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ITALIENS EN ALSACE De l’intégration à la réussite

2020, ITALIENS EN ALSACE de l’intégration à la réussite

Actes du Colloque sur l'émigration italienne en Alsace Mulhouse - Université de Haute-Alsace, 25 octobre 1997 édité par Paolo Trichilo Introduzione di Luigi Maria Vignali 5 Prefazione di Paolo Trichilo 6 Postfazione di Nicola De Santis 8 Préfaces par Gérard Binde, Président de l'Université de Haute Alsace Jean-Marie Bockel, Député-Maire de Mulhouse Paolo Trichilo, Consul d’Italie à Mulhouse Colloque sur l'émigration italienne en Alsace 15 L'immigration Italienne en Alsace et en Lorraine jusqu'à la première guerre mondiale (Luciano TRINCIA)15 Le Consulat d'Italie à Mulhouse (Vincenzo PELLEGRINI) 31 L'immigration Italienne en Alsace et la longue histoire de l'immigration italienne en France (Antonio BECHELLONI) 40 Les Italiens à Bourtzwiller (1921-1936) (Francesco BELCASTRO) 46 "L'émigration italienne en Alsace" : rôle de la Mission Catholique Italienne (Père Romano PALLASTRELLI) 57 Les valises en carton - Interviews aux Italiens d'Alsace (Alessandra MUCCI) 61 4 L'immigration italienne en Alsace aujourd'hui (Murielle MAFFESSOLI) 67 3. Débat sur les Italiens en Alsace, Université de Haute-Alsace 25 octobre 1997 (Jean-Marie HAEFFELE) 77 4. Institutions italiennes en Alsace 79 5. Associations italiennes dans la circonscription du Consulat d’Italie a Mulhouse 80 Text in French language. History of the Italian migration to Alsace (France), as presented by scholars and researchers in a seminar held at the University of Haute Alsace in 1997 upon initiative of Paolo Trichilo as the Italian Consul in Mulhouse.

ITALIENS EN ALSACE De l’intégration à la réussite edité par Paolo Trichilo ITALIENS EN ALSACE de l’intégration à la réussite Actes du Colloque sur l'émigration italienne en Alsace Mulhouse - Université de Haute-Alsace 25 octobre 1997 édité par Paolo Trichilo Préface par Gérard Binde, Président de l'Université de Haute Alsace Jean-Marie Bockel, Député-Maire de Mulhouse Paolo Trichilo, Consul d’Italie à Mulhouse Pubblicato da Paolo Trichilo - I Edizione (2021) Questa pubblicazione è pubblicata con Attribuzione Creative Commons - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/it/legalcode Indice Introduzione di Luigi Maria Vignali…………………………………………………………….5 Prefazione di Paolo Trichilo……………………………………………………………………..6 Postfazione di Nicola De Santis…………………………………………………………………8 Actes du Colloque sur l’emigration italienne en Alsace. ITALIENS EN ALSACE. De l'intégration à la réussite ………………………………………9 1. Prefaces ........................................................................................................................................... 11 Gérard BINDER.............................................................................................................................................. 11 Jean-Marie BOCKEL ...................................................................................................................................... 12 Paolo TRICHILO ............................................................................................................................................. 12 Roland BEYER ................................................................................................................................................ 14 2. Colloque sur l'émigration italienne en Alsace ............................................................................... 15 L'immigration Italienne en Alsace et en Lorraine jusqu'à la première guerre mondiale (Luciano TRINCIA) . 15 Le Consulat d'Italie à Mulhouse (Vincenzo PELLEGRINI) ............................................................................... 31 L'immigration Italienne en Alsace et la longue histoire de l'immigration italienne en France (Antonio BECHELLONI) ................................................................................................................................................. 40 Les Italiens à Bourtzwiller (1921-1936) (Francesco BELCASTRO) .................................................................. 46 "L'émigration italienne en Alsace" : rôle de la Mission Catholique Italienne (Père Romano PALLASTRELLI) 57 Les valises en carton - Interviews aux Italiens d'Alsace (Alessandra MUCCI) ............................................... 61 L'immigration italienne en Alsace aujourd'hui (Murielle MAFFESSOLI) ........................................................ 67 3. Débat sur les Italiens en Alsace ..................................................................................................... 77 Université de Haute-Alsace 25 octobre 1997 (Jean-Marie HAEFFELE).......................................................... 77 4. Institutions italiennes en Alsace .................................................................................................... 79 5. Associations italiennes dans la circonscription du Consulat d’Italie a Mulhouse........................ 80 APPENDICE ........................................................................................................................................ 83 4 Introduzione Sono molto lieto, in qualità di Direttore Generale per gli Italiani all’estero del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, di accogliere questa nuova edizione del pregevole volume sugli Italiani in Alsazia curato ormai quasi cinque lustri orsono da Paolo Trichilo, in qualità di Console a Mulhouse. Si trattò di un progetto significativo già all’epoca, quale racconto serrato e dettagliato dell’evoluzione di una comunità italiana ancor poco conosciuta. Ricordare oggi quel “colloquio” ha grande importanza, non solo per preservare la memoria di una storia così peculiare della nostra emigrazione, ma anche e soprattutto alla luce del fenomeno della cosiddetta “nuova mobilità” italiana verso l’estero – che ha raggiunto negli ultimi anni cifre comparabili proprio a quelle dei flussi migratori del secolo scorso. Dobbiamo infatti permettere ai nostri ragazzi, che si trovano lontani dall’Italia, di confrontarsi con le vicende di quanti prima di loro hanno avviato un percorso di vita analogo per molti aspetti, non solo emotivi. I nostri connazionali con sacrificio, impegno e dedizione hanno saputo integrarsi nei Paesi che li hanno accolti e, in non pochi casi, hanno saputo ascenderne i vertici politici, economici e sociali. Spetta dunque a noi tutti la responsabilità di continuare a narrare le tante vicende che hanno coinvolto gli italiani all’estero, come in Alsazia, affinché possano continuare a essere ancora oggi d’ispirazione e sostegno. Luigi Maria Vignali (dicembre 2020) 5 Prefazione Che senso ha la pubblicazione online, dopo 23 anni, degli Atti di un colloquio dedicato agli Italiani in Alsazia organizzato presso l’Université de Haute Alsace? Prima di rispondere, devo ringraziare Stefano Baldi, il quale, senza alcuna esitazione e con l’entusiasmo che gli è proprio, mi ha incoraggiato a farlo nell’ambito della sua opera meritoria di raccolta degli scritti dei diplomatici italiani. Vengo ora alle risposte che si situano su due livelli. Il primo è sotto il profilo scientifico e di ricerca, perché l’Alsazia, a causa delle sue note vicissitudini storiche, ha costituito un caso particolare nella storia francese. Pertanto - lungi dal rilevarsi numerosi studi e riflessioni nell’ambito della storia dell’emigrazione italiana nell’Esagono, come invece fortunatamente avvenuto per altre regioni neanche per gli esperti è scontato o agevole conoscere la storia degli Italiani in Alsazia. Chi consultasse uno dei lavori principali sul tema, come il libro “L’emigrazione italiana in Francia prima del 1914” a cura di J. B. Duroselle e E. Serra (Franco Angeli, 1978), non potrebbe ovviamente trovare dati statistici e informazioni sull’Alsazia dopo il 1870 a seguito del trattato di Francoforte. Non è quindi un caso che uno dei contributi principali al seminario in parola sia stato fornito da uno studioso proveniente dall’ateneo di Friburgo in Brisgovia, esperto dell’emigrazione italiana in Germania e Svizzera. Aggiungo che non mi risultò all’epoca, né ancora oggi mi risulta, l’esistenza di altre pubblicazioni su questo specifico argomento. In conclusione, la prima risposta al quesito è che l’obiettivo di colmare una lacuna storiografica, uno dei motivi che aveva presieduto all’iniziativa, rimane valido ancora oggi. Anche la seconda motivazione all’origine dell’evento, di natura emotiva, resta pienamente valida nel momento in cui scrivo. Il colloquio l’avevo concepito (e fortemente voluto) come un omaggio alla collettività italiana, di cui avevo ammirato lo spirito di sacrificio e la capacità di adattamento che le aveva consentito di inserirsi con successo nella società francese e farsi apprezzare per le sue qualità di onestà, rigore e moralità. Donne e uomini che, in un ambiente talora ostile, avevano saputo farsi strada, imparando non solo il francese ma spesso anche l’alsaziano, stretti tra la politica di assimilazione tipica della Francia e il mantenimento delle radici e dell’identità italiana. Per dirla con Pierre Milza nel suo Voyage en Ritalie “Depuis cent cinquante ans, leur destin mêle inextricablement deux patries, deux sensibilités souvent difficiles à combiner, et, par-dessus tout, le sentiment unique d’être libre, toujours en partance pour un univers peuplé de souvenir d’enfance ou d’images grappillées au fil de retours”. Per questo, nel seminario è stata realizzata una sessione, moderata dal redattore capo de L’Alsace, con l’attiva partecipazione di vari esponenti della nostra comunità in quanto testimoni della propria stessa esperienza. “C’est rien que du vrai. Je veux dire, il n’y a rien d’inventé”, come scrive Cavanna in Les ritals. L’orgoglio che avevo allora come rappresentante, anche se temporaneo e casuale, dei nostri connazionali non è svanito nel tempo. Si dice spesso che per i diplomatici la prima sede all’estero è come il primo amore e non si scorda mai. E’ senz’altro vero nel mio caso. A Mulhouse, piccola Repubblica unita allo stato francese solo nel 1798, mi lega anche fortemente la nascita di entrambi i 6 miei figli; nel contesto, ringrazio vivamente Giulio, ormai Ingegnere, per l’insostituibile contributo fornito alla presente pubblicazione. Il fatto che il Consolato in quella località, così come in tante altre città francesi, sia stato chiuso qualche anno fa a conclusione di una storia cominciata con la sua istituzione nel lontano 1864, nulla toglie al mio vivo e appassionato ricordo di tante attività e iniziative sviluppate dal 1993 al 1997 in tutti i settori. In questo ricordo includo, ringraziando, i dipendenti di ruolo e a contratto che hanno lavorato con me in quel periodo tanto intenso. Paolo Trichilo (dicembre 2020) 7 Postfazione La proposta di Paolo Trichilo di riedizione in formato digitale degli atti di un colloquio del 1997 dedicato agli Italiani in Alsazia è stata per me un tuffo nella memoria, avendo vissuto i miei primi dieci anni di vita a Mulhouse, luogo a cui sono legati la maggioranza dei miei ricordi da bambino. Nelle foto degli italiani di un secolo o mezzo secolo fa rivedo quei volti che hanno costellato la mia infanzia, rivedo l’operosità e la dignità della nostra comunità, il sentimento di appartenenza alla propria regione, la conservazione delle tradizioni e dell’amore per la propria terra. La mia è stata certo un’ottica privilegiata in quanto figlio di un dipendente del Consolato. Il ricordo più forte di quel periodo, che ancora porto con me e che ho ritrovato negli occhi e nel cuore di tutti gli italiani che ho incontrato nel corso dei miei anni di servizio all’estero è quell’amore per la Madre Patria unito ad un profondo rispetto per le Istituzioni e per lo Stato, e di riflesso per gli uomini e per le donne che lo servono. È probabilmente proprio a Mulhouse che è nato in me, inconsapevolmente, l’amore e il rispetto per le istituzioni che nel corso degli anni è poi diventato desiderio di poterle io stesso servire. Oggi a Mulhouse il Consolato non esiste più in quanto tale poiché ne è stato ridimensionato lo status a sportello consolare. Questo però non deve essere motivo di dispiacere, al contrario rappresenta una naturale evoluzione dei tempi, l’avanzamento di un processo di integrazione della nostra comunità e al tempo stesso di appartenenza ad una più grande famiglia europea. Il superamento delle mille difficoltà economiche, culturali e sociali affrontate nel corso degli anni ha infatti permesso alle varie generazioni di creare una storia di legami e integrazione tra la nostra comunità e quella francese che assomigliano oggi sempre più ad una sola. Questo è il motivo, a mio parere, per cui la riedizione di questi atti è oggi ancora più importante e ringrazio Paolo Trichilo per il suo contributo a soddisfare quel bisogno e quel dovere di memoria che tutti noi abbiamo nei confronti dell’emigrazione italiana all’estero. Nicola De Santis (dicembre 2020) 8 Actes du Colloque sur l’emigration italienne en Alsace (MULHOUSE, 25 OCTOBRE 1997) 1. Préfaces Gérard BINDER Président de l'Université de Haute Alsace De par son caractère de région frontalière, l'Alsace, et en particulier le sud de notre région, a toujours été une terre de passage et d'asile. Elle a su accepter et intégrer dans sa population d'autres populations venues d'Europe ; c'est pourquoi elle a été pour les Italiens, surtout ceux venus du Nord de la Péninsule, un endroit privilégié. En effet, par bien des aspects, les Italiens qui arrivèrent à Mulhouse dans la première moitié de ce siècle, ne se trouvèrent dépaysés que par la différence de langue et de climat, car pour ce qui est du décor, il y avait bien des similitudes entre les régions du Piémont, de la Lombardie et même de la Vénétie et celle de la Haute Alsace. Un sentiment régional très fort, une base économique équilibrée entre agriculture et industrie, des valeurs communes face au travail, tout ceci se retrouvait dans la culture du Nord de l'Italie. Le dépaysement a sans doute été plus fort pour les Italiens venus du Sud de la Péninsule mais ils ont su très vite s'adapter aux conditions alsaciennes et ils apparaissent aujourd'hui, avec d'autres, aux premiers rangs de la compétition économique. Les entreprises créées par ces immigrés italiens jouent un rôle non négligeable dans l'économie de notre région et ne se limitent pas au domaine du bâtiment ou de la restauration, mais investissent tous les secteurs du marché. L'émigration italienne en Alsace est ancienne et cela a créé des liens que cette Journée d'études, organisée conjointement par Monsieur le Consul d'Italie et l'Université de Haute Alsace, ne fait que renforcer. Notre Université participe à ce mouvement d'accueil et d'intégration puisque qu'elle a créé, à la Faculté des Lettres en 1993, un Département d'italien dont le succès s'affirme d'année en année. Elle a ensuite favorisé la création d'un Centre d'Etudes et de Recherches sur l'Italie (CREI), Centre qui a participé avec le Consulat d'Italie, à de nombreuses manifestations culturelles. C'est grâce à cette collaboration entre l'Université, les autorités consulaires et le monde associatif que se réalise l'osmose ethnique et culturelle de notre Région. Pour ma part, je considère qu'une des missions de l'Université de Haute Alsace est bien de faire de la culture le creuset d'une intégration réussie. C'est par l'organisation commune de Journées d'Etudes comme celle-ci que se renforcent les liens qui attachent les Italiens à l'Alsace ; elle leur permet de se pencher sur leur parcours, d'apprécier l'effort fait par cette région alsacienne qui est devenue leur région, sans pour autant occulter le sentiment que suscite encore leur terre d'origine. Mais déjà pointe à l'horizon l'aube du nouveau millénaire et nous avons tous conscience, que nous soyons Alsaciens de souche ou d'adoption, que notre « Heimat » s'agrandit de plus en plus, et qu'après un regard sur le passé, il nous faut voir le futur qui s'annonce et qui prend pour nom : Europe. 11 Jean-Marie BOCKEL Député-Maire de Mulhouse L'initiative prise par Monsieur Paolo TRICHILO, Consul d'Italie à Mulhouse, en liaison avec le Centre de Recherche et d'Etudes sur l'Italie de l'Université de Haute Alsace, d'organiser une journée de rencontre et d'échanges consacrée à l'émigration italienne mérite d'être saluée à bien des égards. En premier lieu parce que les Italiens et l'Alsace connaissent une situation singulière sur le plan démographique. En effet, on constate dans notre région, une présence transalpine proportionnellement plus importante que la moyenne nationale ainsi qu'une représentation très forte dans le département du Haut-Rhin et en particulier à Mulhouse. Ensuite, en raison de l'impact de cette communauté dans le développement économique de notre ville à partir de la fin du deuxième conflit mondial : Artisans parmi d'autres de cet essor, les Italiens sont devenus des chefs d'entreprise, des acteurs de la vie locale, des personnalités du monde culturel et sportif ou plus modestement ont contribué efficacement à ce mouvement. Le dynamisme qu'ils incarnent dans chacun de leurs secteurs d'activité respectifs constitue un facteur de fierté et d'appartenance apprécié et reconnu par l'ensemble de nos concitoyens. Enfin parce qu'il est bon de se rappeler que cette intégration, aujourd'hui réussie et exemplaire n'est que l'œuvre du temps et volonté partagée. Ce modèle permettra de démontrer à ceux qui doute de la capacité assimilatrice de notre région et de notre pays qu'il pourra se transposer à d'autres populations sous réserve que chacun y participe et reconnaisse l'enrichissement réciproque que cela procure à long terme. Le lecteur avisé trouvera dans ce recueil bon nombre d'éléments historiques, démographiques, sociologiques, économiques, de trajectoires personnelles témoignant du chemin parcouru. Paolo TRICHILO Le Consul d’Italie à Mulhouse Le phénomène de l'émigration italienne en France s'insère dans le plus ample contexte des relations fécondes entre deux pays, unis, avant tout, par la géographie et par de profondes affinités culturelles : les deux langues sont, en effet, dérivées du latin, précisément la langue de Rome et des Romains. Il me suffira de rappeler les marchands florentins de Lyon décrits par Boccaccio dans le Decamerone, ou l'influence italienne à la Cour de France ; réciproquement, je citerai les longues années que Poussin a passé à Rome, ou l'adoption du drapeau tricolore italien, directement inspiré du drapeau français et dont nous avons fêté le bicentenaire cette année. C’est dans ce cadre que se déroule de notre émigration en France. Terre d'asile en Europe par excellence, elle accueillera les Italiens en quête de travail après l’Unité de l'Italie et ceux fuyant leur pays pour des raisons politiques durant le fascisme. L'Alsace n'a certes pas constitué une exception, parmi les régions françaises, en hébergeant de nombreux Italiens. Elle était à la recherche de main- 12 d’œuvre, comme ce fut le cas suite aux événements notoires qui, hélas, caractérisèrent tragiquement l’histoire de cette terre. Pourtant, si ce phénomène avait déjà été étudié de manière approfondie dans d'autres régions de France, une réflexion de la sorte n'avait jamais été conduite en Alsace. Pour cette raison, j'ai ressenti la nécessité de sensibiliser les interlocuteurs locaux sur ce fait et ces derniers, autrement dit la Ville de Mulhouse et l’Université de Haute-Alsace, ont immédiatement manifesté un vif intérêt en organisant cette manifestation conjointement avec le Consulat d'Italie à Mulhouse. Aujourd'hui, la période qui nous intéresse peut sembler lointaine. Entre temps, l'Italie est devenue elle-même terre d'immigration et le concept d'immigration au sein de l'Union Européenne, désormais obsolète, a été dépassé par le droit de mouvement et de résidence. Bien que le souvenir soit tari, les résultats de cette émigration apparaissent aux yeux de tous. Plus de 20,000 Italiens habitent aujourd’hui en Alsace et on compte environ 470 PME italiennes et 436 Italiens dirigeants d'entreprises artisanales. Les Italiens sont musiciens, artistes, journalistes, entrepreneurs, parfaitement intégrés dans le tissu social local. A l'heure où l'émigration italienne, héritage du passé, porte ses fruits - tant pour les femmes et les hommes qui ont vécu cette expérience que pour la région qui les a accueillis, bénéficiant ainsi de leur travail – il apparaît utile de se pencher plus longuement sur l'événement. D'autant que, dans un futur proche et dans le contexte changeant de l’union des peuples et des pays européens, cette imbrication se renforcera ultérieurement par un mouvement désormais irrépressible. Dans ce contexte, je désirerai, en particulier, souligner deux aspects. Pour la première fois en 2001, les citoyens de l'Union Européenne résidant en France participeront aux élections municipales. Inutile de souligner qu'il s'agit là d’un pas décisif vers la pleine participation à la vie publique locale, particulièrement en Alsace et davantage dans la région mulhousienne, où les Italiens sont les plus nombreux parmi les européens résidant. Le second point est peut-être plus technique mais non moins important. Récemment, grâce à l'accord que l'Italie et la France ont, les premiers ratifiés au sein du Conseil de l’Europe (le premier protocole de modification de la Convention de Strasbourg de 1963 sur les cas de cumul de nationalités) les cas de double nationalité franco-italienne sont et seront toujours plus nombreux. Cela signifie que les nouvelles générations nées en France pourront vivre pleinement leur francisation sans pour autant renoncer, même de manière formelle, à leur italianité. En fait, il s'agit de forger les citoyens de demain, citoyens européens pour lesquels les frontières et les nationalités ne seront plus des barrières de séparation mais des points de contact. En fait, l’hommage à l’histoire de tant d'Italiens qui, en France, ont trouvé une seconde patrie, comme l'Alsace, qui les a accueillis en son sein et la réflexion pertinente pour le futur de la construction européenne résument l'esprit qui m'a poussé à mener à bien cette initiative. 13 Roland BEYER Professeur émérite à l'UHA Président du CREI Centre de Recherches et d'Etudes Italiennes UHA • MULHOUSE Le Centre de Recherches et d'Etudes Italiennes de la Faculté des Lettres de Mulhouse regroupe des enseignants-chercheurs de plusieurs disciplines : latinistes, historiens, italianistes et il a pour objet principal d'étudier les relations entre la France et l'Italie, sous toutes leurs formes, et plus généralement de s'intéresser à tout ce qui concerne l'Italie, tant dans le domaine historique que dans le domaine littéraire. Il publie le résultat de ses travaux dans le Bulletin de la Faculté des Lettres et organise des colloques et des journées d'études, dont la dernière a été consacrée à l'émigration italienne dans l'Est de la France. Le ciment qui lie ses membres est l'amour de l'Italie. Il assez fort pour qu'il n'y ait jamais entre eux de querelles de spécialistes. Le C.R.E.I. est heureux d'avoir été associé par Monsieur le Consul à cette journée, à laquelle je souhaite le plus grand succès. 14 2. Colloque sur l'émigration italienne en Alsace L'immigration Italienne en Alsace et en Lorraine jusqu'à la première guerre mondiale* Luciano TRINCIA Dr. Phil. Albert-Ludwigs-Universität Freiburg i. Br. L'émigration italienne à la recherche de sa place en Europe L'Italie représente l'unique pays, parmi ceux actuellement les plus industrialisés, où se vérifie une émigration continue et pondérale de masse, ce à partir de la seconde moitié du XIXe siècle jusqu'à ces dernières années. En considérant l'entière période qui s'étend de l'Unité de l'Italie, en 1861, à nos jours, il a été calculé que les mouvements migratoires avaient impliqués plus de 26 millions d'Italiens, soit un nombre égal au total de la population italienne au moment de l'unification. Cette avalanche a eu une dispersion géographique extrêmement ample, constituant pour moitié une émigration permanente transocéanique, principalement orientée vers les Etats-Unis, et pour autre moitié une émigration temporaire continentale vers les pays les plus industrialisés d'Europe (1). Les raisons qui déterminèrent ce processus d'expulsion furent multiples. Le début des mouvements migratoires italiens d'âge contemporain est très certainement lié d'une part à l'état d'appauvrissement diffus et progressif qui toucha la société italienne au lendemain du 1861 et d'autre part aux prodigieux procédés d'industrialisation mis en place dans les pays européens jusqu'à la première guerre mondiale. Les graves déséquilibres productifs et sociaux, conséquences de l'Unité italienne, engendrèrent d'importantes stimulations d'expulsion, alors que l'expansion économique et industrielle des pays de l'Europe Centrale et la conséquente réalisation de gigantesques travaux d'infrastructure, comme la construction des tunnels transalpins et des grands voies ferrées européennes, agirent comme des facteurs d'attraction. Les lignes directives empruntées par l'émigration ouvrière italienne de fin de siècle furent déterminées par divers facteurs, comme la position géographique, la structure économique locale, les transformations intervenues dans les pays européens, le coût du billet de voyage. De véritables chaînes migratoires furent ainsi créées au cours des dernières années du XIXe siècle, reliant certaines régions italiennes à fort taux d'expulsion de main-d’œuvre aux principaux centres industriels du continent. En France, c'est le cas de Marseille, où, en 1901, les Italiens recensés atteignaient le nombre de 90.000, équivalent à 18 % de la population locale et plus de 91 % de la population étrangère présente dans la ville (2). En Suisse alémanique, c'est également le cas de Zürich, qui, en 1910, comptait 22240 Italiens, soit 4,4 % de la population locale. Un des pôles d'attraction majeurs pour les ouvriers italiens en Europe Centrale fut certainement l'Alsace-Lorraine. A partir des années 1890, de nombreux flux de main- d'œuvre provenant d'Italie se concentrèrent sur cette terre, frontière entre deux nations, traditionnel pont entre les mondes germanique et français. Les profondes mutations économiques liées l'industrialisation ainsi que les déplacements de population causés par l'annexion au Kaiserreich bismarckien de 1871 déterminèrent l'ouverture 15 progressive de la région : jusqu'alors considérée comme un espace économique et social lié principalement aux mouvements transfrontaliers, elle se transforme, à cette époque, en zone de destination préférée de l'émigration italienne. Comme nous le verrons plus loin, c'est entre 1895 et 1900 qu'une augmentation notoire des entrées sera enregistrée. Elles furent causées, en premier lieu, par le besoin croissant de main d'œuvre dans l'industrie régionale, en particulier dans l'extraction et la sidérurgie en Lorraine et dans le secteur du bâtiment et de l'industrie textile en Alsace. Mais d'autres facteurs eurent également un rôle décisif. La vague d'intolérance et de xénophobie qui s'enregistra en France à l'encontre des ouvriers émigrés après l'attentat perpétré par l'anarchiste italien Caserio contre le Président de la République française Carnot à Lyon, le 25 juin 1894, fut certainement une raison qui poussa de nombreux Italiens à abandonner ce pays pour gagner les territoires du Reich allemand. La plus grande partie des immigrés italiens en Lorraine se concentrèrent dans le district industriel de Thionville et de Diedenhofen, l'actuel département de la Moselle, où ils trouvèrent un emploi, principalement dans la métallurgie ou dans l'industrie d'extraction. En Alsace, ce fut par contre Mulhouse qui attira le plus grand nombre de travailleurs transalpins, avec ses industries textiles et mécaniques. Ces deux centres industriels à eux seuls absorbèrent la quasi-totalité de l'émigration italienne en Alsace-Lorraine du début du siècle, bien que - comme nous le verrons plus loin - de nombreux Italiens se dirigèrent également vers des centres moins importants, comme Colmar ou Auboué. L'Alsace et la Lorraine à l'intérieur du Reich. Au début du siècle, l'histoire de l'émigration italienne dans cette région, constamment à la recherche de sa propre identité culturelle et politique, s'insère dans la question plus ample et plus complexe des nationalités et des minorités ethniques existant au sein de l'État national allemand, édifié après la victoire de la Prusse