FOCUS
Dalla parte dei ricercatori.
Biblioteche digitali
e marcatura testuale:
una nota a partire
da due case study
ELISA DELLA CALCE
Dipartimento di Studi Umanistici
Università di Torino
[email protected]
DOI: 10.3302/2421-3810-201602-043-1
Un progetto torinese
Le opere dei docenti che hanno lavorato all’Università
di Torino tra l’Ottocento e il Novecento sono conservate e tutelate nelle numerose biblioteche dell’ateneo.
Tuttavia sono poco accessibili, non solo a causa degli orari di servizio delle biblioteche ma anche perché,
spesso, si tratta di materiale raro o facilmente deteriorabile. Inoltre, benché si tratti di docenti che hanno
avuto un ruolo importante nella storia dell’Università di
Torino1, lo studio e la valorizzazione del loro pensiero
e della loro produzione scientifica e letteraria sono affidati soprattutto a momenti occasionali come convegni, seminari e mostre.
PAOLO TRIPODI
Dipartimento di Filosofia
e Scienze dell’Educazione
Università di Torino
[email protected]
ROSSANA DAMIANO
Dipartimento di Informatica
Università di Torino
[email protected]
Il Centro interdipartimentale MeDiHum dell’Università
di Torino ha recentemente promosso e, in parte, realizzato il progetto I Maestri dell’Università degli studi
di Torino: l’opera e il pensiero2, al fine di creare una
biblioteca digitale che includa le opere di filosofi (come
Pasquale D’Ercole ed Erminio Juvalta)3 e di studiosi
di lingue classiche (come Carlo Boucheron, Giuseppe
Fraccaroli, Amedeo Peyron e Tommaso Vallauri)4 che
hanno avuto un ruolo particolarmente significativo nella storia della cultura accademica torinese, pur essendo relativamente poco studiati5. Si tratta, ovviamente, di un primo nucleo di discipline e di docenti, ma il
progetto prevede di ampliare il numero di autori e di
testi presi in considerazione. I testi sono stati acquisiti
Gli autori desiderano ringraziare Maria Cassella per l’attenzione e il supporto forniti nella stesura del contributo. Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 19 novembre 2016.
1
Cfr. I Maestri dell’ateneo torinese dal Settecento al Novecento, a cura di Renata Allìo, Torino, Alma Universitas Taurinensis, 2004; Angelo D’Orsi, Cultura
accademica e cultura militante: un itinerario fra docenti e allievi delle facoltà umanistiche, «Quaderni di storia dell’Università di Torino», 2 (1998), p. 3-60.
2
Cfr. Bandi 9BS/2015 e 8BS/2015, Università di Torino.
3
ENRICO PASINI, Pasquale D’Ercole, in I Maestri dell’ateneo torinese dal Settecento al Novecento cit., p. 288; ID., Erminio Juvalta, in I Maestri
dell’ateneo torinese dal Settecento al Novecento cit., p. 322; MASSIMO FERRARI, Non solo idealismo: filosofi e filosofie in Italia tra Ottocento e
Novecento, Firenze, Le Lettere, 2006; FILIPPO PICARDI, Morale e filosofia della morale in Erminio Juvalta, Milano, Marzorati, 1978.
4
PIERO TREVES, Carlo Boucheron, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 13, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1971, p. 511-512; Giuseppe Fraccaroli (1849-1918): letteratura, filologia e scuola fra Otto e Novecento, a cura di Alberto Cavarzere e Gian Maria Varanini, Trento,
Università di Trento, 2000; GIAN FRANCO GIANOTTI, Amedeo Peyron, in I Maestri dell’ateneo torinese dal Settecento al Novecento cit., p. 145-171.
5
Il progetto, coordinato dal prof. Ermanno Malaspina (responsabile scientifico del Centro MeDiHum), è stato finanziato dalla Fondazione CRT e
ha coinvolto tre borsisti e alcuni ricercatori e docenti che collaborano con il centro. L’ambito di ricerca (studi classici e storia della filosofia) è
stato individuato sulla base del coinvolgimento nel progetto dei dipartimenti di Studi umanistici e di Filosofia e scienze dell’educazione, mentre
le opere dei Maestri d’ateneo sono state selezionate perché sufficientemente numerose (si tratta di oltre settanta opere) e ritenute significative
da un punto di vista scientifico e culturale.
