Prefazione
DE MAISTRE, IL PARADOSSO DI DIO
di Marcello Veneziani
I cavalieri dell’apocalisse del pensiero moderno sono Karl Marx il rivoluzionario, Friedrich Nietzsche il sovrumanista, Max Stirner l’anarchico e Joseph de Maistre il reazionario. I primi due sono riconosciuti universalmente, il terzo da pochi, l’ultimo da pochissimi. Tra
i pochissimi, i giovani autori di questo libro a più mani dedicato al
Conte savoiardo a duecento anni dalla sua morte, il 26 febbraio del
1821. Eppure ha poco senso affrontare la modernità e dimenticare
l’antimoderno per eccellenza.
Con de Bonald e Donoso Cortés, de Maistre fu uno dei padri
laici della tradizione cattolica, come li definì Barbey d’Aurevilly
in opposizione ai tre “idoli” Voltaire, Rousseau e Franklin. De
Maistre fu l’anti-Voltaire, dalla prosa ironica e tagliente, come la
lama del boia di cui egli scrisse un memorabile elogio. Nessuno
più di lui portò alle estreme conseguenze il cattolicesimo e la lotta
all’empietà e all’ateismo nel nome della Tradizione e della controrivoluzione. Si contrappose in modo speculare all’illuminismo
e rovesciò in senso positivo le loro critiche alla superstizione, ai
pregiudizi e all’oscurantismo. Sgomenta il vigore con cui il Conte
savoiardo stabilisce nessi implacabili tra fede e salute, tra peccato e malattia, tra sofferenza ed espiazione. A volte sembra che
per lui il mondo sia governato da un severo codice penale; il suo
Dio implacabile somiglia più al Dio del Vecchio Testamento che
a Gesù Cristo.
Nella sua visione apocalittica le forze morali e immorali, divine e
diaboliche, muovono l’universo e decretano salvezze e dannazioni;
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Prefazione
ogni atto compiuto si ripercuote sull’ordine divino del mondo, dispone al paradiso o all’inferno.
È fin troppo perfetta la simmetria del suo pensiero con quello
degli illuministi e dei progressisti, notava Thomas Molnar, un rovesciamento speculare a cui si aggiunge il gusto sottile di scandalizzare
i salotti del pensiero, non solo atei, ma anche certe sacrestie; ma la
sua lucida vis polemica non ha nulla da invidiare a quella di Voltaire. Forse una radice comune c’era e non si esauriva nel bel mondo
frequentato pure da de Maistre per la sua attività politica e diplomatica; c’era di mezzo la matrice massonica. Che in de Maistre si
coniugava con un impianto teocratico e iniziatico.
Nell’acuto ritratto che ne fece un nichilista reazionario, tragico
e brioso come E.M. Cioran, de Maistre è visto come un don Chisciotte della Provvidenza e un Machiavelli della teocrazia: idealismo
assoluto e realismo cinico sono gli estremi del suo cattolicesimo integrale. Di de Maistre mi occupai vent’anni fa in Di padre in figlio.
Elogio della tradizione1 che pubblicò Laterza.
Per de Maistre l’ordine preesiste al disordine che ne è la caduta;
ma sorge col caos anche la mano riparatrice, la restaurazione. Per lui
le tradizioni antiche sono tutte vere come ogni credenza universale e
costante. Universale è anche la preghiera: gli uomini hanno pregato
sempre e ovunque; magari sbagliando ma l’origine della preghiera è
divina. Chi avversa la Tradizione soffre di teofobia. A differenza del
tradizionalismo popolare, quello demaistriano non crede affatto che
vox populi sia vox dei, anzi per lui c’è un nesso non solo lessicale tra
demos e demoniacus. La Tradizione e ogni retta autorità discendono
per lui da Dio, non dal popolo. È la Tradizione discesa dall’alto che
forgia il comune sentire, non l’inverso. Ogni vera tradizione è divina; se è umana è destinata al naufragio. Per conservare si deve consacrare. Le leggi traggono forza dal non detto, ciò che resta avvolto
“in un’oscurità venerabile”. Le leggi scritte sono più deboli di quelle
impresse da Dio nella mente e nell’anima.
