Volume pubblicato con il contributo dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di
Chieti-Pescara – Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne.
Tra etimologia romanza
e dialettologia
Studi in onore di Franco Fanciullo
a cura di
Patrizia Del Puente, Francesca Guazzelli,
Lucia Molinu e Simone Pisano
Edizioni dell’Orso
Alessandria
© 2020
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ISBN 978-88-3613-088-7
Indice
Tabula gratulatoria
Premessa
di Patrizia Del Puente, Francesca Guazzelli,
Lucia Molinu e Simone Pisano
Bibliografia di Franco Fanciullo
Maria Giovanna Arcamone
Garfagnana: territorio del quadrifinium
XI
XIII
XVII
1
Francesco Avolio
Cenni sulla fonetica delle varietà della Campania.
Rileggendo i verbali di Rohlfs
17
Marina Benedetti
Lavarsi le mani in greco antico: riflessivi e oggetti particolari
31
Maria Patrizia Bologna
A proposito di una metafora (meta)linguistica
41
Rosario Coluccia
Una nota di toponomastica salentina
47
Carlo Consani
Domenico Comparetti e i dialetti greci dell’Italia meridionale
57
Franco Crevatin
Officina etimologica romanza
73
Pierluigi Cuzzolin
Una postilla lessicale di dialettologia veneta: il lemma mistico
77
VIII
INDICE
Alessandro De Angelis
Il nome di Stromboli
87
Nicola De Blasi
mugugno, secchione, sfizio, dal dialetto all’italiano
99
Paolo Di Giovine
Tra redini e briglie. Annotazioni su un tipo dialettale di etimo controverso
111
Pietro Umberto Dini
Ipotesi su Versilia
121
Lorenzo Filipponio
Frugiate ‘caldarroste’
141
Renato Gendre
it. macco, maccare, smaccare, ecc.
153
Mariafrancesca Giuliani
Sul fior. trassinare ‘maneggiare; malmenare’ e dintorni:
alle radici di un’allotropia
159
Cristina Guardiano, Giuseppe Longobardi, Melita Stavrou e Paola Crisma
Contact and resistance
179
Romano Lazzeroni †
Il mutamento linguistico fra contatto, irradiazione e memoria
191
Adam Ledgeway, Norma Schifano e Giuseppina Silvestri
I costrutti causativi nella varietà romanze e greche
della Calabria meridionale
203
Michele Loporcaro
Sull’abuso dell’opacità in fonologia: prove dai dialetti italiani
219
Giovanni Lupinu
Sulla voce sarda barréḍḍu e gli inciampi delle fonti lessicografiche
237
Martin Maiden
Un problema trascurato di morfologia storica:
la terza persona plurale del presente indicativo nell’italoromanzo
245
Io Manolessou e Angela Ralli
On borrowing and integrating Italo-Romance nouns in South Italian Greek
261
INDICE
IX
Carla Marcato
Alcune parole friulane del cibo nel nadiško di Savogna
279
Issam Marjani
Il genere ʕayṭa come repertorio linguistico:
La ʕayṭa di Xarbūša e la varietà rurale di ʕAbda (Marocco)
285
Giovanna Marotta
Consonanti preaspirate nel toscano: mito o realtà?
297
Filippo Motta
Discorrendo con Franco di sostrato
313
Maria Napoli
Eu vorria esserj insignatu: sulla struttura argomentale di insignari
in siciliano antico
327
Alberto Nocentini
Tre casi sospetti di ricostruzione romanza: sdraiare, sdrucciolare, sdrucire
343
Andrea Nuti
Un celtismo in italiano: all’origine di rospo
353
Giulio Paulis
A proposito di alcuni supposti esiti linguistici della dominazione vandalica
in Sardegna (Othila, Maurrèḍḍus, mártsu ‘martora’)
375
Paolo Poccetti
Antefatti delle interferenze tra greco e romanzo in Italia meridionale:
il suffisso -(V)lo- e le geminazioni consonantiche
403
Stella Retali-Medori
Sulla scia dei pescatori del Capo Corso e delle Agriate:
un’indagine toponomastica sulle coste settentrionali della Corsica
419
Domenica Romagno
Il tipo ‘portare finito’: una costruzione risultativa nel cosentino
435
Francesco Rovai
Alcune osservazioni sul nome dei Papirii
453
Giovanni Ruffino
Il mare nell’Atlante Linguistico della Sicilia. I nomi della cernia di fondale
465
X
INDICE
Andrea Scala
Sul nome delle vecchie lire nella romaní d’Abruzzo:
un caso particolare di innovazione da contatto
475
Domenico Silvestri
Due parole dialettali: premesse etimologiche e usi disfemistici
483
Giuseppina Silvestri
Alla ricerca delle voci perdute: il futuro sintetico
nel dialetto di Verbicaro tra Pollino e San Paolo del Brasile
499
Rosanna Sornicola
Di esclamazioni, insulti, fidanzati, buccellati, e altro ancora.
