ITALIENS
EN ALSACE
De l’intégration
à la réussite
edité par
Paolo Trichilo
ITALIENS EN ALSACE
de l’intégration à la réussite
Actes du Colloque sur l'émigration italienne en Alsace
Mulhouse - Université de Haute-Alsace
25 octobre 1997
édité par Paolo Trichilo
Préface par
Gérard Binde, Président de l'Université de Haute Alsace
Jean-Marie Bockel, Député-Maire de Mulhouse
Paolo Trichilo, Consul d’Italie à Mulhouse
Pubblicato da Paolo Trichilo - I Edizione (2021)
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derivate 4.0 Internazionale
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Indice
Introduzione di Luigi Maria Vignali…………………………………………………………….5
Prefazione di Paolo Trichilo……………………………………………………………………..6
Postfazione di Nicola De Santis…………………………………………………………………8
Actes du Colloque sur l’emigration italienne en Alsace.
ITALIENS EN ALSACE. De l'intégration à la réussite ………………………………………9
1.
Prefaces ........................................................................................................................................... 11
Gérard BINDER.............................................................................................................................................. 11
Jean-Marie BOCKEL ...................................................................................................................................... 12
Paolo TRICHILO ............................................................................................................................................. 12
Roland BEYER ................................................................................................................................................ 14
2.
Colloque sur l'émigration italienne en Alsace ............................................................................... 15
L'immigration Italienne en Alsace et en Lorraine jusqu'à la première guerre mondiale (Luciano TRINCIA) . 15
Le Consulat d'Italie à Mulhouse (Vincenzo PELLEGRINI) ............................................................................... 31
L'immigration Italienne en Alsace et la longue histoire de l'immigration italienne en France (Antonio
BECHELLONI) ................................................................................................................................................. 40
Les Italiens à Bourtzwiller (1921-1936) (Francesco BELCASTRO) .................................................................. 46
"L'émigration italienne en Alsace" : rôle de la Mission Catholique Italienne (Père Romano PALLASTRELLI) 57
Les valises en carton - Interviews aux Italiens d'Alsace (Alessandra MUCCI) ............................................... 61
L'immigration italienne en Alsace aujourd'hui (Murielle MAFFESSOLI) ........................................................ 67
3.
Débat sur les Italiens en Alsace ..................................................................................................... 77
Université de Haute-Alsace 25 octobre 1997 (Jean-Marie HAEFFELE).......................................................... 77
4.
Institutions italiennes en Alsace .................................................................................................... 79
5.
Associations italiennes dans la circonscription du Consulat d’Italie a Mulhouse........................ 80
APPENDICE ........................................................................................................................................ 83
4
Introduzione
Sono molto lieto, in qualità di Direttore Generale per gli Italiani all’estero del Ministero degli Affari
Esteri e della Cooperazione Internazionale, di accogliere questa nuova edizione del pregevole
volume sugli Italiani in Alsazia curato ormai quasi cinque lustri orsono da Paolo Trichilo, in qualità di
Console a Mulhouse. Si trattò di un progetto significativo già all’epoca, quale racconto serrato e
dettagliato dell’evoluzione di una comunità italiana ancor poco conosciuta. Ricordare oggi quel
“colloquio” ha grande importanza, non solo per preservare la memoria di una storia così peculiare
della nostra emigrazione, ma anche e soprattutto alla luce del fenomeno della cosiddetta “nuova
mobilità” italiana verso l’estero – che ha raggiunto negli ultimi anni cifre comparabili proprio a quelle
dei flussi migratori del secolo scorso. Dobbiamo infatti permettere ai nostri ragazzi, che si trovano
lontani dall’Italia, di confrontarsi con le vicende di quanti prima di loro hanno avviato un percorso di
vita analogo per molti aspetti, non solo emotivi. I nostri connazionali con sacrificio, impegno e
dedizione hanno saputo integrarsi nei Paesi che li hanno accolti e, in non pochi casi, hanno saputo
ascenderne i vertici politici, economici e sociali. Spetta dunque a noi tutti la responsabilità di
continuare a narrare le tante vicende che hanno coinvolto gli italiani all’estero, come in Alsazia,
affinché possano continuare a essere ancora oggi d’ispirazione e sostegno.
Luigi Maria Vignali (dicembre 2020)
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Prefazione
Che senso ha la pubblicazione online, dopo 23 anni, degli Atti di un colloquio dedicato agli Italiani in
Alsazia organizzato presso l’Université de Haute Alsace? Prima di rispondere, devo ringraziare
Stefano Baldi, il quale, senza alcuna esitazione e con l’entusiasmo che gli è proprio, mi ha
incoraggiato a farlo nell’ambito della sua opera meritoria di raccolta degli scritti dei diplomatici
italiani.
Vengo ora alle risposte che si situano su due livelli. Il primo è sotto il profilo scientifico e di ricerca,
perché l’Alsazia, a causa delle sue note vicissitudini storiche, ha costituito un caso particolare nella
storia francese. Pertanto - lungi dal rilevarsi numerosi studi e riflessioni nell’ambito della storia
dell’emigrazione italiana nell’Esagono, come invece fortunatamente avvenuto per altre regioni neanche per gli esperti è scontato o agevole conoscere la storia degli Italiani in Alsazia. Chi
consultasse uno dei lavori principali sul tema, come il libro “L’emigrazione italiana in Francia prima
del 1914” a cura di J. B. Duroselle e E. Serra (Franco Angeli, 1978), non potrebbe ovviamente
trovare dati statistici e informazioni sull’Alsazia dopo il 1870 a seguito del trattato di Francoforte.
Non è quindi un caso che uno dei contributi principali al seminario in parola sia stato fornito da uno
studioso proveniente dall’ateneo di Friburgo in Brisgovia, esperto dell’emigrazione italiana in
Germania e Svizzera. Aggiungo che non mi risultò all’epoca, né ancora oggi mi risulta, l’esistenza di
altre pubblicazioni su questo specifico argomento. In conclusione, la prima risposta al quesito è che
l’obiettivo di colmare una lacuna storiografica, uno dei motivi che aveva presieduto all’iniziativa,
rimane valido ancora oggi.
Anche la seconda motivazione all’origine dell’evento, di natura emotiva, resta pienamente valida nel
momento in cui scrivo. Il colloquio l’avevo concepito (e fortemente voluto) come un omaggio alla
collettività italiana, di cui avevo ammirato lo spirito di sacrificio e la capacità di adattamento che le
aveva consentito di inserirsi con successo nella società francese e farsi apprezzare per le sue qualità
di onestà, rigore e moralità. Donne e uomini che, in un ambiente talora ostile, avevano saputo farsi
strada, imparando non solo il francese ma spesso anche l’alsaziano, stretti tra la politica di
assimilazione tipica della Francia e il mantenimento delle radici e dell’identità italiana. Per dirla con
Pierre Milza nel suo Voyage en Ritalie “Depuis cent cinquante ans, leur destin mêle inextricablement
deux patries, deux sensibilités souvent difficiles à combiner, et, par-dessus tout, le sentiment unique
d’être libre, toujours en partance pour un univers peuplé de souvenir d’enfance ou d’images
grappillées au fil de retours”. Per questo, nel seminario è stata realizzata una sessione, moderata dal
redattore capo de L’Alsace, con l’attiva partecipazione di vari esponenti della nostra comunità in
quanto testimoni della propria stessa esperienza. “C’est rien que du vrai. Je veux dire, il n’y a rien
d’inventé”, come scrive Cavanna in Les ritals.
L’orgoglio che avevo allora come rappresentante, anche se temporaneo e casuale, dei nostri
connazionali non è svanito nel tempo. Si dice spesso che per i diplomatici la prima sede all’estero è
come il primo amore e non si scorda mai. E’ senz’altro vero nel mio caso. A Mulhouse, piccola
Repubblica unita allo stato francese solo nel 1798, mi lega anche fortemente la nascita di entrambi i
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miei figli; nel contesto, ringrazio vivamente Giulio, ormai Ingegnere, per l’insostituibile contributo
fornito alla presente pubblicazione.
Il fatto che il Consolato in quella località, così come in tante altre città francesi, sia stato chiuso
qualche anno fa a conclusione di una storia cominciata con la sua istituzione nel lontano 1864, nulla
toglie al mio vivo e appassionato ricordo di tante attività e iniziative sviluppate dal 1993 al 1997 in
tutti i settori. In questo ricordo includo, ringraziando, i dipendenti di ruolo e a contratto che hanno
lavorato con me in quel periodo tanto intenso.
Paolo Trichilo (dicembre 2020)
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Postfazione
La proposta di Paolo Trichilo di riedizione in formato digitale degli atti di un colloquio del 1997
dedicato agli Italiani in Alsazia è stata per me un tuffo nella memoria, avendo vissuto i miei primi
dieci anni di vita a Mulhouse, luogo a cui sono legati la maggioranza dei miei ricordi da bambino.
Nelle foto degli italiani di un secolo o mezzo secolo fa rivedo quei volti che hanno costellato la mia
infanzia, rivedo l’operosità e la dignità della nostra comunità, il sentimento di appartenenza alla
propria regione, la conservazione delle tradizioni e dell’amore per la propria terra.
La mia è stata certo un’ottica privilegiata in quanto figlio di un dipendente del Consolato. Il ricordo
più forte di quel periodo, che ancora porto con me e che ho ritrovato negli occhi e nel cuore di tutti
gli italiani che ho incontrato nel corso dei miei anni di servizio all’estero è quell’amore per la Madre
Patria unito ad un profondo rispetto per le Istituzioni e per lo Stato, e di riflesso per gli uomini e per
le donne che lo servono. È probabilmente proprio a Mulhouse che è nato in me,
inconsapevolmente, l’amore e il rispetto per le istituzioni che nel corso degli anni è poi diventato
desiderio di poterle io stesso servire.
Oggi a Mulhouse il Consolato non esiste più in quanto tale poiché ne è stato ridimensionato lo
status a sportello consolare. Questo però non deve essere motivo di dispiacere, al contrario
rappresenta una naturale evoluzione dei tempi, l’avanzamento di un processo di integrazione della
nostra comunità e al tempo stesso di appartenenza ad una più grande famiglia europea. Il
superamento delle mille difficoltà economiche, culturali e sociali affrontate nel corso degli anni ha
infatti permesso alle varie generazioni di creare una storia di legami e integrazione tra la nostra
comunità e quella francese che assomigliano oggi sempre più ad una sola.
Questo è il motivo, a mio parere, per cui la riedizione di questi atti è oggi ancora più importante e
ringrazio Paolo Trichilo per il suo contributo a soddisfare quel bisogno e quel dovere di memoria
che tutti noi abbiamo nei confronti dell’emigrazione italiana all’estero.
Nicola De Santis (dicembre 2020)
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Actes du
Colloque sur l’emigration italienne en Alsace
(MULHOUSE, 25 OCTOBRE 1997)
1. Préfaces
Gérard BINDER
Président de l'Université de Haute Alsace
De par son caractère de région frontalière, l'Alsace, et en particulier le sud de notre région, a
toujours été une terre de passage et d'asile. Elle a su accepter et intégrer dans sa population d'autres
populations venues d'Europe ; c'est pourquoi elle a été pour les Italiens, surtout ceux venus du Nord
de la Péninsule, un endroit privilégié.
En effet, par bien des aspects, les Italiens qui arrivèrent à Mulhouse dans la première moitié de ce
siècle, ne se trouvèrent dépaysés que par la différence de langue et de climat, car pour ce qui est du
décor, il y avait bien des similitudes entre les régions du Piémont, de la Lombardie et même de la
Vénétie et celle de la Haute Alsace. Un sentiment régional très fort, une base économique équilibrée
entre agriculture et industrie, des valeurs communes face au travail, tout ceci se retrouvait dans la
culture du Nord de l'Italie. Le dépaysement a sans doute été plus fort pour les Italiens venus du Sud
de la Péninsule mais ils ont su très vite s'adapter aux conditions alsaciennes et ils apparaissent
aujourd'hui, avec d'autres, aux premiers rangs de la compétition économique. Les entreprises créées
par ces immigrés italiens jouent un rôle non négligeable dans l'économie de notre région et ne se
limitent pas au domaine du bâtiment ou de la restauration, mais investissent tous les secteurs du
marché.
L'émigration italienne en Alsace est ancienne et cela a créé des liens que cette Journée d'études,
organisée conjointement par Monsieur le Consul d'Italie et l'Université de Haute Alsace, ne fait que
renforcer. Notre Université participe à ce mouvement d'accueil et d'intégration puisque qu'elle a
créé, à la Faculté des Lettres en 1993, un Département d'italien dont le succès s'affirme d'année en
année. Elle a ensuite favorisé la création d'un Centre d'Etudes et de Recherches sur l'Italie (CREI),
Centre qui a participé avec le Consulat d'Italie, à de nombreuses manifestations culturelles.
C'est grâce à cette collaboration entre l'Université, les autorités consulaires et le monde associatif que
se réalise l'osmose ethnique et culturelle de notre Région. Pour ma part, je considère qu'une des
missions de l'Université de Haute Alsace est bien de faire de la culture le creuset d'une intégration
réussie. C'est par l'organisation commune de Journées d'Etudes comme celle-ci que se renforcent les
liens qui attachent les Italiens à l'Alsace ; elle leur permet de se pencher sur leur parcours, d'apprécier
l'effort fait par cette région alsacienne qui est devenue leur région, sans pour autant occulter le
sentiment que suscite encore leur terre d'origine. Mais déjà pointe à l'horizon l'aube du nouveau
millénaire et nous avons tous conscience, que nous soyons Alsaciens de souche ou d'adoption, que
notre « Heimat » s'agrandit de plus en plus, et qu'après un regard sur le passé, il nous faut voir le
futur qui s'annonce et qui prend pour nom : Europe.
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Jean-Marie BOCKEL
Député-Maire de Mulhouse
L'initiative prise par Monsieur Paolo TRICHILO, Consul d'Italie à Mulhouse, en liaison avec le
Centre de Recherche et d'Etudes sur l'Italie de l'Université de Haute Alsace, d'organiser une journée
de rencontre et d'échanges consacrée à l'émigration italienne mérite d'être saluée à bien des égards.
En premier lieu parce que les Italiens et l'Alsace connaissent une situation singulière sur le plan
démographique. En effet, on constate dans notre région, une présence transalpine
proportionnellement plus importante que la moyenne nationale ainsi qu'une représentation très forte
dans le département du Haut-Rhin et en particulier à Mulhouse.
Ensuite, en raison de l'impact de cette communauté dans le développement économique de notre
ville à partir de la fin du deuxième conflit mondial : Artisans parmi d'autres de cet essor, les Italiens
sont devenus des chefs d'entreprise, des acteurs de la vie locale, des personnalités du monde culturel
et sportif ou plus modestement ont contribué efficacement à ce mouvement. Le dynamisme qu'ils
incarnent dans chacun de leurs secteurs d'activité respectifs constitue un facteur de fierté et
d'appartenance apprécié et reconnu par l'ensemble de nos concitoyens.
Enfin parce qu'il est bon de se rappeler que cette intégration, aujourd'hui réussie et exemplaire n'est
que l'œuvre du temps et volonté partagée. Ce modèle permettra de démontrer à ceux qui doute de la
capacité assimilatrice de notre région et de notre pays qu'il pourra se transposer à d'autres
populations sous réserve que chacun y participe et reconnaisse l'enrichissement réciproque que cela
procure à long terme.
Le lecteur avisé trouvera dans ce recueil bon nombre d'éléments historiques, démographiques,
sociologiques, économiques, de trajectoires personnelles témoignant du chemin parcouru.
Paolo TRICHILO
Le Consul d’Italie à Mulhouse
Le phénomène de l'émigration italienne en France s'insère dans le plus ample contexte des relations
fécondes entre deux pays, unis, avant tout, par la géographie et par de profondes affinités culturelles
: les deux langues sont, en effet, dérivées du latin, précisément la langue de Rome et des Romains.
Il me suffira de rappeler les marchands florentins de Lyon décrits par Boccaccio dans le
Decamerone, ou l'influence italienne à la Cour de France ; réciproquement, je citerai les longues
années que Poussin a passé à Rome, ou l'adoption du drapeau tricolore italien, directement inspiré
du drapeau français et dont nous avons fêté le bicentenaire cette année.
C’est dans ce cadre que se déroule de notre émigration en France. Terre d'asile en Europe par
excellence, elle accueillera les Italiens en quête de travail après l’Unité de l'Italie et ceux fuyant leur
pays pour des raisons politiques durant le fascisme. L'Alsace n'a certes pas constitué une exception,
parmi les régions françaises, en hébergeant de nombreux Italiens. Elle était à la recherche de main-
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d’œuvre, comme ce fut le cas suite aux événements notoires qui, hélas, caractérisèrent tragiquement
l’histoire de cette terre.
Pourtant, si ce phénomène avait déjà été étudié de manière approfondie dans d'autres régions de
France, une réflexion de la sorte n'avait jamais été conduite en Alsace. Pour cette raison, j'ai ressenti
la nécessité de sensibiliser les interlocuteurs locaux sur ce fait et ces derniers, autrement dit la Ville
de Mulhouse et l’Université de Haute-Alsace, ont immédiatement manifesté un vif intérêt en
organisant cette manifestation conjointement avec le Consulat d'Italie à Mulhouse.
Aujourd'hui, la période qui nous intéresse peut sembler lointaine. Entre temps, l'Italie est devenue
elle-même terre d'immigration et le concept d'immigration au sein de l'Union Européenne,
désormais obsolète, a été dépassé par le droit de mouvement et de résidence.
Bien que le souvenir soit tari, les résultats de cette émigration apparaissent aux yeux de tous. Plus de
20,000 Italiens habitent aujourd’hui en Alsace et on compte environ 470 PME italiennes et 436
Italiens dirigeants d'entreprises artisanales. Les Italiens sont musiciens, artistes, journalistes,
entrepreneurs, parfaitement intégrés dans le tissu social local.
A l'heure où l'émigration italienne, héritage du passé, porte ses fruits - tant pour les femmes et les
hommes qui ont vécu cette expérience que pour la région qui les a accueillis, bénéficiant ainsi de leur
travail – il apparaît utile de se pencher plus longuement sur l'événement.
D'autant que, dans un futur proche et dans le contexte changeant de l’union des peuples et des pays
européens, cette imbrication se renforcera ultérieurement par un mouvement désormais
irrépressible. Dans ce contexte, je désirerai, en particulier, souligner deux aspects.
Pour la première fois en 2001, les citoyens de l'Union Européenne résidant en France participeront
aux élections municipales. Inutile de souligner qu'il s'agit là d’un pas décisif vers la pleine
participation à la vie publique locale, particulièrement en Alsace et davantage dans la région
mulhousienne, où les Italiens sont les plus nombreux parmi les européens résidant.
Le second point est peut-être plus technique mais non moins important. Récemment, grâce à
l'accord que l'Italie et la France ont, les premiers ratifiés au sein du Conseil de l’Europe (le premier
protocole de modification de la Convention de Strasbourg de 1963 sur les cas de cumul de
nationalités) les cas de double nationalité franco-italienne sont et seront toujours plus nombreux.
Cela signifie que les nouvelles générations nées en France pourront vivre pleinement leur
francisation sans pour autant renoncer, même de manière formelle, à leur italianité. En fait, il s'agit
de forger les citoyens de demain, citoyens européens pour lesquels les frontières et les nationalités ne
seront plus des barrières de séparation mais des points de contact.
En fait, l’hommage à l’histoire de tant d'Italiens qui, en France, ont trouvé une seconde patrie,
comme l'Alsace, qui les a accueillis en son sein et la réflexion pertinente pour le futur de la
construction européenne résument l'esprit qui m'a poussé à mener à bien cette initiative.
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Roland BEYER
Professeur émérite à l'UHA
Président du CREI
Centre de Recherches et d'Etudes Italiennes
UHA • MULHOUSE
Le Centre de Recherches et d'Etudes Italiennes de la Faculté des Lettres de Mulhouse regroupe des
enseignants-chercheurs de plusieurs disciplines : latinistes, historiens, italianistes et il a pour objet
principal d'étudier les relations entre la France et l'Italie, sous toutes leurs formes, et plus
généralement de s'intéresser à tout ce qui concerne l'Italie, tant dans le domaine historique que dans
le domaine littéraire.
Il publie le résultat de ses travaux dans le Bulletin de la Faculté des Lettres et organise des colloques
et des journées d'études, dont la dernière a été consacrée à l'émigration italienne dans l'Est de la
France.
Le ciment qui lie ses membres est l'amour de l'Italie. Il assez fort pour qu'il n'y ait jamais entre eux
de querelles de spécialistes.
Le C.R.E.I. est heureux d'avoir été associé par Monsieur le Consul à cette journée, à laquelle je
souhaite le plus grand succès.
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2. Colloque sur l'émigration italienne en Alsace
L'immigration Italienne en Alsace et en Lorraine jusqu'à la première guerre
mondiale*
Luciano TRINCIA
Dr. Phil. Albert-Ludwigs-Universität Freiburg i. Br.
L'émigration italienne à la recherche de sa place en Europe
L'Italie représente l'unique pays, parmi ceux actuellement les plus industrialisés, où se vérifie une
émigration continue et pondérale de masse, ce à partir de la seconde moitié du XIXe siècle jusqu'à
ces dernières années. En considérant l'entière période qui s'étend de l'Unité de l'Italie, en 1861, à nos
jours, il a été calculé que les mouvements migratoires avaient impliqués plus de 26 millions d'Italiens,
soit un nombre égal au total de la population italienne au moment de l'unification. Cette avalanche a
eu une dispersion géographique extrêmement ample, constituant pour moitié une émigration
permanente transocéanique, principalement orientée vers les Etats-Unis, et pour autre moitié une
émigration temporaire continentale vers les pays les plus industrialisés d'Europe (1).
Les raisons qui déterminèrent ce processus d'expulsion furent multiples. Le début des mouvements
migratoires italiens d'âge contemporain est très certainement lié d'une part à l'état d'appauvrissement
diffus et progressif qui toucha la société italienne au lendemain du 1861 et d'autre part aux
prodigieux procédés d'industrialisation mis en place dans les pays européens jusqu'à la première
guerre mondiale. Les graves déséquilibres productifs et sociaux, conséquences de l'Unité italienne,
engendrèrent d'importantes stimulations d'expulsion, alors que l'expansion économique et
industrielle des pays de l'Europe Centrale et la conséquente réalisation de gigantesques travaux
d'infrastructure, comme la construction des tunnels transalpins et des grands voies ferrées
européennes, agirent comme des facteurs d'attraction.
Les lignes directives empruntées par l'émigration ouvrière italienne de fin de siècle furent
déterminées par divers facteurs, comme la position géographique, la structure économique locale, les
transformations intervenues dans les pays européens, le coût du billet de voyage. De véritables
chaînes migratoires furent ainsi créées au cours des dernières années du XIXe siècle, reliant certaines
régions italiennes à fort taux d'expulsion de main-d’œuvre aux principaux centres industriels du
continent. En France, c'est le cas de Marseille, où, en 1901, les Italiens recensés atteignaient le
nombre de 90.000, équivalent à 18 % de la population locale et plus de 91 % de la population
étrangère présente dans la ville (2). En Suisse alémanique, c'est également le cas de Zürich, qui, en
1910, comptait 22240 Italiens, soit 4,4 % de la population locale. Un des pôles d'attraction majeurs
pour les ouvriers italiens en Europe Centrale fut certainement l'Alsace-Lorraine. A partir des années
1890, de nombreux flux de main- d'œuvre provenant d'Italie se concentrèrent sur cette terre,
frontière entre deux nations, traditionnel pont entre les mondes germanique et français.
Les profondes mutations économiques liées l'industrialisation ainsi que les déplacements de
population causés par l'annexion au Kaiserreich bismarckien de 1871 déterminèrent l'ouverture
15
progressive de la région : jusqu'alors considérée comme un espace économique et social lié
principalement aux mouvements transfrontaliers, elle se transforme, à cette époque, en zone de
destination préférée de l'émigration italienne. Comme nous le verrons plus loin, c'est entre 1895 et
1900 qu'une augmentation notoire des entrées sera enregistrée. Elles furent causées, en premier lieu,
par le besoin croissant de main d'œuvre dans l'industrie régionale, en particulier dans l'extraction et
la sidérurgie en Lorraine et dans le secteur du bâtiment et de l'industrie textile en Alsace. Mais
d'autres facteurs eurent également un rôle décisif. La vague d'intolérance et de xénophobie qui
s'enregistra en France à l'encontre des ouvriers émigrés après l'attentat perpétré par l'anarchiste
italien Caserio contre le Président de la République française Carnot à Lyon, le 25 juin 1894, fut
certainement une raison qui poussa de nombreux Italiens à abandonner ce pays pour gagner les
territoires du Reich allemand. La plus grande partie des immigrés italiens en Lorraine se
concentrèrent dans le district industriel de Thionville et de Diedenhofen, l'actuel département de la
Moselle, où ils trouvèrent un emploi, principalement dans la métallurgie ou dans l'industrie
d'extraction. En Alsace, ce fut par contre Mulhouse qui attira le plus grand nombre de travailleurs
transalpins, avec ses industries textiles et mécaniques. Ces deux centres industriels à eux seuls
absorbèrent la quasi-totalité de l'émigration italienne en Alsace-Lorraine du début du siècle, bien que
- comme nous le verrons plus loin - de nombreux Italiens se dirigèrent également vers des centres
moins importants, comme Colmar ou Auboué.
L'Alsace et la Lorraine à l'intérieur du Reich.
Au début du siècle, l'histoire de l'émigration italienne dans cette région, constamment à la recherche
de sa propre identité culturelle et politique, s'insère dans la question plus ample et plus complexe des
nationalités et des minorités ethniques existant au sein de l'État national allemand, édifié après la
victoire de la Prusse dans le conflit franco-prussien. Au moment de la proclamation du Kaiserreich en
janvier 1871, les non-germaniques constituaient plus de 10 % de la population allemande, avec
environ 2,4 millions de Polonais dans les régions orientales de la Prusse et du Posen, 80.000 Danois
de la province septentrionale du Schleswig, 1 million et demi de citoyens en Alsace et en Lorraine,
les deux régions conquises suite aux victoires sur la France, comparés aux groupes d'entités mineurs
comme les Masures et les Casciubes, d'origine slave (3).
L'intégration des diverses nationalités et minorités - aussi bien ethniques, comme les Polonais, les
Danois, les Lorrains et les Alsaciens, que politiques et religieux, comme les socialistes ou les
catholiques - à l'intérieur du Reich constituait une question épineuse au sein de la construction du
nouvel édifice de l'État. Ces procédés, mis en place par Bismarck, demeurèrent limités, malgré le
large consensus accordé au nouvel appareil étatiste par la majorité des citoyens, ce qui a été qualifié,
dans l'historiographie allemande, du terme de "unvollendete Nationalstaat", "Etat national inachevé' (4).
La cause principale de son non achèvement a été identifiée, à un niveau historique, par le défaut
d'intégration sociale et politique de secteurs de population importants appartenant à des groupes
minoritaires à l'intérieur de l'Empire. La politique d'opposition totale à l'encontre des ennemis
internes, les dénommés Innere Feinde, inaugurée par Bismarck et seulement en partie redimensionnée
par ses successeurs, supposait au contraire la réaffirmation - en temps sociaux, culturels, politiques et
religieux - du modèle prussien et son extension progressive à tous les niveaux de la société
allemande. Dans les provinces à forte concentration de minorités non-germaniques, la tendance,
marquée et évidente, vers une rapide germanisation de ces groupes ethniques, tant au point de vue
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linguistique et culturel que plus particulièrement politique et social, côtoyait le procédé
d'homologation des nouveaux rouages de l'État, dans le domaine administrative et militaire.
Le groupe plus consistant, également considéré sous de nombreux aspects comme le plus dangereux
pour la sécurité interne de l'Empire, était constitué de Polonais, présents, en particulier, sur le
territoire du Royaume de Prusse et dans la province orientale du Posen. Il existait, dans ces régions,
des districts exclusivement habités par des citoyens d'origine polonaise, alors que dans d'autres,
Allemands et Polonais se côtoyaient dans une répartition territoriale "en peau de léopard" : les
premiers concentrés surtout dans les centres urbains, les seconds en grande majorité dispersés dans
les campagnes. La répartition des occupations reflétait cette dispersion géographique, à savoir que les
Polonais étaient essentiellement employés à des travaux agricoles, comme manœuvre ou paysan.
