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2020, Colombo, Paolo, "L’enumerazione satirica nei Paralipomeni leopardiani" in PER LEGGERE, v. 39 - autunno 2020, (2020), p. 79-95
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Il contributo indaga l'incidenza del procedimento stilistico dell'enumerazione all'interno dei Paralipomeni di Giacomo Leopardi. A partire dal censimento delle occorrenze, esteso anche alla coeva produzione poetica e prosastica dell'autore, lo studio ambisce a ricostruire e contestualizzare le specifiche applicazioni di una strategia retorica che attraversa il poemetto nella sua interezza, avanzando alcune ipotesi sulle possibili finalità del suo impiego. This paper examines the incidence of enumeration in Giacomo Leopardi's Paralipomeni. Moving from a survey on single occurrences to a broader view of the author's coeval works in both prose and poetry, the study aims to outline the effective applications of a stylistic strategy common to the entire poem, and to develop hypotheses on its possible purposes.
vol. del progetto editoriale da determinare, Limina Mentis Editore, Villasanta; consegnato, e accettato per la pubblicazione con la conferma dell’Editore
Lo spunto per l’articolo è tratto dall’utilizzo dell’espressione programmatica 'favola di vita', posta significativamente ad incipit e a incorniciare circolarmente il testo diaristico profilato in "Quasi una vita", già di memoria leopardiana (poiché attestata nelle "Operette morali"), e intesa ad alludere alla maniera in cui nella narrazione viene messo in atto il dinamismo tra veridicità e finzione. Mentre la costruzione del primo giornale alvariano si avvia in tal senso con una constatazione sulla scarsezza dell’elemento mitopoietico, in consonanza con il principale ruolo testimoniale, dall’ulteriore ricorrenza di questa categoria nozionale si evince invece una rinnovata disponibilità a potenziare miticamente il senso del vissuto. Così viene tratteggiato il tema del leopardismo letterario dello scrittore calabrese, presentandone alcuni tratti particolarmente determinanti. Anche dal punto di vista formale, i diari di Alvaro in cui si persegue l’obiettivo di inquadrare i minimi fatti ritenuti di primaria importanza e circoscrivibili per lo più all’ambito civile, si situano sulla scia dello "Zibaldone di pensieri", in quanto uno dei modelli per quel che pertiene all’articolazione del discorso e alla fondamentale maniera in cui vi è intrapresa un’analisi poetologica e speculativa.
Belfagor, 1994
materna mano / della natura [... ] di quella / che per uccider partorisce», cosí aveva scritto Leopardi sull'autografo delle Ricordanze (Recanari, 1829); poi cancel~o. La durissima sentenza si ritrova nel!' abbozzo dell' inno Ad Arz'mane, che, 5teso dal poeta in una data incena e 2.bbandonah in tronco, esordisce cosí: Re delle cos: , autor del mondo, arcana Malvagid., sommo potere e ,omma Inrelligenza, eterno Dator de' mali e reggitor del moto, ío non so 5e questo ti faccia felice, ma mlfa e godi ee. contemplando eternam. ee. produÚone e distmÚone ee. per uecider partorisee ee. [... ] (corsivi míei). Infine il brandello LaVO pasto nella camone Sopra un basso r!llevo ,:ntieo sepa/ende (ed. Starita, 1835), al cui verso 47 si Iegge: «che per ucci r1 er partorisci e nutrí». La coincidenza col precedente 'arimanico' non mancó di venir segnalata dai commematorl, mentre sulla variante 'clandestina' delle Rieordanze e caduto uno suano silenzio l. Sumo-pare-ji frome a un lapsus freudiano o a un caso di smar-1 fa eccezione il commen,o ai Can!z a cura di Giuseppe e Domenico De Robn-(15, MiJa:'o. Mondadori. 