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IV Convegno Annuale della SIM "Il Marketing dei

La crescente integrazione dell'economia globale, con i suoi risvolti in termini di riduzione delle distanze geografiche e dematerializzazione dei processi economici e sociali, ha determinato notoriamente una profonda riscoperta del ruolo e delle funzioni delle aree territoriali quali centri nevralgici delle dinamiche di sviluppo. In particolare i centri urbani, da sempre luoghi privilegiati di scambio e fertilizzazione economica e sociale, hanno conosciuto negli ultimi anni una rinnovata vitalità, affermandosi come spazi di attrazione di investimenti, risorse e persone e ridefinendo i propri modelli di governance per far fronte alle nuove sfide imposte dalla competizione globale. Tra i percorsi di sviluppo più innovativi, la valorizzazione del commercio e dei servizi culturali e turistici sembra emergere come uno dei driver di maggiore interesse; in particolare, i centri urbani a più elevata vocazione storica stanno sostenendo ingenti investimenti nella riqualificazione estetica e nel miglioramento del design e della funzionalità delle zone centrali a più elevata concentrazione di attività e servizi, allo scopo di accrescerne l'attrattività, sostenere la creazione di nuove attività e posti di lavoro e, più in generale, favorire il recupero della centralità di tali aree in termini economici e sociali.

IV Convegno Annuale della SIM “Il Marketing dei Talenti” Roma, 5-6 Ottobre 2007 Sessione “Consumer Behavior” “L’influenza degli Stimoli Ambientali dei Centri Urbani sulla Qualità Percepita e sui Comportamenti di Consumo”∗ Alessandro De Nisco∗, Maria Rosaria Napolitano∗, Angelo Riviezzo∗ Università del Sannio, Benevento ∗ L’attribuzione dei paragrafi tra gli autori è la seguente: i paragrafi 1 e 6 possono essere attribuiti ad Alessandro De Nisco e Maria Rosaria Napolitano, il paragrafo 3 a tutti e tre gli autori e i paragrafi 2,4 e 5 ad Alessandro De Nisco. ∗ Ricercatore di Marketing presso il Dipartimento di Analisi dei Sistemi Economici e Sociali (DASES) dell’Università del Sannio di Benevento, [email protected] ∗ Professore Straordinario di Marketing presso il DASES dell’Università del Sannio, [email protected] ∗ Professore a Contratto di Marketing Territoriale presso il DASES dell’Università del Sannio, [email protected] 1. Introduzione La crescente integrazione dell’economia globale, con i suoi risvolti in termini di riduzione delle distanze geografiche e dematerializzazione dei processi economici e sociali, ha determinato notoriamente una profonda riscoperta del ruolo e delle funzioni delle aree territoriali quali centri nevralgici delle dinamiche di sviluppo. In particolare i centri urbani, da sempre luoghi privilegiati di scambio e fertilizzazione economica e sociale, hanno conosciuto negli ultimi anni una rinnovata vitalità, affermandosi come spazi di attrazione di investimenti, risorse e persone e ridefinendo i propri modelli di governance per far fronte alle nuove sfide imposte dalla competizione globale. Tra i percorsi di sviluppo più innovativi, la valorizzazione del commercio e dei servizi culturali e turistici sembra emergere come uno dei driver di maggiore interesse; in particolare, i centri urbani a più elevata vocazione storica stanno sostenendo ingenti investimenti nella riqualificazione estetica e nel miglioramento del design e della funzionalità delle zone centrali a più elevata concentrazione di attività e servizi, allo scopo di accrescerne l’attrattività, sostenere la creazione di nuove attività e posti di lavoro e, più in generale, favorire il recupero della centralità di tali aree in termini economici e sociali. Parallelamente alla diffusione di progetti e iniziative a livello nazionale e internazionale, il mondo accademico ha dedicato una rilevante attenzione al tema della riqualificazione urbana, approfondendone in particolare i profili di governo, le forme di partnership tra stakeholder pubblici e privati e il ruolo dei servizi commerciali (Warnaby, Davies, 1997; Ravenscroft, 2000; Warnaby et alii, 2002; Whyatt, 2004). Tali studi, sebbene abbiano contribuito in maniera sostanziale a promuovere nuova conoscenza sulle nuove configurazioni di sviluppo di tali aree, sembrano tuttavia fino ad oggi aver trascurato la prospettiva di marketing. Dall’analisi della letteratura esistente sembra infatti prevalere un approccio incentrato prevalentemente sui processi manageriali, mentre ancora persiste la carenza di framework teorici che abbiano approfondito gli antecedenti e le conseguenze dei processi di riqualificazione secondo una prospettiva consumer-based. In tale ottica l’obiettivo del presente lavoro è quello di contribuire a colmare alcuni gap conoscitivi degli studi sul management dei centri urbani, facendo luce su taluni aspetti peculiari della relazione tra consumatore e sistema di offerta urbano. In particolare, data la crescente diffusione di interventi finalizzati al miglioramento della funzionalità e dell’estetica degli spazi fisici, che di norma interessano le aree a più elevata concentrazione di servizi commerciali e di intrattenimento, si è ritenuto di rilevante interesse elaborare e testare un modello di analisi finalizzato a verificare la relazione tra alcune categorie di stimoli ambientali tipicamente presenti nelle aree urbane, la qualità dei servizi complessivamente percepita dai consumatori e le relative conseguenze comportamentali in termini di intenzioni di acquisto e desiderio di permanenza. Con riferimento alla configurazione del costrutto ”ambiente urbano”, la visione adottata nel presente studio nasce dagli studi di marketing, psicologia ambientale, retailing e service management; sulla base di tali contributi si è deciso di prendere in considerazioni tre categorie di stimoli ambientali, che costituiscono di norma altrettanti ambiti di intervento delle azioni di riqualificazione: (a) il design esterno (external design), che include l’illuminazione, il colore degli edifici e l’estetica degli arredi; (b) il layout e la funzionalità degli spazi (spatial layout and functionality) che include la pulizia delle strade, lo stato della pavimentazione, la disponibilità di parcheggi e mezzi pubblici e la facilità di spostamento; e (c) il design interno (general interior design) che include lo stile e l’estetica dei negozi, dei bar e ristoranti e dei luoghi di intrattenimento (teatri, musei, locali notturni, etc.). Dal punto di vista della struttura e dell’articolazione logica dei contenuti, il lavoro risulta suddiviso in due parti: nella prima vengono approfonditi i riferimenti teorici alla base del framework di analisi ed enunciate le ipotesi di ricerca; nella seconda vengono presentati i risultati di una verifica empirica condotta nel centro storico di Benevento. Sulla base dei riscontri ottenuti, vengono discusse le relative implicazioni manageriali e proposte nuove ipotesi di ricerca. 2. L’analisi della letteratura: gli stimoli ambientali come strumento di marketing A partire dagli anni ’70 negli studi di marketing si rileva un evidente interesse per l’analisi dell’influenza dei fattori situazionali sui comportamenti di consumo; in particolare, dopo i primi contributi che, prendendo spunto dagli studi di psicologia, si soffermano sulla proposta di una definizione analitica del costrutto “situazione” e sulla conseguente elaborazione di una tassonomia delle diverse caratteristiche situazionali che possono esercitare una influenza significativa sui comportamenti di consumo (Belk, 1974, 1975; Lutz, Kakkar, 1975; Russell, Mehrabian, 1976), gli studi successivi si sono concentrati sulla comprensione dell’effetto esercitato dagli stimoli fisici provenienti dai luoghi di vendita sulle percezioni dei consumatori e sui relativi shopping outcomes (es. livello di spesa, acquisti di impulso, store loyalty, etc.). Come si evince dalla ricognizione della letteratura, l’interesse verso tale oggetto di indagine nasce dalla parallela evoluzione di due ambiti di ricerca complementari, i quali, pur partendo da presupposti differenti, si sono sviluppati in maniera parallela fino a 3 pervenire ad analoghe implicazioni manageriali. Da una parte i contributi sul comportamento di acquisto del consumatore (consumer behavior), che hanno approfondito il profilo degli acquirenti e le motivazioni alla base dello shopping; dall’altro la letteratura sul retailing, la quale, ponendosi nella prospettiva manageriale, si è soffermata sulle possibili forme evolutive di differenziazione dell’offerta commerciale. Con riferimento al primo filone di studi, la letteratura afferente l’area del comportamento di acquisto ha dedicato ingenti sforzi alla comprensione delle diverse motivazioni connesse all’attività di shopping, giungendo presto alla conclusione che tale attività risponde a motivazioni psicologiche che vanno oltre il mero 1 approvvigionamento di beni . Da tali studi si osserva il profilarsi di due distinte tipologie di acquirenti (Bellenger, Robertson, Greenberg, 1977; Bellenger, Korgaonkar, 1980): l’acquirente economico (economic shopper), che si caratterizza per un atteggiamento “di convenienza” e cost-oriented, e l’acquirente ricreativo (recreational shopper) il quale, considerando lo shopping una forma di impiego del tempo libero, tende a prediligere le strutture commerciali caratterizzate dalla più ampia presenza di stimoli sensoriali (es. luci, colori, musica) e di servizi accessori. L’emergere di una categoria di acquirenti per i quali l’acquisto rappresenta non solo una attività finalizzata