dans le conflit franco-prussien. Au moment de la proclamation du Kaiserreich en janvier 1871, les non-germaniques constituaient plus de 10 % de la population allemande, avec environ 2,4 millions de Polonais dans les régions orientales de la Prusse et du Posen, 80.000 Danois de la province septentrionale du Schleswig, 1 million et demi de citoyens en Alsace et en Lorraine, les deux régions conquises suite aux victoires sur la France, comparés aux groupes d'entités mineurs comme les Masures et les Casciubes, d'origine slave (3). L'intégration des diverses nationalités et minorités - aussi bien ethniques, comme les Polonais, les Danois, les Lorrains et les Alsaciens, que politiques et religieux, comme les socialistes ou les catholiques - à l'intérieur du Reich constituait une question épineuse au sein de la construction du nouvel édifice de l'État. Ces procédés, mis en place par Bismarck, demeurèrent limités, malgré le large consensus accordé au nouvel appareil étatiste par la majorité des citoyens, ce qui a été qualifié, dans l'historiographie allemande, du terme de "unvollendete Nationalstaat", "Etat national inachevé' (4). La cause principale de son non achèvement a été identifiée, à un niveau historique, par le défaut d'intégration sociale et politique de secteurs de population importants appartenant à des groupes minoritaires à l'intérieur de l'Empire. La politique d'opposition totale à l'encontre des ennemis internes, les dénommés Innere Feinde, inaugurée par Bismarck et seulement en partie redimensionnée par ses successeurs, supposait au contraire la réaffirmation - en temps sociaux, culturels, politiques et religieux - du modèle prussien et son extension progressive à tous les niveaux de la société allemande. Dans les provinces à forte concentration de minorités non-germaniques, la tendance, marquée et évidente, vers une rapide germanisation de ces groupes ethniques, tant au point de vue 16 linguistique et culturel que plus particulièrement politique et social, côtoyait le procédé d'homologation des nouveaux rouages de l'État, dans le domaine administrative et militaire. Le groupe plus consistant, également considéré sous de nombreux aspects comme le plus dangereux pour la sécurité interne de l'Empire, était constitué de Polonais, présents, en particulier, sur le territoire du Royaume de Prusse et dans la province orientale du Posen. Il existait, dans ces régions, des districts exclusivement habités par des citoyens d'origine polonaise, alors que dans d'autres, Allemands et Polonais se côtoyaient dans une répartition territoriale "en peau de léopard" : les premiers concentrés surtout dans les centres urbains, les seconds en grande majorité dispersés dans les campagnes. La répartition des occupations reflétait cette dispersion géographique, à savoir que les Polonais étaient essentiellement employés à des travaux agricoles, comme manœuvre ou paysan. A l'ombre d'une antique et puissante noblesse polonaise, ce groupe ethnique était porteur d'une culture opposée et antagoniste dans de nombreux domaines à celle alors dominante dans de vastes secteurs du nationalisme prussien. De confession catholique dans certaines régions à grande majorité protestante, défenseurs tenaces de leur propre identité linguistique et culturelle, inspirés d'un fort sentiment patriotique et du désir de recréer un État national qui leur serait propre, les Polonais de l'Est prussien représentaient, pour le gouvernement de Berlin, la première, grande blessure toujours ouverte sur la route d'une homologation culturelle et politique entière et définitive aux frontières de l'Empire. Tout d'abord, il était nécessaire d'empêcher toute tentative irrédentiste ou séparatiste, éventuellement suscitées par les représentants de la noblesse polonaise. Venait ensuite, en second lieu, l'exigence de l'élaboration d'une politique des nationalités présentes à l'intérieur de l'Empire, qui puissent consentir à l'absorption progressive des ethnies non allemandes dans le tissu social, culturel et politique de l'État national, en tendant à les "germaniser" de manière progressive, comme il en avait déjà été le cas dans des circonstances où les minorités étaient moins consistantes et moins organisées culturellement parlant, avec les Casciubes et les Masures. Cette politique des nationalités aurait pu être également applicable aux Danois du Schleswig du Nord (ou du Jutland du Sud), qui, bien que de consistance numérique moindre comparativement aux Polonais, revendiquaient malgré tout une propre spécificité linguistique et culturelle et présentaient de ce fait, pour le gouvernement de Berlin, des problèmes analogues d'intégration et d'assimilation. Le cas de l'Alsace et de la Lorraine, annexées en 1871 à l'Empire Allemand en tant que Reichsland - et donc privées de leur propre autonomie administrative - fut un nouvel exemple de connotation spécifique : dans ce cas précis, le problème linguistico-culturel revêtait une importance mineure comparé aux provinces de la Prusse de l'Est. Les mécontentements se firent entendre surtout au niveau politico-administratif, à travers les associations et les groupes de pression, qui revendiquaient la pleine reconnaissance des droits politiques de la population alsacienne et lorraine, le départ des fonctionnaires allemands envoyés par Berlin et l'élection d'une représentation administrative locale. Pendant longtemps, la police ainsi que les organes administratifs allemands ne répondirent à ces réactions rebelles que par la répression : expulsions, mesures contre les journaux et les associations locales, comme durant la crise Boulanger de 1887. Ce n'est qu'après la chute de Bismarck, en 1890, qu'une tendance à la normale s'installa progressivement, qui conduisit à la Constitution de 1911 et l'institution, également en Alsace-Lorraine, d'un parlement régional élu au suffrage universel possédant l'entière compétence législative (5). 17 La dimension quantitative du phénomène Durant la période qui précéda 1914, l'histoire de la communauté immigrée en Alsace-Lorraine est, de ce fait, intimement liée à celle des autres minorités ethniques présentes dans l'Empire Allemand. C'est à l'Allemagne, et non à la France, que l'historien doit se référer tant pour les statistiques que pour les informations à caractère socio-politique. C'est à Berlin, et non pas à Paris, que les renseignements concernant les mouvements de population relatifs à l'Alsace et la Lorraine étaient recueillis et analysés. En ce qui concerne les aspects quantitatifs, les recensements effectués par le Kaiserliches Statistisches Amt, le bureau impérial de la statistique, sont des instruments essentiels à la compréhension du phénomène migratoire et l'évaluation de la consistance et la répartition des travailleurs italiens dans cette région entre 1871 et 1914. Par contre, les comptes-rendus des inspecteurs du travail sur l'Alsace- Lorraine sont une source irremplaçable pour analyser les mécanismes d'intégration et d'émargement à l'intérieur et à l'extérieur de l'entreprise. Ils fournissent un cadre détaillé des conditions professionnelles et de logement des travailleurs immigrés dans l'industrie locale (6). Toutes les analyses connues à ce jour s'accordent unanimement à souligner la difficulté à déterminer la consistance exacte d'une immigration telle que l'immigration italienne, liée habituellement à des contrats de type saisonnier et soumise à une mobilité territoriale très élevée dans une même saison de travail. Les renseignements provenant des statistiques italiennes, basées sur le nombre d'expatriés officiels, fournissent un cadre qui reste extrêmement distant de l'ampleur réelle du phénomène. Plus vraisemblables, les statistiques allemandes ont - en ce qui concerne l'immigration italienne - le vice d'origine de ne reporter les données concernées qu'à compter du mois de décembre des années durant lesquelles les relevés ont été effectués et, de ce fait, excluent du recensement la grande masse des travailleurs saisonniers italiens rentrés dans leurs pays en octobre et novembre. Le seul recensement effectué pendant le mois de juin fut le recensement professionnel de 1907. En ce qui concerne la consistance exacte des flux de majeure affluence qui se sont vérifiés dans les années 1910-1913, aucune information fiable n'est malheureusement disponible (8). Avant l'annexion, l'afflux de maîtrise étrangère en Alsace-Loraine avait été peu important. Dans la période transitoire qui suivit 1871, caractérisée par un certain désordre dans la vie économique alsacienne et lorraine et par le transfert de nombreuses ressources financières du à l'émigration de secteurs patronaux et notables consistants, la forte stagnation des entreprises ne modifia en rien la traditionnelle structure occupationnelle de la région. Ce fut seulement après le dépassement de la crise économique de 1873 que la croissance industrielle rapide produisit sur le marché une demande de main-d'œuvre à bas prix toujours plus croissante, qui fut colmatée en faisant recours à des travailleurs provenant d'Italie. Jusqu'en 1895, la présence italienne en Alsace-Lorraine fut relativement modeste, avec 1.637 unités en 1880, 4.190 en 1890, 6.565 en 1895. Après cinq ans seulement, en 1990, le nombre d'Italiens s'élevaient déjà à 20.950, pour passer à 32.485 en 1905 et 35.505 en 1907. Ces migrations massives d'ouvriers italiens modifièrent en quelques années les rapports d'espace de cette région transfrontalière, traditionnellement liée à de modestes mouvements de population provenant principalement des régions situées aux abords de la frontière, comme le Baden, le Württemberg ou le canton de Bâle. Par conséquent, l'invasion des Italiens en AlsaceLorraine provoqua indubitablement une fracture des structures traditionnelles d'installation et 18 contribua à ouvrir cette zone à l'intégration démographique, sociale et économique avec d’autres réalités productives. L'ouverture de la voie ferrée du Gothard, en 1882, provoqua une augmentation des flux migratoires provenant d'Italie qui commencèrent à se faire sentir avec toujours plus d'insistance dans cette région de frontière. Le complément du réseau ferroviaire dans un axe Nord-Sud, par les cols alpins, permettait de rejoindre Bâle de manière relativement commode : depuis Milan ou Chiasso, les trains de l'époque faisaient le trajet jusqu'à Bâle en 10 heures environ. Dans les années qui précédèrent la première guerre mondiale, cette zone transfrontalière entre Bâle et Mulhouse, en plus de son rôle désormais consolidé de croisement ferroviaire européen d'importance vitale, devint un point névralgique d'arrivée et de transit pour les flux migratoires italiens en direction de l'Alsace-Lorraine, de la France Orientale, du Luxembourg et de l'Allemagne toute entière. Réalisé entre 1872 et 1882 quasiment à part entière avec de la main d'œuvre italienne, le tunnel du Gothard, outre à marquer une nouvelle ère dans les communications mondiales, eut également des conséquences notoires sur les flux migratoires italiens en direction de l'Europe Centrale, permettant ainsi aux puissants courants d'ouvriers saisonniers de s'étendre en direction de l'Alsace et de la Lorraine, de la Suisse intérieure et de l'Allemagne. Après l'ouverture de la voie ferrée, le Gothard, pôle d'attraction de la main-d'œuvre italienne, devint ensuite un formidable volant pour les courants migratoires italiens, qui commencèrent à se diriger avec toujours plus d'insistance vers les plus grands centres industriels de l'Europe Centrale comme Mulhouse, Diedenhofen, Metz. A une première émigration de "pionniers", fragmentée et peu consistante, succéda progressivement une seconde, aux caractéristiques plus spécifiquement familiales et de groupe et distincte de la précédente par sa plus grande stabilité sur les lieux de travail. La facilité relative avec laquelle il était désormais possible de rejoindre les centres industriels de la région consentit également le développement d'une émigration féminine, qui trouva occupation principalement dans l'industrie textile de Mulhouse et ses environs. Bâle devint, en quelques années, le centre de tri de l'émigration ouvrière italienne en direction de Mulhouse et de l'Alsace-Lorraine. Vers les mois de mars-avril et octobre-novembre, en concordance avec l'afflux et le reflux des courants de travailleurs saisonniers italiens, la plate-forme ferroviaire de la ville enregistrait une augmentation notoire des convois en provenance d'Italie (9). Au cours des premières semaines de printemps, les Italienerzüge, c'est-à-dire les trains pour les Italiens, déposaient quotidiennement jusqu'à 2.000 ouvriers saisonniers, qui, partant de Bâle, s'éparpillaient en direction des principaux pôles industriels de la région. Il ne s'agissait pas de simples convois, mais de trains spéciaux, voyageant, en principe, de nuit, dans des conditions particulièrement déplorables pour les passagers. On retrouve cette situation de saleté et d'insalubrité accompagnant ces convois dans la description que faisait Angelica Balabanoff du transport des ouvriers saisonniers italiens, qui portaient ordinairement sur leurs wagons l'inscription Nur für Italiener! pour les Italiens uniquement: Déjà dans leur pays, ils sont chargés comme des bestiaux dans des wagons particulièrement sales, à la frontière ils sont transférés dans d'autres wagons du même type qui portent l'inscription suivante dans la plupart des gares : Nur für Italiener! Ce qui signifie qu'on ne peut exiger de qui que ce soit qu'il voyage avec les italiens ou qu'il entre en contact avec eux en aucune manière (10). 19 Une attention particulière était accordée aux conditions hygiéniques et sanitaires des passagers à leur arrivée ou en transit alors qu'ils se précipitaient, en attendant leur correspondance ferroviaire, dans les dénommés Italienerlager, campement pour Italiens, soulevant des malaises et des mouvements de protestations parmi la population locale. Pendant les mois de printemps et d'automne, le transport des ouvriers saisonniers italiens prenait l'envergure d'un phénomène de masse, nécessitant des interventions d'assistance au moment de l'arrivée et du départ, organisés par des associations caritatives religieuses ou laïques dans les locaux-mêmes de la gare. Les Italiens sur la terre de frontière franco-allemande Une grande partie des informations relatives à l'émigration italienne en Alsace et en Lorraine confirment les traits de fond caractéristiques observés dans d'autres régions européennes durant les années qui précédèrent la première guerre mondiale. La grande masse des Italiens était constituée de travailleurs saisonniers non qualifiés, provenant des régions septentrionales de la péninsule, liés à un travail à contrat temporaire d'une durée ordinairement de mars-avril à octobre-novembre. En automne, la majeure partie d'entre eux retournaient en terre natale. Mais particulièrement en Alsace et en Lorraine, ils furent nombreux à s'établir définitivement après avoir trouvé une occupation permanente dans le secteur industriel. Une étude des flux saisonniers fait apparaître que, après la première saison de travail, les Italiens tendaient à retourner dans la même zone d'emploi, de manière à se retrouver, avec les années, davantage liés à cette terre qu'à leur propre région de provenance (11). Les Italiens préféraient l'Alsace, la Lorraine et les autres régions Sud-Occidentales du Reich allemand pour diverses raisons : la première et la plus importante, pour la proximité géographique avec l'Italie qui, étant donné le caractère saisonnier des flux migratoires, permettait de rejoindre plus facilement le lieu de travail ; en second lieu, pour le caractère plus libéral et plus tolérant de la législation locale envers les étrangers par rapport à celle du Règne de Prusse ; enfin, pour le style de vie et les caractéristiques culturelles de la population de ces régions, plus similaires à ceux des Italiens. Complètement absents du secteur agricole, les travailleurs italiens en Europe Centrale étaient concentrés dans l'industrie, plus particulièrement dans le secteur du bâtiment, de l'extraction du minerai, du travail de la pierre et des autres matériaux de construction. Si, dans le Baden, les Italiens étaient employés principalement comme terrassiers ou dans les travaux de construction, ils trouvaient, en Bavière, un travail particulier dans les fours à chaux et à briques. En Lorraine, ils étaient surtout employés dans l'industrie d'extraction du minerai et du fer ; en Alsace, en particulier à Mulhouse, ils étaient concentrés dans l'industrie textile et mécanique. L'emploi dans l'industrie textile concernait particulièrement la main-d'œuvre féminine et, souvent, également infantile. En valeur absolue, le premier secteur d'occupation des immigrés transalpins était l'industrie de la construction. Les Italiens étaient employés à des travaux d'excavation ou de terrassement lors de la construction de canaux et de voies ferrées ou en qualité de simples maçons dans des travaux de construction. De nombreuses sources d'informations de l'époque déclaraient à l'unanimité qu'il s'agissait, malgré tout, des travaux les plus durs et les plus pénibles, que les ouvriers locaux refusaient très souvent d'exécuter. L'industrie du travail de la pierre et de la terre arrive en seconde place comme secteur d'occupation des ouvriers italiens et l'industrie du minerai figure au troisième rang. 20 En fait, si l'on peut parler, pour d'autres groupes d'immigrés, d'une "immigration de qualité", qui aspirait, grâce à leurs compétences techniques personnelles et à leur propre identité linguistique et culturelle, à rejoindre rapidement un niveau de vie élevé, l'immigration italienne en Alsace et en Lorraine jusqu'à la première guerre mondiale fut essentiellement constituée de travailleurs ou d'apprentis ordinaires, se présentant sur le marché du travail souvent sans aucune qualification et presque toujours disposés à accepter des travaux pénibles et des rétributions inférieures à la normale pour être embauchés. Ce profil du travailleur italien, économique et volontaire, est tracé par de nombreuses sources d'informations de l'époque et accompagne, avec l'image de l'Italien subversif et anarchique, cette émigration durant ces années. La provenance régionale des Italiens ne peut être retracée qu'à l'aide des statistiques de source italienne, qui pêchent malheureusement par défaut de manière notoire. En fait, en faisant abstraction d'une sous-évaluation évidente du phénomène, ces données indiquent clairement dans les régions septentrionales et orientales de la péninsule le réservoir de l'émigration italienne en Europe Centrale. La Vénétie occupe sensiblement la première place, région de provenance de plus de la moitié des Italiens émigrés pour l'année 1911, suivie, de très loin, par la Lombardie, l'Emilie et la Toscane. Les informations relatives à tout le Reich illustrent certains aspects de la structure familiale des Italiens : si la majorité était constituée d'hommes célibataires âgés entre 25 et 40 ans, on enregistre, dans les premières années du XXe siècle, une augmentation importante de l'immigration de type familiale et féminine. Si 61,3 % des femmes étaient mariées, une grande partie d'entre elles (33,2 %) étaient célibataires ; il s'agissait, dans ce cas précis, de travailleuses saisonnières, la plupart du temps émigrées avec quelques membres de leur famille, mais qui, une fois sur les lieux d'émigration, trouvaient seules un travail dans une industrie locale, en particulier dans le secteur textile. Signalons au passage le taux sensiblement haut d'immigration infantile en-dessous de 15 ans, auquel s'ajoute un bon nombre d'unités enregistrées sous la tranche d'âge des 15-25 ans. En effet, il était extrêmement répandu chez les Italiens, et ce phénomène est reporté avec insistance dans les sources d'informations de l'époque, de falsifier les documents d'identité des propres enfants afin de les rendre aptes au travail, alors que la législation allemande interdisait le travail aux jeunes de moins de 16 ans (12) Les femmes immigrées dans l'espace transfrontalier La forte augmentation qui s'enregistra dans les premières années du XXe siècle dans l'utilisation de la main-d'œuvre italienne dans l'industrie textile concernait principalement l'Alsace et les autres régions sud-occidentales du Reich. Dans la période 1890-1910, le nombre d'employés d'origine italienne, à cet endroit principalement des femmes, augmenta quasiment de 119 fois, passant de 37 unités en 1890 à 4.447 en 1910. La comparaison avec les chiffres de juin 1907 ne fait pas ressortir de différences notoires dans ce secteur entre les mois d'hiver et les mois d'été. Il est néanmoins signalé le caractère non saisonnier, mais permanent de ces flux. De nombreuses sources d'informations de l'époque soulignent également de quelle manière l'émigration féminine italienne présentait des caractéristiques diverses de l'émigration masculine et se distinguait par une plus grande stabilité, conséquence dû en particulier au secteur d'emploi destiné aux femmes immigrées d'Italie. La maind'œuvre masculine était, en fait, employée principalement à des travaux prévoyant un contrat à durée déterminée. La main-d'œuvre féminine, par contre, trouvait occupation principalement dans 21 l'industrie textile, qui ne fermait pas pendant la période d'hiver. De ce fait, elles restaient généralement plusieurs années sur le même lieu de travail. La plus grande partie de cette émigration féminine d'Italie était constituée de jeunes filles et de femmes âgées de moins de 35 ans, mais certains cas de jeunes filles extrêmement jeunes étaient également signalés, tout comme de très jeunes garçons, employés comme apprentis ou domestiques. De nombreuses sources d'informations de l'époque, en particulier les comptes-rendus des inspecteurs du travail, insistent sur ce phénomène, qui, dans le cas de l'immigration ouvrière italienne, atteint des proportions bien plus élevées par rapport aux indices d'emploi du travail des mineurs enregistrés moyennement dans l'industrie française ou allemande. Dans ces comptes-rendus relatant les inspections périodiques dans les usines et les établissements industriels, des cas de jeunes hommes ou jeunes filles d'origine italienne présentant un document d'identité dont la date de naissance est falsifiée sont reportés avec insistance. Ceci témoigne de quelle manière, parallèlement à la transgression habituelle de l'employeur, le cercle familial lui-même favorisait l'emploi d'enfants qui accompagnaient, pendant l'émigration, le groupe ou la famille des ouvriers italiens. Des mouvements présentant davantage un caractère familial et parental avaient donc progressivement succédé aux premières vagues adventices et "pionnieristiques" des années 1870 et 1880. Outre à souligner la tendance, brusquement interrompue par l'éclatement de la première guerre mondiale, au passage d'une émigration autrefois temporaire, désormais stable et permanente, cette donnée avait eu comme effet immédiat une augmentation vertigineuse du nombre de femmes et d'enfants parmi la population immigrée d'origine italienne (13). L'entrée fracassante de la femme italienne sur le marché du travail alsacien et lorrain fut accompagnée de conditions de vie et de travail extrêmement pénibles, Pour de nombreux aspects, comme nous le confirment les études et les enquêtes de l'époque, leur emploi prit l'allure et les caractéristiques d'un véritable commerce de travail forcé et d'une exploitation de main- d'œuvre infantile. En fait, la première donnée qui interpelle est l'âge fort jeune des émigrées, qui, dans la grande majorité des cas, se situe entre 14 et 20 ans. Les propriétaires d'industries textiles recrutaient régulièrement de très jeunes femmes italiennes directement en Italie, par le biais d'agents ou d'intermédiaires également italiens, d'où elles étaient ensuite accompagnées sur le lieu de travail après accord de la famille. Les ouvrières italiennes (…) ne viennent pas par hasard comme les hommes. Presque toujours, elles sont déjà recrutées dans leur patrie par des agents, si elles ne sont pas encore engagées directement par les patrons, comme il arrive le plus souvent ces derniers temps (...) Il pourrait sembler étrange que les parents italiens laissent leurs filles s'en aller à l'étranger sans sécurité, sans garantie pour leur bien-être matériel et moral. Mais la faute découle du fait qu'ils croient aveuglément tout ce que dit l'agent de recrutement (14). A l'usine et à l'extérieur, les conditions de vie et de travail des femmes italiennes étaient extrêmement rigides, non seulement par le manque de respect des heures de travail, systématiquement pratiqué par la majorité des entrepreneurs locaux contrairement à la législation en vigueur, mais également par la série de charges supplémentaires effectuées à domicile et non rémunérées. Quant à l'horaire de travail - écrit Giuseppina Scanni dans un compte-rendu sur l'immigration féminine italienne en Alsace-Lorraine et dans d'autres régions méridionales de l'Allemagne - le règlement allemand a beau vociférer ses 10 heures quotidiennes et le samedi, pour les femmes, 22 seulement 8 : presque partout, ils font travailler 12 ou 13 heures sans exception pour le samedi ; de plus, une partie du dimanche elle est employée par les chaufourniers pour le raccommodage et le nettoyage de leur linge et de celui des hommes (15). Etant donné l'origine paysanne de la majeure partie des femmes immigrées d'Italie, leur niveau d'instruction étaient généralement très bas, De plus, malgré le caractère permanent de cette immigration féminine en Alsace qui, à la différence de celle des hommes, restait habituellement sur le même lieu de travail pendant plusieurs années, peu d'ouvrières italiennes atteignaient une bonne connaissance de la langue locale durant leur séjour. Ce facteur conditionnait fortement les niveaux d'intégration tant sur le lieu de travail que dans les nouveaux contextes où les femmes immigrées étaient généralement confrontées. Une grande partie des informations font état de l'incroyable degré d'isolement auquel les femmes immigrées italiennes étaient destinées, aussi bien avec la population locale qu'à l'intérieur de l'usine. L'identité culturelle particulière et la diversité linguistique éveillèrent le sens du caractère étrange envers elles, qui, de par ses traits, rejoignait les contours de l'intolérance et du rejet. Généralement, les femmes italiennes étaient observées comme "quelque chose" d'exotique et de lointain et, en particulier dans la zone limitrophe de Bâle, où les préjudices anti-italiens étaient plus virulents, elles étaient tenues à distance et considérées comme des paysannes primitives, sales et ignorantes. Voici le cadre qui émerge d'une étude conduite en 1912 dans le district consulaire de Bâle, pour le compte du Commissariat à l'émigration du Ministère des Affaires Etrangères italien : J'ai fait allusion au peu de sympathie qui intercède entre nos ouvrières et les indigènes. Les directeurs le savent, et ils ont soin, presque toujours, de séparer les nationalités. De graves incidents sont évités grâce aux précautions et à la surveillance, mais les symptômes sont partout évidents (...). "Frustante, caiba" (j'ai compris, cochon) est la réponse d'usage que l'Italie nomade adresse au "schmutzige cinken" qui leur est servi par les indigènes sous n'importe quel prétexte. Avec de telles bases de conversation, il est aisé de comprendre qu'accord soit impossible, et que, dans la meilleure des hypothèses, subsiste une neutralité armée. L'opinion des directeurs d'usines sur le travail des jeunes filles italiennes est pratiquement toujours identique. Bonnes de caractère mais bruyantes ; aux doigts agiles mais à la volonté inconstante ; superficielles, sales. Fluchtig et Schmutzig sont les deux qualificatifs qui m'ont été le plus souvent cités dans mes conversations avec l'élément patronal (16). Dans les zones urbaines et dans les centres industriels comme Mulhouse, les conditions de vie des immigrées italiennes étaient, de surcroît, appesanties par les difficultés d'insertion dans un contexte métropolitain, par la recherche d'un logement et par les fréquentes crises d'adaptation au nouvel espace social et culturel. Les comptes-rendus périodiques des inspecteurs du travail, tant en AlsaceLorraine que dans le reste de l'Allemagne méridionale, signalaient à ce sujet avec insistance l'insalubrité de l'habitation de ces ouvrières italiennes et le manque fréquent de logements adéquats et réservés aux femmes. Diedenhofen et Mulhouse : les Italiens comme ressource Les années durant lesquelles la présence d'immigrés italiens en Alsace et en Lorraine atteint son point culminant sont celles qui s'étendent de 1908 jusqu'au début de la guerre. Le pourcentage 23 d'étrangers recensés dans le Reichsland en 1908 équivalait à 4,6 % de l'ensemble de la population, c'est-à-dire 83.000 unités. 