über die Sprachenportraits. An einem weiteren Dialog werden die Gesprächsführung sowie das Codeswitching noch einmal verdeutlicht. Zum Abschluss wird ein Ausblick darauf geboten,
welchen Nutzen, aber auch welche Grenzen das Erstellen von und Sprechen über
Sprachenportraits als Teil des (universitären) Fremdsprachenunterrichts im Bereich der
gesprochenen Sprache hat.
Keywords: Sprachenportrait, Spracherleben, mehrsprachiges Repertoire, gesprochene
Sprache, Codeswitching, Fremdsprachendidaktik
1. Einleitung
Im universitären Fremdsprachenunterricht spielt die Mehrsprachigkeit der Studierenden
noch zu oft keine oder allenfalls eine untergeordnete Rolle, wodurch eine wichtige
Ressource ungenutzt bleibt. Sprachbiographisches Arbeiten im Unterricht bietet einen
guten Ausgangspunkt, um dies zu ändern: Dazu eignet sich der Einsatz der von Gogolin
und Neumann 1991 und Krumm/Jenkins 2001 vorgeschlagenen und von Busch (u.a.
*
Anna Nissen, Universität Bologna,
[email protected] & Angelica Querci, Universität Bologna,
[email protected]. Der Beitrag ist eine Weiterentwicklung von Angelica Quercis Masterarbeit
mit dem Titel „Die gesprochene Sprache italienischer Studenten mit Deutsch als L2. Analyse von
Dialogen über Sprachbiographien“, mit der sie im Oktober 2020 ihren Abschluss im Studiengang
„Language, Society and Communication“ an der Universität Bologna erreichte. Für die Abschnitte 1, 3,
5 und 6 ist Anna Nissen verantwortlich, die Abschnitte 2 und 4 stammen von Angelica Querci. Unser
herzlicher Dank gilt Prof. Eva-Maria Thüne für die fachliche Unterstützung und Beratung bei der
Erstellung dieser Arbeit.
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
2013, 2017) weiterentwickelten Sprachenportraits, bei dem Abbildungen von Körpersilhouetten zur Verfügung gestellt werden, in denen Sprachen durch das Ausmalen mit
verschiedenen Farben dargestellt werden können. Durch diesen multimodalen Ansatz
wird den Studierenden die Möglichkeit geboten, ihre eigene Mehrsprachigkeit, d.h. ihr
Sprachrepertoire (Gumperz 1964 und daran anschließend Busch 2013, 2017), zu
erkunden und zu reflektieren, was nicht nur auf die verschiedenen, im schulischen oder
universitären Kontext erworbenen Fremdsprachen abzielt, sondern oftmals auch dazu
führt, dass unerkannte Potenziale entdeckt werden (vgl. Einleitung zu diesem Band).
Dazu gehören z.B. das zweisprachige Aufwachsen mit einer Sprache mit einem so
genannten niedrigen sozialen Prestige, deren „Funktionalität bzw. der ‚Marktwert‘“ als
nicht hoch genug angesehen wird, vgl. Oppenrieder und Thurmair 2003: 48 (in der hier
untersuchten Gruppe ist das Albanische ein Beispiel dafür), und das Zutagetreten von
den im Universitätsalltag oft ‚unsichtbaren‘ Dialekten (in Bologna z. B. die Dialekte
Süditaliens, insbesondere das Neapolitanische und weitere Dialekte aus Kampanien),
wodurch die Studierenden einen neuen Zugang zu diesem Bereich ihrer Identität erhalten.
Zentral ist dabei das Konzept des Spracherlebens, das Busch (2013: 18-19) als die Frage
danach formuliert, „wie sich Menschen selbst und durch die Augen anderer als sprachliche Interagierende wahrnehmen“. Die körperlich-emotionale Dimension des Spracherlebens und das sich Bewusstwerden des individuellen mehrsprachigen Repertoires
treten bei der Arbeit an den Sprachenportraits deutlich zutage, wie insbesondere im
dritten und fünften Abschnitt an zwei Dialogen exemplarisch aufgezeigt wird.
Daneben ermöglicht der Einsatz der Sprachenportraits im Unterricht den Erwerb
wichtiger fachlicher Kompetenzen, denn nach dem Erstellen des eigenen Sprachenportraits werden die Studierenden aufgefordert, sich mündlich in selbstgewählten Zweierpaaren gegenseitig ihre Sprachenportraits vorzustellen, das Gespräch aufzuzeichnen und
die so erstellten Aufzeichnungen mithilfe des Gesprächsanalytischen Transkriptionssystems (GAT2, vgl. Selting et al. 2009 und Knöbl und Steiger 2006)1 zu transkribieren.
Sie beschäftigen sich mit dem sprachlichen Ausdruck von Formulierungsverfahren (vgl.
u. a. Schwitalla 2011: 173-174) und analysieren diese Phänomene der gesprochenen
Sprache (zu deren Relevanz für den DaF-Unterricht vgl. u.a. Schwitalla 2010).
2. Vorstellung der Vorgehensweise und der Gruppe
2.1 Die Vorgehensweise
Jedes Individuum hat ein eigenes sprachliches Repertoire (vgl. Busch 2012), auf das es
täglich zurückgreift und das aus sprachlichen und kommunikativen Ressourcen besteht.
Es handelt sich dabei um Varietäten, Register, Jargons, Genres, Akzente und nicht zuletzt
auch um regionale und dialektale Varietäten, die dafür sorgen, dass, mit Busch 2012
gesprochen, „niemand […] einsprachig“ ist. Diese Arbeit analysiert, wie das sprachliche
Repertoire einer Gruppe italienischer Studierender ihre Dialoge beeinflusst, wenn sie auf
Deutsch sprechen, dabei aber auch auf andere Ressourcen ihres Repertoires zurückgreifen.
1
Vgl. dazu Anm. 2 und 3 sowie die Zusammenfassung zentraler Transkriptionsnormen im Anhang dieser
Arbeit.
12
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
Das Projekt sah drei Phasen vor: In der ersten Phase erhielten die Studierenden die
leere Sprachsilhouette und wurden aufgefordert, ihr persönliches Sprachenporträt zu
erstellen, indem sie mit verschiedenen Farben die unterschiedlichen Körperteile (vgl.
Busch 2018: 62-63 sowie die Einleitung zu diesem Band) ausmalten. Jede gesprochene
Sprache – inklusive der Muttersprache und der Dialekte – sollte mit einer Farbe und
einem Körperteil verbunden werden. Die Studierenden sollten das Sprachenporträt frei
entwickeln und dabei über ihre Sprachen und deren Bedeutung in ihrem Leben
nachdenken. In der zweiten Phase bildeten die Studierenden Paare und sollten sich über
ihre Sprachenportraits verständigen, wobei sie durch Fragen und Antworten ihre
jeweiligen Entscheidungen begründeten. Diese Gespräche wurden aufgezeichnet, damit
sie die Dialoge in der dritten Phase mithilfe des GAT2-Systems transkribieren sollten. Im
Unterricht wurden dazu verschiedene Ebenen von Transkripten, nämlich das Minimalund das Basistranskript, besprochen, sodass diese Kenntnisse zumindest zum Teil in die
Praxis umgesetzt werden.2 Direktes Ziel dieses Unterrichtsprojekts ist es, die Mehrsprachigkeit der Studierenden auf diese nicht-sprachliche Weise darzustellen und ihnen
die Möglichkeit zu geben, die subjektive Wahrnehmung ihrer Mehrsprachigkeit zu
erkunden. Darüber hinaus betrachten die Autorinnen dieses Beitrags die Strategien, die
die Studierenden verwenden, um ihre Schwierigkeiten beim Deutschsprechen zu überbrücken.
Weiterhin wird in der Analyse der soziale und intersubjektive Charakter
sprachlichen Handelns in den Fokus genommen, weil die Studierenden darüber
nachdenken müssen, welche Erfahrungen und Assoziationen die bekannten Sprachen
auslösen können, und später ihre Auswahl in den Sprachenportraits begründen sollen.
Aus der Analyse wird deutlich, dass die Verbindungen zwischen Farben, Körperteilen
und Sprachen zumeist nicht zufällig sind, sondern z.B. von Lieblingsfarben, Erinnerungen
der Kindheit, positiven oder negativen Gefühlen gesprochen wird, die die Sprachen selbst
evozieren oder die mit einer bestimmten positiven oder negativen Erfahrung verbunden
sind (zur Bedeutung der Farben siehe den Beitrag von Cogorni und Thüne in diesem
Band).
2.2 Die Gruppe
Die italienischen Studierenden, deren Material hier vorgestellt wird, waren zum Zeitpunkt
des Projekts zwischen 24 und 26 Jahre alt und besuchten das erste oder zweite Jahr des
Masterstudiengangs „Language, Society and Communication“ in Bologna, wo sie neben
Deutsch (Sprachniveau nach GER B2+ – C1+) auch noch eine weitere Fremdsprache
studierten. Insgesamt ist ihr sprachliches Repertoire äußerst vielfältig, da alle Studierenden
über einen Bachelorabschluss in Fremdsprachen verfügen und aus verschiedenen
Regionen Italiens stammen: Sieben von ihnen kommen aus Süditalien (Sizilien (1),
2
In diesem Beitrag wird in erster Linie mit Minimaltranskripten gearbeitet, wobei einige Besonderheiten
durch Kommentare angefügt werden; nur im Fall von Beispiel 17 wurde ein Basistranskript erstellt. Das
Minimaltranskript enthält den Wortlaut der Redebeiträge und die wichtigsten Informationen zur
Verlaufsstruktur des Gesprächs wie Überlappungen und Pausen. Im Basistranskript werden Turns in
Intonationsphrasen segmentiert, die durch einen kohäsiven Tonhöhenverlauf als zusammenhängende
Einheiten wahrgenommen werden. Zu den Auffälligkeiten, die hier auch im Minimaltranskript annotiert
werden, zählt der Abbruch ohne Glottalverschluss (vgl. Selting et al. 2009: 374, Anm. 24), der typisch
für italienische MuttersprachlerInnen ist, sowie Lautstärke- und Sprechgeschwindigkeitsveränderungen
mit Extension und die Veränderung der Stimmqualität und Artikulationsweise.