1987. Spena iovecc a Mario Mani i1 meriw di avervi farro una piú imporcance rvoziooe (cfr. MARlOMARTT. [ templ dd/'u!tÚno Leupardl, G,,'atina. COl1fedo edirore, 1088. p. ()-t) come piCzza d'appoggío pec discutere la tesi di Umberco Bosco secondo cui ['Inno Ad A •i7?wne-arebbe il termine post quem della prima Sepolcrale; le medesimc posizioni sano sta re ribadire dallo stesso swdioso in una brtvt.: replica ad un mio scrÍllO sull'argomcnro (cfr. MARro MtRTI, «. Che ter Zlcáder /J;Trtor¡sce ». Leopardl. "Cantl». XXX, 47. « GlOL1ale :;torie(' della letterawra ital lana >'. \0[ CLXX. fase. 549, 1<)')', pp 106-109). Ma, mentre la quesriooc cronologica non
Italica Belgradensia, 2022
Nel presente contributo viene esaminato un aspetto stilistico-semantico della prosa dello Zibaldone di pensieri di Giacomo Leopardi-le dittologie. Un particolare esempio-ovvero l'analisi delle dittologie con la parola barbaro/barbarie come uno degli elementi-mostra come il sistema filosofico-moralistico di Leopardi sia indissolubilmente legato alle sue scelte linguistico-stilistiche. L'ambiguità del sistema aperto e sempre in fieri viene creato anche in virtù allo stilema in questione, ricorrente nella prosa frammentaria del recanatese. Anche le dittologie mettono in dubbio e relativizzano alcuni dei concetti chiave del pensiero leopardiano, grazie alla loro struttura bipartita, sintetica e analitica nello stesso tempo. Nelle coppie sinonimiche, ogni elemento ottiene il proprio valore semantico in base al contesto e, innanzitutto, in base al secondo termine a cui è accoppiato. Pertanto, anche l'analisi del concetto in questione all'interno delle coppie sinonimiche mostra che barbaro/barbarie ha valore semantico ambiguo, a volte persino contraddittorio, mettendo in dubbio addirittura altri concetti fondamentali della filosofia creata da Leopardi, quali la natura e la civiltà.
Pur essendo il Conte Leopardi poeta di scenari naturali rivisitati idillicamente e melanconicamente dalla sua profondissima immaginazione e la sua lirica contornata di domande scaturite dalle proprie riflessioni esistenziali che affranto pone e si pone, e che sa che non potranno avere mai risposta, spesso (specialmente da parte di chi non conosce bene la sua figura) si dimentica come Egli fosse anche poeta dalle sfaccettature più 'pepate' verso certi atteggiamenti del suo tempo, se non in taluni casi sferzanti: si pensi alle sue prime produzioni, le cosiddette 'canzoni patriottiche', scritte da non ancora maggiorenne e nelle quali con linguaggio aulicissimo (e se si può dire pomposo) scrive «Perché, perché? dov'è la forza antica, / Dove l'armi e il valore e la costanza? / Chi ti discinse il brando? / Chi ti tradì? qual arte o qual fatica / O qual tanta possanza / Valse a spogliarti il manto e l'auree bende? / Come cadesti o quando / Da tanta altezza in così basso loco? / Nessun pugna per te? non ti difende / Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo / Combatterò procomberò sol io. / Dammi, o ciel, che sia foco / Agl'italici petti il sangue mio» 1 , criticando in tal modo i soldati italiani impiegati in altre guerre completamente estranee alla situazione italiana; oppure, quasi in odor di blasfemia dichiara, attraverso il tramite della grande figura di Bruto, «A voi, marmorei numi,/ (Se numi avete in Flegetonte albergo / O su le nubi) a voi ludibrio e scherno / è la prole infelice / A cui templi chiedeste, e frodolenta / Legge al mortale insulta. / Dunque tanto i celesti odii commove / La terrena pietà dunque degli empi / Siedi, Giove, a tutela? e quando esulta / Per l'aere il nembo, e quando / Il tuon rapido spingi, / Ne' giusti e pii la sacra fiamma stringi» 2 , con cui inizia a denunciare l'assoluta indifferenza degli esseri superiori alla sofferenza e alla giustizia umana.
