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Chiesa e monarchia universale in Joseph de Maistre

in «Joseph de Maistre. Il padre del pensiero controrivoluzionario», prefazione di Marcello Veneziani, a cura di Campari & de Maistre, Cesena, Historica, 2021, pp. 89-92

Prefazione DE MAISTRE, IL PARADOSSO DI DIO di Marcello Veneziani I cavalieri dell’apocalisse del pensiero moderno sono Karl Marx il rivoluzionario, Friedrich Nietzsche il sovrumanista, Max Stirner l’anarchico e Joseph de Maistre il reazionario. I primi due sono riconosciuti universalmente, il terzo da pochi, l’ultimo da pochissimi. Tra i pochissimi, i giovani autori di questo libro a più mani dedicato al Conte savoiardo a duecento anni dalla sua morte, il 26 febbraio del 1821. Eppure ha poco senso affrontare la modernità e dimenticare l’antimoderno per eccellenza. Con de Bonald e Donoso Cortés, de Maistre fu uno dei padri laici della tradizione cattolica, come li definì Barbey d’Aurevilly in opposizione ai tre “idoli” Voltaire, Rousseau e Franklin. De Maistre fu l’anti-Voltaire, dalla prosa ironica e tagliente, come la lama del boia di cui egli scrisse un memorabile elogio. Nessuno più di lui portò alle estreme conseguenze il cattolicesimo e la lotta all’empietà e all’ateismo nel nome della Tradizione e della controrivoluzione. Si contrappose in modo speculare all’illuminismo e rovesciò in senso positivo le loro critiche alla superstizione, ai pregiudizi e all’oscurantismo. Sgomenta il vigore con cui il Conte savoiardo stabilisce nessi implacabili tra fede e salute, tra peccato e malattia, tra sofferenza ed espiazione. A volte sembra che per lui il mondo sia governato da un severo codice penale; il suo Dio implacabile somiglia più al Dio del Vecchio Testamento che a Gesù Cristo. Nella sua visione apocalittica le forze morali e immorali, divine e diaboliche, muovono l’universo e decretano salvezze e dannazioni; 6 Prefazione ogni atto compiuto si ripercuote sull’ordine divino del mondo, dispone al paradiso o all’inferno. È fin troppo perfetta la simmetria del suo pensiero con quello degli illuministi e dei progressisti, notava Thomas Molnar, un rovesciamento speculare a cui si aggiunge il gusto sottile di scandalizzare i salotti del pensiero, non solo atei, ma anche certe sacrestie; ma la sua lucida vis polemica non ha nulla da invidiare a quella di Voltaire. Forse una radice comune c’era e non si esauriva nel bel mondo frequentato pure da de Maistre per la sua attività politica e diplomatica; c’era di mezzo la matrice massonica. Che in de Maistre si coniugava con un impianto teocratico e iniziatico. Nell’acuto ritratto che ne fece un nichilista reazionario, tragico e brioso come E.M. Cioran, de Maistre è visto come un don Chisciotte della Provvidenza e un Machiavelli della teocrazia: idealismo assoluto e realismo cinico sono gli estremi del suo cattolicesimo integrale. Di de Maistre mi occupai vent’anni fa in Di padre in figlio. Elogio della tradizione1 che pubblicò Laterza. Per de Maistre l’ordine preesiste al disordine che ne è la caduta; ma sorge col caos anche la mano riparatrice, la restaurazione. Per lui le tradizioni antiche sono tutte vere come ogni credenza universale e costante. Universale è anche la preghiera: gli uomini hanno pregato sempre e ovunque; magari sbagliando ma l’origine della preghiera è divina. Chi avversa la Tradizione soffre di teofobia. A differenza del tradizionalismo popolare, quello demaistriano non crede affatto che vox populi sia vox dei, anzi per lui c’è un nesso non solo lessicale tra demos e demoniacus. La Tradizione e ogni retta autorità discendono per lui da Dio, non dal popolo. È la Tradizione discesa dall’alto che forgia il