Biblioteche oggi Trends • dicembre 2016
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mediante scansione e OCR (optical character recognition), corretti e marcati secondo lo standard TEI (text
encoding initiative) e poi inseriti in un content management system (CMS), il cui ruolo consiste nel semplificare e uniformare la gestione e la presentazione dei
contenuti attraverso un sistema di pagine predefinito.
In particolare, al CMS prescelto sono state aggiunte
funzioni di ricerca sviluppate appositamente per il progetto: alla funzione di ricerca nei metadati dei singoli
testi, già disponibile nel CMS utilizzato, sono state aggiunte una funzione di ricerca testuale collegata alle
immagini dei testi, che permette all’utente di accedere
direttamente alle pagine corrispondenti ai risultati trovati, e una funzione di ricerca semantica che consente
di cercare alcuni tipi di entità menzionati nel testo6.
La marcatura TEI è stata utilizzata per associare alle
named entity presenti nel testo (nomi di persona, riferimenti geografici, concetti astratti) i termini standard
ricavati dalle apposite risorse terminologiche disponibili in rete (authority file e tassonomie di termini quali
VIAF e DBpedia)7. Questo tipo di annotazione dei testi
permette agli utenti di esplorarne i contenuti astraendo dalle specifiche espressioni linguistiche (poiché la
stessa entità può essere associata a più espressioni
linguistiche) e di accedere alla loro definizione online,
ove disponibile. In questo modo l’ormai consolidata
pratica della marcatura testuale si lega con il paradigma dei Linked Open Data8, che uniforma e rende
organico all’architettura del web l’uso degli indirizzi di
rete (uniform resource identifier, URI) per la condivisione di risorse (inclusa la conoscenza semantica dei
concetti che ricorrono nei testi). La funzione di ricerca
semantica implementata per il progetto permette inoltre agli utenti di accedere direttamente alla definizione
online di una determinata entità.
Per rendere più agevole la consultazione, le opere
sono state pubblicate utilizzando la piattaforma Omeka9, un CMS open source di larga diffusione internazionale e specificamente progettato per la creazione
di collezioni digitali online10. Grazie alla disponibilità
di “temi” predefiniti (vesti grafiche accattivanti e predisposte all’utilizzo su vari dispositivi) e a una logica
di interazione con l’utente caratterizzata da intuitività
e immediatezza, Omeka si è affermato come soluzione standard per collezioni digitali che si indirizzino al
grande pubblico11. La gestione dei metadati in Omeka
si basa sullo standard Dublin core, ma può essere estesa
e resa interpretabile usando altri schemi, grazie ai plugin
elaborati dall’ampia comunità degli sviluppatori di Omeka.
La biblioteca digitale rende immediatamente e gratuitamente disponibili le opere dei Maestri dell’ateneo
torinese finora digitalizzate non solo ai docenti dell’Università di Torino e ai cultori delle discipline classiche
e filosofiche, ma anche agli enti che si occupano della
gestione e conservazione del patrimonio culturale, agli
studenti e, in generale, a tutti gli utenti interessati. Oltre all’aggiunta delle funzionalità sopra descritte, che
permettono agli utenti di cercare nel testo riferimenti a
persone, luoghi geografici, concetti e, a partire da essi,
accedere alle risorse collegate nel web, la piattaforma
Omeka è stata oggetto di modifiche ad hoc sia nella
grafica sia nelle funzionalità di accesso, allo scopo di
renderla più facilmente riconoscibile: in particolare, alla
veste grafica predefinita sono stati sovraimposti logo,
schema colori e altri elementi grafici (carattere tipografico e immagini).
Questo contributo non è incentrato sul tema della digitalizzazione di ampi corpora di testi e non tratta direttamente problemi teorici e metodologici di carattere generale
attinenti all’ambito multiforme delle digital humanities e
delle biblioteche virtuali. Il nostro scopo è invece quello di proporre alcune riflessioni intorno a una questione
specifica: in che modo la digitalizzazione e la marcatura
strutturale e di contenuto di un corpus di testi può aprire
nuove e interessanti vie di ricerca per le discipline di cui
ci occupiamo professionalmente, la storia della filosofia
e gli studi classici? In via preliminare, illustriamo brevemente i modelli teorici ai quali faremo riferimento.
