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DIRITTO AMMINISTRATIVO
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ISTRUTTORE AMMINISTRATIVO
ELEMENTI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL
FEBBRAIO 2018
Materiale ad uso esclusivo dei corsisti. Ai sensi della vigente normativa sul diritto d’autore è
vietata la riproduzione.
A cura di Mariella Bergamini – Funzionario Delegato Corte dei Conti Toscana –
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A cura di Mariella Bergamini
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LE FONTI DEL DIRITTO
1. IL CONCETTO DI DIRITTO
Il diritto è un insieme di regole di condotta o norme (comandi o divieti) che riguardano le azioni
umane. Infatti ogni società, per il proprio funzionamento, necessita di regole che abbiano valenza
per tutti coloro che vi fanno parte e che indichino come agire in determinate circostanze della vita.
Occorre però distinguere fra norme giuridiche e norme sociali non giuridiche (es.: religiose, morali,
di buona condotta …), che traggono la loro origine da costumi, abitudini, tradizioni, a cui il comune
sentire attribuisce un valore (es. attendere in fila il proprio turno). Queste norme sono caratterizzate
non solo dalla ripetitività, che attribuisce loro il valore di norma, ma anche dal fatto che la loro
violazione viene disapprovata soltanto a livello morale.
Le norme giuridiche invece sono prescrizioni rivolte agli uomini che devono essere prodotte da
organi competenti, con specifiche procedure e con l’approvazione di determinati atti. Tali norme,
la cui violazione comporta una sanzione se stabiliscono un obbligo di fare o non fare, costituiscono
l’ordine giuridico.
Le norme giuridiche sono caratterizzate dalla generalità, dall’astrattezza e dall’obbligatorietà.
GENERALITA’ Valgono per tutti coloro che si trovano in una certa situazione.
ASTRATTEZZA Valgono tutte le volte in cui i soggetti cui esse si riferiscono si trovano o
si troveranno nella situazione prevista dalla norma.
OBBLIGATORIETA’ La loro inosservanza è soggetta a sanzione.
La norma giuridica trae la propria origine dalle cosiddette “fonti del diritto”.
Per FONTI DEL DIRITTO si intendono tutti quegli atti o fatti idonei a creare, modificare o
estinguere le norme giuridiche, approvati dagli organi competenti secondo le procedure previste
dalla legge e si classificano in:
FONTI ATTO sono le manifestazioni scritte di volontà di organi/enti determinati abilitati
dall’ordinamento a produrre norme giuridiche
FONTI FATTO sono i comportamenti o gli atti giuridici che l’ordinamento assume come
idonei a produrre norme (ad esempio gli atti di ordinamenti diversi ma che vengono recepiti
anche in Italia)
FONTI DI COGNIZIONE sono gli atti che si limitano ad agevolare la conoscenza di
norme già poste dalle vere e proprie fonti del diritto (G.U. – BUR)
FONTI DI PRODUZIONE sono gli quelle norme che producono diritto (diritti e doveri), ossia
tutti i fatti e gli atti che portano alla nascita, modificazione ed all’estinzione delle regole
giuridiche1
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Parte della dottrina invece intende col termine fonti di produzione gli organi che producono norme
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DIRITTO SCRITTO è contenuto in atti giuridici
DIRITTO NON SCRITTO si crea con il ripetersi di comportamenti giuridicamente rilevanti
(consuetudini)
Nel nostro ordinamento, gli organi che producono diritto sono:
Parlamento
Governo
Regioni (Consiglio Regionale) e Province Autonome di Trento e Bolzano
Unione Europea (Consiglio dei Ministri).
2. LA GERARCHIA DELLE FONTI
L’ordinamento giuridico, come abbiamo visto, è un insieme ordinato di norme. Pertanto è
necessario stabilire quali sono i criteri che disciplinano i rapporti fra le norme ed assegnano la
prevalenza ad una fonte piuttosto che ad un’altra. I criteri secondo i quali possono essere ordinate le
fonti del diritto sono: gerarchia, competenza, cronologia e specialità. Il primo è il criterio cardine
della dottrina tradizionale che, come vedremo in seguito, negli ultimi anni si è dovuto sempre più
contemperare con quello di competenza.
CRITERIO DI GERARCHIA
Questo criterio si applica in caso di norme confliggenti che provengono da fonti diverse, poiché
determina un ordine verticale delle fonti, che risultano come disposte su una scala, in cui le fonti di
grado superiore prevalgono su quelle di grado inferiore, dalle quali pertanto non possono essere
modificate; di conseguenza, le fonti di grado inferiore non possono essere in contrasto con quelle di
grado superiore, secondo il brocardo "lex superior derogat inferiori".
CRITERIO DI COMPETENZA
La competenza consiste in un ordine orizzontale fra le fonti, in quanto la Costituzione attribuisce, su
determinate materie, la potestà legislativa a fonti poste sullo stesso piano. La competenza può
essere:
Territoriale, con riferimento alla normativa degli enti territoriali (Regioni)
Per materia, secondo quanto disciplinato dall’art. 117 Cost. (vedi oltre). Viene demandata,
anche in via esclusiva, ad una specifica fonte la disciplina di determinate materie, su cui gli altri
tipi di fonti non possono intervenire.
CRITERIO CRONOLOGICO
Questo criterio si applica per norme confliggenti poste in essere da fonti dello stesso tipo. Alla
norma precedente viene sostituita quella successiva secondo il principio “lex posterior derogat legi
priori”.
CRITERIO DI SPECIALITÀ
E’ un altro importante principio per decidere quale norma applicare nel caso di conflitto fra fonti del
diritto della stesso livello gerarchico. In base a questo criterio, in caso di antinomia tra due norme
giuridiche prevale quella più specifica, anche nel caso sia meno recente. La norma di carattere
generale, in questo caso, ha valenza residuale, in quanto il suo ambito di applicazione è ristretto ai
casi in cui non trova applicazione la norma più specifica (es: L. 241/90 generale sul procedimento
amministrativo e norme che regolano procedimenti specifici, quali quello edilizio). Si parla
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di deroga della norma generale da parte della norma speciale, secondo il brocardo "lex specialis
derogat generali".
Inoltre, nel trattare le fonti del diritto, occorre tenere presente anche uno dei principi fondamentali
dell’ordinamento giuridico: l’irretroattività, in base al quale la legge può disporre solo per il futuro e
non per il passato2.
3. FONTI DI RANGO COSTITUZIONALE
La prima fonte in assoluto è la Costituzione, che è la più importante fonte del diritto, in
quanto in essa sono contenuti tutti i principi ispiratori dello Stato italiano e le indicazioni
fondamentali per determinare le altre norme giuridiche, nonché le procedure di formazione delle
leggi.
Leggi costituzionali (leggi di revisione costituzionale o altre leggi costituzionali che
integrano la Costituzione)3. La Costituzione è quella entrata in vigore il 1/1/48. Le leggi
costituzionali sono quelle che servono a modificare o integrare la Costituzione e sono emanate
dal Parlamento con la procedura aggravata prevista dall’art 138 della Costituzione.
Trattati istitutivi della Comunità europea e dell’Unione europea (fonti sovranazionali).
Sono atti vincolanti per tutti i Paesi membri firmatari, che hanno valore costituzionale.
La Costituzione italiana, approvata il 22 dicembre 1947 dall’Assemblea Costituente ed entrata in
vigore il 1 gennaio 1948, si compone di 139 articoli (ma 4 sono stati abrogati) suddivisi in :
Principi fondamentali (articoli dall’1 al 12) che contengono i principi ispiratori di tutta la
Costituzione: la sovranità popolare, i diritti inviolabili, il diritto al lavoro, il ripudio alla guerra,
la libertà di coscienza, i rapporti tra stato e chiesa
Diritti e doveri dei cittadini Prima parte (articoli dal 13 al 54) che regolano i rapporti tra lo stato
e i cittadini [i rapporti civili: libertà personali; i rapporti etico – sociali: la famiglia, la salute,
l’istruzione; i rapporti economici: la tutela del lavoro, la protezione sociale; i rapporti politici: il
diritto di voto, i doveri civici]
Ordinamento della Repubblica Seconda parte (articoli dal 55 al 139) che indicano gli organi
fondamentali dello Stato e le loro competenze come il Parlamento, il Presidente della
Repubblica, il Governo, la Magistratura, le Autonomie Locali, le garanzie costituzionali
18 Disposizioni transitorie e finali, che sono le norme necessarie per consentire il passaggio dal
vecchio al nuovo ordinamento.
Particolare importanza ai nostri fini rivestono l’articolo 9 (promozione sviluppo della cultura e
tutela del paesaggio storico ed artistico), artt. 27 e 28 (le responsabilità), art. 55 (funzioni
pubbliche) 76 e 77 (decreti legislativi e decreti legge), artt. 97 (organizzazione dei pubblici uffici) e
98 (doveri pubblici dipendenti). Si evidenzia inoltre che, secondo il dettato dell’art. 117 Cost., la
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali è di competenza legislativa esclusiva dello
Stato, mentre la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di
attività culturali è materia di competenza legislativa concorrente fra Stato e Regione.
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Questo principio non è tassativo, tanto che in alcuni casi , espressamente previsti dalla legge, può essere derogato.
Non è mai ammessa la deroga in materia penale (art. 25 Cost.), salvo che la legge non preveda un trattamento di
maggior favore per il reo.
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Rientrano in queste tipologia di leggi anche gli Statuti delle Regioni a Statuto speciale
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La nostra Costituzione può essere modificata solo da leggi di revisione costituzionale, con una
particolare procedura che richiede una maggioranza parlamentare elevata e l’eventuale ricorso al
referendum popolare, disciplinata dall’art. 138.
Il Titolo V della Costituzione, che riguarda le autonomie locali, è stato oggetto di sostanziali
modifiche da parte della Legge Costituzionale n. 3 del 18/10/2001. Quest’ultima è stata soggetta a
referendum confermativo, come previsto all’art. 138 Cost. La legge, che consta di 11 articoli, ha
una grande rilevanza e recepisce parte dalle istanze federaliste che in precedenza avevano trovato
applicazione nella sola legislazione ordinaria.
Il referendum è un istituto di democrazia con il quale tutti i cittadini sono chiamati a partecipare alla
vita politica, concepito quindi dal legislatore affinché il corpo elettorale possa esprimere
direttamente la propria volontà. Esistono vari tipi di referendum.
Referendum previsti nella Costituzione
All’art. 75 Cost. è previsto il referendum abrogativo, per abrogare in tutto o in parte una legge o un
atto avente valore di legge. E’ quindi il mezzo a disposizione diretta del popolo per eliminare o
modificare in parte quei provvedimenti legislativi che sono voluti dalla maggioranza parlamentare,
ma che non corrispondono in realtà alla volontà dei cittadini.
All’art. 138 Cost. è previsto il ricorso al referendum confermativo eventuale, nell’ambito del
procedimento di revisione della Costituzione, che avviene mediante leggi di revisione della
Costituzione (modificano le norme costituzionali) e leggi costituzionali (integrano la Costituzione).
La Costituzione prevede altri casi di ricorso all’istituto del referendum quali:
Referendum per approvare la creazione di nuove regioni o fusione di quelle esistenti, a cui
farà seguito una legge costituzionale (art. 132 della Costituzione)
Referendum regionali (art.123 della Costituzione) su leggi e provvedimenti amministrativi
della Regione o sullo Statuto regionale
4. FONTI DI RANGO PRIMARIO
Di un grado inferiore rispetto alle precedenti sono:
Per quanto riguarda le norme interne:
le leggi ordinarie o formali approvate dal Parlamento
i decreti legge (D.L.) ed i decreti legislativi (D.Lgs.) emanati dal Governo
testi unici novativi (generalmente D. Lgs.)
gli Statuti delle Regioni ordinarie (sono approvati con legge regionale)
le leggi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano
le sentenze della Corte Costituzionale
il risultato dei referendum abrogativi (D.P.R.)
i regolamenti degli organi Costituzionali (Senato, Camere)
Per quanto riguarda le norme esterne:
i Regolamenti comunitari
le Direttive comunitarie
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Queste leggi, pur essendo di un grado inferiore alla Costituzione, formano la base normativa del
sistema giuridico italiano.
Leggi ordinarie o formali sono gli atti tipici dell’attività normativa del Parlamento. La funzione
legislativa, secondo l’articolo 70 della Costituzione, è esercitata dai due rami del Parlamento in
maniera collettiva: un atto normativo per diventare legge deve essere approvato da entrambe le
assemblee nello stesso testo.
La Costituzione e le altre leggi costituzionali possono riservare determinate materie o oggetti alla
legge. In un ordinamento come quello italiano, caratterizzato da una Costituzione rigida, ciò
rappresenta un limite per lo stesso legislatore, in quanto non consente a fonti di rango secondario di
intervenire nella disciplina di queste materie se non in modo assai marginale.
Riserva assoluta di legge: quando la Costituzione prevede che solo la legge in certe materie
può porre le regole generali ed astratte; ne consegue che nessun’altra fonte può disciplinare
queste materie (“nei casi e nei modi previsti dalla legge”). In questo caso ai regolamenti può
essere lasciata la sola disciplina di dettaglio meramente esecutiva.
Riserva relativa di legge: quando la Costituzione prevede che altre autorità possono porre
regole in certe materie dopo che la legge del Parlamento abbia già disciplinato le basi (“in base
alla legge”). Il legislatore fissa gli aspetti fondamentali della materia, assicurando maggior
spazio al potere regolamentare e alla discrezionalità dei pubblici poteri.
Decreti legge e Decreti legislativi (detti anche atti aventi forza di legge)
Sono atti normativi che, pur non essendo leggi del Parlamento, ne hanno la medesima efficacia. Il
concetto di “forza di legge” esprime l’idoneità dell’atto:
ad abrogare e modificare disposizioni legislative (o regolamenti) precedenti – aspetto attivo
della forza di legge
a resistere all’abrogazione e alla modificazione da parte di fonti successive diverse dalla
legge e ad essa subordinate - aspetto passivo della forza di legge.
