Informatica e diritto, XXXIV annata, Vol. XVII, 2008, n. 1-2, pp. 389-406
Storia dell’oopen source
nella pubblica amministrazione italiana
FLAVIA MARZANO, ANGELO M. BUONGIOVANNI*
SOMMARIO: 1. L’influenza della pubblica amministrazione sul mercato del software – 2. Le
motivazioni all’acquisizione di FLOSS da parte della P.A. – 2.1. L’indipendenza dai fornitori – 2.2. La sicurezza e l’accessibilità – 3. Gli indirizzi dell’Europa – 4. Gli indirizzi
dell’Italia – 5. Gli indirizzi di Regioni ed enti locali – 6. Conclusioni
1. L’INFLUENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SUL MERCATO DEL SOFTWARE
La pubblica amministrazione (P.A.) è un importante attore nel mercato (più
del 15 % del mercato Information Technology nazionale) e per capire realmente la
portata del fenomeno è interessante individuare gli elementi che lo definiscono.
Il soggetto pubblico può influenzare il mercato IT e in particolare il mercato del software da due punti di vista: acquistando licenze software e acquistando soluzioni personalizzate e custom. In entrambi i casi l’adozione di software
open source (FLOSS: Free Libre Open Source Software) può essere una vera e propria soluzione sia per il risparmio iniziale in termini di costi per le licenze, che
per l’adattabilità e la possibilità di personalizzazione degli applicativi acquisiti1.
Inoltre l’utilizzo sistematico di FLOSS porta allo sviluppo di competenze informatiche locali, necessarie per il supporto e la personalizzazione del
software, favorendo un’occupazione altamente tecnologica locale “vicina” alla
P.A. Non si tratta ovviamente di un modello autarchico, e quindi inefficiente, ma del superamento di monopoli, intrinsecamente inefficienti e pericolosi, mediante un modello tecnologico “a rete locale” orientato ai servizi, e
quindi più moderno ed efficiente.
In altre parole la logica FLOSS deve essere interpretata come un’opportunità per promuovere e diffondere l’innovazione sui territori e per produrre un reale cambiamento anche nel settore pubblico, diventando così uno stimolo per incentivare investimenti e iniziative: in questa ottica il soggetto
* F. Marzano, Presidente di UnaRete; A.M. Buongiovanni, Il Secolo della Rete.
1 Sul tema v. M. MARCHESI, G. CONCAS, G. DE PETRA, F. MARZANO, P. ZANARINI,
Finalmente libero! New York, Mc Graw Hill, 2007 (http://finalmentelibero.ning.com/) e
CENTRE FOR EDUCATION RESEARCH AND INNOVATION, Giving knowledge for free, the emergence of
open educational resources, OECD, 2007, 153 p., in www.oecd.org/dataoecd/35/7/38654317.pdf.
390
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
pubblico si può inserire, sostenendo parte degli investimenti volti alla creazione di applicazioni FLOSS specifiche per la P.A.
2. Le MOTIVAZIONI ALL’ACQUISIZIONE DI FLOSS DA PARTE DELLA P.A.
Le motivazioni e i benefici che spingono le P.A. a una possibile transizione da software proprietario a soluzioni FLOSS sono simili a quelli che hanno
influenzato le imprese private, ma vi sono tre ulteriori fattori decisivi che
indirizzano le scelte pubbliche verso l’adozione del nuovo paradigma: indipendenza dai fornitori, sicurezza e accessibilità.
2.1. L’indipendenza dai fornitori
L’indipendenza dai fornitori è un elemento che valorizza la scelta di utilizzare FLOSS ed è una delle ragioni che ha motivato molte P.A. alla migrazione, per svincolarsi dalle scelte tecnologiche delle singole imprese fornitrici che spesso sono dettate più da esigenze competitive che dalla ricerca di
una reale efficienza e qualità dei prodotti.
Infatti, talora i fornitori utilizzano in modo spregiudicato politiche di lock-in
(blocco), cioè fanno offerte molto basse per aggiudicarsi le forniture, ma poi,
una volta che il loro programma è in uso e controlla dati strategici dell’organizzazione, alzano i prezzi. A questo punto, per la P.A. (come per qualunque altra
organizzazione) diventa molto costoso e difficile cambiare prodotto, essendo i
dati in formato proprietario, sotto il controllo del software acquistato, ed essendo gli operatori ormai addestrati a usare quel prodotto. Il più delle volte si deve
cedere al ricatto e pagare un prezzo elevato (ma comunque inferiore al costo del
cambiamento). In alternativa, si deve ripartire da zero, perdendo l’investimento
fatto non solo nel programma, ma anche nell’addestramento del personale e
nello sforzo di digitalizzazione dei dati.
L’adozione di FLOSS crea una maggior concorrenza tra diversi operatori, dando la possibilità al soggetto pubblico di cambiare molto più facilmente il fornitore, essendo il software non proprietario ed essendo le competenze
relative alla portata di tutti. Ciò fa quindi risparmiare sui servizi di supporto,
assistenza e manutenzione.
2.2. La sicurezza e l’accessibilità
La P.A. ha il compito di garantire la riservatezza dei dati raccolti e organizzati nelle proprie banche dati. Avere a disposizione il codice sorgente dei
programmi utilizzati all’interno della propria organizzazione offre alla P.A. la
F. Marzano, A.M. Buongiovanni / Storia dell'open source nella P.A. italiana
391
possibilità di dare un grado di maggiore sicurezza ai cittadini: il FLOSS,
infatti, rispetto al software proprietario, consente di individuare errori e imperfezioni potenzialmente dannose o illecite (che potrebbero, ad esempio, permettere l’accesso non consentito a informazioni di particolare importanza
e/o coperte da privacy), garantendo così più sicurezza e affidabilità alla comunità, che in questo caso è l’intera cittadinanza.
