IV Convegno Annuale della SIM “Il Marketing dei
Talenti”
Roma, 5-6 Ottobre 2007
Sessione “Consumer Behavior”
“L’influenza degli Stimoli Ambientali dei Centri
Urbani sulla Qualità Percepita e sui Comportamenti
di Consumo”∗
Alessandro De Nisco∗, Maria Rosaria Napolitano∗, Angelo Riviezzo∗
Università del Sannio, Benevento
∗
L’attribuzione dei paragrafi tra gli autori è la seguente: i paragrafi 1 e 6 possono essere attribuiti ad
Alessandro De Nisco e Maria Rosaria Napolitano, il paragrafo 3 a tutti e tre gli autori e i paragrafi 2,4 e 5
ad Alessandro De Nisco.
∗
Ricercatore di Marketing presso il Dipartimento di Analisi dei Sistemi Economici e Sociali (DASES)
dell’Università del Sannio di Benevento,
[email protected]
∗
Professore Straordinario di Marketing presso il DASES dell’Università del Sannio,
[email protected]
∗
Professore a Contratto di Marketing Territoriale presso il DASES dell’Università del Sannio,
[email protected]
1. Introduzione
La crescente integrazione dell’economia globale, con i suoi risvolti in termini di
riduzione delle distanze geografiche e dematerializzazione dei processi economici e
sociali, ha determinato notoriamente una profonda riscoperta del ruolo e delle funzioni
delle aree territoriali quali centri nevralgici delle dinamiche di sviluppo. In particolare i
centri urbani, da sempre luoghi privilegiati di scambio e fertilizzazione economica e
sociale, hanno conosciuto negli ultimi anni una rinnovata vitalità, affermandosi come
spazi di attrazione di investimenti, risorse e persone e ridefinendo i propri modelli di
governance per far fronte alle nuove sfide imposte dalla competizione globale. Tra i
percorsi di sviluppo più innovativi, la valorizzazione del commercio e dei servizi
culturali e turistici sembra emergere come uno dei driver di maggiore interesse; in
particolare, i centri urbani a più elevata vocazione storica stanno sostenendo ingenti
investimenti nella riqualificazione estetica e nel miglioramento del design e della
funzionalità delle zone centrali a più elevata concentrazione di attività e servizi, allo
scopo di accrescerne l’attrattività, sostenere la creazione di nuove attività e posti di
lavoro e, più in generale, favorire il recupero della centralità di tali aree in termini
economici e sociali.
Parallelamente
alla
diffusione
di
progetti
e
iniziative
a
livello
nazionale
e
internazionale, il mondo accademico ha dedicato una rilevante attenzione al tema della
riqualificazione urbana, approfondendone in particolare i profili di governo, le forme di
partnership tra stakeholder pubblici e privati e il ruolo dei servizi commerciali
(Warnaby, Davies, 1997; Ravenscroft, 2000; Warnaby et alii, 2002; Whyatt, 2004). Tali
studi, sebbene abbiano contribuito in maniera sostanziale a promuovere nuova
conoscenza sulle nuove configurazioni di sviluppo di tali aree, sembrano tuttavia fino
ad oggi aver trascurato la prospettiva di marketing. Dall’analisi della letteratura
esistente sembra infatti prevalere un approccio incentrato prevalentemente sui
processi manageriali, mentre ancora persiste la carenza di framework teorici che
abbiano approfondito gli antecedenti e le conseguenze dei processi di riqualificazione
secondo una prospettiva consumer-based.
In tale ottica l’obiettivo del presente lavoro è quello di contribuire a colmare alcuni gap
conoscitivi degli studi sul management dei centri urbani, facendo luce su taluni
aspetti peculiari della relazione tra consumatore e sistema di offerta urbano. In
particolare, data la crescente diffusione di interventi finalizzati al miglioramento della
funzionalità e dell’estetica degli spazi fisici, che di norma interessano le aree a più
elevata concentrazione di servizi commerciali e di intrattenimento, si è ritenuto di
rilevante interesse elaborare e testare un modello di analisi finalizzato a verificare la
relazione tra alcune categorie di stimoli ambientali tipicamente presenti nelle aree
urbane, la qualità dei servizi complessivamente percepita dai consumatori e le relative
conseguenze comportamentali in termini di intenzioni di acquisto e desiderio di
permanenza. Con riferimento alla configurazione del costrutto ”ambiente urbano”, la
visione adottata nel presente studio nasce dagli studi di marketing, psicologia
ambientale, retailing e service management; sulla base di tali contributi si è deciso di
prendere in considerazioni tre categorie di stimoli ambientali, che costituiscono di
norma altrettanti ambiti di intervento delle azioni di riqualificazione: (a) il design
esterno (external design), che include l’illuminazione, il colore degli edifici e l’estetica
degli arredi; (b) il layout e la funzionalità degli spazi (spatial layout and functionality)
che include la pulizia delle strade, lo stato della pavimentazione, la disponibilità di
parcheggi e mezzi pubblici e la facilità di spostamento; e (c) il design interno (general
interior design) che include lo stile e l’estetica dei negozi, dei bar e ristoranti e dei
luoghi di intrattenimento (teatri, musei, locali notturni, etc.).
Dal punto di vista della struttura e dell’articolazione logica dei contenuti, il lavoro
risulta suddiviso in due parti: nella prima vengono approfonditi i riferimenti teorici alla
base del framework di analisi ed enunciate le ipotesi di ricerca; nella seconda vengono
presentati i risultati di una verifica empirica condotta nel centro storico di Benevento.
Sulla base dei riscontri ottenuti, vengono discusse le relative implicazioni manageriali
e proposte nuove ipotesi di ricerca.
2. L’analisi della letteratura: gli stimoli ambientali come strumento di
marketing
A partire dagli anni ’70 negli studi di marketing si rileva un evidente interesse per
l’analisi dell’influenza dei fattori situazionali sui comportamenti di consumo; in
particolare, dopo i primi contributi che, prendendo spunto dagli studi di psicologia, si
soffermano sulla proposta di una definizione analitica del costrutto “situazione” e sulla
conseguente elaborazione di una tassonomia delle diverse caratteristiche situazionali
che possono esercitare una influenza significativa sui comportamenti di consumo
(Belk, 1974, 1975; Lutz, Kakkar, 1975; Russell, Mehrabian, 1976), gli studi successivi
si sono concentrati sulla comprensione dell’effetto esercitato dagli stimoli fisici
provenienti dai luoghi di vendita sulle percezioni dei consumatori e sui relativi
shopping outcomes (es. livello di spesa, acquisti di impulso, store loyalty, etc.). Come si
evince dalla ricognizione della letteratura, l’interesse verso tale oggetto di indagine
nasce dalla parallela evoluzione di due ambiti di ricerca complementari, i quali, pur
partendo da presupposti differenti, si sono sviluppati in maniera parallela fino a
3
pervenire ad analoghe implicazioni manageriali. Da una parte i contributi sul
comportamento di acquisto del consumatore (consumer behavior), che hanno
approfondito il profilo degli acquirenti e le motivazioni alla base dello shopping;
dall’altro la letteratura sul retailing, la quale, ponendosi nella prospettiva manageriale,
si è
soffermata sulle possibili forme
evolutive
di differenziazione
dell’offerta
commerciale.
Con riferimento al primo filone di studi, la letteratura afferente l’area del
comportamento di acquisto ha dedicato ingenti sforzi alla comprensione delle diverse
motivazioni connesse all’attività di shopping, giungendo presto alla conclusione che
tale
attività
risponde
a
motivazioni
psicologiche
che
vanno
oltre
il
mero
1
approvvigionamento di beni . Da tali studi si osserva il profilarsi di due distinte
tipologie di acquirenti (Bellenger, Robertson, Greenberg, 1977; Bellenger, Korgaonkar,
1980): l’acquirente economico (economic shopper), che si caratterizza per un
atteggiamento “di convenienza” e cost-oriented, e l’acquirente ricreativo (recreational
shopper) il quale, considerando lo shopping una forma di impiego del tempo libero,
tende a prediligere le strutture commerciali caratterizzate dalla più ampia presenza di
stimoli sensoriali (es. luci, colori, musica) e di servizi accessori. L’emergere di una
categoria di acquirenti per i quali l’acquisto rappresenta non solo una attività
finalizzata all’approvvigionamento di prodotti ma anche una forma di svago e
divertimento pone in luce rilevanti implicazioni per il management delle imprese
commerciali: in particolare, poichè le caratteristiche dell’ambiente di vendita sembrano
costituire un fattore rilevante ai fini della formazione delle preferenze degli acquirenti,
si evidenzia l’esigenza di accrescere la componente emozionale dei luoghi di vendita,
attraverso stimoli sensoriali in grado di caratterizzare in termini edonistici la shopping
experience del consumatore (Yoo, Park, MacInnis, 1998; Jones, 1999; Castaldo, Botti,
2001). Come rilevato da Turley e Milliman (2000, p. 193), “consumers are influenced
by physical stimuli experienced at the point of purchase, then the practice of creating
influential atmospheres should be an important marketing strategy for most exchange
environments”.