In questa luce i pregiudizi sono necessari e vitali, sono per la vita
1. M. Veneziani, Di padre in figlio. Elogio della tradizione, Laterza, Bari 2002.
Marcello Veneziani
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profana quel che sono i dogmi per il sacro; ma i pregiudizi non sono
idee false, bensì principi che precedono il giudizio. Lo ha sostenuto
anche il padre dell’ermeneutica Hans-Georg Gadamer. Ma quando i
pregiudizi perdono la loro universalità, come possono sopravvivere?
Edmond Burke, conservatore e realista, credeva ai pregiudizi ma
considerava anche la possibilità del loro tramonto; per de Maistre
invece, sarebbe stata l’autorità a garantire la loro vigenza. È la differenza tra un conservatore e un reazionario, fra un tradizionalista
realista e un tradizionalista teocratico.
Allo stesso modo, per de Maistre la superstizione è preziosa e necessaria come un avamposto della religione. Anche Giambattista Vico
difese la superstizione come un male minore rispetto all’ateismo, perché da filologo ritenne che nella superstizione vi fosse un nucleo di
verità superstiti, seppur degradate. Anche per Mircea Eliade la superstizione è ciò che resta di una credenza nello scorrere del tempo.
Verso de Maistre ebbero un debito occulto vari autori atei e progressisti, da Marx alla Scuola di Francoforte (lo notò anche Giovanni Sartori mentre Isaiah Berlin lo paragonò a Tolstoj). Mi sovviene
infine un’immagine: la tesi di laurea su de Maistre discussa da Alfredo Cattabiani all’Università di Torino, gettata a terra con sdegno
“liberale” dal prof. Norberto Bobbio. Per riparare all’oltraggio, pochi anni dopo Cattabiani, in veste di editore, pubblicò il capolavoro
demaistriano, Le serate di Pietroburgo2.
La morte di de Maistre nel 1821 coincise con quella di Napoleone
e con la prima repressione anti-risorgimentale a Napoli, con gli austriaci che nel nome della Santa Alleanza scesero a difendere i Borbone e a cancellare la costituzione concessa ai “liberali”.
La lezione di de Maistre restò un fiume carsico, imbarazzante
anche per la Chiesa; ma trovò non pochi, sorprendenti innamorati,
come il poeta maledetto Baudelaire, il nichilista Cioran o l’ex socialista Giuseppe Rensi. Continuò a scorrere, sotto traccia, lungo il
tempo come un dono aspro e vigoroso del Passato. Un passato di cui
non c’era memoria storica ma traccia nei cieli.
2. J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, Rusconi, Milano 1971.
6.
CHIESA E MONARCHIA UNIVERSALE
IN JOSEPH DE MAISTRE
di Alfredo Incollingo
Il conte Joseph de Maistre non rinnegò mai la fede cattolica né la
profonda avversione all’illuminismo, «uno spaventoso progetto di
spegnere in Europa il Cristianesimo»1. Definì, inoltre, la filosofia
moderna teofobia, perché promuoveva il «distacco dell’uomo da
Dio»2.
La Rivoluzione francese, prodotto nocivo del Secolo dei Lumi, fu
un tentativo fallimentare di sradicare la religione dalla società. Per
questo motivo, era necessario riscoprire la tradizione cattolica per
porre fine alla tirannia del culto della ragione3.
Nonostante il congresso di Vienna avesse placato gli spiriti rivoluzionari, le idee illuministe si erano ormai radicate in Europa.
L’amareggiato de Maistre preservò, tuttavia, la fede nella Provvidenza divina, delineando nella sua ultima opera, Del Papa (1819),
«una grande rivoluzione religiosa, che riunisse nella Chiesa cattolica
tutte le chiese»4.
Gennaro Auletta ha definito il trattato «una vera enciclopedia
sul Papato, nella quale la storia, la teologia, la filosofia, la tradizione
patristica, la politica, l’esegesi, la critica e la stessa letteratura con1. J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, Bari, Edizioni Paoline 1961, p. 171.