comune sentire, non l’inverso. Ogni vera tradizione è divina; se è umana è destinata al naufragio. Per conservare si deve consacrare. Le leggi traggono forza dal non detto, ciò che resta avvolto “in un’oscurità venerabile”. Le leggi scritte sono più deboli di quelle impresse da Dio nella mente e nell’anima. In questa luce i pregiudizi sono necessari e vitali, sono per la vita 1. M. Veneziani, Di padre in figlio. Elogio della tradizione, Laterza, Bari 2002. Marcello Veneziani 7 profana quel che sono i dogmi per il sacro; ma i pregiudizi non sono idee false, bensì principi che precedono il giudizio. Lo ha sostenuto anche il padre dell’ermeneutica Hans-Georg Gadamer. Ma quando i pregiudizi perdono la loro universalità, come possono sopravvivere? Edmond Burke, conservatore e realista, credeva ai pregiudizi ma considerava anche la possibilità del loro tramonto; per de Maistre invece, sarebbe stata l’autorità a garantire la loro vigenza. È la differenza tra un conservatore e un reazionario, fra un tradizionalista realista e un tradizionalista teocratico. Allo stesso modo, per de Maistre la superstizione è preziosa e necessaria come un avamposto della religione. Anche Giambattista Vico difese la superstizione come un male minore rispetto all’ateismo, perché da filologo ritenne che nella superstizione vi fosse un nucleo di verità superstiti, seppur degradate. Anche per Mircea Eliade la superstizione è ciò che resta di una credenza nello scorrere del tempo. Verso de Maistre ebbero un debito occulto vari autori atei e progressisti, da Marx alla Scuola di Francoforte (lo notò anche Giovanni Sartori mentre Isaiah Berlin lo paragonò a Tolstoj). Mi sovviene infine un’immagine: la tesi di laurea su de Maistre discussa da Alfredo Cattabiani all’Università di Torino, gettata a terra con sdegno “liberale” dal prof. Norberto Bobbio. Per riparare all’oltraggio, pochi anni dopo Cattabiani, in veste di editore, pubblicò il capolavoro demaistriano, Le serate di Pietroburgo2. La morte di de Maistre nel 1821 coincise con quella di Napoleone e con la prima repressione anti-risorgimentale a Napoli, con gli austriaci che nel nome della Santa Alleanza scesero a difendere i Borbone e a cancellare la costituzione concessa ai “liberali”. La lezione di de Maistre restò un fiume carsico, imbarazzante anche per la Chiesa; ma trovò non pochi, sorprendenti innamorati, come il poeta maledetto Baudelaire, il nichilista Cioran o l’ex socialista Giuseppe Rensi. Continuò a scorrere, sotto traccia, lungo il tempo come un dono aspro e vigoroso del Passato. Un passato di cui non c’era memoria storica ma traccia nei cieli. 2. J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, Rusconi, Milano 1971. 6. CHIESA E MONARCHIA UNIVERSALE IN JOSEPH DE MAISTRE di Alfredo Incollingo Il conte Joseph de Maistre non rinnegò mai la fede cattolica né la profonda avversione all’illuminismo, «uno spaventoso progetto di spegnere in Europa il Cristianesimo»1. Definì, inoltre, la filosofia moderna teofobia, perché promuoveva il «distacco dell’uomo da Dio»2. La Rivoluzione francese, prodotto nocivo del Secolo dei Lumi, fu un tentativo fallimentare di sradicare la religione dalla società. Per questo motivo, era necessario riscoprire la tradizione cattolica per porre fine alla tirannia del culto della ragione3. Nonostante il congresso di Vienna avesse placato gli spiriti rivoluzionari, le idee illuministe si erano ormai radicate in Europa. L’amareggiato de Maistre preservò, tuttavia, la fede nella Provvidenza divina, delineando nella sua ultima opera, Del Papa (1819), «una grande rivoluzione religiosa, che riunisse nella Chiesa cattolica tutte le chiese»4. Gennaro Auletta ha definito il trattato «una vera enciclopedia sul Papato, nella quale la storia, la teologia, la filosofia, la tradizione patristica, la politica, l’esegesi, la critica e la stessa letteratura con1. J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, Bari, Edizioni Paoline 1961, p. 171. 