13
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
Basilikata (1), Apulien (2) und Kampanien (3)); sieben aus Mittelitalien (Marken (2),
Toskana (3), Latium (2)) und acht aus dem Norden (Emilia-Romagna (4), Friaul (1),
Venetien (2) und Piemont (1)). Darüber hinaus sprechen alle Studierenden neben
Italienisch eine oder mehrere europäische Sprachen, nämlich Englisch, Französisch,
Russisch, Spanisch bzw. Deutsch. Einige von ihnen sprechen weitere Sprachen wie
Russisch (5), Portugiesisch (3), Schwedisch (2), Arabisch (1), Albanisch (1) und Rumänisch (1). Außerdem zeigt sich der regionale bzw. dialektale Einfluss in der Wahrnehmung und bei der Beschreibung des eigenen Repertoires deutlich, vor allem bei
denjenigen, die aus Süd- und Nordostitalien kommen, wo Dialekte und regionale
Varietäten noch stärker verbreitet sind (vgl. Avolio 2011). Diese sprachliche Vielfalt hat
sich auch auf die Gespräche ausgewirkt, wie aus den zahlreichen Fällen von Codeswitching hervorgeht. Neben dem Codeswitching sind auch weitere sprachliche Phänomene zu bemerken, z.B. Pausen und Reparaturen. Diese Phänomene, die in den meisten
Fällen die Vorstellung von etwas vermitteln, das mühsam hervorgebracht wird, bestätigen
Riehl (2014: 102), der zufolge „die Sprecher in die andere Sprache wechseln, wenn sie
Schwierigkeiten haben, das, was sie sagen möchten, in der Sprache der Interaktion auszudrücken“.
3. „Mit der deutschen Sprache habe ich sozusagen angefangen zu
laufen“: Thematischer Aufbau eines Dialogs über ein Sprachenportrait
Zu Beginn soll an einem konkreten Beispiel verdeutlicht werden, wie eine Studentin, IG,
ihr sprachliches Repertoire anhand ihres Sprachenportraits im Dialog schildert. Dabei
werden bereits bestimmte sprachliche Merkmale sichtbar, die Ausdruck von Formulierungsverfahren sind (vgl. Fiehler 2016), welche später im vierten Abschnitt ausführlich
behandelt werden. Auffällig ist, dass es sich bei dem Sprachenportrait von IG (Abb. 1)
um ein sehr farbenfrohes Portrait handelt, das mit kräftigen, leuchtenden Farben
ausgemalt wurde. In die Silhouette hat IG außerdem Mund und Ohren eingezeichnet. Da
die Studentin dies im Laufe des Gesprächs selbst anspricht, wird darauf an späterer Stelle
eingegangen. Im Vergleich dazu wirken andere Portraits (vgl. z. B. Abb. 2 in diesem
Beitrag) weniger bunt, was erneut die Einzigartigkeit der jeweiligen Portraits zeigt.
IG beginnt ihre Erklärung mit einer Auflistung der sieben von ihr im Sprachenportrait dargestellten Sprachen, wobei ihr unmittelbar auffällt, dass eine Sprache fehlt:
(1)
und ich habe Französisch vergessen, weil ich habe da nicht wirklich gedacht und,
ich habe das zu spät,/ ich hab zu spät bemerkt, dass Französisch fehlte und
deswegen/ ich sage das/ ich habe komplett vergessen, weil ich denke, ich habe in
die letzten Jahren nicht viel Französisch gesprochen.3
3
In den Abschnitten 3, 5 und 6 wird mit einfachen orthographischen Transkripten gearbeitet, da es in
erster Linie um die inhaltlichen Aspekte der Gespräche, d.h. die Darstellung des sprachlichen Repertoires und des Spracherlebens, geht. In Abschnitt 4 hingegen liegt der Fokus stärker auf den
Phänomenen der gesprochenen Sprache, weshalb auf die Regeln des Minimaltranskripts nach GAT2,
erweitert um einige Aspekte des Basistranskripts, zurückgegriffen wird (vgl. Anm. 3). Eine Übersicht
über die hier verwendeten GAT 2-Transkriptionkonventionen finden sich im Anhang dieser Arbeit.
14
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
Abbildung 1: Sprachenportrait von IG
Die Gesprächspartnerin AD greift unterstützend und analysierend ein:
(2)
ja, und das ist auch ein Signal für wie empfindest du die französische Sprache.
IG reagiert darauf und führt weiter aus:
(3)
01 ja, aber, zum Beispiel vor zwei Tage habe ich Französisch gesprochen mit einem
02 Freund und ich konnte was sagen, also ja, ich konnte ziemlich viel sagen, […] aber
03 man versteht mich, okay, und ich finde das auch sehr interessant, weil ich hab
04 Französisch fünf Jahre lang gelernt […] danach als ich die Universität angefangen
05 habe, hab ich entschieden, ich wollte kein Französisch mehr lernen, und deshalb hab
06 ich Russisch gewählt und auch Deutsch und Englisch.
Die Sprecherin versucht an dieser Stelle im Gespräch selbst zu ergründen, warum sie die
französische Sprache bei der Erstellung ihres Sprachenportraits vergessen hat und führt
es letztlich auf die seltene Verwendung in den letzten Jahren zurück, auch wenn sie angibt,
die Sprache jederzeit reaktivieren zu können, sollte es nötig sein. Deutlich tritt hier zutage,
wie fließend Konzepte wie das Beherrschen und Vergessen von Fremdsprachen sind, wie
es z.B. im ‚Dynamic Model of Multilingualism‘ von Herdina und Jessner 2002 beschrieben
wird, das besagt, dass die Sprachkenntnisse eines Individuums beständigem Wandel
unterliegen, der den sich verändernden kommunikativen Bedürfnissen der Person
geschuldet sind. Dies belegt auch die weitere Ausführung IGs, die sich bewusst dafür entschieden hatte, trotz der vielen Jahre des Schulunterrichts an der Universität nicht
15
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
Französisch, sondern Russisch zu studieren. Diese Bemerkung stellt für sie die Überleitung zur ersten ausführlich beschriebenen Sprache dar, dem Deutschen:
(4)
01 Also zuerst, Deutsch ist rot, also, das ist die Farbe der Liebe, weil ich einfach/ ich
02 liebe die deutsche Sprache. Und Deutsch sind meine Beine, weil/ also, das ist meine
03 Lieblingssprache. Ich habe meine erste Arbeitserfahrung in Deutschland gemacht und
04 auch mein Erasmus dort gemacht und dort hab ich für das erste Mal allein gewohnt,
05 also, ich/ich hab immer/früher habe ich immer mit meiner Familie gewohnt, und
06 niemals allein, und deshalb sind meine Beine, weil mit der deutschen Sprache habe
07 ich sozusagen angefangen zu laufen.
Beide Beine, bis knapp über Bauchnabelhöhe, sind in leuchtendem Rot gefärbt, wobei die
Sprecherin durch die Farbwahl ihre positive emotionale Beziehung („Liebe“ und
„Lieblingssprache“, Z. 01-03) zu der Sprache ausdrückt. Durch die Wahl des Körperteils
Beine hebt sie zusätzlich hervor, dass sie auf Deutsch in Deutschland wichtige Entwicklungsschritte gemacht hat (erste Arbeitserfahrung, Z. 03, zum ersten Mal alleine wohnen,
s. Z. 04). In dieser Beschreibung tritt deutlich das zutage, was Busch (2013: 18-20 und
2015) als „Spracherleben“ bezeichnet: IG nimmt ihre Erfahrungen ist mit der deutschen
Sprache als sehr positiv wahr, denn sie ist mit der und durch die Sprache eigenständig
geworden, wie sie in ihrer Beschreibung durch die Metapher des „Laufenlernens“ (Z. 0607) zum Ausdruck bringt. Auf der Grundlage der Visualisierung in der Silhouette des
Sprachenportraits wird hier auch in der anschließenden Beschreibung die körperlichemotionale Dimension hervorgehoben: IG erlebt die deutsche Sprache auch als ein
Instrument zur Selbstermächtigung und Emanzipation.
Ganz anders hingegen ist ihr Verhältnis zur russischen Sprache, die sie grün in dem
herunterhängenden Arm einzeichnet:
(5)
Und danach Russisch ist der rechte Arm und ich hab gedacht, dieser Arm bewegt
sich nicht, und so fühle ich mich mit der russischen Sprache, also ich kann nicht
wirklich Russisch sprechen, weil ich hab viel Grammatik gelernt, aber nie das
wirklich gesprochen.
Die Sprecherin beschreibt an dieser Stelle sowohl ihr Verhältnis zu ihren beiden im
Studium gewählten Sprachen als auch die Art und Weise, wie sie gelernt und verwendet
hat: Während Deutsch eine zentrale Rolle in ihrem Leben einnimmt, sie eine Entwicklung
spürt und sie sich der Sprache auch emotional verbunden fühlt, verkörpert Russisch für
sie persönlich Stillstand, da sie sich trotz russischer und ukrainischer Freunde, mit denen
sie die Sprache verwendet, wie sie im weiteren Verlauf des Gesprächs ausführt, „wie
blockiert“ fühlt. Sie fügt jedoch hinzu, dass Grün die Farbe der Hoffnung sei und auch
die ebenfalls grün gefärbte Hand darauf hinweisen solle, dass sie die Sprache in Zukunft
weiter benutzen wolle. Die Schilderung des Sprachenportraits erfolgt mit deiktischen
Referenzen in Bezug auf die Figur, d.h. die Sprecherin betrachtet nicht das Sprachenportrait von außen, sondern versetzt sich in ihrer Schilderung in es hinein, was aus der
Benennung von rechts und links hervorgeht und auf sprachlicher Ebene durch das
Personalpronomen „ich“ aufgegriffen wird: IG ist die dargestellte Figur, wie es auch
Busch (2013: 23-24) zur leiblichen Dimension des Spracherlebens beschreibt.
16
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
In ihrer Beschreibung fährt IG mit Englisch fort, für das sie Blau gewählt hat und
das sie, gemeinsam mit Gelb für Italienisch, in dem erhobenen linken Arm und im Kopf
eingezeichnet hat:
(6)
01 Ich fühle mich wie zweisprachig, vielleicht auch wenn ich/wenn mein Englisch nicht
02 so perfekt ist, aber das ist ein Gefühl und ja, das ist auch Italienisch und Englisch sind
03 halb und halb mein linker Arm, weil ich denke, dieser Arm bewegt sich und zeigt der
04 Welt, was bin ich, also ich bin halb Italienerin, aber halb/nicht Engländerin, sondern
05 Europäerin, europäisch, und ja deswegen, Englisch ist die Sprache der Welt.
An dieser Stelle wird das Thema Identität und Zugehörigkeit thematisiert, denn IG
beschreibt ihr Verhältnis zur englischen Sprache, dank der sie sich als Europäerin, Teil
einer offenen, mehrsprachigen Welt, beschreibt. Reflektiert hebt sie hervor, dass sie die
Sprache zwar nicht perfekt beherrsche, aber sich dennoch gewissermaßen als zweisprachig fühle. Auch hier hat die Sprache ein ermächtigendes Moment inne (vgl. Busch
2013: 19).