44 % d'entre eux étaient Italiens. En 1900 déjà, la "Metzer Zeitung" faisait état de 42.000 ouvriers italiens actifs uniquement en Lorraine. La distribution de cette avalanche migratoire n'était pas uniforme. Comme il a été dit, durant ces années, l'émigration ouvrière italienne trouvait à Diedenhofen et à Metz un lieu d'embauche privilégié en ce qui concerne la Lorraine, alors qu'en Alsace, c'était Mulhouse qui attirait principalement les flux migratoires provenant d'Italie. Même au-delà de la frontière franco-allemande, dans les districts industriels de Briey et de Longwy, dans la zone de la Lorraine restée française, de grandes concentrations d'Italiens étaient signalées. Elles rejoignaient un pourcentage égal à 60 % de la population locale. A Auboué, près de Briey, les Italiens constituaient, en 1913, 62% de la population locale. Les ouvriers occupés dans l'industrie minière étaient pratiquement tous Italiens, 1.550 mineurs sur 1.700, soit 91,2% (17). A Diedenhofen et à Metz également, les deux plus importants centres industriels de la région, la main-d'œuvre italienne employée dans le secteur minier rejoignait des niveaux très élevés. En particulier à partir des premières années du siècle, le secteur tout entier dépendait de l'emploi des travailleurs transalpins : en effet en 1905, à Metz, 40,68 % des mineurs étaient italiens (2.607 sur 6.408) et à Diedenhofen, le quota voisinait, la même année, les 36,2 % (2.204 sur 5.580) (18). Une étude conduite à micro niveau sur les registres de présence des étrangers dans le district de Diedenhofen, contenus dans les Archives municipales de Thionville et relatifs aux années 19041909, démontre une mobilité très importante de l'immigration italienne dans la ville, qui avait tendance à changer très fréquemment de lieu d'emploi et de permanence (19). A Mulhouse, l'immigration italienne durant ces années eut des caractéristiques différentes par rapport aux deux centres miniers lorrains. Jusqu'à la dernière décennie du XIXe siècle, le développement industriel de la ville, mené essentiellement par le secteur textile, réclamait un nombre toujours plus important de main-d'œuvre provenant d'Italie. En outre, la croissance démographique de la population urbaine, qui passa de 6.000 habitants en 1798 à 52.892 en 1871 et 105.000 en 1914, fit augmenter considérablement d'autres secteurs, comme, par exemple, l'industrie de la construction. On prête à penser qu'en 1789, la ville comptait seulement 700 habitations civiles, qu'en 1899 il y en avait 7.100, auxquelles s'ajoutaient 1.900 bâtisses industrielles (20). Ce fut cette croissance urbaine fulminante qui détermina de manière consistante les mouvements migratoires de travailleurs italiens vers la ville. Durant tout le XIXe siècle, Mulhouse avait enregistré un développement économique constant, particulièrement évident dans le secteur secondaire. Mais jusqu'à la guerre franco-prussienne, les apports de main-d'œuvre étrangère en ville furent très modestes. En 1851, dans le Mulhouse français, 2.987 étrangers étaient présents, parmi lesquels 33,84 % provenaient du Baden, 28,64 % de la Suisse et 15,22% du Württemberg. Ces années-là, la présence des Italiens était insignifiante dans la ville : 0,07 % à peine de tous les étrangers recensés (21). Dans l'ouvrage d'Eugène Véron, datant de 1866, les conditions des ouvriers employés dans les différents secteurs industriels de la ville sont analysées et les différentes associations de travailleurs sont énumérées. Aucune allusion n'est faite des ouvriers immigrés provenant d'Italie (22). De même, immédiatement après l'annexion, les arrivées d'immigrés italiens en ville furent relativement modestes : en traçant un cadre détaillé des habitations ouvrières de Mulhouse, Martin Schall ne reporte, en 1877, aucune concentration d'immigrés transalpins, ni à l'intérieur de la vieille ville, ni dans la nouvelle (23). 24 Dans ces années, on pouvait compter 23.785 employés du secteur industriel dans la ville alsacienne. L'industrie textile, avec ses 15.000 employés, absorbait plus de la moitié de la classe ouvrière citadine. Ce fut dans la dernière décennie du siècle que l'industrie de Mulhouse, créée par les grandes familles du patronat local, comme les Dolfuss, les Koechlin, les Hofer, enregistra un élargissement occupationnel significatif. En 1907, Mulhouse comptait 41.768 salariés divisés dans 5.230 entreprises : l'industrie textile, avec plus de 20.000 employés restait le secteur de tête, mais l'industrie métallurgique comptait déjà 7.000 ouvriers et ils étaient 3.000 dans la construction. Ce fut justement la grande demande de main-d'œuvre qui s'enregistra dans le secteur du bâtiment qui détermina la forte augmentation de l'immigration italienne à Mulhouse. Déjà autour de la moitié des années 1890, la réalisation du système de canalisation de la ville avait appelé de nombreux ouvriers italiens à Mulhouse, qui furent surtout employés dans les chantiers de terrassement autour de la Illstrasse (24). En 1910, sur une population totale de 95.041 habitants, on comptait plus de 5.649 étrangers en ville, dont 1.026 Italiens (25). Une grande partie de cette maind'œuvre transalpine se concentra dans l'industrie de la construction, comme en témoigne l'étude de 1902 de la Société Industrielle de Mulhouse : L'élément italien fournit actuellement environ 80% des ouvriers terrassiers, manœuvres, maçons et cimenteurs; les ouvrages de taille de pierre, de charpente en bois et de la couverture en ardoises sont restés le monopole des ouvriers allemands. Les ateliers de menuiserie, serrurerie, plâtrerie, peinture et autres branches du bâtiment, occupent un personnel indigène et sédentaire (26). Cette répartition interne au secteur de la construction entre immigrés italiens, allemands et travailleurs autochtones reflétait naturellement les différents niveaux de rétribution de chaque qualification : d'après les tarifs de 1898, les travaux confiés aux premiers étaient payés avec une rétribution qui variait de 2.25 à 2.50 francs pour les petits manœuvres et de 3 à 3.40 francs pour les journaliers ; pour les tailleurs de pierre et les charpentiers allemands, il était prévu respectivement de 6 à 6.50 francs et 4.75 ; les peintres et serruriers alsaciens gagnaient jusqu'à 6.50 e 5,50 francs (27). Les travaux réservés aux immigrés italiens étaient donc rétribués avec une paie qui était généralement le tiers ou la moitié des autres ouvriers du même secteur. Ces renseignements mettent en évidence une caractéristique de fond observée dans d'autres zones à forte immigration italienne à la même période et éclairent de nombreux aspects liés à l'utilisation de la main-d'œuvre en provenance d'Italie, comme, par exemple, celui de la concurrence entre travailleurs italiens et autochtones. A Mulhouse, comme dans les autres centres industriels de l'Alsace et de la Lorraine, l'immigration italienne ne constituait aucune forme de compétition sur le marché du travail, car elle représentait une réserve de main-d'œuvre à bas prix, à utiliser dans les travaux moins rétribués et plus pénibles, ceux que même les autres groupes de travailleurs étrangers, comme par exemple les tailleurs de pierres et ICS charpentiers allemands, acceptaient rarement. Ceci nous est confirmé par diverse sources d'informations, la première d'entre toutes étant l'analyse de l'économiste et juriste August Sartorius von Waltershausen de l'Université de Strasbourg, contenue dans une étude consacrée aux travailleurs immigrés italiens du 1903 (28). La thèse centrale de l'analyse de Waltershausen est que l'utilisation de la main-d'œuvre italienne, bien que largement contrôlée et disciplinée, peut être positive là où elle vient combler les carences de travail de force local. En comparaison des travailleurs locaux, les Italiens ne représentaient pas, 25 d'après cette étude, une concurrence dangereuse, du fait qu'ils constituaient une "couche de travailleurs de second degré", à utiliser pour les travaux plus pénibles, comme ceux de terrassement ou d'excavation, auxquels les ouvriers autochtones renonçaient volontiers. Ces travaux sont fatiguant, exténuants et dangereux pour la santé, souvent sales et rebutants. Dans ces régions où les travailleurs sont devenus indolents et fainéants ou pensent avoir droit à des qualifications plus légères en vertu de leur autorité politique, ils sont tout bonnement refusés à partir du moment où une activité plus commode peut être trouvée. C'est également dans ce cas que les Italiens constituent une alternative à la main-d'œuvre locale recherchée et précieuse. Ils ne sont pas concurrents, mais représentent une couche de travailleurs de second degré, comme les nègres dans les états orientaux de l'Amérique du Nord, les Chinois en Californie, les Indiens Kuli dans les Indes occidentales britanniques, les Japonais dans les Iles Hawaï, les Polynésiens en Australie (29). La question soulevée par nombreux contemporains sur la concurrence exercée par les ouvriers italiens, disposés à travailler toujours et à n'importe quel prix, fut amplement discutée, tant au niveau économique que syndical. Le but était de rechercher des solutions qui consentiraient une insertion positive et non compétitive de la main-d'œuvre immigrée d'une part, et une plus grande croissance économique de l'autre. En général, la tendance était de se fournir en ouvriers italiens comme d'une réserve de main-d'œuvre à bas prix, à employer 'uniquement là où un manque de travail de force local se faisait sentir. Ces ouvriers ne seraient employés qu'avec des contrats de travail saisonnier, donnant accès à un emploi temporaire et donc adaptable aux différentes exigences régionales. Dans les années qui précédèrent immédiatement 1914, les dimensions qu'avaient progressivement atteint le phénomène contribuèrent, en outre, à renforcer la perception négative de l'Italien immigré dans l'opinion publique. Affublées de tons et de colorations diverses, mais les reflétant et les juxtaposant toujours par rapport à l'identité culturelle qui caractérisait la population locale, les images du héros au couteau, violent et sanguinaire, ou de l'anarchiste subversif, du sous-prolétaire sale et hygiéniquement dangereux ou de l'épargnant consciencieux disposé à tout, du non-syndicaliste indifférent à la solidarité de classe ou de l'ouvrier non fiable, fermé aux contacts avec les collègues, confluaient à tracer un portrait-robot de l'immigré italien de ces années. Naturellement, ces qualificatifs ne sont que quelques indices engendrés du rapport difficile et conflictuel avec les autres travailleurs et, d'une manière plus générale, avec la société d'accueil. La disponibilité à toujours travailler, même en échange de rétributions peu avantageuses, ne favorisa certes pas l'acceptation et l'insertion à l'intérieur du lieu de travail. Le stéréotype de l'Italien baisseur de salaire et à la providence facile pendant les grèves se propagea rapidement également en Alsace, en particulier après les incidents d'Aigues-Mortes en août 1893, où des travailleurs français tirèrent sur des ouvriers italiens qui, lors d'une grève, avaient accepter de travailler dans les salines locales à des prix inférieurs (30). Conclusion L'éclatement de la première guerre mondiale provoqua un retour tumultueux d'une grande partie des colonies italiennes en Alsace et en Lorraine. De nombreux ouvriers, rappelés sous les drapeaux, rentrèrent, suivis de leurs familles ; d'autres retournèrent dans leur patrie, préoccupés des implications à caractère international du conflit. Après la déclaration de guerre de l'Allemagne à la Russie et à la France en août 1914, les trains en direction du Sud à travers le Gothard furent 26 littéralement pris d'assaut par des dizaines de milliers de travailleurs italiens voulant rentrer chez eux, dans une frénésie qui causa même des incidents et des désordres aux gares de frontière. A la différence de la main-d'œuvre polonaise, maintenue de force en Allemagne, aucune disposition restrictive ne fut adoptée par le gouvernement du Reich pour le compte des ouvriers italiens, qui purent ainsi rentrer librement au pays. Avec la réouverture des frontières, à la fin du conflit, les contextes nationaux et internationaux, profondément modifiés, signèrent un volte-face radical dans les politiques européennes sur l’immigration. Le désastre économique de l’après-guerre et le très fort taux de chômeurs autochtones entraînèrent des mesures sévères et limitatives dans l’emploi de la main-d’œuvre étrangère dans l’industrie. Ces restrictions ne visèrent pas seulement les travailleurs italiens, mais tous les mouvements migratoires en général. Ce n’est qu’après le deuxième aprèsguerre, dans les années à fort développement industriel, que les conditions pour une seconde vague migratoire italienne en direction de l’Alsace et la Lorraine se réalisèrent. Comparable à la précédente par sa quantité et son impact économique, elle assumera néanmoins des connotations et des modalités radicalement différentes. * Cette étude fait partie d'une recherche conduite auprès de la Albert-Ludwigs-Universitât Freiburg sur l'immigration italienne en Suisse et en Allemagne dans les années qui précédèrent la première guerre mondiale. Les résultats de cette recherche sont à présent recueillis dans L TRINCIA, Emigrazione e diaspora. Chiesa e lavoratori italiani in Svizzera e in Germania fino alla prima guerra mondiale, préface de G. ROSOLI, Roma, Edizioni Studium, 1997 (Édition allemande: L. TRINCIA, Migration und Diaspora. Katholische Kirche und italienische Arbeitswanderung nach Deutschland und in die Schweiz vor dent Ersten Weltkrieg, Freiburg, Lambertus, 1997, en préparation). Une table ronde à l'Université de Haute Alsace à Mulhouse en octobre 1997 a fourni l'occasion d'écrire cet article. Notes et références bibliographiques 1. Cf. G. ROSOLI, "Un quadro globale della diaspora italiana nelle Americhe", Altreitalie, 1992, 8, pp. 8-24. Les données générales sur la période totale reportées par Rosoli montrent ce "dualisme constant" de la présence des Italiens dans le monde : 5,7 millions aux Etats Unis ; 4,4 millions en France ; 4 millions en Suisse ; pratiquement 3 millions en Argentine ; 2,5 millions en Allemagne ; 1,5 millions au Brésil, ibid., p.12 2. R. LOPEZ, E. TEMME, Histoire des migrations à Marseille, Tome 2 : L'expansion marseillaise et "l'invasion italienne" (1830-1918), Aix-en-Provence, Edisud, 1990, p. 72 3. Parmi les autres analyses voir C. KLEBMANN, "Nationalitäten im deutschen Nationalstaat", dans Das deutsche Kaiserreich 1867/71 bis 1918, sous la direction de D. LANGEWIESCHE, Würzburg, Plötz, 1984, pp. 127-138 ; L. TRNCIA, 'Nazionalità e minoranze nell'lmpero tedesco", Studi Storici, 1996, 4, pp. 1043-1063. 4. Pour un premier bilan historiographique voir le chapitre "Der unvollendete Nationalstaat" dans l'ouvrage de G.A. RITTER et TENFELDE, Arbeiter im Deutschen Kaiserreich 1871 bis 1914, Bonn, Dietz Nachf, 1992, pp. 81-85. Voir aussi T. SCHEDER, Das Deutsche Kaiserreich von 1871 als Nationalstaat, Këln/Opladen, Westdeutscher Verlag, 1961, J. KOCKA, "Probleme der politische Integration der Deutschen 1867 bis 1945", dans Die 27 Rolle der Nation in der deutschen Geschichte und Gegenwart, sous la direction de O. BÜSCH et J.J. SHEEHAN, Berlin, Colloquium, 1985, pp. 118-136. 5. J. M. MAYER, Autonomie et politique en Alsace. IA constitution de 1911, Paris, Colin, 1970. Un regard d'ensemble sur la question de l'intégration socio-culturelle en Alsace en M. ESSIG, Das Elsaβ auf der Suche nach seiner Identität, München, Eberhard, 1994. 6. Verwaltungsberichte der Gewerbe-Aufsichtsbeamten in Elsaβ-Lothringen, 1892-1905, Berlin, 1893-1906, Jahresberichte der Gewerbe-Aufsichtsbeamten und der Bergbehörden in Elsaβ-Lothringen, 1906-1913, Berlin, 1907-1914. 7. En moyenne, les statistiques de source italienne rapportent des chiffres qui avoisinent la moitié des unités recensées sur place par les relevés allemands. Pour l'année 1907, la présence italienne dans toute l'Allemagne était estimée à 75.885 unités d'après les données fournies par la Direction générale de la statistique publiées par le Ministère des Affaires Etrangères italien, contre 147.034 recensés par le Berufszählung allemand du 12 juin de la même année. Cf. "Notizie statistiche sui movimenti migratori Emigrazione italiana per paesi d'Europa e fuori d'Europa avvenuta nell'anno 1908 e nel primo semestre dell'anno 1909. (Notizie raccolte e pubblicate dalla Direzione generale della statistica)", Bollettino dell'Emigrazione, 1909, 14, pp. 3-60, ici p. 17. 8. Les données et les tableaux extraits de ce recensement sont reportés dans L. TRINCIA Emigrazione e diaspora, cit., pp. 51 ss. Voir également L. TRINCIA, "L'immigrazione italiana nell'lmpero tedesco fino alla prima guerra mondiale", Studi Emigrazione, 1996, 123, pp. 370-391. C'est à ces données que l'on se référera également pour les observations qui suivront. 9. Cf. P. MANZ, Emigrazione italiana a Basilea e nei suoi sobborghi (1890-1914). Momenti di contatto tra operai immigrati e società locale, Lugano, Alice, 1988, p. 164 ss. 10. A. BALABANOFF, Erinnerungen und Erlebnisse, Berlin, Laub, 1927, p. 13. Le phénomène des Italienerzüge en transit à Bâle et à destination de l'Alsace, de la Lorraine, du Baden, du Württemberg est rapporté également dans la presse de l'époque : "Les trains de la ligne du Gothard qui arrivent de Lucerne„ - lit-on dans le "Basler Vorwarts" du 22 mars 1900 - sont bondés d'ouvriers italiens en voyage ; entre 500 et 600 italiens en moyenne arrivent ici tous les jours mais seulement une faible partie d'entre eux pourra trouver un logement en ville. La majeure partie des Italiens continue le voyage vers l'Alsace et le Baden pour y chercher du travail. La place de la gare centrale a, ces derniers temps, des allures de véritables campements d'Italiens" 11. H. SCHÂFER, "Italienische 'Gastarbeiter' im deutschen Kaiserreich (1890-1914)", Zeitschrift für Unternehmensgeschichte, 1982, 27, pp. 192-214, ici p. 197. 12. L. TRINCIA, Emigrazione e diaspora, cit., p. 63. 13. L'augmentation des flux de main d'œuvre féminine en Alsace et en Lorraine dans les années qui précédèrent l'éclatement de la guerre, s'insère d'un autre côté dans une augmentation plus importante de l'émigration féminine italienne, aussi bien transocéanique que continentale, à 28 partir de la dernière décennie du XXe siècle. Pour une vision d'ensemble à ce sujet, voir les essais recueillis dans la section "Donne che vanno, donne che restano. Emigrazione e comportamenti femminili" dans l'ouvrage Società rurale e ruoli femminili in Italia tra Ottocento e Novecento, sous la direction de P. CORTI, Bologna, Il Mulino, 1991 (Istituto Alcide Cervi, Annali 12/1990). Pour un bilan des études sur l'émigration féminine italienne, M. TIRABASSI, "Italiane ed emigrate", dans Le emigrate italiane in prospettiva comparata, numéro monographique de Altreitalie, 1993, 9, pp. 139-153. 14. La Protezione della Donna Italiana all'Estero. Relazione sullo stato presente, sui movimenti, programma dell'Opera presentata dall'Opera di Protezione della Donna Italiana all'Estero, Freiburg, 1908, p. 3 et p. 5. 15. Associazione cattolica internazionale per la protezione della giovane. Sezione italiana. Relazione di Giuseppina Scanni. 16 ottobre 1910, dans l'Archiv des Deutschen Caritasverbandes Freiburg, WA, 080/19 Teil 3. 16. A. A. BERNARDY, "Alcuni aspetti della nostra emigrazione femminile nel distretto consolare di Basilea", Bollettino dell'Emigrazione, 1912, 6, pp. 3-64, ici p. 55. 17. S. LEINER, « Movimenti migratori nell'area di frontiera fra Lorena, Saarland e Lussemburgo, 1856-1914 », dans Regioni di frontiera nell'epoca dei nazionalismi. Alsazia e Lorena/Trento e Trieste, sous la direction de A. ARA et E. KOLB, Bologna, Il Mulino, 1995, p. 200. 18. 1. BRITSCHGI-SCHIMMER, Die wirtschafliche und soziale Lage der italienischen Arbeiter in Deutschland (Ein Beitrag zur ausländischen Arbeiterfrage), Essen, Klartext, 1996, p. 66. 19. R. DEL FABBRO, Transalpini. Italienische Arbeitswanderung nach Süddeutschland im Kaiserreich 1870-1918, Osnabrück, Rasch, 1996, p. 102-103. Sur les travailleurs italiens dans l'industrie lorraine, voir P.-D. GALLORO, La main-d'œuvre des usines sidérurgique de Lorraine (1880-1939). Étude des flux, Thèse Université de Metz, 1996 ; et du même auteur : "Un siècle de présence italienne en Lorraine", dans Italiens en Lorraine de l'intégration à la réussite, ed. par la Chambre de Commerce Italienne pour la France, 1997, pp. 17-56. 20. Société industrielle de Mulhouse, Histoire documentaire de l'industrie de Mulhouse et de ses environs au XIXe siècle, 2 vol., Mulhouse, Veuve Bader, 1902, ici vol. 1, p. 32. En général pour le cas alsacien voir M. HAU, L'industrialisation de l'Alsace (1803-1939), Strasbourg, 1987. 21. Ces données sont tirées de S. PANKE, L'immigration à Mulhouse au XIXe siècle, Mémoire de maîtrise, Université de Strasbourg, 1993. 22. E. VÉRON, Les institutions ouvrières de Mulhouse et des environs, Paris, Hachette, 1866. 23. M. SCHALL, Das Arbeiter-Quartier in Mülhausen im Elsass. Berücksichtigung der vorzüglichsten damit verbundenen Anstalten zum Wohle der Arbeiterklasse, Berlin, Buchhandlung für Staatswissenschaften und Geschichte, 1877. 29 24. "Die Kanalisation der Stadt Mülhausen. Vortrag gehalten in der Sitzung der Industriellen Gesellschaft von Mülhausen am 24. November 1897 von Hm. Ing. H. Gruner", dans Industrielle Gesellschaft von Mülhausen. Jahresbericht 1898, Strassburg, R. Schultz, 1898, pp. 111-138. 25. G. LIVET, R. OBERLÉ (sous la direction de), Histoire de Mulhouse des origines à nos jours, Strasbourg, Éditions Dernières Nouvelles d'Alsace, 1977, p. 264-265. 26. Société industrielle de Mulhouse, Histoire documentaire de l'industrie de Mulhouse, Tome 1, p. 818. 27 Ibid., p. 818. 27. Waltershausen avait été titulaire ordinaire de la chaire de Staatswissenschaften de l'Université de Zürich de 1885 à 1888, avant de prendre ses fonctions à l'Université de Strasbourg, fonctions qu'il exercera jusqu'en 1918 ; cf. la voix "Sartorius August Freiherr v. Waltershausen", dans Historisch-Biographisches Lexikon der Schweiz, sous la direction de l'Allgemeiner Geschichtsforschenden Gesellschaft der Schweiz, vol. VI, Neuenburg, 1931, p. 90. 28. A. SARTORIUS VON WALTERSHAUSEN, Die italienischen Wanderarbeiter, Leipzig, Hirschfeld, 1903, p, 30. 29. 30 Sur les incidents d'Aigues-Mortes, voir M. AMAR, P. MILZA, L'immigration en France au XXe siècle, Paris, Colin, 1990, pp. 29-35. Voir aussi l'essai de T. VERTONE dans L'emigrazione italiana in Francia prima dei 1914, sous la direction de J.B. DUROSELLE et E. SERRA, Milano, F. Angeli, 1978, pp.107-138 Le Consulat d'Italie à Mulhouse (1864 - 1944) Vincenzo PELLEGRINI Archives Historiques Diplomatiques du Ministère des Affaires Etrangères – Rome Cette communication a pour objectif de fournir un premier tour d’horizon des sources d’informations et des typologies documentaires disponibles pour l'étude de l'émigration, mieux encore de la présence italienne, à Mulhouse et plus généralement en Alsace. Ces documents sont conservés aux Archives Historiques Diplomatiques du Ministère des Affaires Etrangères. Nous rappellerons que les Archives historiques diplomatiques sont surtout habilités à la conservation des documents produits par les bureaux de l'administration centrale et des représentations à l'étranger. Le point de départ inévitable de cet exposé est la constatation d'absence substantielle des archives consulaires, victimes d'événements de guerre et objets d'importantes lacunes (1). Par conséquent, il est nécessaire de consulter les archives ministérielles, parallèlement aux faits historiques institutionnels, afin de reconstituer les pièces qui tendront, dans une certaine mesure, à favoriser la reconstruction du puzzle. Au lendemain de l'Unité, le réseau consulaire italien est plutôt vaste. Non seulement il reprend l'organisation des états pré-unitaires, en particulier ceux concernant la Sardaigne, mais tend à la réalisation d'une présence diffuse, comparée à celle de grand-puissances, et véritablement disproportionnées par rapport aux capacités et aux possibilités du nouveau royaume. Le contrôle politique des collectivités à l'étranger n'étant plus nécessaire, la présence consulaire diffuse répond davantage à des motivations à caractère politique et commercial plutôt qu'à des fins d'assistance à l'émigration. Une préoccupation bureaucratique qui reste malgré tout présente, est celle d'utiliser du personnel provenant des diplomaties des anciens états ayant adhéré au nouvel ordre politique. Un nouvel Etat voulant s'affirmer trouve souvent réponse en créant des Consulats généraux, des Consulats ou vice-Consulats de seconde catégorie ou des Agences Consulaires, même là où la présence et les intérêts italiens sont modestes. Ces représentations consulaires sont confiées à un personnel honoraire - et non à des fonctionnaires de carrière - choisi, si possible, parmi l'élite de la collectivité italienne, mais parfois également dans la bourgeoisie mercantile ou professionnelle. Ce dernier choix, bien souvent peu apprécié pour de nombreuses raisons, permet de compenser pour services rendus ou de lier à l'Italie des représentants de sociétés locales particulièrement brillants. Ces derniers, outre à assurer la tutelle des intérêts nationaux, aspirent à la nomination consulaire comme à un élément de distinction sociale et, d’une certaine manière, se garantissent un revenu raisonnable lié au recouvrement des droits consulaires. Dans le cadre de l'aménagement du réseau consulaire italien durant les premières années qui suivirent I’Unité, un Consulat de seconde catégorie est institué à Mulhouse par décret royal du 8 juin 1864. Sa juridiction s'étend sur les départements du Bas et Haut-Rhin, de la Meurthe, des Vosges, de la Haute Saône et du Doubs. Un commerçant, Giacomo Bourcart, est nommé le même jour pour le diriger. Le Consulat restera opérationnel jusqu'à la fin de la guerre franco-prussienne. 31 Cette première phase du Consulat est retracée dans des documents modestes mais réglementaires, classés dans les archives ministérielles. La correspondance entre le Ministère et le Consulat et viceversa est pratiquement complète. Sur les 78 rapports envoyés par Bourcart correspondent 70 dépêches ministérielles. Les uns et les autres sont enregistrés dans un cahier de correspondance prévu à cet effet. Bourcart se charge également de l'envoi des registres d'état civil pour les années 1867, 1868 et 1870. Il s'agit d'ailleurs des seuls registres de décès, concernant au total sept personnes. Si la correspondance adressée au Ministère est substantiellement complète, il n'existe aucune trace de correspondance avec les autorités locales, avec les autres Consulats en France ou avec des particuliers, ni aucun enregistrement consulaire. Par des informations indirectes, il est possible, par exemple, de constater que durant son activité, Bourcart avait délivré environ 200 passeports. Quelques traces de correspondance avec l'Ambassade, vraisemblablement très réduite, pourrait être retrouvées dans les archives de cette dernière, très dépouillées pour la période 1861-1870. La correspondance avec le Ministère, permet de deviner une présence quantitativement modeste, mais articulée par catégories d'activités : liées au bâtiment, à l'agriculture, à l'artisanat, aux constructions ferroviaires, mais aussi à l'industrie. On relève des traces d'un certain nombre de mariages entre femmes italiennes et alsaciens, probablement commerçants, et vice-versa. A noter, entre-autre, l'arrestation et l'expulsion probablement arbitraires, décidées par le préfet de Strasbourg, de 21 Italiens marchands ambulants. Le passage de l'Alsace à la souveraineté allemande entraîne la fermeture du Consulat. En effet, la constitution du Reichsland interdit la présence de représentations consulaires étrangères dans les territoires de l'Alsace et de la Lorraine. Par conséquent, les différentes puissances européennes utilisent les Consulats installés dans les régions limitrophes. La circonscription des Consulats italiens en Allemagne est décidée par décret royal du 29 septembre 1872, excluant explicitement les territoires alsaciens et lorrains passés sous le règne germanique. Malgré les difficultés inévitables occasionnées à cet effet, ce n'est qu'en novembre 1879 que les Consuls de Francfort et de Mannheim seront autorisés à légaliser les documents commerciaux provenant des territoires du Reichsland. A cette occasion, le gouvernement du royaume demande à son homologue impérial que les autorités des deux provinces soient autorisées à échanger avec le Consulat de Francfort une correspondance concernant les affaires courantes des ressortissants italiens. Le Gouvernement allemand accepte la demande italienne par note du 16 novembre 1880. En conséquence, le Consul de Francfort est autorisé à se mettre en contact direct avec les autorités de l'Alsace-Lorraine pour les affaires concernant les intérêts privés italiens. Le Consul de Mannheim est, quant à lui, uniquement habilité à la légalisation des documents commerciaux provenant de ces territoires (2). En 1899, les affaires concernant l'Alsace et la Lorraine sont confiées à la représentation de Mannheim, élevée au rang de Consulat Général. En 1901, suite à l'augmentation des charges de travail, un Consulat Général de seconde catégorie est institué à Saarbrücken, destiné à sauvegarder les intérêts nationaux en Lorraine. Du reste, les Italiens qui, durant la période 1895-1900, passent, dans les deux régions, de 1.044 à 20.952, prennent souvent l'habitude de s'adresser au Consulat de Bâle. Ces brèves informations nous fournissent quelques indications sur les éventuels parcours de recherche à suivre. 