A l'ombre d'une antique et puissante noblesse polonaise, ce groupe ethnique était porteur d'une
culture opposée et antagoniste dans de nombreux domaines à celle alors dominante dans de vastes
secteurs du nationalisme prussien. De confession catholique dans certaines régions à grande majorité
protestante, défenseurs tenaces de leur propre identité linguistique et culturelle, inspirés d'un fort
sentiment patriotique et du désir de recréer un État national qui leur serait propre, les Polonais de
l'Est prussien représentaient, pour le gouvernement de Berlin, la première, grande blessure toujours
ouverte sur la route d'une homologation culturelle et politique entière et définitive aux frontières de
l'Empire.
Tout d'abord, il était nécessaire d'empêcher toute tentative irrédentiste ou séparatiste,
éventuellement suscitées par les représentants de la noblesse polonaise. Venait ensuite, en second
lieu, l'exigence de l'élaboration d'une politique des nationalités présentes à l'intérieur de l'Empire, qui
puissent consentir à l'absorption progressive des ethnies non allemandes dans le tissu social, culturel
et politique de l'État national, en tendant à les "germaniser" de manière progressive, comme il en
avait déjà été le cas dans des circonstances où les minorités étaient moins consistantes et moins
organisées culturellement parlant, avec les Casciubes et les Masures. Cette politique des nationalités
aurait pu être également applicable aux Danois du Schleswig du Nord (ou du Jutland du Sud), qui,
bien que de consistance numérique moindre comparativement aux Polonais, revendiquaient malgré
tout une propre spécificité linguistique et culturelle et présentaient de ce fait, pour le gouvernement
de Berlin, des problèmes analogues d'intégration et d'assimilation.
Le cas de l'Alsace et de la Lorraine, annexées en 1871 à l'Empire Allemand en tant que Reichsland - et
donc privées de leur propre autonomie administrative - fut un nouvel exemple de connotation
spécifique : dans ce cas précis, le problème linguistico-culturel revêtait une importance mineure
comparé aux provinces de la Prusse de l'Est. Les mécontentements se firent entendre surtout au
niveau politico-administratif, à travers les associations et les groupes de pression, qui revendiquaient
la pleine reconnaissance des droits politiques de la population alsacienne et lorraine, le départ des
fonctionnaires allemands envoyés par Berlin et l'élection d'une représentation administrative locale.
Pendant longtemps, la police ainsi que les organes administratifs allemands ne répondirent à ces
réactions rebelles que par la répression : expulsions, mesures contre les journaux et les associations
locales, comme durant la crise Boulanger de 1887. Ce n'est qu'après la chute de Bismarck, en 1890,
qu'une tendance à la normale s'installa progressivement, qui conduisit à la Constitution de 1911 et
l'institution, également en Alsace-Lorraine, d'un parlement régional élu au suffrage universel
possédant l'entière compétence législative (5).
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La dimension quantitative du phénomène
Durant la période qui précéda 1914, l'histoire de la communauté immigrée en Alsace-Lorraine est, de
ce fait, intimement liée à celle des autres minorités ethniques présentes dans l'Empire Allemand.
C'est à l'Allemagne, et non à la France, que l'historien doit se référer tant pour les statistiques que
pour les informations à caractère socio-politique. C'est à Berlin, et non pas à Paris, que les
renseignements concernant les mouvements de population relatifs à l'Alsace et la Lorraine étaient
recueillis et analysés. En ce qui concerne les aspects quantitatifs, les recensements effectués par le
Kaiserliches Statistisches Amt, le bureau impérial de la statistique, sont des instruments essentiels à la
compréhension du phénomène migratoire et l'évaluation de la consistance et la répartition des
travailleurs italiens dans cette région entre 1871 et 1914. Par contre, les comptes-rendus des
inspecteurs du travail sur l'Alsace- Lorraine sont une source irremplaçable pour analyser les
mécanismes d'intégration et d'émargement à l'intérieur et à l'extérieur de l'entreprise. Ils fournissent
un cadre détaillé des conditions professionnelles et de logement des travailleurs immigrés dans
l'industrie locale (6).
Toutes les analyses connues à ce jour s'accordent unanimement à souligner la difficulté à déterminer
la consistance exacte d'une immigration telle que l'immigration italienne, liée habituellement à des
contrats de type saisonnier et soumise à une mobilité territoriale très élevée dans une même saison
de travail. Les renseignements provenant des statistiques italiennes, basées sur le nombre d'expatriés
officiels, fournissent un cadre qui reste extrêmement distant de l'ampleur réelle du phénomène. Plus
vraisemblables, les statistiques allemandes ont - en ce qui concerne l'immigration italienne - le vice
d'origine de ne reporter les données concernées qu'à compter du mois de décembre des années
durant lesquelles les relevés ont été effectués et, de ce fait, excluent du recensement la grande masse
des travailleurs saisonniers italiens rentrés dans leurs pays en octobre et novembre. Le seul
recensement effectué pendant le mois de juin fut le recensement professionnel de 1907. En ce qui
concerne la consistance exacte des flux de majeure affluence qui se sont vérifiés dans les années
1910-1913, aucune information fiable n'est malheureusement disponible (8).
Avant l'annexion, l'afflux de maîtrise étrangère en Alsace-Loraine avait été peu important. Dans la
période transitoire qui suivit 1871, caractérisée par un certain désordre dans la vie économique
alsacienne et lorraine et par le transfert de nombreuses ressources financières du à l'émigration de
secteurs patronaux et notables consistants, la forte stagnation des entreprises ne modifia en rien la
traditionnelle structure occupationnelle de la région. Ce fut seulement après le dépassement de la
crise économique de 1873 que la croissance industrielle rapide produisit sur le marché une demande
de main-d'œuvre à bas prix toujours plus croissante, qui fut colmatée en faisant recours à des
travailleurs provenant d'Italie. Jusqu'en 1895, la présence italienne en Alsace-Lorraine fut
relativement modeste, avec 1.637 unités en 1880, 4.190 en 1890, 6.565 en 1895. Après cinq ans
seulement, en 1990, le nombre d'Italiens s'élevaient déjà à 20.950, pour passer à 32.485 en 1905 et
35.505 en 1907. Ces migrations massives d'ouvriers italiens modifièrent en quelques années les
rapports d'espace de cette région transfrontalière, traditionnellement liée à de modestes mouvements
de population provenant principalement des régions situées aux abords de la frontière, comme le
Baden, le Württemberg ou le canton de Bâle. Par conséquent, l'invasion des Italiens en AlsaceLorraine provoqua indubitablement une fracture des structures traditionnelles d'installation et
18
contribua à ouvrir cette zone à l'intégration démographique, sociale et économique avec d’autres
réalités productives.
L'ouverture de la voie ferrée du Gothard, en 1882, provoqua une augmentation des flux migratoires
provenant d'Italie qui commencèrent à se faire sentir avec toujours plus d'insistance dans cette
région de frontière. Le complément du réseau ferroviaire dans un axe Nord-Sud, par les cols alpins,
permettait de rejoindre Bâle de manière relativement commode : depuis Milan ou Chiasso, les trains
de l'époque faisaient le trajet jusqu'à Bâle en 10 heures environ. Dans les années qui précédèrent la
première guerre mondiale, cette zone transfrontalière entre Bâle et Mulhouse, en plus de son rôle
désormais consolidé de croisement ferroviaire européen d'importance vitale, devint un point
névralgique d'arrivée et de transit pour les flux migratoires italiens en direction de l'Alsace-Lorraine,
de la France Orientale, du Luxembourg et de l'Allemagne toute entière.
Réalisé entre 1872 et 1882 quasiment à part entière avec de la main d'œuvre italienne, le tunnel du
Gothard, outre à marquer une nouvelle ère dans les communications mondiales, eut également des
conséquences notoires sur les flux migratoires italiens en direction de l'Europe Centrale, permettant
ainsi aux puissants courants d'ouvriers saisonniers de s'étendre en direction de l'Alsace et de la
Lorraine, de la Suisse intérieure et de l'Allemagne. Après l'ouverture de la voie ferrée, le Gothard,
pôle d'attraction de la main-d'œuvre italienne, devint ensuite un formidable volant pour les courants
migratoires italiens, qui commencèrent à se diriger avec toujours plus d'insistance vers les plus
grands centres industriels de l'Europe Centrale comme Mulhouse, Diedenhofen, Metz. A une
première émigration de "pionniers", fragmentée et peu consistante, succéda progressivement une
seconde, aux caractéristiques plus spécifiquement familiales et de groupe et distincte de la précédente
par sa plus grande stabilité sur les lieux de travail. La facilité relative avec laquelle il était désormais
possible de rejoindre les centres industriels de la région consentit également le développement d'une
émigration féminine, qui trouva occupation principalement dans l'industrie textile de Mulhouse et
ses environs.
Bâle devint, en quelques années, le centre de tri de l'émigration ouvrière italienne en direction de
Mulhouse et de l'Alsace-Lorraine. Vers les mois de mars-avril et octobre-novembre, en concordance
avec l'afflux et le reflux des courants de travailleurs saisonniers italiens, la plate-forme ferroviaire de
la ville enregistrait une augmentation notoire des convois en provenance d'Italie (9). Au cours des
premières semaines de printemps, les Italienerzüge, c'est-à-dire les trains pour les Italiens, déposaient
quotidiennement jusqu'à 2.000 ouvriers saisonniers, qui, partant de Bâle, s'éparpillaient en direction
des principaux pôles industriels de la région. Il ne s'agissait pas de simples convois, mais de trains
spéciaux, voyageant, en principe, de nuit, dans des conditions particulièrement déplorables pour les
passagers. On retrouve cette situation de saleté et d'insalubrité accompagnant ces convois dans la
description que faisait Angelica Balabanoff du transport des ouvriers saisonniers italiens, qui
portaient ordinairement sur leurs wagons l'inscription Nur für Italiener! pour les Italiens uniquement:
Déjà dans leur pays, ils sont chargés comme des bestiaux dans des wagons particulièrement sales, à
la frontière ils sont transférés dans d'autres wagons du même type qui portent l'inscription suivante
dans la plupart des gares : Nur für Italiener! Ce qui signifie qu'on ne peut exiger de qui que ce soit qu'il
voyage avec les italiens ou qu'il entre en contact avec eux en aucune manière (10).
19
Une attention particulière était accordée aux conditions hygiéniques et sanitaires des passagers à leur
arrivée ou en transit alors qu'ils se précipitaient, en attendant leur correspondance ferroviaire, dans
les dénommés Italienerlager, campement pour Italiens, soulevant des malaises et des mouvements de
protestations parmi la population locale. Pendant les mois de printemps et d'automne, le transport
des ouvriers saisonniers italiens prenait l'envergure d'un phénomène de masse, nécessitant des
interventions d'assistance au moment de l'arrivée et du départ, organisés par des associations
caritatives religieuses ou laïques dans les locaux-mêmes de la gare.
Les Italiens sur la terre de frontière franco-allemande
Une grande partie des informations relatives à l'émigration italienne en Alsace et en Lorraine
confirment les traits de fond caractéristiques observés dans d'autres régions européennes durant les
années qui précédèrent la première guerre mondiale. La grande masse des Italiens était constituée de
travailleurs saisonniers non qualifiés, provenant des régions septentrionales de la péninsule, liés à un
travail à contrat temporaire d'une durée ordinairement de mars-avril à octobre-novembre. En
automne, la majeure partie d'entre eux retournaient en terre natale. Mais particulièrement en Alsace
et en Lorraine, ils furent nombreux à s'établir définitivement après avoir trouvé une occupation
permanente dans le secteur industriel. Une étude des flux saisonniers fait apparaître que, après la
première saison de travail, les Italiens tendaient à retourner dans la même zone d'emploi, de manière
à se retrouver, avec les années, davantage liés à cette terre qu'à leur propre région de provenance
(11).
Les Italiens préféraient l'Alsace, la Lorraine et les autres régions Sud-Occidentales du Reich allemand
pour diverses raisons : la première et la plus importante, pour la proximité géographique avec l'Italie
qui, étant donné le caractère saisonnier des flux migratoires, permettait de rejoindre plus facilement
le lieu de travail ; en second lieu, pour le caractère plus libéral et plus tolérant de la législation locale
envers les étrangers par rapport à celle du Règne de Prusse ; enfin, pour le style de vie et les
caractéristiques culturelles de la population de ces régions, plus similaires à ceux des Italiens.
Complètement absents du secteur agricole, les travailleurs italiens en Europe Centrale étaient
concentrés dans l'industrie, plus particulièrement dans le secteur du bâtiment, de l'extraction du
minerai, du travail de la pierre et des autres matériaux de construction. Si, dans le Baden, les Italiens
étaient employés principalement comme terrassiers ou dans les travaux de construction, ils
trouvaient, en Bavière, un travail particulier dans les fours à chaux et à briques. En Lorraine, ils
étaient surtout employés dans l'industrie d'extraction du minerai et du fer ; en Alsace, en particulier à
Mulhouse, ils étaient concentrés dans l'industrie textile et mécanique. L'emploi dans l'industrie textile
concernait particulièrement la main-d'œuvre féminine et, souvent, également infantile.
En valeur absolue, le premier secteur d'occupation des immigrés transalpins était l'industrie de la
construction. Les Italiens étaient employés à des travaux d'excavation ou de terrassement lors de la
construction de canaux et de voies ferrées ou en qualité de simples maçons dans des travaux de
construction. De nombreuses sources d'informations de l'époque déclaraient à l'unanimité qu'il
s'agissait, malgré tout, des travaux les plus durs et les plus pénibles, que les ouvriers locaux refusaient
très souvent d'exécuter. L'industrie du travail de la pierre et de la terre arrive en seconde place
comme secteur d'occupation des ouvriers italiens et l'industrie du minerai figure au troisième rang.
20
En fait, si l'on peut parler, pour d'autres groupes d'immigrés, d'une "immigration de qualité", qui
aspirait, grâce à leurs compétences techniques personnelles et à leur propre identité linguistique et
culturelle, à rejoindre rapidement un niveau de vie élevé, l'immigration italienne en Alsace et en
Lorraine jusqu'à la première guerre mondiale fut essentiellement constituée de travailleurs ou
d'apprentis ordinaires, se présentant sur le marché du travail souvent sans aucune qualification et
presque toujours disposés à accepter des travaux pénibles et des rétributions inférieures à la normale
pour être embauchés. Ce profil du travailleur italien, économique et volontaire, est tracé par de
nombreuses sources d'informations de l'époque et accompagne, avec l'image de l'Italien subversif et
anarchique, cette émigration durant ces années.
La provenance régionale des Italiens ne peut être retracée qu'à l'aide des statistiques de source
italienne, qui pêchent malheureusement par défaut de manière notoire. En fait, en faisant abstraction
d'une sous-évaluation évidente du phénomène, ces données indiquent clairement dans les régions
septentrionales et orientales de la péninsule le réservoir de l'émigration italienne en Europe Centrale.
La Vénétie occupe sensiblement la première place, région de provenance de plus de la moitié des
Italiens émigrés pour l'année 1911, suivie, de très loin, par la Lombardie, l'Emilie et la Toscane.
Les informations relatives à tout le Reich illustrent certains aspects de la structure familiale des
Italiens : si la majorité était constituée d'hommes célibataires âgés entre 25 et 40 ans, on enregistre,
dans les premières années du XXe siècle, une augmentation importante de l'immigration de type
familiale et féminine. Si 61,3 % des femmes étaient mariées, une grande partie d'entre elles (33,2 %)
étaient célibataires ; il s'agissait, dans ce cas précis, de travailleuses saisonnières, la plupart du temps
émigrées avec quelques membres de leur famille, mais qui, une fois sur les lieux d'émigration,
trouvaient seules un travail dans une industrie locale, en particulier dans le secteur textile. Signalons
au passage le taux sensiblement haut d'immigration infantile en-dessous de 15 ans, auquel s'ajoute un
bon nombre d'unités enregistrées sous la tranche d'âge des 15-25 ans. En effet, il était extrêmement
répandu chez les Italiens, et ce phénomène est reporté avec insistance dans les sources
d'informations de l'époque, de falsifier les documents d'identité des propres enfants afin de les
rendre aptes au travail, alors que la législation allemande interdisait le travail aux jeunes de moins de
16 ans (12)
Les femmes immigrées dans l'espace transfrontalier
La forte augmentation qui s'enregistra dans les premières années du XXe siècle dans l'utilisation de la
main-d'œuvre italienne dans l'industrie textile concernait principalement l'Alsace et les autres régions
sud-occidentales du Reich. Dans la période 1890-1910, le nombre d'employés d'origine italienne, à
cet endroit principalement des femmes, augmenta quasiment de 119 fois, passant de 37 unités en
1890 à 4.447 en 1910. La comparaison avec les chiffres de juin 1907 ne fait pas ressortir de
différences notoires dans ce secteur entre les mois d'hiver et les mois d'été. Il est néanmoins signalé
le caractère non saisonnier, mais permanent de ces flux. De nombreuses sources d'informations de
l'époque soulignent également de quelle manière l'émigration féminine italienne présentait des
caractéristiques diverses de l'émigration masculine et se distinguait par une plus grande stabilité,
conséquence dû en particulier au secteur d'emploi destiné aux femmes immigrées d'Italie. La maind'œuvre masculine était, en fait, employée principalement à des travaux prévoyant un contrat à durée
déterminée. La main-d'œuvre féminine, par contre, trouvait occupation principalement dans
21
l'industrie textile, qui ne fermait pas pendant la période d'hiver. De ce fait, elles restaient
généralement plusieurs années sur le même lieu de travail.
La plus grande partie de cette émigration féminine d'Italie était constituée de jeunes filles et de
femmes âgées de moins de 35 ans, mais certains cas de jeunes filles extrêmement jeunes étaient
également signalés, tout comme de très jeunes garçons, employés comme apprentis ou domestiques.
De nombreuses sources d'informations de l'époque, en particulier les comptes-rendus des
inspecteurs du travail, insistent sur ce phénomène, qui, dans le cas de l'immigration ouvrière
italienne, atteint des proportions bien plus élevées par rapport aux indices d'emploi du travail des
mineurs enregistrés moyennement dans l'industrie française ou allemande. Dans ces comptes-rendus
relatant les inspections périodiques dans les usines et les établissements industriels, des cas de jeunes
hommes ou jeunes filles d'origine italienne présentant un document d'identité dont la date de
naissance est falsifiée sont reportés avec insistance. Ceci témoigne de quelle manière, parallèlement à
la transgression habituelle de l'employeur, le cercle familial lui-même favorisait l'emploi d'enfants qui
accompagnaient, pendant l'émigration, le groupe ou la famille des ouvriers italiens.
Des mouvements présentant davantage un caractère familial et parental avaient donc
progressivement succédé aux premières vagues adventices et "pionnieristiques" des années 1870 et
1880. Outre à souligner la tendance, brusquement interrompue par l'éclatement de la première
guerre mondiale, au passage d'une émigration autrefois temporaire, désormais stable et permanente,
cette donnée avait eu comme effet immédiat une augmentation vertigineuse du nombre de femmes
et d'enfants parmi la population immigrée d'origine italienne (13). L'entrée fracassante de la femme
italienne sur le marché du travail alsacien et lorrain fut accompagnée de conditions de vie et de
travail extrêmement pénibles, Pour de nombreux aspects, comme nous le confirment les études et
les enquêtes de l'époque, leur emploi prit l'allure et les caractéristiques d'un véritable commerce de
travail forcé et d'une exploitation de main- d'œuvre infantile. En fait, la première donnée qui
interpelle est l'âge fort jeune des émigrées, qui, dans la grande majorité des cas, se situe entre 14 et 20
ans. Les propriétaires d'industries textiles recrutaient régulièrement de très jeunes femmes italiennes
directement en Italie, par le biais d'agents ou d'intermédiaires également italiens, d'où elles étaient
ensuite accompagnées sur le lieu de travail après accord de la famille.
Les ouvrières italiennes (…) ne viennent pas par hasard comme les hommes. Presque toujours, elles
sont déjà recrutées dans leur patrie par des agents, si elles ne sont pas encore engagées directement
par les patrons, comme il arrive le plus souvent ces derniers temps (...) Il pourrait sembler étrange
que les parents italiens laissent leurs filles s'en aller à l'étranger sans sécurité, sans garantie pour leur
bien-être matériel et moral. Mais la faute découle du fait qu'ils croient aveuglément tout ce que dit
l'agent de recrutement (14).
A l'usine et à l'extérieur, les conditions de vie et de travail des femmes italiennes étaient extrêmement
rigides, non seulement par le manque de respect des heures de travail, systématiquement pratiqué par
la majorité des entrepreneurs locaux contrairement à la législation en vigueur, mais également par la
série de charges supplémentaires effectuées à domicile et non rémunérées.
Quant à l'horaire de travail - écrit Giuseppina Scanni dans un compte-rendu sur l'immigration
féminine italienne en Alsace-Lorraine et dans d'autres régions méridionales de l'Allemagne - le
règlement allemand a beau vociférer ses 10 heures quotidiennes et le samedi, pour les femmes,
22
seulement 8 : presque partout, ils font travailler 12 ou 13 heures sans exception pour le samedi ; de
plus, une partie du dimanche elle est employée par les chaufourniers pour le raccommodage et le
nettoyage de leur linge et de celui des hommes (15).
Etant donné l'origine paysanne de la majeure partie des femmes immigrées d'Italie, leur niveau
d'instruction étaient généralement très bas, De plus, malgré le caractère permanent de cette
immigration féminine en Alsace qui, à la différence de celle des hommes, restait habituellement sur
le même lieu de travail pendant plusieurs années, peu d'ouvrières italiennes atteignaient une bonne
connaissance de la langue locale durant leur séjour. Ce facteur conditionnait fortement les niveaux
d'intégration tant sur le lieu de travail que dans les nouveaux contextes où les femmes immigrées
étaient généralement confrontées.
Une grande partie des informations font état de l'incroyable degré d'isolement auquel les femmes
immigrées italiennes étaient destinées, aussi bien avec la population locale qu'à l'intérieur de l'usine.
L'identité culturelle particulière et la diversité linguistique éveillèrent le sens du caractère étrange
envers elles, qui, de par ses traits, rejoignait les contours de l'intolérance et du rejet. Généralement,
les femmes italiennes étaient observées comme "quelque chose" d'exotique et de lointain et, en
particulier dans la zone limitrophe de Bâle, où les préjudices anti-italiens étaient plus virulents, elles
étaient tenues à distance et considérées comme des paysannes primitives, sales et ignorantes. Voici le
cadre qui émerge d'une étude conduite en 1912 dans le district consulaire de Bâle, pour le compte du
Commissariat à l'émigration du Ministère des Affaires Etrangères italien :
J'ai fait allusion au peu de sympathie qui intercède entre nos ouvrières et les indigènes. Les directeurs
le savent, et ils ont soin, presque toujours, de séparer les nationalités. De graves incidents sont évités
grâce aux précautions et à la surveillance, mais les symptômes sont partout évidents (...). "Frustante,
caiba" (j'ai compris, cochon) est la réponse d'usage que l'Italie nomade adresse au "schmutzige cinken"
qui leur est servi par les indigènes sous n'importe quel prétexte. Avec de telles bases de conversation,
il est aisé de comprendre qu'accord soit impossible, et que, dans la meilleure des hypothèses, subsiste
une neutralité armée. L'opinion des directeurs d'usines sur le travail des jeunes filles italiennes est
pratiquement toujours identique. Bonnes de caractère mais bruyantes ; aux doigts agiles mais à la
volonté inconstante ; superficielles, sales. Fluchtig et Schmutzig sont les deux qualificatifs qui m'ont été
le plus souvent cités dans mes conversations avec l'élément patronal (16).
Dans les zones urbaines et dans les centres industriels comme Mulhouse, les conditions de vie des
immigrées italiennes étaient, de surcroît, appesanties par les difficultés d'insertion dans un contexte
métropolitain, par la recherche d'un logement et par les fréquentes crises d'adaptation au nouvel
espace social et culturel. Les comptes-rendus périodiques des inspecteurs du travail, tant en AlsaceLorraine que dans le reste de l'Allemagne méridionale, signalaient à ce sujet avec insistance
l'insalubrité de l'habitation de ces ouvrières italiennes et le manque fréquent de logements adéquats
et réservés aux femmes.
Diedenhofen et Mulhouse : les Italiens comme ressource
Les années durant lesquelles la présence d'immigrés italiens en Alsace et en Lorraine atteint son
point culminant sont celles qui s'étendent de 1908 jusqu'au début de la guerre. Le pourcentage
23
d'étrangers recensés dans le Reichsland en 1908 équivalait à 4,6 % de l'ensemble de la population,
c'est-à-dire 83.000 unités. 44 % d'entre eux étaient Italiens. En 1900 déjà, la "Metzer Zeitung" faisait
état de 42.000 ouvriers italiens actifs uniquement en Lorraine. La distribution de cette avalanche
migratoire n'était pas uniforme. Comme il a été dit, durant ces années, l'émigration ouvrière italienne
trouvait à Diedenhofen et à Metz un lieu d'embauche privilégié en ce qui concerne la Lorraine, alors
qu'en Alsace, c'était Mulhouse qui attirait principalement les flux migratoires provenant d'Italie.
Même au-delà de la frontière franco-allemande, dans les districts industriels de Briey et de Longwy,
dans la zone de la Lorraine restée française, de grandes concentrations d'Italiens étaient signalées.
Elles rejoignaient un pourcentage égal à 60 % de la population locale. A Auboué, près de Briey, les
Italiens constituaient, en 1913, 62% de la population locale. Les ouvriers occupés dans l'industrie
minière étaient pratiquement tous Italiens, 1.550 mineurs sur 1.700, soit 91,2% (17).
A Diedenhofen et à Metz également, les deux plus importants centres industriels de la région, la
main-d'œuvre italienne employée dans le secteur minier rejoignait des niveaux très élevés. En
particulier à partir des premières années du siècle, le secteur tout entier dépendait de l'emploi des
travailleurs transalpins : en effet en 1905, à Metz, 40,68 % des mineurs étaient italiens (2.607 sur
6.408) et à Diedenhofen, le quota voisinait, la même année, les 36,2 % (2.204 sur 5.580) (18). Une
étude conduite à micro niveau sur les registres de présence des étrangers dans le district de
Diedenhofen, contenus dans les Archives municipales de Thionville et relatifs aux années 19041909, démontre une mobilité très importante de l'immigration italienne dans la ville, qui avait
tendance à changer très fréquemment de lieu d'emploi et de permanence (19).
A Mulhouse, l'immigration italienne durant ces années eut des caractéristiques différentes par
rapport aux deux centres miniers lorrains. Jusqu'à la dernière décennie du XIXe siècle, le
développement industriel de la ville, mené essentiellement par le secteur textile, réclamait un nombre
toujours plus important de main-d'œuvre provenant d'Italie. En outre, la croissance démographique
de la population urbaine, qui passa de 6.000 habitants en 1798 à 52.892 en 1871 et 105.000 en 1914,
fit augmenter considérablement d'autres secteurs, comme, par exemple, l'industrie de la
construction. On prête à penser qu'en 1789, la ville comptait seulement 700 habitations civiles, qu'en
1899 il y en avait 7.100, auxquelles s'ajoutaient 1.900 bâtisses industrielles (20). Ce fut cette
croissance urbaine fulminante qui détermina de manière consistante les mouvements migratoires de
travailleurs italiens vers la ville.
Durant tout le XIXe siècle, Mulhouse avait enregistré un développement économique constant,
particulièrement évident dans le secteur secondaire. Mais jusqu'à la guerre franco-prussienne, les
apports de main-d'œuvre étrangère en ville furent très modestes. En 1851, dans le Mulhouse
français, 2.987 étrangers étaient présents, parmi lesquels 33,84 % provenaient du Baden, 28,64 % de
la Suisse et 15,22% du Württemberg. Ces années-là, la présence des Italiens était insignifiante dans la
ville : 0,07 % à peine de tous les étrangers recensés (21). Dans l'ouvrage d'Eugène Véron, datant de
1866, les conditions des ouvriers employés dans les différents secteurs industriels de la ville sont
analysées et les différentes associations de travailleurs sont énumérées. Aucune allusion n'est faite
des ouvriers immigrés provenant d'Italie (22). De même, immédiatement après l'annexion, les
arrivées d'immigrés italiens en ville furent relativement modestes : en traçant un cadre détaillé des
habitations ouvrières de Mulhouse, Martin Schall ne reporte, en 1877, aucune concentration
d'immigrés transalpins, ni à l'intérieur de la vieille ville, ni dans la nouvelle (23).