Im Anschluss an diese Öffnung zur Welt geht IG auf den bereits in der
anfänglichen Auflistung erwähnten süditalienischen Dialekt aus Sant’Agata, Kalabrien,
dem Heimatdorf ihrer Eltern, ein, den die in Norditalien geborene und aufgewachsene
Studentin zwar als Kind (wovon sogar eine Videoaufnahme existiert, s. Z. 02-03) „sehr
gut“ gesprochen habe, nun aber nicht mehr:
(7)
01 IG: Das ist/das sind meine Ohren und halb mein Mund, weil ich hab diesen Dialekt
02 viel gehört, aber nie wirklich gesprochen, also nur als ich ein Kind war, und es gibt
03 Videos von mir, als ich sehr gut Dialekt konnte, und jetzt habe ich alle diese Wörter
04 vergessen, also ich erinnere mich nicht, aber ich/wenn ich höre, ich verstehe –
05 AD: Also kannst nicht sprechen? –
06 IG: Ein bisschen, und wenn ich versuche, diese Spr/diesen Dialekt zu sprechen, dann
07 sagt meine Mutter, bitte hör auf, weil deine Aussprache ist schrecklich, und das ist
08 auch ihr Schuld, weil sie hat mir gesagt, dass ich konnte nicht/ich durfte kein Dialekt
09 sprechen, weil ich das manchmal in der Schule sprach, also in Padua –
10 AD: Also, das ist – ok, aber gefällt dir diese Sprache/dieser Dialekt? –
11 IG: Ja, ja, es gefällt mir sehr, ja.
IG spricht hier ein interessantes Phänomen an, nämlich den Verlust der Fähigkeit, den
Dialekt ihrer Familie aktiv zu verwenden, obwohl sie dazu als Kind wohl imstande war,
wovon sogar Aufnahmen als Beweismaterial existieren. Mit Hamers/Blanc (2000: 76-78)
lässt sich hier von individueller Spracherosion und genauer noch von umweltbedingter
Attrition sprechen, die auf den eingeschränkten Gebrauch der Sprache bzw. hier des
Dialekts zurückzuführen ist. Um den Dialekt darzustellen, fügt sie der Silhouette Ohren
und Mund hinzu, wobei die Ohren auf das passive Verstehen verweisen, was ihre Aussagen zu ihrer heutigen Verwendung des Dialekts unterstreicht. Auch soziolinguistische
Aspekte spielen hier eine Rolle, wenn sie berichtet, dass ihr von der Mutter verboten
wurde, in der Schule in Padua den süditalienischen Dialekt zu sprechen, vermutlich, um
ihr eine mögliche ‚Stigmatisierung‘ als Süditalienerin zu ersparen (vgl. dazu auch die
Abschnitte 4.3.1 und 5 in Bezug auf die Stellung der süditalienischen Dialekte). Ergebnis
dieses Sprechverbots in der Kindheit ist aber, dass IG den Dialekt gar nicht mehr bzw.,
so die Beschreibung ihrer Mutter aus der Außenperspektive, nur mit einer „schreck17
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
lichen“ Aussprache spricht. IG selbst nimmt jedoch eine positive Wertung vor und gibt
an, sich dem Dialekt dennoch emotional verbunden zu fühlen.
Zuletzt geht IG auf die beiden romanischen Sprachen Spanisch und (brasilianisches) Portugiesisch ein, die sie im Bauch eingezeichnet hat, da sie aufgrund der Ähnlichkeit zu Italienisch sehr „intuitiv“ für sie sind. Anschließend erfolgt der Wechsel der
Gesprächsrollen, IG übergibt das Wort an AD:
(8)
IG: ja danke
AD: dankeschön
IG: (leise) ist das ein bisschen lang.
AD: okay, also, das ist mein Sprachportrait und ich habe vier/ fünf Sprachen
repräsentiert.
Unter dem Gesichtspunkt des Gesprächsverlaufs erfolgt der Rollenwechsel problemlos,
beide Gesprächsteilnehmerinnen finden sich sofort in die neue Rolle ein.
Zusammenfassend kann man sagen, dass IG in den gut neun Minuten, in denen sie
im Gespräch mit AD ihr Sprachenportrait erläutert, der deutschen Sprache eine zentrale
Rolle im Prozess des Erwachsen- und Selbstständigwerdens einräumt. Beginnend mit der
Auflistung ihres umfangreichen sprachlichen Repertoires beschreibt sie Phänomene von
Sprachverlust (im Fall des kalabrischen Dialekts), Fossilisierung (Einschätzung ihrer Russischkenntnisse), aber auch die Erschaffung einer europäischen, mehrsprachigen Identität, wobei sie Englisch gewissermaßen als Tor zur Welt deutet. Auf die vorgegebene
Silhouette wird produktiv Bezug genommen, was durch das Beschreiben aus der Subjektperspektive deutlich wird. Nicht zuletzt zeigt sich einmal mehr die Bedeutung des Faktors
Motivation, denn das Sprechen über ihr sprachliches Repertoire hat IG so sehr in den
Bann geschlagen, dass sie sich am Ende sogar dafür entschuldigt, so lange gesprochen zu
haben. In der Tat handelt es sich bei dem Gespräch des Paars IG–AD um die längste
Aufzeichnung der untersuchten Gruppe (insgesamt 15:21 min, während sich die anderen
Gespräche zwischen 6:30 und 14:00 min bewegen) und der Anteil von IG ist mit 9:10
min um 3 Minuten länger als der ihrer Partnerin AD.
4. Aspekte des sprachlichen und dialogischen Verhaltens in der
untersuchten Gruppe
Nach dieser inhaltlichen und strukturellen Untersuchung eines vollständigen Gesprächs
über ein Sprachenportrait soll nun auf zentrale Aspekte des sprachlichen und dialogischen
Verhaltens in der untersuchten Gruppe eingegangen werden, wofür exemplarisch
relevante Phänomene der gesprochenen Sprache mithilfe der gemäß den GAT2Konventionen angefertigten Minimaltranskripte analysiert werden. Für die GesprocheneSprache-Forschung ist erst seit dem Aufkommen der Möglichkeit, Gespräche zu registrieren und wiederholt abzuspielen, eine linguistische Analyse möglich, denn man kann
sich „nur beim wiederholten Hören […] auf unterschiedliche Eigenschaften des
Gesprochenen konzentrieren“ (Schwitalla (2011: 18). Zu beachten ist dabei, dass es sich
bei den im Folgenden verwendeten Minimaltranskripten um überarbeitete Fassungen der
im Unterricht von den Studierenden angefertigten Transkripte handelt. Auf die Problematik des Erstellens von Transkripten in einer Fremdsprache wird im sechsten Abschnitt
dieser Arbeit eingegangen.
18
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
In der Analyse der Gespräche stehen die unterschiedlichen Formulierungsverfahren (vgl. für einen Überblick Fiehler 2016: 1243-1248) der Studierenden im Fokus,
wobei „Formulieren“ mit Schwitalla (2011: 173)
nicht [heißt], dass für einen fertigen Gedanken eine passende sprachliche Form
gefunden wird, sondern […] die schöpferischen Bemühungen [meint] (Antos 1982,
100 ff.), im Verlauf des Sprechens Ausdrucksstrukturen zu finden, die dem, was man
(eigentlich) sagen will, angemessen sind.
Es geht also um „alle diejenigen Äußerungsprozeduren, die ein Sprecher ‚ausprobiert‘
oder die ihm auch zur Hand sind, um Wissensinhalte in eine verstehbare sprachliche
(nicht nur syntaktische) Form zu bringen“ (Schwitalla 2011: 174). Weiterhin ist es wichtig,
dabei stets zu berücksichtigen, dass diese Verfahren des zögerlichen Formulierens sowohl
vom Sprecher als auch vom Hörer initiiert werden können und damit Teil der Interaktion
im Dialog sind. Es werden zunächst Verzögerungsphänomene wie Pausen, Vokal- und
Spirantendehnungen und Reparaturen (vgl. Schwitalla 2011: 89-90) untersucht; anschließend sind Codeswitching und weitere Interferenzphänomene als Ausdruck der Vielsprachigkeit und des umfassenden Sprachenrepertoires der Sprecherinnen und Sprecher
sowie als Formulierungsverfahren Teil der folgenden Analyse.
4.1 Problembearbeitungsverfahren: Pausen und Verzögerungsphänomene
Die Pausen sind das auffälligste Phänomen. Sie gehören einerseits zum regulären Sprechverhalten (vgl. Bose 1994: 121, dem zufolge beim Sprechen durchschnittlich nach 11 bis
13 Silben eine Pause gemacht wird), andererseits können sie insbesondere bei auffälligen
Pausenmustern auch die Folge der Verwendung einer Fremdsprache sein. Es treten
sowohl „stille“ als auch „gefüllte“ Pausen (s. u.) auf (letztere sind mit Schwitalla 2011: 75
als Gesprächspartikeln einzuordnen), deren Länge variiert und deren Positionen im Laufe
des Gesprächs eine bestimmte Bedeutung haben. Am Anfang der Rede stellen sie häufig
eine Planungszeit dar, um zu antworten oder um über neue Informationen nachzudenken,
die der Sprecher einbringen will. Tatsächlich befinden sich laut Schwitalla (2011: 89)
gefüllte Pausen dort, wo Wissensinhalte in einer sprachlichen Form eingefügt werden
sollen. Außerdem weisen sie auf den Wunsch hin, weiterzusprechen. Andererseits kann
eine Pause in der Endstellung aber auch ein Turnübernahmesignal sein, da es zeigt, dass
der Sprecher die Versprachlichung seiner Gedanken beendet hat. Zu viele Pausen machen
das Gespräch mühsam und sind Signale für die sprachliche und inhaltliche Unsicherheit
des Sprechers.
Beispiele dafür sind (9) und (10):
(9) FD – VS (min 0.54-1.28)
063 VS: °h äm:: (-) ((schnalzlaut)) äh und äh ich denke dass
<<lachend>
064
und ich> <<p> denke> dass äh sie äm teile äh meines äh_äh
065
kulturellen_hintergrunds sind °h(schnalzlaut))
066
dann hm äh habe ich äh mei:n kopf äh grau und äh blau äh:
067
gefärbt °h äh: die: äh blau_äh farbe äh für äh das für_das
068
englisch
In Beispiel (9) fallen die zahlreichen gefüllten Pausen auf, die hier einerseits auf Wortfindungsschwierigkeiten, andererseits auf das Bestreben nach der Sicherung der Sprecher19
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
rolle (vgl. Schwitalla 2011: 157), d.h. dem Festhalten an der Sprecherrolle hinweisen. Die
von der Sprecherin VS verwendeten Gesprächspartikeln sind vor allem „äm“ und „äh“,
zum Teil in gedehnter Form, z.B. in Z. 063. In Zeile 063-064 findet sich auch eine von
Lachen begleitete Wiederholung, „ich denke, dass“, die im zweiten Anlauf nach Ausklingen des Lachens sehr leise gesprochen wird (im Text durch <<p>…> wiedergegeben). Das gesichtswahrende Lachen (vgl. Schwitalla 2011: 198) dient dabei der Überspielung der Unsicherheit der Sprecherin, die durch die vielen Pausen deutlich zutage tritt.