6
Cfr. FEDERICO MESCHINI, TMS: TEI management systems, in Zugang zum Fachwissen: ODOK ‘05, edited by Eveline Pipp, Graz-Feldkirch, Wolfang Neugebauer Verlag, 2007, p. 67-81; cfr. inoltre A companion to digital humanities, edited by Susan Schreibman, Ray Siemens and John
Unsworth, Oxford, Blackwell, 2004; ELLI MYLONAS - ALLEN RENEAR, The Text encoding initiative at 10: not just an interchange format anymore but
a new research community, «Computers and the humanities», 33 (1999), n. 1, p. 1-9; Text encoding initiative: background and context, edited
by Nancy Ide and Jean Véronis, Dordrecht, Kluwer Academic Publishers, 1995.
7
Cfr. The Virtual international authority file, <http://viaf.org>; DBpedia, <http://wiki.dbpedia.org>. Queste risorse forniscono una terminologia
standard, condivisa a livello internazionale, per designare i concetti presenti nel testo. Nel caso specifico di DBpedia, viene fornita anche una
descrizione semantica delle named entity.
8
Linked data: evolving the web into a global data space, edited by Tom Heath and Christian Bizer, San Rafael (CA), Morgan & Claypool Publishers,
2011.
9
Cfr. <http://omeka.org>.
10
JASON KUCSMA - KEVIN REISS - ANGELA SIDMAN, Using Omeka to build digital collections: the METRO case study, «D-Lib magazine», 16 (2010), n.
3-4, <http://dlib.org/dlib/march10/kucsma/03kucsma.html>.
11
JULIET L. HARDESTY, Exhibiting library collections online: Omeka in context, «New library world», 115 (2014), n. 3-4, p. 75-86.
44
Biblioteche oggi Trends • dicembre 2016
Antenati e modelli teorici:
il distant reading di Franco Moretti
Il metodo del distant reading, introdotto circa vent’anni
fa da Franco Moretti in storia della letteratura e in critica
letteraria, ha fornito nuove prospettive sulla letteratura e
il suo sviluppo storico12. Il metodo di Moretti si basa non
sullo studio dettagliato di alcuni testi canonici (come nel
cosiddetto close reading caratteristico del New Criticism), ma sull’aggregazione e l’analisi di grandi quantità
di dati, con l’ausilio di metodi statistici e di strumenti
computazionali: nel distant reading si contano parole
e si fa data mining lessicale (in titoli, abstract, articoli, capitoli e libri di origine eterogenea e appartenenti a
svariati generi letterari), si costruiscono grafici e mappe,
si calcolano tendenze, si descrivono e si rappresentano
visivamente network, si fa analisi stilistica computazionale e così via. Riteniamo che un’applicazione del metodo del distant reading a diversi ambiti delle scienze
umane e, in particolare, agli studi classici e alla storia
della filosofia (così come, del resto, alla storia del pensiero scientifico) sia destinata nei prossimi anni ad accrescere la sua influenza13: questo tipo di innovazione
metodologica consente nuove conferme o smentite di
ipotesi ottenute con i metodi ermeneutici e analitici più
tradizionali e, soprattutto, incoraggia la formulazione di
nuove ipotesi; il distant reading è un tipo di ricerca autenticamente empirico o, più precisamente, sperimentale, e ciò fa sì che spesso i dati inducano i ricercatori,
nel corso dell’indagine, a scoprire nuove vie, a cambiare
direzione, a lasciarsi guidare da risultati non attesi (né,
forse, cercati), in un modo più decisivo e significativo ri-
spetto a quanto avviene normalmente negli studi basati
su metodi più tradizionali14. Inoltre il metodo del distant
reading, pur rimanendo un metodo di analisi “di testi”, si
presta a indagini di storia esterna e di sociologia dell’accademia: non a caso, ci sembra ragionevole includere
nel concetto di distant reading applicato alle scienze
umane anche l’analisi delle corrispondenze multiple
usata spesso dai sociologi di scuola bourdieusiana15.
Allo Stanford Literary Lab (fondato nel 2010 da Moretti e Matthew L. Jockers) e nei centri di ricerca a esso
associati sono state realizzate e sono in via di realizzazione numerose applicazioni “sperimentali” del distant
reading e dei metodi delle digital humanities16: la comparazione sistematica di centinaia di network di opere
teatrali in una dozzina di diverse letterature nazionali
e in diversi periodi storici, usando modelli informatici;
un’analisi formale e interdisciplinare (che mescola storia
della letteratura, narratologia e psicologia) dei caratteri
che, nei diversi periodi (dal 1750 a oggi) e nei diversi generi letterari, sono associati all’esperienza della suspense; una misurazione quantitativa e una mappatura digitale dei luoghi letterari nei quali i personaggi dei romanzi
settecenteschi e ottocenteschi provano emozioni (di
rabbia, paura, sorpresa e così via); lo studio dell’evoluzione dello stile e dei generi letterari nell’enorme corpus
testuale reso disponibile da Fanfiction (un archivio online che contiene oltre sei milioni di racconti); l’analisi, in
un corpus di testi tratto dalle pubblicazioni del Ministero
degli Affari esteri, della storia e dei cambiamenti nelle
associazioni semantiche e concettuali relative alla nozione accademica, politica e sociale di “sicurezza” tra il
1922 e il 1939; e molti altri ancora17.