32 Le retour de l'Alsace et de la Lorraine à la France permet la mise en place régime transitoire, par la loi française du 17 octobre 1919. De ce fait, un droit spécial, en partie tiré de l'ordre juridique français, est instauré pour les cas non traités par la législation française courante. Ce dernier est constitué ensemble de normes dont le contenu est dicté par la législation allemande en vigueur à la date de l'occupation française. Les nombreux ouvriers italiens présents dans le secteur bénéficient des retombées notoires de ce régime, en particulier dans le domaine des assurances sociales. La rigidité de la législation allemande, particulièrement développée, entraîne la stipulation d'un accord entre la France et l'Italie qui régirait le salaire des Italiens travaillant en Alsace et en Lorraine. L'accord est signé à Paris le 16 février 1920, et ratifié le 19. Par conséquent, le régime instauré par la Convention italo-allemande du 21 juillet 1912 (3) est provisoirement maintenu pour les ouvriers italiens. La présence importante des travailleurs italiens développe considérablement l'activité au sein de la collectivité, durant la période de l'après première guerre. Ce phénomène s'immisce et se superpose tant avec la création important réseau d'informations qu'avec la naissance des organisations et de la propagande fasciste dans le secteur. Dans le début des années 20, deux personnages se vouent à une série d'initiatives : le Consul de Strasbourg, Sironi, et le Directeur du Bureau italien d'informations nouvellement institué à Mulhouse, Baldacci. Sironi, officier chez les Alpins durant la Grande Guerre, adhère au fascisme et œuvre dans le secteur des partis fascistes italiens à l'étranger, contribuant, d'après ses dires, à la fondation de ceux de Strasbourg, Metz, Mulhouse, Reims et Nancy. Nommé Consul Honoraire à Strasbourg en novembre 1923, il encourage la naissance du journal « La Voce d'Italia » dirigé par l'Avocat Attilio Simoncini et soutient quelques initiatives bancaires du secteur. Giulio Baldacci est un ouvrier autodidacte, lui aussi ancien combattant. Il adhère au fascisme en 1922 et fonde, la même année, le parti fasciste à Mulhouse. Dans la ville alsacienne, il devient, pour quelques d'années, secrétaire de la société italienne de secours mutuel et fonde le Cercle italien et des amis de l'Italie, le Comité de tutelle des Italiens émigrés, le Comité pour l'habitation de l'Italien et la Société italienne d'acteurs amateurs. De 1925 à 1927, il est commissaire des partis fascistes d'Alsace et de Lorraine. En septembre 1923, il est nommé directeur du bureau italien d'informations. En 1926, l'activité est absorbée par l'agence consulaire nouvellement instituée. Sironi le place à sa direction (4). Le compte-rendu des services de l'émigration, présenté par le Commissaire général pour l'Emigration, concernant les années de 1910 à 1923 et les années 1924 et 1925, apporte une série de renseignements sur le bureau des informations italien à Mulhouse. Parmi les fonctions du bureau, le problème des accidents du travail dans tous ses détails est mis en évidence, de la constatation des expertises médicales, à la traduction des actes, jusqu'à la recherche des éventuels ayant droits. Durant les dix premiers mois d'activité, le bureau s'occupe de 148 accidents de travail. Toujours durant la même période, il s’intéresse aux 2.809 demandes d'emploi, obtenant, si nécessaire, les permis de séjour. Il veille à solutionner 561 différends ; intervient auprès du Bureau du Travail dans 584 cas de placement, auxquels s'en ajoutent 88 dans les chantiers locaux. Parmi les autres activités, des demandes d'actes d'état civil sont également signalées, les appels et les recherches de parents (847), les dossiers d'assistance médicale, la distribution d'aides financières pour un montant total de 2.353 33 Francs. En pratique, le bureau des informations permet aux citoyens de régler une partie des dossiers consulaires, sans devoir se rendre à Strasbourg. De plus, les rapports entre les deux fonctionnaires honoraires Sironi et Baldacci se dégradent rapidement et donnent lieu à une longue querelle entrecoupée d'implications à caractère personnel. Leurs litiges ont des répercussions inévitables, aussi bien dans les associations que dans la collectivité-même et se concluent par leur destitution respective des charges consulaires. En considération des intérêts notoires désormais présents dans le secteur, le Ministère décide, désormais, d’éviter la nomination de fonctionnaires honoraires provenant ou liés aux communautés locales. Par conséquent, le décret royal du Il mars 1928, n.970, régissant la réorganisation du réseau des Bureaux Consulaires Royaux à l'étranger érige un Vice-Consulat à Mulhouse, dépendant du Consulat Général de Strasbourg. La compétence territoriale de la représentation couvre le département du Haut-Rhin. Durant la période qui s'étend de la fin des années 20 à la guerre, le Siège de Mulhouse revêt une certaine importance, est convoité et destiné à une catégorie de fonctionnaires déjà expérimentés. De plus, sa proximité de la frontière lui confère également une importance militaire et des fonctionnaires expérimentés dans l'armée y sont nommés. Le 31 mai 1928, le Consulat est confié à Sergio Augusto Gradenigo, âgé de 41 ans, originaire de Trieste, Officier des Alpins durant la première guerre mondiale, décoré de la médaille d'argent à la valeur militaire, légionnaire, un des rares fonctionnaires des Affaires Etrangères qui participera à la Guerre d’Ethiopie. C'est un produit typique du ventottismo, mécanisme qui insère des individus méritant de la cause fasciste ou des ex-combattants dans la carrière diplomatico-consulaire. Gradenigo, qui dirige également, pendant une brève période, le Consulat à Strasbourg, sera transféré au printemps de 1931. Le premier juillet de la même année, Decio Liebmann, âgé de 36 ans, autre fonctionnaire entré dans la carrière suite aux dispositions particulières d'après-guerre, est nommé à la tête de ce Consulat, Volontaire de guerre, il avait précédemment dirigé le Consulat de Skoplje. Il mourra dans l'exercice de ses fonctions après quelques mois, le premier novembre 1931. Le 31 décembre suivant, le Consulat est confié à un fonctionnaire provenant, par contre, de la sélection par voie de concours, un turinois, âgé de 29 ans, Mario Conti. Entré dans la carrière en 1927, après un service militaire d'officier de complément, il acquiert d'abord une expérience au Ministère puis comme secrétaire, à l'Ambassade de Budapest. En mai 1933, Conti est transféré à Port Said et est remplacé, après quelques mois, par le napolitain également âgé de 29 ans Alfonso D'Aquino di Caramanico, entré dans la carrière par concours en 1930, après avoir effectué son service militaire en tant qu'officier d'infanterie. D'Aquino également, tout comme son prédécesseur, possédait une expérience ministérielle. Il avait ensuite exercé les fonctions de Vice-Consul à Toulouse. D'Aquino, dont la carrière le mènera entreautre aux fonctions de Directeur Général de l'Emigration, sera titulaire du Consulat jusqu'en juin 1936. Mario Pinna Caboni lui succède au Consulat. Ce fonctionnaire originaire de Pise, âgé de 28 ans, est lui aussi embauché par voie de concours et est également officier de réserve. Il rejoint Mulhouse 34 après avoir travaillé au Ministère et à Alger. En 1938, il est transféré à Tirana. Dans la période située entre le départ du Vice-Consul Pinna et le mois de septembre 1939, le Vice-Consulat est confié au Chancelier Guglielmo Della Morte. Ce dernier sera chargé de la fermeture du Consulat et de la destruction par le feu d’une grande partie des archives consulaires. Le titulaire suivant est un fonctionnaire de La Spezia âgé de 30 ans, Vittorio Bacci di Capaci. Entré dans la carrière en 1937, il prend ses fonctions à Mulhouse en février 1941, après une expérience au Ministère de la Communication et de la propagande et une première affectation à Cologne. Bacci, surpris par la guerre, rentrera au Ministère en 1944. La documentation de l'entre-deux guerres est également récupérée en puisant dans les sources d'informations de production et de celles des Archives de l'Ambassade à Paris. Contrairement à ce qu'il advint durant la période qui fit immédiatement suite à l’Unité, cette documentation est particulièrement riche car elle comprend, pour les années 1919-1943, plus de 300 enveloppes. De plus, la recherche devra inévitablement être orientée vers une consultation, qui, si elle n'est pas approfondie, sera très certainement massive. Pour presque toutes les années, des dossiers essentiellement administratifs ont été rédigés et sont destinés aux Consulats italiens en France. Parmi les dossiers traitant des aspects migratoires, ceux relatifs à l'assistance des Italiens à l'étranger doivent être signalés, ainsi que ceux concernant les regroupements à l'étranger et les écoles, ceux présents sous des rubriques diverses comme la politique sociale française ou le traité du travail italofrançais. Les dossiers sur l'antifascisme et d'autres rapports concernant l'économie sont également très intéressants. Par contre, la documentation sur les autres Consulats est quasi inexistante, conséquence des destructions causées par les guerres ou simplement par le fait que de nombreuses représentations tardent à déposer les documents qui pourraient encore être utiles au déroulement du service (6). En ce qui concerne les dossiers produits par l’Administration Centrale, des résultats modestes peuvent être obtenus par les différentes séries d'affaires politiques, alors que d'autres, plus consistants, dérivent de l'examen des archives du commerce (7). La connaissance des noms des émigrés peut être une clé d'accès à la série des Affaires privées (soumise à la loi des soixante ans) et à la série du Contentieux. La documentation des archives de l'école, où certains dossiers traitent de Mulhouse, est plus intéressante. Il faut, par contre, souligner les carences dans les Archives-même des bureaux compétents concernant les Italiens à l'étranger. Les archives du personnel se révèlent plus fructueuses que par le passé. Outre les dossiers des fonctionnaires, ils décrivent des tranches de vie de la collectivité dans le dossier relatif au Consulat et dans ceux concernant les autres sièges. Les Archives de l'école offrent des informations complètes pour ne pas dire très copieuses (8). Par contre, les dossiers des différents bureaux ayant des compétences sur les Italiens à l'étranger (9) ne sont pas encore disponibles, parce que non transmis ou appartenant à des envois non classés. Parmi ces derniers, plus fiables, les Affaires privées sont intégralement conservées. Elles ne sont consultables, néanmoins, conformément à la loi en vigueur, que jusqu'en 1927. 35 En ce qui concerne l'Administration Centrale, il est nécessaire de garder en mémoire que, durant la période fasciste, l'on assiste au développement du cabinet qui, plus qu'un centre de référence de l'activité politique du ministre, devient le centre propulseur de l'activité ministérielle. Souvent, il exproprie les bureaux et évoque de manière formelle ou informelle le traitement des affaires. Fait particulièrement caractéristique du moment : ceci survient par la création des bureaux (à un certain moment, on parvint quasiment créer une direction générale) à l'intérieur du cabinet, qui finit par devenir réellement une sorte de ministère dans le ministère. Afin de donner une mesure à ces affirmations, il suffit de penser qu'à cette époque, à l'intérieur ou aux dépendances du cabinet, on pouvait trouver : le Bureau Espagne, le Bureau Coordination, le Bureau du conseiller historique du ministère, le Bureau guerre économique (UGE), le Bureau coordination Allemagne (COGE), le Bureau Armistice paix (le sigle AP ou Gab AP utilisé pour identifier ce bureau a souvent fait que les documents de ces archives soient dispersés ou mélangés avec ceux des affaires politiques), le Bureau des publications, les archives historiques, généraux et la bibliothèque (P.A.B.), le Bureau Albanie, le Bureau Monténégro, le Bureau Armistice, le Bureau Croatie, le Bureau Dalmatie et Slovénie, le Bureau Grèce, le Bureau frontières, le Directeur Général pour les affaires concernant la Grèce, le Monténégro, la Dalmatie, la Slovénie, la Croatie, l'armistice et les frontières, le Bureau coordination études et documentation. Bien qu'en considérant une certaine succession parmi les bureaux, le phénomène reste extrêmement significatif (10) et a pour conséquence que le complexe documentaire sans doute le plus considérable, durant la période fasciste et à la lumière de ce qui est exposé plus haut, est celui constitué par les archives du Cabinet. Souvent ces documents sont improprement appelés "Carte Cancellotti", dénomination qui se réfère, en réalité, à la partie des archives du cabinet qui, après le 25 juillet, fut cachée dans les souterrains du palais Lancellotti prévus à cet effet. Ces archives ont subi des mutilations et des disparitions, malheureusement sans réparation, conséquence des événements de guerre et des dégâts causés par des facteurs naturels (11). Elles constituent malgré tout un complexe imposant. Parmi les séries à retenir, la série GAB, les documents du Bureau de la coordination, UC d'après les sigles contemporains, les dossiers du Bureau AP. Dans la série GAB, la documentation est plutôt riche et peut offrir des détails intéressants. Regroupements et autres institutions italiennes à l'étranger, émigration clandestine, incidents impliquant des Italiens peuvent être des exemples des arguments qu'on y trouve. Des informations du même type, mais quantitativement plus limitées, se trouvent dans la série UC. Dans la série AP, l'on signale les premières vingt enveloppes contenant, entre autre, (dans la correspondance avec la CIAF) de la documentation relative à la situation des Italiens en France pendant la guerre. Enfin, une source organique qui, dans une certaine mesure, permet de palier aux nombreuses lacunes citées est constituée par la collection des volumes de télégrammes regroupés par le Bureau des communications. Ces derniers couvrent toute la période sans lacune et sont, en général, présents sous deux formes : une collection qui rassemble les télégrammes par ordre numérique d'arrivée et de départ et une collection où les télégrammes sont réunis par pays de provenance ou de destination. 36 Notes et références bibliographiques 1. Détruites par le feu en septembre 1939 2. ASDMAE, Archivio del personale, VC2, "Circoscrizione consolare", Allemagne, Adamoli a Lanza, Roma, 31 octobre 1894, dépêche n.41094/526. 3. L'accordo italo-francese sul trattamento degli operai italiani in Alsazia e Lorena, dans IC "Bollettino dell’Emigrazione" XIX (1920), pages 3-5. 4. L'Agence est instituée par décret ministériel du 10 mars 1926. 5. L'emigrazione italiana dal 1910 al 1923. Relazione presentata a S.E. il Ministro degli Affari Esteri dal Commissario generale dell'emigrazione, Rome, Editions du Commissariat Général de l’Emigration, 1926, vol. 2, pages 456-457; L'emigrazione italiana negli anni 1924 e 1925. Prefazione di S.E. Mussolini. Relazione sui servizi dell'emigrazione presentata dal Commissario generale, Rome, Editions du Commissariat Général à l’Emigration, 1926, pages 382-383. 6. Dans les années trente, outre l'Ambassade, la France compte sept Consulats Généraux (Paris, Lyon, Marseille, Nice, Strasbourg, Toulouse, Bastia, cf. Annuario diplomatico del Regno d'Italia, 1937), dix-huit Consulats et Vice-Consulats, quasi totalement confiés à un personnel de carrière (Bordeaux, Chambéry, Grenoble, Dijon, Le Havre, Lilles, Metz, Montpellier, Nîmes, Nancy, Nantes, Cannes, Menton, Reims, Mulhouse, Toulon, Auch, Ajaccio) et plus de cinquante agences. A l’heure actuelle, les documents des différentes délégations CLAF pour l'assistance et le rapatriement n'ont pas encore été envoyés, bien que cette correspondance soit abondante et qu'elle soit présente dans les documents politiques et dans le Gab AP. 7. Dans cette série apparaissent des dossiers dédiés à la présence italienne alors qu'elle assume un rôle politique. Par exemple, en ce qui concerne les réfugiés politiques, en cas d'incidents, d'arrestations, d'expulsion, de persécutions de citoyens vraies ou présumées ou dans le cas de législation nationale française qui influence le statut de l'associationisme italien ou encore quand l'emploi de main-d'œuvre nationale en arrive à assumer un aspect politique, par exemple. Les Archives du commerce, appelés encore séries "affaires économiques" ou t'affaires commerciales", envoyés aux archives historiques à plusieurs reprises, est suffisamment complète pour la période. Par contre, ils ne possèdent pas de structure pour les années auxquelles on se réfère. Dans tous les cas, une consultation massive de la documentation est nécessaire. Cette dernière est, par ailleurs, facilement déterminable, se rapportant au pays, dans l'exemple concret de la France. Dans ce cas également, il est possible de mettre en évidence, entre-autre, la documentation relative à la présence de capitaux italiens et à l'emploi de main-d'œuvre nationale. 8. Succinctement, à propos des écoles, il est bon de signaler qu'en ce qui concerne la France, il existe une partie générale dans la 37ème position, que la position VII contient des dossiers relatifs aux écoles elles -même, la position IV se réfère aux instituts de culture, la X aux bourses d'étude, la XI aux publications et la XII aux concours. La documentation est sans 37 aucun doute très riche. Du reste, à la veille du conflit, plus d'une trentaine d'écoles sont opératives en France, aux origines variées et aux diverses conditions juridiques. 9. La documentation produite par la Direction Générale des Italiens à l'étranger dans la période qui nous intéresse n'a pas été envoyée aux Archives historiques diplomatiques. Cette constatation avait déjà été faite dans le cadre des recherches ayant porté à la réalisation, de la part de la Direction Générale de l’Emigration et des Affaires Sociales et des Archives Historiques Diplomatiques de la collection de livres "Fonti per la storia dell'emigrazione", qui recueille actuellement neuf volumes. En fait, force est de constater, au stade actuel, que les complexes organiques s'arrêtent avec la suppression du Commissariat Général à l'émigration. Ses archives, loin d'être complets, ont faits l'objet d'une récente réorganisation et d'un nouvel inventaire. Cette affirmation nécessite, par contre, quelques précisions. La Direction Générale des Italiens à l'étranger (D.G.I.E.) dans la structure établie par décret ministériel du 18 juillet 1936 et par l'ods du 1er août 1936, n. 32, prévoit, 4 bureaux, chacun d'eux avec leurs propres archives, respectivement compétents pour : les organisations fascistes et les instituts de culture en premier lieu, les affaires privées en second, les écoles à l'étranger en troisième et le travail italien à l'étranger en quatrième. Le décret ministériel du 20 septembre 1937 ET L40ds du 22 septembre 1937, n.32 soumet à la dépendance directe du sous-secrétariat tous les services concernant les regroupements italiens à l'étranger, les organisations fascistes, les instituts de culture, les écoles et le travail à l'étranger, en les soutirant, en pratique, à la Direction Générale. Les compétences des bureaux deviennent, par conséquent, les suivantes : Bureau I : Maisons en Italie, loisirs des travailleurs à l'étranger, propagande et assistance ; Bureau II : affaires privées; Bureau III : écoles à l'étranger, activités culturelles en général; Bureau IV: travail italien à l'étranger. Suite au décret ministériel du 5 septembre 1940 et à l'ods du 5 septembre 1940, n.26, le Service Affaires privées ainsi que la réduction à trois des Bureaux de la Direction qui en découle sont institués, avec la répartition de compétences suivante : Bureau I : loisirs des travailleurs à l'étranger ; propagande et assistance. Bureau II : écoles à l'étranger, lectorat et instituts de culture. Bureau III : travail italien à l'étranger (…). (suite) En 1942, une modification ultérieure des compétences est apportée, qui permet au Bureau I de s'occuper des : Maisons d'Italie ; loisirs des travailleurs à l'étranger ; propagande et assistance ; secours quotidiens aux familles, résidants à l'étranger, des militaires aux armes ; le Bureau II de : écoles italiennes à l'étranger, activités culturelles, Instituts de culture et le Bureau III de travail italien à l'étranger. La reconstruction sommaire de l'alternance de la DGE met à jour une série de phénomènes de transfert de compétences et de succession parmi les bureaux. En conséquence, certains noyaux de documentation apparaissent dans les dépôts des bureaux successifs. Ceci advient, en particulier, aux documents relatifs aux affaires privées conflués dans le SAP et pour ceux des écoles, hérités puis déposés à la Direction Générale des relations culturelles d'après-guerre. En l'état actuel, les dépôts d'organisation relatifs aux autres compétences citées ci-dessus ne peuvent, par contre, être identifiés. 38 10. Sur l'organisation du cabinet et sur les archives de ce même bureau, produits durant la période fasciste, cf. P. Pastorelli, Le carte di gabinetto del Ministero degli Affari Esteri, 19231943, dans "Storia delle relazioni internazionali", 1989, pages 313-343. 11. Cf. P. Pastorelli, op. cit., pages 315-326. 39 L'immigration Italienne en Alsace et la longue histoire de l'immigration italienne en France Antonio BECHELLONI Directeur du C.E.D.E.I. Centre d'Etudes et Documentation de l'Emigration Italienne en France, Paris I Je commencerai par évoquer les chemins par lesquels moi-même j'ai été amené à m'intéresser à l'immigration italienne en France. J'essaierai ensuite de situer à grands traits l'émigration italienne en direction de la France sur l'arrière-plan de l'émigration italienne dans le monde. Je tenterai, enfin, de brosser un tableau des traits et des principales étapes de l'immigration italienne en France en m'arrêtant notamment sur la dernière de ces étapes. Celle qui débute après la Deuxième Guerre mondiale et au sein de laquelle l'immigration dans l'Est de la France, en Alsace et tout particulièrement dans le Haut-Rhin occupe une place de choix. L'existence d'une importante colonie italienne installée en France depuis peu de temps fut pour moi, autrefois, une véritable découverte. Je veux dire par là non pas la découverte d'un sujet possible d'étude. Mais la découverte du phénomène en lui-même. La manière de laquelle cette découverte eut lieu ne fut pas dénouée d'un côté que je n'hésite pas à qualifier de choquant. A l'occasion des premiers temps de mon séjour français, il y a longtemps hélas, à la fin des années 60, il m'arriva d'entendre un jour le gardien de nuit du modeste meublé que j'occupais au quartier latin parler au téléphone en un italien qui pour être mâtiné de quelques gallicismes n'en était pas moins parfaitement idiomatique. A ma demande, formulée dans ma langue natale, d'engager une conversation quelle ne fut ma surprise de m'entendre répondre, avec un ton qui n'admettait ni réplique ni épilogue : je n'aime pas parler italien. Je ne tardai pas à réaliser qu'il ne s'agissait là ni d'un cas isolé ni d'un cas atypique. Je ne pus qu'en prendre acte tout en voyant dans l'existence de cette italianité honteuse une absurde anomalie. Les raisons qui m'avaient poussé à quitter, tout à fait temporairement - au moins je le pensais alors - l'Italie étaient ponctuelles et conjoncturelles. Et tout à fait ponctuelles et ciblées étaient les raisons qui m'avaient dirigé vers la France. Par ailleurs, dans l'éducation que j'avais reçu, aussi bien dans l'entourage familial que dans les institutions scolaires que j'avais successivement traversées, tout avait contribué à me rendre particulièrement fier d'être italien. Le refus, donc, fréquent même si formulé avec des nuances changeantes, d'assumer leurs origines italiennes de la part d'Italiens, souvent, mais pas toujours, de la deuxième génération, et parfois relevant d'une catégorie intermédiaire, que je découvrais par ailleurs beaucoup plus nombreux que je n'avais soupçonné au départ, passée la première réaction de stupéfaction avait eu l'effet salutaire de bousculer mes certitudes et de m'inviter à prendre en considération l'existence d'un univers de représentations, d'affects, d'aspirations qui était bien lointain de ceux propres à cette espèce de microcosme, nourri de fréquentations livresques et intellectuelles, qui était alors le mien. Il n'est pas sûr que je sois maintenant en mesure de trouver une explication à ce qui m'était apparu comme une anomalie lors de cette première rencontre avec les Italiens de France, ou mieux avec les Français d'origine italienne à la fin des années 60. Je pense néanmoins être mieux en état de mesurer la complexité des facteurs en jeu. Replacée dans la perspective des migrations italiennes à l'échelle de 40 la planète - de celle que d'aucuns appellent depuis quelques années, avec un terme que personnellement je trouve abusif, la diaspora italienne - cette attitude de dénégation, plus ou moins embarrassé, plus ou moins assumée, de leurs origines, de la part des Italiens de France appartient à une typologie dont la France n'a certainement pas le monopole. Déjà, à la fin des années 40, un grand historien italien attirait l'attention sur le fait que si les Italiens d'Argentine aimaient faire remarquer que le Président de la République, Pellegrini, était fils d'un ingénieur italien, de la part du Président lui-même les déclarations de reconnaissance de son ascendance italienne était chichement mesurées: "Comme tous les autres "hijos del pais" commente Volpe, Pellegrini n'avait pas une grande sympathie pour les confrères d' Immigration et ne parlait même pas leur langue pour éviter que l'on se moque de lui et qu'on l'appelle "hijo de gringo". Et même les jeunes italiens ne voulaient pas qu'on les appelle gringos, c'est à dire étranger dans le sens péjoratif du terme, c'est-à-dire Italien. Ils répondaient : je ne suis pas gringo, je suis argentin..." A l'autre extrémité, nous trouvons les innombrables Little Italies des Italiens installés dans la partie septentrionale du continent nordaméricain, j'allais dire dans sa partie protestante et anglosaxonne, mais en fait la communauté italienne de la ô combien catholique et francophone Montréal fonctionne exactement de la même manière. Nous nous trouvons en d'autres termes devant une italianité plus qu'assumée, revendiquée, étalée, exhibée comme une oriflamme, découverte même, nous disent beaucoup de recherches récentes, quand ce n'est pas carrément inventée ou tout au moins réinventée, construite en immigration. Opposition entre pays où la similitude de langue, de religion, de culture entre les autochtones et les immigrés italiens était telle - en Argentine certainement plus qu'en France - qu'une stratégie individuelle d'intégration fondée sur