all’approvvigionamento di prodotti ma anche una forma di svago e divertimento pone in luce rilevanti implicazioni per il management delle imprese commerciali: in particolare, poichè le caratteristiche dell’ambiente di vendita sembrano costituire un fattore rilevante ai fini della formazione delle preferenze degli acquirenti, si evidenzia l’esigenza di accrescere la componente emozionale dei luoghi di vendita, attraverso stimoli sensoriali in grado di caratterizzare in termini edonistici la shopping experience del consumatore (Yoo, Park, MacInnis, 1998; Jones, 1999; Castaldo, Botti, 2001). Come rilevato da Turley e Milliman (2000, p. 193), “consumers are influenced by physical stimuli experienced at the point of purchase, then the practice of creating influential atmospheres should be an important marketing strategy for most exchange environments”. Parallelamente ai contributi incentrati sulle caratteristiche degli acquirenti, anche gli studi sul retailing negli stessi anni hanno posto in enfasi il ruolo degli stimoli ambientali come strumento di differenziazione dell’offerta commerciale a fronte dell’incremento della pressione competitiva. Come rilevato da vari autori, infatti, la crescente standardizzazione dei format commerciali e il conseguente intensificarsi 1 Come rilevato da uno degli studi di maggior rilievo sul tema - dal significativo titolo “Why do people shop?” (Tauber, 1972) le motivazioni di shopping possono essere classificate in personali (role playing, diversivo, autogratificazione, apprendimento di nuove mode, attività fisica, stimolazione sensoriale) e sociali (esperienze sociali, comunicazione con individui aventi interessi comuni, appartenenza a gruppi di riferimento, manifestazione di status e autorità, piacere nella contrattazione) 4 della pressione competitiva hanno reso necessario affiancare ai tradizionali benefit connessi alla funzione logistica del canale distributivo (localizzazione, assortimento, etc.) nuove fonti di differenziazione, caratterizzate da connotazioni intangibili e quindi difficilmente imitabili (Worzel, 1987; Berry, 1996; Turley, Chebat, 2002). In particolare, l’atmosfera del punto vendita e gli stimoli sensoriali ad essa afferenti sembrano costituire un potenziale driver del processo di creazione del valore (Berry, 1996), soprattutto nei casi in cui l’offerta commerciale dei vari retailer viene percepita dai consumatori in maniera indifferenziata (Turley, Chebat, 1992). Tra i contributi seminali di maggior influenza in questo filone di ricerca sicuramente rileva citare quello di Kotler (1973), che in un celebre studio conia il termine “atmospherics” per designare “the effort to design buying environments to produce specific emotional effects in the buyer that enhance his purchase probability” (Kotler, 1973, p. 50). A partire dallo studio di Kotler, numerose ricerche hanno analizzato il ruolo della variabili atmosferiche nelle strategie competitive dei retailer, analizzandone le configurazioni (Turley, Milliman, 2000), i profili manageriali (Castaldo, Botti, 2001; Turley, Chebat, 2002) e il ruolo nei processi di creazione del valore (Berry, 1996). Tali studi, parimenti a quanto evidenziato dai contributi sul profilo e le motivazioni degli acquirenti, giungono alla medesima conclusione che a fronte dell’incremento della pressione competitiva “finding a unique and effective atmospheric design should be a primary concern for retailers” (Turley, Chebat, 2002, p. 128). Il riconoscimento della rilevanza dell’atmosfera del luogo di vendita sulle scelte dei consumatori e le conseguenti implicazioni per le strategie competitive dei retailer hanno indotto numerosi studiosi ad indagare in maniera empirica l’influenza dell’ambiente di vendita sulle percezioni e i comportamenti di consumo. Al riguardo, come rilevato da Tai e Fung (1997), dal punto di vista metodologico è possibile distinguere tra i contributi che hanno analizzato l’impatto di singole variabili dell’ambiente di vendita (es. colore, musica, odori, etc.) sul comportamento di acquisto e contributi che hanno trattato l’ambiente come un costrutto “olistico” analizzandone l’effetto complessivo. Nell’ambito di quest’ultimo filone inoltre è possibile distinguere tra studi che hanno adottato un approccio investigativo non basato su specifici modelli di analisi (without model-based investigation) e ricerche basate su framework analitici consolidati (model-based investigation); nei primi rientrano studi che analizzano genericamente l’impatto degli stimoli ambientali su specifici stati emotivi come ad esempio l’umore (Darden, Babin, 1994), mentre i secondi si basano sugli studi di psicologia ambientale ed in particolare sul noto modello elaborato da Mehrabian e Russell (1974). Tale modello ha la sua genesi nel classico schema cognitivista Stimolo-Organismo-Risposta (SOR), il quale correla le caratteristiche dell’ambiente (Stimoli) a risposte comportamentali (Risposte) positive (approach) e negative (avoidance). La struttura affettiva che media tale correlazione (Organismo) viene 5 rappresentata attraverso tre categorie di stati emozionali, identificate dall’acronimo PAD: il piacere (pleasure) riferito a sensazioni di felicità, piacevolezza e soddisfazione, l’eccitazione (arousal) che riguarda sensazioni legate alla stimolazione e all’euforia e il dominio (dominance), che attiene al grado di controllo e di potere sull’ambiente. Alla base del modello di Mehrabian e Russell vi è dunque una concezione estremamente sintetica e parsimoniosa dell’ambiente, che viene definito attraverso descrittori basati sugli stati emotivi indotti nell’individuo; tali stati emotivi, a loro volta, sono alla base degli atteggiamenti positivi e negativi nei confronti dell’ambiente stesso. Il modello di analisi proposto dagli autori ha fornito un contributo rilevante alla comprensione della relazione tra store environment e consumer behavior, evidenziando che gli stati emotivi vissuti dall’individuo all’interno del luogo di vendita influenzano in maniera significativa i comportamenti di acquisto. In particolare, come risulta dal primo contributo di Donovan e Rossiter (1982) la piacevolezza (pleasure) risulta un predittore significativo del comportamento di risposta del consumatore, influenzando in particolare il desiderio di permanenza, l’affiliazione e il livello di spesa. L’eccitazione (arousal) costituisce altresì una variabile rilevante nello spiegare le condotte individuali, incidendo positivamente soprattutto sull’affiliazione. Ulteriori contributi basati sul modello di Mehrabian e Russell, pur essendo concordi nel dimostrare l’esistenza di una relazione significativa tra stati emotivi e comportamenti di acquisto, si differenziano per la proposta di diverse configurazioni dello store environment, nel tentativo di incrementare l’efficacia prescrittiva del modello originario2 . Al riguardo, significativa è anche l’attenzione e l’interesse da parte degli studiosi italiani, che hanno utilizzato modelli ispirati a quello di Mehrabian e Russell in studi di natura sperimentale; in particolare tra i contributi di maggiore interesse si rilevano quello di De Luca (2000), la quale verifica la validità dei costrutti e delle ipotesi del modello PAD in un punto vendita operante nel settore dell’abbigliamento, e quello di Castaldo e Botti (2001) i quali definiscono il concetto di experiential shopping, ossia lo shopping inteso come esperienza di acquisto e determinato dalla “combinazione, all’interno del punto di vendita, di stimoli sensoriali atti a suscitare una risposta emotiva e di un soggetto che, per sue caratteristiche individuali e per i benefici ricercati, presenta un atteggiamento edonistico nei confronti dello shopping” (Castaldo, Botti, 2001, p. 197). Nel complesso, sebbene dimostrino l’esistenza di una influenza diretta degli stati emotivi indotti dall’ambiente di vendita sul comportamento di acquisto individuale, gli 2 Tra essi Baker, Grewal e Levy (1992) analizzano l’effetto di due categorie di stimoli ambientali – ambient cues (luci e musica) e social cues (numerosità e cortesia del personale di contatto) sugli stati emotivi e i comportamenti di acquisto rilevando che le due categorie di stimoli esercitano un effetto congiunto sulla piacevolezza, mentre gli stimoli sociali influenzano direttamente l’eccitazione; Yoo, Park e MacInnis (1998) operazionalizzano l’ambiente di vendita attraverso sette diversi fattori e dimostrano l’esistenza di una influenza positiva sugli stati emotivi del consumatore per cinque di essi (assortimento, valore complessivo, personale di contatto, servizio post-vendita e struttura del negozio). 