Da una parte l’adozione del FLOSS offre alle P.A. autonomia, possibilità
di personalizzazione, sicurezza e permette di svilupparne l’informatizzazione, dall’altra ci sono alcuni fattori critici che possono frenarne la diffusione:
difficoltà nella migrazione da un software proprietario conosciuto e utilizzato
dalla gran parte del personale, investimenti effettuati in passato su software
proprietario e non ancora ammortizzati, scarsa diffusione di competenze
specifiche che sfruttino al meglio le possibilità e le potenzialità del FLOSS.
Tutte criticità di non semplice e immediata soluzione. Nonostante le difficoltà, l’adozione di FLOSS da parte della P.A. è ormai diventata una realtà.
Le P.A. che vogliono adottare FLOSS non devono limitarsi a considerare questa scelta come una semplice riduzione dei costi, bensì come un progetto capace di creare valore economico, sociale e politico.
La possibilità di accedere al codice sorgente e la presenza di una comunità
di sviluppatori che mettono a disposizione le proprie competenze, può inoltre
rappresentare, soprattutto per la P.A. dei Paesi in via di sviluppo, un importante strumento per il progresso e l’acquisizione di competenze informatiche.
Nel caso del soggetto pubblico, l’aspetto economico non è comunque l’unico criterio di valutazione per l’adozione del FLOSS: il ruolo della P.A., l’importanza delle attività e delle informazioni da essa gestite, i problemi relativi
all’accessibilità, alla sicurezza delle informazioni e alla garanzia della comunità di gestione, inducono a considerare altri criteri di valutazione.
Uno dei ruoli fondamentali della P.A. è quello di gestire e diffondere le informazioni, lasciando ai cittadini il diritto di accedere facilmente ai propri dati,
lasciandoli liberi di utilizzare un software qualunque possibilmente gratuito e garantendo l’accessibilità, l’integrità e la riservatezza di queste informazioni.
Utilizzando quindi standard aperti e ampliando le possibilità di scelta la P.A. riesce
a garantire più facilmente l’accesso alle informazioni, la continuità di gestione e il
mantenimento delle informazioni, indipendentemente dalle soluzioni scelte.
3. GLI INDIRIZZI DELL’EUROPA
L’Unione europea ha avviato una politica sulla società dell’informazione e
della conoscenza (d’ora in poi SdIC) verso la metà degli anni ottanta dando
392
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
impulso ad attività di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e alla liberalizzazione delle telecomunicazioni.
Sin dall’inizio, nelle sue iniziative, l’Unione ha posto particolare attenzione all’interoperabilità dei programmi per stimolare l’utilizzo e la diffusione di Internet
e lo sviluppo di servizi efficienti per i cittadini e le imprese da parte della P.A.
Dal 1998 l’Unione ha supportato numerose iniziative in campo FLOSS e
il tema è stato all’ordine del giorno in molti ambienti politici. Nel 1998 è
stato costituito un Gruppo di lavoro sul software libero con il compito di analizzare il fenomeno e fornire raccomandazioni per lo sviluppo di FLOSS. Il
lavoro è stato presentato a diverse conferenze internazionali.
Il documento Free Software / Open Source: Information Society Opportunities for
Europe?, dopo una panoramica su FLOSS e sugli scenari futuri, fornisce una
serie di raccomandazioni per supportare la comunità ad ottenere benefici dall’utilizzo di FLOSS e per rimuovere le barriere allo sviluppo di tali progetti:
- realizzare di protocolli di comunicazione sotto licenze FLOSS;
- incoraggiare l’adozione da parte delle P.A. di formati aperti e pubblici;
- promuovere progetti per il miglioramento della qualità di FLOSS;
- finanziare progetti di ricerca in FLOSS;
- realizzare un meccanismo per raccogliere tutti i progetti FLOSS e incentivare lo sviluppo degli stessi;
- definire nuove licenze;
- permettere che FLOSS possa interoperare con programmi proprietari;
- definire normative per lo sviluppo di FLOSS.
Inoltre il Programma di ricerca Information Society Technologies (IST), priorità del V Programma Quadro lanciato nel 1998, incentiva da sempre la ricerca e lo sviluppo di FLOSS e ha permesso di sviluppare componenti infrastrutturali e applicazioni con finanziamenti europei. I successivi programmi
quadro pongono particolare attenzione ai progetti sviluppati in FLOSS.
L’interesse dell’Unione europea verso il mondo FLOSS è emerso dalla
Strategia di Lisbona e nel “Piano eEurope” in cui, tra le varie raccomandazioni, l’Unione ha posto la promozione dell’uso di FLOSS nel settore pubblico.
Le successive strategie europee per lo sviluppo della SdIC hanno sempre
cercato di stimolare il mercato FLOSS. “eEurope 2002” incoraggia l’adozione e lo sviluppo di FLOSS, in particolare per garantire l’interoperabilità e la
crescita di un mercato dell’Information and Communication Technology (ICT) più
orientato ai prodotti e ai servizi europei.
Il programma “eEurope 2005” incoraggia ulteriormente l’adozione del
FLOSS, in particolare promuovendone esplicitamente per garantire l’intero-
F. Marzano, A.M. Buongiovanni / Storia dell'open source nella P.A. italiana
393
perabilità delle infrastrutture di e-government: “per la fine del 2003 la
Commissione definirà una disciplina per la interoperabilità intesa a promuovere la fornitura di servizi paneuropei di e-government ai cittadini e alle imprese. Il documento affronterà la questione dei contenuti dell’informazione e
raccomanderà alcune iniziative e specificazioni di natura tecnica per aggregare i sistemi informativi della P.A. in tutta l’UE; si baserà su standard aperti e incoraggerà l’impiego di software libero (open software)”.
Anche in merito alle attività di ricerca nel campo della sicurezza il programma promuove la “normalizzazione delle tecnologie al fine di diffondere l’uso di standard aperti e di software open source”.
Il FLOSS è richiamato anche in merito all’individuazione e alla selezione
di esempi di buone prassi: “l’analisi degli esempi di buona prassi deve tradursi nell’elaborazione di modelli o linee guida che proporranno metodi consolidati e documentati per applicazioni di servizi elettronici già ben collaudate. I modelli o linee guida avranno carattere modulare, saranno adattabili
in funzione del tipo di utente e consisteranno di norma in una metodologia
corredata di una serie di strumenti e di software di tipo open source”.