Parole siciliane sommerse
513
Fiorenzo Toso
Tra latín ginobisco e lingua franca: rotte interlinguistiche
541
ALESSANDRO DE ANGELIS
(Università di Messina)
Il nome di Stromboli*
1. Il nome di Stromboli, l’isola dell’arcipelago eoliano, si presenta compattamente nella tradizione greca come Στρογγύλη1. In questa forma compare per la prima
volta in Tucidide (3, 88, 2), poi in Diodoro Siculo (V 7, 1) e Strabone (6, 2, 11, C
276), che ne fornisce la nota spiegazione, secondo cui il nome – dato il significato
dell’aggettivo στρογγύλος ‘round, spherical’ (LSJ) – farebbe riferimento alla forma
tonda dell’isola («Ἡ δὲ Στρογγύλη καλεῖται μὲν ἀπὸ τοῦ σχῆματος […]» ‘Strongyle
si chiama infatti per la forma’)2. Tale spiegazione è ripresa verbatim da Stefano di Bisanzio (s.v. «Στρογγύλη, μία τῶν ἑπτὰ Αἰόλου νήσων ἀπὸ τοῦ σχῆματος
καλουμένη» ‘Strongyle, una delle sette isole di Eolo, così detta dalla forma’), e, in
forma diversa ma nella sostanza uguale, in Esichio (ed. Hansen, 2020: Στρογγύλη·
συνεστραμμένη. καὶ Λιπάρα νῆσος ‘Strongyle: di forma circolare. Ed (è anche un
nome dell’) isola di Lipari’)3. Νella tradizione latina, la stessa derivazione etimologica è dichiarata esplicitamente da Solino, dove il toponimo si presenta nella forma
Strongyle (Collectanea rerum memorabilium 6, 3: «Strongyle tertia, Aeoli domus,
vergitur ad exortus solis minime angulosa […]»).
Negli atti notarili in latino di epoca normanno-sveva dell’Italia meridionale, il
toponimo, là dove attestato, si presenta in una serie di varianti che di fatto sembrerebbero ricollegabili alla forma greca. Cito, a titolo meramente esemplificativo e
senza alcuna pretesa di completezza, la forma Strongelon in un diploma di Ruggero
II redatto a Palermo il 28 aprile 1134 e il sintagma insulam Strongilionis in una
platea che censisce i beni della Chiesa di Patti, redatta dal notaio Giovanni Matteo
Dominedò, risalente al XVII sec., ma che trascrive dati del XII4. Ancora all’epoca
* Questo articolo deve molto a Claudio Ciociola, Marco Maggiore, Alessandro Parenti e Andrea
Scala. Ringrazio inoltre Giulia e Federica Bucci, Sara Cardullo, Paolo Di Giovine e Giorgia Migliore
per i preziosi consigli e suggerimenti. Mie restano ovviamente le responsabilità di quanto qui scritto.
1
Sulle fonti greche e latine del toponimo cfr. Amico (1856) s.v. Stromboli; BTCGI XIX, s.v. Stromboli (isola); Pagliara (1995).
2
Nenci (1982: 186, nota 18) ritiene la spiegazione straboniana autoschediastica, e ipotizza che il
toponimo vada riferito a un tipo particolare di allume, ‘rotondeggiante’ (στρογγύλη στυπτηρία), prodotto nell’isola.
3
Come si rileva dalla glossa greca, Esichio (o la tradizione lessicografica a cui attingeva) attribuisce erroneamente il nome Στρογγύλη anche all’isola di Lipari.
4
Gli atti sono citati da Catalioto (2007: 207, 247).
88
ALESSANDRO DE ANGELIS
medievale risale la forma Strongulo nel Liber particularis di Michele Scotto, della
prima metà del sec. XIII (ed. Voskoboynikov 2019: 223).