(10) ME – MF (min 2:55-4:20)
032 MF: äh:: russisch ist braun weil russisch für mich äh eine
<<acc>
033
sehr schwierige sprache ist> und_ähm: (-) äh: für mich war
034
es sehr schwierig russisch_äh äh zu lernen und braun ist äh
035
eine: dunkle farbe: die: äh (-) für mich
036
ein bischen hm negativ ist °hh äh während franzö:sisch äh
037
habe ich mit hellblau (.)gemalt weil: äh franzö:sisch:
038
eine hm (-) äh be\ <<p> beruhigende:> sprache ist äh wie
039
auch die hellblaue farbe: (.) und_äh (-) dann in den: äh: in
040
den äh beinen habe ich: äh alle die sprache die ich kenne
041
also französisch deutsch englisch und russisch °h
042
dargestellt weil: sie die sprachen die: ich in meinem
043
ba\ die: ich benutzen kann äh wenn ich: reise (-) und in
044
den füßen nur italienisch weil_ähm (-) italienisch das
045
fundament (.) in:\ so die wichtigste: sprache: meines
046
lebens ist (.)
Beispiel (10) zeigt einundzwanzig gefüllte und zehn stille Pausen. Obwohl es sich bei
letzteren um kurze (-) und Mikropausen (.) handelt, sind sie schon beim ersten Hören
deutlich zu vernehmen und sie verlangsamen das Gespräch. Außerdem ist auch hier in Z.
038 eine Reduktion der Lautstärke festzustellen, die ein weiteres Zeichen von Unsicherheit ist. Auffällig auf der Ebene der Prosodie ist in Beispiel (10) gehäuft auftretende
Vokal- bzw. Konsonsantendehnung (dargestellt durch einen Doppelpunkt hinter dem
gelängten Buchstaben, mehrere Doppelpunkte signalisieren eine ausgeprägtere
Längenausdehnung), was das Gespräch weiter verlangsamt (z. B. „,weil:“, „franzö:sisch“
in Z. 036-037 oder „in den:“ in Z. 039). Auch in Beispiel (9) sind Fälle von Vokaldehnung
zu beobachten, aber sie sind in geringerer Zahl vorhanden (nur „mei:n“ in Z. 066).
Möglicherweise handelt es sich dabei um Interferenzen aus dem Italienischen, wo gefüllte
Pausen dank der oftmals auf Vokalen auslautenden Wörter häufig diese Form annehmen
(vgl. Sciubba 2009: 246 sowie Frenguelli 2017: 49-50 für den Einsatz der „replicazione
vocalica“, also Formen wie „ciaoooo“ oder „che noooiaa“, zur Erzeugung der Illusion
von Mündlichkeit in schriftlichen Texten).
4.2 Formulierungsverfahren: Selbst- und Fremdkorrekturen, Expansionen
Die Sicht- bzw. vielmehr Hörbarkeit von Korrekturen stellt einen weiteren zentralen
Aspekt gesprochener Sprache dar, die Schwitalla (2011: 34) auch als „Spuren der
Gedankenbildung“ bezeichnet. Korrekturen lassen sich in selbst- und fremdinitiierte
Korrekturen unterscheiden und sind damit ein typisches Phänomen dialogischen
Sprechens. Sie enthalten drei Elemente: Das Reparandum, also den „Fehler“; die Reparatur, d.h. das Instrument zum Beheben des Fehlers, und die eigentliche Durchführung der
20
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
Reparatur, bei der der zu korrigierende Teil als „ungültig“ behandelt wird (vgl. Schwitalla
2011: 119).
Zunächst sollen einige Fälle der Selbstkorrektur betrachtet werden, ehe dann ein
Beispiel für eine Fremdkorrektur angeführt wird.
(11) „wusste“ (AD – IG 2, min. 5:40-5.56)
342
343
344
345
346
IG: (---) u:n:d: (.) was noch ah warum hast du? (-) weiss (-)
gelassen <<dim> also (.) ni[cht alles> ]
AD:
[ja ich weiß] nicht warum
IG: [<<pp> zeich](.)nen>
AD: [warum
] <<acc> aber isch:\ich wei\weiß nicht\ich
wusste
347
nicht (-)> wie:_ich kann diese: (-) <<dim> so:> (1.4) der
rest
348
der korper
Beispiel (11) zeigt das probeweise Formulieren in der Mündlichkeit, das Versuchen und
somit gewissermaßen Austesten verschiedener grammatischer Formen („ich wei/weiß
nicht“) hin zur Selbstkorrektur der gesuchten Präteritumsform „ich wusste nicht“. Durch
das beschleunigte Sprechtempo ist die Korrektursequenz auch prosodisch markiert, der
Neustart setzt im ersten Versuch an der Silbengrenzen, im zweiten Anlauf dann am
Phrasenanfang (Wiederholung von „ich“) an und folgt damit den syntaktischen Einheiten.
Dieses frühzeitige Eingreifen in die eigene Sprachproduktion ist auf den präartikulatorischen Monitormechanismus zurückzuführen, bei der der Sprecher auf seine innere
Stimme ‚hört‘ und die Äußerung noch vor Vollenden des Wortes abbricht (vgl. Riehl
2014: 54).
Eine weitere Form der Selbstreparaturen, nämlich die Expansion (vgl. Fiehler 2016:
1227-1228), findet sich in Beispiel (12):
(12) „das rational/meine rationale“ (AA – LT, min. 4:17-4.50)
050 LT: [((schnalzlaut))] <<acc> ich habe meine> kopft äh blau für
051
deutsch (---) gemalt? äh weil: äh:: deutsch stellt das
rational
052
/<<acc> meine> rationale körperteil dar (--) h° u:nd: (--) hm
053
deutsch erinnert mich an: die syntax der satzbau u:nd an
054
das: hm aussehen (-) der deutschen sprache ((schnalzlaut))
u:nd
Die Sprecherin LT korrigiert durch eine Substitution „das rational“ (Z. 051) in „meine
rationale Körperteil“ (Z. 052), was mit einer Erhöhung des Sprechtempos einhergeht.
Dabei greift der postartikulatorische Monitormechanismus korrigierend ein, da LT die
nicht intendierte Form zwar ausspricht, dann jedoch abbricht und mit erhöhtem Sprechtempo die gesuchte Form als Reparatur hinzufügt. Auf inhaltlicher Ebene wird hier ein
gängiges Bild der deutschen Sprache reproduziert, dem zufolge sie als eindeutig und
rational gilt, verdeutlicht auch durch die Bezugnahme auf die Syntax. Die Sprecherin verknüpft diese Stereotype in ihrem Sprachenportrait und dessen Beschreibung aber mit
ihrem persönlichen Spracherleben: Der Kopf, der als Körperteil mit der ‚ratio‘, dem
Verstand und der Vernunft, verbunden ist, ist für sie der Sitz der deutschen Sprache,
Deutsch stellt gewissermaßen ihr rationales Körperteil dar, wie sie es ausdrückt. Dadurch
wird die sprachideologische Verknüpfung im individuellen Spracherleben aufgelöst.
21
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
Das folgende Beispiel (13) zeigt eine Reparatur auf syntaktischer Ebene, die beim
Wechsel der Gesprächsrollen auftritt, nämlich als AD die Sprecherrolle übernimmt:
(13) „ich bin dran“ (AD – SP, min. 4:10-4.19)
089 AD: (---) äh:: jetzt ist mein (-)\<<pp> s_mein>\(-) ich bin dran
090
(-) okay
091 SP: mh mh [((lacht))]
092 AD:
[((lacht))] alSO für die farbe ich denke dass äh ich
(-)
Zur Sicherung der Sprecherrolle beginnt AD mit der Formulierung „jetzt ist mein“, die
ohne Substantiv abbricht und möglicherweise durch eine Interferenzerscheinung mit der
englischen Struktur „it’s my turn“ hervorgerufen wurde. Mit leiserer Stimme wiederholt
er noch den zweiten Teil des Ausdrucks, ehe er sie in die idiomatisch korrekte Wendung
„ich bin dran“, deren letztes Wort mit deutlichem Nachdruck gesprochen wird, korrigiert.
Die Korrektur selbst schließt er mit der bekräftigenden Gesprächspartikel „okay“ ab, die
diesen Wechsel der Sprecherrolle insgesamt kennzeichnet. Als dialogisches Verhalten
lässt sich beobachten, dass die Hörerin SP die erfolgte Korrektur mit „mh mh“ und einem
zustimmenden Lachen bestätigt, das AD ebenfalls aufgreift, eher er mit seinen Ausführungen fortfährt.
Beispiel 14 führt uns schon in die Richtung des nächsten Abschnitts zum Thema
Codeswitching, denn bei der hier vorgenommenen Selbstkorrektur geht es um die
Behebung einer typischen Interferenzerscheinung aus dem Italienischen, nämlich der
Verwendung des Verbs „studieren“ in Bezug auf das Erlernen einer Fremdsprache:
(14) „studieren vs. lernen“ (AP – SM, min. 8:48-8:56)
235 SM: äh ich studiere oder (.) le\<<dim> lerne vielleicht>
[englisch]
236 AP: [ja lerne]
237
[würde ich sagen]
238 SM: [ja lerne
] lerne englisch mein leben lang äh und
als ich
Die Sprecherin SM korrigiert sich nach kurzem Zögern selbst, drückt durch das
angeschlossene „vielleicht“ allerdings noch einen leisen Zweifel aus, den ihr der Hörer
AP durch seine unmittelbare Bestätigung „ja lerne“ jedoch sofort nimmt. Daraufhin gibt
SM die komplette Phrase noch einmal korrekt wieder.
Das folgende Beispiel (15) zeigt die Einbeziehung eines nicht-sprachlichen
Geräusches in die Selbstkorrektur, nämlich das Lachen:
(15) „<<lachend>>“ (AP – SM, min. 0.20-0.30)
09 AP: (.) äh also <<acc> zum beispiel habEn wir> italienisch die
10
venezian (.)vene (.)[<<lachend> venezianischer dialekt>]
11 SM:
[zzz
((lacht))
]
12 AP: entschuldigung (.) °h äh englisch (.) deutsch (-) dann
Das Lachen ist ein weiteres Mittel, um eine Reparatur zu vorzunehmen, was in diesen
Gesprächen häufig auftritt. Es hat eine gesichtswahrende Funktion (vgl. Schwitalla 2011:
198) und dient dazu, einen Fehler verblassen zu lassen und die Störung der mehrmals
wiederholten Korrekturen abzubrechen. Deutlich tritt hier auch die Kooperation im Ge-
22
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
spräch zutage, die Hörerin SM greift unterstützend durch „z“ das Wort an der Stelle auf,
an der der Sprecher AP abbricht.
Eines der wenigen Beispiele für ein Fremdreparatur aus dem hier behandelten
Korpus findet sich in (16):
(16) „mehr genereller“ (AP – SM, min. 2:38-2:50)
068 AP: (-) ((schnalzlaut)) <<acc> was wollte ich sag> äh ja (.)
069
mehr genereller in italien?
