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NUME2021 Vetri

2021, M. DAVID - M.S. GRAZIANO - E. PRANDINI, “Vetri da finestra in Ostia tardoantica”, in VII ciclo di studi medievali (atti del convegno: Firenze, 7-10 giugno 2021), Firenze 2021, pp. 43-46 ill.

Nell’ambito delle indagini del Progetto Ostia Marina, missione archeologica dell’Università di Bologna a Ostia antica, è stata recuperata un’ingente quantità di frammenti di vetri da finestra. I reperti provengono dagli strati dell’edificio IV, ix, 5 inquadrabili tra il III e il V sec. d.C. I vetri da finestra sono stati probabilmente realizzati tramite colatura su piastra. Alcuni reperti presentano tracce dell’impiego di spatole e di altri strumenti utilizzati nella lavorazione. Attraverso l’analisi dei frammenti è stato possibile aggiungere un prezioso tassello alle conoscenze delle produzioni di vetro da finestra nel territorio ostiense.

VII Ciclo di Studi Medievali Atti del Convegno 7-10 giugno 2021 Firenze Prima edizione 2021 Edizioni EBS ISBN 979-12-5968-187-4 Copyright © 2021 NUME Gruppo di Ricerca sul Medioevo Latino Finito di stampare nel mese di Maggio 2021 Presso Eta Beta-ps in Lesmo (MB) È vietata la riproduzione, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e per qualsiasi utilizzo, anche ad uso didattico, se non autorizzata in forma scritta dal Curatore. Vetri da finestra in Ostia tardoantica Massimiliano David, Maria Stella Graziano, Eleonora Prandini Nell’ambito delle indagini del Progetto Ostia Marina, missione archeologica dell’Università di Bologna a Ostia antica, è stata recuperata un’ingente quantità di frammenti di vetri da finestra. I reperti provengono dagli strati dell’edificio IV, ix, 5 inquadrabili tra il III e il V sec. d.C. I vetri da finestra sono stati probabilmente realizzati tramite colatura su piastra. Alcuni reperti presentano tracce dell’impiego di spatole e di altri strumenti utilizzati nella lavorazione. Attraverso l’analisi dei frammenti è stato possibile aggiungere un prezioso tassello alle conoscenze delle produzioni di vetro da finestra nel territorio ostiense. Keywords: Ostia, Progetto Ostia Marina, Tarda Antichità, Vetro, Vetri da finestra Premessa I pannelli in vetro per finestre potevano essere realizzati in vari modi: il metodo più comune era quello della soffiatura “a cilindro”, che andò parzialmente a sostituire, nel corso del III secolo d.C., l’uso di colare e stendere il vetro fuso entro vassoi di legno o metallo1. Esistevano poi vetri da finestra realizzati con il metodo della “calotta emisferica”, destinati principalmente alla copertura di oculi negli impianti termali2. Tali soluzioni sono documentate anche nelle pitture parietali e nei mosaici di epoca tardoantica3. Piuttosto scarse sono le attestazioni archeologiche riguardanti le finestre degli edifici di Ostia4. Sono infatti sporadici i ritrovamenti di frammenti di vetro piano destinato all’illuminazione e praticamente assenti le testimonianze in situ. Dai depositi stratigrafici degli ambienti XVI e XXV delle Terme del Nuotatore provengono quattordici frammenti di lastre da finestra, tutti incolori con sfumature verdi, probabilmente prodotti con la tecnica della soffiatura “a cilindro”5. È certo, inoltre, che Ostia abbia avuto in epoca tardoantica almeno due centri di produzione vetraria e che in essi si fabbricasse non solo vasellame, ma anche vetro destinato all’architettura6. Per questi motivi, il ritrovamento di quasi centotrenta frammenti di vetro da finestra all’interno dell’edificio IV, ix, 5, tutti simili tra loro sia per qualità sia per tecnica di