Parallelamente ai contributi incentrati sulle caratteristiche degli acquirenti, anche gli
studi sul retailing negli stessi anni hanno posto in enfasi il ruolo degli stimoli
ambientali come strumento di differenziazione dell’offerta commerciale a fronte
dell’incremento della pressione competitiva. Come rilevato da vari autori, infatti, la
crescente standardizzazione dei format commerciali e il conseguente intensificarsi
1
Come rilevato da uno degli studi di maggior rilievo sul tema - dal significativo titolo “Why do
people shop?” (Tauber, 1972) le motivazioni di shopping possono essere classificate in personali
(role playing, diversivo, autogratificazione, apprendimento di nuove mode, attività fisica,
stimolazione sensoriale) e sociali (esperienze sociali, comunicazione con individui aventi
interessi comuni, appartenenza a gruppi di riferimento, manifestazione di status e autorità,
piacere nella contrattazione)
4
della pressione competitiva hanno reso necessario affiancare ai tradizionali benefit
connessi alla funzione logistica del canale distributivo (localizzazione, assortimento,
etc.) nuove fonti di differenziazione, caratterizzate da connotazioni intangibili e quindi
difficilmente imitabili (Worzel, 1987; Berry, 1996; Turley, Chebat, 2002). In
particolare, l’atmosfera del punto vendita e gli stimoli sensoriali ad essa afferenti
sembrano costituire un potenziale driver del processo di creazione del valore (Berry,
1996), soprattutto nei casi in cui l’offerta commerciale dei vari retailer viene percepita
dai consumatori in maniera indifferenziata (Turley, Chebat, 1992). Tra i contributi
seminali di maggior influenza in questo filone di ricerca sicuramente rileva citare
quello di Kotler (1973), che in un celebre studio conia il termine “atmospherics” per
designare “the effort to design buying environments to produce specific emotional
effects in the buyer that enhance his purchase probability” (Kotler, 1973, p. 50). A
partire dallo studio di Kotler, numerose ricerche hanno analizzato il ruolo della
variabili atmosferiche nelle strategie competitive dei retailer, analizzandone le
configurazioni (Turley, Milliman, 2000), i profili manageriali (Castaldo, Botti, 2001;
Turley, Chebat, 2002) e il ruolo nei processi di creazione del valore (Berry, 1996). Tali
studi, parimenti a quanto evidenziato dai contributi sul profilo e le motivazioni degli
acquirenti, giungono alla medesima conclusione che a fronte dell’incremento della
pressione competitiva “finding a unique and effective atmospheric design should be a
primary concern for retailers” (Turley, Chebat, 2002, p. 128).
Il riconoscimento della rilevanza dell’atmosfera del luogo di vendita sulle scelte dei
consumatori e le conseguenti implicazioni per le strategie competitive dei retailer
hanno indotto numerosi studiosi ad indagare in maniera empirica l’influenza
dell’ambiente di vendita sulle percezioni e i comportamenti di consumo. Al riguardo,
come rilevato da Tai e Fung (1997), dal punto di vista metodologico è possibile
distinguere tra i contributi che hanno analizzato l’impatto di singole variabili
dell’ambiente di vendita (es. colore, musica, odori, etc.) sul comportamento di acquisto
e contributi che hanno trattato l’ambiente come un costrutto “olistico” analizzandone
l’effetto complessivo. Nell’ambito di quest’ultimo filone inoltre è possibile distinguere
tra studi che hanno adottato un approccio investigativo non basato su specifici modelli
di analisi (without model-based investigation) e ricerche basate su framework analitici
consolidati
(model-based investigation); nei primi rientrano studi che analizzano
genericamente l’impatto degli stimoli ambientali su specifici stati emotivi come ad
esempio l’umore (Darden, Babin, 1994), mentre i secondi si basano sugli studi di
psicologia ambientale ed in particolare sul noto modello elaborato da Mehrabian e
Russell (1974).
Tale modello ha la sua genesi nel classico schema cognitivista
Stimolo-Organismo-Risposta (SOR), il quale correla le caratteristiche dell’ambiente
(Stimoli) a risposte comportamentali (Risposte) positive (approach) e negative
(avoidance). La struttura affettiva che media tale correlazione (Organismo) viene
5
rappresentata attraverso tre categorie di stati emozionali, identificate dall’acronimo
PAD: il piacere (pleasure) riferito a sensazioni di felicità, piacevolezza e soddisfazione,
l’eccitazione (arousal) che riguarda sensazioni legate alla stimolazione e all’euforia e il
dominio (dominance), che attiene al grado di controllo e di potere sull’ambiente. Alla
base del modello di Mehrabian e Russell vi è dunque una concezione estremamente
sintetica e parsimoniosa dell’ambiente, che viene definito attraverso descrittori basati
sugli stati emotivi indotti nell’individuo; tali stati emotivi, a loro volta, sono alla base
degli atteggiamenti positivi e negativi nei confronti dell’ambiente stesso. Il modello di
analisi proposto dagli autori ha fornito un contributo rilevante alla comprensione della
relazione tra store environment e consumer behavior, evidenziando che gli stati emotivi
vissuti dall’individuo all’interno del luogo di vendita influenzano in maniera
significativa i comportamenti di acquisto. In particolare, come risulta dal primo
contributo di Donovan e Rossiter (1982) la piacevolezza (pleasure) risulta un predittore
significativo del comportamento di risposta del consumatore, influenzando in
particolare il desiderio di permanenza, l’affiliazione e il livello di spesa. L’eccitazione
(arousal) costituisce altresì una variabile rilevante nello spiegare le condotte
individuali, incidendo positivamente soprattutto sull’affiliazione. Ulteriori contributi
basati sul modello di Mehrabian e Russell, pur essendo concordi nel dimostrare
l’esistenza di una relazione significativa tra stati emotivi e comportamenti di acquisto,
si differenziano per la proposta di diverse configurazioni dello store environment, nel
tentativo di incrementare l’efficacia prescrittiva del modello originario2 . Al riguardo,
significativa è anche l’attenzione e l’interesse da parte degli studiosi italiani, che
hanno utilizzato modelli ispirati a quello di Mehrabian e Russell in studi di natura
sperimentale; in particolare tra i contributi di maggiore interesse si rilevano quello di
De Luca (2000), la quale verifica la validità dei costrutti e delle ipotesi del modello PAD
in un punto vendita operante nel settore dell’abbigliamento, e quello di Castaldo e
Botti (2001) i quali definiscono il concetto di experiential shopping, ossia lo shopping
inteso come esperienza di acquisto e determinato dalla “combinazione, all’interno del
punto di vendita, di stimoli sensoriali atti a suscitare una risposta emotiva e di un
soggetto che, per sue caratteristiche individuali e per i benefici ricercati, presenta un
atteggiamento edonistico nei confronti dello shopping” (Castaldo, Botti, 2001, p. 197).
Nel complesso, sebbene dimostrino l’esistenza di una influenza diretta degli stati
emotivi indotti dall’ambiente di vendita sul comportamento di acquisto individuale, gli
2
Tra essi Baker, Grewal e Levy (1992) analizzano l’effetto di due categorie di stimoli ambientali –
ambient cues (luci e musica) e social cues (numerosità e cortesia del personale di contatto) sugli stati emotivi e i comportamenti di acquisto rilevando che le due categorie di stimoli
esercitano un effetto congiunto sulla piacevolezza, mentre gli stimoli sociali influenzano
direttamente l’eccitazione; Yoo, Park e MacInnis (1998) operazionalizzano l’ambiente di vendita
attraverso sette diversi fattori e dimostrano l’esistenza di una influenza positiva sugli stati
emotivi del consumatore per cinque di essi (assortimento, valore complessivo, personale di
contatto, servizio post-vendita e struttura del negozio).
6
studi basati sul modello PAD sembrano tuttavia penalizzati da uno scarso valore
prescrittivo; la principale critica che viene ad essi rivolta, infatti, consiste nella
mancata definizione di una tassonomia univoca di stimoli ambientali e dunque nella
difficoltà di fornire suggerimenti pratici per il design e il management dello store
environment (Baker, Grewal, Levy, 1992; Turley, Chebat, 2002). A fronte di tale
esigenza si rileva dunque la copiosa diffusione di studi condotti a livello elementare o
fattoriale i quali, in un ottica speculare rispetto ai contributi basati sui modelli di
psicologia ambientale, adottano una visione “destrutturata” dell’ambiente di vendita e
si soffermano sull’analisi dell’effetto indotto da specifiche variabili elementari (es. luci,
colori, odori, etc.) o fattori (es. fattori sociali, design, etc.). Tali studi, come notato da
Castaldo e Botti (2001), per la maggior parte adottano un framework interpretativo
comportamentista, ossia non considerano il ruolo di mediazione degli stati emotivi ma
ipotizzano l’esistenza di una relazione diretta tra le caratteristiche dell’ambiente di
vendita (Stimoli) e le condotte del consumatore (Risposte)3.
Oltre alla letteratura sul retailing, anche gli studi sul service management hanno
notoriamente attribuito una grande rilevanza alla gestione dell’ambiente fisico; poiché
infatti i servizi vengono di norma consumati nello stesso luogo in cui vengono prodotti,
gli aspetti tangibili legati all’ambiente e agli strumenti - o quello che viene
comunemente definito supporto fisico (Eiglier, Langeard, 1987) – costituiscono,
insieme al personale di contatto e al cliente, uno delle tre componenti fondamentali del
processo di “fabbricazione” ed erogazione del servizio (c.d. “servuction”). Come rilevato
da Eiglier e Langeard (1987), all’interno del sistema di servuction il supporto fisico
deve fungere al contempo da “vetrina”, attraverso cui comunicare attributi in grado di
influenzare le percezioni e le aspettative dei consumatori (es. qualità, posizionamento,
etc.), e da “officina”, in grado facilitare la realizzazione materiale del servizio (es.
gestione dei flussi, più facile interazione con il personale di contatto, etc.); l’importanza
e il ruolo di tale componente sembra influenzata da diversi fattori legati sia alle
modalità di fruizione che al processo di erogazione. In particolare è stato evidenziato
che l’ambiente fisico rappresenta un fattore rilevante di influenza sulle percezioni e le
attitudini del consumatore quando il servizio viene consumato primariamente per
motivazioni di natura edonistica e il consumatore trascorre un periodo di tempo
consistente nel luogo in cui viene erogato (Wakefield, Blodgett, 1999): tali servizi (es.
concerti, ristoranti, eventi sportivi, etc.) vengono definiti “atmospheric dominant” e
richiedono una rilevante attenzione all’aspetto estetico e alla funzionalità delle
componenti tangibili dal momento che il consumatore “will place much importance on
how the facility looks and, more important, how it feels to them” (Turley, Fugate,
1992, p. 42). Dagli studi sul service management si evince che il supporto fisico
3
Per un approfondimento delle principali categorie oggetto di analisi e dei risultati ottenuti si vedano in
particolare le review di Turley e Milliman (2000) e Yin Lam (2001).