Infine con il Programma “i2010 - società europea dell’informazione per
il 2010”, avviato nel giugno 2005, che rappresenta il nuovo quadro strategico della Commissione europea per lo sviluppo della SdIC e i media, l’Unione
europea ha fissato tre priorità di sviluppo:
1. il completamento di uno spazio unico europeo dell’informazione che
incoraggi un mercato interno aperto e competitivo per la società dell’informazione e i media;
2. il potenziamento dell’innovazione e degli investimenti nella ricerca sulle ICT;
3. la costituzione di una società europea dell’informazione basata sull’inclusione e che dia la priorità al miglioramento dei servizi pubblici e della qualità della vita.
Il programma pone particolare attenzione all’interoperabilità delle apparecchiature, delle piattaforme e dei servizi.
L’interoperabilità è riconosciuta come strumento chiave generale per lo sviluppo di servizi dedicati ai cittadini e alle imprese anche nella “Comunicazione
della Commissione, del 25 aprile 2006, il piano d’azione e-government per l’iniziativa i2010: accelerare l’e-government in Europa a vantaggio di tutti l’interoperabilità”. “I servizi interoperabili d’infrastruttura di base (ad esempio, per le comunicazioni sicure tra le amministrazioni o l’accesso transfrontaliero ai registri), le
specifiche comuni, gli orientamenti in materia di interoperabilità e i programmi
software riutilizzabili sono tutti elementi costitutivi dei servizi di e-government a
394
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
forte impatto. Sono in corso lavori relativi all’adozione di un quadro d’interoperabilità europea rinnovato, nonché alla promozione e alla sensibilizzazione in
materia di servizi interoperabili di e-government basati su norme, specifiche e
interfacce aperte, come previsto nella comunicazione sull’interoperabilità”.
Successivamente sono arrivate molte altre indicazioni. Tra le più rilevanti
rientrano quelle della Commissione di studio del Parlamento Europeo su
Echelon, la rete di intercettazione USA, che ha suggerito sia alla Commissione
che agli Stati membri di incoraggiare la promozione di progetti FLOSS, considerati come l’unica strada per tutelarsi dalla presenza di backdoor nei sistemi.
Curiosamente, riferendosi al software per il trattamento delle e-mail, la
Commissione è stata invitata a classificare tale software come “il meno affidabile” (least reliable) se il codice sorgente non è disponibile pubblicamente.
Nell’ambito di queste iniziative, nel 2001, il programma IDABC (all’epoca IDA) promosso dall’Unione, ha predisposto lo studio “Pooling Open Source
Software” sull’utilizzo di FLOSS nel settore pubblico europeo e sulla possibilità per questo di condividere risorse e sviluppare software collaborativamente portando a notevoli benefici economici. Nel 2003 IDA ha pubblicato le
“Linee guida per la migrazione verso il FLOSS” e successivamente altri studi
sul tema. È stato quindi realizzato l’Osservatorio Open Source (OSO) dedicato alle iniziative nel campo. Nel 2006 è stato realizzato il Repository del Software
Open Source (OSOR) il cui scopo è promuovere la collaborazione on line per
lo sviluppo di nuove applicazioni.
A partire dalle indicazioni fornite dalla Commissione europea, nei vari
programmi lanciati, particolare importanza assumono i progetti FLOSS,
anche nella valutazione. A titolo non esaustivo citiamo:
- eParticipation Work Program 2006 (Azione per promuovere lo sviluppo e l’uso delle ICT nel processo legislativo, negli ambienti governativi e parlamentari, con l’obiettivo di aumentare la partecipazione dei cittadini e ottenere una migliore legislazione) in cui si sottolinea l’importanza degli open
standard e delle componenti FLOSS;
- ICT Work Program 2007-2008 in cui si sponsorizza l’utilizzo di soluzioni FLOSS in particolare per una maggiore garanzia di interoperabilità.
Attraverso l’uso di FLOSS è possibile infatti realizzare nuove opportunità
per il mercato e sviluppare nuovi modelli di interazione;
- ICT Policy Support Programme Ict Psp Work Programme 2007 che ha
lo scopo di stimolare l’innovazione e la competitività per un miglior uso
dell’ICT per i cittadini, imprese e governi, con particolare attenzione all’efficienza e all’interoperabilità dei servizi di e-government. In questa ottica il pro-
F. Marzano, A.M. Buongiovanni / Storia dell'open source nella P.A. italiana
395
gramma mira a supportare azioni che definiscano standard aperti, specifiche
comuni aperte per documenti elettronici, interfacce aperte.
Vale la pena ricordare l’European Meeting on Open Source Software del 25 settembre 2003 in cui esponenti del mondo accademico e delle P.A. si sono
incontrati per discutere sui temi legati a FLOSS, dove è stata ribadita l’importanza di definire una politica comune da parte di tutti gli Stati membri per
l’incentivazione di questo mercato e si è giunti alla conclusione che l’Europa
dovrebbe definire una licenza per lo scambio di FLOSS e fare in modo che
tutte le P.A. pubblichino i documenti sui propri siti in un formato aperto.
Di particolare rilievo infine lo studio Economic impact of open source software
on innovation and the competitiveness of the ICT sector in the EU - Final report
Prepared on November 20, 2006 che rileva quanto sia alta la penetrazione di
FLOSS in Europa, malgrado lo sviluppo del software avvenga su base individuale. L’Europa è la prima regione in termini di sviluppatori FLOSS globally
collaborative, seguita dal Nord America.
FLOSS permette di creare nuovi posti di lavoro in accordo con le strategie
europee; è tuttavia necessario incentivare lo sviluppo di FLOSS attraverso
azioni e leggi che regolametino il settore, incoraggino partnership tra piccole,
medie e grosse imprese, permettano un trattamento finanziario agevolato
(FLOSS software contributions can be treated as charitable donations for tax purposes).