Quanto alla resa araba nei testi storico-geografici che trattano della Sicilia, il toponimo appare nella forma Istr.nǵ.lû nel Kitāb nuzhat al-mushtāq di Edrisi (Amari
1880: 43).
In epoca umanistica, è degna di menzione la forma Rotunda, con cui l’isola è
nominata nel De Aetna, evidente calco semantico della forma greca (v. 434: «Insula,
cui nomen facies dedit ipsa rotunda […]»).
In italiano antico, la più antica attestazione – se eccettuiamo la forma Strongulo
documentata in una carta geografica pisana del 1275 ca. (DI) – è Stro(n)goli nel
Compasso de navegare (ed. Debanne) del 1296 (CorpusOVI), dove appare anche la
forma Stro(n)golino, oggi Strombolicchio.
In siciliano antico, una forma Stronguli è attestata nel Libru de lu Dialugu de
Sanctu Gregoriu di Giovanni Campolo (1315 ca., CorpusArtesia) e nel Declarus di
Senisio (1348, nelle varianti strombola e strumbula, CorpusArtesia).
2. Il nome ufficiale dell’isola, Stromboli (con le varianti Strombollj, Istromboli,
Stronboli, cfr. DI s.v.) è piuttosto tardo. Si diffonde infatti dalla metà del ’500 (a
partire da La descrittione dell’isola di Sicilia, Venezia, 1546, DI), soppiantando la
forma originaria, che resta fino a quest’epoca la forma più diffusa.
Le poche attestazioni precinquecentesche riguardano di fatto solo documenti di
cartografia nautica come i portolani e i trattati geografici. Una forma Strombolo compare nell’Atlante Tammar-Luxoro (oggi conservato presso la Civica Biblioteca Berio di Genova), una collezione di portolani italiani appartenuta al pittore e collezionista genovese Tammar Luxoro (1825-1899), di non facile collocazione cronologica,
forse della fine del XIII-seconda metà del XIV secolo (cfr. Capacci 1994, DI s.v.
Stròmboli, che data l’attestazione alla fine del XIII secolo). Una forma Strombollj è
documentata nell’Atlante di Jacopo Giroldis, del 1426 (conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia, cfr. Capacci 1994). Una forma Stronboli si trova nel portolano di Bernardino Rizo, stampato a Venezia nel 1490 (ed. Kretschmer, p. 135, citato
da Kahane, Kahane e Bremner 1968: 25, 47). Va aggiunta poi una forma, in verità
di non facile esegesi, attestata dal geografo arabo Abulfeda (1273-1331) nel Taqwīm
al-buldān, che Amari (1880: 252) traslittera dall’arabo come ʾIstanbrī e che, almeno
relativamente alla sequenza riprodotta come <nb>, sembrerebbe avvicinarsi più alla
forma Stromboli che a Strongyle5. L’unica attestazione letteraria del tipo ˹Stromboli˺
pre-cinquentesca è, almeno apparentemente, ne L’Acerba di Cecco d’Ascoli (libro
5
Il passo di Abulfeda, citato da Amari (1880: 252), in cui compare il nome di Stromboli, contiene una curiosa paretimologia. Dopo aver menzionato sia Burkân (Vulcano) che ’Istanbrî (Stromboli), Abulfeda scrive infatti (nella traduzione dell’Amari): «[…] i quali due vocaboli significan tuono
(ra‘ad) e lampo (barq)». Le motivazioni che sono sottese a una tale etimologia popolare rimangono, almeno per me, incomprensibili. I colleghi Riccardo Contini e Giuliano Mion (che ringrazio) suggeriscono un qualche collegamento tra Burkān e la radice semitica BRQ, che però vale ‘lampo, fulmine’ e non
IL NOME DI STROMBOLI
89
IV, canto V, v. 48: «E Stromboli e Vulcano e Mongibello»), databile al 1327 ca. (DI).
Tale forma dipende in realtà da una modernizzazione di Achille Crespi, che nella sua
edizione del 1927 (utilizzata nel DI) aveva operato con criteri filologici tutt’altro che
rigorosi. Una recensio di alcuni dei manoscritti che trasmettono il poemetto, dovuta
alla cortesia del collega Claudio Ciociola, attesta diversamente una serie di forme
tutte riconducibili all’etimo greco: Stingolo (?) nel Barberiniano lat. 4050, c. 49v;
Strongolo nell’Ottoboniano lat. 1766, c. 70r; trangulo nell’Urbinate lat. 1754, c.