7
costituisce una componente rilevante del processo di valutazione del consumatore;
poiché infatti i servizi hanno natura prevalentemente intangibile, l’acquirente utilizza
frequentemente le componenti fisiche come “surrogato” attraverso cui formare giudizi e
valutazioni individuali (Turley, Fugate, 1992, Wakefield, Blodgett, 1999, Bitner, 1990).
Inoltre, come è stato rilevato, il processo di valutazione si basa soprattutto sul giudizio
maturato durante il cosiddetto service encounter, ossia “the period of time when
consumer interact directly with the firm” (Bitner, 1990, p. 69). Alla luce di tali
considerazioni, i principali contributi che hanno elaborato metodologie empiriche
finalizzate alla rilevazione delle aspettative e dei giudizi degli acquirenti in merito ai
diversi attributi del servizio hanno attribuito un ruolo di rilievo al supporto fisico; tra
essi in particolare si rilevano quelli incentrati sul concetto di qualità (service quality)
(Parasuraman, Berry, Zeithaml, 1988, 1991; Cronin, Taylor, 1992) i quali, basando le
valutazioni sul paradigma della disconfirmation4, annoverano gli aspetti tangibili tra gli
attributi in grado di esercitare una influenza significativa sulla percezione della qualità
globale del servizio attraverso un ampia gamma di contesti (servizi assicurativi,
finanziari, comunicazioni, etc.)5. La qualità del servizio, a sua volta, sembra esercitare
un effetto rilevante sui comportamenti di consumo; una valutazione positiva della
qualità del servizio infatti influenza positivamente la soddisfazione e il valore percepito
(Taylor, Baker, 1994; Cronin, Brady, Hult, 2000) e determina un significativo
incremento delle intenzioni di acquisto, espresse in termini di fedeltà, minore
sensibilità ai concorrenti e alle variazioni di prezzo e passaparola positivo (Zeithaml,
Berry, Parasuraman, 1992; Cronin, Brady, Hult, 2000).
Nonostante il ruolo del supporto fisico sia stato analizzato e ritenuto rilevante sia sotto
il profilo manageriale che rispetto alle percezioni degli acquirenti, la letteratura
manageriale si è tuttavia prevalentemente focalizzata sulle componenti funzionali di
tale supporto, mentre minore enfasi è stata rivolta agli elementi dell’ambiente fisico
caratterizzati da maggiore connotazione estetica (es. colori, musica, arredamento, etc.)
(Wakefield, Blodgett, 1999). Solo di recente la letteratura sui servizi ha approfondito la
4
Secondo tale paradigma il giudizio finale dipende dalla discrepanza tra le aspettative iniziali
(expectations) – che costituiscono il quadro di riferimento per la formazione dei giudizi comparativi – e
la performance effettiva (outcomes) . Pertanto la valutazione sarà positiva nel caso in cui le performance
sono superiori alle aspettative, negativa in caso contrario (Parasuraman, Berry, Zeithaml, 1988). Tale
paradigma, oltre che negli studi sulla qualità del servizio è anche alla base di alcuni dei principali modelli
di valutazione della soddisfazione (customer satisfaction). Per ulteriori approfondimenti sui fondamenti di
tale paradigma si veda in particolare Oliver (1980).
5
Più in dettaglio nel modello SEVQUAL (Parasuraman, Berry, Zeithaml, 1988, 1991) la qualità del
servizio viene valutata rispetto a cinque categorie di fattori: (a) gli aspetti tangibili (tangibles), che
includono le strutture fisiche, gli equipaggiamenti e l’aspetto del personale; (b) l’affidabilità (reliability),
intesa come capacità dell’organizzazione di rispettare le promesse in merito alla erogazione del servizio;
(c) la capacità di risposta (responsiveness), ossia l’attitudine ad aiutare i consumatori in maniera pronta e
sollecita; (d) la rassicurazione (assurance), intesa come competenza e cortesia del personale e capacità di
ispirare fiducia; e (e) l’empatia (empathy), ossia l’attitudine a fornire una risposta personalizzata ai
problemi dei consumatori.
8
dimensione estetica ed emozionale dell’ambiente fisico in cui viene erogato il servizio
attraverso modelli interpretativi che poggiano su presupposti teorici assimilabili a
quelli proposti dai contributi sul retailing. Tra tali modelli sicuramente il più diffuso e
utilizzato è quello del servicescape
(Bitner, 1992) il quale, pur nascendo da una
matrice parzialmente comune agli studi che hanno analizzato l’effetto dello store
environment sugli stati emotivi e i comportamenti di consumo (Donovan, Rossiter,
1982, Donovan et alii, 1994), si distingue per il più ampio campo di applicazione e per
il fatto di integrare sia il punto di vista del consumatore che quello del personale di
contatto (fig. 1).
Figura 1. Il modello del servicescape
Fonte: Bitner (1992)
Come si evince dalla figura 1, il modello del servicescape focalizza l’attenzione sugli
stimoli ambientali che fanno parte del cosiddetto built environment, ossia che sono
costruiti e gestiti dall’organizzazione, mentre vengono escluse le componenti
dell’ambiente sociale e naturale; tali stimoli vengono raggruppati in tre categorie: (a) le
condizioni ambientali (ambient conditions), che includono le caratteristiche di
background dell’ambiente fisico quali la temperatura, le luci, la musica e gli odori; (b)
il layout e la funzionalità degli spazi (spatial layout and functionality) che comprende la
9
configurazione spaziale dei macchinari e delle attrezzature e la loro capacità di
facilitare lo svolgimento delle attività e il raggiungimento degli obiettivi dell’acquirente;
e (c) i segnali, simboli e manufatti (signs, simbols and artifacts), ossia quei segnali,
impliciti o espliciti, che contribuiscono a descrivere il luogo agli utilizzatori (es.
insegne, indicazioni direzionali, etc.). E’ importante rilevare che anche se le tre
categorie di stimoli vengono descritte separatamente, il servicescape viene configurato
come costrutto olistico, il quale influenza in maniera unitaria le percezioni degli
acquirenti e del personale; tale concezione, come si è visto, è in evidente concordanza
con gli studi di psicologia ambientale. Sempre in accordo con tali studi, l’influenza
dell’ambiente sugli atteggiamenti positivi (approach) e negativi (avoid) risulta mediata
da responsi interni di natura psicologica (internal responses) e inerenti la sfera
cognitiva (opinioni, credenze, atteggiamenti, etc.), emotiva (piacere, eccitazione, etc.) e
fisiologica (condizioni di salute, agio/disagio fisico, etc.). Inoltre, in aggiunta agli effetti
sui comportamenti individuali, si ipotizza che il servicescape esercita una influenza
significativa anche sulla natura e la qualità delle interazioni tra clienti e personale di
contatto, soprattutto nei servizi a più spiccata vocazione interpersonale.
La proposta concettuale di Bitner ha aperto la strada ad ulteriori studi, i quali ne
hanno utilizzato gli elementi costitutivi per approfondire in maniera empirica l’effetto
indotto
dal
servicescape
attraverso
diverse
tipologie
di
servizi,
adottando
prevalentemente il punto di vista del consumatore. A differenza dei contributi
tradizionali proposti della letteratura sul service management, i quali hanno analizzato
soprattutto tipologie di servizi in cui il supporto fisico svolge un ruolo funzionale (es.
servizi bancari e assicurativi, customer care, telecomunicazioni, etc.), gli studi sul
servicescape hanno dedicato maggiore enfasi a categorie di servizio caratterizzate da
maggiore contenuto edonistico: in particolare sono stati oggetto di indagine eventi
sportivi (Wakefiel, Blodgett, 1996; Hightower, Brady, Baker, 2002), shopping center e
hotel (Aubert-Gamet, Cova, 1999), cinema e teatri (Wakefield, Blodgett, 1999) casino
(Wakefield, Blodgett, 1996) e aree urbane (Julier, 2005). Nel complesso da tali studi si
evincono risultati che confermano e ampliano le conclusioni riportate dagli studi sul
retailing: il servicescape infatti sembra esercitare un’influenza significativa sulla
componente affettiva legata alle emozioni e alla stimolazione sensoriale dell’acquirente
e tale influenza a sua volta determina un effetto positivo sul desiderio di permanenza e
le intenzioni di acquisto. In tale ottica, l’ambiente emerge quale componente rilevante
della “messa in scena” del servizio e consente di svincolare la relazione con la
domanda dai tradizionali attributi connessi alla sfera funzionale.