L’unità Software & Service Architectures and Infrastructures della Commissione
europea gestisce il sito Free and open source software che presenta le iniziative
lanciate nel campo FLOSS dalla Commissione.
4. GLI INDIRIZZI DELL’ITALIA
L’Italia, che si pone al quarto posto nel mondo per soggetti sviluppatori di
programmi FLOSS, ha da tempo iniziato il suo cammino per la sua adozione2.
Le prime iniziative di indirizzo si sono avute con i disegni di legge presentati al Senato dal sen. Fiorello Cortiana (febbraio 2002, “Norme in materia di pluralismo informatico, sulla adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella P.A.”), e alla Camera
dall’on. Pietro Folena (marzo 2002, “Norme in materia di pluralismo informatico e di incentivazione della diffusione del software libero”), con la finali-
2 A. CORRADINI, T. FLAGELLA, Il paradigma open source nel contesto dell’attuale modello di riuso
del software nella Pubblica Amministrazione Italiana, in http://api.ning.com/files/
mMDEj8oYIUo*CRGC8KvY5x8c*xK5PaHsFBV4hjLLsPU_/proprieta_oss.pdf.
396
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
tà di diffondere e sviluppare il software libero introducendo il concetto di
“diritto allo sviluppo portabile. Chiunque ha il diritto di sviluppare, pubblicare e utilizzare un software originale compatibile con gli standard di comunicazione e con i formati di salvataggio di un altro software, anche proprietario”.
Sulla scia di queste iniziative, il Ministro per l’innovazione e le tecnologie
(MIT) ha istituito la Commissione per il software a codice sorgente aperto
nella P.A. (decreto 31 ottobre 2002) con il compito di “esaminare gli aspetti
tecnici, economici ed organizzativi legati all’utilizzo dell’open source nella P.A.
analizzando le posizioni in materia dell’Unione europea, dei maggiori Paesi
industrializzati nonché degli operatori del mercato per fornire documentati
elementi di valutazione per le scelte e le strategie in materia delle P.A.”.
La Commissione, presieduta dal prof. Angelo Raffaele Meo, ha prodotto
la “Indagine conoscitiva sul software open source”, una prima analisi del contesto internazionale di applicazione del FLOSS, dei possibili criteri di valutazione per l’impiego di FLOSS nella P.A. e degli eventuali interventi sul piano
della normazione e sul piano organizzativo per l’adozione dello stesso. Le
proposte generate dall’indagine sono in sintesi le seguenti:
1. le P.A. non devono vietare né penalizzare l’utilizzo di pacchetti open
source: il criterio che deve valere al momento della selezione di una soluzione
software è quello del value for money;
2. i software custom (e le personalizzazioni) devono essere di piena proprietà (non necessariamente esclusiva) della P.A. I contratti di outsourcing devono includere opportune clausole di protezione;
3. è necessario sostenere e facilitare il riuso dei software custom di proprietà delle P.A. e la disseminazione dei risultati e delle best practice tra tutte le P.A.;
4. tutti i pacchetti proprietari acquisiti su licenza devono essere disponibili
per ispezione e tracciabilità da parte della P.A. Le P.A. devono essere tutelate nel
caso in cui un fornitore di pacchetti non sia più in grado di fornire supporto;
5. i sistemi informativi delle P.A. devono interagire attraverso interfacce
standard che non siano vincolate ad un unico fornitore;
6. i documenti delle P.A. sono resi disponibili e memorizzati attraverso
uno o più formati. Di questi almeno uno deve essere obbligatoriamente
aperto, mentre gli altri, se presenti, possono essere scelti a discrezione della
P.A. tra quelli aperti o proprietari;
7. il trasferimento del software custom e delle licenze dei pacchetti tra P.A.
deve essere libero da vincoli e favorito;
8. è opportuno definire linee guida, strumenti di pianificazione e servizi
di supporto ai processi di procurement di prodotti software nelle P.A. Ciò deve
F. Marzano, A.M. Buongiovanni / Storia dell'open source nella P.A. italiana
397
attuarsi attraverso la valorizzazione ed il potenziamento delle competenze e
delle risorse presenti sul territorio;
9. è necessario definire politiche di disseminazione per i progetti di ricerca e
innovazione tecnologica finanziati con fondi pubblici affinché vi sia maggiore
riuso dei risultati. La modalità open source può essere uno strumento utile da sperimentare per diffondere prodotti software innovativi risultanti da tali progetti.
Sulla base delle indicazioni contenute nell’indagine, il MIT ha emanato la
direttiva 19 dicembre 2003 “Sviluppo ed utilizzazione dei programmi informatici da parte delle P.A.” con l’intento di fornire alle P.A. “indicazioni e criteri tecnici e operativi per gestire più efficacemente il processo di predisposizione o di acquisizione di programmi informatici”, tenendo conto della disponibilità di FLOSS sul mercato. In base alla direttiva, le P.A. devono acquisire
programmi informatici dopo aver effettuato una valutazione comparativa di
tipo tecnico ed economico, tenendo conto anche del costo totale di possesso
(TCO) delle singole soluzioni e del costo di uscita, tra le seguenti soluzioni:
- sviluppo di programmi informatici ad hoc, sulla scorta dei requisiti indicati dalla stessa amministrazione committente;
- riuso di programmi informatici sviluppati ad hoc per altre P.A.;
- acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante
ricorso a licenza d’uso;
- acquisizione di programmi informatici a codice sorgente aperto;
- acquisizione mediante combinazione delle modalità precedenti.
In sede di scelta della migliore soluzione si tiene altresì conto del potenziale interesse di altre amministrazioni al riuso dei programmi informatici,
della valorizzazione delle competenze tecniche acquisite, della più agevole
interoperabilità.
La P.A. nell’acquisto dei programmi informatici dovrà privilegiare le soluzioni che tengono conto dei seguenti criteri tecnici:
- assicurare l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i diversi
sistemi informatici della P.A., salvo che ricorrano peculiari ed eccezionali esigenze di sicurezza e di segreto;
- rendere i sistemi informatici non dipendenti da un unico fornitore o da
un’unica tecnologia proprietaria;
- garantire la disponibilità del codice sorgente per l’ispezione e la tracciabilità da parte delle P.A. “ferma la non modificabilità del codice, fatti salvi i
diritti di proprietà intellettuale del fornitore e fermo l’obbligo dell’amministrazione di garantire segretezza o riservatezza”;
- esportare dati e documenti in più formati, di cui almeno uno di tipo aperto.