2. Ivi, p, 102. 3. P. Venturelli, Joseph de Maistre, l’uomo moderno e la rivoluzione, in “Segni e Comprensioni”, anno xxii (2008), n. 64, p. 135; M. Ravera, Joseph de Maistre pensatore dell’origine, Milano, Mursia 1986, p. 92. 4. W. Maturi, Joseph de Maistre, in “Enciclopedia italiana”, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma (1934). 90 Joseph de Maistre corrono tutte insieme nell’unità religiosa, a formare la più grande apologia del Papato»5. Per il filosofo savoiardo, la controrivoluzione consisteva nel «ristabilimento della Monarchia» e non era «una rivoluzione contraria, ma il contrario della rivoluzione», ovvero un progetto restauratore6. Nelle Considerazioni sulla Francia (1796), de Maistre scrisse: «Tutt’i mostri che la rivoluzione ha partoriti, non si sono apparentemente affaticati che per la monarchia»7. Di fronte alle empietà dei giacobini, i francesi (e gli europei) avrebbero richiesto a gran voce il ritorno dell’Antico Regime8. La Provvidenza «impiega ella i più vili istrumenti» per castigare l’uomo dei suoi peccati: «punisce per rigenerare»9. La rivoluzione, infatti, fu in realtà un disegno di Dio per mostrare agli uomini cosa sarebbe accaduto, anche in forme più gravi, se avessero persistito ulteriormente nell’ateismo. Secondo de Maistre, era necessaria un’autorità sovrana per porre fine alla confusione morale e ciò ben si esprimeva nel famoso elogio del boia ne Le serate di Pietroburgo (1821): «Togliete dal mondo questo agente incomprensibile e, nello stesso istante, l’ordine darà posto al caos, i troni si inabisseranno e la società scomparirà»10. L’autorità non poteva fondarsi sulla volontà popolare, come sostenevano gli illuministi, poiché nessun ordine sociale sarebbe stato in armonia con i bisogni incostanti del popolo11: 5. Si veda G. Auletta, Introduzione, in J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, cit., p. 12. 6. J. de Maistre, Considerazioni sulla Francia, Biblioteca Cattolica, Napoli 1828, p. 136. 7. Ivi, p. 16-17. 8. Si veda D. Fisichella, Joseph de Maistre pensatore europeo, cit., p. 21; Si veda G. Auletta, Introduzione, in J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo cit., p. 9. 9. Si veda J. de Maistre, Considerazioni sulla Francia, cit., p. 6. 10. Si veda J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, cit., p. 39. 11. F. Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, Milano, Mondadori 2000, p. 711. Campari&deMaistre 91 «L’uomo nella sua qualità di essere morale insieme e corrotto, giusto nella sua intelligenza e perverso nella sua volontà, deve necessariamente essere governato; altrimenti sarebbe a un tempo stesso sociabile ed insociabile, e sarebbe la società nell’istesso punto necessaria ed impossibile»12. L’umanità, macchiata dal peccato originale, era incapace di vivere in libertà, necessitando di un monarca che potesse garantire la giustizia. Tuttavia, le moderne forme di governo si fondavano sulla volontà popolare. Di conseguenza, le monarchie europee dovevano sottomettersi a un’autorità sovrana, assoluta e infallibile, ovvero la Chiesa cattolica («l’europea monarchia, meraviglia d’un ordine soprannaturale»13), che non era soggetta all’arbitrarietà umana14, ma al solo volere divino. In un’altra opera, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche15 (1814), de Maistre sostenne che l’unico principio rigeneratore delle istituzioni umane era la legge divina16. L’Europa, «incivilita