2. Ivi, p, 102.
3. P. Venturelli, Joseph de Maistre, l’uomo moderno e la rivoluzione, in “Segni e
Comprensioni”, anno xxii (2008), n. 64, p. 135; M. Ravera, Joseph de Maistre pensatore
dell’origine, Milano, Mursia 1986, p. 92.
4. W. Maturi, Joseph de Maistre, in “Enciclopedia italiana”, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma (1934).
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Joseph de Maistre
corrono tutte insieme nell’unità religiosa, a formare la più grande
apologia del Papato»5.
Per il filosofo savoiardo, la controrivoluzione consisteva nel «ristabilimento della Monarchia» e non era «una rivoluzione contraria,
ma il contrario della rivoluzione», ovvero un progetto restauratore6.
Nelle Considerazioni sulla Francia (1796), de Maistre scrisse:
«Tutt’i mostri che la rivoluzione ha partoriti, non si sono apparentemente affaticati che per la monarchia»7. Di fronte alle empietà dei
giacobini, i francesi (e gli europei) avrebbero richiesto a gran voce il
ritorno dell’Antico Regime8.
La Provvidenza «impiega ella i più vili istrumenti» per castigare
l’uomo dei suoi peccati: «punisce per rigenerare»9. La rivoluzione,
infatti, fu in realtà un disegno di Dio per mostrare agli uomini cosa
sarebbe accaduto, anche in forme più gravi, se avessero persistito
ulteriormente nell’ateismo.
Secondo de Maistre, era necessaria un’autorità sovrana per porre
fine alla confusione morale e ciò ben si esprimeva nel famoso elogio del boia ne Le serate di Pietroburgo (1821): «Togliete dal mondo
questo agente incomprensibile e, nello stesso istante, l’ordine darà
posto al caos, i troni si inabisseranno e la società scomparirà»10.
L’autorità non poteva fondarsi sulla volontà popolare, come sostenevano gli illuministi, poiché nessun ordine sociale sarebbe stato
in armonia con i bisogni incostanti del popolo11:
5. Si veda G. Auletta, Introduzione, in J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, cit.,
p. 12.
6. J. de Maistre, Considerazioni sulla Francia, Biblioteca Cattolica, Napoli 1828, p. 136.
7. Ivi, p. 16-17.
8. Si veda D. Fisichella, Joseph de Maistre pensatore europeo, cit., p. 21; Si veda G.
Auletta, Introduzione, in J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo cit., p. 9.
9. Si veda J. de Maistre, Considerazioni sulla Francia, cit., p. 6.
10. Si veda J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, cit., p. 39.
11. F. Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, Milano, Mondadori 2000, p. 711.
Campari&deMaistre
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«L’uomo nella sua qualità di essere morale insieme e corrotto, giusto nella sua intelligenza e perverso nella sua volontà, deve necessariamente essere governato; altrimenti sarebbe a un tempo stesso
sociabile ed insociabile, e sarebbe la società nell’istesso punto necessaria ed impossibile»12.
L’umanità, macchiata dal peccato originale, era incapace di vivere in libertà, necessitando di un monarca che potesse garantire la
giustizia. Tuttavia, le moderne forme di governo si fondavano sulla
volontà popolare. Di conseguenza, le monarchie europee dovevano
sottomettersi a un’autorità sovrana, assoluta e infallibile, ovvero la
Chiesa cattolica («l’europea monarchia, meraviglia d’un ordine soprannaturale»13), che non era soggetta all’arbitrarietà umana14, ma
al solo volere divino.
In un’altra opera, Saggio sul principio generatore delle costituzioni
politiche15 (1814), de Maistre sostenne che l’unico principio rigeneratore delle istituzioni umane era la legge divina16. L’Europa, «incivilita dal cristianesimo», avrebbe dimenticato questa verità, scriveva il filosofo savoiardo, e le sue stesse colpe sarebbero state purgate
dal male prodotto17.