398
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
In merito all’analisi comparativa, il Centro nazionale per l’informatica nella
pubblica amministrazione (CNIPA) con le Circolari n. 44 del 5 ottobre 2004,
e n. 45 del 27 dicembre 2004, si è pronunciato sull’opportunità di prevedere,
nei bandi e capitolati di appalti pubblici per l’acquisizione di PC, oltre ai
necessari requisiti funzionali e qualitativi, anche i cosiddetti benchmark prestazionali, con i quali poter misurare in modo più obiettivo le prestazioni di desktop, notebook e server, indipendentemente dalle loro caratteristiche tecniche.
La direttiva interviene anche sulla proprietà dei programmi informatici: in
caso di programmi sviluppati ad hoc (custom), l’amministrazione committente
acquisisce la proprietà del prodotto finito, avendo contribuito con proprie risorse allo sviluppo. Le P.A. si devono assicurare “contrattualmente la possibilità di
trasferire la titolarità delle licenze d’uso dei programmi informatici acquisiti, nelle
ipotesi in cui all’amministrazione che ha acquistato la licenza medesima ne subentri un’altra nell’esercizio delle stesse attività; parimenti va contrattualmente previsto l’obbligo del fornitore di trasferire, su richiesta dell’amministrazione, senza
oneri ulteriori per l’amministrazione stessa, e salve eccezionali cause ostative, la
licenza d’uso al gestore subentrante, nel caso in cui l’amministrazione trasferisca
a terzi la gestione di proprie attività, ovvero l’obbligo di emettere, laddove possibile, nuova licenza d’uso con i medesimi effetti nei confronti del nuovo gestore”.
In merito al riuso, la direttiva esplicita inoltre che nei capitolati deve essere previsto che i programmi sviluppati ad hoc per la P.A. siano anche facilmente portabili su altre piattaforme.
Le indicazioni della direttiva sono state successivamente riprese dal
Codice dell’amministrazione digitale - CAD (d.lgs. n. 82/2005) che all’art. 69
recita: “Le pubbliche amministrazioni che siano titolari di programmi applicativi realizzati su specifiche indicazioni del committente pubblico, hanno
obbligo di darli in formato sorgente, completi della documentazione disponibile, in uso gratuito ad altre pubbliche amministrazioni che li richiedono e
che intendano adattarli alle proprie esigenze, salvo motivate ragioni” superando così la l. 24 novembre 2000, n. 340.
È interessante ricordare che l’art. 11 della l. 22 aprile 1941 n. 633 recitava “Alle amministrazioni dello stato, alle province ed ai comuni spetta il diritto di autore sulle opere create e pubblicate sotto il loro nome ed a loro conto
e spese. Lo stesso diritto spetta agli enti privati che non perseguano scopi di
lucro, salvo diverso accordo con gli autori delle opere pubblicate, nonché alle
accademie e agli altri enti pubblici culturali sulla raccolta dei loro atti e sulle
loro pubblicazioni”: volendo vedere il software come un’opera, la questione
sarebbe già stata risolta nel 1941.
F. Marzano, A.M. Buongiovanni / Storia dell'open source nella P.A. italiana
399
Il CNIPA, in attuazione della direttiva citata, ha costituito l’Osservatorio
Open Source per la rilevazione continua sull’uso di FLOSS presso le P.A. italiane da parte dello stesso CNIPA, rilevando, ad oggi circa 120 esperienze. Nel
maggio 2007 è stato presentato l’ambiente di sviluppo cooperativo, denominato ASC, realizzato nell’ambito dell’Osservatorio, che permette a P.A., attori di mercato ed enti provenienti dal mondo della ricerca, di collaborare allo
sviluppo di applicazioni FLOSS per le esigenze del settore pubblico.
Rappresentazione grafica degli articoli 68 - 70 del CAD
Nel 2004 è stato istituito presso il CNIPA un gruppo di lavoro che ha
prodotto le linee guida per la valutazione e l’adozione di FLOSS nella P.A. e
un progetto di massima di un Centro di competenza nazionale in materia di
FLOSS che “si pone come struttura essenziale per il conseguimento degli
400
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
obiettivi, configurandosi non solo come distributore, ma soprattutto come
punto di riferimento e collettore di contributi della comunità – alla stregua
di quanto già realizzato in numerosi paesi membri dell’UE”.
Anche il Governo Prodi ha visto nel FLOSS una priorità di sviluppo.
Nell’ambito della riorganizzazione, è stato infatti istituito, presso il Dipartimento
per l’innovazione e le tecnologie (DIT) della Presidenza del Consiglio dei Ministri
l’Ufficio studi e ricerche per l’innovazione digitale che “promuove, coordina ed
effettua studi sull’evoluzione delle tecnologie digitali individuandone le aree di
applicazione nel settore pubblico e produttivo; provvede a sviluppare e mantenere contatti con il mercato dei fornitori di tecnologie ICT, curando priorità quali
l’open source, la multimedialità, e le tecnologie di accesso ai servizi e compie azioni di promozione e sviluppo delle tecnologie innovative sul territorio”.
Inoltre la legge finanziaria 2007 (23 dicembre 2006, n. 296), ai co. 892 e 895,
prevede 30 milioni di euro per il sostegno agli investimenti per l’innovazione
negli enti locali con priorità a chi utilizza o sviluppa applicazioni FLOSS.