070 SM: ja <<lachend> mehr genelell (.) ge_ne_rel_ler>
071 AP: ja ok ohne: mehr das ist die italienische [einfluss äh doch
das
072
verstehst du]
073 SM:
[<<lachend> ja
074
natürlich> ]
Diese Fremdreparatur ist in mehrfacher Hinsicht interessant, denn es lassen sich noch
einmal verschiedene Strategien dialogischen Verhaltens daran festmachen: Der Sprecher
AP verwendet „mehr genereller“, also eine für das Deutsche falsch verwendete doppelte
Komparativform. Die Hörerin SM versteht, dass AP diesen Fehler gemacht hat und
wiederholt ihn, wobei sie sich zunächst selbst verspricht („mehr genelell“), ehe sie ihn
silbenweise wiedergibt („ge-ne-rel-ler“, Z. 70). Tatsächlich kennt die deutsche Sprache
keine Doppelvergleichsstufe. Man kann hier die drei Elemente einer Reparatur
beobachten: erstens das Reparandum „mehr genereller“ in der Äußerung von AD,
zweitens die Reparatur durch SM, d.h. das Lachen, die Wiederholung des Fehlers und das
silbenweise Wiedergeben und drittens die Durchführung der Reparatur von AP in dem
Ausdruck „ja okay ohne mehr“. Der Fehler selbst ist, wie AD auch angibt, auf eine
Interferenzerscheinung aus dem Italienischen zurückzuführen, wo die Komparativformen analytisch gebildet werden. Sehr schön zeigt sich hier das gegenseitige Helfen als
Teil des kooperativen Dialogverhaltens. Das Gespräch dieser beiden Studierenden ist
insgesamt von einem sehr aktiven Korrektur- und Dialogverhalten geprägt, auch an
anderen Stellen lassen sich Beispiel für Selbstkorrektur finden, bei denen der/die
GesprächspartnerIn den/die jeweils anderen darin bestärkt.
4.3 Formen mehrsprachigen Sprechens als Formulierungsverfahren
Ein wichtiger zu beobachtender Aspekt in den untersuchten Gesprächen betrifft den
Ausdruck der Mehrsprachigkeit der SprecherInnen, der u.a. in den Formen mehrsprachigen Sprechens (vgl. Riehl 2014: 100) als Teil der Formulierungsverfahren zutage
tritt. In den Gesprächen über die Sprachenportraits zeigt sich immer wieder ein
entscheidender Aspekt des sprachlichen Repertoires: dass nämlich die Sprachen untereinander vernetzt sind und selbst wenn ein Gespräch in einer Hauptsprache, in diesem
Fall Deutsch, geführt wird, die anderen Sprachen niemals komplett inaktiv sind, sondern
mit oder ohne Absicht in das Gespräch einbezogen werden können. Die Studierenden
sind sich dieses Aspekts bewusst und definieren sich zum Teil auch darüber, wie aus
einigen Beispielen deutlich hervorgeht. In diesem Abschnitt soll daher untersucht werden,
wie verschiedene Formen von Codeswitching, dem „Wechsel zwischen zwei (oder mehr)
Sprachen oder Varietäten innerhalb ein und derselben kommunikativen Interaktion“
(Riehl 2014: 100), aber auch weitere Interferenzphänomene als mehrsprachige Formulierungsverfahren eingesetzt werden. Oftmals greifen die in Abschnitt 4.2 untersuchten
23
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
Reparaturen und die im Folgenden betrachteten Codeswitching-Phänomene ineinander
und sind bei mehrsprachigen Individuen auch kaum separat zu untersuchen.
4.3.1 Fälle von funktionalem Codeswitching
Funktionales bzw. pragmatisch motiviertes Codeswitching kann aus unterschiedlichen
Gründen erfolgen, die im Folgenden exemplarisch dargestellt werden.
Die Riehl (2014: 102) zufolge häufigste Form von Codeswitching ist das Zitieren in
einer anderen Sprache, wofür (17) ein Beispiel darstellt (zum besseren Verständnis im
Basistranskript):
(17) „sei di Bolzano“ (GS – LB, min. 7:04-7:36)
0145
0146
0148
0149
0150
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0163
0164
0165
0166
LB:
GS:
LB:
GS:
hm:: das_ist_ein_sehr WICHtiges thema für_mIch,(.)
weil_ich_mit meinen WURzeln_äh verbUnden bin,(-)
und verTEIdige(.) sie: (.) IMMer.(--)
du_WEIßt_soga:rdas_ich WÜtend wErde-(.)
wenn ich jemanden HÖ:re-(.)
der etwas SCHLECHtes über den sÜ:den sagt;(.)
zum_BEIspiel-(.)
wenn_die_leute uns_REden hörenund MEHRmals_sagen.(.)
<<h> sei di bolZAno?(-)
[sei del trenTIno?>](---)
[((lacht))
]
<<dim>!ES!(-)
!STÖRT!(-)
!MICH!(.)[!WIRKlich>]
[((lacht)) ] °h (---)°h
<<lachend> ich WEIß_äh>(-)
<<acc> wie_du_reagierst-> (.)
und_äh(.)<<acc> ich_fÜhle_genAUso.>
Dieser Ausschnitt ist dem Gespräch zwischen zwei aus Süditalien stammenden
Studentinnen entnommen, welches im fünften Abschnitt dieser Arbeit auch noch
ausführlicher betrachtet wird. Inhaltlich geht es an dieser Stelle um das Thema Identität
und die Sprecherin LB berichtet mit lebhafter Stimme über persönliche Erfahrungen, die
sie als an ihrem Dialekt bzw. Akzent erkennbare Süditalienerin gemacht hat. In Z. 149150 wechselt sie ins Italienische, um ein wörtliches Zitat anzuführen, „Sei di Bolzano? Sei
del Trentino?“, vermeintlich ironische Fragen, die ihr aufgrund ihres Dialekts immer
wieder gestellt wurden. Auch auf prosodischer Ebene ist die Äußerung deutlich als Zitat
gekennzeichnet, die Sprecherin imitiert und parodiert durch einen deutlich überzogenen
Fragestil die ursprüngliche Frage. Das Zitat kann an dieser Stelle gewissermaßen nur auf
Italienisch gebracht werden und ist ein deutliches Beispiel der Aktivierung des ‚we-codes‘
(vgl. Blom und Gumperz 1972 und Gumperz 1982) zur Unterstreichung einer gemeinsamen Identität und dem Sich-Berufen auf gemeinsame bzw. ähnliche Erfahrungen. Die
Hörerin GS bestärkt ihre Gesprächspartnerin, zunächst durch ein zustimmendes Lachen,
dann auch durch verbale Bestätigung, „ich fühle genauso“.
Ebenfalls ein Beispiel für Codeswitching als Form des Zitierens findet sich in (18):
(18) „ruski“ (FD – VS 1, min. 0:51-1:23)
012 FD: vitalität und neuheit (-) in kopf habe ich auch ähm rus\die
24
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
013
014
015
016
017
018
019
russische sprache gefarbt <<acc> oder besser> ich habe nur
die
(-) <<acc> das wort> ruski äh geschrieben (.) im schwa:rz
u::nd
(-) der grund davor ist dass äh die rus\das russisch ist
für mich <<all> eine schwierige sprache> ähm ich muss
(-)immer
sehr viel darüber <<all> denken bevor zu sprechen und so
weiter> (.) u:nd es gibt viele rationalitä:t bei:m (-)
gespräch von russisch °h und dann in kopf <<acc> habe ich
auch>
Die Sprecherin FD berichtet über ihre Darstellung der russischen Sprache in ihrem
Sprachenporträt. Sie erklärt, dass sie die Sprache nur durch das in Schwarz geschriebene
Wort „ruski“ (dt. ‚Russisch‘) abgebildet hat, ohne einen Bereich des Porträts einzufärben
wie bei den anderen eingezeichneten Sprachen. Das Wort „ruski“ in ihrer Beschreibung
ist dabei als Zitat zu verstehen. Auch hier handelt es sich um die Darstellung des individuellen Spracherlebens, denn FD erläutert, dass sie die russische Sprache als sehr
schwierig empfindet und sie für sie mit viel Nachdenken verbunden ist, was sie dann
durch die Verbildlichung nicht in einer Farbe, sondern eben in einem ausgeschriebenen
Wort zum Ausdruck bringt, ein Verfahren, das sich in keinem anderen Sprachenportrait
der Gruppe findet und ein Zeichen des hohen Grads an Individualität der jeweiligen
Zeichnungen ist.
Codeswitching vom Deutschen ins Italienische tritt in der untersuchten Gruppe
ebenfalls als metakommunikative Äußerung bei Wortfindungsproblemen auf, ein Beispiel
dafür findet sich in (19):
(19) „Come si dice deserto“ (AP – SM, min. 13:05-13:23)
350 SM: ich wählte die gelbe (.) farbe (.) äh (-) weil sie mich an
den
351
hm:: äh (---) <<acc> come si dice deserto>
352 AP: spe ähh (-) wüste [cre credo spe]
353 SM:
[ja jaja
] ja giusto [richtig
richtig]
354 AP:
[ahh okay
]
[ah sì no è
vero]
355
è vero ((lacht))
356 SM: [also] sie erinnert mich an den (.) der wüstensand
Die Sprecherin SM möchte die Wahl der Farbe Gelb für die arabische Sprache erklären,
findet für die zugrunde liegende Assoziation aber nicht das passende Wort auf Deutsch,
weshalb sie auf Italienisch („come si dice deserto?“) um Hilfe bittet. AP hilft ihr daraufhin
mit dem korrekten Begriff „Wüste“ aus, ebenfalls verbunden mit einem metakommunikative Codeswitching, nämlich der Zweifel ausdrückenden Hinzufügung
„credo“.4 Die Sprecherin bestätigt zunächst, dass es sich dabei um das gesuchte Wort
handelt und integriert es anschließend in der erweiterten Form des Kompositums
„Wüstensand“ in ihre Erläuterungen. Deutlich tritt die hier die gegenseitige Unterstützung auf Dialogebene zutage, die viele der untersuchten Gespräche kennzeichnet.
4
Die Abbrüche von AP in Z. 352 erfolgen, anders als bei der Mehrheit der hier untersuchten
SprecherInnen, mit Glottalverschluss, weshalb keine gesonderte Kennzeichnung durch das BackslashZeichen erfolgt, vgl. Anm. 3.
25
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
Nicht Wortfindungs-, sondern Ausspracheschwierigkeiten evozieren das Codeswitching in den kampanischen Substandard im folgenden Fall (20):
(20) „non la so di sta parola“ (LB – GS, min. 3:02-3:20)
064
065
066
067
068
069
070
071
072
GS:
LB:
GS:
LB:
GS:
ich glücklich (.) weil es bedeutete meine lieblingssprache
zu benutzen (-) und_äh (.) mit mutterspra\(.)