L’infallibilità spirituale del papa e l’assolutezza temporale del
suo governo non erano privilegi, ma caratteri tipici di qualsiasi monarchia, perché, senza di esse, «non vi sarebbe più aggregazione,
non un corpo, non unità»18. Erano due concetti «perfettamente sinonimi», scrive de Maistre, «sì l'uno come l'altro esprimono quell'alta
12. J. de Maistre, Del Papa, Firenze, Tipografia di Tito Giuliani 1872, p. 137.
13. Ivi, p. 92.
14. Si veda F. Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, cit., p. 711; Joseph de Maistre, in
“Dizionario filosofico”, Roma 2009.
15. J. de Maistre, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche, Le Monnier, Firenze 1845.
16. Si veda G. Auletta, Introduzione, in J. de Maistre, Le serate di Pietroburgo, cit., p. 10.
17. Si veda J. de Maistre, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche, cit.,
pp. 75-76.
18. Si veda J. de Maistre, Del Papa, cit.
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Joseph de Maistre
potestà che signoreggia su tutte, e da cui tutte le altre derivano; che
governa e non è governata, giudica e non soggiace a giudizio»19.
Di conseguenza, le monarchie europee non sarebbero state più
alla mercé dell’incostante volontà popolare, ma soggette all’infallibile autorità papale. Era quindi necessario ripristinare l’unità cattolica europea, dissoltasi con la Riforma protestante e la Rivoluzione
francese20.
Queste riflessioni hanno anticipato di decenni la proclamazione
del dogma dell’infallibilità papale avvenuta il 18 luglio 1870 per volere di Pio ix, durante il concilio Vaticano i. Si legge nella costituzione
apostolica Pastor Aeternus:
«[…] proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo
supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza
del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la
fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a
lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel
definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi»21.
Pubblicato da Joseph de Maistre due anni prima della sua morte, Del Papa può essere considerato parte del testamento spirituale
dell’autore, un saggio conclusivo di un lungo percorso intellettuale.
Partendo dalla constatazione della natura luciferina della modernità,
il filosofo savoiardo definì il suo ideale controrivoluzionario, ovvero
la restaurazione dell’ordine morale, spirituale e sociale cattolico.
19. Ivi, pp. 1-2.
20. Si veda Joseph de Maistre, in “Dizionario filosofico”, cit.
21. Pio ix, Pastor Aeternus, 18 luglio 1870.
Indice
Prefazione
De Maistre, il paradosso di Dio
di Marcello Veneziani
5
Nota introduttiva
Dopo duecento anni, serve ancora Joseph de Maistre
di Francesco Maria Filipazzi
9
Parte prima
JOSEPH DE MAISTRE, VITA E PENSIERO
1. Il pensiero controrivoluzionario: inquadramento storico-filosofico
di Diego Benedetto Panetta
13
2. Joseph de Maistre, una vita per l’Ancien Régime
di Giorgio Enrico Cavallo
27
3. Macché bigotto e fanatico. Ecco il vero de Maistre
di Francesco Perfetti
47
4. De Maistre e la Provvidenza
di Marco Mancini
51
5. Ubi Petrus ibi Ecclesia, la visione demaistriana del papato
di Fabrizio Di Michele
73
6. Chiesa e monarchia universale in Joseph de Maistre
di Alfredo Incollingo
89
7. De Maistre l’Italiano
di Paolo Maria Filipazzi
93
8. Joseph de Maistre, massone ma non troppo
di Francesco Maria Filipazzi
109
Parte seconda
L’EREDITÀ DI DE MAISTRE
1. Rosmini, de Maistre e la risposta al liberalismo
di Giorgio Salzano
123
2. Il crepuscolo della Respublica christiana:
appunti su Juan Donoso Cortés
di Fernando Massimo Adonia
133
3. Joseph de Maistre e Donoso Cortés, fra sovranità e assolutismo
di Francesco Righini
141
4. Controrivoluzione, Utopia e Kathecon in Joseph de Maistre
e Plinio Corrêa de Oliveira
di Marco Sambruna
153
Conclusioni
169
Appendice
Nulla può uguagliare il latino
171
Bibliografia
177