La Costituzione riconosce esplicitamente il valore e la forza di legge ai decreti legislativi e ai
decreti legge, che sono atti del Governo deliberati dal Consiglio dei Ministri ed emanati dal
Presidente della Repubblica.
Decreti legislativi (D. L.gs. oppure D. L.vo) emanati sulla base di un’apposita legge di
delegazione delle Camere (su legge delega del Parlamento che indichi i tempi, le modalità e le
materie), le cui condizioni e limiti sono indicati dall’art. 76 Cost.
Decreti legge (D. L.) sono espressione dell’autoassunzione provvisoria del potere legislativo ad
opera dello stesso Governo nei casi in cui una situazione di necessità e urgenza non consenta un
efficace intervento del Parlamento (art. 77 Cost.). Entro 60 giorni devono essere convertiti in
legge, altrimenti decadono, fatta salva la possibilità del Parlamento di regolare i rapporti sorti
sulla base di decreti non convertiti.
Testi Unici novativi (D.Lgs.) sono adottati con legge del Parlamento o dal Governo su delega
parlamentare. Oltre a ordinare e raccogliere preesistenti norme giuridiche che disciplinano una
materia, hanno la caratteristica di produrre norme e quindi si classificano come fonti del diritto. Un
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esempio è il D. Lgs. 165 del 2001 Testo Unico delle leggi del pubblico impiego (il cosiddetto
TUPI).
Regolamenti comunitari equiparati alle leggi ordinarie, sono emanati dal Consiglio dei Ministri
dell’Unione Europea (organo decisionale della Comunità), unitamente al Parlamento, su proposta
della Commissione (organo esecutivo) e sono norme obbligatorie negli stati membri della U.E. Non
possono contrastare con la Costituzione (o quanto meno i suoi principi fondamentali e i diritti
inviolabili dell’uomo), ma possono modificare una legge ordinaria interna. Il regolamento è la
norma primaria dell’U.E. ed è considerata pari grado alla legge italiana (a differenza delle
Direttive Comunitarie che devono essere recepite in norme dal Parlamento italiano ed non hanno
efficacia immediata). Il Regolamento è obbligatorio e direttamente applicabile in ciascuno degli
stati membri, cioè senza bisogno di atti di recepimento, in quanto vincola direttamente i cittadini.
Il Diritto Comunitario, nelle materie di competenza dell’Unione, quindi prevale su quello
nazionale (principio del cosiddetto primato del diritto comunitario).
Direttiva Comunitaria segue lo stesso iter procedurale dei Regolamenti, non ha portata
generale come i regolamenti, ma vincola lo Stato membro per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.
Pertanto le direttive non sono immediatamente applicabili, ma hanno un’efficacia mediata
attraverso i provvedimenti che gli Stati intenderanno adottare. Tuttavia la direttiva ha efficacia
immediata quando si tratta di imporre un comportamento negativo al destinatario, quando si limita a
ribadire obblighi già previsti in trattati, ma soprattutto quando è una direttiva dettagliata (“selfexecuting”), che contiene una disciplina così particolareggiata da escludere qualsiasi discrezionalità
dello Stato per la sua attuazione4.
Statuto regionale Lo statuto è una sorta di “costituzione regionale”. La riforma che ha riconosciuto
allo statuto la natura di legge regionale è la Legge Costituzionale 1/99. L’art. 123 Cost. stabilisce
che ogni Regione deve avere il proprio Statuto, che ne determina la forma di governo ed i principi
fondamentali dell’organizzazione. Per le regioni a statuto ordinario viene approvato e modificato
dal Consiglio Regionale, a maggioranza assoluta, con due deliberazioni successive ad intervallo di
tempo non minore di 2 mesi. È stato eliminato il controllo del Commissario di Governo lasciando,
al Governo, la possibilità di impugnarlo davanti alla Corte Costituzionale entro 30 giorni dalla sua
pubblicazione. Lo statuto può essere sottoposto a referendum popolare confermativo qualora, entro
3 mesi dalla sua pubblicazione, ne faccia richiesta 1/50 degli elettori regionali o 1/5 dei componenti
del Consiglio Regionale. A differenza delle leggi costituzionali, non esiste una maggioranza
qualificata prevista per evitare il referendum. Per le regioni a statuto speciale assume la forma di
legge costituzionale attraverso il procedimento di forma “aggravata” del Parlamento (art. 116).
I contenuti necessari dello Statuto sono quelli previsti al comma 1 dell’art. 123: determinazione
forma di governo, principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione,
esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi, norme
sulla pubblicazione di leggi e regolamenti. I limiti sono l’armonia con la Costituzione e con i
principi generali dell’ordinamento.
Leggi regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano costituiscono l’espressione
dell’autonomia legislativa riconosciuta alle regioni nell’ambito previsto dalla Costituzione. Sono
emanate dal Consiglio Regionale e Provinciale.
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funziona
l’EU”
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Alla luce della riforma del titolo V della Costituzione la potestà legislativa delle Regioni può essere:
ripartita o concorrente: spetta alla Regioni la potestà legislativa sui cui lo Stato ha determinato
i principi fondamentali; in questo caso la legge regionale deve rispettare i principi generali
fissati dal legislatore statale
piena o esclusiva: fino al 2001 era attribuita solo alle Regioni a Statuto speciale; la novellata
formulazione dell’art. 117 elenca le materie esclusive dello Stato, le materie concorrenti fra
Stato e Regioni e quindi tutto il rimanente che non si trova in elenco è da ritenersi di potestà
esclusiva delle Regioni.
5. FONTI DI RANGO SUB PRIMARIO
Statuti di Comuni, Province e Città Metropolitane La modifica del Titolo V della Costituzione
avvenuta nel 2001 ha elevato lo Statuto a fonte di diritto subprimaria, ponendolo dopo la
Costituzione e la legge del Parlamento e della Regione. A loro volta tali fonti sono sovraordinate ai
regolamenti dell’ente.
6. FONTI DI RANGO SECONDARIO
Per il principio di gerarchia queste fonti devono essere subordinate sia alla Costituzione che alle
fonti primarie. Sono prodotte dal Governo e dagli organi attivi della P.A. Questa categoria
comprende tutti gli atti espressione del potere normativo della Pubblica Amministrazione statale
(governo, ministri, prefetti, …) o di altri enti pubblici (comuni, province, regioni, ….).
Le fonti di rango secondario sono di molti tipi ma possono essere ricondotte a regolamenti,
ordinanze ed alcuni statuti. I regolamenti sono atti solo formalmente amministrativi, in quanto posti
in essere da organi della Pubblica Amministrazione, ma sostanzialmente normativi, poiché hanno
gli stessi caratteri di generalità e di astrattezza delle norme giuridiche, mentre le ordinanze sono atti
che applicano la norma al caso concreto.
Regolamenti governativi Sono fonti secondarie adottate dall’autorità amministrativa (governo e
ministri) per stabilire le modalità di attuazione di una legge o per disciplinare materie non regolate
da leggi.
Regolamenti delle Regioni Ai sensi del nuovo testo dell’art. 117 Cost. lo Stato ha potestà
regolamentare nella materie di legislazione esclusiva, che può delegare alle Regioni, mentre le
Regioni hanno potestà regolamentare in ogni altra materia. Quindi le Regioni sono titolari di potestà
regolamentare nelle materie di legislazione concorrente, nelle materie residuali, dove hanno potestà
legislativa esclusiva, ed anche nelle materie di legislazione esclusiva statale, ma solo previa delega
da parte dello Stato.
Regolamenti delle autonomie locali Rientrano nell’autonomia riconosciuta a questi enti e servono
a completare le leggi nelle materie di competenza locale. Il nuovo dettato dell’art. 117 Cost. ha
rafforzato la fonte regolamentare di Comuni, Province, Città Metropolitane, che ora è
espressamente riconosciuta dalla Costituzione. I regolamenti sono operanti nel rispetto dei principi
fissati dalla legge e dallo Statuto.
Testi Unici compilativi Sono adottati dal Governo ed hanno lo scopo di ordinare e raccogliere
norme giuridiche preesistenti che disciplinano una determinata materia ma, a differenza dei testi
unici novativi, non innovano l’ordinamento giuridico e quindi si classificano fra le fonti secondarie.
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Statuti degli Enti locali (che non siano Comuni, Province e Città Metropolitane) operanti
nell’ambito dei principi fissati dalla legge.
Ordinanze Sono atti che creano obblighi o divieti, quindi impongono ordini e si attuano in campi
previsti dal legislatore o per casi eccezionali di grave necessità e urgenza.
Altri atti normativi dello Stato quali ad esempio i Decreti del Presidente della Repubblica (DPR),
Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), i Decreti Ministeriali (DM), le Circolari
Ministeriali (CM) e le Ordinanze Ministeriali (OM).
6.1. CARATTERISTICHE DEI REGOLAMENTI E DELLE LINEE GUIDA
I caratteri essenziali dei regolamenti sono: la generalità, intesa come indeterminabilità dei
destinatari degli effetti dell'atto, l'astrattezza, vista come capacità di disciplinare una serie indefinita
di casi, e l'innovatività, considerata come attitudine ad immettere nuove norme nell’ordinamento 5.
Il fatto che il regolamento sia caratterizzato dall’astrattezza e generalità, fa sì che non possa
incidere direttamente sulle situazioni soggettive dei destinatari, né far nascere, di conseguenza,
l’interesse alla sua impugnazione. Questo può succedere solo nel caso che il regolamento contenga
previsioni destinate a immediata applicazione (caso raro). In generale il regolamento, per essere
applicato in modo concreto, necessita di un provvedimento di attuazione che andrà ad incidere sulle
situazioni soggettive. Chi intende quindi impugnare dovrà effettuare una doppia impugnativa: il
regolamento e il provvedimento di attuazione relativo. La pronuncia dell’autorità giudiziaria avrà
per oggetto il regolamento e i suoi effetti ricadranno anche sul provvedimento di attuazione.
Dal punto di vista del diritto amministrativo, i regolamenti sono atti formalmente amministrativi
- in quanto sono adottati da una pubblica amministrazione - e sostanzialmente normativi - in
quanto, essendo fonti del diritto, contengono norme destinate ad innovare l’ordinamento
giuridico.
Come abbiamo visto, i regolamenti sono fonti normative secondarie. Sono quindi fonte subordinata
alla legge e non possono essere messi con questa né allo stesso pari né posti in relazione di
competenza. Essi costituiscono, anche nel nuovo dettato della legge costituzionale, un
completamento o dettaglio della disciplina normativa della legge, che interviene sempre per prima.
Non esiste quindi nessuna riserva di materie in favore dei regolamenti. I regolamenti degli enti non
possono contrastare con la Costituzione, con le leggi statali e regionali, con i decreti legge o
legislativi, con lo Statuto dell’Ente stesso, ove esistente (es.: Enti Locali). La procedura di
emanazione dei regolamenti statali è disciplinata dalla L. 400/88. Il principio di legalità, però,
richiede soltanto che una legge autorizzi un atto secondario a dettare una disciplina regolamentare,
anche con forme e modalità diverse da quelle sancite dalla predetta disposizione. In questo senso, la
legge n.400 del 1988, essendo rimasta priva di “copertura costituzionale”, è stata definita “fragile”
e instabile”, proprio perché, essendo una legge ordinaria, non ha la forza di vincolare il legislatore
successivo a utilizzare il solo modello regolamentare ivi previsto. Resta fermo comunque che il
potere regolatorio affidato dalla legge a una fonte subordinata resti condizionato dal rispetto dei
parametri predefiniti dalla fonte legislativa.
Negli ultimi anni si è assistito alla cosiddetta “fuga dal regolamento”, ossia quel fenomeno che
consiste nelle più diverse deviazioni dal modello procedimentale tipico dei regolamenti governativi
e ministeriali, disciplinato dall’art. 17 della L. 400/88. La crisi del regolamento è originata in larga
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Queste caratteristiche fanno sì che un singolo cittadino non sia direttamente danneggiato dal regolamento, bensì dai
successivi atti che da esso derivano (ordinanza, sanzione, multa, ecc…). Per questa ragione il cittadino, per tutelare la
propria posizione, impugnerà sia il regolamento che l’atto da esso derivante (cosiddetta “doppia impugnazione”).
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misura dalle istanze del mondo dell’economia reale e, in generale, del mercato, per una regolazione
flessibile e veloce, non più imbrigliata nei lacci delle procedure formali di approvazione dei
regolamenti. Ciò ha portato alla previsione, da parte del legislatore, di strumenti totalmente nuovi
nel panorama giuridico italiano, più flessibili e destinati a disciplinare aspetti che in precedenza
erano oggetto di previsione regolamentare: le linee guida in luogo dei regolamenti. In particolare,
le linee guida dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), sono state previste per la prima
volta dal nuovo codice degli appalti pubblici (D. Lgs. 50/2016), come idonee a costituire diritti e
obblighi in capo ai destinatari, tanto da sostituire le disposizioni regolamentari contestualmente
abrogate.