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3. Gli elementi costitutivi del modello di analisi
Il modello di analisi proposto integra le teorie sugli stimoli ambientali, le quali
dimostrano l’esistenza di un legame diretto tra variabili fisiche di contesto e
conseguenze comportamentali (Bitner, 1992; Donovan, Rossiter, 1982), con la
letteratura sul service management la quale, come si è approfondito, secondo una
diversa prospettiva analitica ma con uguale finalità, sostiene che (a) gli aspetti
“tangibili”
rappresentano
una
componente
cruciale
della
qualità
del
servizio
(Parasuraman, Zeithaml, Berry, 1988) e (b) che la qualità del servizio percepita dal
consumatore esercita una influenza positiva sulle intenzioni di acquisto (Zeithaml,
Berry, Parasuraman, 1996;
Cronin, Brady, Hult, 2000; Cronin, Taylor, 1992). In
particolare il framework di analisi viene applicato ad un contesto fisico estremamente
composito ed eterogeneo, il centro urbano, con l’obiettivo di approfondire il legame tra
alcune categorie di stimoli tipicamente presenti in tale area, la qualità percepita dai
visitatori e le relative attitudini di consumo.
Sebbene l’esistenza di un legame diretto tra stimoli ambientali e conseguenze
comportamentali sia intuitivo e ampiamente dimostrato in letteratura, il modello
proposto fornisce un contributo significativo all’avanzamento degli studi sul tema
attraverso tre direzioni: in primo luogo si tratta del primo caso in cui tale legame viene
investigato in un sistema di offerta multifunzionale e “aperto” come quello
rappresentato dal centro urbano; i principali contributi delle letteratura di marketing
infatti, come si è visto, fino ad ora si sono concentrati prevalentemente sul singolo
store environment e solo di recente è stata posta una maggiore enfasi su ambienti di
vendita caratterizzati da una maggiore complessità e polifunzionalità (Turley, Chebat,
2002; De Nisco, Napolitano, 2005). In secondo luogo, gli studi di marketing si sono
soffermati prevalentemente sull’effetto prodotto da specifiche variabili ambientali come
la musica (Yalch, Spangenberg, 1990; Mattila, Wirtz, 2001), i colori (Bellizzi, Crowley,
Hasty, 1983) e gli odori (Hirsh, 1995) mentre, come è stato più volte rilevato
(Wakefield, Baker, 1988; Turley, Chebat, 2002), minore enfasi è stata posta sull’analisi
della più ampia configurazione degli stimoli ambientali che sono presenti nei luoghi di
consumo; inoltre, come è stato rilevato (Turley, Milliman, 2000, pag. 195), vi è ancora
una notevole carenza di ricerche finalizzate a verificare l’effetto prodotto da stimoli
ambientali esterni ai luoghi di acquisto (vetrine, design degli edifici, parcheggi, etc.). In
tale ottica il presente lavoro si differenzia dalla letteratura prevalente integrando in un
unico framework interpretativo un set differenziato di stimoli ambientali di natura
interna ed esterna.
Infine, il modello di analisi rappresenta uno dei pochi tentativi di esaminare
empiricamente in che modo un set specifico di variabili ambientali afferenti ad un
11
sistema eterogeneo di servizi (commercio, ristorazione, intrattenimento, etc.) è in grado
di esercitare un effetto inferenziale sulla qualità complessivamente percepita e se tale
inferenza costituisce un mediatore dell’influenza degli stimoli ambientali sui
comportamenti di consumo e di acquisto. Sebbene gli studi di marketing abbiano più
volte dimostrato che l’ambiente di servizio (servicescape) genera stati emotivi in grado
di influenzare le percezioni e i comportamenti del personale di contatto (Baker, Berry,
Parasuraman, 1998; Bitner, 1990; Bitner, 1992) e dei consumatori (Bitner, 1992;
Wakefield, Blodgett, 1996) ancora limitati sono gli studi empirici che analizzano
l’effetto di tali stimoli sulla qualità percepita del servizio (Baker, Grewal, Parasuraman,
1994).
Pertanto, sebbene il modello di analisi proposto condivida non pochi presupposti
teorici e metodologici con studi condotti in passato, l’ambito specifico di applicazione e
il tentativo di integrare e testare in un unico modello relazioni dimostrate in ambiti di
studio differenti lo rendono unico e originale rispetto alla letteratura esistente.
La figura 2 sintetizza graficamente gli elementi costitutivi del modello di analisi. Il
framework interpretativo proposto è ispirato a quello sviluppato da Bitner (1992), nel
quale si ipotizza che gli stimoli ambientali vengono percepiti sia dai consumatori che
dal personale di contatto e che tali stimoli generano comportamenti positivi (approach)
riconducibili ad esempio all’attrazione, al desiderio di permanenza, all’affiliazione e
all’attitudine all’acquisto e comportamenti negativi (avoidance) che sono contrari ai
precedenti. Tuttavia, a differenza di quanto previsto dal modello originario di Bitner, in
cui tale legame risulta mediato da risposte interne (internal responses) di natura
cognitiva (es. credenze, categorie cognitive), emotiva (es. umore, attitudini) e fisiologica
(es. comfort fisico, libertà di movimento), il presente studio non considera gli stati
emotivi individuali come elementi di mediazione tra stimoli ambientali e risposte
comportamentali; viceversa, secondo la prospettiva tipica degli studi di psicologia
ambientale, gli stimoli ambientali vengono considerati come elemento in grado di
generare un effetto inferenziale su specifici attributi o proprietà di un dato oggetto.
Nello specifico, la relazione inferenziale di interesse nel presente studio è quella tra
stimoli ambientali e qualità del servizio (service quality); l’esistenza di tale relazione, si
è visto, risulta coerente con quanto sostenuto da precedenti studi sul service
management (Parasuraman, Zeithaml, Berry, 1988).
Come si evince dalla rappresentazione grafica, pertanto, l’ipotesi di fondo del modello è
che gli stimoli ambientali presenti nel centro urbano esercitano una inferenza positiva
sulla qualità complessiva dei servizi offerti da tale area e che tale percezione, a sua
volta genera un effetto positivo sulle intenzioni di acquisto e sul desiderio di
permanenza dei visitatori; in aggiunta, si è ipotizzato che il desiderio di permanenza
rappresenta un mediatore del legame tra qualità del servizio e intenzioni di acquisto.
Tale sistema di ipotesi, se confermato, porrebbe in evidenza il ruolo cruciale degli
12
stimoli ambientali del centro urbano nei processi di creazione di valore per la
domanda.
Figura 2. Il modello di analisi e i costrutti oggetto di indagine
Con riferimento alle categorie di stimoli ambientali oggetto di analisi, la necessità da
una parte di collocare la ricerca lungo la direttrice di un percorso scientifico
riconosciuto e consolidato e un’opportuna riflessione dall’altra circa la effettiva utilità
prescrittiva dello studio ci hanno indotto a privilegiare nella scelta due criteri
prevalenti: (a) la rilevanza scientifica, in base al quale sono state scelte categorie di
variabili che sono state oggetto di precedenti studi nella letteratura sul marketing, il
retailing e il service management e (b) la rilevanza manageriale, in base al quale si è
scelto di focalizzare l’attenzione sul cosiddetto “built environment” (Bitner, 1992), ossia
su quelle variabili ambientali che sono effettivamente controllabili e gestibili da enti
pubblici e imprese private; viceversa sono state escluse dall’analisi quelle variabili non
visuali – come gli odori, la temperatura e le condizioni climatiche – che sebbene siano
in grado di esercitare un effetto significativo sui comportamenti di consumo, sono
difficilmente controllabili in un contesto fisico come il centro urbano.
Alla luce di tali considerazioni si è pervenuto alla scelta di tre categorie di stimoli
ambientali: (1) il design esterno (external design), che include l’illuminazione, il colore
degli edifici e l’estetica degli arredi; (2) il layout e la funzionalità degli spazi (spatial
layout and functionality) che include la pulizia delle strade, lo stato della
13
pavimentazione, la disponibilità di parcheggi e mezzi pubblici e la facilità di
spostamento; e (3) il design interno (general interior design) che include lo stile e
l’estetica dei negozi, dei bar e ristoranti e dei luoghi di intrattenimento (teatri, musei,
locali notturni, etc.).
4. La definizione delle ipotesi di ricerca
Come si è accennato, il quesito alla base del presente studio è se gli stimoli ambientali
presenti nel centro urbano rappresentano una componente significativa della qualità
complessiva del servizio percepita dal visitatore e se tale percezione, a sua volta,
esercita un effetto positivo sulle intenzioni di acquisto e sul desiderio di permanenza.
Nelle sezioni successive vengono esplicitate in dettaglio le ipotesi di ricerca oggetto di
verifica empirica.
DESIGN ESTERNO (EXTERNAL DESIGN)
Sebbene lo studio seminale di Kotler (1973) sull’efficacia di marketing degli stimoli
ambientali rilevi che il design esterno rappresenta una delle componenti fondamentali
ai fini di una corretta “pianificazione dell’atmosfera” (atmosphere planning), gli studi
successivi sul tema hanno dedicato una scarsa attenzione
a questa parte
dell’ambiente di consumo. Da una recente review condotta da Turley e Milliman (2000)
emerge l’esistenza di soli quattro articoli che hanno analizzato l’effetto di variabili
fisiche esterne sul comportamento dei consumatori. Gli stessi autori rilevano dunque
la necessità di dedicare maggiore attenzione a questa categoria di stimoli, poiché essi
rappresentano “the first set of cues normally seen by a consumer. In these variables
are not managed well, the rest of the atmosphere may not matter” (Turley, Milliman,
2000, pag. 195). Nel presente lavoro si cerca di colmare tale gap ipotizzando che una
valutazione positiva del design esterno del centro urbano produca un effetto favorevole
sulla qualità percepita dei servizi dell’area; tale ipotesi appare intuitivamente
ammissibile e compatibile con gli assunti della letteratura sul service management.