Uno degli obiettivi strategici per lo sviluppo dell’e-government in Italia,
(“Verso il sistema nazionale di e-government, Linee Strategiche”) è dedicato alla
diffusione di soluzioni FLOSS: “Creare un ambiente favorevole alla competitività delle imprese e dare impulso alla crescita dell’industria ICT, promuovendo un ruolo di “procurement strategico” da parte della P.A., un innalzamento della qualità della domanda di tecnologie e servizi innovativi, incrementando la diffusione e la utilizzazione di soluzioni Open Source”. Il Governo si impegna inoltre a “incentivare e sostenere presso le community Open Source lo sviluppo di applicativi software progettati per i disabili” e a sostenere la produzione
di software valorizzando il FLOSS. “Deve essere condotta un’azione di supporto alla produzione di software, incentrata sulla promozione, incentivazione
e sostegno all’innovazione di prodotto, anche attraverso la qualificazione della
domanda e l’integrazione tra la rete delle conoscenze e il mondo produttivo.
In tale contesto, vanno valorizzati anche approcci di tipo open source, promuovendo iniziative di gestione, scambio di esperienze e sviluppo collaborativo tra
P.A., centrali e locali”. “Per utilizzare tutte le leve dello sviluppo vanno valorizzati anche approcci di tipo open source attraverso la promozione di iniziative
di gestione, scambio di esperienze e sviluppo collaborativo tra P.A. (sia centrali che locali), e la diffusione della conoscenza in materia di open source”.
Tra le attività previste dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella P.A.
per lo sviluppo della SdIC e dell’e-government, un intervento è dedicato allo sviluppo del FLOSS: interoperabilità, open standard e FLOSS sono riconosciuti
come gli elementi per lo sviluppo di un mercato dinamico aperto anche alle pic-
F. Marzano, A.M. Buongiovanni / Storia dell'open source nella P.A. italiana
401
cole realtà imprenditoriali. Il DIT intende partecipare attivamente alla discussione in atto sul FLOSS e ha a tal proposito lanciato un intervento che mira a:
- rendere la P.A. un consumatore intelligente e attento di FLOSS:
- i. definendo delle “linee guida” per i responsabili IT delle P.A. da applicare durante la ricerca/valutazione/selezione di soluzioni OS (es: durante la
stesura dei capitolati di gara), affinché possano sfruttare pienamente i possibili vantaggi dell’OS prendendo in considerazione le offerte del mercato”;
- ii. identificando e formalizzando “le esigenze della P.A. in termini di
documentazione di supporto sull’OS (guide utente, analisi dei requisiti, test,
scenari operativi, etc.) facilitando i responsabili IT nel processo di decisione,
nonché influenzare il mercato verso una proposta di soluzioni di maggiore
qualità e più rispondenti alle esigenze”;
- studiare nuovi modelli di business;
- migliorare il supporto alle P.A.;
- migliorare la conoscenza sul fenomeno FLOSS;
- avere parte attiva nel contesto europeo e internazionale.
Infine, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella P.A. ha nominato nel
giugno 2007 una nuova Commissione per il software a sorgente aperto open source composta da sedici membri, col compito di “definire le linee guida operative
perché le P.A. possano diventare consumatori attenti e intelligenti di soluzioni
open source, in un’ottica di interoperabilità e riuso del software”. La Commissione
ha consegnato consegnato al Ministro nell’aprile 2008 la propria relazione.
5. GLI INDIRIZZI DI REGIONI ED ENTI LOCALI
Parallelamente al consolidarsi di una serie di indirizzi comunitari e nazionali, sul tema dell’introduzione del FLOSS nella P.A. vi è stato un significativo attivismo da parte di Regioni ed enti locali, che in molti casi hanno preceduto le normative nazionali con propri atti e sopratutto hanno avviato
esempi concreti di sperimentazione “sul campo”.
Già nel marzo 2003 il primo convegno nazionale su “Open Source e
Pubblica Amministrazione”, organizzato dalla Provincia di Pisa, ha segnalato l’attenzione delle amministrazioni locali al tema, sia sul piano dell’innovazione normativa, sia su quello degli interventi operativi. Negli anni successivi l’evento è stato replicato con il nome di “SALPA - Saperi Aperti e Liberi
per la Pubblica Amministrazione”.
L’interesse degli enti locali non è però rimasto limitato al piano della comunicazione e dei convegni. Un primo esempio può essere costituito ancora una
volta dalla Provincia di Pisa, che nel corso del 2003 ha assunto due delibere di
402
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
indirizzo, finalizzate a favorire il riuso e l’adozione di FLOSS da un lato, all’adozione di formati aperti dall’altro; questi atti in particolare, che hanno aspetti che saranno replicati da altre amministrazioni locali, prevedono:
- la pubblicazione di un repository del software riusabile ai sensi dell’art. 25
della l. n. 340/2000;
- la promozione dell’utilizzazione di FLOSS, anche attraverso la previsione esplicita nei futuri capitolati di gara di clausole volte ad assicurare l’adozione di licenze libere;
- l’adozione di formati aperti e di strumenti per la conversione in formati aperti della documentazione elettronica pubblicata dall’amministrazione;
- la disseminazione di queste pratiche presso gli enti del territorio.
Nello stesso periodo altre amministrazioni locali, da quelle maggiori come
il comune di Bologna e la provincia di Roma, a quelle di piccoli centri, come i
comuni di Argenta e di Guidonia, si sono dotati di strumenti normativi e programmatici volti all’introduzione (in alcuni casi sperimentale e limitata, in altri
decisamente massiccia) di FLOSS; questi enti anticipano e traducono almeno
parzialmente in comportamenti concreti ed operativi gli indirizzi che contemporaneamente vengono dibattuti in seno alla prima Commissione Meo.
Anche le Regioni intervengono sul piano legislativo, che è loro proprio
dopo la riforma del Titolo V della Costituzione (e nonostante proprio sul
tema della società dell’informazione vi siano stati alcuni conflitti di ordine
costituzionale tra Stato e Regioni). In particolare la prima legge regionale sull’amministrazione elettronica e sulla SdIC è stata quella della Regione
Toscana (l.r. n. 1/2004), alla cui elaborazione diede un contributo decisivo
Isabella D’Elia. Tale legge indica così le proprie finalità:
- favorire il processo di innovazione organizzativa e tecnologica delle P.A. del
territorio regionale in un contesto organizzato di cooperazione istituzionale;
- promuovere lo sviluppo della SdIC in ambito regionale a fini di progresso sociale e miglioramento della qualità della vita, favorendo la realizzazione personale e professionale nonché forme di cittadinanza attiva;
- rimuovere e prevenire gli ostacoli che di fatto impediscono la piena parità di accesso alle informazioni e alle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, tenendo conto in particolare delle situazioni di disabilità,
disagio economico e sociale e diversità culturale.