6 studi basati sul modello PAD sembrano tuttavia penalizzati da uno scarso valore prescrittivo; la principale critica che viene ad essi rivolta, infatti, consiste nella mancata definizione di una tassonomia univoca di stimoli ambientali e dunque nella difficoltà di fornire suggerimenti pratici per il design e il management dello store environment (Baker, Grewal, Levy, 1992; Turley, Chebat, 2002). A fronte di tale esigenza si rileva dunque la copiosa diffusione di studi condotti a livello elementare o fattoriale i quali, in un ottica speculare rispetto ai contributi basati sui modelli di psicologia ambientale, adottano una visione “destrutturata” dell’ambiente di vendita e si soffermano sull’analisi dell’effetto indotto da specifiche variabili elementari (es. luci, colori, odori, etc.) o fattori (es. fattori sociali, design, etc.). Tali studi, come notato da Castaldo e Botti (2001), per la maggior parte adottano un framework interpretativo comportamentista, ossia non considerano il ruolo di mediazione degli stati emotivi ma ipotizzano l’esistenza di una relazione diretta tra le caratteristiche dell’ambiente di vendita (Stimoli) e le condotte del consumatore (Risposte)3. Oltre alla letteratura sul retailing, anche gli studi sul service management hanno notoriamente attribuito una grande rilevanza alla gestione dell’ambiente fisico; poiché infatti i servizi vengono di norma consumati nello stesso luogo in cui vengono prodotti, gli aspetti tangibili legati all’ambiente e agli strumenti - o quello che viene comunemente definito supporto fisico (Eiglier, Langeard, 1987) – costituiscono, insieme al personale di contatto e al cliente, uno delle tre componenti fondamentali del processo di “fabbricazione” ed erogazione del servizio (c.d. “servuction”). Come rilevato da Eiglier e Langeard (1987), all’interno del sistema di servuction il supporto fisico deve fungere al contempo da “vetrina”, attraverso cui comunicare attributi in grado di influenzare le percezioni e le aspettative dei consumatori (es. qualità, posizionamento, etc.), e da “officina”, in grado facilitare la realizzazione materiale del servizio (es. gestione dei flussi, più facile interazione con il personale di contatto, etc.); l’importanza e il ruolo di tale componente sembra influenzata da diversi fattori legati sia alle modalità di fruizione che al processo di erogazione. In particolare è stato evidenziato che l’ambiente fisico rappresenta un fattore rilevante di influenza sulle percezioni e le attitudini del consumatore quando il servizio viene consumato primariamente per motivazioni di natura edonistica e il consumatore trascorre un periodo di tempo consistente nel luogo in cui viene erogato (Wakefield, Blodgett, 1999): tali servizi (es. concerti, ristoranti, eventi sportivi, etc.) vengono definiti “atmospheric dominant” e richiedono una rilevante attenzione all’aspetto estetico e alla funzionalità delle componenti tangibili dal momento che il consumatore “will place much importance on how the facility looks and, more important, how it feels to them” (Turley, Fugate, 1992, p. 42). Dagli studi sul service management si evince che il supporto fisico 3 Per un approfondimento delle principali categorie oggetto di analisi e dei risultati ottenuti si vedano in particolare le review di Turley e Milliman (2000) e Yin Lam (2001). 7 costituisce una componente rilevante del processo di valutazione del consumatore; poiché infatti i servizi hanno natura prevalentemente intangibile, l’acquirente utilizza frequentemente le componenti fisiche come “surrogato” attraverso cui formare giudizi e valutazioni individuali (Turley, Fugate, 1992, Wakefield, Blodgett, 1999, Bitner, 1990). Inoltre, come è stato rilevato, il processo di valutazione si basa soprattutto sul giudizio maturato durante il cosiddetto service encounter, ossia “the period of time when consumer interact directly with the firm” (Bitner, 1990, p. 69). Alla luce di tali considerazioni, i principali contributi che hanno elaborato metodologie empiriche finalizzate alla rilevazione delle aspettative e dei giudizi degli acquirenti in merito ai diversi attributi del servizio hanno attribuito un ruolo di rilievo al supporto fisico; tra essi in particolare si rilevano quelli incentrati sul concetto di qualità (service quality) (Parasuraman, Berry, Zeithaml, 1988, 1991; Cronin, Taylor, 1992) i quali, basando le valutazioni sul paradigma della disconfirmation4, annoverano gli aspetti tangibili tra gli attributi in grado di esercitare una influenza significativa sulla percezione della qualità globale del servizio attraverso un ampia gamma di contesti (servizi assicurativi, finanziari, comunicazioni, etc.)5. La qualità del servizio, a sua volta, sembra esercitare un effetto rilevante sui comportamenti di consumo; una valutazione positiva della qualità del servizio infatti influenza positivamente la soddisfazione e il valore percepito (Taylor, Baker, 1994; Cronin, Brady, Hult, 2000) e determina un significativo incremento delle intenzioni di acquisto, espresse in termini di fedeltà, minore sensibilità ai concorrenti e alle variazioni di prezzo e passaparola positivo (Zeithaml, Berry, Parasuraman, 1992; Cronin, Brady, Hult, 2000). Nonostante il ruolo del supporto fisico sia stato analizzato e ritenuto rilevante sia sotto il profilo manageriale che rispetto alle percezioni degli acquirenti, la letteratura manageriale si è tuttavia prevalentemente focalizzata sulle componenti funzionali di tale supporto, mentre minore enfasi è stata rivolta agli elementi dell’ambiente fisico caratterizzati da maggiore connotazione estetica (es. colori, musica, arredamento, etc.) (Wakefield, Blodgett, 1999). Solo di recente la letteratura sui servizi ha approfondito la 4 Secondo tale paradigma il giudizio finale dipende dalla discrepanza tra le aspettative iniziali (expectations) – che costituiscono il quadro di riferimento per la formazione dei giudizi comparativi – e la performance effettiva (outcomes) . Pertanto la valutazione sarà positiva nel caso in cui le performance sono superiori alle aspettative, negativa in caso contrario (Parasuraman, Berry, Zeithaml, 1988). Tale paradigma, oltre che negli studi sulla qualità del servizio è anche alla base di alcuni dei principali modelli di valutazione della soddisfazione (customer satisfaction). Per ulteriori approfondimenti sui fondamenti di tale paradigma si veda in particolare Oliver (1980). 5 Più in dettaglio nel modello SEVQUAL (Parasuraman, Berry, Zeithaml, 1988, 1991) la qualità del servizio viene valutata rispetto a cinque categorie di fattori: (a) gli aspetti tangibili (tangibles), che includono le strutture fisiche, gli equipaggiamenti e l’aspetto del personale; (b) l’affidabilità (reliability), intesa come capacità dell’organizzazione di rispettare le promesse in merito alla erogazione del servizio; (c) la capacità di risposta (responsiveness), ossia l’attitudine ad aiutare i consumatori in maniera pronta e sollecita; (d) la rassicurazione (assurance), intesa come competenza e cortesia del personale e capacità di ispirare fiducia; e (e) l’empatia (empathy), ossia l’attitudine a fornire una risposta personalizzata ai problemi dei consumatori. 8 dimensione estetica ed emozionale dell’ambiente fisico in cui viene erogato il servizio attraverso modelli interpretativi che poggiano su presupposti teorici assimilabili a quelli proposti dai contributi sul retailing. Tra tali modelli sicuramente il più diffuso e utilizzato è quello del servicescape (Bitner, 1992) il quale, pur nascendo da una matrice parzialmente comune agli studi che hanno analizzato l’effetto dello store environment sugli stati emotivi e i comportamenti di consumo (Donovan, Rossiter, 1982, Donovan et alii, 1994), si distingue per il più ampio campo di applicazione e per il fatto di integrare sia il punto di vista del consumatore che quello del personale di contatto (fig. 1). Figura 1. Il modello del servicescape Fonte: Bitner (1992) Come si evince dalla figura 1, il modello del servicescape focalizza l’attenzione sugli stimoli ambientali che fanno parte del cosiddetto built environment, ossia che sono costruiti e gestiti dall’organizzazione, mentre vengono escluse le componenti dell’ambiente sociale e naturale; tali stimoli vengono raggruppati in tre categorie: (a) le condizioni ambientali (ambient conditions), che includono le caratteristiche di background dell’ambiente fisico quali la temperatura, le luci, la musica e gli odori; (b) il layout e la funzionalità degli spazi (spatial layout and functionality) che comprende la 9 configurazione spaziale dei macchinari e delle attrezzature e la loro capacità di facilitare lo svolgimento delle attività e il raggiungimento degli obiettivi dell’acquirente; e (c) i segnali, simboli e manufatti (signs, simbols and artifacts), ossia quei segnali, impliciti o espliciti, che contribuiscono a descrivere il luogo agli utilizzatori (es. insegne, indicazioni direzionali, etc.). E’ importante rilevare che anche se le tre categorie di stimoli vengono descritte separatamente, il servicescape viene configurato come costrutto olistico, il quale influenza in maniera unitaria le percezioni degli acquirenti e del personale; tale concezione, come si è visto, è in evidente concordanza con gli studi di psicologia ambientale. Sempre in accordo con tali studi, l’influenza dell’ambiente sugli atteggiamenti positivi (approach) e negativi (avoid) risulta mediata da responsi interni di natura psicologica (internal responses) e inerenti la sfera cognitiva (opinioni, credenze, atteggiamenti, etc.), emotiva (piacere, eccitazione, etc.) e fisiologica (condizioni di salute, agio/disagio fisico, etc.). Inoltre, in aggiunta agli effetti sui comportamenti individuali, si ipotizza che il servicescape esercita una influenza significativa anche sulla natura e la qualità delle interazioni tra clienti e personale di contatto, soprattutto nei servizi a più spiccata vocazione interpersonale. La proposta concettuale di Bitner ha aperto la strada ad ulteriori studi, i quali ne hanno utilizzato gli elementi costitutivi per approfondire in maniera empirica l’effetto indotto dal servicescape attraverso diverse tipologie di servizi, adottando prevalentemente il punto di vista del consumatore. A differenza dei contributi tradizionali proposti della letteratura sul service management, i quali hanno analizzato soprattutto tipologie di servizi in cui il supporto fisico svolge un ruolo funzionale (es. servizi bancari e assicurativi, customer care, telecomunicazioni, etc.), gli studi sul servicescape hanno dedicato maggiore enfasi a categorie di servizio caratterizzate da maggiore contenuto edonistico: in particolare sono stati oggetto di indagine eventi sportivi (Wakefiel, Blodgett, 1996; Hightower, Brady, Baker, 2002), shopping center e hotel (Aubert-Gamet, Cova, 1999), cinema e teatri (Wakefield, Blodgett, 1999) casino (Wakefield, Blodgett, 1996) e aree urbane (Julier, 2005). Nel complesso da tali studi si evincono risultati che confermano e ampliano le conclusioni riportate dagli studi sul retailing: il servicescape infatti sembra esercitare un’influenza significativa sulla componente affettiva legata alle emozioni e alla stimolazione sensoriale dell’acquirente e tale influenza a sua volta determina un effetto positivo sul desiderio di permanenza e le intenzioni di acquisto. In tale ottica, l’ambiente emerge quale componente rilevante della “messa in scena” del servizio e consente di svincolare la relazione con la domanda dai tradizionali attributi connessi alla sfera funzionale. 