le mimétisme à l'égard de l'environnement d'accueil et l'occultation de ses origines était payante et pays où le rejet et la stigmatisation des Italiens fondée sur leur simple apparence physique et leur manière de parler et de s'habiller était telle qu'il ne restait qu'à se replier sur la communauté des "compaesani" devenus Italiens en réponse à la stigmatisation du milieu environnant ? Ou encore opposition entre un modèle jacobin fondé sur un tête-à-tête entre l'Etat et ses institutions d'un côté et des individus pris en compte indépendamment de leurs origines de l'autre et un Commonwealth fondé sur l'articulation plus ou moins heureuse et plus ou moins équitable entre des communautés régies chacune par leurs propres lois internes ? Sans doute. Mais, à partir de ces oppositions valables sur le long-terme, que d'infléchissements en fonction des conjonctures, des fortunes changeantes des pays d'émigration et des pays d'accueil et donc de l'idée que leurs ressortissants respectifs se font les uns des autres ? En fonction de paramètres tout à tour différents - historiques, culturels, géographiques - l'insertion des communautés italiennes dans les différents pays a revêtu les formes les plus diverses : du rejet et de la marginalisation plus ou moins prolongée dans le temps au repli sur soi, de l'intégration progressive dans le pays d'accueil sans perdre les marques de leur langue et de leur culture à l'assimilation accompagnée d'une perte de leur identité allant jusqu'à rendre désormais invisibles ou transparents les individus issus d'elles, au passage, enfin, dans tel autre pays, d'individus appartenant à des générations successives sans qu'à chaque génération il n'y ait guère plus que quelques individus qui soient tenté d'y faire souche. Bref, selon les pays, que ce soit en Europe ou dans les pays dits nouveaux, latins, ou anglosaxons, l'expérience migratoire italienne a donné lieu je ne dis pas à toute la gamme des cas de figure 41 possibles, mais certainement à un très important nombre d'entre eux. Ces derniers temps, dans presque tous les pays, a fini par s'imposer une représentation en quelque sorte édulcorée de l'expérience migratoire italienne qui l'a transformée en une sorte d'expérience modèle. La bonne immigration, en somme, par rapport à d'autres plus récentes qui le seraient moins. En France on connaît également cc refrain. L'expérience italienne serait celle d'une intégration réussie. Personnellement je préfère parler d'intégration inégalement réussie. Encore que le terme intégration lui-même mériterait d'être discuté et précisé. Inégalement selon les temps et les lieux. Mais laissons ici le plus vaste monde et arrêtons-nous justement sur la spécificité de l'immigration italienne en France. II Spécificité à la fois par rapport aux autres immigrations étrangères en France et par rapport à l'émigration italienne dans d'autres pays. La France est, peut-être avec la Suisse, le seul pays vers lequel les Italiens se dirigent tout au long de leur cycle migratoire à l'exception de la toute dernière décennie de celui-ci. Les Italiens, par ailleurs, occupent la première place parmi les étrangers en France de 1901 à 1962. Et encore en 1975 ils sont plus nombreux qu'en 1901. Cette permanence dans le temps recouvre néanmoins des trajectoires migratoires dont une partie seulement se recoupent et permettent aux individus et aux groupes qui en relèvent de s'appuyer sur la vague précédente. Mais voyons rapidement ces vagues successives. La première, celle de la fin du siècle dernier, est aussi celle qui a frappé le plus les imaginations. Parce qu'elle a été la plus ponctuée de conflits aigus avec la population autochtone, conflits pouvant aller jusqu'à l'affrontement sanglant dont celui d'Aigues-Mortes, en août 1893, est le plus connu en raison du retentissement qu'il eut à la fois dans les instances du mouvement ouvrier des deux pays et sur le plan des relations internationales. Cette première vague ressemble beaucoup, même quand l'origine géographique n'est pas la même, aux vagues migratoires se dirigeant vers d'autres pays : l'Allemagne ou la Suisse en Europe, les Etats-Unis. Il s'agit d'une émigration essentiellement temporaire même si la plupart du temps elle n'est plus tout-à-fait saisonnière. C'est en tout cas une émigrationimmigration qui n'a pas vocation à s'intégrer à la population des pays d'accueil et dont effectivement seulement une partie s'intégrera. 1.800.000 Italiens sont entrés en France de 1873 à 1914. Les présences italiennes en France en 1911 ne sont pourtant que 420.000. Comme l'a rappelé Pierre Milza (Voyage en Ritalie, Paris, Plon, 1993) ceux qui ont été intégrés sont la partie émergée d'un immense iceberg humain. Au début du siècle déjà les choses s'infléchissent. Nous assistons là au passage d'une immigration essentiellement masculine et éminemment nomade à de premières formes d'immigration familiale et de sédentarisation, à l'apparition aussi des premiers groupes d'Italiens nés en France ou arrivés en France en bas âge et qui allaient être scolarisés en France. Nous pouvons en outre mesurer le rôle joué par la participation italienne aux organisations et aux luttes du mouvement ouvrier dans les premières formes d'intégration des Italiens dans l'univers ouvrier français et dans l'atténuation des conflits qui les avaient tant de fois mis aux prises avec l'hostilité des ouvriers du cru dans la période précédente. Nous assistons, enfin, à l'apparition d'une deuxième voie d'intégration des Italiens à l'économie et à la société française : l'installation à leur compte, le lancement d'entreprises 42 individuelles essentiellement dans le bâtiment ou encore dans la restauration et le commerce de produits alimentaires d'origine italienne. Vient ensuite la vague de l'entre-deux-guerres. Les modalités des parcours migratoires rappellent celles de la vague précédente. Les origines régionales aussi : pour la plupart situées dans l'Italie septentrionale et centrale encore que l'on peut constater un changement dans l'ordre d'importance des différentes régions septentrionales. Les figures sociales aussi sont en partie les mêmes qui avaient participé à la vague précédente. En partie, seulement, cependant, Une autre partie, en effet, ce sont de nouveaux venus. Par les raisons qui les poussent à émigrer - raisons qui souvent sont liées à l'instauration du régime fasciste en Italie - par les régions de France qui fonctionnent comme pôles d'attraction. Les mécanismes d'intégration aussi sont en partie nouveaux. Les parcours relevant de la mobilité socio-économique ne convergent pas nécessairement avec les filières et les agents d'intégration relevant de la socialisation politique, syndicale ou plus généralement militante. La guerre intervient sur cela avec une Italie fasciste jouant en elle le rôle, pas sympathique et certainement pas glorieux, que tout le monde connaît. La guerre dramatise les enjeux. Parfois elle donne un brusque coup d'accélérateur à l'intégration, parfois elle imprime un coup d'arrêt. Et nous en arrivons là à la dernière vague en direction de la France : celle qui démarre au lendemain de la guerre. Elle est logée à l'enseigne du paradoxe. Certes, les Italiens sont alors délibérément recherchés non plus par des organismes privés mus par des objectifs de lucre à court terme, mais par des organismes publics, en charge de l'intérêt général, censés mettre en place une politique ambitieuse d'immigration de peuplement. Cependant il s'agit souvent d'un choix auquel on se résigne, d'un choix par défaut plus que d'un choix motivé positivement. En outre la conception largement dominante de l'apport étranger à la société française, même parmi ceux qui le préconisent, exclut toute idée d'une contribution active de la part des nouveaux venus, d'une contribution qui prenne appui sur leur personnalité propre: « Toute distinction doit être effacée entre les Français d'origine étrangère et les Français d'origine autochtone » - peut-on lire dans une note officielle du printemps 45 accompagnant un projet de loi sur la Francisation des noms de famille. Et la note de poursuivre avec la formulation suivante qui pour être sans doute extrême n'en est pas moins révélatrice d'une mentalité qui, elle, était beaucoup plus répandue : « Les fondateurs des ordres religieux - véritables Etats qu'on nomme, très justement "Sociétés monastiques" - ont tous suivi la même politique: ils ont tout fait pour que le nouveau venu dans la communauté oubliât, avec le monde, sa famille, ses proches, pour qu'il n'eût plus d'autre famille que l'Ordre ou la compagnie où il venait d'entrer. La nouvelle patrie de l'étranger doit imiter ce sage exemple, lui faire oublier à lui-même et faire oublier à ses concitoyens son origine francisation des noms de consonance étrangère est la condition primordiale d'un tel oubli...] Bref, une entrée en francité conçue comme une entrée en religion. Or, cette conception à tout le moins contraignante, des devoirs censés être ceux de tout étranger en France ajoutait ces effets à l'inimitié que les blessures de l'histoire récente avaient ravivée à l'égard tout particulièrement des Italiens en tant que tels. Il est vrai que cette inimitié était en partie neutralisée par les liens que des Italiens non encore intégralement francisés avaient tissés avec les autochtones sur les lieux de travail et de socialisation. Il est difficile de savoir comment les choses auraient évolué si la venue des Italiens à la fin des années 40 et au début des années 50 avait revêtu l'ampleur prévue par experts et officiels au 43 lendemain de la guerre. Peut-être les rapports entre Italiens et Français se seraient envenimés se doublant d'une incompréhension ultérieure entre nouveaux immigrés et français d'origine italienne installés, comme c'était souvent le cas dans les départements de plus vieille immigration du pourtour méditerranéen, dans une francité de néophyte d'autant plus intransigeante et intolérante. Le fait est que cet afflux recherché et souhaité par une partie des autorités préposées à la politique migratoire de la France n'eut pas lieu, en tout cas pas dans les proportions prévues, avant bien longtemps. De 1948 à 1955 le nombre de travailleurs italiens entrant en France ne dépasse que rarement le modeste chiffre de 40.000 unités et il est accompagné d'un nombre de retours dépassant la moitié de ce chiffre. Quand, enfin, l'afflux se produisit, l'espace de trois-quatre ans, à la fin des années cinquante, on a affaire avec un décor qui a changé radicalement. Des deux côtés des Alpes. La société française entame alors sa "grande transformation". A terme, une conception sans doute plus ouverte, surtout plus plurielle, de la francité verra le jour et elle marquera l'autoreprésentation que la France aura d'elle-même et de la place tenue dans son histoire récente par les différents apports étrangers. Ceci au moins jusqu'à la crise d'identité de ces dernières années dont l'émergence d'abord et l'installation durable ensuite du Front national dans le paysage politique français sont le symptôme le plus alarmant. De cette mutation il ne fait pas de doute que les Italiens ont été, parmi les étrangers s'étant installés en France, ceux qui en ont profité le plus. Si tel a été le cas, cependant, c'est aussi parce que l'Italie elle-même a connu à peu près en même temps sa "grande transformation". Les Italiens, même ceux des régions les plus défavorisées, ne se trouvent plus dans l'obligation d'accepter n'importe quelles conditions pourvu qu'on veuille bien les accepter en France. Même quand ils sont acculés à l'émigration ils ont devant eux un choix réel entre différentes destinations possibles sans qu'aucune d'entre elles les oblige vraiment à un abandon définitif de leur région d'origine. Ainsi, dans une France s'ouvrant largement à l'étranger, les Italiens voient leur position relative portée vers le haut sous le triple effet de cette ouverture, du fait que de tous les étrangers ils sont les plus recherchés, du fait, enfin, que le pays dont ils viennent est celui qui jouit de l'image la plus positive. Paradoxalement, une partie des facteurs qui sont à l'origine de leur valorisation dans le contexte français sont aussi ceux qui expliquent le tarissement progressif et à terme l'épuisement du cycle migratoire lui-même. III Mais là il me faut revenir sur mes pas et voir avec vous la place que l'Est de la France a occupé dans les phases successives de cette longue trajectoire migratoire. Quand je dis l'Est de la France j'exclus d'emblée le Sud-Est, aussi bien le Sud-Est méditerranéen que celui des vallées alpines et de la vallée du Rhône. La présence italienne dans ces régions remonte loin dans le temps et se caractérise par une très grande continuité entre les migrations par capillarité propres de la mobilité d'ancien régime et les migrations de masse de l'âge industriel. Tel n'est pas le cas pour l'Est de la France. Ici l'immigration de masse italienne est un phénomène nouveau qui s'impose en très peu de temps : dans l'arrondissement de Briey, en Meurthe-et-Moselle, on ne signale que 40 italiens en 1872 et ils seront 40.000 à la veille de la Grande Guerre. Le lien avec l'exploitation des gisements de fer lorrains est évident. Il est intéressant de constater que la chronologie de la présence italienne est à peu près la 44 même dans les départements annexés par le Reich impérial. Ici aussi la croissance est continue à partir de 1890. Des 300.000 Italiens présents dans le Reich impérial à la veille de la guerre de 14, sont localisés en Alsace-Lorraine. Ce qui fait que le nombre d'Italiens présents dans la Lorraine française est à peu près comparable à celui qui est présent dans la Moselle annexée. Les régions d'origine en Italie sont aussi grosso modo les mêmes ainsi que les caractéristiques sociales et démographiques des migrants : taux de masculinité élevé, nomadisme, turn-over accusé. Avec des nuances tout de même : 1) dans le Reich impérial il semble que le réseau d'assistance lié aux organismes catholiques ait joué un rôle plus important du fait que les Italiens atterrissaient dans des régions catholiques d'un Reich dominé par ailleurs par une Prusse protestante; 2) les femmes y ont occupé également une place éminente, numériquement parlant, du fait de la présence d'une industrie textile; 3) parmi les régions de provenance, enfin, les provinces vénètes et frioulanes, à leur tour, étaient plus spécialement présentes dans les départements annexés. Il pourrait y avoir eu là le même phénomène de continuité que j'ai signalé plus haut entre la mobilité par capillarité d'ancien régime et les migrations de l'âge industriel. Dans l'entre-deux-guerres, la présence italienne dans les quatre départements alsaciens et lorrains semble présenter encore plus de traits communs. Avec, tout de même, des traits spécifiques qui marquent chacun des départements et qui opposent, me paraît-il, la Lorraine et l'Alsace. La Meurtheet-Moselle garde la trace de la priorité dans le temps de l'installation italienne. Du rôle aussi des militants socialistes et syndicalistes. De la précocité, enfin, de l'enracinement. D'autre part, globalement, les Italiens sont beaucoup plus nombreux en Lorraine qu'en Alsace et en Lorraine même ils sont plus nombreux en Moselle (19700 contre 16800 en 1946) qu'en Meurthe-et-Moselle. S'ils sont moins nombreux en Alsace, ils semblent en revanche présents dans un nombre plus important de secteurs d'activités. Tout change après la guerre. Le processus d'enracinement des Italiens en Meurthe-et-Moselle se poursuit comme il est attestée par la progression spectaculaire des Italiens naturalisés qui passent de 8756 à 18480 entre 1954 et 1962. En revanche, en Moselle, on assiste surtout à la montée en flèche des nouvelles installations : alors que les Italiens en Meurthe-et-Moselle passent de 16.800 qu'ils étaient en 1946 à 26.000 en 1962, les Italiens installés en Moselle passent, eux, de 19.700 à 63.409. Le Haut-Rhin, quant à lui, semble logé à la même enseigne même si l'ordre de grandeur n'est pas le même : de 3.460 en 1946 à 14.060 en 1962. De 3 départements c'est le seul pour lequel on remarque une progression de la présence italienne même de 1962 à 1968 : de 14.060 à 16.200. Mais à partir de là je n'ai plus grand-chose à vous apprendre. En guise de conclusion, si, d'un côté, je ne peux que m'en remettre à ce que les uns et les autres auront à dire ici même tout à l'heure, je me limiterai à faire remarquer comment en Alsace, et notamment dans le Haut-Rhin, l'immigration italienne, beaucoup plus qu'ailleurs, est un phénomène récent et partant relativement peu étudié. 45 Les Italiens à Bourtzwiller (1921-1936) Francesco BELCASTRO Professeur Extrait du Mémoire de Maîtrise, Univ. De Strasbourg Papa dit que ça lui rappelle la grande époque de l'immigration, la grosse vague d'avant 14 et celle d'immédiatement après, celle de papa, justement. La France embauchait en masse pour la reconstruction des régions dévastées, les Ritals se sont rués. Chez eux aussi, c'était dévasté, ma niente soldi (1). Dans son récit d'enfance, François Cavanna nous plonge dans la banlieue Est de Paris, à Nogent-sur-Marne. Ce fils de maçon italien et d'une Morvandelle dépeint la vie des migrants italiens dans la France des années trente. Une migration qui ne débute pas après la Grande Guerre, mais qui s'inscrit dans la longue durée (2). Il faut cependant attendre l'entre-deux-guerres pour voir cette immigration atteindre un niveau record. L'hécatombe de 1914-1918 ne fait qu'accélérer un processus entamé depuis 1860, L'appel à une main-d'œuvre allogène est la condition sine qua non du redressement économique français. Georges Mauco analyse pertinemment la situation : la tyrannie des bras devient une réalité, non par suite de leur nombre, mais de leur raréfaction (3). De 1921 à 1936, les Transalpins représentent environ 3070 des étrangers présents en France. Dans la décennie 1920-1930, ils sont deux fois plus nombreux qu'avant la guerre (4). L'Italie est le premier fournisseur de migrants. Cette population est essentiellement composée d'ouvriers, de maçons, de manœuvres et de terrassiers, avec une forte majorité d'éléments jeunes. Les Années Folles sont une période d'intensification de flux relativement traditionnels issus de l'Italie du Nord et, en moindre mesure, centrale. Pourtant, malgré l'arrêt de l'immigration transocéanique, notamment vers les EtatsUnis et le Canada, les méridionaux, sont encore très peu représentés en France (exception faite de Marseille). Ils seront plus nombreux dans les vagues d'après 1945. L'un des faits majeurs de l'entredeux-guerres, après le gonflement des effectifs, est la nouvelle répartition géographique de cette colonie allogène. Désormais, ils se dispersent dans tout l'Hexagone. Aux pôles anciens se superposent de nouvelles concentrations. Le Sud-Ouest, c'est-à-dire les départements de la HauteGaronne, du Gers et du Lot rassemblent 50.000 Italiens en 1931. Les régions du Nord connaissent aussi un afflux important, le Nord, la Lorraine et, à moindre degré, l'Alsace (surtout le Haut-Rhin) (5). L'exemple de Bourtzwiller est à intégrer au phénomène géo-économique de la dispersion. Certes, les arrivées sont massives, mais la crise de 1931 bouleverse les données et les effectifs se réduisent. Les effets de la dépression économique seront relayés par les tensions diplomatiques. Ainsi, les Italiens arrivant en France dans les années vingt et trente du XXe siècle ne sont pas uniquement présents dans les départements proches des Alpes, départements souvent qualifiés d'italo-français (6). L'immigration italienne est le plus fort apport de population étrangère en France au cours de l'entre-deux-guerres. Deux types de migrations se juxtaposent. D'une part, il existe une migration organisée mais de faible ampleur ; elle découle de l'initiative de gros employeurs comme le Comité des Forges de Lorraine. Mais la plus importante forme de migration adoptée par les Transalpins est la migration spontanée. Des itinéraires sont déjà tracés, les relations familiales, les 46 cousinages et les autres formes de réseaux se combinent. Des familles entières voire des villages se déplacent. Ils cherchent, plus qu'un nouveau pays, de quoi vivre. Bourtzwiller semble s'inscrire dans ce schéma Industrielle (7). Des causes politiques poussent certains à émigrer, à fuir. Néanmoins, les Fuoriusciti, les antifascistes, ne représentent qu'une petite partie des départs. I. La recherche des sources d'archives La situation de l'espace français, à l'extrémité occidentale de l'Europe, lui a valu dans l'histoire de recevoir de nombreux apports de populations d'origine principalement méridionale et orientale : Ibères, Ligures, Latins vinrent s'y établirent et s'y fondre à la faveur de brassages nombreux. Cette diversité fondamentale de la nation française contribue probablement à expliquer que la France a su intégrer, au XXe siècle, plusieurs vagues d'immigration. Vidal de la Blache, dans son Tableau de la géographie de la France, analyse ce qu'il appelle la force d'assimilation de la France (8). L'étranger, que nous pouvons définir comme étant une personne n'appartenant pas à la communauté nationale, peut-il encore aujourd'hui se fondre dans le creuset français ? Actuellement, la persistance d'une grave crise économique facilite l'émergence de courants hostiles à la présence d'une nombreuse population étrangère, ce qui est peu conforme à la tradition nationale. Par ailleurs, ces idées extrêmes se fondent en un discours anti-européen. Les problèmes que suscite l'immigration ne sont pas neufs. Mais certains de nos contemporains semblent oublier qu'ils sont des descendants d'immigrés. Faut-il rappeler que le peuple français actuel est constitué par un bon quart de fils et petits-fils de migrants ? Pierre Goubert note que les français d'aujourd'hui, souvent si orgueilleux de leurs racines, sont tous issus d'une multitude de peuples qui se sont mêlés aussi souvent qu'entrégorgés (9). Au regard des débats politiques actuels, l'immigration est un enjeu au même titre que le chômage ou les banlieues. En France, le code de la nationalité, adopté en mai 1993, et la récente loi concernant la maîtrise des flux migratoires sont marqués par l'ignorance du passé : en effet, l'histoire de l'immigration est un point aveugle de l'historiographie (10). Pierre Milza illustre par un exemple précis le manque de recherche historique en la matière. Le concept, si souvent mis en avant, de bonne immigration (celle des Italiens, Polonais ou Espagnols) opposé à la mauvaise immigration (Maghrébins, Africains), est sans fondamental. Aussi, est-il nécessaire de rappeler que l'intégration des Transalpins ou des Ibériques dans la société française ne s'est pas faite de manière paisible malgré ce que d'aucuns en disent. En fait, l'histoire des migrations internationales doit être abordée par une analyse globale de la société et surtout par le biais de la longue durée. Cette histoire des migrations est le fruit de multiples recherches régionales. Il faut se rappeler qu'en fonction du cadre spatial choisi par les migrants, les données économiques et sociales varient et qu'elles influencent notablement le processus d'assimilation ou, à l'inverse, de rejet. Ce mémoire propose l'étude d'une population étrangère dans un cadre spatio-temporel précis : les Italiens à Bourtzwiller dans l'entre-deux-guerres. Ce choix n'est pas fortuit, il repose sur deux arguments. Bourtzwiller est un important faubourg de Mulhouse qui, à cette époque, est une grande ville industrielle. Le dynamisme d'un tel pôle attire une main-d'œuvre nombreuse qui s'installe en grande majorité dans les petites unités urbaines qui forment la banlieue mulhousienne. De plus, il existe aux archives de la ville de Mulhouse une source quasiment unique : c'est un document sériel qui répertorie, pour la période allant de 1921 à 1932, toutes les entrées et sorties des Italiens passant à Bourtzwiller (12). Cette source exceptionnelle semble être un héritage allemand car il existe un fichier identique qui couvre la période 1911-1914. Il semble qu'une continuité existe entre les 47 informations contenues dans les deux documents. Les communes de naissance et les métiers exercés sont similaires. Le fort ralentissement des arrivées transalpines coïncide avec l'arrêt du fichier. En effet, la grande dépression des années trente touche durement la France en 1931-1932. Outre la venue de 862 Italiens, ce registre mentionne de nombreuses informations qui s'avèrent primordiales pour la connaissance d'une population urbaine : nom, prénom, date et lieu de naissance, profession, dates d'arrivée et de départ, dernier lieu de résidence et future destination si départ. Notre recherche se base donc essentiellement sur une source quantitative que nous avons étudiée par un traitement informatique. Une grande partie des figures et des tableaux qui illustrent le mémoire en est extraite. Néanmoins, les résultats obtenus ne doivent pas être considérés comme des valeurs absolues mais plutôt comme des indications. Certes ce registre est important mais la représentativité et la justesse de ses informations peuvent être sujettes à certaines critiques. L'immigration est une gigantesque machine qui brasse des millions d'êtres humains et ne laisse à chaque lieu d'arrivée qu'un petit nombre d'élus. Aucun document archivé, aucune statistique ne peuvent englober la totalité des migrants car ils échappent en partie à toute perception. Pouvons-nous être sûrs de l'exactitude de ce fichier ? Tous les Italiens transitant par Bourtzwiller, qui n'est pas avant 1928 une commune indépendante, n'y sont pas inscrits car certaines situations administratives les en empêchent. L'exemple le plus évident est sans aucun doute celui des clandestins. Les professions mentionnées sont-elles exactes ? Prenons le cas de tel ou tel individu qui vient plusieurs fois à Bourtzwiller : tantôt il est maçon, tantôt il est cimenteur ou encore manœuvre ! De plus, la tenue d'un tel document dépend en partie de la connaissance que peuvent avoir les migrants des démarches administratives françaises. Il faudrait savoir par ailleurs à quel endroit se trouve ce fichier, quelle administration le gère et le tient à jour ? Toutes ces questions sont importantes car elles conditionnent l'utilisation pertinente d'un tel document. Certains chercheurs l'affirment : connaître les principes qui président à la construction d'un document est indispensable pour l'utiliser". C'est pourquoi l'étude de cette population allogène ne se résume pas seulement à l'analyse de ce document sériel. Une seconde source quantitative s'avère précieuse. Le recensement de 1936 établit la liste nominative des habitants de la commune, c'est-à-dire de tous ceux qui y habitent le plus ordinairement". Les différentes nationalités sont indiquées dans le recensement depuis 1851. Ce document archivé nous est utile pour compléter le fichier mentionné ci-dessus. L'intégration et l'assimilation de certains individus anciennement allogènes transparaissent dans le recensement (naturalisations, mariages mixtes, enfants de nationalité française, etc.). Un tel document n'est pas exempt de toute critique ; les individus non répertoriés sont nombreux dans ce cas aussi. Toutefois, nous ne nous cantonnons pas aux seules sources quantitatives. La recherche d'informations qualitatives est difficile car les services d'archives ne permettent pas l'accès aux documents privés et nominatifs de l'entre-deux-guerres. Néanmoins, l'étude des annuaires de population et la lecture de certains périodiques de l'époque comme le Bulletin de la Société Industrielle de Mulhouse ou le Bulletin du Musée Historique sont riches d'informations sur la vie des populations urbaines. Cette étude enfin serait incomplète si la parole n'avait pas été donnée aux acteurs et aux témoins de cette migration transalpine en Alsace. Les précisions apportées par MM. Mélandri et Minisini compensent le manque de sources. Leurs témoignages nous permettent 48 d'aborder de manière vivante et originale les cadres spatiaux et les aspects socio-démographiques et professionnels de cette population allogène. II. Les cadres spatiaux de la migration. Toute migration met en rapport des espaces géographiques différents. La migration des Italiens de Bourtzwiller oppose une commune proche de Mulhouse, dynamique et bien desservie par de nombreux moyens de transports (lignes de bus et de tramway, gare du Nord à proximité, route de Mulhouse à Colmar), à plusieurs aires d'origine et de provenance. La majorité des migrants est née en Italie (70%). Les autres pays de naissance sont la France (12% dont 79% dans le Haut-Rhin) et les régions qualifiées de rhénanes (Autriche, Suisse, Allemagne et Luxembourg pour 3%). 