76v; stringollo nel Pl. 40.51, c. 60r.; stringolo nel Pl. 40.52, c. 65v etc. Di particolare
importanza è la forma Strongolo attestata nel codice ottoboniano, che rappresenta
uno dei manoscritti più antichi (sicuramente trecentesco) della tradizione relativa
all’opera qui in esame e che dunque conferma l’ipotesi che la lezione corretta sia
quella riconducibile all’etimo greco.
3. Il nome attuale dell’isola viene motivato attraverso un incrocio secondario di
Strongoli con il grecismo strŏmbus ‘Kreisel’ REW 8320 (cfr. anche DOS, DizTopon, Alessio 1943: 41), più esattamente *strombulus (come ricostruito da Rohlfs
in LGII e da Varvaro in VSES s.v. strúmmula), che rappresenta la latinizzazione di
gr. στρόμβος ‘trottola’, e che è alla base anche di altri toponimi della Sicilia quali
Strombolo, Pizzo Stròmpoli, contrada Strombo (tutti menzionati in DOS), nonché del
nome con cui la ‘trottola’ è nota in diversi dialetti meridionali (AIS IV, 751), dal sic.
ṣṭṛùmmula (per le varianti e gli sviluppi semantici cfr. VS e VSES), al soprannome
reggino (San Giorgio Morgeto) Strùmbulu (Rohlfs 1979), al cosentino strúmbulu,
strúmmulu, šrúmmulu, struómmulu (anche ‘torsolo di mela’ o ‘granone’, NDC), al
brindisino strúmmulu, al lucano e campano strúmmələ, abr. strúmmələ e štròmbələ
(tutte queste ultime forme citate in DEI s.v. strómbola e in LGII)6. L’incrocio sarebbe
anche responsabile della proparossitonia del nome odierno, che comunque potrebbe
essere indipendente sia da tale incrocio, sia, come notava Caracausi, «[…] dalla
mediazione di lat. (Plinio) Strongylē […]» (LGSIM s.v. Στρόγγυλον). La proparossitonia è peraltro presente anche nel toponimo Stròngoli, nella Calabria catanzarese
(che trae forse il proprio nome dalla forma ellittica dell’acropoli dell’antica Petelia,
cfr. DizTopon), nel quale l’incrocio con strŏmbus va evidentemente escluso. Come
osserva ancora il Caracausi, l’aggettivo (e toponimo) greco si presenta con una po-
‘tuono’: Abulfeda spiega il nome di Vulcano con quello per ‘tuono’, non con quello per ‘lampo’, che invece è impiegato per giustificare paretimologicamente il nome ’Istanbrî.
6
Sul piano formale, implica una derivazione da questa stessa base anche l’eoliano šṛummu e
ṣṭṛummu ‘sgombro’ (o pesci affini) – di contro alla forma skuṛmu documentata a Santa Marina e Malfa
(Salina) < scōmber (Fanciullo 1983: 186 e REWS, e non scŏmber come invece in REW 7733) – che,
insieme al mess. ṣṭṛummu (cfr. VS s.v. ṣṭṛummu) e al cal. strumbu, štrumbu (NDC), potrebbe rappresentare una forma irradiata dal ligure strombo, strombolo (e varianti) ‘sugarello, specie di sgombro’ (Fanciullo 1997: 58). Più difficoltosa è la trafila semantica, da gr. στρόμβος ‘vortice’ > ‘conchiglia’ (cfr. il
cultismo it. strómbo ‘mollusco gasteropode marino branchiato’ DEI) al nome che designa una specie di
tonno, cfr. Fanciullo (1983: 186-187).
90
ALESSANDRO DE ANGELIS
sizione dell’accento tutt’altro che stabile già negli atti notarili dell’Italia meridionale
di età normanna e sveva, come mostrano alternanze del tipo λίθος στρόγγιλος (Cusa
314, a. 1144), con proparossitonia, versus στρογγίλου βουνίου (Cusa 526, a. 1142) e
υουνίου στρογίλου (Cusa 149, a. 1132), con parossitonìa; ancora, il neogreco presenta una forma ossitona στρογγυλός, da presupporre alla base dei toponimi calabresi
Stronghiló, Strongaló (RC) (DTOC), Stranghilò, Stronghilà (DTS), a fronte della
forma proparossitona oggi documentata nel greco di Calabria, strònghilo, stròngolo
‘rotondo’ (Condemi 2006).