In sintesi la legge, ispirandosi a principi conformi a quanto suggerito
dall’Unione europea, mira – tramite un sistema di governance partecipativa –
allo sviluppo coordinato ed alla valorizzazione dei sistemi e del patrimonio
informativo pubblico. È a tal fine che prevede l’utilizzazione di standard infor-
F. Marzano, A.M. Buongiovanni / Storia dell'open source nella P.A. italiana
403
mativi e documentali aperti e la promozione, il sostegno e l’ “utilizzo preferenziale di soluzioni basate su programmi con codice sorgente aperto, in osservanza del principio di neutralità tecnologica”. Al FLOSS la legge riconosce anche
una funzione specifica nell’educazione dei cittadini all’uso consapevole del patrimonio informativo e della rete e nella realizzazione di strumenti di inclusione
sociale.
La Regione Toscana ha successivamente approvato, in coerenza con le
finalità e i principi della l.r. n. 1/2004, interventi per lo sviluppo di FLOSS
all’interno del “Programma regionale per la promozione e lo sviluppo dell’amministrazione elettronica e della società dell’informazione e della conoscenza nel sistema regionale 2007-2010”, in particolare attraverso la costituzione di un Centro di competenza sul FLOSS, che rappresenta una “condizione indispensabile per proseguire efficacemente nei percorsi sul riuso, sul
software libero e su i sistemi aperti, nonché sulla compliance delle applicazioni e delle soluzioni, per la promozione delle tecnologie emergenti e per la
definizione degli scenari di sviluppo in materia di ICT”.
La Regione Emilia-Romagna, tra le più attive nel campo del FLOSS (molti
progetti lanciati dagli enti regionali quali SIGMATER, Sebina Open Library
e Sebina Open Search, Partecipa.net si basano su piattaforme tecnologiche
sviluppate in FLOSS) ha approvato la propria legge regionale (l.r. 1/2004)
sullo “Sviluppo Regionale della Società dell’Informazione” pochi mesi dopo
la Toscana. Si tratta di un testo assai diverso da quello toscano, volto alla definizione delle regole e dei rapporti interistituzionali per lo sviluppo regionale
della SdIC e per l’interoperabilità dei sistemi informativi pubblici. In questo
ambito, anche la legge regionale emiliana sottolinea la necessità di assicurare
l’interoperabilità, l’accessibilità e la disponibilità dei dati attraverso l’uso di formati di dati e protocolli di comunicazione conformi a standard liberi e/o
aperti. Rispetto all’adozione di FLOSS, la legge emiliana si differenzia da quella toscana per una maggiore enfasi sul principio di neutralità tecnologica, alla
ricerca dell’ “impiego ottimale sia del software a sorgente aperto che di quello
a sorgente chiuso nella P.A.”. Nell’ambito delle strutture regionali, la funzione di programmazione, sviluppo e coordinamento incardinata nella direzione
generale competente, ha come compito, tra gli altri, di “programmare l’introduzione del FLOSS e l’uso di formati di dati e protocolli di comunicazione
aperti e/o liberi e degli standard indicati dagli enti internazionali preposti”.
In coerenza con le finalità e i principi della legge regionale, la Regione
Emilia-Romagna ha previsto interventi per lo sviluppo di FLOSS nelle
“Linee guida del piano telematico regionale 2007-2009 (PITER)”, con parti-
404
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
colare riferimento all’utilizzo di FLOSS nei servizi per l’educazione e nei servizi per la sanità, all’interconnessione tra LEPIDA (rete telematica regionale), Rete delle scuole e GARR con tecnologie FLOSS, all’incentivazione all’adozione di FLOSS nelle P.A. locali.
A distanza di due anni dalle leggi dell’Emilia-Romagna e della Toscana, anche
l’Umbria ha approvato la propria normativa in materia, la legge regionale 25
luglio 2006, n. 11, “Norme in materia di pluralismo informatico, sulla adozione
e la diffusione del software a sorgente aperto e sulla portabilità dei documenti
informatici nell’amministrazione regionale”. A differenza delle precedenti, questa
legge riporta già nell’intestazione i concetti di pluralismo informatico, software a
sorgente aperto e portabilità dei documenti informatici nell’amministrazione
regionale. Essa prevede in particolare di “incentivare la diffusione e lo sviluppo
del software a sorgente aperto, con particolare riferimento agli enti locali e agli enti
pubblici dell’Umbria, in considerazione delle sue positive ricadute sullo sviluppo
della ricerca scientifica e tecnologica e sulla riduzione dei costi per l’acquisto delle
licenze”. La scelta preferenziale per il FLOSS si sostanzia nell’obbligo per la
Regione di “utilizzare programmi per elaboratore a sorgente aperto per la diffusione in formato elettronico di documenti soggetti all’obbligo di pubblica esposizione nonché per garantire il diritto di accesso mediante scambio di dati in
forma elettronica”; è anche di grande rilievo la previsione di un programma
annuale finalizzato alla promozione di progetti FLOSS, da realizzare tramite il
Centro di competenza costituito presso il Consorzio SIR Umbria (il soggetto
pubblico titolare dello sviluppo del Sistema informativo regionale).
La legge regionale umbra ha fatto da modello per una serie di disegni di
legge regionali tutt’ora in corso di approvazione, in particolare nelle Regioni
Friuli-Venezia Giulia e Campania (dove per l’iter di predisposizione della normativa è stato sperimentato un modello partecipativo basato sull’uso di wiki,
in una logica fortemente open content). Presso il Consiglio della Regione
Lombardia un progetto di legge che ripercorre le stesse linee essenziali è
stato presentato su iniziativa di due consiglieri regionali.