12
Cfr. FRANCO MORETTI, Distant reading, London-New York, Verso, 2013, che raccoglie i principali contributi che, nel corso degli anni, hanno
condotto Moretti ad applicare sempre più efficacemente e consapevolmente i metodi quantitativi alla storia della letteratura. I primi semi dell’innovazione metodologica che Moretti ha sviluppato negli ultimi quindici anni si intravedono già in FRANCO MORETTI, The way of the world: the
bildungsroman in European culture, London, Verso, 1987.
13
Che il tema stia destinato a diventare rapidamente centrale nel dibattito sulle digital humanities e sulle innovazioni metodologiche che esse rendono
possibili è testimoniato ad esempio dal fatto che, considerando il caso dell’Italia, solo nel mese di gennaio 2017 sono previsti due convegni dedicati,
rispettivamente, a “Distant reading and data-driven research in the history of philosophy” e a “Big data and distant reading in the humanities”. Il primo convegno si terrà a Torino dal 16 al 18 gennaio ed è organizzato all’Università di Torino dal gruppo di ricerca DR2 (del Dipartimento di Filosofia e
scienze dell’educazione) e dal centro MeDiHum. Il secondo avrà luogo a Roma dal 26 al 28 dello stesso mese ed è il congresso annuale dell’AIUCD
(Associazione per l’informatica umanistica e le culture digitali).
14
Cfr. FRANCO MORETTI, Operationalizing: or, the function of measurement in literary theory, «New left review», 2013, n. 84, <https://newleftreview.org/
II/84/franco-moretti-operationalizing>.
15
Cfr. ad esempio PIERRE BOURDIEU, Homo academicus, Paris, Éditions de Minuit, 1984, trad. it. di Antonietta De Feo, Bari, Dedalo, 2013.
16
Cfr. <https://litlab.stanford.edu/projects>.
17
Non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa esistono significative applicazioni di metodi quantitativi e digitali alla storia della filosofia e alla
storia delle idee. Per citare un esempio che ci sembra interessante, il gruppo di Arianna Betti dell’Universiteit van Amsterdam è impegnato in
alcuni progetti di questo tipo e ha ottenuto numerosi finanziamenti europei (ERC, Proof of concept ecc.): la ricerca del gruppo “Axiom” indaga
– mediante l’analisi computazionale di testi – il modo in cui concetti rilevanti della logica, della matematica e della biologia (come verità, conseguenza logica e vita) si sono sviluppati dal XVIII al XX secolo; il progetto GlamMap ha lo scopo di creare un software per visualizzare su mappe
geografiche la presenza di ampie collezioni di libri; il progetto @PhilosTEI, infine, intende trasformare le immagini di testi, scritti in diversi periodi
storici e in varie lingue, in testi in formato TEI, permettendone la marcatura e l’analisi quantitativa e computazionale.
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Lo sviluppo della linguistica computazionale nell’ultimo decennio sta offrendo tecniche di analisi sempre
più sofisticate, che in futuro potranno essere impiegate anche nella storia della cultura: si pensi ad esempio alla sentiment analysis (l’analisi automatica delle
caratteristiche affettive di un testo), all’opinion mining
(l’estrazione di indicatori di soggettività da un testo) e
all’author profiling (l’identificazione automatica dell’autore). La disponibilità di questi strumenti automatici,
con l’affermarsi del crowd sourcing nell’annotazione
di testi, prefigura uno scenario in cui le tecniche del
distant reading avranno una diffusione sempre più ampia e condivisa.
progetto originale (con tag di nomi di persona, luoghi
geografici e concetti fondamentali) tutti i testi pubblicati da docenti di storia della filosofia e di studi classici in
alcuni importanti atenei europei in un determinato periodo storico (per esempio in Italia, Francia, Germania
e Gran Bretagna tra il 1840 e il 1940, considerando,
per ciascun Paese, i dieci atenei più grandi). Prendere
in esame una grande quantità di dati permette, anzitutto, di avere un quadro della produzione scientifica
nelle accademie europee più realistico e meno viziato
dalle consuete scelte di un canone. Vediamo dunque
alcuni esempi di come potrebbe funzionare questo
metodo di lavoro applicato alla biblioteca digitale che
immaginiamo di creare.