La dottrina più recente dibatte la controversa questione della natura giuridica delle linee guida
ANAC, che costituiscono una novità assoluta per l’ordinamento giuridico italiano. Pertanto la loro
collocazione nel tradizionale assetto delle fonti di produzione del diritto è assai problematica ed
incerta. Secondo la concezione tradizionale, infatti, le linee guida costituiscono un’espressione
propria del potere di direttiva (come si desume anche dalla valenza semantica dell’espressione usata
per il loro nome), che si declina, a sua volta, per mezzo di raccomandazioni, istruzioni operative e,
quindi, in definitiva, mediante l’indicazione delle modalità attuative del precetto normativo, ma mai
per mezzo di regole cogenti e vincolanti (che, semmai, costituiscono il presupposto logico dei
chiarimenti affidati alle linee guida). Vi è quindi innanzitutto una discrasia tra il nome e la sostanza
delle linee guida. Le linee guida che dovranno definire, per gli appalti di lavori, il sistema di
qualificazione delle imprese, i requisiti di partecipazione alle gare, le regole dell’avvalimento e il
regime delle SOA (artt.83 e 84 del Codice) rivestono, per un verso, quei caratteri di generalità e
astrattezza che caratterizzano la produzione normativa regolamentare propriamente intesa, ma non
presentano, per un altro, alcun profilo tecnico che ne impone l’affidamento a un’autorità di
regolazione diversa dal Governo. Inoltre, non risultano rinvenibili, né nella Costituzione né nel
diritto europeo, le basi (afferenti a un rango sovraordinato alla legge ordinaria) del potere regolativo
affidato dalla legge all’ANAC, così come, nelle disposizioni legislative che lo prevedono e lo
autorizzano per alcune fattispecie, non appaiono rintracciabili i criteri e i principi alla stregua dei
quali dev’essere declinata la regolazione in questione. Sono ravvisabili quindi gli estremi di una
vera e propria delega in bianco, con un ulteriore profilo di inosservanza del principio di legalità, in
base al quale il potere regolatorio affidato dalla legge ad una fonte subordinata deve essere limitato
e condizionato dal rispetto di parametri predefiniti dalla fonte legislativa.
A tal proposito, il Consiglio di Stato ha classificato tre tipologie di linee guida:
1) quelle approvate con decreto ministeriale
2) quelle vincolanti adottate dall’ANAC
3) quelle non vincolanti, sempre adottate dall’ANAC.
Le prime si configurano pacificamente come regolamenti ministeriali di cui all’art.17, comma 3, l.
400/1988, con tutte le implicazioni in termini di rispetto delle garanzie procedimentali ivi previste.
Anche la classificazione delle terze non è complessa, assimilandole agli amministrativi generali, al
pari delle circolari contenenti istruzioni operative sull’applicazione della normativa di riferimento.
Più problematica appare, invece, la catalogazione delle linee guida ascrivibili al modello n. 2, ossia
le linee guida vincolanti adottate dall’ANAC, ma non approvate con decreto del Ministro per le
infrastrutture e i trasporti, che quindi possono essere ricondotte nel novero degli atti di regolazione
delle Autorità indipendenti. L’immediata conseguenza di questa interpretazione è quella della non
piena sovrapponibilità con il sistema delle fonti secondarie così come definito dall’art. 17 della
legge n. 400 del 1988 (che prevede: la denominazione espressa di “regolamento”, la sottoposizione
dello schema di regolamento al controllo del Consiglio di Stato, la delibera del Consiglio dei
ministri, il decreto presidenziale di emanazione, la registrazione della Corte dei Conti e la
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). Le linee guida, quindi, dal punto di vista giuridico
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costituiscono uno strumento di regolazione flessibile e dalla nomenclatura atipica, che può essere
usato solo per istruzioni e raccomandazioni che attengono alle migliori pratiche di attuazione della
normativa di riferimento e alla più efficace realizzazione dei suoi obiettivi, ma non incidono
direttamente sui diritti e sugli obblighi dei terzi. E’ vero che la compatibilità con il sistema delle
fonti della potestà regolamentare delle autorità indipendenti è stata riconosciuta da tempo (benché
sprovvista, in generale, di copertura costituzionale), ma la titolarità e il valido esercizio del potere di
regolazione sono stati presidiati da rilevanti cautele e condizioni, che garantiscono la loro
compatibilità con il principio di legalità: la base costituzionale del potere in questione, la copertura
europea, il carattere settoriale e tecnico della regolazione e i criteri di fondo per l’esercizio della
potestà di regolazione. Per quanto sopra esposto, le predette condizioni di legalità appaiono
difficilmente rintracciabili nelle linee guida in esame. La loro riconducibilità alla potestà
regolamentare delle autorità indipendenti appare quindi una forzatura ex post.
Fonti non scritte
Usi o consuetudini sono fonti fatto, in quanto non sono le norme che indirizzano i comportamenti,
ma sono questi ultimi che assumono valore di norma. Sono i comportamenti ripetuti da una
generalità di persone nel convincimento di adempiere ad un obbligo giuridico.
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SPECCHIETTO RIASSUNTIVO GERARCHIA DELLE FONTI
Fonti costituzionali
o
o
o
Costituzione
Leggi costituzionali (leggi di revisione costituzionale o altre leggi costituzionali che
integrano la Costituzione)
Trattati istitutivi della Comunità europea e dell’Unione europea (fonti sovranazionali)
Fonti primarie
Norme interne:
o Leggi ordinarie o formali approvate dal Parlamento
o Decreti legge e legislativi emanati dal Governo
o Testi unici novativi
o Statuti delle Regioni ordinarie (legge regionale)
o Leggi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano
o Sentenze della Corte Costituzionale
o Esiti del referendum abrogativo (D.P.R.)
o Regolamenti degli organi Costituzionali (Senato, Camere)
Norme esterne:
i Regolamenti comunitari
le direttive comunitarie
Fonti subprimarie
Statuti di Comuni, Province e Città Metropolitane
Fonti secondarie
o
o
o
o
o
o
Regolamenti Governativi (D.P.R.)
Testi unici compilativi
Regolamenti delle Regioni
Statuti degli Enti locali (che non siano Comuni, Province e Città Metropolitane)
Regolamenti degli enti autonomi (Comuni e Province)
Ordinanze
Fonti non scritte
Usi o consuetudini
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LO STATO
1. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI
Dal punto di vista giuridico, col termine Stato si intende l’organizzazione sovrana assunta da un
popolo stanziato su un territorio.
Gli elementi costitutivi dello Stato sono:
1. territorio: elemento materiale
2. popolo: elemento personale
3. sovranità: elemento formale
Il territorio è il luogo ove una comunità vive e stabilisce la propria attività e dove lo Stato esercita
la sua sovranità. Fanno parte del territorio suolo, sottosuolo, spazio aereo e mare territoriale fino a
12 miglia marine. Sono considerati territorio dello Stato anche le navi e gli aerei militari ovunque si
trovino e le navi mercantili e gli aerei civili quando si trovano in acque o spazi internazionali
(principio dell’extraterritorialità). Godono di immunità territoriale le sedi diplomatiche.
Il popolo rappresenta l’elemento personale dello Stato ed è formato da tutti gli individui, legati allo
Stato da un rapporto di cittadinanza, che convivono in un determinato territorio, sotto un
ordinamento giuridico (cittadini).
La sovranità dello Stato è il proprio potere di imperio – originario, esclusivo e incondizionato - che
esplica attraverso tre funzioni indicate come i poteri dello Stato, esercitate da tre organi
indipendenti tra di loro:
potere legislativo (Parlamento) - emana norme giuridiche, cioè norme di condotta, generali
ed astratte
potere esecutivo o amministrativo (Governo) - applica e fa applicare, nei casi particolari e
concreti, le norme generali
potere giudiziario o giurisdizionale (Magistratura) - accerta il contenuto delle norme
generali nei casi concreti e risolve le controversie.
La sovranità è unica, perché lo Stato è il solo ad avere il potere di imporsi a tutti coloro che vivono
nel territorio, ed originaria, in quanto non deriva da nessun altra autorità. Nelle moderne forme di
Stato democratico la sovranità appartiene al popolo, che la esercita per mezzo dei suoi
rappresentanti e tutte le cariche pubbliche, compreso il Capo dello Stato, si riconducono,
direttamente o indirettamente, al consenso popolare.
La sovranità è sia interna che esterna. La prima si estrinseca nella supremazia rispetto a tutti i
soggetti che operano al suo interno; la seconda riguarda l’indipendenza dello Stato dal punto di
vista internazionale, rispetto agli altri stati.
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Lo Stato è impersonale ed opera attraverso i suoi funzionari, che agiscono e producono atti per suo
conto. A tale proposito sono particolarmente rilevanti gli articoli 97 e 98 della nostra Costituzione6.
L’attività dello Stato per raggiungere i suoi scopi istituzionali è detta attività amministrativa ed è
regolata da un insieme di norme che costituiscono il diritto amministrativo.
2. LA SEPARAZIONE DEI POTERI
Uno dei principi fondamentali a cui si ispira il diritto costituzionale è quello della separazione dei
poteri fra:
Parlamento: titolare del potere legislativo
Governo: titolare del potere esecutivo (funzione amministrativa)
Magistratura: titolare del potere giudiziario (funzione giurisdizionale)
Ogni potere emana i propri atti, dotati ciascuno di una propria efficacia:
Potere legislativo: legge formale
Potere esecutivo: decreto
Potere giudiziario: sentenza
Esemplificando al massimo, il Parlamento fa le leggi, il governo le mette in atto e la magistratura
vigila sul loro rispetto. In altre parole, con la funzione legislativa lo Stato pone le norme costitutive
dell’ordinamento giuridico; con la funzione amministrativa lo Stato svolge una attività effettiva e
concreta diretta al soddisfacimento dei suoi fini immediati (rapporti internazionali, sicurezza
pubblica, finanza, welfare, cultura, territorio, ecc…); con la funzione giurisdizionale accerta,
mediante giudici indipendenti, la volontà normativa da far valere in un caso concreto, interpretando
la legge nei casi controversi, oppure applicando le sanzioni previste in caso di violazione della
stessa. Ricordiamo infine che le prime due funzioni sono attribuite anche alle Regioni ed alla
Province autonome di Trento e Bolzano.
3. I BENI PUBBLICI
Lo Stato e gli Enti territoriali (Regioni, Province, e Comuni), per svolgere le loro finalità
istituzionali dispongono sia di beni pubblici che di beni patrimoniali.
I beni pubblici sono beni il cui utilizzo è finalizzato alla pubblica utilità; i beni patrimoniali
disponibili sono di proprietà di un Ente pubblico senza però una destinazione particolare, come il
denaro, i beni mobili o immobili.
I beni pubblici, il cui utilizzo è finalizzato alla pubblica utilità, si dividono in due categorie: beni
demaniali e beni patrimoniali. Questi ultimi possono essere disponibili o indisponibili.
Art. 97 Cost. “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e la imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di
competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si
accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. Art. 98 c. 1 “I pubblici impiegati sono al servizio
esclusivo della Nazione”.
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BENI DEMANIALI
Sono indicati dalla legge all’art. 822 e 824 del codice civile, costituiscono il demanio pubblico e
servono a soddisfare i bisogni della collettività.
I beni demaniali hanno due caratteristiche fondamentali:
a) Sono sempre beni immobili o universalità di beni7
b) Appartengono ad enti pubblici territoriali (Stato, Regioni, Province, Comuni).
Si distinguono in:
beni demaniali naturali – demanio necessario Sono tutti quei beni che per la loro natura non
possono che appartenere allo Stato e sono destinati a tutta la collettività
1. demanio marittimo (parti, spiagge, lido mare)
2. demanio idrico (fiumi, torrenti, laghi e altre acque pubbliche)
beni demaniali artificiali o per destinazione – demanio eventuale o accidentale. Sono quelli
che non hanno finalità pubblica per loro natura, ma solo perché appartengono allo Stato:
strade, autostrade, ferrovie
musei
aeroporti
cimiteri e mercati di proprietà del Comune (demanio comunale specifico)
beni del demanio militare Sono quelli che comprendono opere destinate alla difesa nazionale
(come le fortificazioni). Sono beni demaniali artificiali riservati allo Stato come i beni del
demanio naturale.
REGIME GIURIDICO
I beni del demanio pubblico sono:
inalienabili, cioè non possono essere oggetto di compravendita e quindi cedibili ad altri
imprescrittibili, cioè non possono diventare oggetto di prescrizione, usucapione o
espropriazione forzata e su di essi non possono esistere diritti altrui
infruttiferi, cioè non procurano entrate all’Ente se non in via occasionale, se dati in concessione
a terzi.
Sdemanializzazione: I beni che non siano demaniali per natura possono essere sottratti dal
demanio e inclusi nel patrimonio dell’Ente pubblico con un atto dell’autorità competente che
sdemanializzi il bene, facendo venir meno la destinazione pubblica cui era riservato. A quel
punto il bene diventa cedibile con le modalità stabilite dalla disciplina di dismissione dei
beni pubblici8.
BENI PATRIMONIALI
7
I beni immobili sono quei beni che non possono essere trasferiti in altro luogo senza che ne venga compromessa
l’integrità; le universalità di beni sono una pluralità di cose mobili appartenenti ad un unico proprietario e che hanno
destinazione unitaria (es.: pinacoteche, raccolte di libri, ….).
8
Per le alienazioni di beni della PA, in prima battuta, occorre fare riferimento alla legge 24 dicembre 1908, n. 783,
“portante l'unificazione dei sistemi di alienazione dei beni e di amministrazione dei beni patrimoniali dello Stato” e
successive modificazioni, nonché a quelle contenute nel regolamento approvato con regio decreto 17 giugno 1909, n.
454 e successive modificazioni. Dato però che la “Bassanini bis” (L. 127/97) consente ad ogni Ente di disciplinare, con
proprio regolamento, le procedure di alienazione del patrimonio immobiliare, anche in deroga alla norma in parola, si
rinvia alla consultazione di tali regolamenti, laddove esistenti.
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I beni patrimoniali indisponibili sono quei beni destinati ad uso pubblico ex lege. L’art. 826 del
codice civile prevede che si tratti di edifici destinati a sede di uffici pubblici o servizi pubblici.
Rimangono tali e non possono né essere trasferiti, né utilizzati in altro modo fino a che hanno quello
scopo di destinazione pubblica. Appartengono a questi anche le foreste, le miniere, le cave, i beni di
interesse storico-archeologico-artistico, le dotazioni del Presidente della Repubblica.
REGIME GIURIDICO
I beni patrimoniali indisponibili possono essere sottratti alla loro destinazione soltanto nei modi
stabiliti dalle leggi che li riguardano, mediante atto che ne muta la destinazione o ne trasferisce
l’appartenenza.