10 3. Gli elementi costitutivi del modello di analisi Il modello di analisi proposto integra le teorie sugli stimoli ambientali, le quali dimostrano l’esistenza di un legame diretto tra variabili fisiche di contesto e conseguenze comportamentali (Bitner, 1992; Donovan, Rossiter, 1982), con la letteratura sul service management la quale, come si è approfondito, secondo una diversa prospettiva analitica ma con uguale finalità, sostiene che (a) gli aspetti “tangibili” rappresentano una componente cruciale della qualità del servizio (Parasuraman, Zeithaml, Berry, 1988) e (b) che la qualità del servizio percepita dal consumatore esercita una influenza positiva sulle intenzioni di acquisto (Zeithaml, Berry, Parasuraman, 1996; Cronin, Brady, Hult, 2000; Cronin, Taylor, 1992). In particolare il framework di analisi viene applicato ad un contesto fisico estremamente composito ed eterogeneo, il centro urbano, con l’obiettivo di approfondire il legame tra alcune categorie di stimoli tipicamente presenti in tale area, la qualità percepita dai visitatori e le relative attitudini di consumo. Sebbene l’esistenza di un legame diretto tra stimoli ambientali e conseguenze comportamentali sia intuitivo e ampiamente dimostrato in letteratura, il modello proposto fornisce un contributo significativo all’avanzamento degli studi sul tema attraverso tre direzioni: in primo luogo si tratta del primo caso in cui tale legame viene investigato in un sistema di offerta multifunzionale e “aperto” come quello rappresentato dal centro urbano; i principali contributi delle letteratura di marketing infatti, come si è visto, fino ad ora si sono concentrati prevalentemente sul singolo store environment e solo di recente è stata posta una maggiore enfasi su ambienti di vendita caratterizzati da una maggiore complessità e polifunzionalità (Turley, Chebat, 2002; De Nisco, Napolitano, 2005). In secondo luogo, gli studi di marketing si sono soffermati prevalentemente sull’effetto prodotto da specifiche variabili ambientali come la musica (Yalch, Spangenberg, 1990; Mattila, Wirtz, 2001), i colori (Bellizzi, Crowley, Hasty, 1983) e gli odori (Hirsh, 1995) mentre, come è stato più volte rilevato (Wakefield, Baker, 1988; Turley, Chebat, 2002), minore enfasi è stata posta sull’analisi della più ampia configurazione degli stimoli ambientali che sono presenti nei luoghi di consumo; inoltre, come è stato rilevato (Turley, Milliman, 2000, pag. 195), vi è ancora una notevole carenza di ricerche finalizzate a verificare l’effetto prodotto da stimoli ambientali esterni ai luoghi di acquisto (vetrine, design degli edifici, parcheggi, etc.). In tale ottica il presente lavoro si differenzia dalla letteratura prevalente integrando in un unico framework interpretativo un set differenziato di stimoli ambientali di natura interna ed esterna. Infine, il modello di analisi rappresenta uno dei pochi tentativi di esaminare empiricamente in che modo un set specifico di variabili ambientali afferenti ad un 11 sistema eterogeneo di servizi (commercio, ristorazione, intrattenimento, etc.) è in grado di esercitare un effetto inferenziale sulla qualità complessivamente percepita e se tale inferenza costituisce un mediatore dell’influenza degli stimoli ambientali sui comportamenti di consumo e di acquisto. Sebbene gli studi di marketing abbiano più volte dimostrato che l’ambiente di servizio (servicescape) genera stati emotivi in grado di influenzare le percezioni e i comportamenti del personale di contatto (Baker, Berry, Parasuraman, 1998; Bitner, 1990; Bitner, 1992) e dei consumatori (Bitner, 1992; Wakefield, Blodgett, 1996) ancora limitati sono gli studi empirici che analizzano l’effetto di tali stimoli sulla qualità percepita del servizio (Baker, Grewal, Parasuraman, 1994). Pertanto, sebbene il modello di analisi proposto condivida non pochi presupposti teorici e metodologici con studi condotti in passato, l’ambito specifico di applicazione e il tentativo di integrare e testare in un unico modello relazioni dimostrate in ambiti di studio differenti lo rendono unico e originale rispetto alla letteratura esistente. La figura 2 sintetizza graficamente gli elementi costitutivi del modello di analisi. Il framework interpretativo proposto è ispirato a quello sviluppato da Bitner (1992), nel quale si ipotizza che gli stimoli ambientali vengono percepiti sia dai consumatori che dal personale di contatto e che tali stimoli generano comportamenti positivi (approach) riconducibili ad esempio all’attrazione, al desiderio di permanenza, all’affiliazione e all’attitudine all’acquisto e comportamenti negativi (avoidance) che sono contrari ai precedenti. Tuttavia, a differenza di quanto previsto dal modello originario di Bitner, in cui tale legame risulta mediato da risposte interne (internal responses) di natura cognitiva (es. credenze, categorie cognitive), emotiva (es. umore, attitudini) e fisiologica (es. comfort fisico, libertà di movimento), il presente studio non considera gli stati emotivi individuali come elementi di mediazione tra stimoli ambientali e risposte comportamentali; viceversa, secondo la prospettiva tipica degli studi di psicologia ambientale, gli stimoli ambientali vengono considerati come elemento in grado di generare un effetto inferenziale su specifici attributi o proprietà di un dato oggetto. Nello specifico, la relazione inferenziale di interesse nel presente studio è quella tra stimoli ambientali e qualità del servizio (service quality); l’esistenza di tale relazione, si è visto, risulta coerente con quanto sostenuto da precedenti studi sul service management (Parasuraman, Zeithaml, Berry, 1988). Come si evince dalla rappresentazione grafica, pertanto, l’ipotesi di fondo del modello è che gli stimoli ambientali presenti nel centro urbano esercitano una inferenza positiva sulla qualità complessiva dei servizi offerti da tale area e che tale percezione, a sua volta genera un effetto positivo sulle intenzioni di acquisto e sul desiderio di permanenza dei visitatori; in aggiunta, si è ipotizzato che il desiderio di permanenza rappresenta un mediatore del legame tra qualità del servizio e intenzioni di acquisto. Tale sistema di ipotesi, se confermato, porrebbe in evidenza il ruolo cruciale degli 12 stimoli ambientali del centro urbano nei processi di creazione di valore per la domanda. Figura 2. Il modello di analisi e i costrutti oggetto di indagine Con riferimento alle categorie di stimoli ambientali oggetto di analisi, la necessità da una parte di collocare la ricerca lungo la direttrice di un percorso scientifico riconosciuto e consolidato e un’opportuna riflessione dall’altra circa la effettiva utilità prescrittiva dello studio ci hanno indotto a privilegiare nella scelta due criteri prevalenti: (a) la rilevanza scientifica, in base al quale sono state scelte categorie di variabili che sono state oggetto di precedenti studi nella letteratura sul marketing, il retailing e il service management e (b) la rilevanza manageriale, in base al quale si è scelto di focalizzare l’attenzione sul cosiddetto “built environment” (Bitner, 1992), ossia su quelle variabili ambientali che sono effettivamente controllabili e gestibili da enti pubblici e imprese private; viceversa sono state escluse dall’analisi quelle variabili non visuali – come gli odori, la temperatura e le condizioni climatiche – che sebbene siano in grado di esercitare un effetto significativo sui comportamenti di consumo, sono difficilmente controllabili in un contesto fisico come il centro urbano. Alla luce di tali considerazioni si è pervenuto alla scelta di tre categorie di stimoli ambientali: (1) il design esterno (external design), che include l’illuminazione, il colore degli edifici e l’estetica degli arredi; (2) il layout e la funzionalità degli spazi (spatial layout and functionality) che include la pulizia delle strade, lo stato della 13 pavimentazione, la disponibilità di parcheggi e mezzi pubblici e la facilità di spostamento; e (3) il design interno (general interior design) che include lo stile e l’estetica dei negozi, dei bar e ristoranti e dei luoghi di intrattenimento (teatri, musei, locali notturni, etc.). 