Paralipomeni dell’Epistolario, pp. 1-128, full text., 2022
Dal 1998 ad oggi – ossia da quando usufruiamo di una nuova edizione dell’Epistolario di Giacomo Leopardi, comprensiva dei corrispondenti, spesso è capitato, frequentando il web, d’imbattersi in novità e aggiornamenti alla raccolta di lettere d’ambito leopardiano, che meritavano un cenno, a volte correggendo, a volte annotando quanto non ancora noto. In questa ricerca hanno assunto un ruolo di rilievo le case d’aste, che negli ultimi vent’anni hanno offerto diverse novità in fatto d’autografi, non sempre, purtroppo, aggiudicati a luoghi consoni a conservazione e consultazione. Bontà loro, allegando spesso congrua descrizione, e riproduzioni fruibili. Rari gli inediti, piú spesso autografi che suggeriscono lezioni piú prossime all’originale, che, salvo rare eccezioni, poco modificano il senso delle edizioni vulgate. Occorrerebbe però chiarire il ruolo, all’interno dell’Epistolario, di Paolina Leopardi e Antonio Ranieri, ché chiaro non è affatto, sia come mittenti che riceventi: alcune lettere sono canoniche – vale a dire comprese nelle edizioni da decenni – altre non mai considerate, altre ancora poco note, o perfino ignorate.
Matr. N59/317 2 INDICE Introduzione………………………………………………………………….. pag. 1 CAPITOLO PRIMO Per una preistoria del lucianismo leopardiano " 4 CAPITOLO SECONDO Verso le Operette: la deviazione etico-sociale delle «prosette satiriche» " 10 CAPITOLO TERZO Il lucianismo delle Operette morali " 21 1. La libertà strutturale delle Operette " 23 2. La mitologia tra riduzione comica e ricerca di verità " 26 3. Il dialogo lucianeo: tradizione e innovazione " 33 4. Il comico lucianeo e il ridicolo delle Operette " 38 5. Altre tracce " 49 Bibliografia " 61 1 Introduzione La fortuna critica del Leopardi prosatore ha attraversato momenti poco felici prima di giungere alle piuttosto recenti rivalutazioni che hanno talvolta minato quell'antico primato, di matrice crociana oltreché desanctisiana, del poetico leopardiano, che ha certamente qualcosa a che fare con la tradizione letteraria italiana e con le sue predilezioni ben note. Se la dilemmatica contraddizione tra «cuore» e «intelletto» indusse il De Sanctis a giudizi severi nei confronti delle Operette, il Vossler, autore di una delle più rilevanti monografie scritte sul recanatese fino agli anni '30, non fu meno duro giungendo persino a considerarle «una deviazione accessoria» 1 . Un primo passo fu la ricostruzione operata da Gentile, indirizzata alla dimostrazione di un'unità artistica e spirituale insita nelle Operette; bisogna, però, attendere le pagine del De Robertis per assistere ad una decisiva riconsiderazione della loro poeticità, che è da iscriversi nel clima anti-romantico «rondista». Il Fubini, nel saggio introduttivo alla sua edizione delle Operette (1933), tenta di far luce sulla condizione spirituale da cui si genera la prosa leopardiana e la individua nel «momento in cui nella speculazione del Leopardi riaffluisce […] il suo 1 K. Vossler, Leopardi, Napoli, Ricciardi, 1925, p. 311. 2 sentimento» 2 , aprendo la strada alle successive indagini del Bigi sul valore poetico intrinseco alle Operette. Quest'ultimo reinterpreta quell'attenuazione dell'affetto di cui parlava Fubini, intendendola come pura variazione del tono poetico, anziché come limitazione di poesia. In seguito alla cosiddetta svolta del '47, icastica denominazione con cui si fa riferimento agli storici saggi di Binni e Luporini che hanno senza dubbio inaugurato un nuovo modo di accostarsi al Leopardi, hanno visto la luce diverse ricostruzioni orientate a ridefinire i confini della «protesta» leopardiana, anche sulla base di una diversa lettura del contenuto ideologico delle Operette 3 . I successivi interventi hanno, per così dire, dimostrato di aver assorbito tale lento processo di riappropriazione del Leopardi prosatore, rendendo possibile la focalizzazione di taluni aspetti in precedenza trascurati. Tra questi la caratterizzazione lucianea della satira leopardiana ha avuto diversi sostenitori negli ultimi decenni: il primo contributo sistematico di rilievo è del Mattioli 4 , il quale 2 G. Leopardi, Operette morali, a cura di M. Fubini, Torino, Loescher, 1973, p. 16. 