I beni patrimoniali disponibili sono beni che appartengono allo Stato o ad altri Enti pubblici, ma
diversi dai demaniali e da quelli indisponibili. Non sono quindi beni pubblici in senso stretto, ma
beni di proprietà di un ente pubblico, quali ad esempio:
beni corporali come beni immobili
beni incorporali come diritti reali su cose altrui e diritti di credito
titoli di credito come titoli di Stato, azioni
danaro che l’Ente incassa a qualsiasi titolo
REGIME GIURIDICO
I beni patrimoniali disponibili sono alienabili, cioè possono essere oggetto di compravendita e
quindi cedibili ad altri secondo la vigente normativa sulle modalità di scelta del contraente.
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1. NOZIONI FONDAMENTALI
NORMA GIURIDICA = E’ una prescrizione rivolta agli uomini che detta loro le regole per agire
nelle varie circostanze della vita. Le norme sono generali perché valgono per tutti ed astratte perché
valgono tutte le volte in cui i soggetti si trovino in quella situazione. Oltre al comportamento, le
norme stabiliscono le conseguenze che si hanno sia quando il soggetto ha obbedito, sia quando ha
disobbedito. Queste regole sono assistite dalla forza, cioè vi sono autorità incaricate di assicurare il
rispetto delle regole e che hanno la possibilità di usare la forza, anche fisica, per impedire la
violazione delle regole o infliggere la punizione (sanzione) verso chi non rispetta le norme.
DIRITTO SOGGETTIVO = E’ un insieme di poteri o facoltà riconosciuti al soggetto da una
norma giuridica.
INTERESSE LEGITTIMO = E’ una posizione giuridica inferiore a quella del diritto soggettivo.
E’ un interesse privato che, in una certa situazione, si trova a coincidere con l’interesse pubblico
prevalente della Pubblica Amministrazione. Data questa connessione fra l’interesse individuale e
quello pubblico, il primo viene protetto dall’ordinamento giuridico attraverso la tutela giuridica del
secondo. A seguito dell’evoluzione normativa degli ultimi anni, la differenza fra diritto soggettivo
ed interesse legittimo si è notevolmente affievolita.
PERSONA FISICA = è l’essere umano destinatario con la nascita di norme giuridiche ed
astrattamente titolare di diritti e di doveri.
PERSONA GIURIDICA = è un tipo di soggetto diverso da quello della persona fisica. Vi sono
persone giuridiche pubbliche e private caratterizzate dal fatto di essere dotate di:
un proprio patrimonio autonomo
persone che agiscono per l’ente stesso
un riconoscimento da parte dello Stato
Le persone giuridiche pubbliche sono lo Stato e gli altri enti pubblici. Le persone giuridiche private
sono le associazioni, le fondazioni, le società commerciali, …. La persona giuridica gode di
personalità giuridica, ossia ha la caratteristica di potersi assumere diritti ed obblighi in proprio,
indipendentemente dalle persone che agiscono al suo interno, in quanto i diritti ed i doveri sono
riconducibili alla persona giuridica nel suo complesso e non a coloro che la compongono.
CAPACITA’ GIURIDICA = la possibilità che ha un soggetto di diritto di diventare titolare di una
serie indeterminata di diritti e doveri sulla base di norme giuridiche.
CAPACITA’ DI AGIRE = la possibilità di un soggetto del diritto di curare da sé i propri interessi
nel mondo dei rapporti giuridici.
ATTI AMMINISTRATIVI = sono gli tutti gli atti compiuti dalla pubblica amministrazione nello
svolgimento delle proprie funzioni. Gli atti amministrativi propriamente detti indicano gli atti
dovuti dall’amministrazione (certificazione), cioè dichiarazioni di scienza (= di conoscenza: ad
esempio i certificati). Gli atti amministrativi propriamente detti normalmente non incidono nella
sfera giuridica dei soggetti.
PROVVEDIMENTI = sono quella categoria di atti amministrativi attraverso i quali
l’amministrazione mette in opera la sua supremazia. Comportano la modifica d’autorità di
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situazioni giuridiche soggettive. I provvedimenti della P.A. sono tutti posti nell’ottica dell’interesse
pubblico e non possono essere adottati se non sono fondati su norme giuridiche. Se così non è, il
provvedimento è illegittimo e può essere annullato. I provvedimenti possono essere distinti in:
Provvedimenti espansivi = aumentano i diritti soggettivi dei destinatari (autorizzazioni,
concessioni, ammissioni, ..)
Provvedimenti ristrettivi o ablativi = limitano diritti soggettivi già esistenti (espropriazione,
requisizione, confisca, ….)
Con un provvedimento la pubblica amministrazione esprime la propria volontà, cioè le decisioni
prese in base alle norme giuridiche, nell’esercizio della propria sovranità. Tali atti, la cui
emanazione comporta l’esistenza di un margine di discrezionalità, incidono nella sfera giuridica dei
destinatari. I cittadini sono obbligati ad ottemperare e la mancata osservanza è sanzionata (es.:
ordinanze).
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO = è una sequenza d’atti aventi diversa natura o
funzione ma ordinati in modo tale ad arrivare all’emanazione di un provvedimento conclusivo.
Il procedimento prevede varie fasi che possono essere sinteticamente indicate in:
INIZIATIVA (che può essere del cittadino – istanze, denunce, ricorsi - o della Pubblica
Amministrazione): è la fase diretta a predisporre e accertare i presupposti. E’ la fase
introduttiva o di impulso che può derivare dalla stessa P.A. (iniziativa d’ufficio, ad esempio una
sanzione, un controllo, o quando la P.A. chiede ad un’altra P.A. l’adozione di un atto) o
provenire dal cittadino (iniziativa di parte, cioè una richiesta, una domanda o un’istanza): si
mette in moto il procedimento e serve per accertare la sussistenza dei presupposti e ponderare
gli interessi (istanza con cui si richiede l’emissione di un provvedimento, denuncia con cui si
rende noto all’autorità amministrativa un determinato fatto con lo scopo di esercitare i propri
poteri, ricorso con cui si richiede il riesame di legittimità o di merito d’atti che ledono diritti o
interessi legittimi). Il procedimento richiesto da un cittadino può essere sempre interrotto per
volere esplicito del cittadino richiedente (ad esempio non vuole più un certificato), mentre il
procedimento iniziato d’ufficio dalla P.A. deve sempre concludersi con l’emanazione di un
atto (ad esempio non si può interrompere la formulazione di una contravvenzione). Il momento
di inizio di un procedimento è importante perché da quel momento decorre il termine per
concluderlo.
Il cittadino presenta una richiesta
la P.A. ha il dovere di procedere
Se la richiesta presenta i requisiti previsti dalla legge
provvedere, cioè di emanare l’atto.
la
P.A.
ha
il
dovere
di
Dalle richieste si devono differenziare le denunce (o esposti, segnalazioni e petizioni) in quanto
queste non fanno sorgere per la P.A. un obbligo di provvedere, ma solo di procedere, cioè di
prenderle in considerazione per verificare se ci sono gli estremi per aprire eventualmente un
procedimento.
ISTRUTTORIA (acquisizione di documenti ed informazioni): è la fase nella quale si
acquisiscono e si valutano i singoli dati pertinenti e rilevanti e definita per questo il
“cuore”. Si procede all’acquisizione e all’elaborazione dei dati, anche al fine di ponderare gli
interessi in contrasto e valutare gli elementi e gli interessi. La P.A. è libera di ricercare da sola
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tutti gli elementi che le occorrono per decidere in quanto, nel procedimento amministrativo,
vige il principio inquisitorio. In questa fase si nomina il responsabile del procedimento, si
comunica l’avvio del procedimento, si accertano i requisiti e presupposti necessari per
l’ammissibilità dell’istanza, si verificano i dati rilevanti, si acquisiscono i pareri obbligatori,
le valutazioni tecniche, gli atti d’assenso d’altri organi o amministrazioni, si convoca la
conferenza dei servizi, si esaminano le opposizioni presentate dagli interessati.
L’istruttoria può essere:
aperta (quando vi può partecipare l’interessato)
chiusa (quando non vi può partecipare l’interessato)
segreta (quando non è conosciuta dall’interessato)
DECISORIA O FASE COSTITUTIVA (secondo norme ben precise la P.A. adotta l’atto): è la
fase decisoria o deliberativa, in cui si determina il contenuto dell’atto da adottare e si
provvede alla formazione ed emanazione dello stesso. Pone in essere il provvedimento finale,
che è quello centrale e conclusivo del procedimento. E’ questa la fase in cui l’Amministrazione
è tenuta ad adottare il provvedimento finale, sia esso positivo sia negativo: è il momento in cui
viene adottato l’atto. Quando si tratti di determinazioni di volontà che non può manifestare il
responsabile del procedimento ma un organo collegiale, è necessario seguire un
subprocedimento per l’adozione della deliberazione che prevede la convocazione dell’organo, la
seduta con un certo quorum, la discussione, la votazione e la verbalizzazione.
In alcuni casi il procedimento può concludersi con il silenzio della P.A. cioè senza
l’emanazione di un atto.
La legge prevede espressamente i casi in cui il procedimento può concludersi con il silenzio,
perché negli altri casi la P.A. è inadempiente e il cittadino può rivolgersi al giudice per
dichiarare l’illegittimità del P.A.
I silenzi possono essere di due tipi:
silenzio assenso si ha quando la legge prevede che trascorso un certo periodo di tempo il
silenzio è da ritenersi assenso (art. 20 legge 241)
silenzio rifiuto va inteso come non accoglimento della richiesta (art. 25 della legge 241/90)
Negli altri casi non previsti da legge si tratta di silenzio inadempimento.
FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA normalmente, finito il procedimento, l’atto è
perfetto cioè completo ed efficace, quindi è in grado di produrre i suoi effetti.
Ma ci sono casi in cui l’atto ha bisogno di un’ulteriore fase che è quella integrativa e cioè il
controllo da parte di altri enti, (in cui si richiede di valutare la legittimità o congruità di un
provvedimento), oppure la pubblicizzazione dello stesso.
E’ quella intesa a munire il provvedimento finale dei requisiti di efficacia che comprendono:
la fase di controllo per conferire l’esecutività al provvedimento. L’atto produce i suoi
effetti solo dopo che è stato controllato e il controllo ha avuto esito positivo
la fase di comunicazione o notifica e pubblicazione, con cui si rende legalmente
noto e obbligatorio il provvedimento. L’atto è perfetto e la notificazione serve solo a
farlo conoscere al destinatario e dal quel momento partono i tempi per l’eventuale
impugnazione.
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2. GLI ATTI AMMINISTRATIVI
Elementi dell’atto amministrativo
► essenziali, ossia necessari a dar vita all’atto:
soggetto che pone in essere l’atto e deve essere appartenente alla P.A.
volontà o potere che è l’elemento volitivo
l’oggetto è la res sui cui l’atto incide (un comportamento, un fatto, un bene)
il contenuto cioè la parte precettiva dell’atto, ciò che si intende autorizzare, disporre,
concedere
forma
a questi si aggiunge anche la motivazione prevista dalla L. 241/90
► accidentali, che possono essere apposti ad atti discrezionali:
il termine che indica il momento dal quale deve avere inizio l’efficacia dell’atto
la condizione che subordina l’inizio o la cessazione dell’efficacia dell’atto al verificarsi di
un evento
onere che può essere apposto alle autorizzazioni, concessioni e licenze
Struttura formale dell’atto
L’atto presenta una struttura formale generalmente composta da:
intestazione = indicazione dell’autorità da cui promana
preambolo = in cui sono indicate le norme di legge o i regolamenti in base ai quali l’atto è stato
adottato
motivazione = consiste in una parte descrittiva nella quale sono indicati gli interessi coinvolti e
una parte valutativa nella quale la P.A. valuta gli interessi, motivando il perché ha preferito
soddisfare un interesse al posto di un altro. Con la legge 241/90 la motivazione è obbligatoria, in
base al principio di trasparenza, tranne che si tratti di atti normativi e a contenuto generale
dispositivo = è la parte precettiva dell’atto e costituisce la dichiarazione di volontà vera e
propria
luogo = cioè l’indicazione della sede ove viene emanato l’atto
sottoscrizione = la firma dell’autorità che emana l’atto o quella delegata
2.1. VALIDITÀ, INVALIDITÀ, EFFICACIA
L’atto è valido se conforme alla legge.
Un atto è invalido quando è viziato, cioè è difforme dalla legge e dalle norme. Quindi la validità è
assenza da vizi.
E’ efficace quando produce effetti giuridici e quindi il concetto di efficacia è molto diverso da
quello di validità, che invece dipende dall’assenza di vizi. Normalmente validità ed efficacia stanno
insieme, anche se possiamo avere atti validi ma inefficaci e atti invalidi ma efficaci.
L’atto può essere viziato in misura maggiore o minore, determinando due tipi diversi di invalidità9:
L. 241/90: Art. 21 septies NULLITA’ DEL PROVVEDIMENTO
E’ nullo:
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il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali
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nullità determina l’assenza di efficacia e l’atto nullo non obbliga nessuno e chiunque
può rilevare il vizio dell’atto in qualsiasi momento. È nullo retroattivamente. [EX
TUNC]
La nullità di un atto amministrativo è causata dalla mancanza di un elemento fondamentale
che può essere:
- Soggetto amministrativo = se l’atto non è emesso da un soggetto amministrativo, oppure
da un soggetto amministrativo che non sta esercitando le proprie funzioni amministrative.
- Potere = se l’atto proviene da un organo amministrativo che non ha potere di emanare atti
o non ha potere in quelle materie
- Forma = se richiesta e vincolata deve essere per forza quella
- Contenuto o oggetto = non deve essere né illecito né impossibile
- Destinatario = mancanza di destinatario
- Volontà = viziata da violenza fisica
annullabilità determina la possibilità che l’atto sia annullato dagli organi a ciò preposti
con la conseguente eliminazione dell’atto, fatta salva la piena efficacia fino al momento
dell’annullamento. [EX NUNC]
L’annullabilità di un atto è causata da un vizio meno grave, che non comporta la sua
inesistenza, però provoca il fatto che, su richiesta degli interessati o della stessa Pubblica
Amministrazione che l’ha emanato, sia annullato. L’annullamento non è retroattivo.