dal cristianesimo», avrebbe dimenticato questa verità, scriveva il filosofo savoiardo, e le sue stesse colpe sarebbero state purgate dal male prodotto17. L’infallibilità spirituale del papa e l’assolutezza temporale del suo governo non erano privilegi, ma caratteri tipici di qualsiasi monarchia, perché, senza di esse, «non vi sarebbe più aggregazione, non un corpo, non unità»18. Erano due concetti «perfettamente sinonimi», scrive de Maistre, «sì l'uno come l'altro esprimono quell'alta 12. J. de Maistre, Del Papa, Firenze, Tipografia di Tito Giuliani 1872, p. 137. 13. Ivi, p. 92. 14. Si veda F. Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, cit., p. 711; Joseph de Maistre, in “Dizionario filosofico”, Roma 2009. 15. J. de Maistre, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche, Le Monnier, Firenze 1845. 16. Si veda G. Auletta, Introduzione, in J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, cit., p. 10. 17. Si veda J. de Maistre, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche, cit., pp. 75-76. 18. Si veda J. de Maistre, Del Papa, cit. 92 Joseph de Maistre potestà che signoreggia su tutte, e da cui tutte le altre derivano; che governa e non è governata, giudica e non soggiace a giudizio»19. Di conseguenza, le monarchie europee non sarebbero state più alla mercé dell’incostante volontà popolare, ma soggette all’infallibile autorità papale. Era quindi necessario ripristinare l’unità cattolica europea, dissoltasi con la Riforma protestante e la Rivoluzione francese20. Queste riflessioni hanno anticipato di decenni la proclamazione del dogma dell’infallibilità papale avvenuta il 18 luglio 1870 per volere di Pio ix, durante il concilio Vaticano i. Si legge nella costituzione apostolica Pastor Aeternus: «[…] proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi»21. Pubblicato da Joseph de Maistre due anni prima della sua morte, Del Papa può essere considerato parte del testamento spirituale dell’autore, un saggio conclusivo di un lungo percorso intellettuale. Partendo dalla constatazione della natura luciferina della modernità, il filosofo savoiardo definì il suo ideale controrivoluzionario, ovvero la restaurazione dell’ordine morale, spirituale e sociale cattolico. 19. Ivi, pp. 1-2. 20. Si veda Joseph de Maistre, in “Dizionario filosofico”, cit. 21. Pio ix, Pastor Aeternus, 18 luglio 1870. Indice Prefazione De Maistre, il paradosso di Dio di Marcello Veneziani 5 Nota introduttiva Dopo duecento anni, serve ancora Joseph de Maistre di Francesco Maria Filipazzi 9 Parte prima JOSEPH DE MAISTRE, VITA E PENSIERO 1. Il pensiero controrivoluzionario: inquadramento storico-filosofico di Diego Benedetto Panetta 13 2. Joseph de Maistre, una vita per l’Ancien Régime di Giorgio Enrico Cavallo 27 3. Macché bigotto e fanatico. Ecco il vero de Maistre di Francesco Perfetti 47 4. De Maistre e la Provvidenza di Marco Mancini 51 5. Ubi Petrus ibi Ecclesia, la visione demaistriana del papato di Fabrizio Di Michele 73 6. Chiesa e monarchia universale in Joseph de Maistre di Alfredo Incollingo 89 7. De Maistre l’Italiano di Paolo Maria Filipazzi 93 8. Joseph de Maistre, massone ma non troppo di Francesco Maria Filipazzi 109 Parte seconda L’EREDITÀ DI DE MAISTRE 1. Rosmini, de Maistre e la risposta al liberalismo di Giorgio Salzano 123 2. Il crepuscolo della Respublica christiana: appunti su Juan Donoso Cortés di Fernando Massimo Adonia 133 3. Joseph de Maistre e Donoso Cortés, fra sovranità e assolutismo di Francesco Righini 141 4. Controrivoluzione, Utopia e Kathecon in Joseph de Maistre e Plinio Corrêa de Oliveira di Marco Sambruna 153 Conclusioni 169 Appendice Nulla può uguagliare il latino 171 Bibliografia 177