24
Dans ces années, on pouvait compter 23.785 employés du secteur industriel dans la ville alsacienne.
L'industrie textile, avec ses 15.000 employés, absorbait plus de la moitié de la classe ouvrière
citadine. Ce fut dans la dernière décennie du siècle que l'industrie de Mulhouse, créée par les grandes
familles du patronat local, comme les Dolfuss, les Koechlin, les Hofer, enregistra un élargissement
occupationnel significatif. En 1907, Mulhouse comptait 41.768 salariés divisés dans 5.230 entreprises
: l'industrie textile, avec plus de 20.000 employés restait le secteur de tête, mais l'industrie
métallurgique comptait déjà 7.000 ouvriers et ils étaient 3.000 dans la construction. Ce fut justement
la grande demande de main-d'œuvre qui s'enregistra dans le secteur du bâtiment qui détermina la
forte augmentation de l'immigration italienne à Mulhouse.
Déjà autour de la moitié des années 1890, la réalisation du système de canalisation de la ville avait
appelé de nombreux ouvriers italiens à Mulhouse, qui furent surtout employés dans les chantiers de
terrassement autour de la Illstrasse (24). En 1910, sur une population totale de 95.041 habitants, on
comptait plus de 5.649 étrangers en ville, dont 1.026 Italiens (25). Une grande partie de cette maind'œuvre transalpine se concentra dans l'industrie de la construction, comme en témoigne l'étude de
1902 de la Société Industrielle de Mulhouse :
L'élément italien fournit actuellement environ 80% des ouvriers terrassiers, manœuvres, maçons et
cimenteurs; les ouvrages de taille de pierre, de charpente en bois et de la couverture en ardoises sont
restés le monopole des ouvriers allemands. Les ateliers de menuiserie, serrurerie, plâtrerie, peinture
et autres branches du bâtiment, occupent un personnel indigène et sédentaire (26).
Cette répartition interne au secteur de la construction entre immigrés italiens, allemands et
travailleurs autochtones reflétait naturellement les différents niveaux de rétribution de chaque
qualification : d'après les tarifs de 1898, les travaux confiés aux premiers étaient payés avec une
rétribution qui variait de 2.25 à 2.50 francs pour les petits manœuvres et de 3 à 3.40 francs pour les
journaliers ; pour les tailleurs de pierre et les charpentiers allemands, il était prévu respectivement de
6 à 6.50 francs et 4.75 ; les peintres et serruriers alsaciens gagnaient jusqu'à 6.50 e 5,50 francs (27).
Les travaux réservés aux immigrés italiens étaient donc rétribués avec une paie qui était généralement
le tiers ou la moitié des autres ouvriers du même secteur.
Ces renseignements mettent en évidence une caractéristique de fond observée dans d'autres zones à
forte immigration italienne à la même période et éclairent de nombreux aspects liés à l'utilisation de
la main-d'œuvre en provenance d'Italie, comme, par exemple, celui de la concurrence entre
travailleurs italiens et autochtones. A Mulhouse, comme dans les autres centres industriels de
l'Alsace et de la Lorraine, l'immigration italienne ne constituait aucune forme de compétition sur le
marché du travail, car elle représentait une réserve de main-d'œuvre à bas prix, à utiliser dans les
travaux moins rétribués et plus pénibles, ceux que même les autres groupes de travailleurs étrangers,
comme par exemple les tailleurs de pierres et ICS charpentiers allemands, acceptaient rarement. Ceci
nous est confirmé par diverse sources d'informations, la première d'entre toutes étant l'analyse de
l'économiste et juriste August Sartorius von Waltershausen de l'Université de Strasbourg, contenue
dans une étude consacrée aux travailleurs immigrés italiens du 1903 (28).
La thèse centrale de l'analyse de Waltershausen est que l'utilisation de la main-d'œuvre italienne, bien
que largement contrôlée et disciplinée, peut être positive là où elle vient combler les carences de
travail de force local. En comparaison des travailleurs locaux, les Italiens ne représentaient pas,
25
d'après cette étude, une concurrence dangereuse, du fait qu'ils constituaient une "couche de
travailleurs de second degré", à utiliser pour les travaux plus pénibles, comme ceux de terrassement
ou d'excavation, auxquels les ouvriers autochtones renonçaient volontiers.
Ces travaux sont fatiguant, exténuants et dangereux pour la santé, souvent sales et rebutants. Dans
ces régions où les travailleurs sont devenus indolents et fainéants ou pensent avoir droit à des
qualifications plus légères en vertu de leur autorité politique, ils sont tout bonnement refusés à partir
du moment où une activité plus commode peut être trouvée. C'est également dans ce cas que les
Italiens constituent une alternative à la main-d'œuvre locale recherchée et précieuse. Ils ne sont pas
concurrents, mais représentent une couche de travailleurs de second degré, comme les nègres dans
les états orientaux de l'Amérique du Nord, les Chinois en Californie, les Indiens Kuli dans les Indes
occidentales britanniques, les Japonais dans les Iles Hawaï, les Polynésiens en Australie (29).
La question soulevée par nombreux contemporains sur la concurrence exercée par les ouvriers
italiens, disposés à travailler toujours et à n'importe quel prix, fut amplement discutée, tant au niveau
économique que syndical. Le but était de rechercher des solutions qui consentiraient une insertion
positive et non compétitive de la main-d'œuvre immigrée d'une part, et une plus grande croissance
économique de l'autre. En général, la tendance était de se fournir en ouvriers italiens comme d'une
réserve de main-d'œuvre à bas prix, à employer 'uniquement là où un manque de travail de force
local se faisait sentir. Ces ouvriers ne seraient employés qu'avec des contrats de travail saisonnier,
donnant accès à un emploi temporaire et donc adaptable aux différentes exigences régionales.
Dans les années qui précédèrent immédiatement 1914, les dimensions qu'avaient progressivement
atteint le phénomène contribuèrent, en outre, à renforcer la perception négative de l'Italien immigré
dans l'opinion publique. Affublées de tons et de colorations diverses, mais les reflétant et les
juxtaposant toujours par rapport à l'identité culturelle qui caractérisait la population locale, les images
du héros au couteau, violent et sanguinaire, ou de l'anarchiste subversif, du sous-prolétaire sale et
hygiéniquement dangereux ou de l'épargnant consciencieux disposé à tout, du non-syndicaliste
indifférent à la solidarité de classe ou de l'ouvrier non fiable, fermé aux contacts avec les collègues,
confluaient à tracer un portrait-robot de l'immigré italien de ces années. Naturellement, ces
qualificatifs ne sont que quelques indices engendrés du rapport difficile et conflictuel avec les autres
travailleurs et, d'une manière plus générale, avec la société d'accueil. La disponibilité à toujours
travailler, même en échange de rétributions peu avantageuses, ne favorisa certes pas l'acceptation et
l'insertion à l'intérieur du lieu de travail. Le stéréotype de l'Italien baisseur de salaire et à la
providence facile pendant les grèves se propagea rapidement également en Alsace, en particulier
après les incidents d'Aigues-Mortes en août 1893, où des travailleurs français tirèrent sur des ouvriers
italiens qui, lors d'une grève, avaient accepter de travailler dans les salines locales à des prix inférieurs
(30).
Conclusion
L'éclatement de la première guerre mondiale provoqua un retour tumultueux d'une grande partie des
colonies italiennes en Alsace et en Lorraine. De nombreux ouvriers, rappelés sous les drapeaux,
rentrèrent, suivis de leurs familles ; d'autres retournèrent dans leur patrie, préoccupés des
implications à caractère international du conflit. Après la déclaration de guerre de l'Allemagne à la
Russie et à la France en août 1914, les trains en direction du Sud à travers le Gothard furent
26
littéralement pris d'assaut par des dizaines de milliers de travailleurs italiens voulant rentrer chez eux,
dans une frénésie qui causa même des incidents et des désordres aux gares de frontière. A la
différence de la main-d'œuvre polonaise, maintenue de force en Allemagne, aucune disposition
restrictive ne fut adoptée par le gouvernement du Reich pour le compte des ouvriers italiens, qui
purent ainsi rentrer librement au pays. Avec la réouverture des frontières, à la fin du conflit, les
contextes nationaux et internationaux, profondément modifiés, signèrent un volte-face radical dans
les politiques européennes sur l’immigration. Le désastre économique de l’après-guerre et le très fort
taux de chômeurs autochtones entraînèrent des mesures sévères et limitatives dans l’emploi de la
main-d’œuvre étrangère dans l’industrie. Ces restrictions ne visèrent pas seulement les travailleurs
italiens, mais tous les mouvements migratoires en général. Ce n’est qu’après le deuxième aprèsguerre, dans les années à fort développement industriel, que les conditions pour une seconde vague
migratoire italienne en direction de l’Alsace et la Lorraine se réalisèrent. Comparable à la précédente
par sa quantité et son impact économique, elle assumera néanmoins des connotations et des
modalités radicalement différentes.
* Cette étude fait partie d'une recherche conduite auprès de la Albert-Ludwigs-Universitât Freiburg sur l'immigration
italienne en Suisse et en Allemagne dans les années qui précédèrent la première guerre mondiale. Les résultats de cette
recherche sont à présent recueillis dans L TRINCIA, Emigrazione e diaspora. Chiesa e lavoratori italiani in
Svizzera e in Germania fino alla prima guerra mondiale, préface de G. ROSOLI, Roma, Edizioni Studium, 1997
(Édition allemande: L. TRINCIA, Migration und Diaspora. Katholische Kirche und italienische Arbeitswanderung
nach Deutschland und in die Schweiz vor dent Ersten Weltkrieg, Freiburg, Lambertus, 1997, en préparation). Une
table ronde à l'Université de Haute Alsace à Mulhouse en octobre 1997 a fourni l'occasion d'écrire cet article.
Notes et références bibliographiques
1. Cf. G. ROSOLI, "Un quadro globale della diaspora italiana nelle Americhe", Altreitalie,
1992, 8, pp. 8-24. Les données générales sur la période totale reportées par Rosoli montrent
ce "dualisme constant" de la présence des Italiens dans le monde : 5,7 millions aux Etats
Unis ; 4,4 millions en France ; 4 millions en Suisse ; pratiquement 3 millions en Argentine ;
2,5 millions en Allemagne ; 1,5 millions au Brésil, ibid., p.12
2. R. LOPEZ, E. TEMME, Histoire des migrations à Marseille, Tome 2 : L'expansion
marseillaise et "l'invasion italienne" (1830-1918), Aix-en-Provence, Edisud, 1990, p. 72
3. Parmi les autres analyses voir C. KLEBMANN, "Nationalitäten im deutschen
Nationalstaat", dans Das deutsche Kaiserreich 1867/71 bis 1918, sous la direction de D.
LANGEWIESCHE, Würzburg, Plötz, 1984, pp. 127-138 ; L. TRNCIA, 'Nazionalità e
minoranze nell'lmpero tedesco", Studi Storici, 1996, 4, pp. 1043-1063.
4. Pour un premier bilan historiographique voir le chapitre "Der unvollendete Nationalstaat"
dans l'ouvrage de G.A. RITTER et TENFELDE, Arbeiter im Deutschen Kaiserreich 1871
bis 1914, Bonn, Dietz Nachf, 1992, pp. 81-85. Voir aussi T. SCHEDER, Das Deutsche
Kaiserreich von 1871 als Nationalstaat, Këln/Opladen, Westdeutscher Verlag, 1961, J.
KOCKA, "Probleme der politische Integration der Deutschen 1867 bis 1945", dans Die
27
Rolle der Nation in der deutschen Geschichte und Gegenwart, sous la direction de O.
BÜSCH et J.J. SHEEHAN, Berlin, Colloquium, 1985, pp. 118-136.
5. J. M. MAYER, Autonomie et politique en Alsace. IA constitution de 1911, Paris, Colin,
1970. Un regard d'ensemble sur la question de l'intégration socio-culturelle en Alsace en M.
ESSIG, Das Elsaβ auf der Suche nach seiner Identität, München, Eberhard, 1994.
6. Verwaltungsberichte der Gewerbe-Aufsichtsbeamten in Elsaβ-Lothringen, 1892-1905,
Berlin, 1893-1906, Jahresberichte der Gewerbe-Aufsichtsbeamten und der Bergbehörden in
Elsaβ-Lothringen, 1906-1913, Berlin, 1907-1914.
7. En moyenne, les statistiques de source italienne rapportent des chiffres qui avoisinent la
moitié des unités recensées sur place par les relevés allemands. Pour l'année 1907, la présence
italienne dans toute l'Allemagne était estimée à 75.885 unités d'après les données fournies par
la Direction générale de la statistique publiées par le Ministère des Affaires Etrangères italien,
contre 147.034 recensés par le Berufszählung allemand du 12 juin de la même année. Cf.
"Notizie statistiche sui movimenti migratori Emigrazione italiana per paesi d'Europa e fuori
d'Europa avvenuta nell'anno 1908 e nel primo semestre dell'anno 1909. (Notizie raccolte e
pubblicate dalla Direzione generale della statistica)", Bollettino dell'Emigrazione, 1909, 14,
pp. 3-60, ici p. 17.
8. Les données et les tableaux extraits de ce recensement sont reportés dans L. TRINCIA
Emigrazione e diaspora, cit., pp. 51 ss. Voir également L. TRINCIA, "L'immigrazione
italiana nell'lmpero tedesco fino alla prima guerra mondiale", Studi Emigrazione, 1996, 123,
pp. 370-391. C'est à ces données que l'on se référera également pour les observations qui
suivront.
9. Cf. P. MANZ, Emigrazione italiana a Basilea e nei suoi sobborghi (1890-1914). Momenti di
contatto tra operai immigrati e società locale, Lugano, Alice, 1988, p. 164 ss.
10. A. BALABANOFF, Erinnerungen und Erlebnisse, Berlin, Laub, 1927, p. 13. Le phénomène
des Italienerzüge en transit à Bâle et à destination de l'Alsace, de la Lorraine, du Baden, du
Württemberg est rapporté également dans la presse de l'époque : "Les trains de la ligne du
Gothard qui arrivent de Lucerne„ - lit-on dans le "Basler Vorwarts" du 22 mars 1900 - sont
bondés d'ouvriers italiens en voyage ; entre 500 et 600 italiens en moyenne arrivent ici tous
les jours mais seulement une faible partie d'entre eux pourra trouver un logement en ville. La
majeure partie des Italiens continue le voyage vers l'Alsace et le Baden pour y chercher du
travail. La place de la gare centrale a, ces derniers temps, des allures de véritables
campements d'Italiens"
11. H. SCHÂFER, "Italienische 'Gastarbeiter' im deutschen Kaiserreich (1890-1914)",
Zeitschrift für Unternehmensgeschichte, 1982, 27, pp. 192-214, ici p. 197.
12. L. TRINCIA, Emigrazione e diaspora, cit., p. 63.
13. L'augmentation des flux de main d'œuvre féminine en Alsace et en Lorraine dans les années
qui précédèrent l'éclatement de la guerre, s'insère d'un autre côté dans une augmentation plus
importante de l'émigration féminine italienne, aussi bien transocéanique que continentale, à
28
partir de la dernière décennie du XXe siècle. Pour une vision d'ensemble à ce sujet, voir les
essais recueillis dans la section "Donne che vanno, donne che restano. Emigrazione e
comportamenti femminili" dans l'ouvrage Società rurale e ruoli femminili in Italia tra
Ottocento e Novecento, sous la direction de P. CORTI, Bologna, Il Mulino, 1991 (Istituto
Alcide Cervi, Annali 12/1990). Pour un bilan des études sur l'émigration féminine italienne,
M. TIRABASSI, "Italiane ed emigrate", dans Le emigrate italiane in prospettiva comparata,
numéro monographique de Altreitalie, 1993, 9, pp. 139-153.
14. La Protezione della Donna Italiana all'Estero. Relazione sullo stato presente, sui movimenti,
programma dell'Opera presentata dall'Opera di Protezione della Donna Italiana all'Estero,
Freiburg, 1908, p. 3 et p. 5.
15. Associazione cattolica internazionale per la protezione della giovane. Sezione italiana.
Relazione di Giuseppina Scanni. 16 ottobre 1910, dans l'Archiv des Deutschen
Caritasverbandes Freiburg, WA, 080/19 Teil 3.
16. A. A. BERNARDY, "Alcuni aspetti della nostra emigrazione femminile nel distretto
consolare di Basilea", Bollettino dell'Emigrazione, 1912, 6, pp. 3-64, ici p. 55.
17. S. LEINER, « Movimenti migratori nell'area di frontiera fra Lorena, Saarland e
Lussemburgo, 1856-1914 », dans Regioni di frontiera nell'epoca dei nazionalismi. Alsazia e
Lorena/Trento e Trieste, sous la direction de A. ARA et E. KOLB, Bologna, Il Mulino,
1995, p. 200.
18. 1. BRITSCHGI-SCHIMMER, Die wirtschafliche und soziale Lage der italienischen Arbeiter
in Deutschland (Ein Beitrag zur ausländischen Arbeiterfrage), Essen, Klartext, 1996, p. 66.
19. R. DEL FABBRO, Transalpini. Italienische Arbeitswanderung nach Süddeutschland im
Kaiserreich 1870-1918, Osnabrück, Rasch, 1996, p. 102-103. Sur les travailleurs italiens dans
l'industrie lorraine, voir P.-D. GALLORO, La main-d'œuvre des usines sidérurgique de
Lorraine (1880-1939). Étude des flux, Thèse Université de Metz, 1996 ; et du même auteur :
"Un siècle de présence italienne en Lorraine", dans Italiens en Lorraine de l'intégration à la
réussite, ed. par la Chambre de Commerce Italienne pour la France, 1997, pp. 17-56.
20. Société industrielle de Mulhouse, Histoire documentaire de l'industrie de Mulhouse et de ses
environs au XIXe siècle, 2 vol., Mulhouse, Veuve Bader, 1902, ici vol. 1, p. 32. En général
pour le cas alsacien voir M. HAU, L'industrialisation de l'Alsace (1803-1939), Strasbourg,
1987.
21. Ces données sont tirées de S. PANKE, L'immigration à Mulhouse au XIXe siècle, Mémoire
de maîtrise, Université de Strasbourg, 1993.
22. E. VÉRON, Les institutions ouvrières de Mulhouse et des environs, Paris, Hachette, 1866.
23. M. SCHALL, Das Arbeiter-Quartier in Mülhausen im Elsass. Berücksichtigung der
vorzüglichsten damit verbundenen Anstalten zum Wohle der Arbeiterklasse, Berlin,
Buchhandlung für Staatswissenschaften und Geschichte, 1877.
29
24. "Die Kanalisation der Stadt Mülhausen. Vortrag gehalten in der Sitzung der Industriellen
Gesellschaft von Mülhausen am 24. November 1897 von Hm. Ing. H. Gruner", dans
Industrielle Gesellschaft von Mülhausen. Jahresbericht 1898, Strassburg, R. Schultz, 1898,
pp. 111-138.
25. G. LIVET, R. OBERLÉ (sous la direction de), Histoire de Mulhouse des origines à nos
jours, Strasbourg, Éditions Dernières Nouvelles d'Alsace, 1977, p. 264-265.
26. Société industrielle de Mulhouse, Histoire documentaire de l'industrie de Mulhouse, Tome 1,
p. 818. 27 Ibid., p. 818.
27. Waltershausen avait été titulaire ordinaire de la chaire de Staatswissenschaften de l'Université
de Zürich de 1885 à 1888, avant de prendre ses fonctions à l'Université de Strasbourg,
fonctions qu'il exercera jusqu'en 1918 ; cf. la voix "Sartorius August Freiherr v.
Waltershausen", dans Historisch-Biographisches Lexikon der Schweiz, sous la direction de
l'Allgemeiner Geschichtsforschenden Gesellschaft der Schweiz, vol. VI, Neuenburg, 1931, p.
90.
28. A. SARTORIUS VON WALTERSHAUSEN, Die italienischen Wanderarbeiter, Leipzig,
Hirschfeld, 1903, p, 30.
29.
30
Sur les incidents d'Aigues-Mortes, voir M. AMAR, P. MILZA, L'immigration en France au
XXe siècle, Paris, Colin, 1990, pp. 29-35. Voir aussi l'essai de T. VERTONE dans
L'emigrazione italiana in Francia prima dei 1914, sous la direction de J.B. DUROSELLE et
E. SERRA, Milano, F. Angeli, 1978, pp.107-138
Le Consulat d'Italie à Mulhouse
(1864 - 1944)
Vincenzo PELLEGRINI
Archives Historiques Diplomatiques du
Ministère des Affaires Etrangères – Rome
Cette communication a pour objectif de fournir un premier tour d’horizon des sources
d’informations et des typologies documentaires disponibles pour l'étude de l'émigration, mieux
encore de la présence italienne, à Mulhouse et plus généralement en Alsace. Ces documents sont
conservés aux Archives Historiques Diplomatiques du Ministère des Affaires Etrangères.
Nous rappellerons que les Archives historiques diplomatiques sont surtout habilités à la
conservation des documents produits par les bureaux de l'administration centrale et des
représentations à l'étranger. Le point de départ inévitable de cet exposé est la constatation d'absence
substantielle des archives consulaires, victimes d'événements de guerre et objets d'importantes
lacunes (1). Par conséquent, il est nécessaire de consulter les archives ministérielles, parallèlement
aux faits historiques institutionnels, afin de reconstituer les pièces qui tendront, dans une certaine
mesure, à favoriser la reconstruction du puzzle.
Au lendemain de l'Unité, le réseau consulaire italien est plutôt vaste. Non seulement il reprend
l'organisation des états pré-unitaires, en particulier ceux concernant la Sardaigne, mais tend à la
réalisation d'une présence diffuse, comparée à celle de grand-puissances, et véritablement
disproportionnées par rapport aux capacités et aux possibilités du nouveau royaume. Le contrôle
politique des collectivités à l'étranger n'étant plus nécessaire, la présence consulaire diffuse répond
davantage à des motivations à caractère politique et commercial plutôt qu'à des fins d'assistance à
l'émigration. Une préoccupation bureaucratique qui reste malgré tout présente, est celle d'utiliser du
personnel provenant des diplomaties des anciens états ayant adhéré au nouvel ordre politique.
Un nouvel Etat voulant s'affirmer trouve souvent réponse en créant des Consulats généraux, des
Consulats ou vice-Consulats de seconde catégorie ou des Agences Consulaires, même là où la
présence et les intérêts italiens sont modestes. Ces représentations consulaires sont confiées à un
personnel honoraire - et non à des fonctionnaires de carrière - choisi, si possible, parmi l'élite de la
collectivité italienne, mais parfois également dans la bourgeoisie mercantile ou professionnelle.
Ce dernier choix, bien souvent peu apprécié pour de nombreuses raisons, permet de compenser
pour services rendus ou de lier à l'Italie des représentants de sociétés locales particulièrement
brillants. Ces derniers, outre à assurer la tutelle des intérêts nationaux, aspirent à la nomination
consulaire comme à un élément de distinction sociale et, d’une certaine manière, se garantissent un
revenu raisonnable lié au recouvrement des droits consulaires.
Dans le cadre de l'aménagement du réseau consulaire italien durant les premières années qui
suivirent I’Unité, un Consulat de seconde catégorie est institué à Mulhouse par décret royal du 8 juin
1864. Sa juridiction s'étend sur les départements du Bas et Haut-Rhin, de la Meurthe, des Vosges, de
la Haute Saône et du Doubs. Un commerçant, Giacomo Bourcart, est nommé le même jour pour le
diriger. Le Consulat restera opérationnel jusqu'à la fin de la guerre franco-prussienne.
31
Cette première phase du Consulat est retracée dans des documents modestes mais réglementaires,
classés dans les archives ministérielles. La correspondance entre le Ministère et le Consulat et viceversa est pratiquement complète. Sur les 78 rapports envoyés par Bourcart correspondent 70
dépêches ministérielles. Les uns et les autres sont enregistrés dans un cahier de correspondance
prévu à cet effet. Bourcart se charge également de l'envoi des registres d'état civil pour les années
1867, 1868 et 1870. Il s'agit d'ailleurs des seuls registres de décès, concernant au total sept personnes.
Si la correspondance adressée au Ministère est substantiellement complète, il n'existe aucune trace de
correspondance avec les autorités locales, avec les autres Consulats en France ou avec des
particuliers, ni aucun enregistrement consulaire.
Par des informations indirectes, il est possible, par exemple, de constater que durant son activité,
Bourcart avait délivré environ 200 passeports. Quelques traces de correspondance avec l'Ambassade,
vraisemblablement très réduite, pourrait être retrouvées dans les archives de cette dernière, très
dépouillées pour la période 1861-1870. La correspondance avec le Ministère, permet de deviner une
présence quantitativement modeste, mais articulée par catégories d'activités : liées au bâtiment, à
l'agriculture, à l'artisanat, aux constructions ferroviaires, mais aussi à l'industrie. On relève des traces
d'un certain nombre de mariages entre femmes italiennes et alsaciens, probablement commerçants,
et vice-versa. A noter, entre-autre, l'arrestation et l'expulsion probablement arbitraires, décidées par
le préfet de Strasbourg, de 21 Italiens marchands ambulants.
Le passage de l'Alsace à la souveraineté allemande entraîne la fermeture du Consulat. En effet, la
constitution du Reichsland interdit la présence de représentations consulaires étrangères dans les
territoires de l'Alsace et de la Lorraine. Par conséquent, les différentes puissances européennes
utilisent les Consulats installés dans les régions limitrophes.
La circonscription des Consulats italiens en Allemagne est décidée par décret royal du 29 septembre
1872, excluant explicitement les territoires alsaciens et lorrains passés sous le règne germanique.
Malgré les difficultés inévitables occasionnées à cet effet, ce n'est qu'en novembre 1879 que les
Consuls de Francfort et de Mannheim seront autorisés à légaliser les documents commerciaux
provenant des territoires du Reichsland. A cette occasion, le gouvernement du royaume demande à
son homologue impérial que les autorités des deux provinces soient autorisées à échanger avec le
Consulat de Francfort une correspondance concernant les affaires courantes des ressortissants
italiens. Le Gouvernement allemand accepte la demande italienne par note du 16 novembre 1880.
En conséquence, le Consul de Francfort est autorisé à se mettre en contact direct avec les autorités
de l'Alsace-Lorraine pour les affaires concernant les intérêts privés italiens.
Le Consul de Mannheim est, quant à lui, uniquement habilité à la légalisation des documents
commerciaux provenant de ces territoires (2). En 1899, les affaires concernant l'Alsace et la Lorraine
sont confiées à la représentation de Mannheim, élevée au rang de Consulat Général. En 1901, suite à
l'augmentation des charges de travail, un Consulat Général de seconde catégorie est institué à
Saarbrücken, destiné à sauvegarder les intérêts nationaux en Lorraine. Du reste, les Italiens qui,
durant la période 1895-1900, passent, dans les deux régions, de 1.044 à 20.952, prennent souvent
l'habitude de s'adresser au Consulat de Bâle.
Ces brèves informations nous fournissent quelques indications sur les éventuels parcours de
recherche à suivre.
32
Le retour de l'Alsace et de la Lorraine à la France permet la mise en place régime transitoire, par la
loi française du 17 octobre 1919. De ce fait, un droit spécial, en partie tiré de l'ordre juridique
français, est instauré pour les cas non traités par la législation française courante. Ce dernier est
constitué ensemble de normes dont le contenu est dicté par la législation allemande en vigueur à la
date de l'occupation française.
Les nombreux ouvriers italiens présents dans le secteur bénéficient des retombées notoires de ce
régime, en particulier dans le domaine des assurances sociales.
La rigidité de la législation allemande, particulièrement développée, entraîne la stipulation d'un
accord entre la France et l'Italie qui régirait le salaire des Italiens travaillant en Alsace et en Lorraine.