[mutter_<<lachend> sprach_lern>]
[
((lacht))
]
°h <<lachend> zu sprechen> (-) [<<acc> non la so di sta
parola>]
[((lacht))
]
<<lachend> am Anfang> °h war es (.) nicht einfach °h
Die Sprecherin GS versucht, das Wort „Muttersprachler“ auszusprechen, aber sie
verhaspelt sich mehrmals, was zu verschiedenen Selbstreparaturen und einer silbenweisen
Aufteilung des Wortes führt. Anschließend kommentiert GS metalinguistisch diese Ausspracheprobleme, indem sie in Z. 068-069 sehr schnell gesprochenen den Satz „non la so
di’ ’sta parola“ einschiebt (hier ist ‚non la so dire questa parola‘ auf Italienisch gemeint,
also ‚ich kann dieses Wort nicht aussprechen‘), woraufhin sowohl die Sprecherin GS als
auch die Hörerin LB mit gesichtswahrendem Lachen reagieren (vgl. Schwitalla 2011: 198).
Neben der kommentierenden Funktion ist dieses Codeswitching in den Dialekt auch ein
klares Beispiel des ‚we-codes‘, der für die beiden Gesprächspartnerinnen stärker noch als
das Standarditalienische der süditalienische Dialekt ist, auf welchen sie in als problematisch gewerteten Gesprächssituationen zurückgreifen.
4.3.2 Codeswitching als Ausdruck des mehrsprachigen Repertoires
Neben den im vorherigen Abschnitt angeführten Fällen von funktionalem Codeswitching
in die Erstsprache Italienisch bzw. in die italienischen Dialekte treten auch Fälle auf, in
denen die SprecherInnen von Deutsch zu Englisch oder zu anderen von ihnen
gesprochenen Fremdsprachen wechseln. Die Studierenden setzen dabei ihr mehrsprachiges Repertoire ein, einerseits, um sich verständlich zu machen, andererseits auch,
um damit zu ‚spielen‘ und die ihnen gemeinsame Mehrsprachigkeit identitätsstiftend als
eine Art von ‚we-code‘ zu verwenden. Die englische Sprache ist von den meisten der
Studierenden als erste Fremdsprache gelernt worden und deswegen verwenden die
SprecherInnen oftmals Englisch statt Deutsch, und zwar sowohl wenn sie nicht die
deutsche Übersetzung kennen als auch wenn sie einige Termini in ihr umgangssprachliches, alltägliches Sprechen integriert haben und davon ausgehen können, dass ihre
GesprächspartnerInnen diese Sprache ebenfalls beherrschen.
Die Beispiele (21) und (22), die aus demselben Dialog zwischen den Studentinnen
FD und VS stammen, zeigen Fälle von Codeswitching ins Englische.
(21) „that’s all” (FD – VS 1-2, min. 4:01-4:04/min. 0:00-0:16)
050 FD:
051 VS:
052
053
054
<<acc> das ist alles> [((lacht))]
[((lacht))] that’s all (--) äh also
das ist mei:n (-) body language portrait und (-) da meine
mutter apulierin ist und mein vater sizilianer hab ich mei:n
äh herz in <<lachend> zwei teile geteilt>
26
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
Dieses Beispiel bildet den Moment ab, in dem der Wechsel der Sprecherrollen dialogisch
vorbereitet wird: die Sprecherin FD ihren Gesprächsbeitrag (‚turn‘) mit dem Worten „das
ist alles“, welche die neue Sprecherin auf Englisch mit „that’s all“ aufgreift und dann in
die Beschreibung ihres Sprachenportraits startet, das sie, wiederum auf Englisch, als
„body language portrait“ (Z. 052) bezeichnet. In Z. 051 handelt es sich bei „that’s all“ um
Gesprächspartikeln im weiten Sinne (vgl. Schwitalla 2011: 157) bzw. um einen gezielt
eingesetzten Diskursmarker (Blühdorn, Foolen und Loureda 2017), der das Ende des
ersten Redebeitrags unterstreicht und der neuen Sprecherin VS zugleich Bedenkzeit
verschafft, ehe sie nach einer stillen Pause mittlerer Länge das Wort übernimmt. Die Wahl
der englischen Sprache an dieser Stelle hat etwas Spielerisches und charakterisiert zugleich
das gesamte Gespräch zwischen FD und VS, wie in Beispiel (22) weiter verdeutlicht wird.
FD hatte kurz zuvor noch über ihre Auffassung der englischen Sprache als Lingua franca
berichtet, wodurch klar wird, dass beide Sprecherinnen ganz selbstverständlich über diese
Sprache verfügen und sie als Teil ihres mehrsprachigen Repertoires sehen. Bei dem
Codeswitching in Z. 052 hingegen scheint es sich um eine temporäre Ausdrucksschwierigkeit zu handeln, da der deutsche Begriff ‚Sprachenportrait‘ hinlänglich bekannt
sein müsste. Möglicherweise fungiert das kurz zuvor ausgesprochene „that’s all“ als
Auslösewort (vgl. Riehl 2014: 103-104), das dieses Codeswitching evoziert.
(22) „that’s it” (FD – VS 2, min. 3:52-4:04)
089 VS:
090
091 FD:
abe:r ich weiß dass\äh (-) äh dass ich äh <<rall> noch
besser
l_lernen muss(-)>°h und (--) that’s it[<<lachend °h>>
]
[<<:-)> that’s it>]
Beispiel (22) stellt das Ende der Sprachenportraitbeschreibung der Sprecherin VS dar, die
ihren Gesprächsbeitrag mit dem Diskursmarker „that’s it“ (Z. 090) beendet. Die Hörerin
greift die Formulierung mit lächelnder Stimme auf und schließt somit das Gespräch.
Eine weitere Fremdsprache, die in den Gesprächen vorkommt, ist Spanisch. Viele
der Studierenden haben Spanisch als Fremdsprache gelernt und verbinden mit der
Sprache bestimmte Formen des Spracherlebens. Ein Beispiel dafür findet sich in (23), wo
die Verwendung der Sprache in erster Linie im Inhalt begründet liegt.
(23) „la pasión“ (GS – LB, min. 3:38-4:14)
080
081
082
083
084
085
086
087
088
089
090
GS: dass: repräsentiert die spanische sprache: (.) und_äh er ist
rot (.) weil es die farbe der leidenschaft [ist
]
LB:
[la pasión]
GS: ((lacht)) vale °h comunque (-)
LB: [vai
]
GS: [ich studiere] diese sprache sehr gern (-) und_äh <<acc> das
rot
lässt mich an die kleidung von flamencotänzern> denken (.)
wie
du weißt_äh ich bin_äh balletttänzerin (.) und modern (.)
abe:r
ich mag alle tanzstile (-) so: lerne ich spanisch_äh (.)
nicht
nur weil es mir gefällt> sorne:/(.) sondern auch (.) um die
spanische tanzkultur nähe:r zu kommen
GS spricht über die spanische Sprache, welche sie mit Rot verbindet, der „Farbe der
Leidenschaft“ (Z. 081). Hier erwidert die Gesprächspartnerin LB ironisch mit der
27
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
spanischen Übersetzung „la pasión“ (Z. 082), die ein Codeswitching bei der Sprecherin
GS auslöst, die lachend auf Spanisch „vale“ (Z. 083, auf Deutsch ‚ok, genau,
einverstanden‘) erwidert. An diesem Punkt will die Sprecherin GS den eigentlichen
Gesprächsfaden wieder aufnehmen, wechselt dazu ins Italienisch und setzt mit dem
Diskursmarker „comunque“ (‚jedenfalls, wie dem auch sei‘) dem mehrsprachigen Spiel
einen Schlussstrich, bestärkt durch die Aufforderung „vai“ (‚los!‘) von LB. Ab Z. 085 setzt
GS ihre Erläuterungen auf Deutsch fort und beschreibt ihre emotionale und körperliche
Verbindung zur spanischen Sprache, die für sie mit ihrer Leidenschaft, dem Tanz, eng
verbunden ist und deren Erlernen daher als sehr positiv erlebt wird (Z. 085). Die Freude
an der Verwendung der Sprache hat sicherlich einen Beitrag zum vorherigen Codeswitching geleistet, das gewissermaßen auch als eine Art ‚kulturelles Zitat‘ betrachtet
werden könnte.
Als weiteres Beispiel für einen kreativen Umgang mit dem mehrsprachigen
Repertoire findet sich in (24), das ebenfalls dem Gespräch zwischen GS und LB
entnommen ist. Wie bereits zu Beginn erwähnt, stammen beide aus Kampanien und
nutzen ihre sehr ähnlichen Dialekte, nämlich LB das Neapolitanische und GS den Dialekt
von Avellino, als ‚we-code‘, wie sich im Beispiel an zwei Stellen zeigt.
(24) „stordes Mädchen“ – „acciriten“ (GS – LB, min. 1:01-1:24)
023 GS: hm:: wei:l (.) die streifen (.) <<acc> den dialekt meiner
stadt
024
avellino> da:rstellen (.) und_äh ich habe ihn so dargestellt
025
(--) da: der dialekt (.) dem italienischen sehr ähnlich ist
(-)
026
a:be:r er hat seine: eigenen spezifischen eigeschaften
027 LB: ((schnalzt)) du bist ein stordes mädchen
028 GS: [ha ha ha]
029 LB: [richtig ]
030 GS: acciriten (--) <<all> und lass mich weitermachen> °h (.)
In Z. 027 kommentiert die Hörerin LB GS‘ Erläuterungen der Darstellung ihres Dialekts
mit der ironischen Wertung „du bist ein stordes Mädchen“. Das verwendete Adjektiv
„stordo“ (auf Deutsch ‚dumm‘) ist typisch für den Dialekt von Avellino, erhält dabei aber
die Endung {-es} entsprechend der deutschen Adjektivdeklination. LB setzt hier bewusst
eine Ad-hoc-Entlehnung ein, die strukturell in das System der deutschen Sprache eingepasst wird (vgl. Riehl 2014: 105 sowie Beispiel 26 dieses Beitrages). Sie nimmt auf die
vorherige Beschreibung des Dialekts der Sprecherin GS Bezug und greift den ironischscherzhaften Ton und den spielerischen Umgang mit der Mehrsprachigkeit auf, der den
Dialog insgesamt kennzeichnet. Gewissermaßen dient diese Entlehnung als Auslösewort
für die Reaktion von GS in Z. 030, die mit einem neapolitanischen Ausdruck, nämlich
der Interjektion „acciriten“ (auf Deutsch in etwa ‚häng dich auf‘ oder ‚bring dich doch
selbst um‘). Besonders interessant ist auch hier die syntaktische Einpassung des
dialektalen Ausdrucks in das deutsche Sprachsystem, denn an die eigentliche Dialektform
„accirt“ (vgl. Tortoriello 2014) wird die deutsche Infinitivendung {-en} angefügt. Auch
hier wird der kreative Umgang der Studentinnen mit ihrer Mehrsprachigkeit deutlich,
denn die Ironie wird durch die Ähnlichkeit zum ‚tedeschese‘, der phantasievollen
Imitation der deutschen Sprache in der italienweit beliebten satirischen Comicstrip-Reihe
28
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
„Sturmtruppen“ von Franco Bonvicini, bekannt als Bonvi, verstärkt.5 Unmittelbar darauf
lenkt die Sprecherin jedoch wieder ihre Aufmerksamkeit und den Fokus des Gesprächs
auf das zu beschreibende Sprachenportrait.