L’atto illegittimo per la presenza di vizi di legittimità è annullabile, ma, fino a quando non
viene effettivamente annullato, esiste ed è efficace.
Pertanto, l’atto illegittimo:
a) è giuridicamente esistente;
b) è efficace, come se fosse valido, finché non viene annullato;
c) è esecutorio, per cui l’atto, se (e finché) non è annullato, può essere eseguito dalla P.A. in
via diretta e coattivamente.
il provvedimento amministrativo che è viziato da difetto assoluto di attribuzione
il provvedimento amministrativo che è adottato in violazione o elusione del giudicato
il provvedimento amministrativo nei casi espressamente previsti da legge
Sono attribuite al Tar quale giudice esclusivo tutte le questioni relative alla nullità dell’atto, così come previsto dal “Codice del
Processo Amministrativo” (art. 133 D. Lgs. 104/2010)
Art 21 octies ANNULLABILITA’ DEL PROVVEDIMENTO
È annullabile:
il provvedimento amministrativo che è stato adottato in violazione di legge
il provvedimento amministrativo che è viziato da eccesso di potere
il provvedimento amministrativo che è viziato da incompetenza
NON è annullabile:
il provvedimento amministrativo adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma quando, per la sua
natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non poteva esser diverso da quello adottato
il provvedimento amministrativo per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento nel caso in cui la P.A. dimostri
in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato
Art 21 nonies ANNULLAMENTO DI UFFICIO
Il provvedimento amministrativo illegittimo (nei casi previsti all’art. di cui sopra sull’annullabilità del provvedimento) può essere
annullato d’ufficio, se ne sussistono le ragioni di interesse pubblico entro un termine ragionevole e tenuto conto degli interessi dei
destinatari e controinteressati, dall’organo che ha emanato l’atto o da un altro organo previsto dalla legge. La P.A. può convalidare il
provvedimento finale entro un termine ragionevole.
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2.2. VIZI DI LEGITTIMITA’
I vizi di legittimità riguardano difetti dell’atto rispetto a ciò che richiede la legge.10
I vizi di legittimità che comportano l’annullabilità dell’atto di dividono in tre categorie:
incompetenza = riguarda sia gli atti discrezionali che quelli dovuti. Sono atti posti in essere da
un organo amministrativo diverso da quello indicato dalla legge, nel caso però che i due organi
abbiano le stesse funzioni (es. decreto ministeriale firmato da un dirigente invece che dal
ministro). L’incompetenza può essere per materia, per grado e per territorio. Può essere divisa
anche in relativa e assoluta L’incompetenza relativa è un vizio relativo al soggetto pubblico in
quanto l’atto è emesso da un organo del medesimo settore amministrativo e l’atto è annullabile.
L’incompetenza assoluta determina un atto nullo.
eccesso di potere = riguarda solo gli atti discrezionali. Si tratta di atti vincolati nei fini, ma
liberi nei mezzi. Si possono avere casi di sviamento di potere che si configurano nell’abuso
della discrezionalità. E’ la Pubblica Amministrazione che persegue interessi diversi da quello
pubblico. Eccesso di potere è un cattivo uso del potere discrezionale quando risulti pregiudicato
il fine di interesse pubblico definito dalla legge. Condizione perché si verifichi tale vizio è che si
tratti di un atto espressione del potere discrezionale perché altrimenti gli atti vincolati non
possono incorrere in questo vizio11.
violazione di legge = in tutti gli altri casi e cioè quando:
mancano i presupposti previsti dalla legge o mancano dei presupposti richiesti dalla norma
per l’emanazione dell’atto
l’organo non è formato regolarmente in base ai numeri legali richiesti o non ha regolarmente
deliberato
manca un parere obbligatorio e manca la motivazione e sono state violate le regole sul
procedimento amministrativo.
2.3. VIZI DI MERITO
A differenza dei vizi di legittimità, i vizi di merito non sono suscettibili di una vera e propria
classificazione e il loro fondamento risiede nel fatto che non sono contrari alle norme giuridiche, ma
violano il principio di buona amministrazione previsto dall’art. 97 della Costituzione. Ne deriva che
i vizi di merito possono invalidare solo gli atti discrezionali, cioè di scelta della P.A. e non gli atti
vincolati.
2.4. RIMEDI DEI VIZI
I rimedi previsti nel nostro ordinamento contro gli atti illegittimi sono:
ricorsi amministrativi
i vizi di merito riguardano l’opportunità dell’atto e cioè quegli aspetti di libera scelta, non stabiliti dal diritto e lasciati
quindi alla discrezione della P.A.
11
La dottrina ha individuato una serie di figure di tale vizio di eccesso di potere:
sviamento di potere = l’uso di potere discrezionale per fine diverso
travisamento ed erronea valutazione dei fatti = che consiste nel ritenere inesistente o esistente un fatto, a
presupposto dell’atto o che abbia interpretato i fatti in modo illogico, erroneo o irrazionale
contraddittorietà = tra più atti che si verifica quando atti successivi siano in contrasto fra loro impedendo la
comprensione della volontà dell’ente
disparità di trattamento = quando l’Amministrazione esercita un potere discrezionale in maniera diversa nei
confronti di soggetti in situazioni identiche
ingiustizia manifesta = che si verifica quando un interesse privato si fa passare per interesse pubblico senza
valida ragione
motivazione insufficiente e incongrua = che consiste nell’omettere valide circostanze mentre si motiva l’atto con
elementi irrilevanti o insufficienti.
10
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
ricorso giurisdizionale
atto di autotutela adottato d’ufficio dalla Pubblica Amministrazione che ritira l’atto viziato
CGIL 2018
3. ELIMINAZIONE DEL VIZIO
La Pubblica Amministrazione ha la possibilità in via di autotutela di ritirare o di riesaminare l’atto
considerato illegittimo e sanarlo con una successiva manifestazione di volontà.
Gli atti di ritiro sono discrezionali in quanto è la P.A. che valuta se sussiste l’interesse pubblico.
L’organo stesso che ha emanato l’atto può:
1. AGIRE IN AUTOTUTELA
* annullamento d’ufficio: l’atto viziato di legittimità, viene ritirato con efficacia retroattiva [ex
tunc] dalla data della sua emanazione.
* revoca: è un provvedimento motivato con cui la P.A. ritira con efficacia non retroattiva [ex nunc]
un atto con vizi di merito in base ad una nuova valutazione degli interessi. Ciò accade perché la
P.A. si deve sempre adeguare all’interesse pubblico quando questi muti.
2. SANARE L’ATTO
Gli atti viziati di legittimità e che non siano nulli, ma solo annullabili possono essere ritirati ma
anche sanati, mantenuti in vita mediante:
► ratifica [atto emanato da organo incompetente] = è un provvedimento che elimina il vizio di
incompetenza relativa. L’organo competente lo ratifica facendolo proprio condividendo
l’operato di quello incompetente. Il vizio è così sanato dall’inizio come se l’atto fosse stato
emanato dall’organo giusto.
► convalida [atto emanato in mancanza di uno o più presupposti] = consiste in un nuovo atto che
elimina i vizi di legittimità di un atto non ancora annullato inserendo elementi mancanti o
correggendo eventuali contrasti; [per esempio un parere: il parere richiesto dopo diventa
successivo all’atto e lo convalida retroattivamente].
Non tutti i vizi possono essere sanati. Ovviamente quando l’atto è contrario alla legge non può
essere ratificato né convalidato. In questi casi l’Amministrazione può annullare l’atto di propria
iniziativa (cioè d’ufficio) facendone venir meno gli effetti fin dall’inizio.
A cura di Mariella Bergamini
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
1. IL “DOPPIO BINARIO”
Se un soggetto ritiene che un provvedimento amministrativo abbia leso un proprio diritto o un
interesse legittimo può inoltrare ricorso agli organi competenti.
Col termine giustizia amministrativa si fa riferimento all’insieme di mezzi che l'ordinamento
giuridico predispone a tutela delle situazioni giuridiche dei soggetti nei confronti della pubblica
amministrazione.
L'esistenza di un sistema di giustizia amministrativa è una delle caratteristiche essenziali dello stato
di diritto poiché, in questo modo, si rende effettiva la sottoposizione della pubblica amministrazione
alla legge, secondo il principio di legalità.
Il sistema di giustizia amministrativa è caratterizzato da tre principi fondamentali:
1. Principio di azionabilità: a norma dell’art. 24 della Costituzione, tutte le lesioni di diritti
soggettivi e degli interessi legittimi possono trovare una tutela in giudizio.
2. Principio
dell’autonomia
del
potere
giudiziario.
3. Il principio di legalità dell’azione amministrativa, secondo l’art. 101 Cost.
Per quel che riguarda il riparto di giurisdizione, il nostro sistema giurisdizionale è articolato
secondo il criterio del “doppio Binario”: al giudice ordinario è riservata a tutela dei diritti soggettivi,
mentre il giudice amministrativo è il giudice naturale degli interessi legittimi. Il criterio più
utilizzato per decidere a quale giurisdizione ricorrere è quello della “causa petendi”, che si riferisce
alla natura della posizione giuridica che viene dedotta in giudizio.
Pertanto il nostro sistema di giustizia amministrativa è organizzato nel seguente modo:
Il giudice ordinario (Tribunali e Corti d’Appello) è competente a decidere delle violazioni dei
diritti soggettivi: ha, infatti, il potere di disapplicare l’atto amministrativo che risulti illegittimo e
può dichiararne l’illegittimità.
Il giudice amministrativo invece (Tar e Consiglio di Stato) giudica sulle violazioni degli interessi
legittimi, ad eccezione per alcuni casi di giurisdizione esclusiva in cui lo stesso giudice
amministrativo giudica sulle violazioni dei diritti soggettivi12. Ha il potere di annullare gli atti
amministravi illegittimi (giurisdizione di legittimità) e nei casi tassativi di giurisdizione di merito,
può anche sostituire gli atti illegittimi con altri atti o modificarli solo in parte 13. Infine, i casi di
conflitto di attribuzione, tra giudice amministrativo e giudice ordinario, è competente a decidere la
Suprema Corte di Cassazione.
Ma la tutela delle situazioni giuridiche nei confronti della pubblica amministrazione può essere
perseguita anche senza ricorrere ad un giudice. Il può essere richiesta:
Art.103 Cost, “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei
confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei
diritti soggettivi”
13
Es. i ricorsi per l’esecuzione del giudicato del giudice civile o amministrativo, (art. 27 n.4 t.u. Consiglio di Stato e
art.37 l.1034/1971, cd. legge Tar), i ricorsi contro le ordinanze contingibili e urgenti del sindaco (art.1 n.3, r.d. 1058 del
1924) e i ricorsi contro i provvedimenti per la cd. censura cinematografica (ex art. 27, n.15, l.167/1962).
12
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
A. ad un organo della stessa pubblica amministrazione, adito dal soggetto leso mediante un
ricorso amministrativo, Il ricorso amministrativo si attua quando un privato è stato leso in
un interesse legittimo e può essere rivolto alla stessa autorità amministrativa che ha emanato
l’atto, a quella gerarchicamente superiore, al Capo dello Stato.
Deve essere presentato per iscritto.
in opposizione = è un ricorso, prodotto da chi vuole tutelare un proprio diritto o interesse
legittimo, contro atti della pubblica amministrazione, che è presentato allo stesso organo
amministrativo che ha prodotto l'atto verso il quale si vuole ricorrere. È un rimedio
eccezionale che può essere utilizzato solo nei casi previsti dalla legge. Ciò è dovuto dal fatto
che l'autorità che ha emanato l'atto non è in grado di giudicare da sé il proprio operato. Esso
può essere proposto sia per motivi di legittimità che sia di merito, a tutela sia di diritti
soggettivi sia di interesse legittimi. Se la possibilità di ricorso in opposizione non è prevista
dalla legge si avrà un semplice reclamo.
ricorso gerarchico = è prodotto da chi vuole tutelare un proprio diritto o interesse legittimo,
contro atti della pubblica amministrazione; è presentato all'organo gerarchicamente
superiore di quello che ha prodotto l'atto verso il quale si vuole ricorrere. Si può ricorrere
contro un atto amministrativo se questo è viziato per motivi di legittimità o di merito. Il
ricorso deve essere presentato entro 30 giorni da quando l'atto è stato notificato al ricorrente,
oppure, nel caso in cui non vi si stata notifica, da quando il ricorrente ne ha avuto notizia.