L'accord est signé à Paris le 16 février 1920, et ratifié le 19.
Par conséquent, le régime instauré par la Convention italo-allemande du 21 juillet 1912 (3) est
provisoirement maintenu pour les ouvriers italiens. La présence importante des travailleurs italiens
développe considérablement l'activité au sein de la collectivité, durant la période de l'après première
guerre. Ce phénomène s'immisce et se superpose tant avec la création important réseau
d'informations qu'avec la naissance des organisations et de la propagande fasciste dans le secteur.
Dans le début des années 20, deux personnages se vouent à une série d'initiatives : le Consul de
Strasbourg, Sironi, et le Directeur du Bureau italien d'informations nouvellement institué à
Mulhouse, Baldacci. Sironi, officier chez les Alpins durant la Grande Guerre, adhère au fascisme et
œuvre dans le secteur des partis fascistes italiens à l'étranger, contribuant, d'après ses dires, à la
fondation de ceux de Strasbourg, Metz, Mulhouse, Reims et Nancy. Nommé Consul Honoraire à
Strasbourg en novembre 1923, il encourage la naissance du journal « La Voce d'Italia » dirigé par
l'Avocat Attilio Simoncini et soutient quelques initiatives bancaires du secteur.
Giulio Baldacci est un ouvrier autodidacte, lui aussi ancien combattant. Il adhère au fascisme en
1922 et fonde, la même année, le parti fasciste à Mulhouse. Dans la ville alsacienne, il devient, pour
quelques d'années, secrétaire de la société italienne de secours mutuel et fonde le Cercle italien et des
amis de l'Italie, le Comité de tutelle des Italiens émigrés, le Comité pour l'habitation de l'Italien et la
Société italienne d'acteurs amateurs. De 1925 à 1927, il est commissaire des partis fascistes d'Alsace
et de Lorraine. En septembre 1923, il est nommé directeur du bureau italien d'informations. En
1926, l'activité est absorbée par l'agence consulaire nouvellement instituée. Sironi le place à sa
direction (4).
Le compte-rendu des services de l'émigration, présenté par le Commissaire général pour
l'Emigration, concernant les années de 1910 à 1923 et les années 1924 et 1925, apporte une série de
renseignements sur le bureau des informations italien à Mulhouse. Parmi les fonctions du bureau, le
problème des accidents du travail dans tous ses détails est mis en évidence, de la constatation des
expertises médicales, à la traduction des actes, jusqu'à la recherche des éventuels ayant droits. Durant
les dix premiers mois d'activité, le bureau s'occupe de 148 accidents de travail. Toujours durant la
même période, il s’intéresse aux 2.809 demandes d'emploi, obtenant, si nécessaire, les permis de
séjour. Il veille à solutionner 561 différends ; intervient auprès du Bureau du Travail dans 584 cas de
placement, auxquels s'en ajoutent 88 dans les chantiers locaux. Parmi les autres activités, des
demandes d'actes d'état civil sont également signalées, les appels et les recherches de parents (847),
les dossiers d'assistance médicale, la distribution d'aides financières pour un montant total de 2.353
33
Francs. En pratique, le bureau des informations permet aux citoyens de régler une partie des dossiers
consulaires, sans devoir se rendre à Strasbourg.
De plus, les rapports entre les deux fonctionnaires honoraires Sironi et Baldacci se dégradent
rapidement et donnent lieu à une longue querelle entrecoupée d'implications à caractère personnel.
Leurs litiges ont des répercussions inévitables, aussi bien dans les associations que dans la
collectivité-même et se concluent par leur destitution respective des charges consulaires.
En considération des intérêts notoires désormais présents dans le secteur, le Ministère décide,
désormais, d’éviter la nomination de fonctionnaires honoraires provenant ou liés aux communautés
locales. Par conséquent, le décret royal du Il mars 1928, n.970, régissant la réorganisation du réseau
des Bureaux Consulaires Royaux à l'étranger érige un Vice-Consulat à Mulhouse, dépendant du
Consulat Général de Strasbourg. La compétence territoriale de la représentation couvre le
département du Haut-Rhin.
Durant la période qui s'étend de la fin des années 20 à la guerre, le Siège de Mulhouse revêt une
certaine importance, est convoité et destiné à une catégorie de fonctionnaires déjà expérimentés. De
plus, sa proximité de la frontière lui confère également une importance militaire et des
fonctionnaires expérimentés dans l'armée y sont nommés.
Le 31 mai 1928, le Consulat est confié à Sergio Augusto Gradenigo, âgé de 41 ans, originaire de
Trieste, Officier des Alpins durant la première guerre mondiale, décoré de la médaille d'argent à la
valeur militaire, légionnaire, un des rares fonctionnaires des Affaires Etrangères qui participera à la
Guerre d’Ethiopie. C'est un produit typique du ventottismo, mécanisme qui insère des individus
méritant de la cause fasciste ou des ex-combattants dans la carrière diplomatico-consulaire.
Gradenigo, qui dirige également, pendant une brève période, le Consulat à Strasbourg, sera transféré
au printemps de 1931.
Le premier juillet de la même année, Decio Liebmann, âgé de 36 ans, autre fonctionnaire entré dans
la carrière suite aux dispositions particulières d'après-guerre, est nommé à la tête de ce Consulat,
Volontaire de guerre, il avait précédemment dirigé le Consulat de Skoplje. Il mourra dans l'exercice
de ses fonctions après quelques mois, le premier novembre 1931. Le 31 décembre suivant, le
Consulat est confié à un fonctionnaire provenant, par contre, de la sélection par voie de concours,
un turinois, âgé de 29 ans, Mario Conti. Entré dans la carrière en 1927, après un service militaire
d'officier de complément, il acquiert d'abord une expérience au Ministère puis comme secrétaire, à
l'Ambassade de Budapest.
En mai 1933, Conti est transféré à Port Said et est remplacé, après quelques mois, par le napolitain
également âgé de 29 ans Alfonso D'Aquino di Caramanico, entré dans la carrière par concours en
1930, après avoir effectué son service militaire en tant qu'officier d'infanterie.
D'Aquino également, tout comme son prédécesseur, possédait une expérience ministérielle. Il avait
ensuite exercé les fonctions de Vice-Consul à Toulouse. D'Aquino, dont la carrière le mènera entreautre aux fonctions de Directeur Général de l'Emigration, sera titulaire du Consulat jusqu'en juin
1936.
Mario Pinna Caboni lui succède au Consulat. Ce fonctionnaire originaire de Pise, âgé de 28 ans, est
lui aussi embauché par voie de concours et est également officier de réserve. Il rejoint Mulhouse
34
après avoir travaillé au Ministère et à Alger. En 1938, il est transféré à Tirana. Dans la période située
entre le départ du Vice-Consul Pinna et le mois de septembre 1939, le Vice-Consulat est confié au
Chancelier Guglielmo Della Morte. Ce dernier sera chargé de la fermeture du Consulat et de la
destruction par le feu d’une grande partie des archives consulaires.
Le titulaire suivant est un fonctionnaire de La Spezia âgé de 30 ans, Vittorio Bacci di Capaci. Entré
dans la carrière en 1937, il prend ses fonctions à Mulhouse en février 1941, après une expérience au
Ministère de la Communication et de la propagande et une première affectation à Cologne. Bacci,
surpris par la guerre, rentrera au Ministère en 1944.
La documentation de l'entre-deux guerres est également récupérée en puisant dans les sources
d'informations de production et de celles des Archives de l'Ambassade à Paris.
Contrairement à ce qu'il advint durant la période qui fit immédiatement suite à l’Unité, cette
documentation est particulièrement riche car elle comprend, pour les années 1919-1943, plus de 300
enveloppes. De plus, la recherche devra inévitablement être orientée vers une consultation, qui, si
elle n'est pas approfondie, sera très certainement massive. Pour presque toutes les années, des
dossiers essentiellement administratifs ont été rédigés et sont destinés aux Consulats italiens en
France.
Parmi les dossiers traitant des aspects migratoires, ceux relatifs à l'assistance des Italiens à l'étranger
doivent être signalés, ainsi que ceux concernant les regroupements à l'étranger et les écoles, ceux
présents sous des rubriques diverses comme la politique sociale française ou le traité du travail italofrançais. Les dossiers sur l'antifascisme et d'autres rapports concernant l'économie sont également
très intéressants. Par contre, la documentation sur les autres Consulats est quasi inexistante,
conséquence des destructions causées par les guerres ou simplement par le fait que de nombreuses
représentations tardent à déposer les documents qui pourraient encore être utiles au déroulement du
service (6).
En ce qui concerne les dossiers produits par l’Administration Centrale, des résultats modestes
peuvent être obtenus par les différentes séries d'affaires politiques, alors que d'autres, plus
consistants, dérivent de l'examen des archives du commerce (7).
La connaissance des noms des émigrés peut être une clé d'accès à la série des Affaires privées
(soumise à la loi des soixante ans) et à la série du Contentieux. La documentation des archives de
l'école, où certains dossiers traitent de Mulhouse, est plus intéressante. Il faut, par contre, souligner
les carences dans les Archives-même des bureaux compétents concernant les Italiens à l'étranger.
Les archives du personnel se révèlent plus fructueuses que par le passé. Outre les dossiers des
fonctionnaires, ils décrivent des tranches de vie de la collectivité dans le dossier relatif au Consulat et
dans ceux concernant les autres sièges.
Les Archives de l'école offrent des informations complètes pour ne pas dire très copieuses (8). Par
contre, les dossiers des différents bureaux ayant des compétences sur les Italiens à l'étranger (9) ne
sont pas encore disponibles, parce que non transmis ou appartenant à des envois non classés. Parmi
ces derniers, plus fiables, les Affaires privées sont intégralement conservées. Elles ne sont
consultables, néanmoins, conformément à la loi en vigueur, que jusqu'en 1927.
35
En ce qui concerne l'Administration Centrale, il est nécessaire de garder en mémoire que, durant la
période fasciste, l'on assiste au développement du cabinet qui, plus qu'un centre de référence de
l'activité politique du ministre, devient le centre propulseur de l'activité ministérielle. Souvent, il
exproprie les bureaux et évoque de manière formelle ou informelle le traitement des affaires. Fait
particulièrement caractéristique du moment : ceci survient par la création des bureaux (à un certain
moment, on parvint quasiment créer une direction générale) à l'intérieur du cabinet, qui finit par
devenir réellement une sorte de ministère dans le ministère.
Afin de donner une mesure à ces affirmations, il suffit de penser qu'à cette époque, à l'intérieur ou
aux dépendances du cabinet, on pouvait trouver : le Bureau Espagne, le Bureau Coordination, le
Bureau du conseiller historique du ministère, le Bureau guerre économique (UGE), le Bureau
coordination Allemagne (COGE), le Bureau Armistice paix (le sigle AP ou Gab AP utilisé pour
identifier ce bureau a souvent fait que les documents de ces archives soient dispersés ou mélangés
avec ceux des affaires politiques), le Bureau des publications, les archives historiques, généraux et la
bibliothèque (P.A.B.), le Bureau Albanie, le Bureau Monténégro, le Bureau Armistice, le Bureau
Croatie, le Bureau Dalmatie et Slovénie, le Bureau Grèce, le Bureau frontières, le Directeur Général
pour les affaires concernant la Grèce, le Monténégro, la Dalmatie, la Slovénie, la Croatie, l'armistice
et les frontières, le Bureau coordination études et documentation.
Bien qu'en considérant une certaine succession parmi les bureaux, le phénomène reste extrêmement
significatif (10) et a pour conséquence que le complexe documentaire sans doute le plus
considérable, durant la période fasciste et à la lumière de ce qui est exposé plus haut, est celui
constitué par les archives du Cabinet.
Souvent ces documents sont improprement appelés "Carte Cancellotti", dénomination qui se réfère,
en réalité, à la partie des archives du cabinet qui, après le 25 juillet, fut cachée dans les souterrains du
palais Lancellotti prévus à cet effet. Ces archives ont subi des mutilations et des disparitions,
malheureusement sans réparation, conséquence des événements de guerre et des dégâts causés par
des facteurs naturels (11). Elles constituent malgré tout un complexe imposant.
Parmi les séries à retenir, la série GAB, les documents du Bureau de la coordination, UC d'après les
sigles contemporains, les dossiers du Bureau AP. Dans la série GAB, la documentation est plutôt
riche et peut offrir des détails intéressants. Regroupements et autres institutions italiennes à
l'étranger, émigration clandestine, incidents impliquant des Italiens peuvent être des exemples des
arguments qu'on y trouve. Des informations du même type, mais quantitativement plus limitées, se
trouvent dans la série UC. Dans la série AP, l'on signale les premières vingt enveloppes contenant,
entre autre, (dans la correspondance avec la CIAF) de la documentation relative à la situation des
Italiens en France pendant la guerre.
Enfin, une source organique qui, dans une certaine mesure, permet de palier aux nombreuses
lacunes citées est constituée par la collection des volumes de télégrammes regroupés par le Bureau
des communications. Ces derniers couvrent toute la période sans lacune et sont, en général, présents
sous deux formes : une collection qui rassemble les télégrammes par ordre numérique d'arrivée et de
départ et une collection où les télégrammes sont réunis par pays de provenance ou de destination.
36
Notes et références bibliographiques
1. Détruites par le feu en septembre 1939
2. ASDMAE, Archivio del personale, VC2, "Circoscrizione consolare", Allemagne, Adamoli a
Lanza, Roma, 31 octobre 1894, dépêche n.41094/526.
3. L'accordo italo-francese sul trattamento degli operai italiani in Alsazia e Lorena, dans IC
"Bollettino dell’Emigrazione" XIX (1920), pages 3-5.
4. L'Agence est instituée par décret ministériel du 10 mars 1926.
5. L'emigrazione italiana dal 1910 al 1923. Relazione presentata a S.E. il Ministro degli Affari
Esteri dal Commissario generale dell'emigrazione, Rome, Editions du Commissariat Général
de l’Emigration, 1926, vol. 2, pages 456-457; L'emigrazione italiana negli anni 1924 e 1925.
Prefazione di S.E. Mussolini. Relazione sui servizi dell'emigrazione presentata dal
Commissario generale, Rome, Editions du Commissariat Général à l’Emigration, 1926, pages
382-383.
6. Dans les années trente, outre l'Ambassade, la France compte sept Consulats Généraux
(Paris, Lyon, Marseille, Nice, Strasbourg, Toulouse, Bastia, cf. Annuario diplomatico del
Regno d'Italia, 1937), dix-huit Consulats et Vice-Consulats, quasi totalement confiés à un
personnel de carrière (Bordeaux, Chambéry, Grenoble, Dijon, Le Havre, Lilles, Metz,
Montpellier, Nîmes, Nancy, Nantes, Cannes, Menton, Reims, Mulhouse, Toulon, Auch,
Ajaccio) et plus de cinquante agences. A l’heure actuelle, les documents des différentes
délégations CLAF pour l'assistance et le rapatriement n'ont pas encore été envoyés, bien que
cette correspondance soit abondante et qu'elle soit présente dans les documents politiques et
dans le Gab AP.
7. Dans cette série apparaissent des dossiers dédiés à la présence italienne alors qu'elle assume
un rôle politique. Par exemple, en ce qui concerne les réfugiés politiques, en cas d'incidents,
d'arrestations, d'expulsion, de persécutions de citoyens vraies ou présumées ou dans le cas de
législation nationale française qui influence le statut de l'associationisme italien ou encore
quand l'emploi de main-d'œuvre nationale en arrive à assumer un aspect politique, par
exemple. Les Archives du commerce, appelés encore séries "affaires économiques" ou
t'affaires commerciales", envoyés aux archives historiques à plusieurs reprises, est
suffisamment complète pour la période. Par contre, ils ne possèdent pas de structure pour
les années auxquelles on se réfère. Dans tous les cas, une consultation massive de la
documentation est nécessaire. Cette dernière est, par ailleurs, facilement déterminable, se
rapportant au pays, dans l'exemple concret de la France. Dans ce cas également, il est
possible de mettre en évidence, entre-autre, la documentation relative à la présence de
capitaux italiens et à l'emploi de main-d'œuvre nationale.
8. Succinctement, à propos des écoles, il est bon de signaler qu'en ce qui concerne la France, il
existe une partie générale dans la 37ème position, que la position VII contient des dossiers
relatifs aux écoles elles -même, la position IV se réfère aux instituts de culture, la X aux
bourses d'étude, la XI aux publications et la XII aux concours. La documentation est sans
37
aucun doute très riche. Du reste, à la veille du conflit, plus d'une trentaine d'écoles sont
opératives en France, aux origines variées et aux diverses conditions juridiques.
9. La documentation produite par la Direction Générale des Italiens à l'étranger dans la période
qui nous intéresse n'a pas été envoyée aux Archives historiques diplomatiques. Cette
constatation avait déjà été faite dans le cadre des recherches ayant porté à la réalisation, de la
part de la Direction Générale de l’Emigration et des Affaires Sociales et des Archives
Historiques Diplomatiques de la collection de livres "Fonti per la storia dell'emigrazione",
qui recueille actuellement neuf volumes.
En fait, force est de constater, au stade actuel, que les complexes organiques s'arrêtent avec
la suppression du Commissariat Général à l'émigration. Ses archives, loin d'être complets,
ont faits l'objet d'une récente réorganisation et d'un nouvel inventaire. Cette affirmation
nécessite, par contre, quelques précisions.
La Direction Générale des Italiens à l'étranger (D.G.I.E.) dans la structure établie par décret
ministériel du 18 juillet 1936 et par l'ods du 1er août 1936, n. 32, prévoit, 4 bureaux, chacun
d'eux avec leurs propres archives, respectivement compétents pour : les organisations
fascistes et les instituts de culture en premier lieu, les affaires privées en second, les écoles à
l'étranger en troisième et le travail italien à l'étranger en quatrième. Le décret ministériel du
20 septembre 1937 ET L40ds du 22 septembre 1937, n.32 soumet à la dépendance directe
du sous-secrétariat tous les services concernant les regroupements italiens à l'étranger, les
organisations fascistes, les instituts de culture, les écoles et le travail à l'étranger, en les
soutirant, en pratique, à la Direction Générale. Les compétences des bureaux deviennent, par
conséquent, les suivantes : Bureau I : Maisons en Italie, loisirs des travailleurs à l'étranger,
propagande et assistance ; Bureau II : affaires privées; Bureau III : écoles à l'étranger,
activités culturelles en général; Bureau IV: travail italien à l'étranger. Suite au décret
ministériel du 5 septembre 1940 et à l'ods du 5 septembre 1940, n.26, le Service Affaires
privées ainsi que la réduction à trois des Bureaux de la Direction qui en découle sont
institués, avec la répartition de compétences suivante : Bureau I : loisirs des travailleurs à
l'étranger ; propagande et assistance. Bureau II : écoles à l'étranger, lectorat et instituts de
culture. Bureau III : travail italien à l'étranger (…).
(suite) En 1942, une modification ultérieure des compétences est apportée, qui permet au
Bureau I de s'occuper des : Maisons d'Italie ; loisirs des travailleurs à l'étranger ; propagande
et assistance ; secours quotidiens aux familles, résidants à l'étranger, des militaires aux armes ;
le Bureau II de : écoles italiennes à l'étranger, activités culturelles, Instituts de culture et le
Bureau III de travail italien à l'étranger. La reconstruction sommaire de l'alternance de la
DGE met à jour une série de phénomènes de transfert de compétences et de succession
parmi les bureaux. En conséquence, certains noyaux de documentation apparaissent dans les
dépôts des bureaux successifs. Ceci advient, en particulier, aux documents relatifs aux
affaires privées conflués dans le SAP et pour ceux des écoles, hérités puis déposés à la
Direction Générale des relations culturelles d'après-guerre. En l'état actuel, les dépôts
d'organisation relatifs aux autres compétences citées ci-dessus ne peuvent, par contre, être
identifiés.
38
10. Sur l'organisation du cabinet et sur les archives de ce même bureau, produits durant la
période fasciste, cf. P. Pastorelli, Le carte di gabinetto del Ministero degli Affari Esteri, 19231943, dans "Storia delle relazioni internazionali", 1989, pages 313-343.
11. Cf. P. Pastorelli, op. cit., pages 315-326.
39
L'immigration Italienne en Alsace et la longue histoire de l'immigration
italienne en France
Antonio BECHELLONI Directeur du C.E.D.E.I.
Centre d'Etudes et Documentation de l'Emigration Italienne en France, Paris
I
Je commencerai par évoquer les chemins par lesquels moi-même j'ai été amené à m'intéresser à
l'immigration italienne en France. J'essaierai ensuite de situer à grands traits l'émigration italienne en
direction de la France sur l'arrière-plan de l'émigration italienne dans le monde. Je tenterai, enfin, de
brosser un tableau des traits et des principales étapes de l'immigration italienne en France en
m'arrêtant notamment sur la dernière de ces étapes. Celle qui débute après la Deuxième Guerre
mondiale et au sein de laquelle l'immigration dans l'Est de la France, en Alsace et tout
particulièrement dans le Haut-Rhin occupe une place de choix.
L'existence d'une importante colonie italienne installée en France depuis peu de temps fut pour moi,
autrefois, une véritable découverte. Je veux dire par là non pas la découverte d'un sujet possible
d'étude. Mais la découverte du phénomène en lui-même. La manière de laquelle cette découverte eut
lieu ne fut pas dénouée d'un côté que je n'hésite pas à qualifier de choquant.
A l'occasion des premiers temps de mon séjour français, il y a longtemps hélas, à la fin des années
60, il m'arriva d'entendre un jour le gardien de nuit du modeste meublé que j'occupais au quartier
latin parler au téléphone en un italien qui pour être mâtiné de quelques gallicismes n'en était pas
moins parfaitement idiomatique. A ma demande, formulée dans ma langue natale, d'engager une
conversation quelle ne fut ma surprise de m'entendre répondre, avec un ton qui n'admettait ni
réplique ni épilogue : je n'aime pas parler italien. Je ne tardai pas à réaliser qu'il ne s'agissait là ni d'un
cas isolé ni d'un cas atypique. Je ne pus qu'en prendre acte tout en voyant dans l'existence de cette
italianité honteuse une absurde anomalie. Les raisons qui m'avaient poussé à quitter, tout à fait
temporairement - au moins je le pensais alors - l'Italie étaient ponctuelles et conjoncturelles. Et tout
à fait ponctuelles et ciblées étaient les raisons qui m'avaient dirigé vers la France. Par ailleurs, dans
l'éducation que j'avais reçu, aussi bien dans l'entourage familial que dans les institutions scolaires que
j'avais successivement traversées, tout avait contribué à me rendre particulièrement fier d'être italien.
Le refus, donc, fréquent même si formulé avec des nuances changeantes, d'assumer leurs origines
italiennes de la part d'Italiens, souvent, mais pas toujours, de la deuxième génération, et parfois
relevant d'une catégorie intermédiaire, que je découvrais par ailleurs beaucoup plus nombreux que je
n'avais soupçonné au départ, passée la première réaction de stupéfaction avait eu l'effet salutaire de
bousculer mes certitudes et de m'inviter à prendre en considération l'existence d'un univers de
représentations, d'affects, d'aspirations qui était bien lointain de ceux propres à cette espèce de
microcosme, nourri de fréquentations livresques et intellectuelles, qui était alors le mien.
Il n'est pas sûr que je sois maintenant en mesure de trouver une explication à ce qui m'était apparu
comme une anomalie lors de cette première rencontre avec les Italiens de France, ou mieux avec les
Français d'origine italienne à la fin des années 60. Je pense néanmoins être mieux en état de mesurer
la complexité des facteurs en jeu. Replacée dans la perspective des migrations italiennes à l'échelle de
40
la planète - de celle que d'aucuns appellent depuis quelques années, avec un terme que
personnellement je trouve abusif, la diaspora italienne - cette attitude de dénégation, plus ou moins
embarrassé, plus ou moins assumée, de leurs origines, de la part des Italiens de France appartient à
une typologie dont la France n'a certainement pas le monopole. Déjà, à la fin des années 40, un
grand historien italien attirait l'attention sur le fait que si les Italiens d'Argentine aimaient faire
remarquer que le Président de la République, Pellegrini, était fils d'un ingénieur italien, de la part du
Président lui-même les déclarations de reconnaissance de son ascendance italienne était chichement
mesurées: "Comme tous les autres "hijos del pais" commente Volpe, Pellegrini n'avait pas une
grande sympathie pour les confrères d' Immigration et ne parlait même pas leur langue pour éviter
que l'on se moque de lui et qu'on l'appelle "hijo de gringo". Et même les jeunes italiens ne voulaient
pas qu'on les appelle gringos, c'est à dire étranger dans le sens péjoratif du terme, c'est-à-dire Italien.
Ils répondaient : je ne suis pas gringo, je suis argentin..." A l'autre extrémité, nous trouvons les
innombrables Little Italies des Italiens installés dans la partie septentrionale du continent nordaméricain, j'allais dire dans sa partie protestante et anglosaxonne, mais en fait la communauté
italienne de la ô combien catholique et francophone Montréal fonctionne exactement de la même
manière. Nous nous trouvons en d'autres termes devant une italianité plus qu'assumée, revendiquée,
étalée, exhibée comme une oriflamme, découverte même, nous disent beaucoup de recherches
récentes, quand ce n'est pas carrément inventée ou tout au moins réinventée, construite en
immigration.
Opposition entre pays où la similitude de langue, de religion, de culture entre les autochtones et les
immigrés italiens était telle - en Argentine certainement plus qu'en France - qu'une stratégie
individuelle d'intégration fondée sur le mimétisme à l'égard de l'environnement d'accueil et
l'occultation de ses origines était payante et pays où le rejet et la stigmatisation des Italiens fondée
sur leur simple apparence physique et leur manière de parler et de s'habiller était telle qu'il ne restait
qu'à se replier sur la communauté des "compaesani" devenus Italiens en réponse à la stigmatisation
du milieu environnant ? Ou encore opposition entre un modèle jacobin fondé sur un tête-à-tête
entre l'Etat et ses institutions d'un côté et des individus pris en compte indépendamment de leurs
origines de l'autre et un Commonwealth fondé sur l'articulation plus ou moins heureuse et plus ou
moins équitable entre des communautés régies chacune par leurs propres lois internes ? Sans doute.
Mais, à partir de ces oppositions valables sur le long-terme, que d'infléchissements en fonction des
conjonctures, des fortunes changeantes des pays d'émigration et des pays d'accueil et donc de l'idée
que leurs ressortissants respectifs se font les uns des autres ?
En fonction de paramètres tout à tour différents - historiques, culturels, géographiques - l'insertion
des communautés italiennes dans les différents pays a revêtu les formes les plus diverses : du rejet et
de la marginalisation plus ou moins prolongée dans le temps au repli sur soi, de l'intégration
progressive dans le pays d'accueil sans perdre les marques de leur langue et de leur culture à
l'assimilation accompagnée d'une perte de leur identité allant jusqu'à rendre désormais invisibles ou
transparents les individus issus d'elles, au passage, enfin, dans tel autre pays, d'individus appartenant
à des générations successives sans qu'à chaque génération il n'y ait guère plus que quelques individus
qui soient tenté d'y faire souche.
Bref, selon les pays, que ce soit en Europe ou dans les pays dits nouveaux, latins, ou anglosaxons,
l'expérience migratoire italienne a donné lieu je ne dis pas à toute la gamme des cas de figure
41
possibles, mais certainement à un très important nombre d'entre eux. Ces derniers temps, dans
presque tous les pays, a fini par s'imposer une représentation en quelque sorte édulcorée de
l'expérience migratoire italienne qui l'a transformée en une sorte d'expérience modèle. La bonne
immigration, en somme, par rapport à d'autres plus récentes qui le seraient moins. En France on
connaît également cc refrain. L'expérience italienne serait celle d'une intégration réussie.
Personnellement je préfère parler d'intégration inégalement réussie. Encore que le terme intégration
lui-même mériterait d'être discuté et précisé. Inégalement selon les temps et les lieux. Mais laissons
ici le plus vaste monde et arrêtons-nous justement sur la spécificité de l'immigration italienne en
France.
II
Spécificité à la fois par rapport aux autres immigrations étrangères en France et par rapport à
l'émigration italienne dans d'autres pays.