Come si è accennato, il design esterno è stato operazionalizzato attraverso le seguenti
variabili riferite al contesto fisico del centro città: l’illuminazione, i colori e l’estetica
degli arredi. La scelta risulta coerente con quanto rilevato dagli studi di marketing, dai
quali risulta che tali variabili sono quelle maggiormente in grado di influenzare le
attitudini e le percezioni dei consumatori negli ambienti di consumo.
Alla luce delle considerazioni di cui sopra si propone dunque la seguente ipotesi:
14
H1: Migliore è la percezione del design esterno, migliore è percezione della
qualità complessiva dei servizi del centro urbano
FUNZIONALITÀ E LAYOUT DEGLI SPAZI (SPATIAL LAYOUT AND FUNCTIONALITY)
Come rilevato da Bitner (1992), la funzionalità e il layout degli spazi (spatial layout and
functionality) costituiscono una componente rilevante del servicescape e si riferiscono
allo stato di mantenimento delle componenti dello spazio fisico e alla loro capacità di
facilitare il conseguimento degli obiettivi perseguiti dai consumatori. Come suggerito
dall’autrice, tali caratteristiche assumono particolare rilievo quando il consumatore
agisce in condizioni di time-pressure e negli ambienti di servizio privi di personale di
contatto. Dagli studi di marketing che hanno approfondito il legame
fra le
caratteristiche funzionali dei luoghi di acquisto e il profilo degli acquirenti – in
particolare all’interno dei centri commerciali – si evince che la facilità di accesso e la
funzionalità degli spazi fisici
costituiscono fattori rilevanti soprattutto rispetto alle
esigenze del cosiddetto acquirente “economico” (Bellenger, Robertson, Greenberg,
1977; Bellenger, Korgaonkar, 1980). Quest’ultimo, infatti, a differenza dell’acquirente
“ricreativo”, il quale considera lo shopping come una forma di impiego del tempo
libero, si caratterizza per un atteggiamento “di convenienza” e cost-oriented verso
l’attività di acquisto, rispetto alla quale i principali benefici ricercati sono connessi alla
minimizzazione del tempo e delle risorse dedicate. D’altra parte, una adeguata
funzionalità e organizzazione degli spazi sembra influenzare positivamente anche il
legame emotivo tra ambiente di vendita e consumatore: precedenti contributi hanno
infatti evidenziato che una efficiente organizzazione degli spazi di vendita influenza in
modo diretto la piacevolezza dell’ambiente (Castaldo, Botti, 2001) e costituisce un
fattore rilevante per arricchire di contenuti edonistici l’esperienza di acquisto (Jones,
1999).
Appare logico dunque ritenere che così come all’interno degli ambienti di vendita e di
servizio la funzionalità e il layout degli spazi facilita il conseguimento degli obiettivi dei
consumatori, così all’interno del centro urbano un’adeguata manutenzione e
organizzazione degli spazi, tale da agevolare l’accesso e la permanenza dei visitatori, è
in grado di influenzare positivamente l’esperienza di visita e la qualità dei servizi
complessivamente percepita. A partire dall’analisi della letteratura, nel presente studio
si è ritenuto di operazionalizzare tale costrutto attraverso le seguenti variabili riferite
all’ambiente urbano: la pulizia delle strade, lo stato della pavimentazione, la
disponibilità di parcheggi e mezzi pubblici e la facilità di spostamento per i pedoni;
mentre le prime due variabili fanno riferimento alle condizioni generali e alla fruibilità
15
degli spazi dell’area le ultime due riguardano in particolare la facilità di accesso e di
movimento dei visitatori.
Si sottopone dunque a verifica la seguente ipotesi:
H2: Migliore è la percezione della funzionalità e del layout degli spazi, migliore
è percezione della qualità complessiva dei servizi del centro urbano
DESIGN INTERNO (GENERAL INTERIOR DESIGN)
Come si è accennato, la letteratura di marketing ha approfondito in maniera
significativa la relazione tra variabili ambientali interne e comportamenti di consumo.
Tali studi – incentrati prevalentemente sui format commerciali - hanno dimostrato che
gli stimoli riconducibili al design interno dell’ambiente di vendita suscitano emozioni
che influenzano il comportamento d’acquisto dei clienti, e concordano sull’esistenza di
una relazione positiva tra stimoli, esperienze emotive e shopping outcomes (Donovan,
Rossiter, 1982; Donovan et alii, 1994; Turley, Chebat, 2002). Più di recente, anche la
letteratura sul service management, che fin dalle sue origini ha dedicato una forte
attenzione al ruolo del supporto fisico, si è soffermata sull’analisi dell’effetto indotto
dal design interno dell’ambiente; utilizzando il teatro come metafora esplicativa del
processo di erogazione del servizio, alcuni studi pongono in evidenza l’importanza di
dedicare particolare attenzione alla costruzione del “palcoscenico” in cui avviene la
messa in scena dello “spettacolo del servizio” (Grove, Fisk, 1992; Lovelock, 1994). Tale
palcoscenico, oltre a facilitare il processo di erogazione, deve essere in grado di
suscitare atteggiamenti e comportamenti favorevoli da parte del “pubblico” attraverso
un design curato e accattivante.
Tuttavia, sebbene tali considerazioni inducano ragionevolmente a ipotizzare che la
gradevolezza del design interno eserciti una valutazione positiva sulla qualità del
servizio, solo in un numero molto limitato di casi tale relazione è stata sottoposta a
verifica empirica in ambienti di consumo diversi da quelli commerciali (Wakefield,
Blodgett, 1996). Risulta dunque di potenziale interesse indagare tale legame
nell’ambito di un sistema “complesso” come il centro urbano, che si caratterizza per la
prossimità fisica di un’ampia varietà di servizi; in particolare, sulla base dell’analisi
della letteratura, nel presente studio si è deciso focalizzare l’attenzione su quelle
categorie di servizio che appaiono maggiormente “sensibili” all’influenza esercitata dal
design fisico sulle percezioni dei consumatori: il commercio, la ristorazione e
l’intrattenimento.
Si propone dunque la seguente ipotesi:
16
H3: Migliore è la percezione del design interno dei servizi commerciali, di
ristorazione
e
di
intrattenimento,
migliore
è
percezione
della
qualità
complessiva dei servizi del centro urbano
QUALITÀ DEL SERVIZIO (SERVICE QUALITY), DESIDERIO DI PERMANENZA (DESIRE
TO STAY) E INTENZIONI DI ACQUISTO (BEHAVIORAL INTENTIONS)
Come suggerito da Bitner (1992), una valutazione complessivamente positiva
dell’ambiente di servizio si traduce in atteggiamenti positivi (approach) nei confronti
dell’ambiente stesso. Tali atteggiamenti, come evidenziato dagli studi che ispirati ai
modelli di psicologia ambientale (Mehrabian, Russel, 1974; Donovan, Rossiter, 1982;
Donovan et alii, 1994), sono riconducibili a due categorie principali di comportamento:
(a)
il prolungamento tempo speso all’interno del luogo fisico e (b) l’incremento
dell’attitudine favorevole all’acquisto. In particolare fra gli studi di maggior rilievo
riferiti ai luoghi di acquisto, Donovan e Rossiter (1982) e Donovan et alii (1994) hanno
evidenziato che l’esistenza di una significativa correlazione tra il grado di piacevolezza
indotto dall’atmosfera (pleasure), il tempo trascorso all’interno del punto vendita e il
livello di spesa. Attraverso gli anni numerosi studi di marketing, seppur nella varietà
degli stimoli ambientali investigati e nelle metodologie utilizzate, sembrano fornire un
solido supporto all’esistenza di tali relazioni; da una recente review condotta da Turley
e Milliman (2000, p. 206) vengono citati 28 studi che hanno analizzato empiricamente
l’effetto
di
variabili
riconducibili
allo
store
environment
sulle
vendite
e
il
comportamento di acquisto e di questi 25 rilevano l’esistenza di una relazione
significativa. Nello stesso contributo inoltre vengono censiti 16 studi che analizzano
l’impatto dell’ambiente fisico sul tempo speso all’interno del punto vendita; anche in
questo caso i risultati evidenziano l’esistenza di un forte legame tra stimoli ambientali
e desiderio di permanenza; la disponibilità a prolungare la durata della permanenza
all’interno del punto vendita, inoltre, favorendo il browsing e l’acquisizione di
informazioni sui prodotti, sembra esercitare un effetto positivo sui comportamenti di
acquisto (Donovan et alii, 1994; Wakefield, Baker, 1998). Nel complesso, tali studi
inducono a ipotizzare (a) l’esistenza di una relazione diretta tra stimoli ambientali e
risposte comportamentali e (b) l’esistenza di una relazione diretta tra desiderio di
permanenza e intenzioni di acquisto.