4. I principali problemi di questa etimologia, e in particolare dell’ipotesi che presuppone un incrocio con strŏmbus/*strombulus, sono principalmente due. Il primo
è il fatto che un eventuale incrocio tra la forma greca e quella latina non ha lasciato
alcuna traccia nelle attestazioni del toponimo nelle fonti antiche e alto-medievali.
L’incrocio, se è postulabile, lo è solo per i continuatori romanzi. Ma a questo punto
subentra un secondo ordine di problemi. In linea teorica, che gli esiti romanzi di,
rispettivamente, gr. Στρογγύλη/Στρόγγυλον e lat. *strombulus siano facilmente sovrapponibili sul piano tanto del significante quanto del significato (la trottola ha ovvie affinità semantiche con un oggetto di forma rotonda) è fuor di dubbio. E che tale
sovrapposizione in alcuni casi si sia effettivamente prodotta sembrerebbe mostrarlo,
ad esempio, una variante del sic. ṣṭṛùmmula quale ṣṭṛòngula, attestata per il messinese, sempre col valore di ‘trottola’, dallo Spatafora e dal Vinci, e documentata dal VS
per le località messinesi di Gioiosa Marea e Sinagra, oltreché per Maletto (Catania),
Sperlinga (Enna) e Gratteri (Palermo). Tuttavia, un tale incrocio non sembrerebbe
essersi verificato nella trafila popolare per il nome di Stromboli che, dialettalmente, si presenta come Ṣṭṛuògnuli7 (DETI e RohlfsSuppl, ma quest’ultimo attesta sia
Struógnuli che Stróngoli), forma che si spiega partendo dal greco Στρογγύλη, con
uno sviluppo gr. /ŋg/ > sic. /ɲɲ/8. Un eventuale incrocio non ha peraltro intaccato
neanche, in direzione opposta, il nome della trottola, che nel dialetto stromboliano appare nella stessa forma [ˈʂːɼumːulɩ] registrata a Salina nella località di Lingua
(Ruffino 1997: 43; cfr. per Lingua anche la variante [ʂːɼumbuɭA]).
5. Se la forma dialettale Ṣṭṛuògnuli non permette di ipotizzare un incrocio con
*strombulus, come si spiega allora il nome attuale? Deformazioni paretimologiche
di questo tipo ricorrono spesso nella toponomastica ufficiale. In alcuni casi, come è
noto, sono dovute a sviste intervenute durante le inchieste realizzate per la redazione delle carte geografiche dell’Istituto Geografico Militare: funzionari dell’esercito
inviati sul campo per svolgere indagini dialettali a fini toponomastici, spesso ignari
Similmente, l’etnico è ṣṭṛuognularu.
Erroneamente, in DizTopon si afferma che «[…] in siciliano la pronuncia è strònguli». Anche
Trovato (2013: 368-369) osserva che la forma popolare implica una derivazione diretta dalla forma greca, e ipotizza dubitativamente una paretimologia dotta per spiegare il nome ufficiale.
7
8
IL NOME DI STROMBOLI
91
delle varietà locali e non adeguatamente preparati, potevano facilmente fraintendere
e rietimologizzare i dati che raccoglievano. Non è questo però il caso di Stromboli.
Come abbiamo già avuto modo di rilevare, infatti, la forma moderna è ben più antica.
La fonte dell’errore, o meglio dell’incrocio, deve dunque essere individuata altrove.
Se escludiamo, come di fatto è necessario fare, uno sviluppo endogeno, bisognerà
allora rivolgersi ad aree linguistiche esterne a quella eoliana. Tra tali aree, quella che
merita particolare attenzione è senz’altro la Campania, e in particolare Napoli. Storicamente, infatti, le Eolie hanno gravitato, con alterne vicende, tra Napoli e la Sicilia.
La rotta commerciale Napoli-Eolie è stata da sempre intensamente frequentata; l’isola di Stromboli, oltretutto, è la più settentrionale delle Eolie e la più vicina a Napoli.