Oltre il progetto torinese:
i Maestri d’ateneo europei
Primo esempio.
La circolazione internazionale delle idee:
Nel progetto torinese preso qui in esame la marcatu- le digital humanities incontrano
ra tematica consente di indagare alcuni aspetti della la sociologia di Bourdieu
storia della filosofia e degli studi classici che difficilmente emergono con i metodi più tradizionali18: grazie agli strumenti computazionali delle digital humanities si potrebbe considerare la storia della ricezione
dell’antico negli studi accademici nazionali, spaziando
da un’analisi intertestuale che punta all’individuazione
delle citazioni classiche a un’indagine di tipo semantico centrata su specifiche aree concettuali. Analogamente, si potrebbe indagare la presenza, nelle filosofie
accademiche nazionali, di particolari occorrenze lessicali, pattern argomentativi, tradizioni teoriche e nomi
di filosofi, usando tecniche di visualizzazione avanzata, che rendono le relazioni interne ai dati esplorabili
attraverso interfacce grafiche innovative19, in grado di
far emergere schemi comuni, relazioni complesse e
associazioni inedite e poco intuitive.
Prima di presentare più nel dettaglio alcuni esempi,
conviene osservare che, naturalmente, l’interesse di
un’operazione di questo tipo è tanto maggiore quanto
più ampio e sistematico è il corpus di testi preso in
considerazione: si potrebbe infatti passare dalla costruzione di una biblioteca digitale torinese alla costruzione di una biblioteca dei Maestri d’ateneo – classicisti e filosofi – italiani ed europei. Da qui in avanti
scriveremo quindi avendo come orizzonte di riferimento la situazione ipotetica (e auspicabile) in cui siano
stati digitalizzati e marcati secondo i criteri adottati nel
In una conferenza tenuta a Friburgo nel 1989 e intitolata “Le condizioni sociali della circolazione internazionale delle idee”, Pierre Bourdieu abbozzava un
programma di ricerca sulle relazioni internazionali nel
campo della cultura20. Secondo Bourdieu uno studio
di questo tipo dovrebbe considerare l’insieme variegato e spesso trascurato delle interazioni sociali e dei
contesti sociopolitici entro cui i testi circolano, quando
oltrepassano le frontiere nazionali. In particolare, Bourdieu suggeriva di analizzare i processi di selezione dei
testi (che cosa si pubblica, chi traduce, chi pubblica) e
vari elementi paratestuali (case editrici, collane, autori
delle prefazioni e così via), ritenendo che un’analisi di
questo tipo avrebbe permesso di comprendere meglio i
meccanismi sociologici della circolazione internazionale
delle idee, evitando di accettare acriticamente immagini
ingenue o eccessivamente semplificate dell’internazionalizzazione della vita culturale di un certo paese.
La creazione di una biblioteca digitale dei Maestri d’ateneo europei e l’applicazione dei metodi computazionali e quantitativi delle digital humanities e del distant
reading permettono di lavorare nel solco di Bourdieu,
anzitutto perché – come lo stesso Bourdieu ha osservato, per esempio in Homo academicus del 1984 – il
contesto universitario è un luogo privilegiato per indagare le relazioni sociali tra cultura, intellettuali e po-
18
Che i metodi digitali possano accrescere e affinare le potenzialità ermeneutiche dei metodi tradizionali (senza naturalmente pretendere di sostituirli)
è chiarito bene da LEIGHTON EVANS - SIAN REES, An interpretation of digital humanities, in Understanding digital humanities, edited by David M. Berry,
[s.l.], Palgrave Macmillan UK, 2012, p. 21-41.
19
Cfr. il lavoro dell’Interactive Data Lab dell’University of Washington.
20
PIERRE BOURDIEU, Le condizioni sociali della circolazione internazionale delle idee, a cura di Gerardo Ienna e Marco Santoro, «Studi culturali», 13
(2016), n. 1, p. 61-79.