La France est, peut-être avec la Suisse, le seul pays vers lequel les Italiens se dirigent tout au long de
leur cycle migratoire à l'exception de la toute dernière décennie de celui-ci. Les Italiens, par ailleurs,
occupent la première place parmi les étrangers en France de 1901 à 1962. Et encore en 1975 ils sont
plus nombreux qu'en 1901. Cette permanence dans le temps recouvre néanmoins des trajectoires
migratoires dont une partie seulement se recoupent et permettent aux individus et aux groupes qui
en relèvent de s'appuyer sur la vague précédente. Mais voyons rapidement ces vagues successives.
La première, celle de la fin du siècle dernier, est aussi celle qui a frappé le plus les imaginations. Parce
qu'elle a été la plus ponctuée de conflits aigus avec la population autochtone, conflits pouvant aller
jusqu'à l'affrontement sanglant dont celui d'Aigues-Mortes, en août 1893, est le plus connu en raison
du retentissement qu'il eut à la fois dans les instances du mouvement ouvrier des deux pays et sur le
plan des relations internationales. Cette première vague ressemble beaucoup, même quand l'origine
géographique n'est pas la même, aux vagues migratoires se dirigeant vers d'autres pays : l'Allemagne
ou la Suisse en Europe, les Etats-Unis. Il s'agit d'une émigration essentiellement temporaire même si
la plupart du temps elle n'est plus tout-à-fait saisonnière. C'est en tout cas une émigrationimmigration qui n'a pas vocation à s'intégrer à la population des pays d'accueil et dont effectivement
seulement une partie s'intégrera. 1.800.000 Italiens sont entrés en France de 1873 à 1914. Les
présences italiennes en France en 1911 ne sont pourtant que 420.000. Comme l'a rappelé Pierre
Milza (Voyage en Ritalie, Paris, Plon, 1993) ceux qui ont été intégrés sont la partie émergée d'un
immense iceberg humain.
Au début du siècle déjà les choses s'infléchissent. Nous assistons là au passage d'une immigration
essentiellement masculine et éminemment nomade à de premières formes d'immigration familiale et
de sédentarisation, à l'apparition aussi des premiers groupes d'Italiens nés en France ou arrivés en
France en bas âge et qui allaient être scolarisés en France. Nous pouvons en outre mesurer le rôle
joué par la participation italienne aux organisations et aux luttes du mouvement ouvrier dans les
premières formes d'intégration des Italiens dans l'univers ouvrier français et dans l'atténuation des
conflits qui les avaient tant de fois mis aux prises avec l'hostilité des ouvriers du cru dans la période
précédente. Nous assistons, enfin, à l'apparition d'une deuxième voie d'intégration des Italiens à
l'économie et à la société française : l'installation à leur compte, le lancement d'entreprises
42
individuelles essentiellement dans le bâtiment ou encore dans la restauration et le commerce de
produits alimentaires d'origine italienne.
Vient ensuite la vague de l'entre-deux-guerres. Les modalités des parcours migratoires rappellent
celles de la vague précédente. Les origines régionales aussi : pour la plupart situées dans l'Italie
septentrionale et centrale encore que l'on peut constater un changement dans l'ordre d'importance
des différentes régions septentrionales. Les figures sociales aussi sont en partie les mêmes qui avaient
participé à la vague précédente. En partie, seulement, cependant, Une autre partie, en effet, ce sont
de nouveaux venus. Par les raisons qui les poussent à émigrer - raisons qui souvent sont liées à
l'instauration du régime fasciste en Italie - par les régions de France qui fonctionnent comme pôles
d'attraction. Les mécanismes d'intégration aussi sont en partie nouveaux. Les parcours relevant de la
mobilité socio-économique ne convergent pas nécessairement avec les filières et les agents
d'intégration relevant de la socialisation politique, syndicale ou plus généralement militante.
La guerre intervient sur cela avec une Italie fasciste jouant en elle le rôle, pas sympathique et
certainement pas glorieux, que tout le monde connaît. La guerre dramatise les enjeux. Parfois elle
donne un brusque coup d'accélérateur à l'intégration, parfois elle imprime un coup d'arrêt. Et nous
en arrivons là à la dernière vague en direction de la France : celle qui démarre au lendemain de la
guerre. Elle est logée à l'enseigne du paradoxe.
Certes, les Italiens sont alors délibérément recherchés non plus par des organismes privés mus par
des objectifs de lucre à court terme, mais par des organismes publics, en charge de l'intérêt général,
censés mettre en place une politique ambitieuse d'immigration de peuplement. Cependant il s'agit
souvent d'un choix auquel on se résigne, d'un choix par défaut plus que d'un choix motivé
positivement. En outre la conception largement dominante de l'apport étranger à la société française,
même parmi ceux qui le préconisent, exclut toute idée d'une contribution active de la part des
nouveaux venus, d'une contribution qui prenne appui sur leur personnalité propre: « Toute
distinction doit être effacée entre les Français d'origine étrangère et les Français d'origine autochtone
» - peut-on lire dans une note officielle du printemps 45 accompagnant un projet de loi sur la
Francisation des noms de famille. Et la note de poursuivre avec la formulation suivante qui pour être
sans doute extrême n'en est pas moins révélatrice d'une mentalité qui, elle, était beaucoup plus
répandue : « Les fondateurs des ordres religieux - véritables Etats qu'on nomme, très justement
"Sociétés monastiques" - ont tous suivi la même politique: ils ont tout fait pour que le nouveau venu
dans la communauté oubliât, avec le monde, sa famille, ses proches, pour qu'il n'eût plus d'autre
famille que l'Ordre ou la compagnie où il venait d'entrer. La nouvelle patrie de l'étranger doit imiter
ce sage exemple, lui faire oublier à lui-même et faire oublier à ses concitoyens son origine
francisation des noms de consonance étrangère est la condition primordiale d'un tel oubli...] Bref,
une entrée en francité conçue comme une entrée en religion. Or, cette conception à tout le moins
contraignante, des devoirs censés être ceux de tout étranger en France ajoutait ces effets à l'inimitié
que les blessures de l'histoire récente avaient ravivée à l'égard tout particulièrement des Italiens en
tant que tels. Il est vrai que cette inimitié était en partie neutralisée par les liens que des Italiens non
encore intégralement francisés avaient tissés avec les autochtones sur les lieux de travail et de
socialisation.
Il est difficile de savoir comment les choses auraient évolué si la venue des Italiens à la fin des
années 40 et au début des années 50 avait revêtu l'ampleur prévue par experts et officiels au
43
lendemain de la guerre. Peut-être les rapports entre Italiens et Français se seraient envenimés se
doublant d'une incompréhension ultérieure entre nouveaux immigrés et français d'origine italienne
installés, comme c'était souvent le cas dans les départements de plus vieille immigration du pourtour
méditerranéen, dans une francité de néophyte d'autant plus intransigeante et intolérante. Le fait est
que cet afflux recherché et souhaité par une partie des autorités préposées à la politique migratoire
de la France n'eut pas lieu, en tout cas pas dans les proportions prévues, avant bien longtemps. De
1948 à 1955 le nombre de travailleurs italiens entrant en France ne dépasse que rarement le modeste
chiffre de 40.000 unités et il est accompagné d'un nombre de retours dépassant la moitié de ce
chiffre. Quand, enfin, l'afflux se produisit, l'espace de trois-quatre ans, à la fin des années cinquante,
on a affaire avec un décor qui a changé radicalement.
Des deux côtés des Alpes.
La société française entame alors sa "grande transformation". A terme, une conception sans doute
plus ouverte, surtout plus plurielle, de la francité verra le jour et elle marquera l'autoreprésentation
que la France aura d'elle-même et de la place tenue dans son histoire récente par les différents
apports étrangers. Ceci au moins jusqu'à la crise d'identité de ces dernières années dont l'émergence
d'abord et l'installation durable ensuite du Front national dans le paysage politique français sont le
symptôme le plus alarmant. De cette mutation il ne fait pas de doute que les Italiens ont été, parmi
les étrangers s'étant installés en France, ceux qui en ont profité le plus. Si tel a été le cas, cependant,
c'est aussi parce que l'Italie elle-même a connu à peu près en même temps sa "grande
transformation". Les Italiens, même ceux des régions les plus défavorisées, ne se trouvent plus dans
l'obligation d'accepter n'importe quelles conditions pourvu qu'on veuille bien les accepter en France.
Même quand ils sont acculés à l'émigration ils ont devant eux un choix réel entre différentes
destinations possibles sans qu'aucune d'entre elles les oblige vraiment à un abandon définitif de leur
région d'origine. Ainsi, dans une France s'ouvrant largement à l'étranger, les Italiens voient leur
position relative portée vers le haut sous le triple effet de cette ouverture, du fait que de tous les
étrangers ils sont les plus recherchés, du fait, enfin, que le pays dont ils viennent est celui qui jouit de
l'image la plus positive.
Paradoxalement, une partie des facteurs qui sont à l'origine de leur valorisation dans le contexte
français sont aussi ceux qui expliquent le tarissement progressif et à terme l'épuisement du cycle
migratoire lui-même.
III
Mais là il me faut revenir sur mes pas et voir avec vous la place que l'Est de la France a occupé dans
les phases successives de cette longue trajectoire migratoire. Quand je dis l'Est de la France j'exclus
d'emblée le Sud-Est, aussi bien le Sud-Est méditerranéen que celui des vallées alpines et de la vallée
du Rhône. La présence italienne dans ces régions remonte loin dans le temps et se caractérise par
une très grande continuité entre les migrations par capillarité propres de la mobilité d'ancien régime
et les migrations de masse de l'âge industriel. Tel n'est pas le cas pour l'Est de la France. Ici
l'immigration de masse italienne est un phénomène nouveau qui s'impose en très peu de temps :
dans l'arrondissement de Briey, en Meurthe-et-Moselle, on ne signale que 40 italiens en 1872 et ils
seront 40.000 à la veille de la Grande Guerre. Le lien avec l'exploitation des gisements de fer lorrains
est évident. Il est intéressant de constater que la chronologie de la présence italienne est à peu près la
44
même dans les départements annexés par le Reich impérial. Ici aussi la croissance est continue à
partir de 1890. Des 300.000 Italiens présents dans le Reich impérial à la veille de la guerre de 14, sont
localisés en Alsace-Lorraine. Ce qui fait que le nombre d'Italiens présents dans la Lorraine française
est à peu près comparable à celui qui est présent dans la Moselle annexée. Les régions d'origine en
Italie sont aussi grosso modo les mêmes ainsi que les caractéristiques sociales et démographiques des
migrants : taux de masculinité élevé, nomadisme, turn-over accusé. Avec des nuances tout de même :
1) dans le Reich impérial il semble que le réseau d'assistance lié aux organismes catholiques ait joué
un rôle plus important du fait que les Italiens atterrissaient dans des régions catholiques d'un Reich
dominé par ailleurs par une Prusse protestante; 2) les femmes y ont occupé également une place
éminente, numériquement parlant, du fait de la présence d'une industrie textile; 3) parmi les régions
de provenance, enfin, les provinces vénètes et frioulanes, à leur tour, étaient plus spécialement
présentes dans les départements annexés. Il pourrait y avoir eu là le même phénomène de continuité
que j'ai signalé plus haut entre la mobilité par capillarité d'ancien régime et les migrations de l'âge
industriel.
Dans l'entre-deux-guerres, la présence italienne dans les quatre départements alsaciens et lorrains
semble présenter encore plus de traits communs. Avec, tout de même, des traits spécifiques qui
marquent chacun des départements et qui opposent, me paraît-il, la Lorraine et l'Alsace. La Meurtheet-Moselle garde la trace de la priorité dans le temps de l'installation italienne. Du rôle aussi des
militants socialistes et syndicalistes. De la précocité, enfin, de l'enracinement. D'autre part,
globalement, les Italiens sont beaucoup plus nombreux en Lorraine qu'en Alsace et en Lorraine
même ils sont plus nombreux en Moselle (19700 contre 16800 en 1946) qu'en Meurthe-et-Moselle.
S'ils sont moins nombreux en Alsace, ils semblent en revanche présents dans un nombre plus
important de secteurs d'activités.
Tout change après la guerre. Le processus d'enracinement des Italiens en Meurthe-et-Moselle se
poursuit comme il est attestée par la progression spectaculaire des Italiens naturalisés qui passent de
8756 à 18480 entre 1954 et 1962. En revanche, en Moselle, on assiste surtout à la montée en flèche
des nouvelles installations : alors que les Italiens en Meurthe-et-Moselle passent de 16.800 qu'ils
étaient en 1946 à 26.000 en 1962, les Italiens installés en Moselle passent, eux, de 19.700 à 63.409. Le
Haut-Rhin, quant à lui, semble logé à la même enseigne même si l'ordre de grandeur n'est pas le
même : de 3.460 en 1946 à 14.060 en 1962. De 3 départements c'est le seul pour lequel on remarque
une progression de la présence italienne même de 1962 à 1968 : de 14.060 à 16.200.
Mais à partir de là je n'ai plus grand-chose à vous apprendre. En guise de conclusion, si, d'un côté, je
ne peux que m'en remettre à ce que les uns et les autres auront à dire ici même tout à l'heure, je me
limiterai à faire remarquer comment en Alsace, et notamment dans le Haut-Rhin, l'immigration
italienne, beaucoup plus qu'ailleurs, est un phénomène récent et partant relativement peu étudié.
45
Les Italiens à Bourtzwiller (1921-1936)
Francesco BELCASTRO
Professeur
Extrait du Mémoire de Maîtrise, Univ. De Strasbourg
Papa dit que ça lui rappelle la grande époque de l'immigration, la grosse vague d'avant 14 et celle d'immédiatement
après, celle de papa, justement. La France embauchait en masse pour la reconstruction des régions dévastées, les Ritals
se sont rués. Chez eux aussi, c'était dévasté, ma niente soldi (1). Dans son récit d'enfance, François Cavanna
nous plonge dans la banlieue Est de Paris, à Nogent-sur-Marne. Ce fils de maçon italien et d'une
Morvandelle dépeint la vie des migrants italiens dans la France des années trente. Une migration qui
ne débute pas après la Grande Guerre, mais qui s'inscrit dans la longue durée (2).
Il faut cependant attendre l'entre-deux-guerres pour voir cette immigration atteindre un niveau
record. L'hécatombe de 1914-1918 ne fait qu'accélérer un processus entamé depuis 1860, L'appel à
une main-d'œuvre allogène est la condition sine qua non du redressement économique français.
Georges Mauco analyse pertinemment la situation : la tyrannie des bras devient une réalité, non par
suite de leur nombre, mais de leur raréfaction (3).
De 1921 à 1936, les Transalpins représentent environ 3070 des étrangers présents en France. Dans la
décennie 1920-1930, ils sont deux fois plus nombreux qu'avant la guerre (4). L'Italie est le premier
fournisseur de migrants. Cette population est essentiellement composée d'ouvriers, de maçons, de
manœuvres et de terrassiers, avec une forte majorité d'éléments jeunes. Les Années Folles sont une
période d'intensification de flux relativement traditionnels issus de l'Italie du Nord et, en moindre
mesure, centrale. Pourtant, malgré l'arrêt de l'immigration transocéanique, notamment vers les EtatsUnis et le Canada, les méridionaux, sont encore très peu représentés en France (exception faite de
Marseille). Ils seront plus nombreux dans les vagues d'après 1945. L'un des faits majeurs de l'entredeux-guerres, après le gonflement des effectifs, est la nouvelle répartition géographique de cette
colonie allogène. Désormais, ils se dispersent dans tout l'Hexagone. Aux pôles anciens se
superposent de nouvelles concentrations. Le Sud-Ouest, c'est-à-dire les départements de la HauteGaronne, du Gers et du Lot rassemblent 50.000 Italiens en 1931. Les régions du Nord connaissent
aussi un afflux important, le Nord, la Lorraine et, à moindre degré, l'Alsace (surtout le Haut-Rhin)
(5). L'exemple de Bourtzwiller est à intégrer au phénomène géo-économique de la dispersion. Certes,
les arrivées sont massives, mais la crise de 1931 bouleverse les données et les effectifs se réduisent.
Les effets de la dépression économique seront relayés par les tensions diplomatiques.
Ainsi, les Italiens arrivant en France dans les années vingt et trente du XXe siècle ne sont pas
uniquement présents dans les départements proches des Alpes, départements souvent qualifiés
d'italo-français (6). L'immigration italienne est le plus fort apport de population étrangère en France au
cours de l'entre-deux-guerres. Deux types de migrations se juxtaposent. D'une part, il existe une
migration organisée mais de faible ampleur ; elle découle de l'initiative de gros employeurs comme le
Comité des Forges de Lorraine. Mais la plus importante forme de migration adoptée par les
Transalpins est la migration spontanée. Des itinéraires sont déjà tracés, les relations familiales, les
46
cousinages et les autres formes de réseaux se combinent. Des familles entières voire des villages se
déplacent. Ils cherchent, plus qu'un nouveau pays, de quoi vivre. Bourtzwiller semble s'inscrire dans
ce schéma Industrielle (7). Des causes politiques poussent certains à émigrer, à fuir. Néanmoins, les
Fuoriusciti, les antifascistes, ne représentent qu'une petite partie des départs.
I. La recherche des sources d'archives
La situation de l'espace français, à l'extrémité occidentale de l'Europe, lui a valu dans l'histoire de
recevoir de nombreux apports de populations d'origine principalement méridionale et orientale :
Ibères, Ligures, Latins vinrent s'y établirent et s'y fondre à la faveur de brassages nombreux. Cette
diversité fondamentale de la nation française contribue probablement à expliquer que la France a su
intégrer, au XXe siècle, plusieurs vagues d'immigration. Vidal de la Blache, dans son Tableau de la
géographie de la France, analyse ce qu'il appelle la force d'assimilation de la France (8). L'étranger, que nous
pouvons définir comme étant une personne n'appartenant pas à la communauté nationale, peut-il
encore aujourd'hui se fondre dans le creuset français ? Actuellement, la persistance d'une grave crise
économique facilite l'émergence de courants hostiles à la présence d'une nombreuse population
étrangère, ce qui est peu conforme à la tradition nationale. Par ailleurs, ces idées extrêmes se fondent
en un discours anti-européen. Les problèmes que suscite l'immigration ne sont pas neufs. Mais
certains de nos contemporains semblent oublier qu'ils sont des descendants d'immigrés. Faut-il
rappeler que le peuple français actuel est constitué par un bon quart de fils et petits-fils de migrants ?
Pierre Goubert note que les français d'aujourd'hui, souvent si orgueilleux de leurs racines, sont tous issus d'une
multitude de peuples qui se sont mêlés aussi souvent qu'entrégorgés (9). Au regard des débats politiques actuels,
l'immigration est un enjeu au même titre que le chômage ou les banlieues. En France, le code de la
nationalité, adopté en mai 1993, et la récente loi concernant la maîtrise des flux migratoires sont
marqués par l'ignorance du passé : en effet, l'histoire de l'immigration est un point aveugle de
l'historiographie (10).
Pierre Milza illustre par un exemple précis le manque de recherche historique en la matière. Le
concept, si souvent mis en avant, de bonne immigration (celle des Italiens, Polonais ou Espagnols)
opposé à la mauvaise immigration (Maghrébins, Africains), est sans fondamental. Aussi, est-il
nécessaire de rappeler que l'intégration des Transalpins ou des Ibériques dans la société française ne
s'est pas faite de manière paisible malgré ce que d'aucuns en disent. En fait, l'histoire des migrations
internationales doit être abordée par une analyse globale de la société et surtout par le biais de la
longue durée. Cette histoire des migrations est le fruit de multiples recherches régionales. Il faut se
rappeler qu'en fonction du cadre spatial choisi par les migrants, les données économiques et sociales
varient et qu'elles influencent notablement le processus d'assimilation ou, à l'inverse, de rejet.
Ce mémoire propose l'étude d'une population étrangère dans un cadre spatio-temporel précis : les
Italiens à Bourtzwiller dans l'entre-deux-guerres. Ce choix n'est pas fortuit, il repose sur deux
arguments. Bourtzwiller est un important faubourg de Mulhouse qui, à cette époque, est une grande
ville industrielle. Le dynamisme d'un tel pôle attire une main-d'œuvre nombreuse qui s'installe en
grande majorité dans les petites unités urbaines qui forment la banlieue mulhousienne. De plus, il
existe aux archives de la ville de Mulhouse une source quasiment unique : c'est un document sériel
qui répertorie, pour la période allant de 1921 à 1932, toutes les entrées et sorties des Italiens passant
à Bourtzwiller (12). Cette source exceptionnelle semble être un héritage allemand car il existe un
fichier identique qui couvre la période 1911-1914. Il semble qu'une continuité existe entre les
47
informations contenues dans les deux documents. Les communes de naissance et les métiers exercés
sont similaires. Le fort ralentissement des arrivées transalpines coïncide avec l'arrêt du fichier. En
effet, la grande dépression des années trente touche durement la France en 1931-1932. Outre la
venue de 862 Italiens, ce registre mentionne de nombreuses informations qui s'avèrent primordiales
pour la connaissance d'une population urbaine : nom, prénom, date et lieu de naissance, profession,
dates d'arrivée et de départ, dernier lieu de résidence et future destination si départ. Notre recherche
se base donc essentiellement sur une source quantitative que nous avons étudiée par un traitement
informatique. Une grande partie des figures et des tableaux qui illustrent le mémoire en est extraite.
Néanmoins, les résultats obtenus ne doivent pas être considérés comme des valeurs absolues mais
plutôt comme des indications.
Certes ce registre est important mais la représentativité et la justesse de ses informations peuvent
être sujettes à certaines critiques. L'immigration est une gigantesque machine qui brasse des millions
d'êtres humains et ne laisse à chaque lieu d'arrivée qu'un petit nombre d'élus. Aucun document
archivé, aucune statistique ne peuvent englober la totalité des migrants car ils échappent en partie à
toute perception. Pouvons-nous être sûrs de l'exactitude de ce fichier ? Tous les Italiens transitant
par Bourtzwiller, qui n'est pas avant 1928 une commune indépendante, n'y sont pas inscrits car
certaines situations administratives les en empêchent. L'exemple le plus évident est sans aucun doute
celui des clandestins. Les professions mentionnées sont-elles exactes ? Prenons le cas de tel ou tel
individu qui vient plusieurs fois à Bourtzwiller : tantôt il est maçon, tantôt il est cimenteur ou encore
manœuvre ! De plus, la tenue d'un tel document dépend en partie de la connaissance que peuvent
avoir les migrants des démarches administratives françaises. Il faudrait savoir par ailleurs à quel
endroit se trouve ce fichier, quelle administration le gère et le tient à jour ? Toutes ces questions sont
importantes car elles conditionnent l'utilisation pertinente d'un tel document. Certains chercheurs
l'affirment : connaître les principes qui président à la construction d'un document est indispensable
pour l'utiliser". C'est pourquoi l'étude de cette population allogène ne se résume pas seulement à
l'analyse de ce document sériel.
Une seconde source quantitative s'avère précieuse. Le recensement de 1936 établit la liste nominative
des habitants de la commune, c'est-à-dire de tous ceux qui y habitent le plus ordinairement". Les
différentes nationalités sont indiquées dans le recensement depuis 1851. Ce document archivé nous
est utile pour compléter le fichier mentionné ci-dessus. L'intégration et l'assimilation de certains
individus anciennement allogènes transparaissent dans le recensement (naturalisations, mariages
mixtes, enfants de nationalité française, etc.). Un tel document n'est pas exempt de toute critique ;
les individus non répertoriés sont nombreux dans ce cas aussi. Toutefois, nous ne nous cantonnons
pas aux seules sources quantitatives.
La recherche d'informations qualitatives est difficile car les services d'archives ne permettent pas
l'accès aux documents privés et nominatifs de l'entre-deux-guerres. Néanmoins, l'étude des annuaires
de population et la lecture de certains périodiques de l'époque comme le Bulletin de la Société
Industrielle de Mulhouse ou le Bulletin du Musée Historique sont riches d'informations sur la vie des
populations urbaines. Cette étude enfin serait incomplète si la parole n'avait pas été donnée aux
acteurs et aux témoins de cette migration transalpine en Alsace. Les précisions apportées par MM.
Mélandri et Minisini compensent le manque de sources. Leurs témoignages nous permettent
48
d'aborder de manière vivante et originale les cadres spatiaux et les aspects socio-démographiques et
professionnels de cette population allogène.
II. Les cadres spatiaux de la migration.
Toute migration met en rapport des espaces géographiques différents. La migration des Italiens de
Bourtzwiller oppose une commune proche de Mulhouse, dynamique et bien desservie par de
nombreux moyens de transports (lignes de bus et de tramway, gare du Nord à proximité, route de
Mulhouse à Colmar), à plusieurs aires d'origine et de provenance. La majorité des migrants est née
en Italie (70%). Les autres pays de naissance sont la France (12% dont 79% dans le Haut-Rhin) et les
régions qualifiées de rhénanes (Autriche, Suisse, Allemagne et Luxembourg pour 3%). 96.6% des
migrants, natifs d'Italie, sont nés dans la partie septentrionale : Frioul (57%), Emilie, Vénétie et
Lombardie. Ces régions totalisent 64% des naissances totales. Ainsi, les provinces frontalières des
pays suisse, germanique et français envoient un maximum de migrants. Tel est le cas de la région de
Buia. Il se dessine autour de cette commune rurale, proche de la frontière italo-autrichienne, une
large zone de villages de moyenne montagne qui envoient une partie de leurs habitants vers
Bourtzwiller. Les Frioulans originaires de Buia (98 migrants), de Fagagna, Osoppo, Pinzano-alTagliamento ou encore San-Daniele représentent 21 % des Italiens du fichier" et plus de de ceux nés
en Italie.
Ainsi, en croisant les lieux de naissance et de provenance, une hypothèse peut être émise. La venue
en Alsace d'une importante population italienne, sous influence germanique (le Tyrol jusqu'au
Brenner, l'Istrie et le Frioul ne sont cédés à l'Italie que lors de la Conférence de la Paix en 1920-21),
par des parcours balisés depuis plusieurs générations, peut aisément se comprendre. De plus,
certains itinéraires peuvent apparaître lors du croisement de plusieurs sources. Quelques étapes,
notamment en Suisse et en Allemagne, sont marquées soit par une naissance, soit par l'indication du
dernier lieu de résidence avant Bourtzwiller (fichier, colonne L'analyse des lieux précédant
l'installation à Bourtzwiller mais également celle des futures communes de destination (colonne IX)
démontre que ces migrants arrivent et se dirigent vers des foyers industriels (Saint-Gall, Zug,
Pratteln, Bâle, Munich, Pforzheim...).
Cependant, une majorité des migrants est déjà présente en France avant de s'installer à Bourtzwiller
(74%). En adoptant une échelle plus grande, nous remarquons, d'une part, que 92% de ces allogènes
proviennent des régions françaises proches des frontières de l'Est, d'autre part que 95% de ces
Italiens viennent en priorité des cantons proches de Mulhouse. L'attrait des bassins d'emploi
mulhousien et potassique est la cause évidente de leur arrivée. D'ailleurs, sur les 863 Italiens recensés
dans le fichier, 63% partent avant la clôture du fichier en 1932. Lors du recensement de 1936, la
population transalpine de Bourtzwiller ne représente plus que 5% des habitants de ta commune (198
personnes). Ces départs correspondent, à chaque échelle d'analyse, aux mêmes caractéristiques que
les lieux de provenance. L'Alsace concentre 79% des destinations envisagées au moment du départ
(Mulhouse : 15%). Les informations concernant les lieux d'arrivée et les lieux de destination avec
leurs dates précises permettent d'aborder un phénomène inhérent à la migration : le turn-over. En
effet, toute migration peut être définitive ou temporaire. Des flux de migrants s'observent dans les
deux sens. La migration ne laisse à chaque étape qu'une infime partie des contingents allogènes. Les
49
fréquences de départs sont rapides, car ils suivent immédiatement les arrivées. Les populations
concernées n'hésitent pas à se déplacer souvent, leurs structures démographiques le permettent.