Nel dialetto napoletano, la forma per ‘trottola’ è strùmmolo (foneticamente ọ
strúmmələ, come registrato in AIS IV, 751), o un suo antecedente non assimilato9,
forma di alta frequenza in quanto legata a un gioco fanciullesco in voga fino a non
molti anni addietro (de Bourcard 1857), ed entrata nella paremiologia popolare.
È possibile che forme del tipo Strongolo, Strongoli siano state facilmente fraintese e paretimologizzate in ambiente meridionale, e nello specifico in napoletano,
attraverso il nome popolare della ‘trottola’, data la particolare conformazione geomorfica dell’isola, che vista in lontananza somiglia a una sorta di trottola rovesciata.
Ma tra le poche forme pre-cinquentesche e quelle attestate con maggiore abbondanza dalla metà del Cinquecento in avanti corre una differenza di non poco conto.
Le prime, infatti, sembrerebbero confinate a un preciso ambito specialistico, quello
della cartografia, specie nautica, e dei trattati geografici.
Il prevalere del tipo ˹Stromboli˺ sul tipo ˹Strongoli˺ a partire dalla metà del Cinquecento implica invece una diffusione della forma anche al di fuori di tale ambito.
L’affermazione del tipo moderno potrebbe non essere casuale, ma legata a un preciso
evento storico: la presa di Lipari nel 1544 ad opera di Khair ad-Dîn Barbarossa, in
conseguenza della quale l’isola fu saccheggiata, la quasi totalità degli abitanti fu deportata e le Eolie furono ripopolate, per volere di Carlo V, con immigrati provenienti
da tutta la Sicilia e dall’Italia meridionale (Restifo 1995). Prova di un tale ripopolamento è rappresentata, sul versante linguistico, dalla facies moderna del dialetto,
9
Dalla cortesia del collega Nicola De Blasi apprendo che la prima attestazione di strummolo in napoletano è nello Spicilegium di Lucio Giovanni (edizione del 1550), s.v. trochus: «lo strummolo, la trottola: ludus puerilis». In considerazione del fatto che la prima attestazione del toponimo Strombolo è almeno trecentesca (cfr. § 2), non si può escludere la possibilità che la forma napoletana per ‘trottola’, da
cui si suppone che il toponimo abbia tratto la forma attuale, mantenesse a quell’altezza cronologica il
nesso -mb- non assimilato (a meno che, cosa plausibilissima, il toponimo ufficiale rappresenti una semplice italianizzazione della forma dialettale assimilata). Varvaro (1979 = 2004: 189) osserva, relativamente però al nesso -nd-, che nella scripta napoletana questo si conserva fino alla fine del ’400. Quanto
invece a -mb-, nei quattrocenteschi Ricordi di Loise de Rosa (Formentin 1998: 225) i casi di assimilazione sono pochi, a fronte della generale conservazione del nesso. De Blasi (1995: 180) ricorda la retroscrizione quattrocentesca -mb- per -mm- (combenda) in Loise De Rosa, che attesta per quest’epoca
il passaggio -mb- > -mm-. Si noti che una forma assimilata strumulu è già documentata nei Proverbia
pseudoiacoponici, di area abruzzese (XIII sec., CorpusOVI).