Parallelamente agli studi di marketing, anche la letteratura sul service management,
secondo una diversa prospettiva analitica ma con finalità e risultati sostanzialmente
17
analoghi, ha investigato il legame tra ambiente fisico, qualità del servizio e
conseguenze comportamentali (Parasuraman, Zeithaml, Berry, 1988; Zeithaml, Berry,
Parasuraman, 1996; Cronin, Taylor, 1992; Wakefield, Blodgett, 1999; Cronin, Brady,
Hult, 2000). Da tali studi, nei quali l’ambiente fisico viene definito in maniera generica
in considerazione della notevole eterogeneità dei potenziali ambiti di applicazione
(banche, trasporti, servizi alberghieri, etc.), si evince l’esistenza di un legame
significativo qualità del servizio e intenzioni di acquisto; queste ultime in particolare,
vengono operazionalizzate in termini di fedeltà, passaparola positivo e attitudine a
pagare un premium price (Zeithaml, Berry, Parasuraman, 1996; Cronin, Taylor, 1992;
Cronin, Brady, Hult, 2000). Sebbene dall’analisi della letteratura condotta non
risultino ricerche che hanno indagato l’effetto della qualità del servizio sul desiderio di
permanenza in ambiti diversi dal punto vendita, alla luce del framework proposto da
Bitner (1992) appare ragionevole affermare che una percezione positiva della qualità
del servizio determina un incremento della piacevolezza della visita e quindi del tempo
speso. Tali risultati, dunque, inducono a ritenere che la qualità del servizio produce
un effetto positivo sia (a) sulle intenzioni di acquisto che (b) sul desiderio di
permanenza.
Dall’analisi parallela dei due filoni di ricerca, emergono tuttavia ulteriori spunti di forte
interesse; come si è visto, infatti, nonostante essi condividano numerose similarità, vi
è ancora una sostanziale carenza di studi che integrino le conclusioni di entrambi. In
particolare dalla review condotta si evince l’esistenza di un legame diretto tra (a)
stimoli ambientali e qualità del servizio, (b) stimoli ambientali e conseguenze
comportamentali e (c) qualità del servizio e conseguenze comportamentali. Alla luce di
tali risultanze,
sembrerebbe ragionevole ipotizzare che la valutazione complessiva
della qualità del servizio opera da mediatore del legame tra i singoli stimoli ambientali
e le conseguenze comportamentali. L’ipotesi proposta risulta coerente con l’assunto
che la qualità del servizio rappresenta un costrutto “olistico”, che sintetizza il giudizio
globale del consumatore ed esercita un ruolo simile a quello dell’attitudine
(Parasuraman, Zeithaml, Berry, 1988; Bitner, 1992).
Alla luce delle considerazioni di cui sopra vengono sottoposte a verifica le seguenti
ipotesi:
H4: La qualità percepita dei servizi del centro urbano esercita una influenza
positiva sul desiderio di permanenza
H5: La qualità percepita dei servizi del centro urbano esercita una influenza
positiva sulle intenzioni di acquisto
H6: Il desiderio di permanenza esercita un influenza positiva sulle intenzioni di
acquisto
18
In aggiunta alle ipotesi sopra descritte, si verifica anche la seguente ipotesi di relazione
indiretta, ossia:
H7: La qualità percepita dei servizi del centro città costituisce un mediatore
della relazione tra stimoli ambientali e conseguenze comportamentali
5. La metodologia della ricerca e i risultati
Allo scopo di testare il modello di analisi proposto, è stata effettuata una indagine
empirica sui visitatori del centro storico di Benevento; la scelta di tale metodo deriva
dal fatto che, poichè ad essere oggetto di indagine sono le percezioni circa le
caratteristiche dell’ambiente fisico dell’area (external design, spatial layout and
functionality e internal design), si ritiene che condurre le rilevazioni quando gli
intervistati sono a contatto diretto con le variabili di interesse possa consentire
valutazioni più precise e accurate (Donovan, Rossiter, 1982; Donovan et alii, 1994;
Wakefield, Blodgett, 1996; Wakefield, Baker 1998).
La rilevazione è stata condotta nell’ambito delle attività
didattiche del corso di
Strategie d’Impresa ed ha contribuito alla valutazione finale dei partecipanti; pertanto
gli studenti del corso sono stati coinvolti nella somministrazione dei questionari e nelle
prime elaborazioni dei risultati. Prima della somministrazione è stato condotto un pretest su circa venti questionari al fine di verificare la comprensibilità delle domande e i
tempi di somministrazione; sulla base dei risultati preliminari sono state apportate
lievi modifiche al testo di alcune domande.
Il piano di rilevazione stabilito nei briefing preliminari prevedeva che gli intervistatori
si collocassero nei principali punti di transito pedonale del centro storico e
intercettassero i pedoni in maniera sistematica (uno ogni n). Allo scopo di garantire
una più ampia copertura di tutte le tipologie di utenti del centro storico, le rilevazioni
sono state condotte in diverse fasce orarie sia durante i giorni della settimana che nei
weekend.
Poiché l’obiettivo dell’indagine è quello di verificare il legame tra stimoli ambientali e
conseguenze comportamentali, sono stati esclusi dall’indagine i residenti del centro
storico – per i quali la valutazione delle intenzioni di acquisto e del desiderio di
permanenza risulta ovviamente distorta
esclusivamente per motivi di lavoro.
– e coloro i quali si recano nell’area
Tal fine è stata inserita nel questionario una
apposita domanda filtro.
La rilevazione è stata condotta nel periodo aprile-maggio 2007 ed è durata circa due
settimane. Al termine del periodo previsto sono risultati disponibili per l’elaborazione
19
277 questionari. Le principali caratteristiche del campione sono sintetizzate nella
tabella 1.
Tabella 1. Le principali carat t erist iche del cam pione indagat o
Sesso
%
Titolo di Studio
%
Maschio
54,2
Licenza Elementare
0,8
Femmina
45,8
Licenza Media Inferiore
11,1
Diploma
50,6
Età
%
Laurea
32,9
15-24
23,9
Post-Laurea
4,5
25-34
21,8
35-44
19,3
Motivazioni prevalenti di visita
nel centro storico
%
45-64
30,5
Lavoro/Studio
14,7
65 e oltre
4,5
Acquisti
24,0
Frequenza di pubblici esercizi
(bar/ristoranti)
14,5
Residenza
%
Incontrare parenti/amici
10,7
Benevento Città
50,4
Partecipare a eventi/iniziative
culturali
10,2
Benevento Provincia
25,4
Passeggiare
24,7
Altro Comune della
Regione
Comune fuori
Regione
20,9
Turismo
0,7
3,3
Altro
0,5
LE SCALE DI MISURA
Per rilevare le percezioni degli intervistati è stata utilizzata una scala di Likert a 5
punti. Ciascuno dei costrutti del modello di analisi è stato misurato attraverso una
scala multi-item costruita sulla base dell’analisi della letteratura. In particolare le scale
relative alle tre categorie di stimoli ambientali indagate (external design, spatial layout
and functionality e internal design) sono state ottenute sulla base degli studi sul
retailing (Baker, Grewal, Parasuraman, 1994; Baker at alii, 2002) sui servizi
(Wakefield, Blodgett, 1998; Bitner, 1992) e sul marketing (Turley, Milliman, 2000).
20
Con riferimento alle variabili endogene, la qualità complessiva del servizio è stata
valutata attraverso item basati su quelli utilizzati da Bitner (1990), Cronin e Taylor
(1992) e Taylor e Baker (1994); il desiderio di permanenza è stato operazionalizzato
sulla base degli studi condotti da Donovan e Rossiter (1982), Wakefield e Blodgett
(1996) e Wakefield e Baker (1998); infine per le intenzioni di acquisto si è fatto
riferimento alle scale proposte da Parasuraman, Berry e Zeithaml (1991) e da
Zeithaml, Berry e Parasuraman (1992).
Nonostante tutti gli item utilizzati nell’analisi siano basati su solidi fondamenti teorici,
si è deciso di condurre due analisi fattoriali confermative – una sulle variabili esogene
e una sulle variabili endogene - allo scopo di verificare la corretta allocazione di
ciascuno di essi nella relativa categoria di pertinenza e l’affidabilità di tali categorie per
le elaborazioni successive (tab. 2 ).
Le analisi fattoriali hanno fornito supporto adeguato alle scale di misura proposte;
anche se in entrambi i casi il valore del chi-quadrato (χ2 ) risulta significativo (p<0,001)
dal momento che tale indice è estremamente conservativo e sensibile alla numerosità
campionaria, nel presente studio - coerentemente con la prassi ormai ampiamente
diffusa - l’adeguatezza del modello è stata valutata utilizzando i seguenti indici: il
Good-of-Fitness Index (GFI), il Comparative-Fit-Index (CFI) e il Non-Normed-Fit-Index
(NNFI); tutte le elaborazioni sono state condotte utilizzando la versione 8.80 del
software Lisrel.
Come si evince dalla tabella 2 per entrambe le rilevazioni gli indici di performance
assumono valori elevati, tali da indurre a giudicare la validità dei costrutti proposti
ampiamente soddisfacente: in dettaglio per le variabili esogene si sono ottenuti i
seguenti valori: GFI = 0,92, CFI=0,95 e NNFI= 0,91; mentre per le variabili endogene
GFI = 0,89, CFI=0,95 e NNFI= 0,92. Tali risultati inducono a giudicare la validità dei
costrutti proposti ampiamente soddisfacente. In entrambe le analisi tutti i λ-score dei
singoli item raggiungono valori significativi sui rispettivi costrutti di appartenenza,
indicando una corretta imputazione di ciascun item alla categoria ipotizzata in
partenza.
L’affidabilità e la validità delle scale di misura è stata valutata attraverso i test
suggeriti da Fornell e Larker (1981) e Bagozzi e Yi (1988); come si evince dalla tabella
3, per tutte le scale utilizzate l’indice che misura la validità complessiva (composite
reliability) eccede il valore soglia suggerito di 0,60 (Bagozzi, Yi, 1988). Ad eccezione del
costrutto che misura il layout e la funzionalità degli spazi, inoltre, in tutti gli altri casi
la percentuale di varianza estratta (average variance extracted) dai costrutti raggiunge
il valore consigliato di 0,50 (Fornell, Larker, 1981)6.