96.6% des migrants, natifs d'Italie, sont nés dans la partie septentrionale : Frioul (57%), Emilie, Vénétie et Lombardie. Ces régions totalisent 64% des naissances totales. Ainsi, les provinces frontalières des pays suisse, germanique et français envoient un maximum de migrants. Tel est le cas de la région de Buia. Il se dessine autour de cette commune rurale, proche de la frontière italo-autrichienne, une large zone de villages de moyenne montagne qui envoient une partie de leurs habitants vers Bourtzwiller. Les Frioulans originaires de Buia (98 migrants), de Fagagna, Osoppo, Pinzano-alTagliamento ou encore San-Daniele représentent 21 % des Italiens du fichier" et plus de de ceux nés en Italie. Ainsi, en croisant les lieux de naissance et de provenance, une hypothèse peut être émise. La venue en Alsace d'une importante population italienne, sous influence germanique (le Tyrol jusqu'au Brenner, l'Istrie et le Frioul ne sont cédés à l'Italie que lors de la Conférence de la Paix en 1920-21), par des parcours balisés depuis plusieurs générations, peut aisément se comprendre. De plus, certains itinéraires peuvent apparaître lors du croisement de plusieurs sources. Quelques étapes, notamment en Suisse et en Allemagne, sont marquées soit par une naissance, soit par l'indication du dernier lieu de résidence avant Bourtzwiller (fichier, colonne L'analyse des lieux précédant l'installation à Bourtzwiller mais également celle des futures communes de destination (colonne IX) démontre que ces migrants arrivent et se dirigent vers des foyers industriels (Saint-Gall, Zug, Pratteln, Bâle, Munich, Pforzheim...). Cependant, une majorité des migrants est déjà présente en France avant de s'installer à Bourtzwiller (74%). En adoptant une échelle plus grande, nous remarquons, d'une part, que 92% de ces allogènes proviennent des régions françaises proches des frontières de l'Est, d'autre part que 95% de ces Italiens viennent en priorité des cantons proches de Mulhouse. L'attrait des bassins d'emploi mulhousien et potassique est la cause évidente de leur arrivée. D'ailleurs, sur les 863 Italiens recensés dans le fichier, 63% partent avant la clôture du fichier en 1932. Lors du recensement de 1936, la population transalpine de Bourtzwiller ne représente plus que 5% des habitants de ta commune (198 personnes). Ces départs correspondent, à chaque échelle d'analyse, aux mêmes caractéristiques que les lieux de provenance. L'Alsace concentre 79% des destinations envisagées au moment du départ (Mulhouse : 15%). Les informations concernant les lieux d'arrivée et les lieux de destination avec leurs dates précises permettent d'aborder un phénomène inhérent à la migration : le turn-over. En effet, toute migration peut être définitive ou temporaire. Des flux de migrants s'observent dans les deux sens. La migration ne laisse à chaque étape qu'une infime partie des contingents allogènes. Les 49 fréquences de départs sont rapides, car ils suivent immédiatement les arrivées. Les populations concernées n'hésitent pas à se déplacer souvent, leurs structures démographiques le permettent. Ainsi, 68% des migrants repartent moins d'une année après leur arrivée : En approfondissant l'analyse, nous remarquons que ces départs se situent dans les tout premiers mois. Les trois premiers concentrent 50% des départs : Ainsi, le processus migratoire obéit à des causes antagonistes. Les flux s'intensifient après la Grande Guerre et de véritables pôles de concentrations se créent. Ces derniers se situent à proximité des frontières, dans des régions dynamiques et pourvues de matières premières nécessaires à l'industrie et à l'artisanat. Tout un ensemble de relations s'échafaude entre les zones alpines et rhénanes. L'Italie du Nord, la Suisse, l'Autriche, l'Allemagne, le Luxembourg, la Belgique et la France figurent dans les sources archivées de ce faubourg de Mulhouse. Les aspects moteurs de la migration internationale sont présents à Bourtzwiller : espaces géo-économiques opposés et main-d'œuvre migrante disponible qu'il convient à présent de mieux cerner. III. Les caractères socio - démographiques et professionnels. Georges Mauco indique que la situation démographique de la population étrangère est en 1926 la conséquence directe de la migration économique. II recense 1.404.000 hommes et 1.004.000 femmes, soit une supériorité d’un tiers de l'effectif masculin (16). Ce phénomène est inverse dans la population française où les femmes sont deux millions de plus que les hommes (17). Ainsi, en 1926, pour 100 Français, nous trouvons 53 femmes. Dans la population allogène, nous avons 42 femmes pour 100 étrangers. Depuis la guerre, la France souffre d'un déficit de main-d'œuvre masculine, c'est donc parmi les hommes qu'elle recrute la population active nécessaire au fonctionnement de son économie. Par un simple comptage des effectifs masculins puis féminins de la population transalpine passant par Bourtzwiller dans la période considérée, nous obtenons un premier histogramme. Il met en évidence, pour chaque groupe d'âge indiqué, la supériorité du nombre d'arrivées masculines (confère 50 page suivante). Mise à part la classe d'âge [10-15] ans, où l'effectif féminin est égal à 18 individus et celui masculin à 16, toutes les autres classes d'âges ont une part plus grande d’hommes. Comment expliquer une telle sur-représentation du sexe masculin ? Ce n'est qu'à partir de 15 ans, quand l'homme est apte à travailler et à émigrer, que la prédominance du sexe masculin apparaît. Elle atteint son maximum entre 20-35 ans, âge de plus grande productivité économique et des initiatives les plus hardies. Les chiffres sont éloquents : entre 1921 et 1932, 601 hommes et 201 femmes passent par Bourtzwiller. Le rapport entre les deux sexes est alors de 100 hommes pour 43 femmes (en 1936, ce même rapport est respectivement de 100 pour 124 en ce qui concerne la population autochtone !). Le taux de masculinité est élevé : 70%, mais normal si nous considérons que ces migrants ont choisi les chemins de l'exil pour trouver un travail qui les fasse vivre. La situation rencontrée à l'échelon communal ne contredit pas les affirmations et les constats qu'a pu faire le géographe Mauco au niveau national. Ainsi, le premier trait caractéristique de cette population migrante italienne est la forte inégalité qui existe entre le nombre d'hommes et celui des femmes ; cette conclusion permet d'émettre une hypothèse sur la nature de l'immigration rencontrée. Elle serait donc plus d'ordre économique que politique. D'ailleurs, une seconde analyse confirme la nature économique de cette migration que certains qualifient de misérable. Le traitement de certaines informations sérielles répertoriées dans le fichier, date de naissance et date d'arrivée dans cette commune de la banlieue Nord de Mulhouse, permet le calcul de ce facteur qui s'avère primordial pour la connaissance démographique de toute population migrante. Le graphique de la page suivante détaille par tranche d'âge de 5 ans le nombre exact d'arrivants masculins et féminins. L'hypothèse formulée auparavant, à savoir que cette migration est de nature économique, se confirme et s'impose. En effet, la France est demandeuse de bras pour son industrie mais aussi pour tout le reste de l'économie : mines, bâtiment, hôtellerie, etc. Elle fait appel à une immigration de force de travail, à une population en âge de travailler. Elle doit à court terme combler les vides démographiques français. 51 Il faut rappeler les dires d'André Pairault, lorsqu'il parle de l’Italie de l'après-guerre : un pays pauvre en ressources naturelles mais riche en hommes, la première nation émigrante européenne. Elle seule sort de la Grande Guerre avec une population accrue. De 1871 à 1914, la Péninsule italienne passe de 26 à 35.5 millions d'habitants (taux de croissance de 36.5%), alors que l'Hexagone ne connaît taux de croissance démographique de l'ordre de 6.6% (37.5 à 40 millions d'habitants). L'écart semble s'être accentué pendant le premier conflit mondial. De plus, il faut rajouter à l'actif démographique italien les centaines de milliers d'émigrants partis depuis la deuxième moitié du XXème siècle. Le manque de jeunes français est en partie compensé par un apport transalpin dû à une forte natalité. Cette forte natalité pose certains problèmes, car l'Italie ne dispose pas cadre socio-économique propice à une telle croissance démographique et, par conséquent, au maintien d'un niveau de vie acceptable'9. C'est un pays où nombre de braccianti attendent toujours un emploi même temporaire. Une seule solution s'offre alors : l'émigration. Des hommes jeunes et extrêmement mobiles, car célibataires, affluent vers la France et un nombre, certes dérisoire par rapport au total, arrive à Bourtzwiller. A présent, analysons les chiffres obtenus par des calculs statistiques simples, comme la moyenne arithmétique appliquée à l'âge d'arrivée selon le sexe : Sexe Moyenne d'âge à l'arrivée 52 Masculin 28 Féminin 24 Le chapitre précédant montrait l'écrasante majorité des hommes, celui-ci illustre la jeunesse de ces migrants. 57% de ces derniers appartiennent aux classes d'âges comprises entre 15 et 35 ans. En affinant les calculs, nous remarquons que les groupes d'âges les plus à même de travailler sont surreprésentés. Voici la composition par âge des Italiens passant à Bourtzwiller entre 1921 et 1932 : Groupe d'âge (ans) 0 à 15 15 à 35 35 à 55 + de 55 % de la population masculine totale 13 57 25 5 Quel que soit le découpage utilisé, cette population migrante masculine est jeune. En fait, la même analyse peut s'appliquer à l'effectif féminin ; les résultats obtenus sont, à quelques demi-points près, semblables. La classe modale, c'est-à-dire la classe d'âge regroupant le nombre maximum d'individus étudiés, est identique : [20-25[. Les comptages donnent respectivement 113 hommes et 40 femmes. À elle seule, la classe modale regroupe donc 20% des migrants masculins et 19.5% des migrantes soit 17 % de la population totale. L'ensemble des groupes d'âge allant de 15 à 35 ans concentrent environ 70% des Transalpins de Bourtzwiller. De ce faisceau de chiffres, nous pouvons affirmer que les causes qui poussent ces habitants de l'Italie du Nord à s'exiler sont plutôt d'ordre économique que politique. L'image du Transalpin dépend de son origine mais aussi de son travail. Ainsi, il existerait des métiers italiens. L'analyse des professions contenues dans le fichier (colonne III), le recensement et les annuaires de population confirment la nature économique de cette migration. Le travail se trouve au centre des préoccupations : la population active masculine culmine à 90% dans le fichier et à 70% dans l'instantané (20). Le classement par branches d'activités indique les secteurs économiques qui emploient les migrants. Pour les 1061 Italiens étudiés, il existe 53 dénominations dont 48 correspondent à des métiers et 5 à des états (enfant, veuve, inconnu). Pour le fichier, nous obtenons la répartition suivante : 53 Branche d'activité Nombre total % d'hommes % de femmes % total Industrie du bâtiment Ind. extractive Ind. de transformation Com. & prof. libérale Employés Domesticité Sans emploi Inconnus Total 314 8 260 14 2 5 247 7 857 100 100 69,5 100 0 0 28 100 70 0 0 30,5 0 100 100 72 0 30 36.6 1 30,3 1,6 0,2 0,6 28,8 0,9 100 Ainsi 86.5% des actifs masculins (ce qui représente environ 85% des hommes) se concentrent dans les trois branches industrielles. La période de reconstruction, suivie d'une phase économique prospère, favorise l'afflux de nombreux bras allogènes. Cette répartition par branches d'activités révèle la position de ces Italiens au sein des bassins d'emploi mulhousien et potassique (21). Les savoir-faire apparaissent avec l'élaboration d'une classification socio-professionnelle. Elle est cependant difficile à établir car dans de nombreux cas, le nom des entreprises qui emploient les migrants manque. La prédominance du monde du travail manuel est patente, malgré la présence de quelques commerçants et employés. Deux cas sont à retenir : les ouvriers du bâtiment et des travaux publics (BTP), les ouvriers de l'industrie. En effet, la population étrangère est principalement groupée dans les régions industrielles, où elle fournit d'importants contingents ouvriers pour les bassins miniers, les chantiers de construction ou certaines manufactures. Certes, les appellations professionnelles sont floues, mais quelques distinctions apparaissent aux vues des différentes sources d'archives étudiées. Une distinction peut être faite, par exemple, entre les ouvriers qualifiés (carreleur, maçon, peintre décorateur ou zingueur) et ceux qui sont apprentis, manœuvres ou terrassiers. Dans le cadre des industries de transformation - briqueterie-tuilerie (22) mécanique et textile - les dénominations professionnelles sont claires : Industrie Textile Mécanique Briqueterie-tuilerie Professions Fileuse, rattacheur, tisseuse, tisserand Machiniste, mécanicien, tourneur briquetier, enfourneur, fumiste, tuilier Certaines caractéristiques propres à quelques professions dénotent des originalités. Tel est le cas des briquetiers-tuiliers qui proviennent pour une grande majorité de la région de Buia (23), d'Allemagne et d'Autriche. Franco Minisini explique comment ces jeunes hommes célibataires avaient acquis un savoir-faire dans une industrie inexistante dans leur région de naissance : avant 15-18, mon père partait en Autriche durant I ' été. II y apprend le métier de briquetier avec de nombreux compatriotes. Lors de son arrivée en Alsace, il met à profit ce métier appris à l'étranger (24). D'ailleurs, certains livres parlent des fornaciai buiesi (25). Mais ces quelques exemples ne doivent pas occulter les difficultés rencontrées dans le classement de l'ensemble des travailleurs au sein du monde hétérogène et difficilement cernable, par manque d'informations, du travail manuel. Cependant, les données démographiques et 54 professionnelles confirment l'image d'une migration économique qui ne fixe, à Bourtzwiller, qu'une infime partie du contingent total des migrants. La migration internationale est rarement étudiée à une grande échelle. Entre les deux guerres, Bourtzwiller offre l'exemple d'un quartier de la proche banlieue mulhousienne où affluent de nombreux étrangers dont plusieurs centaines de Transalpins. Ces flux migratoires sont influencés par des gradients économiques antagonistes. La situation spatiale et économique de 1' Alsace, aux franges du monde germanique et à deux cents kilomètres seulement du Nord de l'Italie, favorise les mécanismes migratoires. L'Alsace possède un tissu industriel développé et ses frontières restent ouvertes sur les espaces germano-suisses qui refoulent les populations étrangères. Les images de l'usurier lombard ou de l'artiste au service du prince sont révolues. Elles font place au maçon et au manœuvre originaires du Nord de la Péninsule italienne. Tout un ensemble de savoir-faire leur permet de s'installer à Bourtzwiller et plus généralement dans le Haut-Rhin. Toutefois, les trajectoires individuelles sont difficiles à établir en raison de l'indigence des sources disponibles. Ainsi, aborder le thème de l'intégration de cette population allogène révèle de nombreuses zones d'ombre. Néanmoins, certains réussissent à se fixer, à s'intégrer et à s'assimiler (naturalisations, mariages mixtes, francisation des noms de baptême). Dès qu'ils s'installent définitivement hors de leur patrie d'origine, leur position devient ambiguë : nous sommes des Ritals en France et des Francese en Italie ! (26) Notes et références bibliographiques 1. F. CAVANNA, Les Ritals, Paris, 1978, pp. 115-116. 2. MC-BLANC-CHALEARD, Le Nogent des Italiens, Paris, 1995, pp. 21-48. 3. G. MAUCO, Les étrangers en France, leur rôle dans l'activité économique, Paris, 1932, p. 91. 4. R. SCHOR, L'opinion française et les étrangers en France (1919-1939), Paris 1985, p. 38. 5. P. MILZA, Voyage en Ritalie, Paris, 1993, p. 80. 6. P. GEORGES, L'immigration italienne en France de 1920 à 1939, in Les Italiens en France de 1914 à 1940, sous la direction de P. Milza, Ecole française de Rome, Rome, 1986, p. 91. 7. P. MILZA, les Italiens dans l'économie française de 1919 à 1939, in Les Italiens... op. cit., p. 86. 8. P. VIDAL de la BLACHE, Tableau de la géographie de la France, Paris, 1911, p.40. 9. P. GOUBERT, introduction de la Mosaïque France, histoire des étrangers et de l'immigration en France, ouvrage dirigé par Y. Lequin, Paris, 1988, p.5. 10. G. NOIRIEL, Histoire de I 'immigration aux XIX-XXe siècles, Paris 1988, p. 15. Voir aussi Population, immigration et identité nationale en France aux XIX-We siècles, Paris, 1992, notamment le chapitre III : l'assimilation nationale, p. 85. 11. P. MILZA, op. cit. p. 466. 55 12. Archives Municipales de Mulhouse, séries 2JI-J2-J3. 13. J. L. PINOL Les mobilités de la grande ville, Paris, 1991, p. 353. 14. Archives Départementales du Haut-Rhin, recensement de 1936, arrondissement d'Habsheim, série AL 55903. 15. C'est-à-dire le fichier des Italiens transitant par Bourtzwillerentre 1921 et 1932 (AMM, séries 2JI-J2-J3). 16. G. MAUCO, op. cit., p. 173. 17. J. DUPAQUIER, (dir), Histoire de la population française, tome IV, de 1914 à nos jours, Paris, 1988, p. 97. 18. A. PAIRAILT, L'immigration organisée et l'emploi de la main-d'œuvre étrangère en France, Paris, 1926 p. 284. 19. S. BERNSTEIN et P. MILZA, L’ltalie fasciste, Paris, 1970, p. 20. 20. Dans la population nationale, ce taux est de l'ordre de 48%, si l'on reprend les conclusions d'A. SAUVY, Histoire économique de la France entre les deux guerres, Paris, 1984, p. 292, tableau 1. 21. L'essor du bassin potassique alsacien date du retour de l'Alsace à la France en 1918. 22. En 1779, Sébastien Burtz crée la première tuilerie sur les limites des bans de PfastattMuIhouse : les premiers habitants sont appelés les modeleurs de terre glaise (Leinekneter). 23. Confère infra., II) les cadres spatiaux..., p. 5. 24. Entretien du 19 Mars 1995. 25. L. ZANINI, Friuli migranti, Udine, 1992, pp. 273-303. 26. Entretien avec M. Mélandri, 12 Juillet 1995. 56 "L'émigration italienne en Alsace": rôle de la Mission Catholique Italienne Père Romano PALLASTRELLI Mission Catholique Italienne, Mulhouse Si la communauté italienne en Alsace compte plus de 100 ans, la Mission Catholique Italienne (MCI) n'a que 43 ans. À l'âge de sa maturité la M.C.I. peut considérer sa présence très importante comme point de départ des multiples initiatives qui animent encore maintenant et organisent la vie de la communauté italienne, et cela non seulement sur le plan proprement religieux, comme on pourrait croire, mais aussi sur la plan de la vie civile, humaine, culturelle et sociale. Il en est de même dans le domaine des loisirs et des sports. Des Missionnaires très dynamiques, des religieuses très dévouées, avec la collaboration de bénévoles italiens et français, ont pu ouvrir des locaux pour réunir la communauté, des bureaux, construire un centre, à la rue de la Wanne, 1 à Mulhouse, avec habitation des missionnaires et des sœurs, les salles, l'Eglise. La Mission a été très attentive aux activités qui touchent à la promotion culturelle, linguistique : école maternelle, cours de langues, formation au social (ACLI: association chrétienne ouvriers italiens) promotion de clubs de sports (Azzurri Calcio). La Mission est à l'origine de la création de beaucoup d'associations italiennes (aujourd'hui encore une vingtaine) dans le Haut-Rhin et Territoire de Belfort. Les Associations Italiennes depuis longtemps ne sont plus sous la tutelle de la Mission, mais, libres, elles sont au centre de la vie de la communauté italienne. La Mission de par sa présence au sein de la Communauté Italienne n 'a en aucun cas aidé à la "ghettizzazione" ou à l'éloignement de la communauté locale ou des autres communautés ethniques. La MCI a aidé plutôt à une meilleure prise de conscience de la richesse des valeurs de ses propres origines. C'est pour cela qu'on constate que tout le monde est en admiration vis-à-vis du bon "inserimento" social et culturel dans la communauté Alsacienne, qui a facilement "adopté" notre communauté. Il suffit de voir combien de mariages mixtes se célèbrent dès le début... Mais une petite remarque on pourrait faire : une facile intégration à souvent fait oublier la langue italienne : chose certainement pas positive dans notre contexte européen, où les différentes langues doivent être apprises et non pas perdues. On remarque un certain désir - en crescendo -vers la recherche de ses propres racines chez la nouvelle génération. Les Français semblent suivre le mouvement tout en cherchant de mieux connaître la langue italienne et sa culture. 57 Les débuts de la Mission On remarque la présence de quelques italiens, vendeurs ambulants ou ouvriers dans les briqueteries, tuileries, ou employés dans le barrage de Kembs ; on note que les Italiens doivent attendre l'aprèsguerre, Ie1949, pour avoir un aumônier, et le 1951 pour avoir un prêtre italien, Don Carlo Agorrini. Le 11 nov. 1951 Don Carlo, aidé par la Colonie Italienne fait l'achat d'une maison pour la MCI, le vieux café du Canon, à la rue de la Wanne à Mulhouse. Dans ces pauvres locaux trouvent leurs places la compagnie théâtrale, le bureau social, le secrétariat. Deux chambres sont réservées pour les italiens de passage. L'acquisition de l'immeuble demande de faire face à la dette très importante : la fondation de l'Association St-Charles Borromée - Mission Cath. Ital. en novembre 1952 permet l’organisation de fêtes de bienfaisance (ventes de charité) pour la récolte des fonds nécessaires. Beaucoup de Dames des paroisses voisines ont toujours été très actives à la MCI en donnant leur temps et leur savoir-faire pour la bonne réussite des initiatives de la MCI. Voici apparaître le premier bulletin liaison importante entre les italiens de la Région : 500 familles sont concernées. L'assistant social traite une moyenne de 270 dossiers par an. La "Filodrammatica" fait six représentations et une bibliothèque fonctionne au service des Italiens. La chapelle réunit régulièrement les Italiens. L'année 1957 sera marquée par un développement important dans l'histoire de la MCI de Mulhouse. Le 25 août 1957 arrive le Père Eliseo Marchiori: la Mission est confiée à la Congrégation des Missionnaires de St-Charles Borromée, fondée par Mgr. Giovanni Battista Scalabrini, Évêque de Piacenza, qui en 1887 a ainsi initié l'assistance aux émigrés italiens. - Ce même Évêque sera béatifié par le Pape à Rome le 9 novembre prochain. Père Eliseo sera l'artisan de la construction de la nouvelle Mission : son presbytère, ses salles, l'Eglise, les bureaux. Beaucoup de difficultés ont accompagnées la réalisation du projet, venant surtout de l'Evêché. Mais la ténacité du Père Elisée et de ses collaborateurs italiens et français (je nomme Mrs Wasmer et Napoléon Daverio) ont eu gain de cause. En juin 1958 voici le permis de construire, en juin 1959 on est au toit. C'est la fête! Un grand nombre d'ouvriers italiens ont donné leur temps libre pour la construction et beaucoup de bienfaiteurs, surtout français, ont contribué au paiement de la nouvelle Mission. Après le départ du Père Elisée en 1964, les Pères scalabriniens se succèdent : l'un d'entre eux le Père Silvio Moro est l'origine des 'Circoli ACLI’ et des Clubs de football (Azzurri Calcio). En 1965 on compte dans notre région environ 17.000 italiens. Les membres inscrits des ACLI sont en '66 plus 800. 58 On imagine le travail au sein de ces circoli : réunions, journées d'études, activités charitables, formations diverses : naissent des vocations au sein de la communauté sur le plan religieux, social, associatif! En 1977 le Padre Bruno lance le mensuel "Nuovi Orizzonti" - bientôt on expédie 4.000 copies, grâce aux nombreux bénévoles qui en assurent les abonnements et l'expédition. En 1980 la MCI suscite un grand mouvement de solidarité à l'occasion du tremblement de terre du Sud Italie. Aux victimes sont envoyés 145.00 FF et une grande quantité de dons en nature. La MCI : son rôle de nos jours En ces dernières années l'Association St-Charles Borromée, sous l'impulsion du Père Romano, a effectué de grands travaux de rénovation des locaux de la Mission : peinture, remise en ordre (selon les normes) de l'eau, électricité, chauffage, isolation thermique et acoustique, pour un montant dépassant les 400.000 FF. Encore une fois les Italiens et les Français ont répondu généreusement. L'activité de la Mission aujourd’hui n'est plus la même des beaux temps passés: quand ses locaux pullulaient d'Italiens pour tout genre d'activités ou tout simplement pour y passer son temps en bonne compagnie. Tout cela est du rêve. Les activités de "suppléance", c'est-à -dire les activités récréatives, sportives ou de rencontre de la communauté, sont maintenant gérées par les Associations Italiennes sur l'ensemble du territoire. Le Comites, organisme officiel élu démocratiquement épaule l'action du Consulat très concrètement. Plusieurs associations et organismes gèrent leurs activités parfois dans les locaux de la Mission : le COASCIT tient ses cours d'italien ; d'autres font des réunions, tiennent des assemblées ou quelques fêtes familiales. La Mission reste le point de référence pour l'ensemble de la communauté pour beaucoup de choses, même trop de choses... La Mission a restreint le champ d'action au domaine qui lui est propre, à la vie religieuse pour ceux qui lui restent proches et il sont encore nombreux : un exemple éloquent sont les baptêmes: depuis le 5 mai 1955 ( date à laquelle remontent nos registres) au 23 octobre 1997 (environ 42 ans) à la MCI les Missionnaires ont baptisés 2.121 enfants, une moyenne de 50 par an. En cette année 1997 on dépasse les 30 baptêmes et...en temps de pénurie ce n'est pas un rien ! La MCI assure des célébrations dominicales (une fois par mois) en trois lieux ( Huningue, Colmar, Guebwiller) et chaque dimanche à la MCI et " sur demande" à Belfort, Audincourt et Cernay. En semaine une Messe se dit à la Mission tous les jours. Et voici d'autres activités : - célébrations de baptêmes, mariages, enterrements à la MCI et dans les paroisses ; - rencontres de formation, même de jeunes ; 59 - rencontres du Conseil Pastoral, des collaborateurs du Journal NUOVI ORIZZONTI (700 abonnés); -participation à la vie de l'Eglise locale (pastorale des migrants) Mais la MCI c'est aussi la réponse aux appels des gens, visites aux familles, aux malades, aux prisonniers, l'écoute : bureau paroissial, téléphone... La fin d'une époque s'annonce. L'accompagnement de la communauté va vers de nouveaux horizons, qui sont ceux d'un parcourt normale : devenir citoyens à part entière de la cité d'accueil, dans la vie politique, religieuse, sociale avec de nouveaux compagnons de voyages, sans distinction de langue, race et culture. Moins de prêtres missionnaires, cela demandera plus de laïcs issus de la migration ou pas capables d'accompagner, dans un délai qui se précise toujours mieux, leurs frères (sans trop perdre de vue leurs origines) au but final. Nous avons encore du temps devant nous. Notre Mission restera un point de repère important : on l'aime trop..., mais elle a fait une trop précieuse expérience et il n'y a pas de raison pour qu'elle ne soit pas mis à contribution d'autres ethnies. Le temps nous imposera d'envisager, avec détermination, de marcher dans cette direction. 