4.3.3 Phonetisch-phonologische und lexikalische Interferenzerscheinungen
Als letztes Phänomen dieser keinesfalls abschließenden Untersuchung der Gesprächsdaten soll auf phonetisch-phonologische und lexikalische Interferenzerscheinungen eingegangen werden. In der Mehrsprachigkeitsforschung wird diskutiert, ob es sich auch bei
der Übernahme einzelner Wörter mit möglicher struktureller Anpassung an das System
der Basissprache auch um Codeswitching handelt (eine knappe Zusammenfassung findet
sich bei Riehl 2014: 105). Diese Debatte kann hier nicht weiter vertieft werden, die
Varianten einer hybriden Sprechweise werden deshalb unter dem Oberbegriff der Interferenzerscheinungen zusammengefasst.
Im Beispiel (25) handelt es sich dabei um eine unbewusste Interferenz der italienischen Sprache auf die deutsche und zwar auf der Ebene der Aussprache:
(25) „schkema“ (AP – SM, min. 4:22-4:39)
115 SM: ((schnalzlaut)) äh okay (-) hmm (--) die deutsche
sprache\also:
116
<<lachend> was ist mit dem deutschen passiert>
117 AP: ja okay ich wollte: äh (.) ja äh darüber reden (.) also:
warte
118
[mal ((lacht)) ]
119 SM: [okay ((lacht))] okay ja ja [entschuldigung]
120 AP:
[ja natürlich ] mein schkema(.)
121
<<lachend> mein schema:> (.) äh gibt es deutsch (.) auch
(.)
Der Sprecher AP setzt an, die Darstellung der deutschen Sprache in seinem
Sprachenportrait zu beschreiben, ein Thema, für das er sich erst einmal gedanklich etwas
sammeln muss (vgl. Z. 117-118). Als er dann ansetzt, tritt bei dem Wort „Schema“
(welches er im Gespräch durchgehend verwendet, um sein Sprachenportrait zu bezeichnen) eine phonetische Interferenzerscheinung aus dem Italienischen auf, denn er spricht
den stimmlosen velaren Okklusiv /k/ statt des stimmlosen postalveolaren Frikativs /ʃ/
aus, wie es die deutsche Lautlehre für das Wort ‚Schema‘ erfordert. Dagegen entspricht
der Okklusiv /k/ der Aussprache des italienischen Worts ‚schema‘. Die Wörter sind in
der Schreibung tatsächlich identisch, aber haben zwei verschiedene Aussprachen.
Möglicherweise handelt es sich hierbei zusätzlich auch um eine unbewusste Vermeidungsstrategie, denn die deutsche Aussprache des Wortes ist homophon zu einer italienischen
Beleidigung, ‚scema‘ (die feminine Form zu ‚scemo‘, auf Deutsch ‚Idiot, Dummkompf‘).
5
Es handelt sich dabei um eine satirische Darstellung des Zweiten Weltkriegs aus der Perspektive fiktiver
Einheiten der deutschen Wehrmachtstruppen an der Front. Die auftretenden Personen sprechen ein
makkaronisches Italienisch, in dem z.B. viele stimmlose durch stimmhafte Konsonanten (F statt V)
ersetzt werden und quasi jedem zweiten Wort die berühmt gewordene Endung {-en} angehängt wird
(z.B. „amiken o nemiken?“, statt „amico o nemico?“, zu Deutsch „Freund oder Feind?“), die somit zum
sprachlichen Erkennungszeichen der „Sturmtruppen“ geworden ist. Vgl. den Webauftritt des Comics:
https://bonvi.it/sturmtruppen (abgerufen am 06.04.2021).
29
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
AP korrigiert sich jedoch unmittelbar darauf selbst und begleitet die nun korrekte Aussprache mit einem Lachen.
Beispiel (26) hingegen zeigt eine Ad-hoc-Entlehnung, die als bewusst eingesetzte
Strategie verstanden werden kann:
(26) „serenität“ (FD – VS 1; min. 1:57-2:25)
025 FD: italienisch ist <<:-)> meine muttersprache> i\(-) ich äh
026
vertraue ihr (-) und italienisch ist hellblau (.) äh die is
ähm
027
serenität vertrauheit und ruhigkeit mich vermittelt (-) und
028
italienisch ist mit (-) den hände verbunden äh weil (.)
damit (.)
029
<<acc> tüne ich alles> (-) und es ist mehr als eine sprache
es
030
ist ähm <<acc> eine geste eine bewegung> und das leben
Die Sprecherin FD erklärt die Wahl der Farbe Hellblau für die Abbildung ihrer
Muttersprache Italienisch, die von ihr als etwas Beruhigendes und Vertrautes
wahrgenommen wird. Als erstes beschreibendes Substantiv wählt sie jedoch „Serenität“,
ein Wort, das zwar als altertümlicher Ausdruck in der deutschen Sprache existiert, der
Studentin jedoch eher nicht als solches bekannt ist, weshalb es an dieser Stelle als Adhoc-Entlehnung aus dem Italienischen (von ‚serenità‘, zu Deutsch ‚heitere Gelassenheit‘,
mit dem Suffix {-tät} an die deutsche Morphologie angepasst) und damit als eine
bewusste Strategie mehrsprachigen Sprechens bei Wortfindungsproblemen – angedeutet
durch die kurze gefüllte Pause vor der Äußerung – zu verstehen ist. Zugleich gibt die
Studentin direkt im Anschluss in Z. 28-30 noch ein Beispiel für ein stark körperlich
geprägtes Spracherleben, in dem sie beschreibt, dass sie die italienische Sprache in ihre
Hände gezeichnet hat, mit denen sie einerseits sämtliche alltägliche Tätigkeiten vollzieht,
die andererseits zugleich die nonverbalen Aspekte der italienischen Sprache, die Gesten,
widerspiegeln.
5. „fammi ’na domanda, ja?“ –
Codeswitching und Gesprächsführung
Nachdem es im vorherigen Abschnitt um die verschiedenen Codeswitching-Phänomene
ging und diese anhand von GAT 2-Basistranskripten im Detail dargestellt wurden, soll im
Folgenden noch einmal ein Gespräch im Ganzen betrachtet werden, das stark von
Sprachwechseln geprägt ist. Es handelt sich dabei um den Dialog zwischen den beiden
Sprecherinnen GS und LB, die sich in der Einleitung in ihr Transkript selbst als eng
befreundet vorstellen und weiter angeben, dass sie auch beide aus der süditalienischen
Region Kampanien stammen. Das erste Codeswitching erfolgt direkt zu Beginn des
Gesprächs: LB begrüßt GS mit „Hallo G[…]“, woraufhin diese lachend mit „Hallo“ antwortet. Dann erfolgt der Wechsel ins Italienische bzw. genauer in den kampanischen
Substandard: LB fragt sehr schnell „e mo che dobbiamo di’?“ (‚und was sollen wir jetzt
sagen?‘), GS antwortet ebenfalls sehr schnell: „fammi ’na domanda, ja?“ (‚stell mir eine
Frage, los?‘) – das „ja“ am Satzende ist hier nicht als deutsche Fragepartikel, sondern noch
als regionaler, süditalienischer Ausdruck (ital. ‚dài‘, also ‚los‘) zu verstehen. LB steigt über
den Diskursmarker und Internationalismus „okay“ in die deutsche Sprache ein und fährt
30
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
fort: „okay, also, kannst du mir bitte dein Bild beschreiben?“. Deutlich wird hier sofort,
dass es sich um eine symmetrische Kommunikation handelt, und es herrscht trotz des
Wissens um die Aufzeichnung des Gesprächs eine entspannte und motivierende Atmosphäre. Gleichzeitig macht das anfängliche Sprechen im kampanischen Substandard deutlich, dass es für die Studierenden trotz allem eine etwas artifizielle Situation ist, in der sie
trotz ihrer gemeinsamen Erstsprache in der Fremdsprache Deutsch miteinander sprechen
sollen. Dies lässt sich jedoch bei im Unterrichtskontext angesiedelten Gesprächen nur
schwer vermeiden.
Auch im weiteren Verlauf des Gesprächs kommt es immer wieder zu Codeswitching; oftmals, um ein auf Deutsch fehlendes Wort zu kompensieren (z.B. direkt in
der Antwort auf die Frage nach der Bildbeschreibung, GS: „ja gerne, also das ist mein, ich
weiß nicht wie zu sagen, omino?“, woraufhin LB dies in der Antwort lachend aufgreift
und ihr das eigentlich bekannte Wort zur Verfügung stellt: „ma come omino? vielleicht
könntest du Portrait sagen?“). Auch finden sich in diesem Gespräch einige der im vierten
Abschnitt beschriebenen Interferenzerscheinungen (LB: „du bist ein stordes Mädchen“,
vgl. Beispiel 24 in Abschnitt 4.3.2) und auch einige weitere Einschübe (wie LB: „zitta un
attimo però (‚sei still!‘), was sagte ich, ich habe den Faden verloren“ oder GS: „stai zitta,
di’ la verità che tenevi solo quel colore“, ‚sei still, sag die Wahrheit, eigentlich hattest du
nur diese Farbe‘). Der spielerische Umgang mit dem zur Verfügung stehenden Sprachrepertoire lässt hier an das von García (2009: 140) als „translanguaging“ beschriebene
Verhalten mehrsprachiger SprecherInnen denken, die ihr gesamtes Repertoire einsetzen,
um die kommunikativen Möglichkeiten zu maximieren (vgl. die Einleitung).
Interessant ist zu beobachten, dass die beiden Sprecherinnen trotz ihrer zum Teil
deutlichen Schwierigkeiten, sich auf Deutsch auszudrücken, das Gespräch dennoch
durchgängig am Laufen halten und die Kommunikation an keiner Stelle abreißt. Dies ist
sicherlich auch darauf zurückzuführen, dass sie auf emotionaler Ebene verbunden sind
und sie durch die gegenseitige Unterstützung im Gespräch sprachliche Probleme überbrücken können. Zu Beginn ihrer Erläuterung verweist LB beispielsweise auf ihre
Schüchternheit („ja, aber du weißt, dass ich schüchtern bin, aber ich versuche es“).