realizzazione, aggiunge un’importante testimonianza sull’uso del vetro negli edifici tardoantichi della città. (M.S.G.) L’edificio IV, ix, 5 Nell’insula IV, ix di Ostia, situata nel quartiere marittimo della città, le ricerche del Progetto Ostia Marina hanno portato alla scoperta di un nuovo edificio: la Caupona del dio Pan (IV, ix, 5)7. La struttura fu costruita nel corso del III secolo d.C. e subì un’importante ristrutturazione nel corso del IV secolo8. Nel corso delle ultime campagne di scavo è stato possibile scavare integralmente l’edificio e scoprire così le raffinate decorazioni che ne rivestivano le pareti e i pavimenti9. Nel I secolo d.C. l’area era occupata da un edificio10 che fu poi quasi completamente obliterato con la costruzione della Caupona stessa. A sud, la Caupona confinava con un edificio a carattere abitativo e commerciale, il Caseggiato delle due scale, da cui era separata tramite uno stretto vicolo. Durante la sua ultima fase di vita, la Caupona era composta da un grande ambiente centrale (amb. 3) sul quale si affacciavano alcuni vani più piccoli (amb. 7, 8). L’ambiente 3 era inoltre collegato con il vano n. 1 (spelaeum del mitreo) e con quello affacciato su via della Marciana (amb. n. 5). Dal vicolo ad est era infine possibile accedere ai vani di servizio, dove erano dislocate la cucina e la dispensa (amb. 6)11. 43 Gli alzati della struttura si conservano oggi per un’altezza media di 1,30-1,40 metri. L’unica eccezione è il vano n. 1, leggermente ribassato rispetto agli altri, in cui i muri raggiungono in altezza quasi 2 metri. È stato possibile documentare un’unica apertura per finestra, situata nel vano n. 1, verso nord, costruita nella seconda fase della struttura, tamponando parzialmente un accesso. È però possibile ipotizzare che il vano centrale (amb. 3), verosimilmente più alto rispetto a quelli laterali, avesse delle aperture collocate nella parte alta dei muri perimetrali. Questo accorgimento costruttivo permetteva infatti di acquisire luce naturale dall’esterno e di illuminare così un ambiente che non confinava direttamente con il cortile o la strada. All’interno dell’edificio e nelle aree annesse, le indagini stratigrafiche hanno documentato intense attività di spoliazione tardomedievale e moderne che hanno compromesso buona parte degli strati in giacitura primaria12. Queste operazioni prevedevano la liberazione di piccole aree di scavo dalle macerie che venivano accumulate in prossimità dello scavo, nello stesso vano o in quelli subito vicini. La cronologia dei reperti rinvenuti, inoltre, è quasi del tutto omogenea, e coincide con l’ultima fase di vita della struttura, datata tra la seconda metà del IV e gli inizi del V secolo d.C. Ciò porta a supporre che tali materiali, seppur rimescolati dalle spoliazioni, dovevano trovarsi poco lontani dal luogo di giacitura primaria, forse negli stessi ambienti o in quelli annessi. (M.D.) I materiali in vetro Negli strati di spoliazione dell’edificio IV, ix, 5 e nelle aree prossime sono stati rinvenuti 123 frammenti pertinenti a vetri da finestra13, che presentano dimensioni variabili tra 4 e 8 cm con uno spessore tra 0,3 e 0,5 cm. Tutte i pezzi presentano un lato con superficie liscia e traslucida e l’altro con superficie più ruvida e opaca. Le caratteristiche dei frammenti inducono a ritenere che siano stati realizzati con la tecnica della colatura entro stampo. I frammenti sono stati suddivisi in gruppi in base alla loro colorazione e alle caratteristiche delle bolle d’aria: se ne sono individuati quattro riferibili probabilmente ad altrettante finestre. Il gruppo più numeroso (60% del totale) è composto da vetri quasi completamente incolori con bolle Fig. 1: Vetri da finestra rinvenuti nello scavo dell'Edificio IX, d’aria di dimensioni comprese tra 0,1 iv, 5 di Ostia. N. 1: vetri piani trasparenti con bolle allungate; e 0,3 cm quasi tutte allungate (Fig. 1, n. 2: vetri piani trasparenti con bolle circolari; n. 3: vetri piani n. 1); il secondo gruppo (20%) include vetri incolori con una leggera trasparenti con sfumature celesti; n. 4: vetri piani con sfumature verdi (elab. M.S. Graziano) opacità bianca e bolle circolari di piccolissime dimensioni (Fig. 1, n. 2); il terzo gruppo (15%) presenta leggere sfumature celesti (Fig. 1, n. 3) e bolle tutte circolari con dimensioni variabili (tra 0,1 e 0,3 cm); il quarto è costituito da sporadici frammenti trasparenti con 44 sfumature verdi e bolle allungate (con qualche rara eccezione di forma circolare) di dimensioni comprese tra 0,1 e 0,3 cm (Fig. 1, n. 4). (M.S.G.) Analisi delle tecniche di lavorazione Il metodo della colatura entro stampo consisteva nel distendere il vetro fuso entro vassoi di legno o metallo, tramite l’uso di spatole e pinze. Tale tecnica fu preferita per un lungo periodo e solo dopo la metà del III secolo d.C. venne probabilmente quasi completamente soppiantata dal nuovo metodo della soffiatura “a cilindro”14. Nel corso degli ultimi anni, sono stati numerosi i ritrovamenti di vetro piano in molte parti dell’Impero romano15. Anche i reperti rinvenuti nell’edificio IV, ix, 5 di Ostia sono stati probabilmente realizzati con la stessa tecnica. Il vetro è infatti tendenzialmente piuttosto spesso (la maggior parte dei reperti ha uno spessore che si aggira tra i 0,3 e i 0,4 cm) e almeno 15 frammenti (equamente distribuiti nei quattro gruppi identificati) presentano uno dei lati arrotondato, che corrispondeva alla parte finale della lastra (Fig. 2). Fig. 2: Vetri da finestra rinvenuti nello scavo Sono state evidenziate inoltre numerose dell'Edificio IX, iv, 5 di Ostia: vetri piani con un lato tracce di piccole impressioni sul vetro, arrotondato (elab. E. Prandini) eseguite quando la massa era ancora calda e tramite l’utilizzo di pinze o spatole. I segni di lavorazione si presentano circolari o allungati e spesso si collocano a ridosso della parte terminale del frammento, nelle vicinanze del bordo arrotondato. Si tratterebbe dunque verosimilmente delle tracce degli utensili utilizzati per distendere la massa vetrosa nel pannello (Fig. 3). (E.P.) Fig. 3: Vetri da finestra rinvenuti nello scavo dell'Edificio IX, iv, 5 di Ostia: disegni di alcuni dei vetri piani che presentavano tracce di lavorazione (elab. E. Prandini) 45 M. Sternini, La fenice di sabbia. Storia e tecnologia del vetro, Bari 1995; F. Dell’Acqua, Le finestre invetriate nell’antichità romana, in M. Beretta, G. Di Pasquale (a cura di), Vitrum. Il vetro fra arte e scienza nel mondo romano, Firenze 2004, pp. 109-119; L. Mandruzzato, T. Medici, M. Uboldi (a cura di), Il vetro in Italia centrale dall’antichità al contemporaneo (atti delle XVII giornate nazionali di studio sul vetro: Massa Martana e Perugia, 11-12 maggio 2013), Cremona 2015, pp. 139-144. 2 S.D. Fontaine, D. Foy, Sulla diversità delle vetrate antiche: vetri da finestra a calotta emisferica e vetrate di pietra speculare, in M.G. Diani, T. Medici, M. Uboldi (a cura di), Produzione e distribuzione del vetro nella storia: un fenomeno di globalizzazione (atti della XI giornata nazionale di studio in memoria di Gioia Meconcelli: Bologna, 16-18 dicembre 2005), Trieste 2011, pp. 35-36. 