Trascorsi 30 gg. si ha la decadenza dal potere di ricorso. L'esito del ricorso deve essere
comunicato al ricorrente entro 90 giorni dal suo ricevimento: l’Amministrazione può
pronunciarsi per l’annullamento, ma anche revocare o riformare l’atto. In caso di assenza di
risposta da parte della pubblica amministrazione il ricorso si intende respinto (silenziorifiuto). Nel caso in cui il ricorso sia stato respinto, il ricorrente può ricorrere al giudice
amministrativo (T.A.R.), ma può anche esperire il ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica; queste due ultime opzioni sono però alternative, per cui se si ricorre al giudice
non si può più effettuare il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, e viceversa.
al Capo dello Stato = è un ricorso amministrativo prodotto da chi vuole tutelare un proprio
diritto o interesse legittimo, contro atti della pubblica amministrazione, che è presentato al
Presidente della Repubblica Italiana. Benché formalmente riferito al Presidente il ricorso è
in verità deciso dal Consiglio di Stato, che esprime un parere obbligatorio e vincolante. Le
caratteristiche che rendono ancora attuale questa tipologia di ricorso sono essenzialmente il
fatto che il termine per ricorrere è più ampio di quello previsto per il ricorso giudiziale e che
non è necessario il patrocinio legale. Si può ricorrere contro un atto amministrativo se questo
è viziato per soli motivi di legittimità (art. 8 d.p.r 1199 1971), se si tratta di un atto definitivo
o se non è possibile ricorrere contro l'atto per via gerarchica. Il ricorso straordinario al Capo
dello Stato è alternativo alla via giudiziaria, per cui se si utilizza questo strumento, poi non
si può più ricorrere ai T.A.R. o al Consiglio di Stato, come se si ricorre a questi, poi non è
più esperibile il ricorso amministrativo straordinario al Capo dello Stato. Il ricorso va
proposto entro 120 giorni dalla notificazione o piena conoscenza del provvedimento. La
decisione viene emanata sotto forma di D.P.R., dal Presidente della Repubblica, su proposta
del Ministero e sentito il parere, obbligatorio e vincolante, del Consiglio di Stato. La
decisione può essere di vario contenuto: il ricorso può essere accolto, vi può essere la
dichiarazione di inammissibilità se si riconosce che il ricorso non poteva essere proposto. E’
prevista anche la sospensiva. Se si presenta contro atti non definitivi un ricorso straordinario,
il ricorso è inammissibile. Nel caso in cui il ricorso venga accolto l'atto sarà annullato;
questa annullamento avrà effetto esclusivamente tra le parti, salvo che non si tratti di un atto
a natura normativa o regolamentare, in questa ipotesi l'efficacia dell'annullamento sarà erga
omnes.
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
Il Codice del processo amministrativo, D. Lgs. 104/2010 ha ridefinito, contenendoli, alcuni
aspetti del ricorso straordinario al capo dello stato. In particolare l’art. 8 comma 7 ammette
l'esperibilità del rimedio solo con riferimento alle controversie devolute alla giurisdizione
del giudice amministrativo. Viene superato così l'orientamento espresso dalla Plenaria del
Consiglio di Stato secondo cui il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica poteva
essere esperito anche con riguardo alle controversie devolute al giudice ordinario, ferma
restando la facoltà, per quest'ultimo, di disapplicare la decisione del Presidente della
Repubblica nella controversia demandata alla sua cognizione nonché la cessazione della
materia del contendere in caso di intervenuto giudicato.
B. ad un giudice investito della controversia a seguito dell'esercizio di un'azione da parte del
soggetto leso. Consiste nella richiesta fatta da un soggetto ad un Giudice, di esaminare una
determinata situazione al fine di ottenere un provvedimento giurisdizionale. Il termine entro
cui ricorrere, a seconda del tipo di atto, può decorrere da una serie di fenomeni: dalla
conoscenza del provvedimento, dalla comunicazione o notificazione del provvedimento,
dalla pubblicazione. Il ricorso davanti al giudice può essere adito per due vie diverse:
→ in via giurisdizionale Ordinaria, al giudice ordinario (pretore, tribunale, Corte d’appello
della Magistratura Civile). I giudici ordinari possono giudicare sia sulle controversie tra
privati che tra privati e Pubblica Amministrazione relativamente ai diritti soggettivi.
Non può annullare l’atto, ma solo risarcimento danno o restituzione del diritto in caso di
diritto soggettivo leso
Se un privato è leso in un diritto soggettivo si rivolge al giudice ordinario, che non può però
fare alcune cose:
non può condannare la Pubblica Amministrazione a tenere determinati comportamenti.
Può condannarla al risarcimento danni.
non può annullare né modificare l’atto della Pubblica Amministrazione. Il giudice si
limita a disapplicare quell’atto che però rimane efficace e produce effetti. Solo i giudici
amministrativi del ricorso amministrativo possono annullare l’atto.
→ In via giurisdizionale amministrativa (T.A.R. e Consiglio di Stato) per annullamento atto
e risarcimento (vedi legge 205 del 2000) per interesse legittimo o diritto soggettivo
I giudici amministrativi possono giudicare solo sulle controversie contro la Pubblica
Amministrazione La giurisdizione amministrativa può annullare l’atto amministrativo
illegittimo per vizi di legittimità (incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge) e
comportamento inerte della P.A. Solo in casi particolari la legge attribuisce anche una
giurisdizione sul merito, cioè sull’opportunità dell’atto.
Gli organi della giurisdizione amministrativa sono:
1.
TAR (art 125 della Costituzione), cioè i Tribunali Amministrativi Regionali. Sono organi di
1° grado, composti da 3 magistrati amministrativi con competenza nell’ambito della
Regione. Il termine previsto per il ricorso è alquanto breve: il soggetto leso in un proprio
interesse legittimo deve notificare il ricorso all'autorità che ha emanato il provvedimento
entro sessanta giorni (ma esistono termini più brevi per i riti speciali) dalla data in cui il
provvedimento stesso gli è stato comunicato o, comunque, ne ha avuto conoscenza. Il
ricorso deve essere notificato, nello stesso termine, ad almeno un controinteressato, cioè ad
un soggetto che potrebbe subire un pregiudizio dall'accoglimento del ricorso (ad esempio: il
vincitore di un concorso pubblico di cui si chiede l'annullamento). La proposizione del
ricorso non sospende gli effetti del provvedimento (così che l'amministrazione potrà portare
a esecuzione, anche coattivamente, le pretese che ne derivino: per esempio, procedere
all'occupazione di un bene immobile o a eseguire direttamente, a spese dell'interessato,
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
2.
CGIL 2018
prestazioni ordinate a quest'ultimo); tuttavia, qualora l'esecuzione sia idonea a causare danni
gravi e irrecuperabili, ossia non risarcibili, il TAR, su istanza del ricorrente, può disporre
sollecitamente la sospensione. Con la propria decisione il TAR, ove ritenga fondato il
ricorso, annulla il provvedimento impugnato, e l'autorità amministrativa dovrà uniformarsi
ai criteri in essa fissati. Le sentenze del TAR sono immediatamente esecutive e acquistano
valore di cosa giudicata: il caso concreto deciso non può essere dedotto in altro giudizio,
ove, entro sessanta giorni dalla notificazione della decisione, non sia stato proposto appello.
Le decisioni e le ordinanze dei TAR possono essere appellate davanti al Consiglio di Stato.
Consiglio di Stato, dove si impugna la sentenza del Tar, agisce come giudice in appello al
TAR. Le sezioni decidono su questi ricorsi con la presenza di 5 magistrati. In casi importanti
si pronuncia in adunanza plenaria con un collegio di 12 magistrati. In sede giurisdizionale il
Consiglio di Stato ha solo funzione di tutela nei confronti degli atti della pubblica
amministrazione. In particolare il Consiglio di Stato è il Giudice di secondo grado della
giustizia amministrativa, ovvero il Giudice d'appello avverso le decisioni dei TAR
(Tribunale Amministrativo Regionale). Il Consiglio di Stato, inoltre, svolge funzioni di
Giudice in unico grado in sede di giudizio di ottemperanza, ovvero in quel giudizio teso ad
ottenere che una Pubblica Amministrazione esegua una sentenza emessa dal Giudice
ordinario o dal Consiglio di Stato stesso; tuttavia, quando il giudizio di ottemperanza
riguarda l'esecuzione di una sentenza emessa da un TAR, che sia stata confermata dal
Consiglio di Stato in grado di appello, è competente il TAR stesso che l'ha emessa. Per le
decisioni assunte dal Consiglio di Stato nelle sue funzioni giurisdizionali è ammesso ricorso
alla Corte di Cassazione unicamente per motivi inerenti la giurisdizione.
2. LA RIFORMA DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO: LEGGE N. 205 DEL 2000
Pur non potendo unificare le due giurisdizioni, in quanto si andrebbe contro l’art. 103 della
Costituzione, che stabilisce che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa
hanno giurisdizione per la tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, degli interessi
legittimi e, in particolari materie indicate da legge, anche dei diritti soggettivi, con la legge 205 del
21/7/2000 si è prodotta una grossa innovazione, ampliando moltissimo le materie di
competenza esclusiva del TAR, con la conseguenza che in questa ipotesi è competente sia in
materia di interessi legittimi che in materia di diritti soggettivi e può, con sentenza, stabilire
un risarcimento del danno anche in forma specifica, trattandosi dei casi di competenza e
giurisdizione esclusiva.
In questi casi di competenza esclusiva il TAR ha la possibilità di assumere mezzi di prova tipici del
procedimento civile (consulenza di un C.T.U: cioè un consulente tecnico di ufficio) e utilizzare
procedimenti istruttori abbreviati (ad esempio il ricorso per ingiunzione o provvedimenti
anticipatori della sentenza, come la sospensiva).
Si può dire che la competenza del TAR viene ampliata nei contenuti (diritti soggettivi e interessi
legittimi), nelle materie e nei modi (assunzione di prove) e nei procedimenti (decreto ingiuntivo e
provvedimenti anticipatori).
D’altra parte l’amministrazione in questi anni si è dovuta uniformare a principi di efficacia e
trasparenza del servizio e tutto ciò ha portato ad un radicale cambiamento dei rapporti fra cittadini e
P.A.. Al cittadino vengono riconosciute sempre più posizioni giuridiche di livello primario che non
devono cedere il passo nemmeno davanti alla pubblica autorità, superando così la categoria degli
interessi legittimi.
La legge 205/2000 è nata da queste premesse ed esigenze e, senza modificare radicalmente il
vigente sistema di giustizia amministrativa, ha introdotto principi del tutto nuovi aggiornando,
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
snellendo e razionalizzando il processo amministrativo la cui disciplina risale alla ormai trentennale
legge 1034 del 1971.
La grande innovazione di questa legge è che il cittadino leso dalla Pubblica Amministrazione:
Prima doveva ricorre alla giurisdizione amministrativa per l’annullamento dell’atto e, poi,
alla giurisdizione ordinaria per la tutela dei diritti patrimoniali che ne conseguivano
Ora, al momento già che propone il ricorso, può chiedere la pronuncia del giudice
amministrativo anche in merito alle conseguenze che derivano dall’annullamento degli
atti impugnati.
La tradizionale distinzione tra giurisdizione ordinaria e amministrativa e tra diritti soggettivi e
interessi legittimi, non ha mai contemplato in precedenza l’ammissibilità del risarcimento di lesione
di interessi legittimi (risarcibilità degli interessi legittimi).
Anche gli art. 24 e 113 della Costituzione hanno contribuito al sostegno della tesi dell’irrisarcibilità,
ma si è trascurato che la Costituzione garantisce pari dignità e tutela sia ai diritti soggettivi che agli
interessi legittimi. Inoltre l’attività della P.A., diretta a tutelare gli interessi collettivi, non può essere
oggetto di indagine dal parte dell’autorità giudiziaria ordinaria se non perché violi i diritti di
singoli: in questo caso il giudice ordinario può solo accertare e rilevare le violazioni di norme e
regole che abbiano causato danni.
Finora ad 2000 era chiaro che si ricorreva al giudice amministrativo per interessi legittimi per
annullare l’atto, ma non per il risarcimento del danno, e si ricorreva al giudice ordinario per
risarcimento danno ma non per interesse legittimo.
Inoltre l’interpretazione dell’art. 2043 del codice civile tradizionalmente riconosce “danno ingiusto”
soltanto la lesione di un diritto soggettivo.
Negli anni ’90 la dottrina più autorevole ha ritenuto inaccettabili le argomentazioni contrarie alla
risarcibilità della lesione di interessi legittimi, perché tale divieto si traduce in una specie di
impunità per la P.A. e il legislatore, sulla pressione anche delle direttive comunitarie, ha cercato di
evolversi.
Nel 1999 la Corte di Cassazione, con una sentenza storica, la n.500, fa inversione sulla tendenza di
ritenere come principio generale del nostro ordinamento l’irrisarcibilità della lesione dell’interesse
legittimo.
Tale principio viene codificato dal legislatore nella L. 205/2000, che ha attribuito al giudice
amministrativo la competenza anche sulle questioni relative al risarcimento del danno, superando
così definitivamente il doppio binario di ricorso precedente, che prevedeva l’annullamento dell’atto
da parte del giudice amministrativo e la successiva pronuncia del giudice ordinario nel risarcimento
del danno.
E’ chiaro che l’accertamento dell’illegittimità di un atto non può di per sé provocare
necessariamente un danno perché non è detto che debba avere una diretta connessione con un bene
della vita giuridicamente tutelato.
Inoltre si deve verificare se l’eventuale danno possa essere qualificato come “danno ingiusto” nel
senso che vada a ledere un interesse rilevante per l’ordinamento; pertanto tra evento dannoso e
condotta della P.A. ci deve essere un nesso causale e occorre verificare se l’evento dannoso sia da
attribuire a dolo o colpa della P.A.
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
Altra innovazione della L. 205/2000 è stata l’attribuzione al giudice amministrativo dei mezzi
istruttori della giurisdizione ordinaria come i mezzi di prova previsti dal codice civile e la
consulenza tecnica d’ufficio.
In questo modo si adegua la giurisdizione ordinaria alla tutela dei diritti del cittadino anche nei
confronti della P.A.
Fondamentale è anche la novità sulla possibilità della concentrazione dei ricorsi prevista
all’art.1 della L. 205/2000.
In precedenza la legge 1034 del 1971 stabiliva che, in pendenza del ricorso, nei confronti
dell’amministrazione che ha adottato atti di varia natura si potessero fare ricorsi autonomi per
ognuno.
Per snellire, la L. 205/2000 consente di definire in un’unica sentenza la legittimità dei vari
provvedimenti e ripristinare integralmente la situazione giuridica compromessa da atti che
riguardano il medesimo oggetto.
Si valuta quindi l’azione complessivamente svolta dall’amministrazione, rendendo possibile
l’effettiva tutela della posizione giuridica del ricorrente eventualmente lesa dall’operato della stessa
amministrazione con uno o più atti tra di loro connessi.
La finalità è l’accelerazione e la razionalizzazione del processo amministrativo, evitando anche il
rischio di moltiplicazione di processi amministrativi.