4. La definizione delle ipotesi di ricerca Come si è accennato, il quesito alla base del presente studio è se gli stimoli ambientali presenti nel centro urbano rappresentano una componente significativa della qualità complessiva del servizio percepita dal visitatore e se tale percezione, a sua volta, esercita un effetto positivo sulle intenzioni di acquisto e sul desiderio di permanenza. Nelle sezioni successive vengono esplicitate in dettaglio le ipotesi di ricerca oggetto di verifica empirica. DESIGN ESTERNO (EXTERNAL DESIGN) Sebbene lo studio seminale di Kotler (1973) sull’efficacia di marketing degli stimoli ambientali rilevi che il design esterno rappresenta una delle componenti fondamentali ai fini di una corretta “pianificazione dell’atmosfera” (atmosphere planning), gli studi successivi sul tema hanno dedicato una scarsa attenzione a questa parte dell’ambiente di consumo. Da una recente review condotta da Turley e Milliman (2000) emerge l’esistenza di soli quattro articoli che hanno analizzato l’effetto di variabili fisiche esterne sul comportamento dei consumatori. Gli stessi autori rilevano dunque la necessità di dedicare maggiore attenzione a questa categoria di stimoli, poiché essi rappresentano “the first set of cues normally seen by a consumer. In these variables are not managed well, the rest of the atmosphere may not matter” (Turley, Milliman, 2000, pag. 195). Nel presente lavoro si cerca di colmare tale gap ipotizzando che una valutazione positiva del design esterno del centro urbano produca un effetto favorevole sulla qualità percepita dei servizi dell’area; tale ipotesi appare intuitivamente ammissibile e compatibile con gli assunti della letteratura sul service management. Come si è accennato, il design esterno è stato operazionalizzato attraverso le seguenti variabili riferite al contesto fisico del centro città: l’illuminazione, i colori e l’estetica degli arredi. La scelta risulta coerente con quanto rilevato dagli studi di marketing, dai quali risulta che tali variabili sono quelle maggiormente in grado di influenzare le attitudini e le percezioni dei consumatori negli ambienti di consumo. Alla luce delle considerazioni di cui sopra si propone dunque la seguente ipotesi: 14 H1: Migliore è la percezione del design esterno, migliore è percezione della qualità complessiva dei servizi del centro urbano FUNZIONALITÀ E LAYOUT DEGLI SPAZI (SPATIAL LAYOUT AND FUNCTIONALITY) Come rilevato da Bitner (1992), la funzionalità e il layout degli spazi (spatial layout and functionality) costituiscono una componente rilevante del servicescape e si riferiscono allo stato di mantenimento delle componenti dello spazio fisico e alla loro capacità di facilitare il conseguimento degli obiettivi perseguiti dai consumatori. Come suggerito dall’autrice, tali caratteristiche assumono particolare rilievo quando il consumatore agisce in condizioni di time-pressure e negli ambienti di servizio privi di personale di contatto. Dagli studi di marketing che hanno approfondito il legame fra le caratteristiche funzionali dei luoghi di acquisto e il profilo degli acquirenti – in particolare all’interno dei centri commerciali – si evince che la facilità di accesso e la funzionalità degli spazi fisici costituiscono fattori rilevanti soprattutto rispetto alle esigenze del cosiddetto acquirente “economico” (Bellenger, Robertson, Greenberg, 1977; Bellenger, Korgaonkar, 1980). Quest’ultimo, infatti, a differenza dell’acquirente “ricreativo”, il quale considera lo shopping come una forma di impiego del tempo libero, si caratterizza per un atteggiamento “di convenienza” e cost-oriented verso l’attività di acquisto, rispetto alla quale i principali benefici ricercati sono connessi alla minimizzazione del tempo e delle risorse dedicate. D’altra parte, una adeguata funzionalità e organizzazione degli spazi sembra influenzare positivamente anche il legame emotivo tra ambiente di vendita e consumatore: precedenti contributi hanno infatti evidenziato che una efficiente organizzazione degli spazi di vendita influenza in modo diretto la piacevolezza dell’ambiente (Castaldo, Botti, 2001) e costituisce un fattore rilevante per arricchire di contenuti edonistici l’esperienza di acquisto (Jones, 1999). Appare logico dunque ritenere che così come all’interno degli ambienti di vendita e di servizio la funzionalità e il layout degli spazi facilita il conseguimento degli obiettivi dei consumatori, così all’interno del centro urbano un’adeguata manutenzione e organizzazione degli spazi, tale da agevolare l’accesso e la permanenza dei visitatori, è in grado di influenzare positivamente l’esperienza di visita e la qualità dei servizi complessivamente percepita. A partire dall’analisi della letteratura, nel presente studio si è ritenuto di operazionalizzare tale costrutto attraverso le seguenti variabili riferite all’ambiente urbano: la pulizia delle strade, lo stato della pavimentazione, la disponibilità di parcheggi e mezzi pubblici e la facilità di spostamento per i pedoni; mentre le prime due variabili fanno riferimento alle condizioni generali e alla fruibilità 15 degli spazi dell’area le ultime due riguardano in particolare la facilità di accesso e di movimento dei visitatori. Si sottopone dunque a verifica la seguente ipotesi: H2: Migliore è la percezione della funzionalità e del layout degli spazi, migliore è percezione della qualità complessiva dei servizi del centro urbano DESIGN INTERNO (GENERAL INTERIOR DESIGN) Come si è accennato, la letteratura di marketing ha approfondito in maniera significativa la relazione tra variabili ambientali interne e comportamenti di consumo. Tali studi – incentrati prevalentemente sui format commerciali - hanno dimostrato che gli stimoli riconducibili al design interno dell’ambiente di vendita suscitano emozioni che influenzano il comportamento d’acquisto dei clienti, e concordano sull’esistenza di una relazione positiva tra stimoli, esperienze emotive e shopping outcomes (Donovan, Rossiter, 1982; Donovan et alii, 1994; Turley, Chebat, 2002). Più di recente, anche la letteratura sul service management, che fin dalle sue origini ha dedicato una forte attenzione al ruolo del supporto fisico, si è soffermata sull’analisi dell’effetto indotto dal design interno dell’ambiente; utilizzando il teatro come metafora esplicativa del processo di erogazione del servizio, alcuni studi pongono in evidenza l’importanza di dedicare particolare attenzione alla costruzione del “palcoscenico” in cui avviene la messa in scena dello “spettacolo del servizio” (Grove, Fisk, 1992; Lovelock, 1994). Tale palcoscenico, oltre a facilitare il processo di erogazione, deve essere in grado di suscitare atteggiamenti e comportamenti favorevoli da parte del “pubblico” attraverso un design curato e accattivante. Tuttavia, sebbene tali considerazioni inducano ragionevolmente a ipotizzare che la gradevolezza del design interno eserciti una valutazione positiva sulla qualità del servizio, solo in un numero molto limitato di casi tale relazione è stata sottoposta a verifica empirica in ambienti di consumo diversi da quelli commerciali (Wakefield, Blodgett, 1996). Risulta dunque di potenziale interesse indagare tale legame nell’ambito di un sistema “complesso” come il centro urbano, che si caratterizza per la prossimità fisica di un’ampia varietà di servizi; in particolare, sulla base dell’analisi della letteratura, nel presente studio si è deciso focalizzare l’attenzione su quelle categorie di servizio che appaiono maggiormente “sensibili” all’influenza esercitata dal design fisico sulle percezioni dei consumatori: il commercio, la ristorazione e l’intrattenimento. Si propone dunque la seguente ipotesi: 16 H3: Migliore è la percezione del design interno dei servizi commerciali, di ristorazione e di intrattenimento, migliore è percezione della qualità complessiva dei servizi del centro urbano QUALITÀ DEL SERVIZIO (SERVICE QUALITY), DESIDERIO DI PERMANENZA (DESIRE TO STAY) E INTENZIONI DI ACQUISTO (BEHAVIORAL INTENTIONS) Come suggerito da Bitner (1992), una valutazione complessivamente positiva dell’ambiente di servizio si traduce in atteggiamenti positivi (approach) nei confronti dell’ambiente stesso. Tali atteggiamenti, come evidenziato dagli studi che ispirati ai modelli di psicologia ambientale (Mehrabian, Russel, 1974; Donovan, Rossiter, 1982; Donovan et alii, 1994), sono riconducibili a due categorie principali di comportamento: (a) il prolungamento tempo speso all’interno del luogo fisico e (b) l’incremento dell’attitudine favorevole all’acquisto. In particolare fra gli studi di maggior rilievo riferiti ai luoghi di acquisto, Donovan e Rossiter (1982) e Donovan et alii (1994) hanno evidenziato che l’esistenza di una significativa correlazione tra il grado di piacevolezza indotto dall’atmosfera (pleasure), il tempo trascorso all’interno del punto vendita e il livello di spesa. Attraverso gli anni numerosi studi di marketing, seppur nella varietà degli stimoli ambientali investigati e nelle metodologie utilizzate, sembrano fornire un solido supporto all’esistenza di tali relazioni; da una recente review condotta da Turley e Milliman (2000, p. 206) vengono citati 28 studi che hanno analizzato empiricamente l’effetto di variabili riconducibili allo store environment sulle vendite e il comportamento di acquisto e di questi 25 rilevano l’esistenza di una relazione significativa. Nello stesso contributo inoltre vengono censiti 16 studi che analizzano l’impatto dell’ambiente fisico sul tempo speso all’interno del punto vendita; anche in questo caso i risultati evidenziano l’esistenza di un forte legame tra stimoli ambientali e desiderio di permanenza; la disponibilità a prolungare la durata della permanenza all’interno del punto vendita, inoltre, favorendo il browsing e l’acquisizione di informazioni sui prodotti, sembra esercitare un effetto positivo sui comportamenti di acquisto (Donovan