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tere. Ma, d’altra parte, la grande quantità di dati che
è possibile analizzare grazie alla biblioteca digitale (e
che Bourdieu, ovviamente, non aveva a disposizione)
consente di rendere più ampia, realistica e oggettiva
l’analisi sociologica21. Per esempio, grazie alla marcatura TEI, si potrebbero scoprire le differenze quantitative e geografiche nella trattazione di Hegel (o di Kant)
nelle accademie non tedesche: quando arriva, come
viene usato, quale campo occupa, quali logiche stanno dietro l’uso che ne viene fatto? Ci sono differenze
tra l’ateneo torinese e quello milanese o napoletano?
E tra i diversi paesi europei? Il peso di Hegel (o di Kant)
nelle tradizioni accademiche nazionali potrebbe essere misurato ricercando nei testi marcati la presenza di
lessico hegeliano e – grazie all’analisi delle corrispondenze multiple introdotta da Jean-Paul Benzécri22 – di
autori legati a Hegel, e le informazioni contenute nella
taggatura “strutturale” potrebbero fornire le informazioni paratestuali che Bourdieu considerava cruciali23.
Secondo esempio.
L’uso politico della storia: un’analisi quantitativa
I metodi digitali e quantitativi danno la possibilità di
trovare conferme, smentite, ampliamenti, integrazioni,
nuove vie in diversi ambiti delle digital humanities. Un
caso particolarmente interessante è quello dello studio dell’uso politico della storia da parte di istituzioni
e autori24. Si tratta di un tema che gli studiosi hanno
a lungo trattato con i metodi tradizionali. Si consideri,
ad esempio, il caso di Amedeo Peyron (uno dei Maestri dell’ateneo torinese) il quale, convinto che «rien
ne rassemble plus à l’histoire d’Italie comme celle de
la Grèce»25, parlando della storia greca evocava, talvolta implicitamente, le vicende della politica sabauda a lui contemporanee26. Ipotizzando di digitalizzare e marcare non solo le opere di argomento storico
di Peyron27, ma anche il suo epistolario (in cui sono
contenute riflessioni significative sul rapporto tra storia
greca e storia sabauda), si potrebbero ottenere risultati
interessanti: analizzando quantitativamente testi come
questi, che sono nati con differenti scopi comunicativi
e appartengono a diversi generi letterari, sarebbe possibile ottenere una “mappatura” completa di questo
argomento “nell’opera di Peyron”. Ma, d’altra parte,
sarebbe di estremo interesse verificare, anche contrastivamente, quanto e come questo modello di uso politico della storia si applichi a una pluralità di docenti, a
varie università europee e a svariati contesti storici28.
Terzo esempio.
I Maestri d’ateneo nella didattica universitaria
L’uso didattico delle tecnologie può procurare vantaggi a livello motivazionale e a livello cognitivo, consentendo di proporre agli studenti attività personalizzate,
più adeguate ai loro stili di apprendimento, fondate su
un approccio interattivo e multimediale29. In questa
sede ci limitiamo a fare qualche osservazione sul possibile uso della biblioteca digitale europea dei Maestri
d’ateneo nella didattica universitaria30.
L’analisi digitale e quantitativa della produzione accademica dei filosofi e dei classicisti servirebbe a vari
scopi: permetterebbe agli studenti di usare in modo
21
Da oltre un decennio l’iniziativa FRBR e la sua integrazione con il progetto CIDOC-CRM forniscono un modello concettuale in continuo avanzamento dei processi autoriali, editoriali e di conservazione, permettendone un’analisi computazionale.
22
Cfr. JEAN-PAUL BENZECRI, L’analyse des donnés. Tome II: l’analyse des correspondances, Malakoff, Dunod, 1973.
23
Un approccio analogo potrebbe valere per la costruzione di una mappa geografica delle traduzioni di testi classici: per esempio, quanto Platone, quanto Aristotele, quanti lirici greci vengono tradotti in Italia, quanti in Francia? Per quali ragioni ideologiche e socio-culturali? Perché in un
certo paese vi è più “domanda” di traduzioni di un certo autore o di una certa opera rispetto a un altro paese?
24
Cfr. ad esempio ANDREA GIARDINA - ANDRÉ VAUCHEZ, Il mito di Roma: da Carlo Magno a Mussolini, Roma-Bari, Laterza, 2008 e ANGELO D’ORSI, Usi e
abusi politici del passato, tra storia e memoria, in La storia imbavagliata, a cura di Claudio Moffa, Tivoli, Azienda grafica Meschini, 2007, p. 286-301.