6
Per la procedura di calcolo di tali indici si veda Fornell e Larker (1981, pp. 44-46).
21
Allo scopo di verificare se i diversi costrutti sono adeguatamente discriminati, per
ciascuna coppia si sono confrontati i quadrati degli indici di correlazione con la
percentuale di varianza estratta da ciascuno di essi; come rilevato da Fornell e Larker
(1981) affinché i costrutti abbiano una adeguata validità discriminante è necessario
che la varianza estratta da ciascuno di essi sia superiore al quadrato delle correlazioni.
Fra tutti i confronti effettuati, solo in un caso la verifica ha dato esito negativo: il
quadrato della correlazione tra spatial layout and functionality e external design risulta
infatti superiore alla varianza estratta per il primo dei due costrutti. Tale risultato, che
indica l’esistenza di una correlazione tra le due categorie, potrebbe essere considerato
in parte atteso in quanto coerente con l’assunto generale che gli individui
percepiscono l’ambiente fisico in maniera “olistica” (Bitner, 1992). Tuttavia, come
suggerito da alcuni autori (Baker, Parasuraman, Grewal, Voss, 2002; De Luca,
Atuahene-Gima, 2007), l’analisi è stata approfondita attraverso due test successivi. In
primo luogo si sono confrontati i risultati dell’analisi fattoriale ottenuti considerando i
due costrutti separati l’uno dall’altro (soluzione “a due fattori”) con quelli ottenuti
“costringendo” il modello a stimare i due costrutti congiuntamente (soluzione “a un
fattore”): dai risultati di tale test si evince che il passaggio dalla soluzione a due fattori
(χ2= 67,76, d.f.=13) alla soluzione a un fattore (χ2= 98,51; d.f.= 14) determina un
significativo incremento del valore dell’indice Chi-quadrato (Δχ2= 30,75; d.f.= 1;
p<0,001) che induce a considerare soddisfatto il requisito della validità discriminante.
In secondo luogo si sono calcolati i valori dell’intervallo di confidenza dell’indice di
correlazione tra i due costrutti (pari a 0,77) a +/- del doppio del valore dell’errore
standard (pari a 0,09); tale intervallo risulta compreso tra 0,59 e 0,95 e poiché esso
non include il valore 1, è possibile confermare che i due costrutti sono validamente
discriminati (Anderson, Gerbing, 1988).
In conclusione, dalle analisi condotte e riportate in questo paragrafo è possibile
concludere che le scale di misura utilizzate nel modello risultano complessivamente
valide e affidabili.
22
Tabella 2. Le scale di m isura
λ-Score
(valori stand.)
Construct
Reliability
Varianza
Estratta
0,74
0,50
0,70
0,36
0,74
0,51
VARIABILI ESOGENE
EXTERNAL DESIGN
0,53
0,70
0,80
Illuminazione
Colori
Arredi
SPATIAL LAYOUT
AND FUNCTIONALITY
0,56
0,70
0,53
0,59
Pulizia
Pavimentazione
Parcheggi/trasp
Spostamenti
GENERAL INTERIOR
DESIGN
0,81
0,61
0,66
Negozi
Ristoranti/Bar
Intrattenimento
Fit Statistics:
χ2 = 124,1 (d.f. 32; p< 0,001)
GFI = 0,92; CFI= 0,95; NNFI= 0,91
VARIABILI ENDOGENE
SERVICE QUALITY
Qualità complessiva
Qualità superiore
Qualità conforme alle
attese
Preferenza
Percezione del tempo
Preferenza
Passaparola positivo
0,87
0,70
0,88
0,70
0,90
0,88
0,73
BEHAV. INTENTIONS
Acquisti futuri
0,58
0,80
DESIRE TO STAY
Piacevolezza
0,80
0,72
0,79
0,82
0,86
0,84
Fit Statistics:
χ2 = 144,33 (d.f. 24; p< 0,001)
GFI = 0,89; CFI= 0,95; NNFI= 0,92
23
5. I RISULTATI
Le ipotesi di ricerca proposte sono state testate attraverso un modello di equazioni
strutturali, utilizzando il metodo di stima della massima verosimiglianza (maximum
likelihood). Coerentemente con la procedura seguita in studi precedenti su temi simili
(Yoo, Park, MacInnis, 1998; Baker, Parasuraman, Grewal, Voss, 2002) per stimare il
modello ciascun costrutto è stato rappresentato da un unico indice, calcolato come
somma dei valori ottenuti dai rispettivi item (summated scale). In aggiunta, come
suggerito da Baker, Parasuraman, Grewal e Voss (2002, p. 132) le scale di misura di
ciascun costrutto sono state fissate ponendo i rispettivi λ-score pari al quadrato della
misura della validità complessiva (composite reliability); infine si è provveduto a
incorporare in ciascuna scala un potenziale errore di misurazione ponendo il termine
di errore pari al complemento ad uno dell’indice di validità del costrutto.
Come si evince dalla tabella 3, i risultati della stima forniscono un valido supporto al
modello di analisi ipotizzato; sebbene il valore del χ2 risulti significativo, tutti gli indici
di performance sono ampiamente al di sopra del valore soglia di 0,90 che viene
comunemente ritenuto come indicativo di un soddisfacente fit del modello ai dati del
campione (GFI=0,96; CFI=0,97; NNFI=0,91).
Come si ricorderà, le prime tre ipotesi alla base del framework proposto riguardano la
relazione positiva tra le tre categorie di stimoli ambientali (external design, spatial
layout and functionality e internal design) e la percezione di qualità complessiva dei
servizi del centro città (service quality). Dall’analisi dei dati si evince che tale relazione
risulta statisticamente significativa per il layout e la funzionalità degli spazi (
12=0,26;
13=0,70;
t=7,30);
t=2,03) e, in misura ampiamente maggiore, per il design interno (
pertanto H2 e H3 risultano supportate. Viceversa, il design esterno non risulta
influenzare in maniera significativa la qualità percepita (
11=
-0,02; n.s.); di
conseguenza H1 non risulta verificata.
Il secondo set di ipotesi riguarda il legame tra qualità del servizio e conseguenze
comportamentali. Al riguardo le congetture di partenza – espresse dalle ipotesi H4, H5
e H6 – risultano ampiamente confermate dai risultati dell’analisi. Una percezione
elevata
della
qualità
dei
servizi
del
centro
città
sembra
infatti
accrescere
significativamente il desiderio di permanenza per ragioni di svago e di intrattenimento
(
31=0,62;
visitatori (
t=9,60) e produce una influenza positiva sulle intenzioni di acquisto dei
21=
0,47; t=5,36); questi ultimi dunque saranno incentivati a tornare a fare
acquisti nell’area e a diffondere un passaparola positivo. Inoltre, dall’analisi dei dati si
evince l’esistenza di una relazione positiva tra desiderio di permanenza e intenzioni di
acquisto (
32=
0,22; t=2,49); il prolungamento della visita favorisce infatti l’attività di
24
browsing offrendo l’opportunità di approfondire la conoscenza dei prodotti e dunque di
raccogliere informazioni utili per massimizzare le decisioni di acquisto.
Infine, l’ultima ipotesi di ricerca riguarda la relazione indiretta tra stimoli ambientali e
conseguenze comportamentali; in particolare si è ipotizzato che la valutazione
complessiva della qualità del servizio costituisce un mediatore del legame tra gli
stimoli ambientali, il desiderio di permanenza e le intenzioni di acquisto.
Al fine di verificare tale ipotesi sono state condotte due analisi separate per i due
output comportamentali. In entrambe le analisi l’effetto di mediazione è stato verificato
attraverso la metodologia suggerita da Baron e Kenny (1986); in accordo con gli autori
affinchè sussista un effetto di mediazione devono ricorrere tre presupposti: (a) le
variabili indipendenti (nel nostro caso external design, spatial layout and functionality
e internal design) devono influenzare significativamente la variabile dipendente
(behavioral intentions e desire to stay); (b) le variabili indipendenti devono influenzare
significativamente la variabile mediatrice (service quality); e infine (c) la variabile
mediatrice deve influenzare significativamente la variabile dipendente, riducendo o
annullando nel contempo l’effetto delle variabili indipendenti. In coerenza con la
condizione posta dal punto (b) il design esterno è stato escluso da questa parte
dell’analisi dal momento che, come si è visto, non è significativamente legato alla
qualità del servizio, mentre per le altre due variabili indipendenti la condizione posta
dal punto (b) risulta essere già stata dimostrata nelle pagine precedenti.
Al fine di verificare le relazioni previste nei punti (a) e (c) sono stati stimati due
modelli: nel primo si è analizzata la relazione diretta tra le due variabili indipendenti e
le intenzioni di acquisto costringendo il link tra variabile mediatrice e variabile
dipendente ad assumere valore 0. Gli indici di performance ottenuti suggeriscono un
elevato fit dei dati al modello di analisi (χ2=14,6; d.f.=3; GFI=O,98): dall’analisi inoltre
si evince l’esistenza di una relazione significativa che unisce le intenzioni di acquisto
sia alla funzionalità degli spazi (
11=0,52;
t=7,32) che al design interno (
12=0,36;
t=5,36). Nel secondo modello sono state stimate le stesse relazioni e in aggiunta è stato
“liberato” il link tra variabile mediatrice e variabile dipendente; anche in questo caso il
fit dei dati è ampiamente soddisfacente (χ2=15,4; d.f.=2; GFI=0,97), tuttavia in
conseguenza dell’inserimento del nuovo path la significatività della relazione tra le due
categorie di stimoli ambientali e le intenzioni di acquisto risulta notevolmente ridotta
(
11=0,60;
t=1,75 e
12=0,42;
t=1,61). Da ciò si evince, come suggerito da Baron e
Kenny (1986), la relazione tra stimoli ambientali e intenzioni di acquisto è indiretta e
pienamente mediata dalla qualità del servizio.