ALESSANDRO DE ANGELIS
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che esibisce tratti sia riconducibili a varietà siciliane (solo in minima parte messinesi), sia a varietà alto-meridionali, e più specificatamente di tipo ‘napoletaneggiante’
(Fanciullo 1995). Il rimescolamento etnico di Lipari – come pure la dispersione del
nucleo originario della popolazione – può aver favorito o intensificato i legami tra
autoctoni e genti di provenienza meridionale, che, a seguito di questo evento, devono essere entrati in contatto con la pronuncia locale Ṣṭṛuògnuli, foneticamente
[ˈʂɽʊ̯ɔɲɲʊlɪ]. La sovrapposizione tra nap. strúmmələ e l’eoliano [ˈʂɽʊ̯ɔɲɲʊlɪ], dovuta alla necessità di rimotivare un toponimo non autoctono e resa possibile dalla somiglianza sul piano formale e, per via metaforica, sovrapponibile anche sul
piano del significato, potrebbe aver ricevuto una parziale giustificazione fonetica
dagli sviluppi centro-meridionali del nesso nasale + semiconsonante palatale, in cui
nessi del tipo [mj], [mbj], [mmj], [mnj], [nj] producono [ɲɲ], differenziandosi in
tal modo dall’esito della lingua letteraria (Merlo 1920: 254-255; 268-269; Rohlfs
1966: § 281; Loporcaro 1998: 138). Si confronti, a titolo meramente esemplificativo, nap. vənnegnə (cfr. Cascone 2014 s.v.) versus it. vendemmia, da lat. vĭndēmia
(REW 9343); nap. scigna versus it. scimmia < sīmia (reW 7929); nap. cagnà versus
it. cambiare < lat. cambiāre (REW 1540)10. Si aggiunga, in area mediana due- e
trecentesca, il nome proprio Scagno per Scambio, e, nell’Ottocento, la forma (prete) scagnozzo ‘prete povero e di modesta levatura’ in luogo di scambiozzo, forma
probabilmente irradiatasi da Roma (Parenti 2013). Naturalmente l’eventuale instaurarsi, nella coscienza dei parlanti, di una connessione tra strúmmələ e l’eoliano
[ˈʂɽʊ̯ɔɲɲʊlɪ] non può essere giustificata sic et simpliciter in virtù del rapporto diasistemico tra -[mbj]/[mmj]- e -[ɲɲ]-, dato che in quest’ultimo caso il nesso nasale + occlusiva bilabiale (o il suo esito assimilato) comprende una semiconsonante palatale,
che è invece assente nella forma per ‘trottola’. Tuttavia, non escluderei che parlanti
di area centro-meridionale, nello specifico napoletana – imbattutisi in una forma
come [ˈʂɽʊ̯ɔɲɲʊlɪ], con una nasale palatale intervocalica intensa -[ɲɲ]- ‒ siano stati
indotti a ricostruire in maniera ipercorretta una sequenza originaria /mb/ (> [mm]), a
prescindere tanto dall’appropriatezza dell’operazione quanto dalla mancata equivalenza tra una tale ricostruzione e il rapporto diasistemico sopra illustrato. In parole
più semplici, non escluderei che la percezione dell’esistenza di una correlazione tra,
ad esempio, nap. vennegna vs. it. vendemmia, nap. scigna vs. it. scimmia abbia posto
Ancora alla cortesia del collega De Blasi devo la segnalazione delle forme guadambiare (a.
1945, in Napoli milionaria! di Eduardo De Filippo) e di sparambiare; guadambio ‘guadagno’ è nell’atto unico Occhiali neri (a. 1945) dello stesso De Filippo. Si tratta di forme che documentano la percezione da parte del parlante della corrispondenza [mbj] vs. [ɲɲ] in un diasistema che comprende il dialetto e un italiano “popolare” fortemente influenzato dalla varietà locale. Per completezza d’informazione,
va detto che lo sviluppo centro-meridionale comprendeva in origine anche varietà toscane antiche, cfr.
ad es. fior. ant. e aret. ant. bestegna ‘bestemmia’ (Rohlfs 1966: § 281). Tuttavia, forme del tipo cambiare, scim(m)ia; vendem(m)ia etc. sono attestate nelle varietà italo-romanze antiche a fianco degli esiti palatalizzati centro-meridionali (TLIO s. vv. cambiare, scimmia, vendemmia), cosicché la corrispondenza diasistemica sopra illustrata sembrerebbe proiettabile anche alle fasi antiche dell’italo-romanzo.
10
IL NOME DI STROMBOLI
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le condizioni sufficienti per assegnare alla correlazione tra eoliano [ˈʂɽʊ̯ɔɲɲʊlɪ] e
napoletano [ˈstrummələ] – e dunque alla correlazione tra -[ɲɲ]- e -[mm]- – un’aria
di vaga plausibilità, e per giustificare, alla coscienza di parlanti centro-meridionali,
il primo esito come evoluzione dialettale del secondo11. Va aggiunto, peraltro, che
qua e là in varietà centro-meridionali non mancano casi in cui l’esito -[ɲɲ]- alterna
con l’esito (anche’esso dialettale!) -[m(m)]- (anziché con -[mmj]-), si confronti ad
es. lucano vənnegna vs. vənnemmə; bərəgná vs. vənnəmá ‘vendemmiare’ (Bigalke);
salentino vənnegna vs. vinnimare (VDS).