25
Missiva del giugno 1858 a Charles Lenormant, citata in GIAN FRANCO GIANOTTI, Amedeo Peyron, in I Maestri dell’ateneo torinese dal Settecento
al Novecento cit., p. 145-171: 167.
26
Ad esempio, quando considerava il declino delle potenze greche alla metà del IV secolo, affermava che «mentre i Greci in questa lotta logoravano le loro forze, educavasi al settentrione inosservata la nazione Macedone distinta dai Greci, come ai piedi delle Alpi la nazione Piemontese
distinta dagli italiani»; e, in un’altra occasione, nel contesto di un discorso relativo alla storia della Lega achea, richiamava le posizioni federative
di Gioberti, da lui non condivise. Cfr. G. F. GIANOTTI, Amedeo Peyron cit., p. 167-168.
27
Per la bibliografia di Peyron, cfr. G. F. GIANOTTI, Amedeo Peyron cit., note 83 e 84, p. 167.
28
Naturalmente un discorso analogo può essere svolto a proposito della storia della filosofia, per esempio verificando con l’ausilio dei dati la
diversa tendenza dell’accademia italiana, prima e dopo la Seconda guerra mondiale, a importare idee da oltreconfine.
29
Cfr. FABIO CIOTTI, Tecnologia e trasmissione del sapere: verso la biblioteca digitale, intervento tenuto al Convegno “Internet: ricerca e/o didattica”
(Bologna, Dipartimento di Italianistica, 27 novembre 1996); RICCARDO FRAGNITO, La rete della didattica, Lecce, Pensa Multimedia, 2002; cfr. anche
Indire: ricerca e innovazione per la scuola italiana, <www.indire.it>.
30
Cfr. il lavoro svolto nel laboratorio per le digital humanities della Fondazione Bruno Kessler di Trento.
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critico e consapevole le tecnologie, di familiarizzare
con la nozione di “biblioteca digitale” (che cos’è, come
si realizza, a che cosa serve, perché è importante), e
di creare infine percorsi di studio e di approfondimento interdisciplinari. Per esempio, gli studenti potrebbero non solo individuare le co-occorrenze verbali e
ritmiche, come è possibile fare ad esempio in archivi
digitali come Musisque deoque (per la poesia latina)
o DigilibLT (per la letteratura latina tardo-antica), ma
anche imparare a contare le citazioni classiche (greche
o latine) nella produzione accademica di alcuni autori
interessanti in un certo periodo, riflettendo sul posto
occupato dagli autori classici in quel contesto storico
e culturale31. Si tratterebbe di un modo alternativo e
intellettualmente stimolante per avvicinare gli studenti
alla storia della ricezione dei testi classici.
Considerazioni conclusive
In questo contributo abbiamo proposto alcune riflessioni sull’utilità delle biblioteche digitali e della marcatura testuale per gli studi classici e la storia della
filosofia. Abbiamo descritto il progetto torinese I Maestri dell’Università degli Studi di Torino: l’opera e il
pensiero, nel quale sono state digitalizzate e marcate secondo lo standard TEI alcune opere di filosofi e
classicisti che hanno insegnato all’Università di Torino
tra la metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento e che, pur avendo avuto un ruolo significativo
nella cultura accademica torinese, sono relativamente
poco studiati. Il discorso intorno al progetto torinese
è stato pretesto e punto di partenza per immaginare
una situazione ipotetica di lavoro nella quale sia digitalizzato e marcato un corpus di opere molto più ampio,
prendendo in considerazione tutti i testi pubblicati da
docenti di filosofia e di studi classici in alcuni importanti atenei europei in un determinato periodo storico
(ad esempio si può pensare di restringere il campo
di analisi a una decina di università in Italia, Francia,
Germania e Gran Bretagna tra il 1840 e il 1940). Se
un progetto di questo tipo venisse realizzato, gli studiosi di storia della filosofia e di discipline classiche
potrebbero integrare i metodi di lavoro tradizionali con
gli strumenti digitali e computazionali. I due principali
modelli teorici a cui abbiamo fatto riferimento sono il
distant reading, introdotto da Franco Moretti in storia
della letteratura, e l’analisi sociologica dei “campi” culturali e accademici proposta da Bourdieu e dalla sua
scuola. Applicando il distant reading e gli strumenti
della sociologia bourdieusiana alla nostra ipotetica biblioteca digitale, si potrebbe ottenere una mappatura
completa della produzione accademica negli ambiti
considerati, con la possibilità di ricavare risultati originali e prospettive inesplorate in merito alla circolazione
internazionale delle idee, alla presenza di pattern significativi nei corpora considerati, all’uso politico della
storia e all’interazione tra i contesti politico-istituzionali
e la produzione scientifica di ambito accademico.