Emotionen spielen in diesem Gespräch insgesamt eine große Rolle, wie auch die Antwort
auf GS’ Frage nach dem Grund für das „rote Band“ auf der Brust von LBs Silhouette
(vgl. Abb. 2) bezeugt (als Basistranskript in Abschnitt 4.3.1, Beispiel 17):
(27)
01 LB: weil dies Band meinen Dialekt, das heißt den neapolitanischen Dialekt,
02 darstellt und Rot die Farbe der Liebe par excellence ist. […] in der Tat liebe ich
03 meinen Dialekt und die Brust ist auch den Bereich, wo das Herz liegt und/äh was
04 ich noch sagen kann, das ist ein sehr wichtiges Thema für mich, weil ich mit
05 meinen Wurzeln verbunden bin und verteidige sie immer. Du weißt sogar, dass
06 ich wütend werde, wenn ich jemanden höre, der etwas Schlechtes über den Süden
07 sagt, zum Beispiel, wenn die Leute uns reden hören und mehrmals sagen: „sei di
08 Bolzano? Sei del Trentino?“
09 (GS lacht)
10 LB: Es. Stört. Mich. Wirklich!
11 GS (lachend): ich weiß, wie du reagierst und ich fühle genauso.
An dieser Stelle wird die Studentin, die sich kurz zuvor selbst als schüchtern beschrieben
hat, sogar laut (Z. 10 „Es. Stört. Mich. Wirklich!“) – als Reaktion auf den berichteten
Angriff auf ihre süditalienischen Wurzeln, für die sie stellvertretend den neapolitanischen
31
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
Dialekt anführt. Es handelt sich hierbei um ein markantes Beispiel von Spracherleben,
denn die Empörung der Sprecherin richtet sich gegen eine normative Sprachideologie, in
der das Sprechen eines süditalienischen Dialekts mit negativen Urteilen über die
SprecherInnen verbunden wird. Beim Zitieren der Fragen wird diese Situation gewissermaßen erneut erlebt. Auch hier kommen die freundschaftliche Nähe und die gemeinsame
Herkunft der Sprecherinnen zum Tragen, denn GS bestätigt in ihrer Antwort das von LB
geschilderte Verhalten und die empfundenen Emotionen (Z. 11 „ich fühle genauso“). Das
Gespräch hätte sich vermutlich anders entwickelt, stammte eine der Gesprächspartnerin
aus Nord- oder Mittelitalien. Andererseits könnte diese Beziehung und der verbindende
Dialekt auch zu dem verstärkten Auftreten von Codeswitching in diesem Dialog geführt
haben.
6. Didaktischer Nutzen und Grenzen
des Einsatzes von Sprachenportraits
Wie in den bisherigen Ausführungen bereits angedeutet werden konnte, stellt der Einsatz
der Sprachenportraits im Fremdsprachenunterricht aus didaktischer Perspektive eine
komplexe Aufgabenstellung dar, die einen mehrfacher Nutzen aufweist, der auf unterschiedlichen Alters- und Niveaustufen in verschiedener Art und Weise umgesetzt werden
kann (vgl. auch Thoma 2018). Im Fall der hier vorgestellten Studierenden handelt es sich
um fortgeschrittene Deutschlernende (GER-Niveau B2–C1+) im Studium der Auslandsgermanistik, bei denen sämtliche Stufen der Arbeit mit den Sprachenportraits zum Tragen
kommen können:
(1) Anfertigen des Sprachenportraits, intensives Auseinandersetzen mit dem Sprachrepertoire;
(2) Partnergespräch mit KommilitonInnen über die jeweiligen Sprachenportraits, die
Gespräche werden dabei aufgezeichnet;
(3) Transkription der zuvor aufgezeichneten Gespräche mithilfe der GAT2Konventionen, aktives und exaktes Hören wird gemeinsam mit dem Erwerb
(korpus-)linguistischer Kompetenzen gefördert; Fokus auf die gesprochene
Sprache, einen Aspekt, der sonst im Fremdsprachunterricht häufig zu kurz
kommt;
(4) Aufbereiten und Untersuchen der so geschaffenen Gesprächstranskripte zu den
Sprachenportraits, dadurch Einblick in kommunikative Strategien von Mehrsprachigkeit, darunter linguistische Phänomene wie Codeswitching und Pausen.
In den letzten Jahren wurde vermehrt gefordert, die gesprochene Sprache im DaFUnterricht stärker zu berücksichtigen (vgl. dafür u.a. Schwitalla 2010; Richter 2002;
Fiehler 2013 und 2015), was Hand in Hand mit der Forderung einhergeht, authentische
Aufgabenstellungen mit Fokus auf den Inhalt bzw. das Produkt zu schaffen, wobei
Sprache als Mittel zu einem Zweck eingesetzt wird (vgl. Bach und Timm 2013: 12) und
somit handlungsorientierten Unterricht anzubieten (vgl. u.a. Roche, Reher und Simic
2012). Der Einsatz von Sprachenportraits bewegt sich in diese Richtung, da er auf den
vier genannten Stufen fruchtbare Anknüpfungspunkte für den Unterrichtseinsatz bietet.
Franceschini und Veronesi (2016: 248-249), die lernerbiographische Perspektiven im
Fremdsprachenunterricht betrachten, sprechen dabei von einem „Lupeneffekt“, denn
neben der Bewusstwerdung der eigenen Ressourcen aufseiten der Studierenden bieten die
Sprachbiographien zugleich den Lehrenden Einsichten zu Einstellungen, Wertvorstellungen und generell Erfahrungen mit dem Fremdsprachenlernen. Etwas proble32
Quaderni del CeSLiC・Occasional Papers・M1・2021
matisch bleibt dabei jedoch die Authentizität der Sprachwahl, da die Studierenden, die
über eine gemeinsame Erstsprache, nämlich das Italienische bzw. zum Teil sogar
italienische Dialekte, verfügen, sich in der Fremdsprache Deutsch über ihr Sprachenportrait unterhalten sollen. Möglicherweise würde es sich hier in Zukunft anbieten, gezielt
Austauschstudierende aus Deutschland miteinzubeziehen bzw. die Kooperation mit den
TeilnehmerInnen ähnlicher Lehrveranstaltungen in Deutschland zu suchen, um die
Sprachwahl Deutsch auch auf pragmatischer Ebene zu motivieren. Nichtsdestotrotz
handelt es sich auch in diesem Format um eine anregende Aufgabe, der die Studierenden
gern nachkommen.
Im ersten Schritt, der Erstellung der Sprachenportraits, werden die Studierenden
dazu ermutigt, sich mit ihrem individuellen Sprachenrepertoire (vgl. Busch 2012)
auseinanderzusetzen, was bedeutet, dass sie sich wertvoller Ressourcen bewusst machen
(zur Rolle der Mehrsprachigkeitsdidaktik im Sprachunterricht vgl. Bredthauer und Engfer
2018 und zuletzt Gogolin, Hansen, McMonagle und Rauch 2020); durch die nichtlineare
Darstellung in Form der Körpersilhouette bleibt dabei Raum für Kreativität und eigene
Darstellungsmodi. Die intensive Auseinandersetzung mit dem Sprachenportrait, das
individuell bearbeitet und aufbereitet werden kann, ist zugleich ein wichtiger Vorbereitungsschritt für das anschließende Gespräch über das Portrait. Die Studierenden
können sich vorbereiten und nutzen diese Chance auch, wie sich an den vermutlich der
späteren Beschreibung dienlichen Notizen („Kopf“, „Hände“ etc.) im Portrait von KC
(Abb. 2) erkennen lässt:
Abbildung 2: Sprachenportrait von KC
Diese Möglichkeit zur Vorbereitung ist ein wichtiger Faktor für ein positives Herangehen
an Schritt 2, das Gespräch über die eigenen Portraits. Hinzu kommt die emotionale Einbindung, die sich allen hier untersuchten Gesprächen entnehmen lässt. Über die Erzählung des individuellen Spracherlebens setzen die Studierenden im Gespräch die
Entdeckung und Erkundung ihres sprachlichen Repertoires weiter fort. Emotionen sind
ein wichtiger Faktor im Fremdsprachenunterricht (vgl. u.a. Busch 2013: 24-25, Riemer
2016 und den Sammelband von Burwitz-Melzer, Riemer und Schmelter 2020) und
33
Anna Nissen & Angelica Querci, Italienische Studierende sprechen über ihre Sprachenportraits
tauchen in den Gesprächen direkt und indirekt immer wieder auf. Oftmals sind die
Studierenden gehemmt, vor einer großen Gruppe zu sprechen, insbesondere aus Angst,
Fehler zu machen, wodurch die mündliche Beteiligung gerade bei schüchternen Personen
oftmals sehr eingeschränkt ist und sich auf wenige Worte oder kurze Sätze beschränkt.
Das Gespräch über das Sprachenportrait erlaubt es ihnen dagegen, mit KommilitonInnen
über ein Thema, zu dem sie eine persönliche und emotionale Verbindung haben, in einen
Dialog zu treten, einen längeren Gesprächsbeitrag zu liefern und sich zum Teil im
Gespräch ihrer Gefühle bewusst zu werden. Riemer (2016: 269-270) betont die Relevanz
der „Verhinderung bzw. Verringerung von Angst, insbesondere Sprechangst in der
Fremdsprache“, was durch Unterrichtsmodelle erzielt werden könne, „die positive
Gruppendynamik und ein vertrauensvolles Verhältnis zwischen Lehrenden und Lernenden inkl. unterstützender Feedback-Verfahren sowie hinreichender Sprechzeit von
Lernenden vorsehen“. Diese Faktoren sind beim Einsatz von Sprachenportraits gegeben.
Der dritte Schritt, das Transkribieren der Gespräche, kann und muss an das
sprachliche und akademische Niveau der Studierenden angepasst werden: Bei fortgeschrittenen Germanistik-Studierenden wie der hier beschriebenen Gruppe eignet es
sich gut, um sie mit den Konventionen der GAT2-Transkription vertraut zu machen und
dadurch zugleich Kompetenzen für den Linguistik-Unterricht zu entwickeln. Zugleich
werden hier aber auch die Grenzen der Aufgabenstellung deutlich, denn für die
italienischsprachigen Studierenden erweist es sich als sehr komplex, die auf Deutsch
geführten Dialoge korrekt zu transkribieren. Eine detaillierte Einführung und Anleitung
sowie eine enge Begleitung des Projekts im Unterricht sind nötig, um Missverständnisse
und das Erlernen fehlerhaften Transkribierens zu unterbinden. Auch in den hier
untersuchten Transkripten ließen sich zahlreiche Transkriptionsfehler finden, die von den
Autorinnen dieses Beitrags stillschweigend korrigiert wurden. Ein Hauptproblem war
dabei die dem italienischen Lautsystem folgende Transkription wie z.B. „oiropäerin“
(Beispiel aus dem im dritten Abschnitt betrachteten Dialog IG-AD), „maine“ oder
„fielleicht“. Auch die Verwendung von Schwa in Reduktionssilben, in denen die
Aussprache mit dem reduzierten Vokal dem Standard entspricht (z.B. in „sprachən“),
deutet auf Unsicherheit hinsichtlich der Transkriptionsnormen hin. Diese Punkte
müssten im Unterricht dezidiert besprochen werden.
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