Ainsi, 68% des migrants repartent moins d'une année après leur arrivée :
En approfondissant l'analyse, nous remarquons que ces départs se situent dans les tout premiers
mois. Les trois premiers concentrent 50% des départs :
Ainsi, le processus migratoire obéit à des
causes antagonistes. Les flux s'intensifient
après la Grande Guerre et de véritables pôles
de concentrations se créent. Ces derniers se
situent à proximité des frontières, dans des
régions dynamiques et pourvues de matières
premières nécessaires à l'industrie et à
l'artisanat. Tout un ensemble de relations
s'échafaude entre les zones alpines et
rhénanes. L'Italie du Nord, la Suisse, l'Autriche, l'Allemagne, le Luxembourg, la Belgique et la France
figurent dans les sources archivées de ce faubourg de Mulhouse. Les aspects moteurs de la migration
internationale sont présents à Bourtzwiller : espaces géo-économiques opposés et main-d'œuvre
migrante disponible qu'il convient à présent de mieux cerner.
III. Les caractères socio - démographiques et professionnels.
Georges Mauco indique que la situation démographique de la population étrangère est en 1926 la
conséquence directe de la migration économique. II recense 1.404.000 hommes et 1.004.000
femmes, soit une supériorité d’un tiers de l'effectif masculin (16). Ce phénomène est inverse dans la
population française où les femmes sont deux millions de plus que les hommes (17). Ainsi, en 1926,
pour 100 Français, nous trouvons 53 femmes. Dans la population allogène, nous avons 42 femmes
pour 100 étrangers. Depuis la guerre, la France souffre d'un déficit de main-d'œuvre masculine, c'est
donc parmi les hommes qu'elle recrute la population active nécessaire au fonctionnement de son
économie.
Par un simple comptage des effectifs masculins puis féminins de la population transalpine passant
par Bourtzwiller dans la période considérée, nous obtenons un premier histogramme. Il met en
évidence, pour chaque groupe d'âge indiqué, la supériorité du nombre d'arrivées masculines (confère
50
page suivante). Mise à part la classe d'âge [10-15] ans, où l'effectif féminin est égal à 18 individus et
celui masculin à 16, toutes les autres classes d'âges ont une part plus grande d’hommes. Comment
expliquer une telle sur-représentation du sexe masculin ? Ce n'est qu'à partir de 15 ans, quand
l'homme est apte à travailler et à émigrer, que la prédominance du sexe masculin apparaît. Elle
atteint son maximum entre 20-35 ans, âge de plus grande productivité économique et des initiatives
les plus hardies. Les chiffres sont éloquents : entre 1921 et 1932, 601 hommes et 201 femmes
passent par Bourtzwiller. Le rapport entre les deux sexes est alors de 100 hommes pour 43 femmes
(en 1936, ce même rapport est respectivement de 100 pour 124 en ce qui concerne la population
autochtone !). Le taux de masculinité est élevé : 70%, mais normal si nous considérons que ces
migrants ont choisi les chemins de l'exil pour trouver un travail qui les fasse vivre. La situation
rencontrée à l'échelon communal ne contredit pas les affirmations et les constats qu'a pu faire le
géographe Mauco au niveau national.
Ainsi, le premier trait caractéristique de cette population migrante italienne est la forte inégalité qui
existe entre le nombre d'hommes et celui des femmes ; cette conclusion permet d'émettre une
hypothèse sur la nature de l'immigration rencontrée. Elle serait donc plus d'ordre économique que
politique. D'ailleurs, une seconde analyse confirme la nature économique de cette migration que
certains qualifient de misérable.
Le traitement de certaines informations sérielles répertoriées dans le fichier, date de naissance et date
d'arrivée dans cette commune de la banlieue Nord de Mulhouse, permet le calcul de ce facteur qui
s'avère primordial pour la connaissance démographique de toute population migrante. Le graphique
de la page suivante détaille par tranche d'âge de 5 ans le nombre exact d'arrivants masculins et
féminins. L'hypothèse formulée auparavant, à savoir que cette migration est de nature économique,
se confirme et s'impose. En effet, la France est demandeuse de bras pour son industrie mais aussi
pour tout le reste de l'économie : mines, bâtiment, hôtellerie, etc. Elle fait appel à une immigration
de force de travail, à une population en âge de travailler. Elle doit à court terme combler les vides
démographiques français.
51
Il faut rappeler les dires d'André Pairault, lorsqu'il parle de l’Italie de l'après-guerre : un pays pauvre
en ressources naturelles mais riche en hommes, la première nation émigrante européenne. Elle seule
sort de la Grande Guerre avec une population accrue. De 1871 à 1914, la Péninsule italienne passe
de 26 à 35.5 millions d'habitants (taux de croissance de 36.5%), alors que l'Hexagone ne connaît taux
de croissance démographique de l'ordre de 6.6% (37.5 à 40 millions d'habitants). L'écart semble
s'être accentué pendant le premier conflit mondial. De plus, il faut rajouter à l'actif démographique
italien les centaines de milliers d'émigrants partis depuis la deuxième moitié du XXème siècle. Le
manque de jeunes français est en partie compensé par un apport transalpin dû à une forte natalité.
Cette forte natalité pose certains problèmes, car l'Italie ne dispose pas cadre socio-économique
propice à une telle croissance démographique et, par conséquent, au maintien d'un niveau de vie
acceptable'9. C'est un pays où nombre de braccianti attendent toujours un emploi même temporaire.
Une seule solution s'offre alors : l'émigration.
Des hommes jeunes et extrêmement mobiles, car célibataires, affluent vers la France et un nombre,
certes dérisoire par rapport au total, arrive à Bourtzwiller. A présent, analysons les chiffres obtenus
par des calculs statistiques simples, comme la moyenne arithmétique appliquée à l'âge d'arrivée selon
le sexe :
Sexe
Moyenne d'âge à l'arrivée
52
Masculin
28
Féminin
24
Le chapitre précédant montrait l'écrasante majorité des hommes, celui-ci illustre la jeunesse de ces
migrants. 57% de ces derniers appartiennent aux classes d'âges comprises entre 15 et 35 ans. En
affinant les calculs, nous remarquons que les groupes d'âges les plus à même de travailler sont surreprésentés. Voici la composition par âge des Italiens passant à Bourtzwiller entre 1921 et 1932 :
Groupe d'âge (ans)
0 à 15
15 à 35
35 à 55
+ de 55
% de la population masculine totale
13
57
25
5
Quel que soit le découpage utilisé, cette population migrante masculine est jeune. En fait, la même
analyse peut s'appliquer à l'effectif féminin ; les résultats obtenus sont, à quelques demi-points près,
semblables. La classe modale, c'est-à-dire la classe d'âge regroupant le nombre maximum d'individus
étudiés, est identique : [20-25[. Les comptages donnent respectivement 113 hommes et 40 femmes.
À elle seule, la classe modale regroupe donc 20% des migrants masculins et 19.5% des migrantes soit
17 % de la population totale. L'ensemble des groupes d'âge allant de 15 à 35 ans concentrent environ
70% des Transalpins de Bourtzwiller. De ce faisceau de chiffres, nous pouvons affirmer que les
causes qui poussent ces habitants de l'Italie du Nord à s'exiler sont plutôt d'ordre économique que
politique.
L'image du Transalpin dépend de son origine mais aussi de son travail. Ainsi, il existerait des métiers
italiens. L'analyse des professions contenues dans le fichier (colonne III), le recensement et les
annuaires de population confirment la nature économique de cette migration. Le travail se trouve au
centre des préoccupations : la population active masculine culmine à 90% dans le fichier et à 70%
dans l'instantané (20). Le classement par branches d'activités indique les secteurs économiques qui
emploient les migrants. Pour les 1061 Italiens étudiés, il existe 53 dénominations dont 48
correspondent à des métiers et 5 à des états (enfant, veuve, inconnu). Pour le fichier, nous obtenons
la répartition suivante :
53
Branche d'activité
Nombre total
% d'hommes
% de femmes % total
Industrie du bâtiment
Ind. extractive
Ind. de transformation
Com. & prof. libérale
Employés
Domesticité
Sans emploi
Inconnus
Total
314
8
260
14
2
5
247
7
857
100
100
69,5
100
0
0
28
100
70
0
0
30,5
0
100
100
72
0
30
36.6
1
30,3
1,6
0,2
0,6
28,8
0,9
100
Ainsi 86.5% des actifs masculins (ce qui représente environ 85% des hommes) se concentrent dans
les trois branches industrielles. La période de reconstruction, suivie d'une phase économique
prospère, favorise l'afflux de nombreux bras allogènes. Cette répartition par branches d'activités
révèle la position de ces Italiens au sein des bassins d'emploi mulhousien et potassique (21). Les
savoir-faire apparaissent avec l'élaboration d'une classification socio-professionnelle. Elle est
cependant difficile à établir car dans de nombreux cas, le nom des entreprises qui emploient les
migrants manque. La prédominance du monde du travail manuel est patente, malgré la présence de
quelques commerçants et employés. Deux cas sont à retenir : les ouvriers du bâtiment et des travaux
publics (BTP), les ouvriers de l'industrie. En effet, la population étrangère est principalement
groupée dans les régions industrielles, où elle fournit d'importants contingents ouvriers pour les
bassins miniers, les chantiers de construction ou certaines manufactures. Certes, les appellations
professionnelles sont floues, mais quelques distinctions apparaissent aux vues des différentes sources
d'archives étudiées. Une distinction peut être faite, par exemple, entre les ouvriers qualifiés
(carreleur, maçon, peintre décorateur ou zingueur) et ceux qui sont apprentis, manœuvres ou
terrassiers. Dans le cadre des industries de transformation - briqueterie-tuilerie (22) mécanique et
textile - les dénominations professionnelles sont claires :
Industrie
Textile
Mécanique
Briqueterie-tuilerie
Professions
Fileuse, rattacheur, tisseuse, tisserand
Machiniste, mécanicien, tourneur
briquetier, enfourneur, fumiste, tuilier
Certaines caractéristiques propres à quelques professions dénotent des originalités. Tel est le cas des
briquetiers-tuiliers qui proviennent pour une grande majorité de la région de Buia (23), d'Allemagne
et d'Autriche. Franco Minisini explique comment ces jeunes hommes célibataires avaient acquis un
savoir-faire dans une industrie inexistante dans leur région de naissance : avant 15-18, mon père partait
en Autriche durant I ' été. II y apprend le métier de briquetier avec de nombreux compatriotes. Lors de son arrivée en
Alsace, il met à profit ce métier appris à l'étranger (24). D'ailleurs, certains livres parlent des fornaciai buiesi
(25). Mais ces quelques exemples ne doivent pas occulter les difficultés rencontrées dans le
classement de l'ensemble des travailleurs au sein du monde hétérogène et difficilement cernable, par
manque d'informations, du travail manuel. Cependant, les données démographiques et
54
professionnelles confirment l'image d'une migration économique qui ne fixe, à Bourtzwiller, qu'une
infime partie du contingent total des migrants.
La migration internationale est rarement étudiée à une grande échelle. Entre les deux guerres,
Bourtzwiller offre l'exemple d'un quartier de la proche banlieue mulhousienne où affluent de
nombreux étrangers dont plusieurs centaines de Transalpins. Ces flux migratoires sont influencés
par des gradients économiques antagonistes. La situation spatiale et économique de 1' Alsace, aux
franges du monde germanique et à deux cents kilomètres seulement du Nord de l'Italie, favorise les
mécanismes migratoires. L'Alsace possède un tissu industriel développé et ses frontières restent
ouvertes sur les espaces germano-suisses qui refoulent les populations étrangères. Les images de
l'usurier lombard ou de l'artiste au service du prince sont révolues. Elles font place au maçon et au
manœuvre originaires du Nord de la Péninsule italienne. Tout un ensemble de savoir-faire leur
permet de s'installer à Bourtzwiller et plus généralement dans le Haut-Rhin. Toutefois, les
trajectoires individuelles sont difficiles à établir en raison de l'indigence des sources disponibles.
Ainsi, aborder le thème de l'intégration de cette population allogène révèle de nombreuses zones
d'ombre. Néanmoins, certains réussissent à se fixer, à s'intégrer et à s'assimiler (naturalisations,
mariages mixtes, francisation des noms de baptême). Dès qu'ils s'installent définitivement hors de
leur patrie d'origine, leur position devient ambiguë : nous sommes des Ritals en France et des Francese en
Italie ! (26)
Notes et références bibliographiques
1. F. CAVANNA, Les Ritals, Paris, 1978, pp. 115-116.
2. MC-BLANC-CHALEARD, Le Nogent des Italiens, Paris, 1995, pp. 21-48.
3. G. MAUCO, Les étrangers en France, leur rôle dans l'activité économique, Paris, 1932, p. 91.
4. R. SCHOR, L'opinion française et les étrangers en France (1919-1939), Paris 1985, p. 38.
5. P. MILZA, Voyage en Ritalie, Paris, 1993, p. 80.
6. P. GEORGES, L'immigration italienne en France de 1920 à 1939, in Les Italiens en France
de 1914 à 1940, sous la direction de P. Milza, Ecole française de Rome, Rome, 1986, p. 91.
7. P. MILZA, les Italiens dans l'économie française de 1919 à 1939, in Les Italiens... op. cit., p.
86.
8. P. VIDAL de la BLACHE, Tableau de la géographie de la France, Paris, 1911, p.40.
9. P. GOUBERT, introduction de la Mosaïque France, histoire des étrangers et de
l'immigration en France, ouvrage dirigé par Y. Lequin, Paris, 1988, p.5.
10. G. NOIRIEL, Histoire de I 'immigration aux XIX-XXe siècles, Paris 1988, p. 15. Voir aussi
Population, immigration et identité nationale en France aux XIX-We siècles, Paris, 1992,
notamment le chapitre III : l'assimilation nationale, p. 85.
11. P. MILZA, op. cit. p. 466.
55
12. Archives Municipales de Mulhouse, séries 2JI-J2-J3.
13. J. L. PINOL Les mobilités de la grande ville, Paris, 1991, p. 353.
14. Archives Départementales du Haut-Rhin, recensement de 1936, arrondissement
d'Habsheim, série AL 55903.
15. C'est-à-dire le fichier des Italiens transitant par Bourtzwillerentre 1921 et 1932 (AMM, séries
2JI-J2-J3).
16. G. MAUCO, op. cit., p. 173.
17. J. DUPAQUIER, (dir), Histoire de la population française, tome IV, de 1914 à nos jours,
Paris, 1988, p. 97.
18. A. PAIRAILT, L'immigration organisée et l'emploi de la main-d'œuvre étrangère en France,
Paris, 1926 p. 284.
19. S. BERNSTEIN et P. MILZA, L’ltalie fasciste, Paris, 1970, p. 20.
20. Dans la population nationale, ce taux est de l'ordre de 48%, si l'on reprend les conclusions
d'A. SAUVY, Histoire économique de la France entre les deux guerres, Paris, 1984, p. 292,
tableau 1.
21. L'essor du bassin potassique alsacien date du retour de l'Alsace à la France en 1918.
22. En 1779, Sébastien Burtz crée la première tuilerie sur les limites des bans de PfastattMuIhouse : les premiers habitants sont appelés les modeleurs de terre glaise (Leinekneter).
23. Confère infra., II) les cadres spatiaux..., p. 5.
24. Entretien du 19 Mars 1995.
25. L. ZANINI, Friuli migranti, Udine, 1992, pp. 273-303.
26. Entretien avec M. Mélandri, 12 Juillet 1995.
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"L'émigration italienne en Alsace": rôle de la Mission Catholique Italienne
Père Romano PALLASTRELLI
Mission Catholique Italienne, Mulhouse
Si la communauté italienne en Alsace compte plus de 100 ans, la Mission Catholique Italienne (MCI)
n'a que 43 ans.
À l'âge de sa maturité la M.C.I. peut considérer sa présence très importante comme point de départ
des multiples initiatives qui animent encore maintenant et organisent la vie de la communauté
italienne, et cela non seulement sur le plan proprement religieux, comme on pourrait croire, mais
aussi sur la plan de la vie civile, humaine, culturelle et sociale. Il en est de même dans le domaine des
loisirs et des sports.
Des Missionnaires très dynamiques, des religieuses très dévouées, avec la collaboration de bénévoles
italiens et français, ont pu ouvrir des locaux pour réunir la communauté, des bureaux, construire un
centre, à la rue de la Wanne, 1 à Mulhouse, avec habitation des missionnaires et des sœurs, les salles,
l'Eglise.
La Mission a été très attentive aux activités qui touchent à la promotion culturelle, linguistique : école
maternelle, cours de langues, formation au social (ACLI: association chrétienne ouvriers italiens)
promotion de clubs de sports (Azzurri Calcio).
La Mission est à l'origine de la création de beaucoup d'associations italiennes (aujourd'hui encore une
vingtaine) dans le Haut-Rhin et Territoire de Belfort. Les Associations Italiennes depuis longtemps
ne sont plus sous la tutelle de la Mission, mais, libres, elles sont au centre de la vie de la communauté
italienne.
La Mission de par sa présence au sein de la Communauté Italienne n 'a en aucun cas aidé à la
"ghettizzazione" ou à l'éloignement de la communauté locale ou des autres communautés ethniques.
La MCI a aidé plutôt à une meilleure prise de conscience de la richesse des valeurs de ses propres
origines. C'est pour cela qu'on constate que tout le monde est en admiration vis-à-vis du bon
"inserimento" social et culturel dans la communauté Alsacienne, qui a facilement "adopté" notre
communauté.
Il suffit de voir combien de mariages mixtes se célèbrent dès le début...
Mais une petite remarque on pourrait faire : une facile intégration à souvent fait oublier la langue
italienne : chose certainement pas positive dans notre contexte européen, où les différentes langues
doivent être apprises et non pas perdues.
On remarque un certain désir - en crescendo -vers la recherche de ses propres racines chez la
nouvelle génération. Les Français semblent suivre le mouvement tout en cherchant de mieux
connaître la langue italienne et sa culture.
57
Les débuts de la Mission
On remarque la présence de quelques italiens, vendeurs ambulants ou ouvriers dans les briqueteries,
tuileries, ou employés dans le barrage de Kembs ; on note que les Italiens doivent attendre l'aprèsguerre, Ie1949, pour avoir un aumônier, et le 1951 pour avoir un prêtre italien, Don Carlo Agorrini.
Le 11 nov. 1951 Don Carlo, aidé par la Colonie Italienne fait l'achat d'une maison pour la MCI, le
vieux café du Canon, à la rue de la Wanne à Mulhouse.
Dans ces pauvres locaux trouvent leurs places la compagnie théâtrale, le bureau social, le secrétariat.
Deux chambres sont réservées pour les italiens de passage.
L'acquisition de l'immeuble demande de faire face à la dette très importante : la fondation de
l'Association St-Charles Borromée - Mission Cath. Ital. en novembre 1952 permet l’organisation de
fêtes de bienfaisance (ventes de charité) pour la récolte des fonds nécessaires.
Beaucoup de Dames des paroisses voisines ont toujours été très actives à la MCI en donnant leur
temps et leur savoir-faire pour la bonne réussite des initiatives de la MCI.
Voici apparaître le premier bulletin liaison importante entre les italiens de la Région : 500 familles
sont concernées.
L'assistant social traite une moyenne de 270 dossiers par an.
La "Filodrammatica" fait six représentations et une bibliothèque fonctionne au service des Italiens.
La chapelle réunit régulièrement les Italiens.
L'année 1957 sera marquée par un développement important dans l'histoire de la MCI de Mulhouse.
Le 25 août 1957 arrive le Père Eliseo Marchiori: la Mission est confiée à la Congrégation des
Missionnaires de St-Charles Borromée, fondée par Mgr. Giovanni Battista Scalabrini, Évêque de
Piacenza, qui en 1887 a ainsi initié l'assistance aux émigrés italiens. - Ce même Évêque sera béatifié
par le Pape à Rome le 9 novembre prochain.
Père Eliseo sera l'artisan de la construction de la nouvelle Mission : son presbytère, ses salles,
l'Eglise, les bureaux.
Beaucoup de difficultés ont accompagnées la réalisation du projet, venant surtout de l'Evêché. Mais
la ténacité du Père Elisée et de ses collaborateurs italiens et français (je nomme Mrs Wasmer et
Napoléon Daverio) ont eu gain de cause.
En juin 1958 voici le permis de construire, en juin 1959 on est au toit. C'est la fête!
Un grand nombre d'ouvriers italiens ont donné leur temps libre pour la construction et beaucoup de
bienfaiteurs, surtout français, ont contribué au paiement de la nouvelle Mission.
Après le départ du Père Elisée en 1964, les Pères scalabriniens se succèdent : l'un d'entre eux le Père
Silvio Moro est l'origine des 'Circoli ACLI’ et des Clubs de football (Azzurri Calcio).
En 1965 on compte dans notre région environ 17.000 italiens. Les membres inscrits des ACLI sont
en '66 plus 800.
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On imagine le travail au sein de ces circoli : réunions, journées d'études, activités charitables,
formations diverses : naissent des vocations au sein de la communauté sur le plan religieux, social,
associatif!
En 1977 le Padre Bruno lance le mensuel "Nuovi Orizzonti" - bientôt on expédie 4.000 copies,
grâce aux nombreux bénévoles qui en assurent les abonnements et l'expédition.
En 1980 la MCI suscite un grand mouvement de solidarité à l'occasion du tremblement de terre du
Sud Italie. Aux victimes sont envoyés 145.00 FF et une grande quantité de dons en nature.
La MCI : son rôle de nos jours
En ces dernières années l'Association St-Charles Borromée, sous l'impulsion du Père Romano, a
effectué de grands travaux de rénovation des locaux de la Mission : peinture, remise en ordre (selon
les normes) de l'eau, électricité, chauffage, isolation thermique et acoustique, pour un montant
dépassant les 400.000 FF.
Encore une fois les Italiens et les Français ont répondu généreusement.
L'activité de la Mission aujourd’hui n'est plus la même des beaux temps passés: quand ses locaux
pullulaient d'Italiens pour tout genre d'activités ou tout simplement pour y passer son temps en
bonne compagnie. Tout cela est du rêve.
Les activités de "suppléance", c'est-à -dire les activités récréatives, sportives ou de rencontre de la
communauté, sont maintenant gérées par les Associations Italiennes sur l'ensemble du territoire.
Le Comites, organisme officiel élu démocratiquement épaule l'action du Consulat très concrètement.
Plusieurs associations et organismes gèrent leurs activités parfois dans les locaux de la Mission : le
COASCIT tient ses cours d'italien ; d'autres font des réunions, tiennent des assemblées ou quelques
fêtes familiales.
La Mission reste le point de référence pour l'ensemble de la communauté pour beaucoup de choses,
même trop de choses...
La Mission a restreint le champ d'action au domaine qui lui est propre, à la vie religieuse pour ceux
qui lui restent proches et il sont encore nombreux : un exemple éloquent sont les baptêmes: depuis
le 5 mai 1955 ( date à laquelle remontent nos registres) au 23 octobre 1997 (environ 42 ans) à la MCI
les Missionnaires ont baptisés 2.121 enfants, une moyenne de 50 par an.
En cette année 1997 on dépasse les 30 baptêmes et...en temps de pénurie ce n'est pas un rien !
La MCI assure des célébrations dominicales (une fois par mois) en trois lieux ( Huningue, Colmar,
Guebwiller) et chaque dimanche à la MCI et " sur demande" à Belfort, Audincourt et Cernay. En
semaine une Messe se dit à la Mission tous les jours.
Et voici d'autres activités :
- célébrations de baptêmes, mariages, enterrements à la MCI et dans les paroisses ;
- rencontres de formation, même de jeunes ;
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- rencontres du Conseil Pastoral, des collaborateurs du Journal NUOVI ORIZZONTI (700
abonnés);
-participation à la vie de l'Eglise locale (pastorale des migrants)
Mais la MCI c'est aussi la réponse aux appels des gens, visites aux familles, aux malades, aux
prisonniers, l'écoute : bureau paroissial, téléphone...
La fin d'une époque s'annonce. L'accompagnement de la communauté va vers de nouveaux
horizons, qui sont ceux d'un parcourt normale : devenir citoyens à part entière de la cité d'accueil,
dans la vie politique, religieuse, sociale avec de nouveaux compagnons de voyages, sans distinction
de langue, race et culture.
Moins de prêtres missionnaires, cela demandera plus de laïcs issus de la migration ou pas capables
d'accompagner, dans un délai qui se précise toujours mieux, leurs frères (sans trop perdre de vue
leurs origines) au but final.
Nous avons encore du temps devant nous. Notre Mission restera un point de repère important : on
l'aime trop..., mais elle a fait une trop précieuse expérience et il n'y a pas de raison pour qu'elle ne
soit pas mis à contribution d'autres ethnies.
Le temps nous imposera d'envisager, avec détermination, de marcher dans cette direction.
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Les valises en carton - Interviews aux Italiens d'Alsace
Alessandra MUCCI
Extrait du mémoire de licence Université de Strasbourg
LES ENTRETIENS - LE CONTACT AVEC LES GENS
Les entretiens et leur méthode
Afin de pouvoir recueillir le témoignage des "histoires de vie" des acteurs de l'immigration italienne,
je me suis entretenu avec dix d'entre eux (âgés de 45 à 78 ans).
Ces entretiens furent plutôt à schéma libre bien que, pour me permettre de diriger le débat et
approfondir certains points précis du discours, j'ai utilisé une trame préétablie de questions que je
désirais poser.
Il s'agissait pour moi de recueillir du matériel biographique sous forme de récit au cours duquel
l'interviewé, ou plutôt le narrateur, aurait un rôle actif dans l'organisation de sa propre biographie.
Cette méthode implique que le "sociologue" soit mis en relation avec les caractéristiques du cadre
structurel dans lequel il évolue.
De cette manière, la construction de la réalité sociale que le narrateur, d'un côté, opère dans sa
propre vie et de l'autre, interprète dans son récit fait mûrir cette médiation que les sociologues,
comme Ferrarotti, ont relevé à plusieurs reprises.
Conditions des entretiens : le contact avec les gens
Les premiers contacts avec les personnes interrogées se sont déroulés sur les lieux de rencontre
habituels des immigrés, aux angles des places, dans les bars, à l'entrée des supermarchés, soit aux
endroits où j'avais observé des "habitudes" de rencontres quotidiennes et non pas dans des
associations ou des administrations. Ce choix m'est propre : je voulais éviter toute forme d'influence
ou d'interférence.
Je ne cache cependant pas ma difficulté, à chaque rencontre, à gagner la confiance ou à susciter
l'intérêt de répondre à mes questions. Nombreux ont d'ailleurs été les échecs !
Une des difficultés que j'ai dû affronter est, par exemple, celle de me faire accepter par des groupes
d'hommes comme une personne s'intéressant à l'étude de l'immigration italienne, sans oublier de
parler de la première réaction de certains d'entre eux pour qui il existe encore une "séparation" entre
les femmes et les hommes, et par conséquent une différence des rôles.
Cette diversification et donc séparation des rôles et des intérêts était présente en Italie par le passé,
surtout dans les lieux de rencontre comme les places, les fêtes de village, les cérémonies familiales ou
religieuses, les associations locales ; les femmes se rencontraient et discutaient d'un côté, les hommes
se retrouvaient de l'autre.
Aujourd’hui, cette situation n'existe plus, excepté dans de petits villages isolés d'Italie, restés "en
arrière" dans le temps par rapport à l'évolution des coutumes.
61
Ce que j'ai donc observé, c'est que pour ces hommes, anciens immigrés, tout se passe comme si le
temps s'était arrêté le jour de leur départ : ils sont restés là avec cette idée de séparation des rôles
entre les femmes et les hommes.
Alors, afin de réussir à discuter avec eux, j'ai dû d'abord rencontrer des groupes de femmes. Dans un
second temps seulement, après plusieurs rencontres, ils ont "accepté" de parler de manière plus
"ouverte".
En général, tous les entretiens ont réellement porté leurs fruits après de multiples rencontres.
Le fait pour chacun de se revoir plusieurs fois a permis d'être plus à l'aise et de pouvoir approfondir
les sujets abordés, mais aussi de rassurer ces personnes sur des propos recueillis ; elles ont alors plus
volontiers dévoilé des éléments sur leur vie privée, leurs opinions.
LEUR ORIGINE
Beaucoup de personnes interrogées appartiennent à des familles d'origine rurale, sont les enfants de
petits commerçants et artisans, ou proviennent de villages pauvres de montagne où les familles
étaient bergers ou effectuaient de petits travaux.