In Piemonte, per converso, le pubbliche amministrazioni, pur avendo percepito a diversi livelli le opportunità offerte dallo sviluppo del FLOSS per la P.A.,
hanno per lo più preferito non ricorrere all’adozione di normative, preferendo
percorrere la strada della realizzazione di applicazioni concrete e di strumenti
condivisi tra più enti sulla base di licenze libere e di uno sviluppo finanziato in
parte dalla mano pubblica, ma con l’obiettivo di far nascere una community di sviluppatori capace di autosostenersi attraverso il ricorso al mercato. Questo atteggiamento si fonda sulla convinzione che il FLOSS offre ormai soluzioni di otti-
F. Marzano, A.M. Buongiovanni / Storia dell'open source nella P.A. italiana
405
ma qualità con costi di supporto pari ad un decimo di quelli proprietari. Per questo motivo il FLOSS è una leva strategica per incrementare le competenze IT e
fornire un vantaggio competitivo il sistema delle imprese piemontesi.
Al centro di questa strategia guidata dalla Regione Piemonte e dalla città
di Torino è l’attività di CSI Piemonte, il consorzio pubblico per il sistema
informativo regionale, che ha avviato tanto il riuso quanto la realizzazione exnovo di soluzioni OS sia a livello applicativo che di piattaforme trasversali,
favorendo la ricaduta del know-how tecnologico sopratutto sulle PMI piemontesi. Ciò in particolare si evidenzia con la realizzazione della piattaforma
applicativa OASI (Open Available Secure Integrated), che diventa lo strumento di
diffusione di tecnologia e conoscenze, ma anche di partecipazione e di accreditamento del Consorzio e delle imprese piemontesi alle comunità di sviluppo FLOSS più rilevanti sul piano internazionale.
Complessivamente il sistema delle Regioni e delle autonomie locali si è
dimostrato sensibile al tema del FLOSS, tanto con interventi di carattere
normativo, quanto con effettive realizzazioni concrete, i cui primi effetti si
stanno dispiegando proprio in questo torno di tempo. Si tratta di un fenomeno tanto più significativo in quanto da un lato coincide con una fase di
notevole riduzione delle capacità della finanza locale, dall’altro si manifesta
in assenza di una politica nazionale univoca e incisiva sul tema.
6. CONCLUSIONI
Le raccomandazioni contenute nelle normative europee, nazionali e
regionali non vogliono imporre l’adozione di una determinata tecnologia,
avendo invece come unico obiettivo quello di garantire l’interesse pubblico.
I livelli centrale e regionale hanno quindi un ruolo di supporto per diffondere le buone prassi in campo FLOSS, coordinare progetti di ampio respiro, supportare gli enti e le imprese nell’adozione e nella migrazione al
FLOSS e diffonderne la cultura.
Il processo di transizione da software proprietario a FLOSS deve partire
dal basso per coinvolgere tutti i livelli e soprattutto deve essere supportato
da chiari e forti indirizzi politici.
Gli obiettivi che la normativa in materia di FLOSS si propone sono:
- sviluppo delle condizioni di vita dei cittadini attraverso un più facile e
diffuso accesso alla conoscenza;
- diminuzione del divario digitale fra cittadini;
- garanzia del pluralismo informatico;
- protezione dei nuovi diritti dei cittadini (possibilità di tutti di accedere e
406
Parte terza / Nuove tecnologie e pubblica amministrazione. Profili teorici e applicativi
utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione);
- garanzia di accesso alle informazioni senza discriminazioni ;
- conservazione delle informazioni nel tempo;
- controllo della spesa pubblica;
- sviluppo economico e sociale del territorio;
- stimolo della competitività.
I governi locali e nazionali, pur nella consapevolezza che l’adozione di
FLOSS non rappresenta un cambiamento del tutto indolore, devono orientare le proprie politiche in materia tenendo conto dell’eventuale risparmio di
costo per le licenze e analizzando la possibilità di creare valore economico,
sociale e politico, oltre che cultura per i propri territori.
I vantaggi economici si rilevano solo nel lungo periodo come ben si comprende sfruttando la metafora del “buon padre di famiglia”, citata dal consigliere
Saponaro in occasione della presentazione del disegno di legge presso il Consiglio
della Regione Lombardia: “chi paga il mutuo per lasciare domani una casa di proprietà al figlio”, ovvero investire in FLOSS oggi porta benefici domani.
Si deve comunque osservare che l’introduzione del FLOSS nelle pubbliche
amministrazioni italiane non ha ancora raggiunto una massa critica. Certo, le
iniziative normative dei diversi livelli istituzionali hanno creato un quadro più
favorevole e le sperimentazioni effettuate sopratutto a livello locale hanno dato
spesso risultati interessanti sia sul piano della razionalizzazione della spesa, sia
su quelli dei benefici di sistema. Non vi è ancora stata tuttavia la capacità di tradurre questi interventi e queste buone pratiche in un sistema coerente ed esteso (quale quello che ad esempio è stato adottato dalla Regione Extremadura),
capace per la sua stessa dimensione di modificare in profondità il contesto di
sviluppo dell’ICT pubblica in Italia. È purtroppo un limite generale dello sforzo fatto negli ultimi anni per l’innovazione tecnologica della P.A. italiana, che
ha prodotto in molti casi risultati di buon livello, ma non è riuscito a generare
un cambiamento diffuso e pervasivo, tale da far percepire un vantaggio significativo ai cittadini nei loro rapporti con la P.A. stessa.
È per questo che riteniamo necessaria – accanto alla prosecuzione dell’impegno delle Regioni e degli enti locali per l’inquadramento normativo e
legislativo degli interventi a favore dello sviluppo della SdIC – una forte
ripresa delle politiche nazionali in favore del FLOSS (e dello sviluppo dell’amministrazione elettronica in generale), a partire da una revisione e un
aggiornamento della direttiva (dicembre 2003) e del Codice dell’amministrazioni digitale alla luce dei cambiamenti di questi ultimi anni.