Molto meno probabile è che questo incrocio – almeno a livello del parlato – sia
avvenuto prima di quest’epoca. Le lotte tra Angioini e Aragonesi avevano infatti
reso le Eolie nel XIV secolo poco sicure per il commercio e la navigazione: nel
1356 il magazzino della Curia reale era vuoto, al punto che Federico III lo concesse
come abitazione ai frati francescani (Raffa 1995: 37). Le poche forme isolate del
tipo ˹Stromboli˺ precinquecentesche devono perciò essersi prodotte per via scritta,
presumibilmente attraverso i redattori di quei portolani in cui la forma moderna è
documentata per la prima volta12.
Difficile stabilire se la forma Strongolo che appare nella Teseida (VIII, 4, 2) di
Boccaccio rappresenti o meno una preziosa testimonianza della diffusione di tale
variante nella Napoli del ’300, prima che questa fosse sostituita dal tipo moderno.
La Teseida fu iniziata, come noto, alla fine del periodo napoletano (1339). Dato che
nelle opere di Boccaccio è stata rilevata una certa quota di meridionalismi, e più
nello specifico di napoletanismi, a causa del soggiorno più che decennale nella città
partenopea di quest’ultimo (Coluccia 2015), si potrebbe pensare che Strongolo rappresenti una forma del parlato napoletano dell’epoca. Tuttavia, non si può escludere
che Boccaccio abbia qui optato per la forma colta, ‘grecizzante’, riprendendola dalla
tradizione greco-romana (forse da Solino, che attesta la forma Strongyle, data la fortuna dei Collectanea nel Medioevo, cfr. Gensini 2016).
Alla sovrapposizione tra la forma locale eoliana e il nome meridionale per ‘trottola’ possono aver contribuito anche alcuni tratti di tipo ‘napoletaneggiante’ caratteristici dei dialetti eoliani, che, dalla prospettiva di parlanti napoletani, potrebbero aver
conferito alla forma eoliana un tratto di familiarità, incentivando l’accostamento paretimologico, in linea con la convinzione, da parte dei native speakers, «[…] di par-
11
Si potrebbe obiettare che per l’epoca tardo-antica e medievale, come anche per i secoli successivi
fino ai primi anni del Settecento, non abbiamo alcuna certezza che Stromboli fosse popolata, il che andrebbe contro l’ipotesi di una circolazione orale della forma Ṣṭṛuògnuli appresa in loco da parlanti meridionali. Alla fine del Seicento, P. Campis, autore di un Disegno historico o siano l’abbozzate historie
della nobile e fidelissima città di Lipari (1694), descriveva l’isola di Stromboli come deserta (cfr. Moreno 1995). Tuttavia, quello che vale per Stromboli non doveva valere per Lipari, l’isola maggiore delle Eolie, presso i cui abitanti navigatori e commercianti che frequentavano l’area del basso Tirreno potevano aver appreso la pronuncia locale.
12
Per la toponomastica delle Eolie nella rappresentazione cartografica cfr. Ioli Gigante e Polto
(2004).
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ALESSANDRO DE ANGELIS
lare un dialetto vicino più al napoletano che al siciliano» (Fanciullo 1995: 101-102).
Tra questi tratti, andrà menzionato l’indebolimento delle vocali atone, specie quelle
finali, che l’eoliano condivide con i dialetti alto-meridionali e nello specifico col
napoletano. Se è vero che Fanciullo (1983: 23) giudicava il fenomeno dell’indebolimento vocalico come molto recente nelle Eolie – da collocarsi cronologicamente tra
le inchieste sul campo di Hans Coray (1928-1929), che non attesta se non sporadicamente la centralizzazione delle atone, e le proprie inchieste (1979) – più di recente, accogliendo un suggerimento di Helmut Lüdtke, lo stesso Fanciullo (1997: 52)
correggeva la sua precedente posizione, ritenendo possibile che il fenomeno fosse
molto più antico e che le differenze tra i dati del Coray e i suoi riguardassero sostanzialmente il diverso atteggiamento degli informatori nei confronti di quest’ultimo, il
quale, essendo tedescofono, era evidentemente ritenuto meno in grado di comprendere il dialetto locale rispetto a un italofono. Da qui, forse, una tendenza a una pronuncia più controllata negli informatori del Coray, nella quale l’indebolimento delle
atone, più frequente nelle Allegroformen, poteva risultare meno marcato.
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