Abbiamo concluso suggerendo che i metodi computazionali, applicati alle biblioteche digitali, possono
avere risvolti interessanti per la didattica universitaria,
giacché consentono di stimolare l’attenzione degli
studenti e di affrontare lo studio disciplinare in modo
alternativo ed efficace.
ABSTRACT
In questo contributo vengono proposte alcune riflessioni sull’utilità delle biblioteche digitali e della marcatura testuale
per gli studi classici e la storia della filosofia. Si descrive il progetto torinese I Maestri dell’Università degli studi di
Torino: l’opera e il pensiero, nel quale sono state digitalizzate e marcate secondo lo standard TEI alcune opere di filosofi
e classicisti che hanno insegnato all’Università di Torino tra la metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Il
discorso intorno al progetto torinese è stato pretesto e punto di partenza per immaginare una situazione ipotetica di
lavoro nella quale sia digitalizzato e marcato un corpus di opere molto più ampio, prendendo in considerazione tutti
i testi pubblicati da docenti di filosofia e di studi classici in alcuni importanti atenei europei (ad esempio in Francia,
Italia, Germania e Gran Bretagna) in un determinato periodo storico (ad esempio tra il 1840 e il 1940). Se un progetto di
questo tipo venisse realizzato, gli studiosi di storia della filosofia e di discipline classiche potrebbero integrare i metodi
di lavoro tradizionali con gli strumenti digitali e computazionali. I due principali modelli teorici a cui si è fatto riferimento
sono il distant reading, introdotto da Franco Moretti in storia della letteratura, e l’analisi sociologica dei “campi” cultu-
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Musisque deoque: un archivio digitale di poesia latina, <http://www.mqdq.it/public> e DigilibLT: biblioteca digitale di testi latini tardoantichi,
<http://www.digiliblt.unipmn.it> sono due esempi, tra i tanti possibili, di archivi digitali di questo tipo. Il primo progetto è stato realizzato con la
collaborazione di vari atenei, tra i quali l’Università di Venezia “Cà Foscari”, l’Università della Calabria, l’Università di Parma, l’Università di Perugia e
l’Università di Napoli “Federico II”. Il secondo progetto è nato ed è stato sviluppato all’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, con
la collaborazione di una rete scientifica internazionale.
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rali e accademici proposta da Pierre Bourdieu. Applicando questo tipo di metodi si potrebbero ricavare risultati originali
in merito alla circolazione internazionale delle idee, alla presenza di pattern testuali significativi nei corpora considerati
e all’interazione tra i contesti politico-istituzionali e la produzione scientifica di ambito accademico.
THE DIGITAL LIBRARIES AND TEXTUAL MARKUP: THE CASE STUDIES OF CLASSICAL STUDIES AND HISTORY
OF PHILOSOPHY
In this paper we present some reflections on the usefulness of digital libraries and textual markup for the classical
studies and the history of philosophy. First, we describe the project “I Maestri dell’Università degli studi di Torino: l’opera
e il pensiero”, in which a small corpus of works by philosophers and classicists who taught at the University of Turin
from mid-Nineteenth century to the first decades of the Twentieth century has been digitized, marked up according
to TEI standards and augmented with semantic information. Then, we take inspiration from this project to figure out
a hypothetical working scenario characterized by the availability of a larger corpus of digitized and TEI-marked texts
that takes into account all the works published by professors of philosophy and classical literature in some important
European universities (for example in France, Italy, Germany and the UK) for a given historical period (for example from
1840 to 1940). If such a corpus were available, historians of philosophy and classicists could supplement traditional
methods with digital and computational ones thanks to digitization. The two main models we refer to in this paper
are “distant reading”, introduced by Franco Moretti for literary history, and the analysis of cultural and academic
“fields” proposed by Pierre Bourdieu for sociology. These methods would allow scholars to get a fresh understanding
of the international circulation of ideas for the given areas and periods of time, letting the presence of interesting
patterns emerge from the textual corpora, with insights about the interaction between scientific-academic works and
the political-institutional contexts of their production.
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