3 Si pensi agli esempi nelle catacombe della via Latina a Roma, ai mosaici ravennati e alle raffigurazioni della Villa di Bad Kreuznach. 4 Per le Terme del Foro cfr. I. Miliaresis, Throwing money out the window: fuel in the Forum Baths at Ostia, in R. Veal - V. Leitch (a cura di), Fuel and fire in the ancient Roman world. Towards an integrated economic understanding, Cambridge 2019, pp. 39-50; per le Terme di Nettuno cfr. H. Broise, Vitrages et volets des fenêtres thermals à l’époque impériale, in Les thermes romains (actes de la table ronde: Roma, 11-12 novembre 1988), Roma 1991, pp. 61-78; per le Terme del Filosofo cfr. J. Boersma, Amoenissima civitas: block V.ii at Ostia: description and analysis of its visible remains, Assen 1985. 5 A. Carandini, C. Panella, Ostia IV. Le Terme del Nuotatore. Scavo dell’ambiente XVI e dell’area XXV (Studi miscellanei, 23), Roma 1978, pp. 391-392. 6 L. Saguì, B. Lepri, La produzione del vetro a Roma: continuità e discontinuità fra Tardoantico e Altomedioevo, in A. Molinari, R. Santangeli Valenzani, L. Spera (a cura di), L’archeologia della produzione a Roma (secoli V-XV) (atti del convegno internazionale di studi: Roma, 27-29 marzo 2014), Roma 2014, pp. 228-232. 7 Cfr. M. David, Una caupona tardoantica e un nuovo mitreo nel suburbio di Porta Marina a Ostia antica, in “Temporis signa”, IX, 2014, pp. 31-44. 8 Ibidem. 9 M. David, S. De Togni, M.S. Graziano, Due secoli di pittura ostiense: il III se IV secolo nell’edificio IV, ix, 5, in M. Salvadori, F. Fagioli, C. Sbrolli (a cura di), Nuovi dati per la conoscenza della pittura antica (Aquileia, 16-17 giugno 2017), Roma 2019, pp. 171-182. 10 M. David, S. De Togni, E. Rossetti, Un nuovo grande spicatum da Ostia antica e il problema dell’uso delle stuoie, tappeti e pavimenti lignei nel mondo romano, in C. Cecalupo, M.E. Erba (a cura di), Atti del XXV Colloquio AISCOM (Reggio Calabria, 13-16 marzo 2019), Roma 2020, pp. 289-298. 11 M. David, M.S. Graziano, Vetri romani e tardoromani dal Progetto Ostia Marina, in M. Uboldi, S. Ciappi, F. Rebajoli, Siti produttivi e indicatori di produzione del vetro in Italia dall’antichità all’età contemporanea (atti delle XIX Giornate nazionali di studio sul vetro: Vercelli, 20-21 maggio 2017), Cremona 2019, pp. 145-152, in particolare p. 147, Fig. 3. 12 M. Barbera, M. David, F.R. Stasolla, Ostia. Scavare, conservare e valorizzare una città antica, in “Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia”, 91, 2018-2019, pp. 153-168. 13 La maggior parte dei frammenti è stata recuperata nell’area subito a nord del Mitreo (86 frammenti); Gli altri reperti si distribuivano in questo modo: amb. 5: 10 frammenti; amb. 8: 3 frammenti; amb. 7: 2 frammenti; vicolo tra la il Mitreo e il Caseggiato delle due scale: 22 frammenti. Altri 33 frammenti sono piani e potrebbero essere pertinenti a finestre, ma in considerazione dell’incertezza non vengono analizzati nel presente studio. 14 Tale modalità prevedeva di raccogliere all’estremità di una canna di ferro cava la pasta di vetro fusa, la quale veniva soffiata e dava origine ad una sorta di “bolla”. La materia veniva poi modellata rotolandola davanti alla fornace su una superficie solitamente di marmo e utilizzando dei bastoncini di legno, fino ad ottenere una forma cilindrica. Il cilindro ottenuto veniva tagliato con delle tenaglie nel senso della lunghezza e, ancora caldo, veniva posto nel forno di raffreddamento per farne distendere la superficie (cfr. F. Dall’Acqua, Le finestre invetriate cit, p. 111). 15 D.B. Harden, Window glass from the Roman-British Bath-house at Garden Hill, Hartfield, Sussex, in “Antiquaries journal”, 54, 1974, pp. 280-281. 1 46