L’ampliamento della giurisdizione esclusiva rappresenta un passo avanti sulla strada
dell’unificazione delle giurisdizioni, in quanto la possibilità di far valere davanti ad unico giudice
sia i diritti soggettivi che gli interessi legittimi non solo semplifica i modi di tutela delle ragioni del
cittadino, ma è il presupposto per la celerità dei processi.
Le materie riservate alla giurisdizione esclusiva abbracciano le principali manifestazioni
dell’attività amministrativa (lavori, servizi, forniture, urbanistica). In queste materie il giudice
amministrativo può annullare l’atto e disporre il risarcimento del danno.
Un altro aspetto molto importante di cui tratta la l. 205/2000 e nello specifico all’art. 2 è il
ricorso avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione
Il problema della qualificazione giuridica del silenzio della P.A. riveste notevole importanza, anche
a seguito della entrata in vigore della più importante legge sul procedimento amministrativo 241/90.
L’art. 2 di detta legge ha generalizzato l’obbligo di conclusione esplicita del procedimento,
mediante l’adozione di un provvedimento espresso, nei termini che l’amministrazione stessa dovrà
stabilire: in mancanza il termine è di 30 giorni.
La violazione all’obbligo di provvedere (silenzio-rifiuto) può determinare varie conseguenze di
carattere civile (art.25 T.U. impiegati civili dello Stato), penale (art.328 c.p.) e disciplinare.
La legge anche prima della 241/90 prevedeva varie ipotesi di silenzio, ora ampliate per qualificare
l’inerzia della P.A., che può consistere in un comportamento intenzionale o involontario che
ostruisce la richiesta di un cittadino e si differenzia in:
1) Silenzio significativo: la legge dà rilievo a diverse tipologie di inerzia da parte della P.A.
attribuendo al silenzio il valore dell’atto amministrativo e le classifica in:
silenzio-assenso, quando la legge attribuisce al silenzio il significato di accoglimento
dell’istanza (significativo in proposito l’art. 20 L.241/90)
silenzio-rigetto, quando la legge attribuisce al silenzio il significato di rifiuto dell’istanza
(es.: art. 25 L.241/90 in tema di accesso ai documenti amministrativi)
2) silenzio non significativo
silenzio inadempimento ipotesi in cui la P.A. omette di provvedere entro i termini stabiliti
dalla legge e senza che la legge stessa preveda un valore da attribuirsi alla stessa inerzia.
Il diverso modo di concepire la natura del comportamento omissivo della P.A. si riflette
inevitabilmente anche sul profilo processuale della tutela del privato leso. Un’appropriata norma di
tutela nei confronti del silenzio-inadempimento della P.A. è stata posta dall’art. 2 della L. 205/2000,
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
che ha introdotto la disciplina di carattere processuale. La P.A., se rifiuta di provvedere, accetta di
abdicare le sue funzioni, con conseguente intervento sostitutivo del giudice, la cui funzione è quella
di attuare la volontà della legge, mediante la nomina di un commissario ad acta, che si sostituisce
alla PA inadempiente nell’emanazione dell’atto.
Il legislatore ha così garantito al massimo il cittadino di fronte alla P.A. inerte e inadempiente,
stimolando, in questo modo, la P.A. a regolarsi.
Si può concludere quindi che con l’art. 2 della legge 205 è superata la “supremazia” della P.A.
rispetto al privato.
3. IL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
Il 16 Settembre 2010 è entrato in vigore il Codice del Processo Amministrativo (CPA), D.Lgs.
104/2010. Il codice nasce da esigenze di semplificazione, chiarificazione e coordinamento delle
norme processuali, che prima erano sparse in una molteplicità di norme, talvolta anche in contrasto
fra loro. Inoltre il Codice riconosce al giudice amministrativo gli stessi strumenti di tutela di cui
gode il giudice ordinario, in un’ottica di avvicinamento del codice di procedura civile con quello del
processo amministrativo. Si rileva infine l’obbligo dell’uso della telematica.
A cura di Mariella Bergamini
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
LA L. 241/90
“NUOVE NORME IN MATERIA DI PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E DI
ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI
1. LA PRIMA LEGGE SUL PROCEDIMENTO E LE SUCCESSIVE MODIFICHE
Il procedimento che porta all’emanazione di un atto amministrativo è costituito da una sequenza,
talora complessa, di atti ed azioni soggetti a regole precise. In realtà, fino al 1990 non esisteva una
legge generale che disciplinasse il procedimento amministrativo. Vi erano delle norme specifiche
per alcune tipologie di procedimenti, ad esempio nel settore urbanistico e nell’edilizia, ma non una
legge che li ricomprendesse tutti, per cui le regole del procedimento amministrativo erano elaborate
dalla giurisprudenza e dalla dottrina.
La svolta avviene nel 1990, quando cominciano ad affermarsi alcuni principi allora del tutto
innovativi per la pubblica amministrazione italiana - quali la trasparenza, la semplificazione,
l’efficienza, la fiducia nel (e il rispetto per il) cittadino - destinati a modificare il tradizionale ruolo
di subalternità del cittadino rispetto alla pubblica amministrazione.
In questo contesto, che vede la PA come una “casa di vetro”, viene emanata la L. 241/90, che attua,
con un ritardo di quasi mezzo secolo, gli articoli 3 e 97 Cost. ed i principi costituzionali di
eguaglianza, imparzialità e buon andamento in materia di pubblica amministrazione e rapporti coi
cittadini.
E’ la norma che ha introdotto per la prima volta una disciplina generale sul procedimento
amministrativo, incidendo profondamente sui tradizionali rapporti tra cittadini e apparato
burocratico.
Lo scopo è quello di superare il concetto autoritativo dell’attività della pubblica amministrazione,
con l’introduzione di una concezione aperta alla democratizzazione dell’azione amministrativa,
intesa come incontro delle volontà e dei contributi dei soggetti pubblici e privati.
La legge è sensibile alle esigenze di fornire adeguate garanzie al cittadino nella fase di formazione
dell’atto amministrativo, in particolare nella fase d’iniziativa e istruttoria, rendendo concreto il
rapporto di trasparenza con la P.A. e perciò crea nuovi istituti per il cittadino (diritto d’accesso,
identificazione del responsabile, obbligo di motivazione, pubblicità) di un reale controllo
sull’operato della P.A.
La legge detta i principi generali per l’accesso ai documenti e la durata dei vari procedimenti e
rimanda a successivi regolamenti la disciplina dettagliata.
La legge 241/90 è stata oggetto di importanti modifiche nel 2000 e poi all’inizio del 2005 quando,
dopo un iter non poco travagliato, è stata approvata la L. 15/2005 recante «Modifiche ed
integrazioni alla legge 241/90, concernenti norme generali sull’azione amministrativa». L’intento
del legislatore è quello di promuovere l’uso del diritto privato da parte della PA e la collaborazione
tra pubblico e privato. Ulteriori modifiche sono state apportate successivamente, fino a modificare
profondamente la struttura della norma e creando problemi di interpretazione.
2. I PRINCIPI ED I CRITERI
La L. 241/90, fin dal primo comma dell’articolo 1, indica i criteri che devono reggere l’azione
amministrativa: economicità, efficacia, pubblicità, imparzialità e trasparenza Inoltre è
sensibile alle esigenze di fornire adeguate garanzie al cittadino nella fase di formazione dell’atto
amministrativo, in particolare nella fase d’iniziativa e istruttoria, rendendo concreto il rapporto di
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trasparenza con la P.A. e perciò crea nuovi istituti per il cittadino (diritto d’accesso, identificazione
del responsabile, obbligo di motivazione, pubblicità, accordi) il quale, nell’intenzione del
legislatore, può e deve operare un reale controllo sull’operato della P.A. A tal fine la norma detta i
principi generali per l’accesso ai documenti e la durata dei vari procedimenti, rimandando a
successivi regolamenti la disciplina di dettaglio.
Si rileva come la legge, fin dal 1990, dia una definizione molto ampia di documento
amministrativo: “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di
qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico
procedimento, detenuti da una P.A. e concernenti l’attività di pubblico interesse,
indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale” (art.
22).
Ciò fa sì che la L. 241/90 sia, a molti anni di distanza dalla sua promulgazione, tuttora pienamente
applicabile anche a tutte le nuove tipologie di documenti amministrativi che risultano
dall’informatizzazione della P.A.
La L. 241/90 è una legge di grande riforma i cui principi si possono così riassumere:
Garanzie per il cittadino
- Obbligo di concludere il procedimento entro un termine fissato
- Obbligo di comunicazione personale dell’avvio del procedimento
- Obbligo di comunicare il nominativo del responsabile del procedimento
- Obbligo della motivazione
- Obbligo di comunicare l’autorità cui ricorrere
Partecipazione del cittadino alla formazione del provvedimento
Facoltà di partecipare alle istanze e alle deduzioni
Facoltà di fare accordi
Trasparenza
Diritto d’informazione e d’accesso ai documenti
Semplificazione e celerità amministrativa
Snellimento azione amministrativa
Divieto di aggravio del procedimento
Autocertificazione
Conferenza dei servizi
Disciplina del rilascio dei pareri
Dia (Dichiarazione d’Inizio Attività), ora sostituita dalla Scia (Segnalazione Certificata
d‘Inizio Attività)
Ampliamento dei casi di silenzio-assenso
Accordi fra amministrazioni
2.1.
Offrire garanzie al cittadino
1) Obbligo di concludere il procedimento entro un termine fissato [art. 2]. La P.A. deve dare
una risposta esplicita entro un termine prefissato, stabilito da appositi regolamenti emanati dalla
medesima, che decorre dall’inizio d’ufficio del procedimento oppure dal ricevimento della
domanda. La P.A. ha l’obbligo di adottare un provvedimento finale espresso, sia quando il
procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, sia quando debba essere iniziato
d’ufficio.
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Per le pubbliche amministrazioni statali il procedimento si deve concludere con un
provvedimento espresso entro trenta giorni e solo in particolari casi, mediante regolamenti (da
adottarsi mediante DPCM), è possibile stabilire un termine diverso, ma non superiore al
massimo a centottanta giorni.
La mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituiscono responsabilità gestionale,
disciplinare e amministrativo contabile del dirigente e del funzionario. La norma prevede inoltre
l’obbligo di individuare una figura sostitutiva, cui il cittadino può rivolgersi in caso di ritardo
(cfr. c. 9 e segg.).
Le PA sono tenute a risarcire il danno ingiusto causato in conseguenza dell’inosservanza dolosa
o colposa del termine di conclusione del procedimento (art. 2 bis). Il D. Lgs. 104/10 sul riordino
del processo amministrativo disciplina, all’articolo 31, la procedura che il cittadino può esperire
avverso il silenzio della PA, mentre all’art. 117 disciplina i ricorsi verso il silenzio.
2) Obbligo di comunicazione personale dell’avvio del procedimento [artt. 7 e 8], includendo non
solo i soggetti destinatari nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre
i suoi effetti, ma anche i soggetti che per legge debbono intervenire nel procedimento e i
soggetti contro interessati ai quali possa derivare un pregiudizio (sia individuati o facilmente
individuabili) - in qualche modo compromessi dal provvedimento, anche se in via molto
incidentale - di cui molteplice è la casistica. E’ questo il principio del giusto procedimento,
che prevede l’obbligo di comunicazione dell’avvio, il diritto di partecipazione attiva, la
possibilità di prendere accordi con gli interessati.
Tale obbligo può essere eluso solo per procedimenti che presentino particolari esigenze di
celerità o per provvedimenti cautelari da adottarsi anche prima della prescritta comunicazione.
Se la comunicazione non è possibile o troppo gravosa per l’elevato numero di destinatari, la PA
deve adottare idonee misure di pubblicità. Altre deroghe all’obbligo della comunicazione
dell’inizio del procedimento sono riferite ai procedimenti che investono atti segreti o coperti da
segreto di stato e ai procedimenti riservati, ossia legati a specifiche esigenze di riservatezza.
La comunicazione deve essere personale e riportare:
l’amministrazione competente al procedimento
l’oggetto del procedimento
il responsabile del procedimento e l’ufficio d’appartenenza
data entro cui deve concludersi il procedimento
la data di presentazione dell’istanza nei procedimenti ad iniziativa di parte
l’ufficio presso il quale si può prendere visione degli atti
i rimedi esperibili in caso di inerzia
In caso di istanza di parte, viene rilasciata immediatamente, anche in via telematica, una
ricevuta, che attesta l'avvenuta presentazione dell'istanza, della segnalazione e della
comunicazione e indica i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta, ove previsto, a
rispondere, ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento
dell'istanza. Se la ricevuta contiene le informazioni di cui sopra, costituisce comunicazione di
avvio del procedimento. La data di protocollazione dell'istanza non può comunque essere
diversa da quella di effettiva presentazione. Le istanze, segnalazioni o comunicazioni producono
effetti anche in caso di mancato rilascio della ricevuta, ferma restando la responsabilità del
soggetto competente. (art. 18 bis)
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3) Obbligo di comunicare il nominativo del responsabile del procedimento [artt. 4, 5 e 6]. Una
volta individuata l’unità organizzativa responsabile dell’apertura del procedimento,
l’amministrazione deve procedere all’individuazione del responsabile del procedimento, che è la
persona fisica che diviene il punto d’imputazione dell’attività procedimentale, sia sul piano
dei rapporti con i soggetti interessati, sia sul piano organizzativo interno. Al responsabile è
affidata la parte preparatoria ed istruttoria con compiti ben precisi. È un modo per rendere
l’attività più trasparente e più responsabili coloro che gestiscono il procedimento.
Ogni P.A. è quindi tenuta a stabilire quale sia l’Unità Organizzativa (U.O.) responsabile di
ciascun procedimento e le singole U.O. sono rese pubbliche con specifico regolamento.