et alii, 1994; Wakefield, Baker, 1998). Nel complesso, tali studi inducono a ipotizzare (a) l’esistenza di una relazione diretta tra stimoli ambientali e risposte comportamentali e (b) l’esistenza di una relazione diretta tra desiderio di permanenza e intenzioni di acquisto. Parallelamente agli studi di marketing, anche la letteratura sul service management, secondo una diversa prospettiva analitica ma con finalità e risultati sostanzialmente 17 analoghi, ha investigato il legame tra ambiente fisico, qualità del servizio e conseguenze comportamentali (Parasuraman, Zeithaml, Berry, 1988; Zeithaml, Berry, Parasuraman, 1996; Cronin, Taylor, 1992; Wakefield, Blodgett, 1999; Cronin, Brady, Hult, 2000). Da tali studi, nei quali l’ambiente fisico viene definito in maniera generica in considerazione della notevole eterogeneità dei potenziali ambiti di applicazione (banche, trasporti, servizi alberghieri, etc.), si evince l’esistenza di un legame significativo qualità del servizio e intenzioni di acquisto; queste ultime in particolare, vengono operazionalizzate in termini di fedeltà, passaparola positivo e attitudine a pagare un premium price (Zeithaml, Berry, Parasuraman, 1996; Cronin, Taylor, 1992; Cronin, Brady, Hult, 2000). Sebbene dall’analisi della letteratura condotta non risultino ricerche che hanno indagato l’effetto della qualità del servizio sul desiderio di permanenza in ambiti diversi dal punto vendita, alla luce del framework proposto da Bitner (1992) appare ragionevole affermare che una percezione positiva della qualità del servizio determina un incremento della piacevolezza della visita e quindi del tempo speso. Tali risultati, dunque, inducono a ritenere che la qualità del servizio produce un effetto positivo sia (a) sulle intenzioni di acquisto che (b) sul desiderio di permanenza. Dall’analisi parallela dei due filoni di ricerca, emergono tuttavia ulteriori spunti di forte interesse; come si è visto, infatti, nonostante essi condividano numerose similarità, vi è ancora una sostanziale carenza di studi che integrino le conclusioni di entrambi. In particolare dalla review condotta si evince l’esistenza di un legame diretto tra (a) stimoli ambientali e qualità del servizio, (b) stimoli ambientali e conseguenze comportamentali e (c) qualità del servizio e conseguenze comportamentali. Alla luce di tali risultanze, sembrerebbe ragionevole ipotizzare che la valutazione complessiva della qualità del servizio opera da mediatore del legame tra i singoli stimoli ambientali e le conseguenze comportamentali. L’ipotesi proposta risulta coerente con l’assunto che la qualità del servizio rappresenta un costrutto “olistico”, che sintetizza il giudizio globale del consumatore ed esercita un ruolo simile a quello dell’attitudine (Parasuraman, Zeithaml, Berry, 1988; Bitner, 1992). Alla luce delle considerazioni di cui sopra vengono sottoposte a verifica le seguenti ipotesi: H4: La qualità percepita dei servizi del centro urbano esercita una influenza positiva sul desiderio di permanenza H5: La qualità percepita dei servizi del centro urbano esercita una influenza positiva sulle intenzioni di acquisto H6: Il desiderio di permanenza esercita un influenza positiva sulle intenzioni di acquisto 18 In aggiunta alle ipotesi sopra descritte, si verifica anche la seguente ipotesi di relazione indiretta, ossia: H7: La qualità percepita dei servizi del centro città costituisce un mediatore della relazione tra stimoli ambientali e conseguenze comportamentali 5. La metodologia della ricerca e i risultati Allo scopo di testare il modello di analisi proposto, è stata effettuata una indagine empirica sui visitatori del centro storico di Benevento; la scelta di tale metodo deriva dal fatto che, poichè ad essere oggetto di indagine sono le percezioni circa le caratteristiche dell’ambiente fisico dell’area (external design, spatial layout and functionality e internal design), si ritiene che condurre le rilevazioni quando gli intervistati sono a contatto diretto con le variabili di interesse possa consentire valutazioni più precise e accurate (Donovan, Rossiter, 1982; Donovan et alii, 1994; Wakefield, Blodgett, 1996; Wakefield, Baker 1998). La rilevazione è stata condotta nell’ambito delle attività didattiche del corso di Strategie d’Impresa ed ha contribuito alla valutazione finale dei partecipanti; pertanto gli studenti del corso sono stati coinvolti nella somministrazione dei questionari e nelle prime elaborazioni dei risultati. Prima della somministrazione è stato condotto un pretest su circa venti questionari al fine di verificare la comprensibilità delle domande e i tempi di somministrazione; sulla base dei risultati preliminari sono state apportate lievi modifiche al testo di alcune domande. Il piano di rilevazione stabilito nei briefing preliminari prevedeva che gli intervistatori si collocassero nei principali punti di transito pedonale del centro storico e intercettassero i pedoni in maniera sistematica (uno ogni n). Allo scopo di garantire una più ampia copertura di tutte le tipologie di utenti del centro storico, le rilevazioni sono state condotte in diverse fasce orarie sia durante i giorni della settimana che nei weekend. Poiché l’obiettivo dell’indagine è quello di verificare il legame tra stimoli ambientali e conseguenze comportamentali, sono stati esclusi dall’indagine i residenti del centro storico – per i quali la valutazione delle intenzioni di acquisto e del desiderio di permanenza risulta ovviamente distorta esclusivamente per motivi di lavoro. – e coloro i quali si recano nell’area Tal fine è stata inserita nel questionario una apposita domanda filtro. La rilevazione è stata condotta nel periodo aprile-maggio 2007 ed è durata circa due settimane. Al termine del periodo previsto sono risultati disponibili per l’elaborazione 19 277 questionari. Le principali caratteristiche del campione sono sintetizzate nella tabella 1. Tabella 1. Le principali carat t erist iche del cam pione indagat o Sesso % Titolo di Studio % Maschio 54,2 Licenza Elementare 0,8 Femmina 45,8 Licenza Media Inferiore 11,1 Diploma 50,6 Età % Laurea 32,9 15-24 23,9 Post-Laurea 4,5 25-34 21,8 35-44 19,3 Motivazioni prevalenti di visita nel centro storico % 45-64 30,5 Lavoro/Studio 14,7 65 e oltre 4,5 Acquisti 24,0 Frequenza di pubblici esercizi (bar/ristoranti) 14,5 Residenza % Incontrare parenti/amici 10,7 Benevento Città 50,4 Partecipare a eventi/iniziative culturali 10,2 Benevento Provincia 25,4 Passeggiare 24,7 Altro Comune della Regione Comune fuori Regione 20,9 Turismo 0,7 3,3 Altro 0,5 LE SCALE DI MISURA Per rilevare le percezioni degli intervistati è stata utilizzata una scala di Likert a 5 punti. Ciascuno dei costrutti del modello di analisi è stato misurato attraverso una scala multi-item costruita sulla base dell’analisi della letteratura. In particolare le scale relative alle tre categorie di stimoli ambientali indagate (external design, spatial layout and functionality e internal design) sono state ottenute sulla base degli studi sul retailing (Baker, Grewal, Parasuraman, 1994; Baker at alii, 2002) sui servizi (Wakefield, Blodgett, 1998; Bitner, 1992) e sul marketing (Turley, Milliman, 2000). 20 Con riferimento alle variabili endogene, la qualità complessiva del servizio è stata valutata attraverso item basati su quelli utilizzati da Bitner (1990), Cronin e Taylor (1992) e Taylor e Baker (1994); il desiderio di permanenza è stato operazionalizzato sulla base degli studi condotti da Donovan e Rossiter (1982), Wakefield e Blodgett (1996) e Wakefield e Baker (1998); infine per le intenzioni di acquisto si è fatto riferimento alle scale proposte da Parasuraman, Berry e Zeithaml (1991) e da Zeithaml, Berry e Parasuraman (1992). Nonostante tutti gli item utilizzati nell’analisi siano basati su solidi fondamenti teorici, si è deciso di condurre due analisi fattoriali confermative – una sulle variabili esogene e una sulle variabili endogene - allo scopo di verificare la corretta allocazione di ciascuno di essi nella relativa categoria di pertinenza e l’affidabilità di tali categorie per le elaborazioni successive (tab. 2 ). Le analisi fattoriali hanno fornito supporto adeguato alle scale di misura proposte; anche se in entrambi i casi il valore del chi-quadrato (χ2 ) risulta significativo (p<0,001) dal momento che tale indice è estremamente conservativo e sensibile alla numerosità campionaria, nel presente studio - coerentemente con la prassi ormai ampiamente diffusa - l’adeguatezza del modello è stata valutata utilizzando i seguenti indici: il Good-of-Fitness Index (GFI), il Comparative-Fit-Index (CFI) e il Non-Normed-Fit-Index (NNFI); tutte le elaborazioni sono state condotte utilizzando la versione 8.80 del software Lisrel. Come si evince dalla tabella 2 per entrambe le rilevazioni gli indici di performance assumono valori elevati, tali da indurre a giudicare la validità dei costrutti proposti ampiamente soddisfacente: in dettaglio per le variabili esogene si sono ottenuti i seguenti valori: GFI = 0,92, CFI=0,95 e NNFI= 0,91; mentre per le variabili endogene GFI = 0,89, CFI=0,95 e NNFI= 0,92. Tali risultati inducono a giudicare la validità dei costrutti proposti ampiamente soddisfacente. In entrambe le analisi tutti i λ-score dei singoli item raggiungono valori significativi sui rispettivi costrutti di appartenenza, indicando una corretta imputazione di ciascun item alla categoria ipotizzata in partenza. L’affidabilità e la validità delle scale di misura è stata valutata attraverso i test suggeriti da Fornell e Larker (1981) e Bagozzi e Yi (1988); come si evince dalla tabella 3, per tutte le scale utilizzate l’indice che misura la validità complessiva (composite reliability) eccede il valore soglia suggerito di 0,60 (Bagozzi, Yi, 1988). Ad eccezione del costrutto che misura il layout e la funzionalità degli spazi, inoltre, in tutti gli altri casi la percentuale di varianza estratta (average variance extracted) dai costrutti raggiunge il valore consigliato di 0,50 (Fornell, Larker, 1981)6. 