La seconda analisi è stata condotta con identica procedura, con l’unica differenza
consistente nel fatto che si è considerata come variabile dipendente il desiderio di
permanenza. Anche in questo caso le performance delle due stime sono estremamente
25
elevate 7 e l’inserimento del path tra qualità del servizio e variabile dipendente ha
determinato una riduzione sostanziale della significatività della relazione tra stimoli
ambientali e desiderio di permanenza, suggerendo una mediazione piena da parte
della qualità del servizio8.
Complessivamente dunque, dalle analisi condotte si evince che sia la funzionalità degli
spazi che il design interno del centro città influenzano indirettamente i comportamenti
di consumo dei visitatori dell’area (in particolare le intenzioni di acquisto e il desiderio
di permanenza) e che tale influenza è mediata dalla qualità del servizio; viceversa per il
design esterno non risulta verificata alcuna influenza diretta o indiretta. Pertanto
l’ipotesi H7 risulta parzialmente supportata.
Tabella 3. La verifica delle ipot esi diret t e del m odello
RELAZIONI IPOTIZZATE
H1
H2
External Design – Service Quality
Spatial Layout and Functionality – Service
Quality
H3
General Interior Design – Service Quality
H4
Service Quality – Desire to Stay
H5
Service Quality – Behavioral Intentions
H6
Desire to Stay – Behavioral Intentions
Fit Statistics:
χ2 = 33,32 (d.f. 6; p< 0,001)
GFI = 0,96; CFI= 0,97; NNFI= 0,91
7
STANDARD
COEFFICIENTS
(T-VALUES)
RISULTATO
-0,02
(n.s.)
Non supportata
0,26
(2,03)
Supportata
0,70
(7,30)
0,62
(9,60)
0,47
(5,36)
0,22
(2,49)
Supportata
Supportata
Supportata
Supportata
Nel primo modello, in cui il path tra qualità del servizio e desiderio di permanenza è stato posto uguale a
0 gli indici di performance sono i seguenti: χ2=15,21 d.f.=3 e GFI= 0,98. Nel secondo modello si sono
ottenuti i seguenti valori: χ2=15,42 d.f.=3 e GFI= 0,98.
8
In particolare nel primo modello il valore riferito alla relazione diretta tra spatial layout and
functionality e desire to stay è pari a γ21= 0,51 (t= 7,32) mentre il valore riferito alla relazione diretta tra
internal design e desire to stay è pari a γ22= 0,36 (t= 5,36); nel secondo modello si sono ottenuti invece i
seguenti valori: γ21= 0,34 (t= 1,75) e γ22= 0,26 (t=1,61).
26
6. Conclusioni e implicazioni
Il presente lavoro sembra fornire un significativo contributo teorico, metodologico ed
empirico alla comprensione della relazione tra sistema di offerta urbano e
consumatore; per quanto di conoscenza di chi scrive, infatti, si tratta del primo studio
che contiene la proposta e la verifica empirica di un framework di analisi finalizzato a
verificare l’impatto degli stimoli ambientali presenti nei centri urbani sulla qualità dei
servizi complessivamente percepita dai consumatori e sulle relative conseguenze
comportamentali in termini di intenzioni di acquisto future e desiderio di permanenza.
Dai risultati della verifica empirica si evincono due conclusioni di rilevo: in primo
luogo, al pari di quanto dimostrato dagli studi condotti con riferimento allo store
environment e al servicescape, anche nell’ambito del centro urbano gli stimoli
ambientali esercitano un effetto significativo sulle attitudini e le percezioni dei
consumatori. In secondo luogo, i risultati dell’analisi evidenziano il fatto che gli stimoli
ambientali non esercitano una influenza diretta sui comportamenti di consumo, in
quanto essa
risulta mediata dalla percezione complessiva di qualità. Tale risultato
appare coerente con i fondamenti della psicologia ambientale e con la teoria del
servicescape, i quali suggeriscono che l’ambiente rappresenta un costrutto olistico, la
cui influenza sui comportamenti di consumo non è riconducibile tanto ai singoli
elementi quanto alla sua configurazione complessiva.
Alla luce dei risultati conseguiti, il presente studio fornisce una serie di implicazioni di
potenziale interesse sia per i manager pubblici e delle imprese private che operano nei
centri urbani, sia per i ricercatori che intendano contribuire all’approfondimento delle
dinamiche di interazione tra stimoli ambientali e conseguenze comportamentali. Dal
punto di vista manageriale, data la crescente diffusione di interventi finalizzati al
miglioramento della funzionalità e dell’estetica degli spazi fisici dei centri urbani –
spesso sostenuti da ingenti investimenti pubblici e privati – la proposta di un
framework di analisi che consente di isolare l’effetto di specifiche categorie di stimoli
ambientali sulle percezioni dei consumatori e indagare il legame tra tali percezioni e le
relative conseguenze comportamentali costituisce uno strumento di rilevante utilità
sia come supporto per la valutazione preventiva delle priorità di intervento, sia come
strumento di monitoraggio ex-post dei risultati conseguiti. Inoltre, il presente lavoro
fornisce un contributo potenzialmente rilevante per il miglioramento delle pratiche di
physical planning, nell’ambito delle quali la gestione degli spazi fisici risulta di norma
subordinata unicamente ai vincoli e alle opportunità delle strutture esistenti
(approccio “supply oriented”). I risultati dell’analisi dimostrano invece che l’ambiente
fisico costituisce una componente importante del sistema di offerta urbano e pertanto
la gestione di tale componente deve tener conto dei bisogni e delle attese dei
consumatori. In tale ottica, il framework interpretativo proposto supporta il ricorso a
27
un approccio “demand oriented” al management degli spazi urbani, e dunque
l’attivazione di un circuito virtuoso tra urban planning e marketing.
Dal punto di vista teorico, il lavoro fornisce un contributo significativo sia alla
letteratura di marketing che agli studi sullo urban management. Con riferimento al
primo ambito di ricerca, anche se gli studi di marketing hanno dedicato un ampio
spazio all’analisi degli effetti indotti dall’ambiente di vendita sulle percezioni e i
comportamenti di consumo, fino ad ora mai tale relazione era stata indagata
nell’ambito di un sistema di offerta “atipico” come il centro urbano. In tale ottica, il
presente studio assume notevole interesse ai fini dell’acquisizione di ulteriori evidenze
empiriche riguardanti la relazione tra ambiente di vendita e consumer behavior. Con
riferimento alla letteratura sullo urban management, il presente studio è uno dei primi
ad analizzare le configurazioni del sistema di offerta urbano secondo una prospettiva
customer-based. I contributi prevalenti, infatti, fino ad ora si sono soffermati quasi
esclusivamente sull’approfondimento dei diversi approcci manageriali riferiti al centro
urbano, adottando in molti casi un metodo di ricerca induttivo. Viceversa, i pochi
studi che hanno adottato la prospettiva della domanda si caratterizzano per un taglio
unicamente descrittivo che ne limita la rilevanza scientifica. Il presente lavoro dunque
contribuisce a colmare questo gap attraverso la proposta e la verifica empirica di un
framework analitico che consente di far luce su alcuni aspetti peculiari della relazione
tra consumatore e sistema di offerta urbano. Tale framework potrebbe costituire il
punto di partenza di ulteriori ricerche finalizzate a fornire una comprensione più
approfondita dei meccanismi cognitivi e comportamentali alla base dei comportamenti
di consumo nell’ambito dei centri urbani. Ad esempio, ricerche analoghe potrebbero
essere condotte nell’ambito di sistemi di offerta urbani caratterizzati da differenti
configurazioni (ad esempio i business district) allo scopo di verificare le eventuali
differenze
nei
meccanismi
percettivi
e
nelle
condotte
di
consumo.
Ulteriori
approfondimenti a partire dal modello di analisi proposto potrebbero inoltre condurre
alla elaborazione di un set di indicatori di performance finalizzati ad analizzare gli
effetti prodotti da specifici interventi sugli spazi fisici del centro urbano, ad esempio
nell’ambito di iniziative di Town Centre Management.
Nonostante il lavoro contribuisca a colmare alcuni gap emersi dall’analisi della
letteratura, esso presenta alcune limitazioni che potrebbero essere colmate da ricerche
future. In particolare, il principale limite consiste nel fatto che il modello di ricerca
proposto – basandosi su un framework interpretativo comportamentista - non tiene
conto dei profili e delle motivazioni di visita degli acquirenti; tali motivazioni, come
dimostrato dagli studi di marketing, esercitano una influenza rilevante sulla
valutazione delle diverse componenti dell’ambiente di vendita. Future ricerche
potrebbero dunque utilizzare gli shopping motives come mediatori del legame tra
ambiente, percezioni e comportamenti; al riguardo, le teorie sul consumo edonistico
28
appaiono idonee a fornire un insieme di variabili individuali potenzialmente in grado di
mediare la relazione tra stimoli ambientali, percezioni e conseguenze comportamentali.
Infine, studi futuri dovrebbero sicuramente dedicare una maggiore attenzione
all’approfondimento dell’influenza delle variabili esterne sui comportamenti di
consumo; tali variabili, fino ad ora indagate solo in un numero limitatissimo di
ricerche, appaiono di rilevante interesse non solo con riferimento ai centri urbani, ma
anche rispetto alle nuove configurazioni dalle grandi strutture extra-urbane che
coniugano shopping ed entertainment.
29
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