3 Il riferimento è al volume di Sergio Campailla (La vocazione di Tristano. Storia interiore delle «Operette morali», Bologna, Pàtron, 1977) e all' Introduzione di Cesare Galimberti al suo commento delle Operette morali (Napoli, Guida, 1998 5 ). 4 E. Mattioli, Leopardi e Luciano, in Leopardi e il mondo antico. Atti del V Convegno internazionale di studi leopardiani (Recanati 22-25 settembre 1980), Firenze, Olschki, 1982. 3 ripercorre le tappe della conoscenza di Luciano da parte di Leopardi e analizza la portata dell'influenza di Luciano sulle Operette. Altri studiosi hanno rilevato le presenze lucianee nell'ambito di considerazioni sull'ironia e sul comico leopardiani: il Dotti giunge a definire Leopardi «il Luciano del secolo decimonono» 5 , ma a constatazioni simili giungono anche Scheel, Sconocchia e Sangirardi. Quest'ultimo ha costruito la sua indagine critica sulle Operette, lette come testo che si origina dal distanziamento del proprio dramma e dalla mortificazione del desiderio, a partire proprio dall'esame del rapporto con Luciano 6 . Ecco che lo studio dei tempi e delle modalità delle sollecitazioni lucianee accolte dal Leopardi prosatore trova la sua ragion d'essere, in quanto concede la possibilità di approfondire le scelte e i ripensamenti che stanno alla base di quel libro aristocratico e complesso, che il suo stesso autore ammise di amare dicendolo «più caro dei miei occhi» 7 . 5 U.Dotti, Riflessioni sul comico e sull'ironia leopardiana, in Il riso leopardiano. Comico, satira, parodia. Atti del IX Convegno internazionale di studi leopardiani (Recanati 18-22 settembre 1995), Firenze, Olschki, 1998, p. 3. 6 G. Sangirardi, Il libro dell'esperienza e il libro della sventura. Forme della mitografia filosofica nelle «Operette morali», Roma, Bulzoni, 2000. 7 Lettera ad Antonio Fortunato Stella del 12 marzo 1826, in G. Leopardi, Tutte le poesie e tutte le prose, a cura di L.Felici e E.Trevi, Roma, Newton Compton, 2007, p. 1312. 4 Capitolo primo Per una preistoria del lucianismo leopardiano Uno dei primi testi leopardiani in cui compare il nome di Luciano è il Dialogo filosofico sopra un moderno libro intitolato «Analisi delle idee ad uso della gioventù», lavoro giovanile risalente al 1812, in cui un Leopardi appena quattordicenne confuta l'opera del barnabita Mariano Gigli e si oppone alla sua opinione relativa al libero arbitrio. In sostanza quello che ci interessa di questo breve opuscolo è la scelta della forma dialogica, motivata dall'autorità di alcuni modelli esemplari nella tradizione di questo genere: Fra tutti i componimenti di diverso genere elessi il dialogo, come quello che sembrommi assai acconcio ad ammollir la materia per se stessa aspra, e scabrosa, e render le ragioni e gli argomenti più intelligibili e chiari. Gravissimi scrittori han fatto uso del dialogo: fra gli antichi Platone, Plutarco, Marco Tullio Cicerone, Fabio Quintiliano, Luciano Samosatense, S. Giustino filosofo e martire, S. Gregorio Magno papa, e trà i moderni Addisson, Regnault, Fontenelle, Courcillon di Dangeau, Fenelon, Pluche, Algarotti, Roberti, Muzzarelli, ed altri molti scrisser dialoghi. Mosso dall'autorità di tutti cotesti luminari delle scienze, preferii il dialogo ad ogni componimento di diverso genere 8 . 8 G.Leopardi, Tutte le poesie e tutte le prose, cit., p. 734. 5 Il Dialogo, al di là dell'impostazione generale, che ha un sapore ancora scolastico, possiede una duplice valenza: costituisce un primitivo esperimento intorno alla struttura e alle tematiche di una "operetta morale" e, soprattutto, rappresenta il primo momento in cui Leopardi riconosce in Luciano, e in altri autori che pure avranno una parte considerevole nella scrittura leopardiana, un rassicurante modello di genere. Nella Storia dell'astronomia, che è del 1813, la presenza dello scrittore greco si amplia, ma solo per il numero dei riferimenti presenti in quest'opera compilatoria ed enciclopedica. Leopardi si serve di Luciano come di un repertorio di notizie biografiche, storiche, archeologiche e pseudo-astronomiche: lo menziona per provare l'identificazione tra Astarte e la Luna, per confermare la longevità di questo o di quel