6 Per la procedura di calcolo di tali indici si veda Fornell e Larker (1981, pp. 44-46). 21 Allo scopo di verificare se i diversi costrutti sono adeguatamente discriminati, per ciascuna coppia si sono confrontati i quadrati degli indici di correlazione con la percentuale di varianza estratta da ciascuno di essi; come rilevato da Fornell e Larker (1981) affinché i costrutti abbiano una adeguata validità discriminante è necessario che la varianza estratta da ciascuno di essi sia superiore al quadrato delle correlazioni. Fra tutti i confronti effettuati, solo in un caso la verifica ha dato esito negativo: il quadrato della correlazione tra spatial layout and functionality e external design risulta infatti superiore alla varianza estratta per il primo dei due costrutti. Tale risultato, che indica l’esistenza di una correlazione tra le due categorie, potrebbe essere considerato in parte atteso in quanto coerente con l’assunto generale che gli individui percepiscono l’ambiente fisico in maniera “olistica” (Bitner, 1992). Tuttavia, come suggerito da alcuni autori (Baker, Parasuraman, Grewal, Voss, 2002; De Luca, Atuahene-Gima, 2007), l’analisi è stata approfondita attraverso due test successivi. In primo luogo si sono confrontati i risultati dell’analisi fattoriale ottenuti considerando i due costrutti separati l’uno dall’altro (soluzione “a due fattori”) con quelli ottenuti “costringendo” il modello a stimare i due costrutti congiuntamente (soluzione “a un fattore”): dai risultati di tale test si evince che il passaggio dalla soluzione a due fattori (χ2= 67,76, d.f.=13) alla soluzione a un fattore (χ2= 98,51; d.f.= 14) determina un significativo incremento del valore dell’indice Chi-quadrato (Δχ2= 30,75; d.f.= 1; p<0,001) che induce a considerare soddisfatto il requisito della validità discriminante. In secondo luogo si sono calcolati i valori dell’intervallo di confidenza dell’indice di correlazione tra i due costrutti (pari a 0,77) a +/- del doppio del valore dell’errore standard (pari a 0,09); tale intervallo risulta compreso tra 0,59 e 0,95 e poiché esso non include il valore 1, è possibile confermare che i due costrutti sono validamente discriminati (Anderson, Gerbing, 1988). In conclusione, dalle analisi condotte e riportate in questo paragrafo è possibile concludere che le scale di misura utilizzate nel modello risultano complessivamente valide e affidabili. 22 Tabella 2. Le scale di m isura λ-Score (valori stand.) Construct Reliability Varianza Estratta 0,74 0,50 0,70 0,36 0,74 0,51 VARIABILI ESOGENE EXTERNAL DESIGN 0,53 0,70 0,80 Illuminazione Colori Arredi SPATIAL LAYOUT AND FUNCTIONALITY 0,56 0,70 0,53 0,59 Pulizia Pavimentazione Parcheggi/trasp Spostamenti GENERAL INTERIOR DESIGN 0,81 0,61 0,66 Negozi Ristoranti/Bar Intrattenimento Fit Statistics: χ2 = 124,1 (d.f. 32; p< 0,001) GFI = 0,92; CFI= 0,95; NNFI= 0,91 VARIABILI ENDOGENE SERVICE QUALITY Qualità complessiva Qualità superiore Qualità conforme alle attese Preferenza Percezione del tempo Preferenza Passaparola positivo 0,87 0,70 0,88 0,70 0,90 0,88 0,73 BEHAV. INTENTIONS Acquisti futuri 0,58 0,80 DESIRE TO STAY Piacevolezza 0,80 0,72 0,79 0,82 0,86 0,84 Fit Statistics: χ2 = 144,33 (d.f. 24; p< 0,001) GFI = 0,89; CFI= 0,95; NNFI= 0,92 23 5. I RISULTATI Le ipotesi di ricerca proposte sono state testate attraverso un modello di equazioni strutturali, utilizzando il metodo di stima della massima verosimiglianza (maximum likelihood). Coerentemente con la procedura seguita in studi precedenti su temi simili (Yoo, Park, MacInnis, 1998; Baker, Parasuraman, Grewal, Voss, 2002) per stimare il modello ciascun costrutto è stato rappresentato da un unico indice, calcolato come somma dei valori ottenuti dai rispettivi item (summated scale). In aggiunta, come suggerito da Baker, Parasuraman, Grewal e Voss (2002, p. 132) le scale di misura di ciascun costrutto sono state fissate ponendo i rispettivi λ-score pari al quadrato della misura della validità complessiva (composite reliability); infine si è provveduto a incorporare in ciascuna scala un potenziale errore di misurazione ponendo il termine di errore pari al complemento ad uno dell’indice di validità del costrutto. Come si evince dalla tabella 3, i risultati della stima forniscono un valido supporto al modello di analisi ipotizzato; sebbene il valore del χ2 risulti significativo, tutti gli indici di performance sono ampiamente al di sopra del valore soglia di 0,90 che viene comunemente ritenuto come indicativo di un soddisfacente fit del modello ai dati del campione (GFI=0,96; CFI=0,97; NNFI=0,91). Come si ricorderà, le prime tre ipotesi alla base del framework proposto riguardano la relazione positiva tra le tre categorie di stimoli ambientali (external design, spatial layout and functionality e internal design) e la percezione di qualità complessiva dei servizi del centro città (service quality). Dall’analisi dei dati si evince che tale relazione risulta statisticamente significativa per il layout e la funzionalità degli spazi ( 12=0,26; 13=0,70; t=7,30); t=2,03) e, in misura ampiamente maggiore, per il design interno ( pertanto H2 e H3 risultano supportate. Viceversa, il design esterno non risulta influenzare in maniera significativa la qualità percepita ( 11= -0,02; n.s.); di conseguenza H1 non risulta verificata. Il secondo set di ipotesi riguarda il legame tra qualità del servizio e conseguenze comportamentali. Al riguardo le congetture di partenza – espresse dalle ipotesi H4, H5 e H6 – risultano ampiamente confermate dai risultati dell’analisi. Una percezione elevata della qualità dei servizi del centro città sembra infatti accrescere significativamente il desiderio di permanenza per ragioni di svago e di intrattenimento ( 31=0,62; visitatori ( t=9,60) e produce una influenza positiva sulle intenzioni di acquisto dei 21= 0,47; t=5,36); questi ultimi dunque saranno incentivati a tornare a fare acquisti nell’area e a diffondere un passaparola positivo. Inoltre, dall’analisi dei dati si evince l’esistenza di una relazione positiva tra desiderio di permanenza e intenzioni di acquisto ( 32= 0,22; t=2,49); il prolungamento della visita favorisce infatti l’attività di 24 browsing offrendo l’opportunità di approfondire la conoscenza dei prodotti e dunque di raccogliere informazioni utili per massimizzare le decisioni di acquisto. Infine, l’ultima ipotesi di ricerca riguarda la relazione indiretta tra stimoli ambientali e conseguenze comportamentali; in particolare si è ipotizzato che la valutazione complessiva della qualità del servizio costituisce un mediatore del legame tra gli stimoli ambientali, il desiderio di permanenza e le intenzioni di acquisto. Al fine di verificare tale ipotesi sono state condotte due analisi separate per i due output comportamentali. In entrambe le analisi l’effetto di mediazione è stato verificato attraverso la metodologia suggerita da Baron e Kenny (1986); in accordo con gli autori affinchè sussista un effetto di mediazione devono ricorrere tre presupposti: (a) le variabili indipendenti (nel nostro caso external design, spatial layout and functionality e internal design) devono influenzare significativamente la variabile dipendente (behavioral intentions e desire to stay); (b) le variabili indipendenti devono influenzare significativamente la variabile mediatrice (service quality); e infine (c) la variabile mediatrice deve influenzare significativamente la variabile dipendente, riducendo o annullando nel contempo l’effetto delle variabili indipendenti. In coerenza con la condizione posta dal punto (b) il design esterno è stato escluso da questa parte dell’analisi dal momento che, come si è visto, non è significativamente legato alla qualità del servizio, mentre per le altre due variabili indipendenti la condizione posta dal punto (b) risulta essere già stata dimostrata nelle pagine precedenti. Al fine di verificare le relazioni previste nei punti (a) e (c) sono stati stimati due modelli: nel primo si è analizzata la relazione diretta tra le due variabili indipendenti e le intenzioni di acquisto costringendo il link tra variabile mediatrice e variabile dipendente ad assumere valore 0. Gli indici di performance ottenuti suggeriscono un elevato fit dei dati al modello di analisi (χ2=14,6; d.f.=3; GFI=O,98): dall’analisi inoltre si evince l’esistenza di una relazione significativa che unisce le intenzioni di acquisto sia alla funzionalità degli spazi ( 11=0,52; t=7,32) che al design interno ( 12=0,36; t=5,36). Nel secondo modello sono state stimate le stesse relazioni e in aggiunta è stato “liberato” il link tra variabile mediatrice e variabile dipendente; anche in questo caso il fit dei dati è ampiamente soddisfacente (χ2=15,4; d.f.