60 Les valises en carton - Interviews aux Italiens d'Alsace Alessandra MUCCI Extrait du mémoire de licence Université de Strasbourg LES ENTRETIENS - LE CONTACT AVEC LES GENS Les entretiens et leur méthode Afin de pouvoir recueillir le témoignage des "histoires de vie" des acteurs de l'immigration italienne, je me suis entretenu avec dix d'entre eux (âgés de 45 à 78 ans). Ces entretiens furent plutôt à schéma libre bien que, pour me permettre de diriger le débat et approfondir certains points précis du discours, j'ai utilisé une trame préétablie de questions que je désirais poser. Il s'agissait pour moi de recueillir du matériel biographique sous forme de récit au cours duquel l'interviewé, ou plutôt le narrateur, aurait un rôle actif dans l'organisation de sa propre biographie. Cette méthode implique que le "sociologue" soit mis en relation avec les caractéristiques du cadre structurel dans lequel il évolue. De cette manière, la construction de la réalité sociale que le narrateur, d'un côté, opère dans sa propre vie et de l'autre, interprète dans son récit fait mûrir cette médiation que les sociologues, comme Ferrarotti, ont relevé à plusieurs reprises. Conditions des entretiens : le contact avec les gens Les premiers contacts avec les personnes interrogées se sont déroulés sur les lieux de rencontre habituels des immigrés, aux angles des places, dans les bars, à l'entrée des supermarchés, soit aux endroits où j'avais observé des "habitudes" de rencontres quotidiennes et non pas dans des associations ou des administrations. Ce choix m'est propre : je voulais éviter toute forme d'influence ou d'interférence. Je ne cache cependant pas ma difficulté, à chaque rencontre, à gagner la confiance ou à susciter l'intérêt de répondre à mes questions. Nombreux ont d'ailleurs été les échecs ! Une des difficultés que j'ai dû affronter est, par exemple, celle de me faire accepter par des groupes d'hommes comme une personne s'intéressant à l'étude de l'immigration italienne, sans oublier de parler de la première réaction de certains d'entre eux pour qui il existe encore une "séparation" entre les femmes et les hommes, et par conséquent une différence des rôles. Cette diversification et donc séparation des rôles et des intérêts était présente en Italie par le passé, surtout dans les lieux de rencontre comme les places, les fêtes de village, les cérémonies familiales ou religieuses, les associations locales ; les femmes se rencontraient et discutaient d'un côté, les hommes se retrouvaient de l'autre. Aujourd’hui, cette situation n'existe plus, excepté dans de petits villages isolés d'Italie, restés "en arrière" dans le temps par rapport à l'évolution des coutumes. 61 Ce que j'ai donc observé, c'est que pour ces hommes, anciens immigrés, tout se passe comme si le temps s'était arrêté le jour de leur départ : ils sont restés là avec cette idée de séparation des rôles entre les femmes et les hommes. Alors, afin de réussir à discuter avec eux, j'ai dû d'abord rencontrer des groupes de femmes. Dans un second temps seulement, après plusieurs rencontres, ils ont "accepté" de parler de manière plus "ouverte". En général, tous les entretiens ont réellement porté leurs fruits après de multiples rencontres. Le fait pour chacun de se revoir plusieurs fois a permis d'être plus à l'aise et de pouvoir approfondir les sujets abordés, mais aussi de rassurer ces personnes sur des propos recueillis ; elles ont alors plus volontiers dévoilé des éléments sur leur vie privée, leurs opinions. LEUR ORIGINE Beaucoup de personnes interrogées appartiennent à des familles d'origine rurale, sont les enfants de petits commerçants et artisans, ou proviennent de villages pauvres de montagne où les familles étaient bergers ou effectuaient de petits travaux. Ils proviennent pour la plupart des provinces d'Italie, des villages de taille modeste où la situation familiale et les conditions de vie n'étaient certainement pas roses. En fait, même si la famille possédait des terres, elles étaient le plus souvent de petite dimension et le climat aride les rendait peu fertiles ; les fils qui aidaient les parents dans leur travail étaient alors contraints d'aller travailler pour d'autres, souvent chez de gros propriétaires. Dans d'autres cas, ils s'efforçaient en plus du travail sur les terres de la famille, de faire preuve d'assez d'habilité pour effectuer de petits travaux de-ci -de-là. Mais souvent cet art de vivre "en s'arrangeant" ne suffisait pas ; les petits gains ne palliaient pas à tous les besoins. Alors, la proposition, l'idée travail plus sûr et d’un profit plus élevé, avec l'opportunité de vivre mieux et de subvenir vraiment aux nécessités de leur famille apparaissait comme l'unique solution. Pasquale, originaire de Calabre, me raconte : "Nous, dans la famille, nous ne mourrions pas vraiment de faim comme certains ! Quelque chose à manger, le soir, nous l'avions toujours : une bonne soupe chaude dans laquelle nous trempions du pain ou un plat de pâtes ne manquait jamais". Pasquale parle du dîner car la journée, il mangeait sur le lieu de travail, dans la campagne. « Nous étions cinq enfants, trois garçons et deux filles. Mon père avait une parcelle de terrain, nous avions de beaux oliviers mais il n'y avait pas assez de travail pour tous. Alors, je suis allé travailler dans une famille du village qui avait une grande ferme et des animaux. Ma mère y travaillait également, elle faisait la lessive. Puis j'ai appris qu’un ami était parti et qu'il gagnait en une semaine ce que, moi, je gagnais en deux mois. Alors, je me suis décidé et, à 31 ans, je suis parti ! ». Et puis, il y avait ces des familles les plus pauvres du village, celles qui ne possédaient rien et qui avaient beaucoup d'enfants, beaucoup de bouches à nourrir, sans aucun futur dans ces villages. Souvent les enfants, presque toujours les aînés, n'ont même pas eu la possibilité d’un autre choix. 62 Les chaînes migratoires A la question sur le motif du choix du Haut-Rhin comme lieu d'accueil, la notion de « chaîne migratoire » est souvent évoquée. En effet, il est reconnu que beaucoup d'entre eux ont préféré se diriger vers l'endroit où se trouvaient déjà des personnes émigrées qu'ils connaissaient. L'expression "Chaîne migratoire" englobe divers aspects mécanisme à travers lequel les émigrés venaient s'informer sur les possibilités de partir, prenaient des contacts pour obtenir un premier contrat de travail et une aide morale grâce aux relations qu'ils entretenaient avec leurs compatriotes partis avant eux. Ainsi, dans notre cas, nous trouvons que la décision de venir ici a été influencée par la présence dans le Haut-Rhin de paysans de la famille, ou de leurs amis ou simplement des connaissances et donc de raide et du soutien qu'ils étaient en mesure de leur apporter. LES DIFFICULTES DES PREMIERS TEMPS ET LA SOLIDARITE ENTRE IMMIGRES « Les premiers jours, je ne les oublierai jamais. Ils ont été les plus terribles. Il faisait un froid de canard et je me souviens que mon seul blouson ne réussissait pas à me réchauffer ; je suis arrivé au mois de février. Je ne comprenais rien de ce qui se disait, je ne pouvais lire aucun document, aucun panneau, aucune enseigne. Je me sentais dans un autre monde. Tout cela m'angoissait, je me sentais si seul, la famille me manquait tant. Quelqu’un à qui parler et tout était si différent ! » Antonio, qui depuis 34 années maintenant vit ici n'a jamais oublié ses premiers jours en Alsace. Avec ses mots, me fait ressentir les sensations qu'il a éprouvé comme si tout s'était passé hier. Comme je l'ai dit précédemment, les personnes que j'ai contactées sont pour la plupart issues du milieu rural. Elles ont exercé peu de temps seulement leur métier de base et, de ce fait, manquaient de qualification en arrivant ici et durent affronter d'énormes difficultés pour apprendre un nouveau métier. Certaines d'entre elles racontent qu'elles ne pensaient pas, au début, rester en France et les premiers temps, avaient uniquement l'intention d'économiser suffisamment pour pouvoir retourner en Italie et y vivre confortablement. Par conséquent, ces ouvriers étaient totalement plongés dans leur travail et finalement, autant par manque de temps que par le fait qu'ils ne connaissaient pas la langue, ils vivaient totalement isolés du reste de la population. Leurs uniques contacts se faisaient avec les autres Italiens. Ces immigrés italiens se sont aidés et cette entraide dès leur arrivée en Alsace a été fondamentale pour la suite. Une solidarité qui dépasse l'aide matérielle : recherche d'un logement, d’un meilleur poste de travail, aide dans les démarches administratives, soutien moral dans les moments de 63 tristesse ; l'échange de conseils entre eux était le seul lien avec l'Italie et permettait de savoir, au fil des arrivées, ce qu'il se passait là-bas, dans leur pays. La naissance des premières organisations d'entraide et d'assistance pour les émigrés leur a définitivement donné un point d'appui et a permis surtout un soutien durant les premiers jours d'arrivée. Elles ont joué un rôle décisif dans l'intégration des Italiens au sein de la population locale. LA MAISON, SYMBOLE DE L'UNION FAMILIALE Dans les propos recueillis parmi ces immigrés italiens, l’importance de la famille et la maison en tant que symbole de cet attachement à la famille est ressenti de manière flagrante. Se retrouver, partager un plat de pâtes les jours de fête comme les jours de douleur. La famille de ces immigrés italiens et encore très unie et il est courant de trouver des familles dans lesquelles, quotidiennement, 3 ou 4 générations (souvent habitant très proches l’une de l'autre) se rencontrent, s'aident, discutent ensemble, se conseillent, se soutiennent ; en fait, tous participent à la vie de leur foyer. Et l'amour pour la famille se matérialise par les soins et les attentions apportés à leur habitation : la porte de leur maison est toujours ouverte aux membres de la famille. C’est certainement pour cette raison que les immigrés italiens achètent une maison dès qu'ils en ont les moyens. Une maison (ou un appartement) est un bien qu'ils laisseront à leurs enfants, c'est un moyen pour eux de transmettre cet amour, une maison acquise au fil des ans par beaucoup de sacrifices. De ce fait, parmi toutes les communautés d'immigrés en Alsace, la communauté italienne possède le pourcentage te plus élevé de propriétaires ! Selon les données de I'INSEE du recensement de la population (1990) plus de la moitié des ménages italiens sont propriétaires (exactement 56,1 % des immigrés italiens en France possède un bien immobilier), suivis de la communauté espagnole (24,4 %) et portugaise (22,8 %). La proportion des propriétaires parmi les ménages italiens a largement dépassé celle des ménages français eux-mêmes. Cependant, même lorsque certaines familles d'immigrés italiens ne peuvent accéder à la propriété et qu'elles se trouvent en location (logement privatif ou HLM) leur habitation retient toute leur attention et leurs soins. C'est le cas de la famille A., père sicilien, mère des Pouilles qui vit dans un HLM de la banlieue de Mulhouse. La famille est composée des parents, de trois filles et un garçon (deux d'entre eux sont mariés et ont à leur tour, des enfants) et la mère de Mme A. qui n'habite pas dans le même appartement, mais dans un autre situé sur le même palier. Tous passent une bonne partie de la journée ensemble. Ce qui est frappant, c'est le passage de l'aspect extérieur de ce grand immeuble froid en plein centre d'un quartier populaire, à l'intérieur de cet appartement, où tout est rangé de manière méticuleuse, Tout brille et les meubles sont entretenus avec un soin tel qu'ils font oublier le reste de l'immeuble. 64 Presque tous ces meubles proviennent d'Italie et dans certaines pièces comme le salon, ils semblent neufs, pas même usés, bien qu'ils soient là depuis de nombreuses années. Ce qui est beau dans cette famille, c'est que tous les jours, ils se retrouvent tous ensemble pour manger, même les enfants et leurs conjoints respectifs. Et le père me dit : "la famille unie est la plus belle des choses. Je mangerais chaque jour une simple salade d'oignons pour pouvoir être toujours à table avec mes enfants ! ", et quand il parle de ses enfants, ses yeux sont illuminés de joie. LEUR SITUATION AUJOURD'HUI - LE SENTIMENT D'INTEGRATION A la question "Comment vous trouvez-vous aujourd'hui en Alsace 2", tous m'ont répondu sans hésiter de se sentir chez eux, d'y être bien même si parfois ils ont la nostalgie de l'Italie. Certains d'entre eux, parlant de leur intégration dans le Haut-Rhin, ont tout de suite fait état de la bonne insertion de la communauté italienne et de l'acceptation de leur présence de la part des alsaciens surtout par rapport aux immigrations plus récentes, comme celle maghrébine ou turque. Giovanni, sicilien : "Nous nous sentons bien ici. Normal, depuis tant d'années ! Nous ne sommes pas "mal vu" comme les arabes. Eux oui, ont des problèmes en Alsace. En fait, tout se passe comme si l'arrivée des grands flux migratoires du Maghreb et plus récemment de la Turquie avait accéléré l'insertion, l'intégration des vieilles migrations d'origine italienne, portugaise ou espagnole. Dans la réalité, cela n'a rien fait d'autre que de rendre ces derniers moins visibles. Le fait que les immigrés maghrébins ou turcs aient plus de différences de tradition, de religion, de langage par rapport au peuple alsacien, ou que de telles différences soient plus visibles de "l'extérieur", a rendu la présence de la communauté italienne moins apparente. LA FIERTE D'ETRE ITALIEN ET LES CONTACTS AVEC LE PAYS D'ORIGINE Je ne sais pas si le fait que moi-même, qui les ai interrogés sois italienne et, de cette manière, ai influencé leurs propos, mais ils me disaient "nous sommes Italiens et nous en sommes satisfaits" ou "même si depuis 40 ans je vis ici, avant tout je me sens Italien" avec, dans le ton, une note de fierté. Les immigrés italiens avec qui j'ai eu contact sont heureux de leurs origines et aiment leur pays, l'Italie. Ils en parlent avec enthousiasme : le climat, la qualité de vie, l'alimentation, les relations entre les personnes, le caractère des gens et tout semble merveilleux, comme si les mauvais souvenirs, les difficultés du passé et tous les aspects négatifs de leur nation venaient en second plan. Les liens avec l'Italie sont entretenus. Souvent, ils y retournent, surtout l'été, visitant la famille ou même en voyage organisé. Antonietta : "Maintenant que mon mari est en retraite, dès que nous pouvons y aller, nous y allons, en voiture. Nous sommes de la région de Bergame, j'y ai encore une petite maison et, l'été, nous y 65 sommes si bien ! Nous en profitons pour rendre visite à mon frère qui vit à Milan et passons toutes les vacances ensemble". Bruno : "Moi, je suis de la province de Campobasso et au mois d'août, j'y retourne avec toute la famille. J'ai encore mes sœurs, mes frères et mes parents. Tu sais, au mois d'août, il y a la "fête du Saint Patron" et nous nous retrouvons tous. Beaucoup viennent de Suisse, d'Allemagne, beaucoup d'amis d'enfance avec qui j'ai grandi. Là-bas, l'air que l'on respire et ce qui s’y mange, c'est quand même autre chose !". Outre ces contacts qu'ils ont avec l'Italie en voyageant, le reste de l'année (ou pour ceux qui ne peuvent voyager) la télévision joue un rôle important. Vittorio :"le soir, à la maison, la chaîne que nous regardons le plus souvent c'est la RAI (chaîne publique italienne visible en France via le câble Canalsatellite) surtout lorsqu'il y passe des films d'auteurs ou si un ami m'a appris que quelque chose de grave ou d'important se passait en Italie. Alors, je mets le journal télévisé italien pour en savoir plus". En fait, tout est plus facile, aujourd'hui : les moyens de locomotion et de communication font que la distance n'est plus un problème, comme autrefois. CONCLUSION Il apparaît très clairement à la lecture de cet exposé que la communauté italienne dans le Haut-Rhin comme dans le reste de la France est une communauté intégrée. De plus, elle est active au sein de son pays d'accueil. Les Italiens immigrés ici sont reconnaissants à l'Alsace de les avoir accueillis et de leur avoir offert la possibilité de travailler. Ces immigrés n'ont pas oublié leur origine, leur culture et leurs traditions et ont réussi à vivre de manière plutôt équilibrée entre deux cultures différentes. Leur amour pour la patrie a été transmise à leurs enfants, enrichi du savoir, d'un passé difficile et d'une expérience de la vie qui leur servira affronter l'avenir. Par ailleurs, émigrer, voyager, se rencontrer semble appartenir au destin de l'homme et sont, dans tous les cas, les motivations de son développement, sur fond de découvertes et d'enrichissements. Ces immigrés n'ont pas oublié leur origine, leur culture et leurs traditions et ont réussi à vivre de manière plutôt équilibrée entre deux cultures différentes. Leur amour pour la patrie a été transmise à leurs enfants, enrichi du savoir, passé difficile et d'une expérience de la vie qui leur servira à affronter l'avenir. Par ailleurs, émigrer, voyager, se rencontrer semble appartenir au destin et sont, dans tous les cas, les motivations de son développement, sur fond de découvertes et d’enrichissement. 66 L'immigration italienne en Alsace aujourd'hui Murielle MAFFESSOLI Directrice-adjointe de l'Observatoire Régional de l'Intégration et de la Ville ETAT DES LIEUX SUR LA PRESENCE ITALIENNE EN ALSACE EN 1990 Cette réflexion trouve son origine dans une sollicitation de Monsieur le Consul d'Italie à Mulhouse. En effet, ayant eu l'occasion de lire un numéro spécial de Chiffres pour l'Alsace (revue éditée par I'INSEE). Ce numéro portait sur les étrangers en Alsace et avait été réalisé en lien avec l'Observatoire Régional de l'Intégration et de la Ville (ORI). Il a ainsi demandé à l'ORI si un travail du même type pouvait être entrepris par rapport à la population italienne. L'opportunité, un peu près à la même période, d'une demande de stage adressée à l'ORI a permis la réalisation du travail. Cyrille QUENTEL a ainsi mené ce travail dans le cadre de son DESS d'Aménagement et de Développement Local, Régional et Urbain. Le rapport réalisé durant son stage a servi en partie de support à cette contribution. Le projet de Monsieur le Consul a également et parallèlement suscité l'intérêt de PORI car nous avions déjà constaté la faiblesse des travaux sur cette population en Alsace ct souhaitions par ce biais combler une lacune. En effet, il existe en Alsace finalement peu de travaux historiques ou sociologiques sur l'immigration en général et sur l'immigration italienne en particulier. Les travaux menés actuellement portent plus fréquemment sur les populations supposées poser problème or les Italiens n'entrent plus aujourd'hui dans ce cas de figure. En Alsace les préoccupations se portent plutôt sur les Turcs et dans une moindre mesure sur les Maghrébins. En fait, et malheureusement, on s'intéresse à l'immigration seulement quand elle est supposée poser problème. Or quand les Italiens étaient eux-mêmes sur le devant de la scène et faisaient l'objet de réactions xénophobes (que l'on a trop souvent tendance à oublier), l'immigration et l'intégration n'étaient pas considérées comme des objets d'étude sur un plan historique ou scientifique. Étant donné le type de travaux habituellement réalisés par l'ORI, il s'agissait de réaliser un travail sociologique, voire même plus directement statistique, plutôt qu'historique. Ce document se propose donc d'être un premier état des lieux sur la présence italienne en Alsace aujourd'hui. Il s'agissait, en fait, de répondre aux questions suivantes : Combien sont les Italiens ? Où sont-ils ? Quelles sont leurs caractéristiques socio-démographiques ? Quelles sont leurs spécificités ? Pour se faire nous avons principalement utilisé le Recensement Général de la Population, notamment le dernier en date (qui quoique dépassé et la seule référence statistiquement comparable et disponible), de 1990. Cette approche statistique a été étayée dans la mesure du possible par des éléments relevés lors des enquêtes et études qualitatives réalisés par l'ORI. Du fait de ce choix d'une approche statistique, ce 67 document porte exclusivement sur les Italiens, c'est à dire l'ensemble des personnes résidant en Alsace et ayant la nationalité italienne stricto sensu. Il ne saurait, en effet, être question, dans le cadre de ce document, de saisir la réalité de la "communauté italienne" (1) sachant que celle-ci se compose à la fois d'Italiens mais aussi de Français d'origine italienne. Cette catégorie, non mesurable statistiquement, est appréhendable seulement dans le cadre d'études qualitatives. LES FLUX MIGRATOIRES EN ALSACE : UN PHENOMENE TARDIF Avant de cerner le profil des Italiens en Alsace, il s'avère nécessaire de préciser le contexte local dans lequel ce flux migratoire a vu le jour, au moins dans ses grandes lignes. L'immigration - c'est à dire l'arrivée spontanée d'étrangers ou le recours par les entreprises ou l'État à une main d'œuvre étrangère - est aussi ancienne que l'histoire de la France. Elle en est un élément constitutif. Mais l'ère de l'immigration massive, moderne, débute réellement à la fin du XIXème siècle, Elle répond alors à un besoin accru de main d'œuvre à une période où se développe l'industrialisation (nécessitant une importante population ouvrière peu qualifiée) et où la France connaît des problèmes démographiques liés à la dénatalité et aux guerres. Ce lien entre immigration et économie va perdurer jusqu'à nos jours. En effet, les flux migratoires, et au-delà l'image de l'étranger et par extrapolation de l'immigré, va dépendre de la conjoncture économique. Ainsi pendant les périodes de croissance, la population étrangère est sollicitée (et augmente) alors qu'en phase de reflux, de crise, on l'encourage à quitter le pays. Cette relation entre économie et immigration a également eu des incidences sur la population étrangère présente en Alsace et explique, en grande partie, ses caractéristiques socio-démographiques actuelles. Deux éléments peuvent être relevés : L'histoire économique de l'Alsace est à l'origine d'un recours plus tardif que pour le reste de la France à la population étrangère. En effet de 1918 jusque dans les années 70, le recours à la main d'œuvre étrangère et donc le nombre d'étrangers en Alsace, est inférieur à celui relevé sur l'ensemble de la France. Paradoxalement, ce n'est qu'à partir des années 60-70 que l'Alsace va devenir une terre d'immigration massive (part plus élevée en Alsace qu'en France). Ensuite elle va croître plus rapidement. Concrètement on relève donc une croissance rapide du nombre d'étrangers dans les années 70. Les années 80 étant marquées par une stabilisation (croissance légère baisse en France). Ce décalage est à l'origine de caractéristiques atypiques. Cette évolution contrastée (par rapport à celle de la France) place en effet l'Alsace aujourd’hui parmi les premières régions d'immigration or phénomène récent qui s'explique par un recours à la main d'œuvre étrangère plus tardive (au moins d'un point de vue massif). 68 Ce décalage a également entraîné une structuration singulière des différentes nationalités : en effet certaines populations comme les Turcs, mais aussi et on a moins tendance à le signaler, les Italiens, sont proportionnellement plus nombreux en Alsace qu'ailleurs en France. Cette présence s'explique par l'existence de ces flux au moment où les besoins de main d'œuvre se sont fait sentir. L'industrialisation plus rapide du Haut Rhin (dès le XIXème siècle) et le type d'industrie qui s'y sont développées a nécessité un appel à la main d'œuvre étrangère important et à une époque différente de le Bas-Rhin. Le Bas Rhin du fait d'un développement plus tardif n'y a eu recours qu'au lendemain de la deuxième guerre mondiale, d'où des différences marquées, quantitatives et qualitatives, entre les deux départements au niveau des caractéristiques socio-démographiques des Italiens. L'IMMIGRATION ITALIENNE EN ALSACE: UN PHÉNOMÈNE TARDIF OU RÉCENT ? L'immigration italienne constitue l'un des plus anciens courants migratoires en France (2). Antonio PEROTTI rappelait dans cet article que les Italiens ont depuis plus d'un siècle contribué à écrire l'histoire sociale, économique et politique de certaines régions de France. En fait, l'immigration italienne se caractérise par une permanence des flux migratoires entre l'Italie et la France jusqu'au milieu des années 60. Même si elle a connu des variations en nombre, en forme et en localisation. Quelques dates à partir de l'immigration moderne (fin du XXe siècle) : 1870-1900 : les Italiens étaient surtout concentrés dans les régions frontalières (régions Méditerranéenne et Rhône-Alpes). Il s'agissait d'une immigration de proximité (sauf en ce qui concerne Paris qui de tout temps a attiré les étrangers). 1901 : période marquée par une forte croissance des flux et la diffusion de l'immigration italienne vers trois nouvelles régions non frontalières : la Lorraine, le Nord et le Sud-ouest. 1931 : année où le nombre d’Italiens est le plus élevé en France (808.000 Italiens) chiffre qui ne sera plus atteint même après-guerre en dépit nouveau recours à la population italienne. 1960 : à partir de cette date baisse des effectifs italiens. L'Italie devient un pays d'immigration et non plus seulement d'émigration. Antonio PEROTTI fait état, durant la période 1950-1965, d'une réorientation des flux d’Italiens en direction du Haut -Rhin. Cela ne signifie pas pour autant que précédemment il n'y avait pas d'Italiens en Alsace mais durant cette période l'arrivée d'Italiens présente un caractère massif. Il écrit d'ailleurs à leur propos "qu'il s'agit là population qui se différencie des vagues précédentes par son enracinement moins profond". L'étude des différents recensements (de 1921 à 1990) fait apparaître, en effet, une évolution très différenciée entre la population italienne en France et en Alsace. 69 Jusqu'au recensement de 1954, la part des Italiens dans la population alsacienne est inférieure à la part des Italiens sur l'ensemble de la France. Ainsi en 1921, les Italiens représentent 29% des étrangers en France et 12% seulement en Alsace. A partir du recensement de 1954, la tendance s'inverse. Ainsi en 1968, 35% des étrangers en France sont des Italiens contre 22% sur l'ensemble de la France. De 1954 à 1982, elle constitue d'ailleurs la première communauté étrangère en Alsace. Tableau 1 : Nombre d'Italiens et part de ceux-ci parmi la population étrangère en France et en Alsace pour les recensements de 1921 à 1990 Recensement France % Alsace % 1921 1936 1946 1954 1968 1975 1982 1990 451.000 721.000 450.764 507.602 571.684 462.940 333.740 252.759 29,4 32,9 26.0 28,7 21,8 13,4 9,1 7,0 5.297 8.679 4.886 10.270 22.864 22.350 18.072 14.516 11,8 20,6 18,4 29,0 34,9 21,0 14,3 11,3 Ce phénomène est particulièrement marqué dans le Haut-Rhin. En effet, quel que soit la période considérée, la part de la population italienne parmi la population étrangère est toujours plus importante dans le Haut-Rhin que dans le Bas-Rhin. Tableau 2 : Nombre d'Italiens et part de ceux-ci parmi la population étrangère dans le BasRhin et le Haut-Rhin pour les recensements de 1921 à 1990 Recensement Alsace % Bas-Rhin % Haut-Rhin % 1921 1936 1946 1954 1968 1975 1982 1990 5297 8679 4886 10270 22864 22350 18072 14516 1284 2437 1426 2553 6664 6595 5208 3896 5,2 12,7 13,2 21,1 25,6 13,7 8,5 5,7 4013 6242 3460 7717 16.200 15.755 12.684 10.620 19,9 27,2 22,0 33,1 41,1 27,1 19,6 17,6 11,8 20,6 18,4 29,0 34,9 21,0 14,3 11,3 La différence relevée dans les flux migratoires entre la France et l'Alsace a donc eu des incidences sur les Italiens. 70 Ces données font apparaître une implantation plus récente des Italiens que dans d'autres régions même si cette immigration, localement fait partie des flux les plus anciens Ce fait constitue un paradoxe important et rend compte des caractéristiques socio-démographiques que l'on a pu relever. UNE POPULATION RÉGIONALES ITALIENNE QUI PRÉSENTE DES SPÉCIFICITÉS La population italienne reste fortement marquée par les conditions de son arrivée en Alsace. Sur-représentation des Italiens en Alsace Les Italiens représentaient 7 % des étrangers en France métropolitaine au Recensement Général de la Population de 1990, soit environ 253.000 Italiens. Le pourcentage d’Italiens est plus important en Alsace, puisqu'il y est de 11 % environ soit environ 14.500 Italiens. Actuellement, les Italiens constituent la 4ème nationalité par la taille en Alsace, toutefois la répartition entre nationalité n'est pas la même. Mais lors du précédent recensement (1982), les Italiens représentaient en Alsace la deuxième nationalité (14% des étrangers). La période intercensitaire 1982-1990 a été marquée par une baisse en Alsace de 17 % des Italiens. Cette baisse est valable quel que soit le département considéré, toutefois cette baisse agit sur des effectifs différents. Ainsi alors que la proportion d'Italiens en Alsace reste plus forte que dans le reste du pays, leur part au sein de la population étrangère régionale ne cesse de chuter. Plusieurs raisons peuvent expliquer cette évolution : - le tarissement des flux d'arrivants, - le vieillissement des premières générations - et l'accession à la nationalité des nouvelles générations. L'acquisition de la nationalité française semble avoir joué un rôle important dans la diminution des effectifs. Au recensement de 1990, on relevait en Alsace, 45.000 Français par acquisition. Ce phénomène était surtout le fait des Italiens (21 % des acquérant) et des Allemands (20%). Des localisations spécifiques Les effectifs d'Italiens sont variables selon le département. La présence italienne est plus forte dans le Haut-Rhin. Ainsi ils représentaient, en 1990, avec 10.620 ressortissants, la deuxième communauté après les Algériens (17,5% des étrangers). Dans le Bas-Rhin, on compte seulement 3.896 Italiens (soit 6% des étrangers). 