personaggio, per definire l'antica credenza sulla fame e la sete degli astri. Dunque attinge all'opera lucianea in base ad un «uso umanistico» 9 che, d'altronde, contraddistingue l'intera Storia dell'astronomia, lavoro imponente di erudizione e frutto di impazienza giovanile. Tuttavia è degno di considerazione che Leopardi ponga, in appendice al suo testo, un elenco delle opere utilizzate per la stesura della Storia, e che alla voce «Lucianus Samosatensis» compaiano ben sette titoli: Icaromenippus, sive Hypernephelus, De Astrologia, Iudicium vocalium, De Syria 9 G. Sangirardi, Il libro dell'esperienza e il libro della sventura…, cit., p. 27. 6 Dea, Historiae verae libri III, Macrobii ed anche Scholia in Lucianum. Ciò significa che Leopardi probabilmente lesse, o almeno passò in rassegna, tali testi prima del 1813, data da assumere come terminus ante quem. Analoga impostazione erudita contraddistingue il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815), in cui si intensificano i passi lucianei citati e tradotti dallo stesso Leopardi 10 . Oltre al già citato Icaromenippus le opere ricordate sono le seguenti: Alexander, Bis Accusatus, Demonax, Dialogi Meretricii, Hermotimus, Pro Imaginibus, Mortuorum Dialogi, De morte Peregrini, (Philopatris), Philopseudes, Timon, Vera Historia e Zeus Tragoedus. Ciò non può che essere prova di un interesse più profondo nei confronti dell'opera di Luciano. Tuttavia se da una parte l'autore del
2013
Through the analysis of the words “barbarie, “ignoranza” and “perfezione” and of the ambiguous sense(s) they have in the diary, the essay aims at outlining some characteristics of the language of the Zibaldone - a rich and complex language but not always explicit as that of other Leopardi’s works. Some peculiarities of this language enlighten the provocative originality of the poet’s thought. This way I introduce an image of the Zibaldone as the laboratory where Leopardi’s vocabulary is selected and powered. I also suggest that these procedures are more similar to the concentration of the poetic word, rather than to the analytic decomposition that is typical of philosophy. Attraverso l’analisi dei lemmi “barbarie”, “ignoranza” e “perfezione”, e delle ambiguità di senso che essi mostrano nel diario, il saggio si propone di mostrare alcune caratteristiche della lingua zibaldoniana, ricca e complessa, ma non sempre esplicita come quella delle altre opere. Specifiche peculiarità di tale lingua si rivelano come spie della provocatoria novità del pensiero di Leopardi.Si presenta così un’interpretazione dello Zibaldone come luogo della selezione e del potenziamento del lessico leopardiano; procedimenti che risultano più simili alla concentrazione del dettato poetico che alla scomposizione analitica tipica delle materie filosofiche.
Leopardi e cultura del Novecento, 2020
Da questo contributo emerge un Leopardi pensatore "postumo", capace di riaffiorare non solo nel secolo dell'angoscia e dell'inquietudine, ma anche nella svolta nichilistica impressa all'ermeneutica leopardiana da tre grandi protagonisti del Novecento filosofico italiano: Cesare Luporini, Alberto Caracciolo, Emanuele Severino.
SOMMARIO 1. “L’infinito” 2. “Bruto Minore” e “Ultimo canto di Saffo” 3. “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” 4. “Pensiero dominante” e “A se stesso” 5. “La ginestra, o il fiore del deserto” 5.1. Sommario 5.2. Personaggi e temi 5.3. La VI strofe 5.4. Spazio e tempo nella “Ginestra” 5.5. Le metamorfosi del flutto e le mescidazioni di materie e colori
Fifth Estate, 2018
L 'Année de la Défense Nationale - ADN 2025, 2024
Opera Mundi, 2024
International Journal for Research in Applied Science & Engineering Technology (IJRASET), 2022
Patterns of Prejudice 52(1): 1–23, 2018
Jornal de Psicanálise, 2023
Investigaciones sobreproblemas educativos y sociedad, 2018
Araling Pang-Erya at Araling Kabanwahan, 2021
Revista Latino-Americana de Educação em Astronomia, 2013
Energy Harvesting and Systems
The 2nd International Electronic Conference on Biosensors
Arid Zone Journal of Basic and Applied Research
Evidence & Policy, 2019
Biomedical Research and Therapy, 2017
Combustion and Flame, 2014
Educação & Tecnologia, 2011