Ils proviennent pour la plupart des provinces d'Italie, des villages de taille modeste où la situation
familiale et les conditions de vie n'étaient certainement pas roses.
En fait, même si la famille possédait des terres, elles étaient le plus souvent de petite dimension et le
climat aride les rendait peu fertiles ; les fils qui aidaient les parents dans leur travail étaient alors
contraints d'aller travailler pour d'autres, souvent chez de gros propriétaires. Dans d'autres cas, ils
s'efforçaient en plus du travail sur les terres de la famille, de faire preuve d'assez d'habilité pour
effectuer de petits travaux de-ci -de-là.
Mais souvent cet art de vivre "en s'arrangeant" ne suffisait pas ; les petits gains ne palliaient pas à
tous les besoins. Alors, la proposition, l'idée travail plus sûr et d’un profit plus élevé, avec
l'opportunité de vivre mieux et de subvenir vraiment aux nécessités de leur famille apparaissait
comme l'unique solution.
Pasquale, originaire de Calabre, me raconte : "Nous, dans la famille, nous ne mourrions pas vraiment
de faim comme certains ! Quelque chose à manger, le soir, nous l'avions toujours : une bonne soupe
chaude dans laquelle nous trempions du pain ou un plat de pâtes ne manquait jamais". Pasquale
parle du dîner car la journée, il mangeait sur le lieu de travail, dans la campagne. « Nous étions cinq
enfants, trois garçons et deux filles. Mon père avait une parcelle de terrain, nous avions de beaux
oliviers mais il n'y avait pas assez de travail pour tous. Alors, je suis allé travailler dans une famille du
village qui avait une grande ferme et des animaux. Ma mère y travaillait également, elle faisait la
lessive. Puis j'ai appris qu’un ami était parti et qu'il gagnait en une semaine ce que, moi, je gagnais en
deux mois. Alors, je me suis décidé et, à 31 ans, je suis parti ! ».
Et puis, il y avait ces des familles les plus pauvres du village, celles qui ne possédaient rien et qui
avaient beaucoup d'enfants, beaucoup de bouches à nourrir, sans aucun futur dans ces villages.
Souvent les enfants, presque toujours les aînés, n'ont même pas eu la possibilité d’un autre choix.
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Les chaînes migratoires
A la question sur le motif du choix du Haut-Rhin comme lieu d'accueil, la notion de « chaîne
migratoire » est souvent évoquée. En effet, il est reconnu que beaucoup d'entre eux ont préféré se
diriger vers l'endroit où se trouvaient déjà des personnes émigrées qu'ils connaissaient.
L'expression "Chaîne migratoire" englobe divers aspects mécanisme à travers lequel les émigrés
venaient s'informer sur les possibilités de partir, prenaient des contacts pour obtenir un premier
contrat de travail et une aide morale grâce aux relations qu'ils entretenaient avec leurs compatriotes
partis avant eux.
Ainsi, dans notre cas, nous trouvons que la décision de venir ici a été influencée par la présence dans
le Haut-Rhin de paysans de la famille, ou de leurs amis ou simplement des connaissances et donc de
raide et du soutien qu'ils étaient en mesure de leur apporter.
LES DIFFICULTES DES PREMIERS TEMPS ET LA SOLIDARITE ENTRE
IMMIGRES
« Les premiers jours, je ne les oublierai jamais. Ils ont été les plus terribles. Il faisait un froid de
canard et je me souviens que mon seul blouson ne réussissait pas à me réchauffer ; je suis arrivé au
mois de février. Je ne comprenais rien de ce qui se disait, je ne pouvais lire aucun document, aucun
panneau, aucune enseigne. Je me sentais dans un autre monde. Tout cela m'angoissait, je me sentais
si seul, la famille me manquait tant. Quelqu’un à qui parler et tout était si différent ! » Antonio, qui
depuis 34 années maintenant vit ici n'a jamais oublié ses premiers jours en Alsace. Avec ses mots, me
fait ressentir les sensations qu'il a éprouvé comme si tout s'était passé hier.
Comme je l'ai dit précédemment, les personnes que j'ai contactées sont pour la plupart issues du
milieu rural. Elles ont exercé peu de temps seulement leur métier de base et, de ce fait, manquaient
de qualification en arrivant ici et durent affronter d'énormes difficultés pour apprendre un nouveau
métier.
Certaines d'entre elles racontent qu'elles ne pensaient pas, au début, rester en France et les premiers
temps, avaient uniquement l'intention d'économiser suffisamment pour pouvoir retourner en Italie
et y vivre confortablement.
Par conséquent, ces ouvriers étaient totalement plongés dans leur travail et finalement, autant par
manque de temps que par le fait qu'ils ne connaissaient pas la langue, ils vivaient totalement isolés du
reste de la population.
Leurs uniques contacts se faisaient avec les autres Italiens.
Ces immigrés italiens se sont aidés et cette entraide dès leur arrivée en Alsace a été fondamentale
pour la suite. Une solidarité qui dépasse l'aide matérielle : recherche d'un logement, d’un meilleur
poste de travail, aide dans les démarches administratives, soutien moral dans les moments de
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tristesse ; l'échange de conseils entre eux était le seul lien avec l'Italie et permettait de savoir, au fil
des arrivées, ce qu'il se passait là-bas, dans leur pays.
La naissance des premières organisations d'entraide et d'assistance pour les émigrés leur a
définitivement donné un point d'appui et a permis surtout un soutien durant les premiers jours
d'arrivée. Elles ont joué un rôle décisif dans l'intégration des Italiens au sein de la population locale.
LA MAISON, SYMBOLE DE L'UNION FAMILIALE
Dans les propos recueillis parmi ces immigrés italiens, l’importance de la famille et la maison en tant
que symbole de cet attachement à la famille est ressenti de manière flagrante. Se retrouver, partager
un plat de pâtes les jours de fête comme les jours de douleur.
La famille de ces immigrés italiens et encore très unie et il est courant de trouver des familles dans
lesquelles, quotidiennement, 3 ou 4 générations (souvent habitant très proches l’une de l'autre) se
rencontrent, s'aident, discutent ensemble, se conseillent, se soutiennent ; en fait, tous participent à la
vie de leur foyer.
Et l'amour pour la famille se matérialise par les soins et les attentions apportés à leur habitation : la
porte de leur maison est toujours ouverte aux membres de la famille.
C’est certainement pour cette raison que les immigrés italiens achètent une maison dès qu'ils en ont
les moyens. Une maison (ou un appartement) est un bien qu'ils laisseront à leurs enfants, c'est un
moyen pour eux de transmettre cet amour, une maison acquise au fil des ans par beaucoup de
sacrifices.
De ce fait, parmi toutes les communautés d'immigrés en Alsace, la communauté italienne possède le
pourcentage te plus élevé de propriétaires ! Selon les données de I'INSEE du recensement de la
population (1990) plus de la moitié des ménages italiens sont propriétaires (exactement 56,1 % des
immigrés italiens en France possède un bien immobilier), suivis de la communauté espagnole (24,4
%) et portugaise (22,8 %).
La proportion des propriétaires parmi les ménages italiens a largement dépassé celle des ménages
français eux-mêmes. Cependant, même lorsque certaines familles d'immigrés italiens ne peuvent
accéder à la propriété et qu'elles se trouvent en location (logement privatif ou HLM) leur habitation
retient toute leur attention et leurs soins.
C'est le cas de la famille A., père sicilien, mère des Pouilles qui vit dans un HLM de la banlieue de
Mulhouse. La famille est composée des parents, de trois filles et un garçon (deux d'entre eux sont
mariés et ont à leur tour, des enfants) et la mère de Mme A. qui n'habite pas dans le même
appartement, mais dans un autre situé sur le même palier.
Tous passent une bonne partie de la journée ensemble.
Ce qui est frappant, c'est le passage de l'aspect extérieur de ce grand immeuble froid en plein centre
d'un quartier populaire, à l'intérieur de cet appartement, où tout est rangé de manière méticuleuse,
Tout brille et les meubles sont entretenus avec un soin tel qu'ils font oublier le reste de l'immeuble.
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Presque tous ces meubles proviennent d'Italie et dans certaines pièces comme le salon, ils semblent
neufs, pas même usés, bien qu'ils soient là depuis de nombreuses années.
Ce qui est beau dans cette famille, c'est que tous les jours, ils se retrouvent tous ensemble pour
manger, même les enfants et leurs conjoints respectifs. Et le père me dit : "la famille unie est la plus
belle des choses. Je mangerais chaque jour une simple salade d'oignons pour pouvoir être toujours à
table avec mes enfants ! ", et quand il parle de ses enfants, ses yeux sont illuminés de joie.
LEUR SITUATION AUJOURD'HUI - LE SENTIMENT D'INTEGRATION
A la question "Comment vous trouvez-vous aujourd'hui en Alsace 2", tous m'ont répondu sans
hésiter de se sentir chez eux, d'y être bien même si parfois ils ont la nostalgie de l'Italie.
Certains d'entre eux, parlant de leur intégration dans le Haut-Rhin, ont tout de suite fait état de la
bonne insertion de la communauté italienne et de l'acceptation de leur présence de la part des
alsaciens surtout par rapport aux immigrations plus récentes, comme celle maghrébine ou turque.
Giovanni, sicilien : "Nous nous sentons bien ici. Normal, depuis tant d'années ! Nous ne sommes
pas "mal vu" comme les arabes. Eux oui, ont des problèmes en Alsace. En fait, tout se passe comme
si l'arrivée des grands flux migratoires du Maghreb et plus récemment de la Turquie avait accéléré
l'insertion, l'intégration des vieilles migrations d'origine italienne, portugaise ou espagnole. Dans la
réalité, cela n'a rien fait d'autre que de rendre ces derniers moins visibles.
Le fait que les immigrés maghrébins ou turcs aient plus de différences de tradition, de religion, de
langage par rapport au peuple alsacien, ou que de telles différences soient plus visibles de
"l'extérieur", a rendu la présence de la communauté italienne moins apparente.
LA FIERTE D'ETRE ITALIEN ET LES CONTACTS AVEC LE PAYS D'ORIGINE
Je ne sais pas si le fait que moi-même, qui les ai interrogés sois italienne et, de cette manière, ai
influencé leurs propos, mais ils me disaient "nous sommes Italiens et nous en sommes satisfaits" ou
"même si depuis 40 ans je vis ici, avant tout je me sens Italien" avec, dans le ton, une note de fierté.
Les immigrés italiens avec qui j'ai eu contact sont heureux de leurs origines et aiment leur pays,
l'Italie.
Ils en parlent avec enthousiasme : le climat, la qualité de vie, l'alimentation, les relations entre les
personnes, le caractère des gens et tout semble merveilleux, comme si les mauvais souvenirs, les
difficultés du passé et tous les aspects négatifs de leur nation venaient en second plan.
Les liens avec l'Italie sont entretenus. Souvent, ils y retournent, surtout l'été, visitant la famille ou
même en voyage organisé.
Antonietta : "Maintenant que mon mari est en retraite, dès que nous pouvons y aller, nous y allons,
en voiture. Nous sommes de la région de Bergame, j'y ai encore une petite maison et, l'été, nous y
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sommes si bien ! Nous en profitons pour rendre visite à mon frère qui vit à Milan et passons toutes
les vacances ensemble".
Bruno : "Moi, je suis de la province de Campobasso et au mois d'août, j'y retourne avec toute la
famille. J'ai encore mes sœurs, mes frères et mes parents. Tu sais, au mois d'août, il y a la "fête du
Saint Patron" et nous nous retrouvons tous. Beaucoup viennent de Suisse, d'Allemagne, beaucoup
d'amis d'enfance avec qui j'ai grandi. Là-bas, l'air que l'on respire et ce qui s’y mange, c'est quand
même autre chose !".
Outre ces contacts qu'ils ont avec l'Italie en voyageant, le reste de l'année (ou pour ceux qui ne
peuvent voyager) la télévision joue un rôle important.
Vittorio :"le soir, à la maison, la chaîne que nous regardons le plus souvent c'est la RAI (chaîne
publique italienne visible en France via le câble Canalsatellite) surtout lorsqu'il y passe des films
d'auteurs ou si un ami m'a appris que quelque chose de grave ou d'important se passait en Italie.
Alors, je mets le journal télévisé italien pour en savoir plus".
En fait, tout est plus facile, aujourd'hui : les moyens de locomotion et de communication font que la
distance n'est plus un problème, comme autrefois.
CONCLUSION
Il apparaît très clairement à la lecture de cet exposé que la communauté italienne dans le Haut-Rhin
comme dans le reste de la France est une communauté intégrée. De plus, elle est active au sein de
son pays d'accueil. Les Italiens immigrés ici sont reconnaissants à l'Alsace de les avoir accueillis et de
leur avoir offert la possibilité de travailler.
Ces immigrés n'ont pas oublié leur origine, leur culture et leurs traditions et ont réussi à vivre de
manière plutôt équilibrée entre deux cultures différentes. Leur amour pour la patrie a été transmise à
leurs enfants, enrichi du savoir, d'un passé difficile et d'une expérience de la vie qui leur servira
affronter l'avenir.
Par ailleurs, émigrer, voyager, se rencontrer semble appartenir au destin de l'homme et sont, dans
tous les cas, les motivations de son développement, sur fond de découvertes et d'enrichissements.
Ces immigrés n'ont pas oublié leur origine, leur culture et leurs traditions et ont réussi à vivre de
manière plutôt équilibrée entre deux cultures différentes.
Leur amour pour la patrie a été transmise à leurs enfants, enrichi du savoir, passé difficile et d'une
expérience de la vie qui leur servira à affronter l'avenir. Par ailleurs, émigrer, voyager, se rencontrer
semble appartenir au destin et sont, dans tous les cas, les motivations de son développement, sur
fond de découvertes et d’enrichissement.
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L'immigration italienne en Alsace aujourd'hui
Murielle MAFFESSOLI
Directrice-adjointe de l'Observatoire Régional de l'Intégration et de la Ville
ETAT DES LIEUX SUR LA PRESENCE ITALIENNE EN ALSACE EN 1990
Cette réflexion trouve son origine dans une sollicitation de Monsieur le Consul d'Italie à Mulhouse.
En effet, ayant eu l'occasion de lire un numéro spécial de Chiffres pour l'Alsace (revue éditée par
I'INSEE). Ce numéro portait sur les étrangers en Alsace et avait été réalisé en lien avec
l'Observatoire Régional de l'Intégration et de la Ville (ORI). Il a ainsi demandé à l'ORI si un travail
du même type pouvait être entrepris par rapport à la population italienne.
L'opportunité, un peu près à la même période, d'une demande de stage adressée à l'ORI a permis la
réalisation du travail. Cyrille QUENTEL a ainsi mené ce travail dans le cadre de son DESS
d'Aménagement et de Développement Local, Régional et Urbain. Le rapport réalisé durant son stage
a servi en partie de support à cette contribution.
Le projet de Monsieur le Consul a également et parallèlement suscité l'intérêt de PORI car nous
avions déjà constaté la faiblesse des travaux sur cette population en Alsace ct souhaitions par ce biais
combler une lacune.
En effet, il existe en Alsace finalement peu de travaux historiques ou sociologiques sur l'immigration
en général et sur l'immigration italienne en particulier. Les travaux menés actuellement portent plus
fréquemment sur les populations supposées poser problème or les Italiens n'entrent plus aujourd'hui
dans ce cas de figure. En Alsace les préoccupations se portent plutôt sur les Turcs et dans une
moindre mesure sur les Maghrébins.
En fait, et malheureusement, on s'intéresse à l'immigration seulement quand elle est supposée poser
problème. Or quand les Italiens étaient eux-mêmes sur le devant de la scène et faisaient l'objet de
réactions xénophobes (que l'on a trop souvent tendance à oublier), l'immigration et l'intégration
n'étaient pas considérées comme des objets d'étude sur un plan historique ou scientifique.
Étant donné le type de travaux habituellement réalisés par l'ORI, il s'agissait de réaliser un travail
sociologique, voire même plus directement statistique, plutôt qu'historique.
Ce document se propose donc d'être un premier état des lieux sur la présence italienne en Alsace
aujourd'hui. Il s'agissait, en fait, de répondre aux questions suivantes : Combien sont les Italiens ? Où
sont-ils ? Quelles sont leurs caractéristiques socio-démographiques ? Quelles sont leurs spécificités ?
Pour se faire nous avons principalement utilisé le Recensement Général de la Population,
notamment le dernier en date (qui quoique dépassé et la seule référence statistiquement comparable
et disponible), de 1990.
Cette approche statistique a été étayée dans la mesure du possible par des éléments relevés lors des
enquêtes et études qualitatives réalisés par l'ORI. Du fait de ce choix d'une approche statistique, ce
67
document porte exclusivement sur les Italiens, c'est à dire l'ensemble des personnes résidant en
Alsace et ayant la nationalité italienne stricto sensu.
Il ne saurait, en effet, être question, dans le cadre de ce document, de saisir la réalité de la
"communauté italienne" (1) sachant que celle-ci se compose à la fois d'Italiens mais aussi de Français
d'origine italienne.
Cette catégorie, non mesurable statistiquement, est appréhendable seulement dans le cadre d'études
qualitatives.
LES FLUX MIGRATOIRES EN ALSACE : UN PHENOMENE TARDIF
Avant de cerner le profil des Italiens en Alsace, il s'avère nécessaire de préciser le contexte local dans
lequel ce flux migratoire a vu le jour, au moins dans ses grandes lignes.
L'immigration - c'est à dire l'arrivée spontanée d'étrangers ou le recours par les entreprises ou l'État à
une main d'œuvre étrangère - est aussi ancienne que l'histoire de la France. Elle en est un élément
constitutif.
Mais l'ère de l'immigration massive, moderne, débute réellement à la fin du XIXème siècle, Elle
répond alors à un besoin accru de main d'œuvre à une période où se développe l'industrialisation
(nécessitant une importante population ouvrière peu qualifiée) et où la France connaît des problèmes
démographiques liés à la dénatalité et aux guerres.
Ce lien entre immigration et économie va perdurer jusqu'à nos jours. En effet, les flux migratoires, et
au-delà l'image de l'étranger et par extrapolation de l'immigré, va dépendre de la conjoncture
économique. Ainsi pendant les périodes de croissance, la population étrangère est sollicitée (et
augmente) alors qu'en phase de reflux, de crise, on l'encourage à quitter le pays.
Cette relation entre économie et immigration a également eu des incidences sur la population
étrangère présente en Alsace et explique, en grande partie, ses caractéristiques socio-démographiques
actuelles.
Deux éléments peuvent être relevés : L'histoire économique de l'Alsace est à l'origine d'un recours
plus tardif que pour le reste de la France à la population étrangère.
En effet de 1918 jusque dans les années 70, le recours à la main d'œuvre étrangère et donc le nombre
d'étrangers en Alsace, est inférieur à celui relevé sur l'ensemble de la France. Paradoxalement, ce
n'est qu'à partir des années 60-70 que l'Alsace va devenir une terre d'immigration massive (part plus
élevée en Alsace qu'en France). Ensuite elle va croître plus rapidement. Concrètement on relève
donc une croissance rapide du nombre d'étrangers dans les années 70. Les années 80 étant marquées
par une stabilisation (croissance légère baisse en France).
Ce décalage est à l'origine de caractéristiques atypiques. Cette évolution contrastée (par rapport à
celle de la France) place en effet l'Alsace aujourd’hui parmi les premières régions d'immigration or
phénomène récent qui s'explique par un recours à la main d'œuvre étrangère plus tardive (au moins
d'un point de vue massif).
68
Ce décalage a également entraîné une structuration singulière des différentes nationalités : en effet
certaines populations comme les Turcs, mais aussi et on a moins tendance à le signaler, les Italiens,
sont proportionnellement plus nombreux en Alsace qu'ailleurs en France. Cette présence s'explique
par l'existence de ces flux au moment où les besoins de main d'œuvre se sont fait sentir.
L'industrialisation plus rapide du Haut Rhin (dès le XIXème siècle) et le type d'industrie qui s'y sont
développées a nécessité un appel à la main d'œuvre étrangère important et à une époque différente
de le Bas-Rhin. Le Bas Rhin du fait d'un développement plus tardif n'y a eu recours qu'au lendemain
de la deuxième guerre mondiale, d'où des différences marquées, quantitatives et qualitatives, entre les
deux départements au niveau des caractéristiques socio-démographiques des Italiens.
L'IMMIGRATION ITALIENNE EN ALSACE: UN PHÉNOMÈNE TARDIF OU
RÉCENT ?
L'immigration italienne constitue l'un des plus anciens courants migratoires en France (2).
Antonio PEROTTI rappelait dans cet article que les Italiens ont depuis plus d'un siècle contribué à
écrire l'histoire sociale, économique et politique de certaines régions de France.
En fait, l'immigration italienne se caractérise par une permanence des flux migratoires entre l'Italie et
la France jusqu'au milieu des années 60. Même si elle a connu des variations en nombre, en forme et
en localisation.
Quelques dates à partir de l'immigration moderne (fin du XXe siècle) :
1870-1900 : les Italiens étaient surtout concentrés dans les régions frontalières (régions
Méditerranéenne et Rhône-Alpes). Il s'agissait d'une immigration de proximité (sauf en ce qui
concerne Paris qui de tout temps a attiré les étrangers).
1901 : période marquée par une forte croissance des flux et la diffusion de l'immigration italienne
vers trois nouvelles régions non frontalières : la Lorraine, le Nord et le Sud-ouest.
1931 : année où le nombre d’Italiens est le plus élevé en France (808.000 Italiens) chiffre qui ne sera
plus atteint même après-guerre en dépit nouveau recours à la population italienne.
1960 : à partir de cette date baisse des effectifs italiens. L'Italie devient un pays d'immigration et non
plus seulement d'émigration.
Antonio PEROTTI fait état, durant la période 1950-1965, d'une réorientation des flux d’Italiens en
direction du Haut -Rhin. Cela ne signifie pas pour autant que précédemment il n'y avait pas d'Italiens
en Alsace mais durant cette période l'arrivée d'Italiens présente un caractère massif. Il écrit d'ailleurs
à leur propos "qu'il s'agit là population qui se différencie des vagues précédentes par son
enracinement moins profond".
L'étude des différents recensements (de 1921 à 1990) fait apparaître, en effet, une évolution très
différenciée entre la population italienne en France et en Alsace.
69
Jusqu'au recensement de 1954, la part des Italiens dans la population alsacienne est inférieure à la
part des Italiens sur l'ensemble de la France. Ainsi en 1921, les Italiens représentent 29% des
étrangers en France et 12% seulement en Alsace.
A partir du recensement de 1954, la tendance s'inverse. Ainsi en 1968, 35% des étrangers en France
sont des Italiens contre 22% sur l'ensemble de la France. De 1954 à 1982, elle constitue d'ailleurs la
première communauté étrangère en Alsace.
Tableau 1 : Nombre d'Italiens et part de ceux-ci parmi la population étrangère en France et
en Alsace pour les recensements de 1921 à 1990
Recensement
France
%
Alsace
%
1921
1936
1946
1954
1968
1975
1982
1990
451.000
721.000
450.764
507.602
571.684
462.940
333.740
252.759
29,4
32,9
26.0
28,7
21,8
13,4
9,1
7,0
5.297
8.679
4.886
10.270
22.864
22.350
18.072
14.516
11,8
20,6
18,4
29,0
34,9
21,0
14,3
11,3
Ce phénomène est particulièrement marqué dans le Haut-Rhin. En effet, quel que soit la période
considérée, la part de la population italienne parmi la population étrangère est toujours plus
importante dans le Haut-Rhin que dans le Bas-Rhin.
Tableau 2 : Nombre d'Italiens et part de ceux-ci parmi la population étrangère dans le BasRhin et le Haut-Rhin pour les recensements de 1921 à 1990
Recensement
Alsace %
Bas-Rhin
%
Haut-Rhin
%
1921
1936
1946
1954
1968
1975
1982
1990
5297
8679
4886
10270
22864
22350
18072
14516
1284
2437
1426
2553
6664
6595
5208
3896
5,2
12,7
13,2
21,1
25,6
13,7
8,5
5,7
4013
6242
3460
7717
16.200
15.755
12.684
10.620
19,9
27,2
22,0
33,1
41,1
27,1
19,6
17,6
11,8
20,6
18,4
29,0
34,9
21,0
14,3
11,3
La différence relevée dans les flux migratoires entre la France et l'Alsace a donc eu des incidences
sur les Italiens.
70
Ces données font apparaître une implantation plus récente des Italiens que dans d'autres régions
même si cette immigration, localement fait partie des flux les plus anciens Ce fait constitue un
paradoxe important et rend compte des caractéristiques socio-démographiques que l'on a pu relever.
UNE POPULATION
RÉGIONALES
ITALIENNE
QUI
PRÉSENTE
DES
SPÉCIFICITÉS
La population italienne reste fortement marquée par les conditions de son arrivée en Alsace.
Sur-représentation des Italiens en Alsace
Les Italiens représentaient 7 % des étrangers en France métropolitaine au Recensement Général de
la Population de 1990, soit environ 253.000 Italiens.
Le pourcentage d’Italiens est plus important en Alsace, puisqu'il y est de 11 % environ soit environ
14.500 Italiens.
Actuellement, les Italiens constituent la 4ème nationalité par la taille en Alsace, toutefois la
répartition entre nationalité n'est pas la même. Mais lors du précédent recensement (1982), les
Italiens représentaient en Alsace la deuxième nationalité (14% des étrangers). La période
intercensitaire 1982-1990 a été marquée par une baisse en Alsace de 17 % des Italiens. Cette baisse
est valable quel que soit le département considéré, toutefois cette baisse agit sur des effectifs
différents.
Ainsi alors que la proportion d'Italiens en Alsace reste plus forte que dans le reste du pays, leur part
au sein de la population étrangère régionale ne cesse de chuter.
Plusieurs raisons peuvent expliquer cette évolution :
- le tarissement des flux d'arrivants,
- le vieillissement des premières générations
- et l'accession à la nationalité des nouvelles générations.
L'acquisition de la nationalité française semble avoir joué un rôle important dans la diminution des
effectifs. Au recensement de 1990, on relevait en Alsace, 45.000 Français par acquisition. Ce
phénomène était surtout le fait des Italiens (21 % des acquérant) et des Allemands (20%).
Des localisations spécifiques
Les effectifs d'Italiens sont variables selon le département.
La présence italienne est plus forte dans le Haut-Rhin. Ainsi ils représentaient, en 1990, avec 10.620
ressortissants, la deuxième communauté après les Algériens (17,5% des étrangers). Dans le Bas-Rhin,
on compte seulement 3.896 Italiens (soit 6% des étrangers). 73 % des Italiens habitent donc le HautRhin.
La différence d'effectifs entre le Bas-Rhin et Haut-Rhin s'explique par l'histoire récente de
l'industrialisation en Alsace qui a concerné en premier lieu le Haut-Rhin et qui a eu recours, étant
71
donné les flux migratoires du moment, aux Algériens et aux Italiens. Le besoin de main d'œuvre,
plus récent dans le Bas-Rhin, s'est conjugué avec l'arrivée des Marocains et des Turcs.
Cette localisation résulte donc héritage historique et industriel.
Les Italiens sont fortement présents sur quasiment toutes les communes du Haut-Rhin. C'est sur la
zone d'emploi de Colmar qu'ils sont proportionnellement les moins nombreux alors que c'est au
niveau de la zone d'emploi de Guebwiller que on relève la plus forte concentration (35% des
étrangers sont Italiens). En plus de ce secteur, ce sont les zones d'emploi de Mulhouse et de Thann
(respectivement 17% et 19,5%) qui concentrent les plus forts contingents italiens. Ces trois zones
regroupent 7.660 Italiens soit 53 % de la population italienne alsacienne pour seulement 24% de la
population alsacienne.
Dans le Bas-Rhin, les Italiens sont concentrés sur la zone d'emploi de Sélestat mais aussi au niveau
de la Communauté Urbaine de Strasbourg. En effet, 67 % des Italiens du Bas-Rhin résident dans ce
secteur géographique.
L'explication de cette concentration, sur ces zones, est à rechercher dans les flux migratoires de
travail :
- au niveau des usines textiles (Mulhouse, Guebwiller, ...)