73 % des Italiens habitent donc le HautRhin. La différence d'effectifs entre le Bas-Rhin et Haut-Rhin s'explique par l'histoire récente de l'industrialisation en Alsace qui a concerné en premier lieu le Haut-Rhin et qui a eu recours, étant 71 donné les flux migratoires du moment, aux Algériens et aux Italiens. Le besoin de main d'œuvre, plus récent dans le Bas-Rhin, s'est conjugué avec l'arrivée des Marocains et des Turcs. Cette localisation résulte donc héritage historique et industriel. Les Italiens sont fortement présents sur quasiment toutes les communes du Haut-Rhin. C'est sur la zone d'emploi de Colmar qu'ils sont proportionnellement les moins nombreux alors que c'est au niveau de la zone d'emploi de Guebwiller que on relève la plus forte concentration (35% des étrangers sont Italiens). En plus de ce secteur, ce sont les zones d'emploi de Mulhouse et de Thann (respectivement 17% et 19,5%) qui concentrent les plus forts contingents italiens. Ces trois zones regroupent 7.660 Italiens soit 53 % de la population italienne alsacienne pour seulement 24% de la population alsacienne. Dans le Bas-Rhin, les Italiens sont concentrés sur la zone d'emploi de Sélestat mais aussi au niveau de la Communauté Urbaine de Strasbourg. En effet, 67 % des Italiens du Bas-Rhin résident dans ce secteur géographique. L'explication de cette concentration, sur ces zones, est à rechercher dans les flux migratoires de travail : - au niveau des usines textiles (Mulhouse, Guebwiller, ...) - au niveau des usines mécaniques (SACM) et auto (Peugeot) à Mulhouse - au niveau des mines de potasse, etc. Une sur-masculinité évidente En ce qui concerne la répartition homme/femme, les données font apparaître un fort déséquilibre au sein de la population italienne que ce soit sur le plan national ou local. Mais ce phénomène est plus marqué en Alsace où 61 % des Italiens sont des hommes. On n'observe pas à ce niveau de différence entre le Haut-Rhin et le Bas-Rhin. Ce constat peut en fait s'appliquer à l'ensemble de la population étrangère (55% sont des hommes) mais pas de manière aussi marquée. En effet, seuls les Algériens et les Tunisiens présentent un profil similaire. L’hypothèse explicative qui peut être avancée est que ce pourcentage résulte d'une immigration qui a été marquée par les migrations de travail (recrutement d'une main d'œuvre exclusivement masculine). Une population vieillissante Cette immigration de travail, du fait de son ancienneté et de son non-renouvellement, présente un profil démographique particulier marqué par un vieillissement rapide. En effet, sur le plan national, 40% des Italiens sont âgés de plus de 60 ans alors que ce taux n'est que de pour l'ensemble de la population étrangère. Seuls les Espagnols présentent un profil proche avec 35% de la population âgée de plus de 60 ans. Sachant que le taux des plus des 60 ans est de 20% parmi la population française. En Alsace, ce phénomène est moins marqué, puisque seulement 24% des Italiens ont plus de 60 ans. Mais la communauté la plus vieille, en France comme en Alsace, est italienne. Elle présente un écart 72 fortement marqué avec les autres nationalités. Parallèlement, la population de moins de 25 ans est faible. 19% des Italiens, en Alsace, ont moins de 25 ans. L'approche par département fait apparaître une population un peu plus âgée dans le Haut-Rhin que dans le Bas-Rhin (respectivement 25% et 22%). Guebwiller et Saint-Louis se caractérisent par une population plus jeune. La structure par âge présente donc des particularités en Alsace, elle est certes plus âgée que l'ensemble de la population y compris française mais ce vieillissement est moins accentué que sur l'ensemble de la France. La postériorité des derniers courants migratoires vers l'Alsace, par rapport aux autres régions d'immigration italienne traditionnelle, est sans doute la principale cause de cette structure par âge originale. Une population plus souvent retraitée et ouvrière Le fait que l'on ait à faire à une population italienne moins âgée se signale également par un pourcentage de retraités plus faible que sur l'ensemble de la France. 18% des Italiens sont retraités en Alsace. Ce taux est de 31% en France. Toutefois ce taux est supérieur à la moyenne alsacienne qui est de 1570 et plus encore par rapport aux étrangers (6%). La part des retraités est un peu plus important dans le Haut-Rhin que le Bas-Rhin. C’est Thann et son secteur qui présente le taux le plus important. En fait, les Italiens résidant en Alsace sont plus actifs que ceux résidant en France. Le taux d'activité en Alsace des Italiens est de 56% contre 43% pour l'ensemble de la France. Il se situe à un niveau identique aux autres populations françaises ou étrangères en Alsace. Mais l'approche en fonction du sexe fait apparaître des différences importantes. Les femmes italiennes sont globalement peu impliquées dans la vie active. Ainsi le taux d'activité des hommes est de 69%, celui des femmes est seulement de 35%. Les Italiennes sont beaucoup moins actives que les Françaises (46%) ou bien les étrangères d’Europe du Sud (Portugaises notamment). Ce constat est également valable sur un plan national, où le taux moyen d'activité des italiennes est de 25%. En dépit taux d'activité faible, les Italiennes en Alsace sont donc plus souvent actives que dans d'autres régions. Là encore on observe une différence entre le Haut-Rhin et le Bas-Rhin sachant que la population du Bas-Rhin, avec une population étrangère plus jeune, est plus active. La raison de cette inactivité des femmes italiennes est à rechercher dans une culture d'origine qui assigne à la femme la gestion du foyer. Ce sont également les femmes qui sont les premières victimes du chômage. Mais le taux de chômage des femmes italiennes en Alsace n'est que de 22% alors que les étrangères connaissent une situation plus difficile (en moyenne 25%). Globalement, et par rapport à cette question de l'emploi, les Italiens se situent dans une situation intermédiaire entre le cas favorable des Français et celui nettement moins idéal des étrangers. En effet, le taux de chômage est en Alsace, de 7% pour les Français, de pour les étrangers et de 1196 pour les Italiens. 73 Cette difficulté face à l'emploi est plus durement ressentie dans le Haut-Rhin que le Bas-Rhin. C’est le secteur de Sainte Marie qui semble le plus touché. Cette fragilité, relative par rapport aux autres étrangers, peut s'expliquer dans le type d'emploi occupé. Les Italiens restent marqués par l'héritage du passé (appel à une main d'œuvre ouvrière). Ils se caractérisent par un taux élevé d'ouvriers (62% en Alsace sachant que le taux en France est de 52%). Toutefois ce taux est inférieur aux autres nationalités étrangères mais très supérieur à celui des Français qui est de 36% seulement. Cette part élevée d'ouvriers en Alsace est une constante que l'on retrouve au-delà des seuls Italiens (industrialisation importante). Par contre la population italienne se caractérise par un déficit de cadres (seulement 3% contre pour l'ensemble de la population en Alsace) et d'employés (15,5% contre 27%). Mais elle se distingue des autres étrangers, en occupant plus fréquemment des postes d'artisans, commerçants et chef d'entreprise et des professions intermédiaires. Les Italiens présentent donc, si l'on tient compte de ces données statistiques, d'une capacité d'entreprendre forte. La population italienne apparaît plus entreprenante et occupe plus souvent des postes de cadres ou de professions intermédiaires dans le Bas-Rhin que dans le Haut-Rhin. Les entreprises construites par les Italiens interviennent principalement dans le secteur du bâtiment. Ces entreprises représentent 49% de l'ensemble des entreprises étrangères dans ce secteur. Le deuxième secteur est celui de l'hôtellerie-restauration. Plus du quart des artisans, commerçants et chef d'entreprises étrangères sont italiens (27%), sont turcs. Les premiers étant souvent plus anciens que les seconds. Cette capacité d'entreprendre est considérée par beaucoup comme un indicateur d'intégration positive des Italiens à la société française. D'autres éléments semblent rendre compte de cette intégration tels que le logement ou bien encore la vie associative. Une population de propriétaires Plus encore, le rapport au logement des Italiens est censé rendre visible cette intégration. En Alsace, plus de la moitié des ménages sont propriétaires de leur logement (56%). De ce fait ils se démarquent fortement des autres étrangers. Dans ce domaine, ils sont très proches du comportement des Français où 55% de la population est propriétaire. Le statut de propriétaire est plus répandu dans le Haut-Rhin que le Bas-Rhin pour des raisons d'ancienneté, d'opportunité financière (vente maison de mineur par exemple) et de coût de l'immobilier. Le fait qu'un grand nombre d'Italiens travaille dans le secteur du bâtiment peut également constituer un élément explicatif de ce comportement. Une vie associative qui reste intense En 1993 ont été recensées 32 associations issues de l'immigration italienne en Alsace, soit de l'ensemble des associations recensées. Ce pourcentage est conforme au poids démographique de cette population en Alsace. Il s'agit le plus souvent d'associations créées depuis quelques années. La plupart (85%) sont situées dans le Haut-Rhin. Mulhouse concentre à elle seule, la moitié des associations haut-rhinoises. Cette répartition rend en fait compte de la localisation des Italiens. 74 Les associations italiennes se singularisent des autres associations étrangères par leur objet. En effet elles œuvrent peu avec un objectif d'intégration qui se signalent par le développement d'actions de type soutien scolaire, alphabétisation, etc... Elles sont surtout développées dans le domaine socioculturel et sportif. L'ancienneté du flux migratoire explique ces différences. En fait, au moment de leur création, les associations italiennes avaient un double but : culturel et de solidarité, il s'agissait d'aider les travailleurs venus seuls en Alsace pour travailler. Aujourd'hui, on observe une réorientation de l'objet des associations qui tentent d'assurer le lien avec le pays d'origine. On est passé d'une logique d'assistance (souvent matérielle) à une logique de quête identitaire qui est perceptible par l'importance des associations régionales (exemple: Associazione regionale e culturale calabrese, Azzurri ciclisti). Ce besoin d'être "entre soi" est perçu positivement par la société en général (il est assimilé à du folklore). Il n'est en fait pas spécifique à cette immigration, ni même à cette période. Ce besoin de se retrouver "entre soi", entre personnes de la même origine, correspond à une nécessité vitale, après un exil, un changement, afin d'être en mesure de trouver des repères C'est une démarche naturelle qui ne concerne pas seulement l'étranger. Ce qu'on observe par contre c'est une différence d'appréciation de la situation selon que ce besoin soit le fait des Italiens ou des Portugais ou bien qu'il soit manifesté par des Turcs ou des Algériens. Dans ce cas on évoquera souvent le "risque de communautarisme", de "repli sur soi". Le cas du logement révèle également cette ambiguïté. Alors que l'accession à la propriété est considérée au niveau des Italiens comme un facteur d'intégration, le même comportement au niveau des Turcs est assimilé à une volonté communautaire. Ce que souligne ces constats, c'est l’aspect foncièrement subjectif de l'intégration et plus globalement du regard porté sur l'autre, et plus spécifiquement sur l'étranger, étymologiquement celui qui nous est étrange, extérieur. LES ITALIENS : UN MODÈLE D'INTÉGRATION ? Qu'en est-il de cette assertion fréquemment utilisée ? Les différents éléments statistiques nous ont permis de révéler la présence en Alsace d'une population italienne singulière par rapport aux autres Italiens en France mais aussi par rapport aux autres étrangers installés en Alsace. Ces caractéristiques spécifiques seraient à la fois le résultat d'un processus historique et lié au contexte local. Il est communément admis aujourd'hui que l'intégration relève d'un processus qui s'inscrit dans la durée, mais qu'elle est également fonction du contexte social et économique dans lequel la population étrangère est arrivée et vit actuellement. Les quelques éléments statistiques sur lesquels s'appuie cette contribution, laissent supposer que les Italiens sont intégrés. En effet, ils présentent aujourd'hui à la fois des conditions objectives d'intégration (par exemple comportement par rapport au logement proche des Français) mais aussi des conditions subjectives favorables (perception positive de l'Italien). Ce n'est pas le cas pour 75 d'autres immigrations, même lorsqu'elles présentent des caractéristiques relatives identiques (comme les Turcs qui ont également une propension à l'entreprenariat, à acquisition immobilière). Ces conclusions peuvent-elles nous amener à considérer que les Italiens constituent un modèle d'intégration ou une "bonne" Immigration au regard d'autres que l'on considérerait comme "mauvaise" ou "inassimilable" ? Pierre MILZA (4) rappelle combien cette idée, cette perception est sans fondement et nie le vécu individuel. En effet, aucune intégration ne s'est faite de manière paisible, pas même celle des Italiens dont on se plaît aujourd'hui à souligner que leur intégration ou plus simplement leur acceptation, a été facilitée du fait de leur origine européenne et/ou de leur pratique de la religion catholique. L'approche historique dément cette vision idéale, voire idéalisée, de l'immigration italienne et les raisons qui sont mises en avant. Les propos suivants rendent assez bien compte de la "xénophobie" dont les Italiens ont fait l'objet lors de leur arrivée : "Ils arrivent, telles des sauterelles, du Piémont, de la Lombardie - Vénétie, de Romagne, de la Napolitaine, voire de la Sicile. Ils sont sales, tristes, loqueteux. Tribus entières immigrant vers le Nord, où les champs ne sont pas dévastés, où on mange, où on boit, ils s'installent chez les leurs, entre eux, demeurant étrangers au peuple qui les accueille, travaillant à prix réduit, jouant tour à tour de l'accordéon et du couteau". En fait, l'image de l'étranger (l'Italien comme les autres) oscille au gré des aléas de la conjoncture économique sachant que le plus stigmatisé est toujours le dernier arrivé ou le plus visible dans sa différence (l'évaluation de la différence étant elle-même très variable). Cette réflexion doit en fait permettre de souligner la diversité des parcours, la richesse et la complexité des processus individuels mais aussi l'amnésie collective (y compris des étrangers euxmêmes) sur les conditions qui leur ont été réservées à leur arrivée. Si l'immigration italienne peut servir de modèle c'est peut-être en mettant en avant les échecs, les difficultés rencontrées et les réussites que les individus ont pu connaître, mais aussi en insistant sur l'importance de la notion de temps, en soulignant la place centrale de l'emploi dans ce processus, enfin en rappelant combien tout exil est difficile à vivre parce qu'il nécessite un ajustement entre la culture d'ailleurs et d'ici. 1 L'utilisation du terme de "communauté" dans ce document résulte d'un souci de simplification de langage et par commodité mais l'exposé porte sur les seuls Italiens. 2 Voir l'article d'Antonio PEROTTI dans Hommes et Migrations, n01114, Juillet-Août-Septembre 1988. 3 Dans le cadre d'une étude menée par l'ORI sur la "vie associative issue de l'immigration", Cahier de l'Observatoire no 16, juin 1995. 4 Dans son ouvrage "Voyage en Ritalie" 5 Extrait de la Patrie, journal paru en 1896. Document cité dans l'ouvrage d'Ezzedine MESTIRI, L'immigration, Édition La Découverte : Paris, collection Repères, 1990, p. Il. 76 3. Débat sur les Italiens en Alsace Université de Haute-Alsace 25 octobre 1997 Animé par Monsieur Jean-Marie HAEFFELE Rédacteur en Chef au Journal L'Alsace Le colloque sur l'émigration italienne en Alsace a constitué un premier moment de réflexion sur ce sujet dans la matinée du 25 octobre 1997. Il s'agissait d’un exercice incontournable à l'heure actuelle, qui a procédé à un état des lieux dans le souci de ne pas disperser le patrimoine expérience qui a concerné tant d'hommes et de femmes. Toutefois, l'intérêt de cette action ne résidait pas uniquement dans l'aspect de la reconstruction historique mais également dans sa projection dans l’actualité et dans le futur. De ce fait, un débat sur les Italiens aujourd'hui, animé par Jean-Marie Haeffelé, Rédacteur en Chef au Journal L'Alsace, s'est déroulé l'après-midi de cette même journée. Des personnes italiennes ou d'origine italienne y ont participé - représentatives de l'intégration et du succès obtenu par la communauté italienne active dans le milieu politique, culturel, artistique ou des entreprises – et ont témoigné de leur parcours humain et professionnel en France. Voici la liste : • • • • • • • • Monsieur Giuliano BARIONI, couturier à Mulhouse Monsieur Gilbert BUTTAZZONI, Adjoint au Maire de Mulhouse Monsieur Joseph DAVERIO, Président du Syndicat des Entrepreneurs BTP du Haut-Rhin Monsieur Luigi DE POLI, Professeur UHA de Mulhouse Monsieur Antonio D'ONGHIA, Artiste-Peintre Monsieur Michel GARZIA, Chef d'Orchestre à Saint-Louis Monsieur Louis PERDI, Directeur de la Compagnie du Lys à Saint-Louis Monsieur René Jean MORO, Lieutenant-Colonel (CR). La capacité d'adaptation et d'intégration des Italiens a été unanimement constatée, intégration qui, bien souvent, a été facilitée par l'acquisition de la nationalité française. Le maintien d'une identité au niveau personnel plutôt que collectif a également été relevé, ce qui a amené à parler de It "invisibilité" de la colonie italienne dans la région. Le débat a fait apparaître combien il était indispensable, aujourd'hui, de recourir à l'usage du terme italianité pour désigner cet ensemble de valeurs sociologiques et culturelles dans lequel toutes les personnes d'origine italienne peuvent se reconnaître. Cette dernière permet de concentrer l'attention sur les liens et sur l’hérédité historico-culturelle italienne plutôt que sur les aspects administratifs de la nationalité. 77 A ce propos, je désirerai citer les mots utilisés par Pierre Bardelli, Président de l'Université de Nancy 2, dans son introduction à "Italiens en Lorraine" publication éditée par la Chambre de Commerce Italienne pour la France de Paris : « (...) Cette intégration a fait de la population d'origine italienne une composante de la population française. Mais celle-ci n'a jarnais pour autant abandonné sa culture originelle- L'attachement à l'Italie reste très marqué. Avec le temps, les liens familiaux pour les descendants des plus anciens immigrés se sont certes distendus, mais le lien culturel reste fort (…) ». L’italianité, j'en suis persuadé, est une valeur susceptible de perdurer à travers les générations et d'enrichir considérablement tant les individus qui en sont porteurs, parfois même inconsciemment, que le tissu social local, influencé au cours des décennies par cet apport vivificateur. Voilà l'enseignement principal qui peut être tiré du débat du 25 octobre. Loin de constituer une conclusion, elle représente, à mes yeux, le début d'une plus vaste réflexion. Le Consul d 'Italie à Mulhouse, Paolo TRICHILO 78 4. Institutions italiennes en Alsace CONSULAT D'ITALIE 17, Avenue Clémenceau 68100 MULHOUSE INSTITUT ITALIEN DE CULTURE 7, rue Schweighauser 67000 STRASBOURG CHAMBRE DE COMMERCE ITALIENNE POUR LA FRANCE c/o CHAMBRE DE COMMERCE ET D'INDUSTRE 8, rue du 17 Novembre 68100 MULHOUSE ORGANISMES D'INTERET PARTICULIER : ASSOCIATION DANTE ALIGHIERI 6, rue d'Anvers 68100 MULHOUSE COMITE DES ITALIENS A L'ETRANGER (COMITES) 24, rue Sainte Claire 68100 MULHOUSE MISSION CATHOLIQUE ITALIENNE 1, rue de la Wanne 68100 MULHOUSE 79 5. Associations italiennes dans la circonscription du Consulat d’Italie a Mulhouse A.M.I.C.A. (ASSOCIATION MIGRANTS ITALIENS DE COLMAR ALSACE) CERIELLO Alessandro, Président 3, rue du Florimont 68000 COLMAR AMICALE ITALIANI Dl BELFORT PALMA Umberto, Président 22, rue de Madagascar 90000 BELFORT ASSOCIATION ITALIENNE AIDE AUX HANDICAPES CASCIANO Enzo, Président 16, rue des Vosges 68800 VIEUX-THANN ASSOCIAZIONE ITALIANA VALLEE DE THANN CASCIANO Franca, Présidente 16, rue des Vosges 68800 VŒUX-THANN ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI (A.N.A.) BURELLI Renzo, Président 124, rue de Pfastatt 68260 KNGERSHEN ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI E REDUCI ITALIANI Dl COLMAR COLLEDANI Aldo, Président 62, rue du Muscat 68000 COLMAR ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI MULHOUSE Président : n.n. c/o CONSULAT D'ITALIE – MULHOUSE E ASSOCIAZIONE REGIONALE CULTURALE CALABRESE STRATI Francesca, Présidente 37, rue de Sausheim 68110 ILLZACH-MODENHEIM ASSOCIAZIONE REGIONALE CULTURALE CAMPANIA DE VITO Giuseppe, Président 55, rue d'Ammerschwihr 68310 WITTELSHEIM 80 REDUCI ITALIANI Dl AZZURRI CALCIO Dl LORENZO Corrado, Président Ristorante "La Lanterna" 92, Avenue d'Altkirch 68100 MULHOUSE AZZURRI CICLISTI ROSSITTO Ivan, Président 35, rue Antoine Schoff 68120 PFASTATT C.A.S.I. COMITATO Dl AIUTO SOCIALE AGLI ITALIANI TONELLO Giovanni, Président 23, Sentier Aubois 68100 MULHOUSE COASCIT COMITATO D'ASSISTENZA SCOLASTICA AGLI ITALIANI DE GAETANI Niceta, Président 83, rue Robert Meyer 68120 PFASTATT FOGOLAR FURLAN D'AGOSTO Oreste, Président 9, 68200 MULHOUSE LES ITALIENS DU FLORIVAL BELLINA Lino, Président 29, rue de Bordeaux 68540 BOLLWILLER PATRONATO INCA-CGT-CGIL (ISTITUTO NAZIONALE CONFEDERALE D'ASSISTENZA) MOYE Claudia, Présidente 8, rue du Rhône 68100 MULHOUSE SOCIETA' ITALIANE RIUNITE BURELLI Valerio, Président 126, rue de Pfastatt 68260 KNGERSHEIM UNION SPORTIVE ITALIENNE ROSSO-NERI GUEBWILLER SPICACCI Giuseppe, Président Route d'Issenheim 68500 GUEBWILLER VICENTINI NEL MONDO POZZOLO Franco, Président 9, rue des Anémones 68390 BALDERSHEM 81 VOCE AZZURRA BANOVAZ Aldo, Président 7, rue de la Marne 68400 RIEDISHEM 82 APPENDICE 83 Voici la Compagnie de Théâtre italien qui a posé pour le photographe, à Mulhouse en 1937 Si riconoscono, da sinistra, in basso / On reconnait : de gauche, en bas • • • • 84 Cereja, Melauri Rualto, Fontana Galdino, Barducci (presidente), Vannoni Cesare Carnovale, Angiolina Bindi, e Piccinini Arturo. Del Rosso, Vanetti Paolo, signora Zanré, signora Ferrari, Signora Macchi, Signora Lobbo e figlia, Bindi Priamo, Lobba Bruno (segretario). Conti, Ferrari, Battistelli Alfredo, Sassi, Zanre, Barducci Bruno. Macchi Andrea, Rabbuffetti Silvio, Castaldini Giuseppe e Ponti Sante. Les premiers documents de la vie associative parmi les Italiens de Mulhouse datent de la fin du siècle dernier, exactement de 1886, à la naissance de la Société de Mutuel Secours. En 1908 les Italiens ont donné naissance à une Compagnie de Théâtre 85 Les 5 frères Savonitto, avec leur beau-frère, Ferrari, fondateur de l’entreprise qui construisit la Tour de l’Europe à Mulhouse 86 Ettore Bugatti (1904), plaque rue de la Nuée-Bleue à Strasbourg Ettore Bugatti, né le 15 septembre 1881 à Milan, est un industriel et inventeur italien naturalisé français peu avant son décès. C'est un des fondateurs de l'industrie automobile de luxe et de compétition avec les automobiles Bugatti en Alsace. La région alsacienne séduisit Ettore Bugatti qui fit de Molsheim le fief historique de son usine de construction automobile où il conçut et assembla plus de 7 500 automobiles. La renommée de ses automobiles au palmarès sportif jamais égalé à ce jour est mondialement reconnue En 1902 la société alsacienne De Dietrich le recrute comme associé pour concevoir des voitures au côté du pionnier inventeur de voiture Amédée Bollée et d'Émile Mathis pour la commercialisation. La responsabilité technique pour la construction de la production automobile est confiée à Bugatti. N’ayant pas atteint l’âge de la majorité, c’est son père Carlo Bugatti qui signera, le 2 juillet 1902, le contrat d’embauche2. La société Dietrich Bugatti s'installe à Reichshoffen à 50 km au nord de Strasbourg en Alsace. Il améliore sa Bugatti Type 2 puis conçoit et produit les Dietrich Bugatti Type 3, Type 4, Type 5, Type 6 et Type 7 vendues à environ 100 exemplaires. En 1904, De Dietrich abandonne l'industrie automobile. Ettore Bugatti s'associe alors à Émile Mathis pour poursuivre l'aventure avec la marque d'automobile populaire de grande série Mathis à Graffenstaden, à 10 km au sud de Strasbourg5. Fabriquées par la SACM à Illkirch-Graffenstaden et baptisées « Hermès », elles ressemblent à des De Dietrich-Bugatti Ettore fonde sa propre marque, Bugatti, en décembre à Molsheim-Dorlisheim en Alsace, alors allemande, à 20 km à l'ouest de Strasbourg et s’installe dans une somptueuse villa. De 1914 à 1918, pendant la Première Guerre mondiale, Ettore Bugatti quitte l'Alsace pour s'exiler à Milan puis rentre à Paris. À l’issue de la guerre, il retourne à Molsheim, devenue française, et ouvre une fabrique sur l’ancien site. 87 De 1939 à 1945, durant la Seconde Guerre mondiale, l'usine « est confisquée par les Allemands, pour ensuite disparaître ». En 1945, Ettore Bugatti se bat pour récupérer son usine de Molsheim saisie par l'administration française à la Libération. Il obtient gain de cause et tente de redémarrer malgré les dettes et le manque de moyens. Les études des Bugatti Type 73 et Type 78 n'aboutissent malheureusement pas et l'entreprise vivote. Le 21 août 1947, à l'âge de 65 ans, Ettore Bugatti meurt d'épuisement des suites d'une congestion cérébrale à l'hôpital américain de Neuilly-sur-Seine. En 37 ans, il avait déposé 1 000 brevets et fabriqué près de 7 500 voitures de grand luxe ou de course, toutes entrées dans la légende et devenues des objets culte de riches collectionneurs. Bugatti est détenteur d'un palmarès sportif jamais égalé avec plus de 10 000 victoires et 37 records. Il est inhumé au cimetière du Père-Lachaise (97e division) avant d'être transporté à Dorlisheim le 5 mai 1955 (extrait de Wikipedia). 88 89 90 Finito di pubblicare nel dicembre 2020 Nell'ottobre del 1997 a si tenne a Mulhouse, presso l'Université de HauteAlsace, una conferenza dedicata all'emigrazione italiana in Alsazia promossa dall'allora Console d'Italia Paolo Trichilo. I contributi stampati allora dal Consolato d’Italia a Mulhouse, vengono ora pubblicati e conservano tutto il loro valore scientifico e di ricerca sulla nascita e sullo sviluppo di una comunità italiana poco conosciuta. Si tratta di un omaggio a tale collettività, caratterizzata da uno spirito di sacrificio e da una capacità di adattamento che le ha consentito di inserirsi con successo nella società francese e farsi apprezzare per le sue qualità di onestà, rigore e moralità. Donne e uomini che, in un ambiente talora ostile, hanno saputo farsi strada, imparando non solo il francese ma spesso anche l’alsaziano, stretti tra la politica di assimilazione tipica della Francia e il mantenimento delle radici e dell’identità italiana. Oggi a Mulhouse il Consolato, originariamente istituito nel 1864, è stato ridimensionato a sportello consolare. Questo rappresenta una naturale evoluzione dei tempi, l’avanzamento di un processo di integrazione della nostra comunità e al tempo stesso di appartenenza ad una più grande famiglia europea. Nel libro sono raccolti i contributi di Luciano Trincia, Vincenzo Pellegrini, Antonio Bechelloni, Francesco Belcastro, Romano Pallastrelli, Alessandra Mucci, Murielle Maffessoli, Jean-Marie Haeffele, oltre alle prefazioni di Gèrard Binder, Jean-Marie Bockel, Paolo Trichilo e Roland Beyer. L'introduzione è di Luigi Maria Vignali, la prefazione di Paolo Trichilo e la postfazione di Nicola De Santis. Paolo TRICHILO, diplomatico di carriera dal 1990, ha maturato un'esperienza molto ampia in diversi settori ed aree geografiche: CSCE; Mulhouse (Console); Ankara; Antiterrorismo, Iraq e Unità di Crisi; New Delhi; OCSE; Consigliere Diplomatico del Ministro del Lavoro; Lubiana (Ambasciatore). In precedenza è stato assistente presso la Cattedra di Diritti dell’Uomo (LUISS) e Ufficiale di complemento nell’Arma dei Carabinieri.