=2; GFI=0,97), tuttavia in conseguenza dell’inserimento del nuovo path la significatività della relazione tra le due categorie di stimoli ambientali e le intenzioni di acquisto risulta notevolmente ridotta ( 11=0,60; t=1,75 e 12=0,42; t=1,61). Da ciò si evince, come suggerito da Baron e Kenny (1986), la relazione tra stimoli ambientali e intenzioni di acquisto è indiretta e pienamente mediata dalla qualità del servizio. La seconda analisi è stata condotta con identica procedura, con l’unica differenza consistente nel fatto che si è considerata come variabile dipendente il desiderio di permanenza. Anche in questo caso le performance delle due stime sono estremamente 25 elevate 7 e l’inserimento del path tra qualità del servizio e variabile dipendente ha determinato una riduzione sostanziale della significatività della relazione tra stimoli ambientali e desiderio di permanenza, suggerendo una mediazione piena da parte della qualità del servizio8. Complessivamente dunque, dalle analisi condotte si evince che sia la funzionalità degli spazi che il design interno del centro città influenzano indirettamente i comportamenti di consumo dei visitatori dell’area (in particolare le intenzioni di acquisto e il desiderio di permanenza) e che tale influenza è mediata dalla qualità del servizio; viceversa per il design esterno non risulta verificata alcuna influenza diretta o indiretta. Pertanto l’ipotesi H7 risulta parzialmente supportata. Tabella 3. La verifica delle ipot esi diret t e del m odello RELAZIONI IPOTIZZATE H1 H2 External Design – Service Quality Spatial Layout and Functionality – Service Quality H3 General Interior Design – Service Quality H4 Service Quality – Desire to Stay H5 Service Quality – Behavioral Intentions H6 Desire to Stay – Behavioral Intentions Fit Statistics: χ2 = 33,32 (d.f. 6; p< 0,001) GFI = 0,96; CFI= 0,97; NNFI= 0,91 7 STANDARD COEFFICIENTS (T-VALUES) RISULTATO -0,02 (n.s.) Non supportata 0,26 (2,03) Supportata 0,70 (7,30) 0,62 (9,60) 0,47 (5,36) 0,22 (2,49) Supportata Supportata Supportata Supportata Nel primo modello, in cui il path tra qualità del servizio e desiderio di permanenza è stato posto uguale a 0 gli indici di performance sono i seguenti: χ2=15,21 d.f.=3 e GFI= 0,98. Nel secondo modello si sono ottenuti i seguenti valori: χ2=15,42 d.f.=3 e GFI= 0,98. 8 In particolare nel primo modello il valore riferito alla relazione diretta tra spatial layout and functionality e desire to stay è pari a γ21= 0,51 (t= 7,32) mentre il valore riferito alla relazione diretta tra internal design e desire to stay è pari a γ22= 0,36 (t= 5,36); nel secondo modello si sono ottenuti invece i seguenti valori: γ21= 0,34 (t= 1,75) e γ22= 0,26 (t=1,61). 26 6. Conclusioni e implicazioni Il presente lavoro sembra fornire un significativo contributo teorico, metodologico ed empirico alla comprensione della relazione tra sistema di offerta urbano e consumatore; per quanto di conoscenza di chi scrive, infatti, si tratta del primo studio che contiene la proposta e la verifica empirica di un framework di analisi finalizzato a verificare l’impatto degli stimoli ambientali presenti nei centri urbani sulla qualità dei servizi complessivamente percepita dai consumatori e sulle relative conseguenze comportamentali in termini di intenzioni di acquisto future e desiderio di permanenza. Dai risultati della verifica empirica si evincono due conclusioni di rilevo: in primo luogo, al pari di quanto dimostrato dagli studi condotti con riferimento allo store environment e al servicescape, anche nell’ambito del centro urbano gli stimoli ambientali esercitano un effetto significativo sulle attitudini e le percezioni dei consumatori. In secondo luogo, i risultati dell’analisi evidenziano il fatto che gli stimoli ambientali non esercitano una influenza diretta sui comportamenti di consumo, in quanto essa risulta mediata dalla percezione complessiva di qualità. Tale risultato appare coerente con i fondamenti della psicologia ambientale e con la teoria del servicescape, i quali suggeriscono che l’ambiente rappresenta un costrutto olistico, la cui influenza sui comportamenti di consumo non è riconducibile tanto ai singoli elementi quanto alla sua configurazione complessiva. Alla luce dei risultati conseguiti, il presente studio fornisce una serie di implicazioni di potenziale interesse sia per i manager pubblici e delle imprese private che operano nei centri urbani, sia per i ricercatori che intendano contribuire all’approfondimento delle dinamiche di interazione tra stimoli ambientali e conseguenze comportamentali. Dal punto di vista manageriale, data la crescente diffusione di interventi finalizzati al miglioramento della funzionalità e dell’estetica degli spazi fisici dei centri urbani – spesso sostenuti da ingenti investimenti pubblici e privati – la proposta di un framework di analisi che consente di isolare l’effetto di specifiche categorie di stimoli ambientali sulle percezioni dei consumatori e indagare il legame tra tali percezioni e le relative conseguenze comportamentali costituisce uno strumento di rilevante utilità sia come supporto per la valutazione preventiva delle priorità di intervento, sia come strumento di monitoraggio ex-post dei risultati conseguiti. Inoltre, il presente lavoro fornisce un contributo potenzialmente rilevante per il miglioramento delle pratiche di physical planning, nell’ambito delle quali la gestione degli spazi fisici risulta di norma subordinata unicamente ai vincoli e alle opportunità delle strutture esistenti (approccio “supply oriented”). I risultati dell’analisi dimostrano invece che l’ambiente fisico costituisce una componente importante del sistema di offerta urbano e pertanto la gestione di tale componente deve tener conto dei bisogni e delle attese dei consumatori. In tale ottica, il framework interpretativo proposto supporta il ricorso a 27 un approccio “demand oriented” al management degli spazi urbani, e dunque l’attivazione di un circuito virtuoso tra urban planning e marketing. Dal punto di vista teorico, il lavoro fornisce un contributo significativo sia alla letteratura di marketing che agli studi sullo urban management. Con riferimento al primo ambito di ricerca, anche se gli studi di marketing hanno dedicato un ampio spazio all’analisi degli effetti indotti dall’ambiente di vendita sulle percezioni e i comportamenti di consumo, fino ad ora mai tale relazione era stata indagata nell’ambito di un sistema di offerta “atipico” come il centro urbano. In tale ottica, il presente studio assume notevole interesse ai fini dell’acquisizione di ulteriori evidenze empiriche riguardanti la relazione tra ambiente di vendita e consumer behavior. Con riferimento alla letteratura sullo urban management, il presente studio è uno dei primi ad analizzare le configurazioni del sistema di offerta urbano secondo una prospettiva customer-based. I contributi prevalenti, infatti, fino ad ora si sono soffermati quasi esclusivamente sull’approfondimento dei diversi approcci manageriali riferiti al centro urbano, adottando in molti casi un metodo di ricerca induttivo. Viceversa, i pochi studi che hanno adottato la prospettiva della domanda si caratterizzano per un taglio unicamente descrittivo che ne limita la rilevanza scientifica. Il presente lavoro dunque contribuisce a colmare questo gap attraverso la proposta e la verifica empirica di un framework analitico che consente di far luce su alcuni aspetti peculiari della relazione tra consumatore e sistema di offerta urbano. Tale framework potrebbe costituire il punto di partenza di ulteriori ricerche finalizzate a fornire una comprensione più approfondita dei meccanismi cognitivi e comportamentali alla base dei comportamenti di consumo nell’ambito dei centri urbani. Ad esempio, ricerche analoghe potrebbero essere condotte nell’ambito di sistemi di offerta urbani caratterizzati da differenti configurazioni (ad esempio i business district) allo scopo di verificare le eventuali differenze nei meccanismi percettivi e nelle condotte di consumo. Ulteriori approfondimenti a partire dal modello di analisi proposto potrebbero inoltre condurre alla elaborazione di un set di indicatori di performance finalizzati ad analizzare gli effetti prodotti da specifici interventi sugli spazi fisici del centro urbano, ad esempio nell’ambito di iniziative di Town Centre Management. Nonostante il lavoro contribuisca a colmare alcuni gap emersi dall’analisi della letteratura, esso presenta alcune limitazioni che potrebbero essere colmate da ricerche future. In particolare, il principale limite consiste nel fatto che il modello di ricerca proposto – basandosi su un framework interpretativo comportamentista - non tiene conto dei profili e delle motivazioni di visita degli acquirenti; tali motivazioni, come dimostrato dagli studi di marketing, esercitano una influenza rilevante sulla valutazione delle diverse componenti dell’ambiente di vendita. Future ricerche potrebbero dunque utilizzare gli shopping motives come mediatori del legame tra ambiente, percezioni e comportamenti; al riguardo, le teorie sul consumo edonistico 28 appaiono idonee a fornire un insieme di variabili individuali potenzialmente in grado di mediare la relazione tra stimoli ambientali, percezioni e conseguenze comportamentali. Infine, studi futuri dovrebbero sicuramente dedicare una maggiore attenzione all’approfondimento dell’influenza delle variabili esterne sui comportamenti di consumo; tali variabili, fino ad ora indagate solo in un numero limitatissimo di ricerche, appaiono di rilevante interesse non solo con riferimento ai centri urbani, ma anche rispetto alle nuove configurazioni dalle grandi strutture extra-urbane che coniugano shopping ed entertainment. 29 Bibliografia Aubert-Gamet V., Cova B (1999), “Servicescapes: From Modern Non-Places To Postmodern Common Places”, Journal of Business Research, vol. 44, pp.37-45. Bagozzi R.P., Yi Y. 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