- au niveau des usines mécaniques (SACM) et auto (Peugeot) à Mulhouse
- au niveau des mines de potasse, etc.
Une sur-masculinité évidente
En ce qui concerne la répartition homme/femme, les données font apparaître un fort déséquilibre
au sein de la population italienne que ce soit sur le plan national ou local.
Mais ce phénomène est plus marqué en Alsace où 61 % des Italiens sont des hommes. On n'observe
pas à ce niveau de différence entre le Haut-Rhin et le Bas-Rhin. Ce constat peut en fait s'appliquer à
l'ensemble de la population étrangère (55% sont des hommes) mais pas de manière aussi marquée.
En effet, seuls les Algériens et les Tunisiens présentent un profil similaire.
L’hypothèse explicative qui peut être avancée est que ce pourcentage résulte d'une immigration qui a
été marquée par les migrations de travail (recrutement d'une main d'œuvre exclusivement masculine).
Une population vieillissante
Cette immigration de travail, du fait de son ancienneté et de son non-renouvellement, présente un
profil démographique particulier marqué par un vieillissement rapide.
En effet, sur le plan national, 40% des Italiens sont âgés de plus de 60 ans alors que ce taux n'est que
de pour l'ensemble de la population étrangère. Seuls les Espagnols présentent un profil proche avec
35% de la population âgée de plus de 60 ans. Sachant que le taux des plus des 60 ans est de 20%
parmi la population française.
En Alsace, ce phénomène est moins marqué, puisque seulement 24% des Italiens ont plus de 60 ans.
Mais la communauté la plus vieille, en France comme en Alsace, est italienne. Elle présente un écart
72
fortement marqué avec les autres nationalités. Parallèlement, la population de moins de 25 ans est
faible. 19% des Italiens, en Alsace, ont moins de 25 ans.
L'approche par département fait apparaître une population un peu plus âgée dans le Haut-Rhin que
dans le Bas-Rhin (respectivement 25% et 22%). Guebwiller et Saint-Louis se caractérisent par une
population plus jeune.
La structure par âge présente donc des particularités en Alsace, elle est certes plus âgée que
l'ensemble de la population y compris française mais ce vieillissement est moins accentué que sur
l'ensemble de la France. La postériorité des derniers courants migratoires vers l'Alsace, par rapport
aux autres régions d'immigration italienne traditionnelle, est sans doute la principale cause de cette
structure par âge originale.
Une population plus souvent retraitée et ouvrière
Le fait que l'on ait à faire à une population italienne moins âgée se signale également par un
pourcentage de retraités plus faible que sur l'ensemble de la France. 18% des Italiens sont retraités
en Alsace. Ce taux est de 31% en France. Toutefois ce taux est supérieur à la moyenne alsacienne qui
est de 1570 et plus encore par rapport aux étrangers (6%).
La part des retraités est un peu plus important dans le Haut-Rhin que le Bas-Rhin. C’est Thann et
son secteur qui présente le taux le plus important.
En fait, les Italiens résidant en Alsace sont plus actifs que ceux résidant en France. Le taux d'activité
en Alsace des Italiens est de 56% contre 43% pour l'ensemble de la France. Il se situe à un niveau
identique aux autres populations françaises ou étrangères en Alsace.
Mais l'approche en fonction du sexe fait apparaître des différences importantes. Les femmes
italiennes sont globalement peu impliquées dans la vie active. Ainsi le taux d'activité des hommes est
de 69%, celui des femmes est seulement de 35%. Les Italiennes sont beaucoup moins actives que les
Françaises (46%) ou bien les étrangères d’Europe du Sud (Portugaises notamment). Ce constat est
également valable sur un plan national, où le taux moyen d'activité des italiennes est de 25%.
En dépit taux d'activité faible, les Italiennes en Alsace sont donc plus souvent actives que dans
d'autres régions. Là encore on observe une différence entre le Haut-Rhin et le Bas-Rhin sachant que
la population du Bas-Rhin, avec une population étrangère plus jeune, est plus active. La raison de
cette inactivité des femmes italiennes est à rechercher dans une culture d'origine qui assigne à la
femme la gestion du foyer.
Ce sont également les femmes qui sont les premières victimes du chômage. Mais le taux de chômage
des femmes italiennes en Alsace n'est que de 22% alors que les étrangères connaissent une situation
plus difficile (en moyenne 25%).
Globalement, et par rapport à cette question de l'emploi, les Italiens se situent dans une situation
intermédiaire entre le cas favorable des Français et celui nettement moins idéal des étrangers. En
effet, le taux de chômage est en Alsace, de 7% pour les Français, de pour les étrangers et de 1196
pour les Italiens.
73
Cette difficulté face à l'emploi est plus durement ressentie dans le Haut-Rhin que le Bas-Rhin. C’est
le secteur de Sainte Marie qui semble le plus touché. Cette fragilité, relative par rapport aux autres
étrangers, peut s'expliquer dans le type d'emploi occupé.
Les Italiens restent marqués par l'héritage du passé (appel à une main d'œuvre ouvrière). Ils se
caractérisent par un taux élevé d'ouvriers (62% en Alsace sachant que le taux en France est de 52%).
Toutefois ce taux est inférieur aux autres nationalités étrangères mais très supérieur à celui des
Français qui est de 36% seulement. Cette part élevée d'ouvriers en Alsace est une constante que l'on
retrouve au-delà des seuls Italiens (industrialisation importante).
Par contre la population italienne se caractérise par un déficit de cadres (seulement 3% contre pour
l'ensemble de la population en Alsace) et d'employés (15,5% contre 27%). Mais elle se distingue des
autres étrangers, en occupant plus fréquemment des postes d'artisans, commerçants et chef
d'entreprise et des professions intermédiaires.
Les Italiens présentent donc, si l'on tient compte de ces données statistiques, d'une capacité
d'entreprendre forte. La population italienne apparaît plus entreprenante et occupe plus souvent des
postes de cadres ou de professions intermédiaires dans le Bas-Rhin que dans le Haut-Rhin.
Les entreprises construites par les Italiens interviennent principalement dans le secteur du bâtiment.
Ces entreprises représentent 49% de l'ensemble des entreprises étrangères dans ce secteur. Le
deuxième secteur est celui de l'hôtellerie-restauration. Plus du quart des artisans, commerçants et
chef d'entreprises étrangères sont italiens (27%), sont turcs. Les premiers étant souvent plus anciens
que les seconds.
Cette capacité d'entreprendre est considérée par beaucoup comme un indicateur d'intégration
positive des Italiens à la société française. D'autres éléments semblent rendre compte de cette
intégration tels que le logement ou bien encore la vie associative.
Une population de propriétaires
Plus encore, le rapport au logement des Italiens est censé rendre visible cette intégration. En Alsace,
plus de la moitié des ménages sont propriétaires de leur logement (56%). De ce fait ils se
démarquent fortement des autres étrangers. Dans ce domaine, ils sont très proches du
comportement des Français où 55% de la population est propriétaire.
Le statut de propriétaire est plus répandu dans le Haut-Rhin que le Bas-Rhin pour des raisons
d'ancienneté, d'opportunité financière (vente maison de mineur par exemple) et de coût de
l'immobilier. Le fait qu'un grand nombre d'Italiens travaille dans le secteur du bâtiment peut
également constituer un élément explicatif de ce comportement.
Une vie associative qui reste intense
En 1993 ont été recensées 32 associations issues de l'immigration italienne en Alsace, soit de
l'ensemble des associations recensées. Ce pourcentage est conforme au poids démographique de
cette population en Alsace. Il s'agit le plus souvent d'associations créées depuis quelques années.
La plupart (85%) sont situées dans le Haut-Rhin. Mulhouse concentre à elle seule, la moitié des
associations haut-rhinoises. Cette répartition rend en fait compte de la localisation des Italiens.
74
Les associations italiennes se singularisent des autres associations étrangères par leur objet. En effet
elles œuvrent peu avec un objectif d'intégration qui se signalent par le développement d'actions de
type soutien scolaire, alphabétisation, etc... Elles sont surtout développées dans le domaine socioculturel et sportif.
L'ancienneté du flux migratoire explique ces différences. En fait, au moment de leur création, les
associations italiennes avaient un double but : culturel et de solidarité, il s'agissait d'aider les
travailleurs venus seuls en Alsace pour travailler. Aujourd'hui, on observe une réorientation de l'objet
des associations qui tentent d'assurer le lien avec le pays d'origine. On est passé d'une logique
d'assistance (souvent matérielle) à une logique de quête identitaire qui est perceptible par
l'importance des associations régionales (exemple: Associazione regionale e culturale calabrese,
Azzurri ciclisti).
Ce besoin d'être "entre soi" est perçu positivement par la société en général (il est assimilé à du
folklore). Il n'est en fait pas spécifique à cette immigration, ni même à cette période. Ce besoin de se
retrouver "entre soi", entre personnes de la même origine, correspond à une nécessité vitale, après
un exil, un changement, afin d'être en mesure de trouver des repères C'est une démarche naturelle
qui ne concerne pas seulement l'étranger. Ce qu'on observe par contre c'est une différence
d'appréciation de la situation selon que ce besoin soit le fait des Italiens ou des Portugais ou bien
qu'il soit manifesté par des Turcs ou des Algériens. Dans ce cas on évoquera souvent le "risque de
communautarisme", de "repli sur soi". Le cas du logement révèle également cette ambiguïté. Alors
que l'accession à la propriété est considérée au niveau des Italiens comme un facteur d'intégration, le
même comportement au niveau des Turcs est assimilé à une volonté communautaire.
Ce que souligne ces constats, c'est l’aspect foncièrement subjectif de l'intégration et plus globalement
du regard porté sur l'autre, et plus spécifiquement sur l'étranger, étymologiquement celui qui nous
est étrange, extérieur.
LES ITALIENS : UN MODÈLE D'INTÉGRATION ?
Qu'en est-il de cette assertion fréquemment utilisée ?
Les différents éléments statistiques nous ont permis de révéler la présence en Alsace d'une
population italienne singulière par rapport aux autres Italiens en France mais aussi par rapport aux
autres étrangers installés en Alsace.
Ces caractéristiques spécifiques seraient à la fois le résultat d'un processus historique et lié au
contexte local. Il est communément admis aujourd'hui que l'intégration relève d'un processus qui
s'inscrit dans la durée, mais qu'elle est également fonction du contexte social et économique dans
lequel la population étrangère est arrivée et vit actuellement.
Les quelques éléments statistiques sur lesquels s'appuie cette contribution, laissent supposer que les
Italiens sont intégrés. En effet, ils présentent aujourd'hui à la fois des conditions objectives
d'intégration (par exemple comportement par rapport au logement proche des Français) mais aussi
des conditions subjectives favorables (perception positive de l'Italien). Ce n'est pas le cas pour
75
d'autres immigrations, même lorsqu'elles présentent des caractéristiques relatives identiques (comme
les Turcs qui ont également une propension à l'entreprenariat, à acquisition immobilière).
Ces conclusions peuvent-elles nous amener à considérer que les Italiens constituent un modèle
d'intégration ou une "bonne" Immigration au regard d'autres que l'on considérerait comme
"mauvaise" ou "inassimilable" ? Pierre MILZA (4) rappelle combien cette idée, cette perception est
sans fondement et nie le vécu individuel.
En effet, aucune intégration ne s'est faite de manière paisible, pas même celle des Italiens dont on se
plaît aujourd'hui à souligner que leur intégration ou plus simplement leur acceptation, a été facilitée
du fait de leur origine européenne et/ou de leur pratique de la religion catholique. L'approche
historique dément cette vision idéale, voire idéalisée, de l'immigration italienne et les raisons qui sont
mises en avant.
Les propos suivants rendent assez bien compte de la "xénophobie" dont les Italiens ont fait l'objet
lors de leur arrivée : "Ils arrivent, telles des sauterelles, du Piémont, de la Lombardie - Vénétie, de
Romagne, de la Napolitaine, voire de la Sicile. Ils sont sales, tristes, loqueteux. Tribus entières
immigrant vers le Nord, où les champs ne sont pas dévastés, où on mange, où on boit, ils s'installent
chez les leurs, entre eux, demeurant étrangers au peuple qui les accueille, travaillant à prix réduit,
jouant tour à tour de l'accordéon et du couteau".
En fait, l'image de l'étranger (l'Italien comme les autres) oscille au gré des aléas de la conjoncture
économique sachant que le plus stigmatisé est toujours le dernier arrivé ou le plus visible dans sa
différence (l'évaluation de la différence étant elle-même très variable).
Cette réflexion doit en fait permettre de souligner la diversité des parcours, la richesse et la
complexité des processus individuels mais aussi l'amnésie collective (y compris des étrangers euxmêmes) sur les conditions qui leur ont été réservées à leur arrivée.
Si l'immigration italienne peut servir de modèle c'est peut-être en mettant en avant les échecs, les
difficultés rencontrées et les réussites que les individus ont pu connaître, mais aussi en insistant sur
l'importance de la notion de temps, en soulignant la place centrale de l'emploi dans ce processus,
enfin en rappelant combien tout exil est difficile à vivre parce qu'il nécessite un ajustement entre la
culture d'ailleurs et d'ici.
1 L'utilisation du terme de "communauté" dans ce document résulte d'un souci de simplification de
langage et par commodité mais l'exposé porte sur les seuls Italiens.
2 Voir l'article d'Antonio PEROTTI dans Hommes et Migrations, n01114, Juillet-Août-Septembre
1988.
3 Dans le cadre d'une étude menée par l'ORI sur la "vie associative issue de l'immigration", Cahier
de l'Observatoire no 16, juin 1995.
4 Dans son ouvrage "Voyage en Ritalie"
5 Extrait de la Patrie, journal paru en 1896. Document cité dans l'ouvrage d'Ezzedine MESTIRI,
L'immigration, Édition La Découverte : Paris, collection Repères, 1990, p. Il.
76
3. Débat sur les Italiens en Alsace
Université de Haute-Alsace 25 octobre 1997
Animé par Monsieur Jean-Marie HAEFFELE
Rédacteur en Chef au Journal L'Alsace
Le colloque sur l'émigration italienne en Alsace a constitué un premier moment de réflexion sur ce
sujet dans la matinée du 25 octobre 1997. Il s'agissait d’un exercice incontournable à l'heure actuelle,
qui a procédé à un état des lieux dans le souci de ne pas disperser le patrimoine expérience qui a
concerné tant d'hommes et de femmes.
Toutefois, l'intérêt de cette action ne résidait pas uniquement dans l'aspect de la reconstruction
historique mais également dans sa projection dans l’actualité et dans le futur.
De ce fait, un débat sur les Italiens aujourd'hui, animé par Jean-Marie Haeffelé, Rédacteur en Chef
au Journal L'Alsace, s'est déroulé l'après-midi de cette même journée.
Des personnes italiennes ou d'origine italienne y ont participé - représentatives de l'intégration et du
succès obtenu par la communauté italienne active dans le milieu politique, culturel, artistique ou des
entreprises – et ont témoigné de leur parcours humain et professionnel en France.
Voici la liste :
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Monsieur Giuliano BARIONI, couturier à Mulhouse
Monsieur Gilbert BUTTAZZONI, Adjoint au Maire de Mulhouse
Monsieur Joseph DAVERIO, Président du Syndicat des Entrepreneurs BTP du Haut-Rhin
Monsieur Luigi DE POLI, Professeur UHA de Mulhouse
Monsieur Antonio D'ONGHIA, Artiste-Peintre
Monsieur Michel GARZIA, Chef d'Orchestre à Saint-Louis
Monsieur Louis PERDI, Directeur de la Compagnie du Lys à Saint-Louis
Monsieur René Jean MORO, Lieutenant-Colonel (CR).
La capacité d'adaptation et d'intégration des Italiens a été unanimement constatée, intégration qui,
bien souvent, a été facilitée par l'acquisition de la nationalité française. Le maintien d'une identité au
niveau personnel plutôt que collectif a également été relevé, ce qui a amené à parler de It
"invisibilité" de la colonie italienne dans la région.
Le débat a fait apparaître combien il était indispensable, aujourd'hui, de recourir à l'usage du terme
italianité pour désigner cet ensemble de valeurs sociologiques et culturelles dans lequel toutes les
personnes d'origine italienne peuvent se reconnaître. Cette dernière permet de concentrer l'attention
sur les liens et sur l’hérédité historico-culturelle italienne plutôt que sur les aspects administratifs de
la nationalité.
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A ce propos, je désirerai citer les mots utilisés par Pierre Bardelli, Président de l'Université de Nancy
2, dans son introduction à "Italiens en Lorraine" publication éditée par la Chambre de Commerce
Italienne pour la France de Paris : « (...) Cette intégration a fait de la population d'origine italienne
une composante de la population française. Mais celle-ci n'a jarnais pour autant abandonné sa
culture originelle- L'attachement à l'Italie reste très marqué. Avec le temps, les liens familiaux pour
les descendants des plus anciens immigrés se sont certes distendus, mais le lien culturel reste fort
(…) ».
L’italianité, j'en suis persuadé, est une valeur susceptible de perdurer à travers les générations et
d'enrichir considérablement tant les individus qui en sont porteurs, parfois même inconsciemment,
que le tissu social local, influencé au cours des décennies par cet apport vivificateur.
Voilà l'enseignement principal qui peut être tiré du débat du 25 octobre. Loin de constituer une
conclusion, elle représente, à mes yeux, le début d'une plus vaste réflexion.
Le Consul d 'Italie à Mulhouse, Paolo TRICHILO
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4. Institutions italiennes en Alsace
CONSULAT D'ITALIE
17, Avenue Clémenceau
68100 MULHOUSE
INSTITUT ITALIEN DE CULTURE
7, rue Schweighauser
67000 STRASBOURG
CHAMBRE DE COMMERCE ITALIENNE POUR LA FRANCE
c/o CHAMBRE DE COMMERCE ET D'INDUSTRE
8, rue du 17 Novembre
68100 MULHOUSE
ORGANISMES D'INTERET PARTICULIER :
ASSOCIATION DANTE ALIGHIERI
6, rue d'Anvers
68100 MULHOUSE
COMITE DES ITALIENS A L'ETRANGER (COMITES)
24, rue Sainte Claire
68100 MULHOUSE
MISSION CATHOLIQUE ITALIENNE
1, rue de la Wanne
68100 MULHOUSE
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5. Associations italiennes dans la circonscription du
Consulat d’Italie a Mulhouse
A.M.I.C.A.
(ASSOCIATION MIGRANTS ITALIENS DE COLMAR ALSACE)
CERIELLO Alessandro, Président
3, rue du Florimont 68000 COLMAR
AMICALE ITALIANI Dl BELFORT
PALMA Umberto, Président
22, rue de Madagascar 90000 BELFORT
ASSOCIATION ITALIENNE AIDE AUX HANDICAPES
CASCIANO Enzo, Président
16, rue des Vosges 68800 VIEUX-THANN
ASSOCIAZIONE ITALIANA VALLEE DE THANN
CASCIANO Franca, Présidente
16, rue des Vosges 68800 VŒUX-THANN
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI (A.N.A.)
BURELLI Renzo, Président
124, rue de Pfastatt 68260 KNGERSHEN
ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI E REDUCI ITALIANI Dl COLMAR
COLLEDANI Aldo, Président
62, rue du Muscat 68000 COLMAR
ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI
MULHOUSE
Président : n.n.
c/o CONSULAT D'ITALIE – MULHOUSE
E
ASSOCIAZIONE REGIONALE CULTURALE CALABRESE
STRATI Francesca, Présidente
37, rue de Sausheim 68110 ILLZACH-MODENHEIM
ASSOCIAZIONE REGIONALE CULTURALE CAMPANIA
DE VITO Giuseppe, Président
55, rue d'Ammerschwihr 68310 WITTELSHEIM
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REDUCI
ITALIANI
Dl
AZZURRI CALCIO
Dl LORENZO Corrado, Président
Ristorante "La Lanterna" 92, Avenue d'Altkirch 68100 MULHOUSE
AZZURRI CICLISTI
ROSSITTO Ivan, Président
35, rue Antoine Schoff 68120 PFASTATT
C.A.S.I.
COMITATO Dl AIUTO SOCIALE AGLI ITALIANI
TONELLO Giovanni, Président
23, Sentier Aubois 68100 MULHOUSE
COASCIT
COMITATO D'ASSISTENZA SCOLASTICA AGLI ITALIANI
DE GAETANI Niceta, Président
83, rue Robert Meyer 68120 PFASTATT
FOGOLAR FURLAN
D'AGOSTO Oreste, Président
9, 68200 MULHOUSE
LES ITALIENS DU FLORIVAL
BELLINA Lino, Président
29, rue de Bordeaux 68540 BOLLWILLER
PATRONATO INCA-CGT-CGIL
(ISTITUTO NAZIONALE CONFEDERALE D'ASSISTENZA)
MOYE Claudia, Présidente
8, rue du Rhône 68100 MULHOUSE
SOCIETA' ITALIANE RIUNITE
BURELLI Valerio, Président
126, rue de Pfastatt 68260 KNGERSHEIM
UNION SPORTIVE ITALIENNE ROSSO-NERI GUEBWILLER
SPICACCI Giuseppe, Président
Route d'Issenheim 68500 GUEBWILLER
VICENTINI NEL MONDO
POZZOLO Franco, Président
9, rue des Anémones 68390 BALDERSHEM
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VOCE AZZURRA
BANOVAZ Aldo, Président
7, rue de la Marne 68400 RIEDISHEM
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APPENDICE
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Voici la Compagnie de Théâtre italien qui a posé pour le photographe, à Mulhouse en 1937
Si riconoscono, da sinistra, in basso / On reconnait : de gauche, en bas
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Cereja, Melauri Rualto, Fontana Galdino, Barducci (presidente), Vannoni Cesare Carnovale, Angiolina
Bindi, e Piccinini Arturo.
Del Rosso, Vanetti Paolo, signora Zanré, signora Ferrari, Signora Macchi, Signora Lobbo e figlia, Bindi
Priamo, Lobba Bruno (segretario).
Conti, Ferrari, Battistelli Alfredo, Sassi, Zanre, Barducci Bruno.
Macchi Andrea, Rabbuffetti Silvio, Castaldini Giuseppe e Ponti Sante.
Les premiers documents de la vie associative parmi les Italiens de Mulhouse datent de la fin du siècle dernier,
exactement de 1886, à la naissance de la Société de Mutuel Secours.
En 1908 les Italiens ont donné naissance à une Compagnie de Théâtre
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Les 5 frères Savonitto, avec leur beau-frère, Ferrari, fondateur de l’entreprise qui construisit la Tour de l’Europe à
Mulhouse
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Ettore Bugatti (1904), plaque rue de la Nuée-Bleue à Strasbourg
Ettore Bugatti, né le 15 septembre 1881 à Milan, est un industriel et inventeur italien naturalisé
français peu avant son décès. C'est un des fondateurs de l'industrie automobile de luxe et de
compétition avec les automobiles Bugatti en Alsace.
La région alsacienne séduisit Ettore Bugatti qui fit de Molsheim le fief historique de son usine de
construction automobile où il conçut et assembla plus de 7 500 automobiles. La renommée de ses
automobiles au palmarès sportif jamais égalé à ce jour est mondialement reconnue
En 1902 la société alsacienne De Dietrich le recrute comme associé pour concevoir des voitures au
côté du pionnier inventeur de voiture Amédée Bollée et d'Émile Mathis pour la commercialisation.
La responsabilité technique pour la construction de la production automobile est confiée à Bugatti.
N’ayant pas atteint l’âge de la majorité, c’est son père Carlo Bugatti qui signera, le 2 juillet 1902, le
contrat d’embauche2. La société Dietrich Bugatti s'installe à Reichshoffen à 50 km au nord de
Strasbourg en Alsace. Il améliore sa Bugatti Type 2 puis conçoit et produit les Dietrich Bugatti Type
3, Type 4, Type 5, Type 6 et Type 7 vendues à environ 100 exemplaires.
En 1904, De Dietrich abandonne l'industrie automobile. Ettore Bugatti s'associe alors à Émile
Mathis pour poursuivre l'aventure avec la marque d'automobile populaire de grande série Mathis à
Graffenstaden, à 10 km au sud de Strasbourg5. Fabriquées par la SACM à Illkirch-Graffenstaden et
baptisées « Hermès », elles ressemblent à des De Dietrich-Bugatti
Ettore fonde sa propre marque, Bugatti, en décembre à Molsheim-Dorlisheim en Alsace, alors
allemande, à 20 km à l'ouest de Strasbourg et s’installe dans une somptueuse villa.
De 1914 à 1918, pendant la Première Guerre mondiale, Ettore Bugatti quitte l'Alsace pour s'exiler à
Milan puis rentre à Paris. À l’issue de la guerre, il retourne à Molsheim, devenue française, et ouvre
une fabrique sur l’ancien site.
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De 1939 à 1945, durant la Seconde Guerre mondiale, l'usine « est confisquée par les Allemands, pour
ensuite disparaître ». En 1945, Ettore Bugatti se bat pour récupérer son usine de Molsheim saisie par
l'administration française à la Libération. Il obtient gain de cause et tente de redémarrer malgré les
dettes et le manque de moyens. Les études des Bugatti Type 73 et Type 78 n'aboutissent
malheureusement pas et l'entreprise vivote.
Le 21 août 1947, à l'âge de 65 ans, Ettore Bugatti meurt d'épuisement des suites d'une congestion
cérébrale à l'hôpital américain de Neuilly-sur-Seine. En 37 ans, il avait déposé 1 000 brevets et
fabriqué près de 7 500 voitures de grand luxe ou de course, toutes entrées dans la légende et
devenues des objets culte de riches collectionneurs. Bugatti est détenteur d'un palmarès sportif
jamais égalé avec plus de 10 000 victoires et 37 records. Il est inhumé au cimetière du Père-Lachaise
(97e division) avant d'être transporté à Dorlisheim le 5 mai 1955 (extrait de Wikipedia).
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Finito di pubblicare nel dicembre 2020
Nell'ottobre del 1997 a si tenne a Mulhouse, presso l'Université de HauteAlsace, una conferenza dedicata all'emigrazione italiana in Alsazia promossa
dall'allora Console d'Italia Paolo Trichilo. I contributi stampati allora dal
Consolato d’Italia a Mulhouse, vengono ora pubblicati e conservano tutto il
loro valore scientifico e di ricerca sulla nascita e sullo sviluppo di una
comunità italiana poco conosciuta. Si tratta di un omaggio a tale
collettività, caratterizzata da uno spirito di sacrificio e da una capacità di
adattamento che le ha consentito di inserirsi con successo nella società
francese e farsi apprezzare per le sue qualità di onestà, rigore e moralità.
Donne e uomini che, in un ambiente talora ostile, hanno saputo farsi strada,
imparando non solo il francese ma spesso anche l’alsaziano, stretti tra la
politica di assimilazione tipica della Francia e il mantenimento delle
radici e dell’identità italiana. Oggi a Mulhouse il Consolato,
originariamente istituito nel 1864, è stato ridimensionato a sportello
consolare. Questo rappresenta una naturale evoluzione dei tempi,
l’avanzamento di un processo di integrazione della nostra comunità e al tempo
stesso di appartenenza ad una più grande famiglia europea. Nel libro sono
raccolti i contributi di Luciano Trincia, Vincenzo Pellegrini, Antonio
Bechelloni, Francesco Belcastro, Romano Pallastrelli, Alessandra Mucci,
Murielle Maffessoli, Jean-Marie Haeffele, oltre alle prefazioni di Gèrard
Binder, Jean-Marie Bockel, Paolo Trichilo e Roland Beyer. L'introduzione è di
Luigi Maria Vignali, la prefazione di Paolo Trichilo e la postfazione di
Nicola De Santis.
Paolo TRICHILO, diplomatico di carriera dal 1990, ha
maturato un'esperienza molto ampia in diversi settori ed
aree geografiche: CSCE;
Mulhouse (Console); Ankara;
Antiterrorismo, Iraq e Unità di Crisi; New Delhi; OCSE;
Consigliere Diplomatico del Ministro del Lavoro; Lubiana
(Ambasciatore). In precedenza è stato assistente presso la
Cattedra di Diritti dell’Uomo (LUISS) e Ufficiale di
complemento nell’Arma dei Carabinieri.