All’interno di ogni U.O. il dirigente deve individuare il singolo dipendente responsabile del
procedimento, altrimenti è il responsabile preposto all’U.O. Ogni volta che inizia un
procedimento il nominativo del dipendente responsabile e il nome dell’U.O. devono essere
comunicati obbligatoriamente al soggetto interessato al procedimento e a chiunque ne
faccia richiesta in quanto interessato.
Il responsabile di procedimento ha la facoltà e il dovere di:
acquisire documenti
richiedere documenti quali rilascio di dichiarazioni o rettifica di dichiarazioni o istanze
erronee o incomplete e può esperire accertamenti, ispezioni ed ordinare esibizioni di
documenti
valutare i fatti ai fini istruttori e le condizioni di ammissibilità, dei requisiti di
legittimazione e dei presupposti rilevanti per l’emanazione del provvedimento
accertare d’ufficio i fatti, disponendo il compimento di atti all’uopo necessari e
adozione di ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria
provvedere a tutti gli adempimenti richiesti nella fase integrativa dell’efficacia
curare la comunicazione, le notifiche e la pubblicazione
indire conferenze di servizi
adottare l’atto finale nella fase dispositiva, qualora ne abbia la competenza, o
altrimenti inoltrarlo all’organo competente [quest’ultimo, nell’adozione del
provvedimento finale, può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria del responsabile del
procedimento solo motivandolo nel provvedimento finale].
Ha inoltre l’obbligo di astenersi in caso di conflitto di interessi, anche potenziale (art. 9 bis).
4) Obbligo della motivazione [art. 3]. La motivazione costituisce requisito di validità dell’atto
amministrativo, con cui la P.A. rende palese il ragionamento in base al quale è stata indotta ad
adottare il provvedimento e a dare ad esso un determinato contenuto. Con questa legge l’obbligo
della motivazione si estende a tutti gli atti, anche a quelli ampliativi (come autorizzazioni,
concessioni, ammissioni), che in passato erano esentati dalla motivazione. La motivazione va
obbligatoriamente comunicata, perché il privato può rilevare gli eventuali vizi del
provvedimento per tutelare i suoi diritti ed interessi legittimi. Ha lo scopo di indicare quali siano
stati gli elementi di fatto (cioè gli interessi considerati) e le ragioni giuridiche (cioè le norme di
diritto) che hanno portato la P.A. ad adottare quel determinato atto. Non è richiesta per gli atti
normativi e quelli a contenuto generale, cioè che si rivolgono ad un numero indefinito di
soggetti. Inoltre in ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e
l’autorità presso cui si può ricorrere.
N.B. Tutto quanto sopra detto non è applicato ai procedimenti relativi agli atti normativi
amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le
particolari norme che ne regolano la formazione. La ragione di tale eccezione si fonda sulla
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necessità che tutti i procedimenti d’alta amministrazione, destinati come tali ad incidere in via
generale su un indeterminato numero di soggetti, non devono essere rallentati nel loro iter. Altra
eccezione sono i procedimenti tributari o quelli relativi ad atti o a materia soggetta al segreto di
Stato. [art. 13]
2.2.
Sollecitare la partecipazione del cittadino alla formazione del provvedimento
1) Facoltà di partecipare alle istanze e alle deduzioni [art. 10]
Il destinatario del provvedimento ed anche altri soggetti interessati (quelli che per legge devono
intervenire – art. 7 – ed i portatori di interessi pubblici, privati o diffusi, costituiti in comitati o
associazioni – art. 9) possono partecipare al procedimento anche prendendo visione degli atti e
presentando atti scritti o documenti, che la P.A. ha l’obbligo di valutare, se pertinenti.
La legge riconosce questa possibilità a tutti coloro che possano essere pregiudicati dall’atto.
La partecipazione al procedimento [la partecipazione al procedimento in questi due modi non è
possibile quando trattasi di procedimenti destinati all’emanazione di atti normativi, generali, di
pianificazione, di programmazione e tributari - art. 13] si realizza in due modi e precisamente
mediante:
comunicazione dell’avvio del procedimento (procedimento che sta per iniziare). La
P.A. è tenuta a comunicare l’avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’atto
finale e a chi per legge può intervenire nel procedimento. Inoltre deve estendere la
comunicazione anche agli altri soggetti che possono eventualmente subire dei pregiudizi
dal provvedimento finale. Si può omettere la comunicazione solo nel caso di particolari
esigenze di celerità del procedimento. Se non si ha la comunicazione dell’avvio del
procedimento, non si può intervenire nello stesso. [art. 7]
possibilità di inserirsi all’interno di un procedimento già avviato, purché siano
portatori di un interesse pubblico o privato di cui sopra, che possano subire pregiudizio
dal provvedimento finale. I soggetti cui è stato comunicato l’avvio del procedimento e
coloro che eventualmente sono intervenuti hanno gli stessi poteri di prendere visione
degli atti e presentare documenti e memorie scritte. [art. 9]
E’ riconosciuto il diritto di intervento ai:
Soggetti cui è diretto il provvedimento finale
Soggetti che per legge debbono intervenire nel procedimento: “interventi
necessari”
Soggetti individuati o facilmente individuabili che possono avere un
pregiudizio dal provvedimento, diversi dai diretti destinatari
Soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio e che siano portatori
d’interessi pubblici o privati
Soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio e che siano portatori
d’interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati
Interesse pubblico:
Interesse privato:
Interesse diffuso:
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è quello riferibile ad un corpo sociale nel suo complesso e ad
una pluralità di soggetti considerata come unità che trascende i
singoli componenti
è quello che l’ordinamento riconosce al suo titolare ed è quindi
un interesse individuale
è quello di una larga parte della collettività che ne è titolare
senza che l’interesse sia imputabile a soggetti determinati e
quindi sono interessi di categoria riferibili ad associazioni o
comitati.
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Ai sensi dell’art. 10, i soggetti di cui all’art. 7 [soggetti nei confronti dei quali tale
provvedimento è destinato a produrre effetti diretti, a quelli che per legge devono essere
informati e a coloro verso i quali il provvedimento può recare pregiudizio] e quelli intervenuti
ai sensi dell’art. 9 [qualsiasi soggetto portatore di interessi pubblici o privati, oppure i portatori
di interessi diffusi facenti parte di associazioni o comitati e che possano comunque avere un
pregiudizio dal provvedimento] hanno diritto:
1. di prendere visione degli atti del procedimento, salvi i limiti generali al diritto di
accesso;
2. di presentare memorie scritte e documenti che l’amministrazione ha l’obbligo di
valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento.
In caso di procedimento ad istanza di parte, se il responsabile ravvisa che il provvedimento
finale consiste in un diniego, prima della formale adozione dello stesso comunica agli interessati
i motivi del diniego finale (preavviso di rigetto). Questi ultimi hanno la possibilità, entro 10
giorni dal ricevimento della comunicazione, di intervenire nel procedimento, presentando
osservazioni scritte (art. 10 bis). Tale comunicazione di preavviso di rigetto interrompe i termini
del procedimento, che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle
osservazioni. L’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni deve essere motivato nel
provvedimento finale di diniego. Questa procedura non si applica ai concorsi e alle materie
previdenziali e assistenziali nate per istanza di parte.
2) Facoltà di stipulare accordi [art. 11]. E’ stato valorizzato il rapporto tra cittadino e P.A.,
creando la possibilità di una contrattazione sia per determinare il contenuto del provvedimento
finale sia per sostituirlo:
accordi integrativi = integrano il contenuto discrezionale del provvedimento finale.
accordi sostitutivi = sostituiscono lo stesso provvedimento finale.
Questi accordi, che non devono pregiudicare diritti di terzi e in ogni caso sono finalizzati a
perseguire l’interesse pubblico, devono essere obbligatoriamente stipulati per iscritto e sono
sottoposti al Codice Civile. Se sopravvengono motivi di interesse pubblico, la P.A. può recedere
unilateralmente da tali accordi, ma deve indennizzare il privato in caso di danno.
La stipula dell’accordo deve essere preceduta da una determinazione da parte dell’organo
competente per l’adozione del provvedimento (c. 4 bis).
2.3.
Trasparenza
1) Diritto d’informazione e d’accesso ai documenti [articoli dal 22 al 27]
Al fine di assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa la L. 241/90 (art.
22) ha riconosciuto il diritto del cittadino che ne abbia interesse per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti (ossia un interesse diretto, attuale e concreto) all’accesso agli atti del
procedimento.
In particolare, l’interesse deve essere:
attuale, non con riferimento all’interesse ad agire in giudizio per la tutela della posizione
sostanziale vantata, bensì alla richiesta di accesso ai documenti
diretto, ossia personale, cioè deve appartenere alla sfera dell’interessato
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concreto, con riferimento alla necessità di un collegamento tra il soggetto ed un bene della
vita coinvolto dall’atto o documento.
L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse,
costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e
di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.
Tale diritto si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi
gratuitamente, tranne il rimborso del costo di riproduzione, di bolli e diritti di visura.
La richiesta deve essere motivata e rivolta all’Amministrazione che ha formato o detiene
stabilmente il documento (art. 25). E’ quindi legittimo negare l'accesso nel caso di istanze
generiche, o del tutto estranee alla sfera giuridica del richiedente. La richiesta deve essere
presentata all'ufficio dell'amministrazione, centrale o periferico, competente a formare l'atto
conclusivo del procedimento o a detenere stabilmente il relativo documento. Non rileva
l'eventuale errore nella presentazione, essendovi l'obbligo dell'ufficio ricevente di trasmettere la
richiesta a quello competente, come pure il richiedente deve essere invitato a riparare
all'irregolarità o incompletezza della richiesta, che non può, quindi, essere respinta senz'altro per
questa ragione. Il cittadino esercita così un potere di controllo democratico sullo svolgimento
dell’attività con garanzia dello svolgimento imparziale dell’azione amministrativa. Lo scopo è
quello di rendere trasparente l’attività della P.A., introducendo un principio nuovo, cioè quello
della pubblicità, che non è presente nella Costituzione.
Sono obbligati a consentire il diritto di accesso le amministrazioni dello Stato, comprese le
Aziende autonome, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi [art. 23]. Nel caso vi
siano dei contro-interessati, prima di concedere l’accesso la PA li deve mettere al corrente
dell’esistenza di una richiesta di accesso agli atti, affinché possano eventualmente partecipare
al procedimento.
2) Limiti al diritto d’accesso
Tutti i documenti sono accessibili tranne quelli di cui all’art. 24.
L’esercizio del diritto di accesso è sottoposto ad una serie di esclusioni (documenti coperti da
segreto di stato o da divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento, procedimenti tributari,
atti normativi, amministrativi generali e di pianificazione e programmazione, procedimenti
selettivi che contengano informazioni di carattere psico-attitudinali di terzi) e limitazioni che
derivano da esigenze di segreto e riservatezza poste sia nell’interesse pubblico che nell’interesse
di persone e imprese (art. 24), secondo quanto previsto in appositi regolamenti governativi
(lesione alla sicurezza e difesa nazionale, politica monetaria e valutaria, ordine pubblico e
repressione criminalità, riservatezza terzi, persone e gruppi e imprese, documenti di attività in
corso di contrattazione collettiva nazionale e di lavoro).
In caso di documenti che contengono dati sensibili e giudiziari l’accesso è consentito nei limiti
in cui sia strettamente indispensabile e in base al T.U. sulla Privacy, con particolare tutela dei
dati sulla salute e orientamento sessuale.
È garantito sempre l’accesso al fine di curare o difendere i propri interessi giuridici
Le P.A. possono infine differire l’accesso ai documenti (ossia indicare la data in cui tali
documenti saranno disponibili), ossia negare l’accesso solo per un periodo di tempo
determinato, fino a quando la loro conoscenza possa impedire o ostacolare lo svolgimento
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dell’azione amministrativa. Il diritto di accesso non può essere negato ove si possa far ricorso al
solo differimento.
Vi sono quindi due categorie di limiti al diritto d’accesso:
▶
▶
Limiti tassativi: sanciti per la salvaguardia di interessi pubblici fondamentali (segreto
di Stato, documenti coperti da segreto, documenti di sicurezza o difesa nazionale o
politica monetaria o riservatezza di persone o di ordine pubblico). Importante è il
diritto alla riservatezza per non fare intrusioni nella sfera di privacy del singolo
Limiti facoltativi: possono essere stabiliti dal Governo nei casi di cui all’art. 24.
Il rifiuto, il differimento e la limitazione all’accesso sono ammessi solo nei casi previsti all’art.
24 e debbono comunque essere motivati.
3) I ricorsi (art. 25)
Se dopo 30 giorni la P.A. nega l’accesso all’interessato o c’è il silenzio rigetto (il caso previsto
dall’art. 25 c.2 in cui la PA non si pronuncia entro 30 gg.) è ammesso il ricorso:
al TAR, entro 30 gg., secondo le regole del processo amministrativo di cui all’art. 116 del
D.Lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo). Il giudice amministrativo, se ne esistono
i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti.
Al Difensore Civico regionale entro 30 giorni, per il riesame della determinazione. Qualora non
esista tale organo la competenza è attribuita al difensore competente per l’ambito
territorialmente superiore. Il Difensore si pronuncia entro 30 giorni dalla presentazione
dell’istanza del cittadino. Scaduto infruttuosamente tale termine di 30 giorni il ricorso è respinto.
Se il Difensore Civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica al richiedente
e a chi l’ha disposto. Se questi non emana il provvedimento confermativo motivato entra 30
giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore, l’accesso è consentito. Qualora il
richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico, il termine per il ricorso al TAR decorre
dalla data del ricevimento dell’esito della sua istanza al difensore civico.
Alla Commissione per l’accesso di cui all’art. 27 per gli atti delle amministrazioni centrali e
periferiche dello Stato, che procede con le stesse modalità del Difensore Civico di cui sopra. Se
l’accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti
terzi, la Commissione deve interpellare il Garante della Privacy, che si pronuncia entro 10 giorni
dalla richiesta (decorsi inutilmente il parere si intende reso).
2.4.
Semplificazione e celerità amministrativa
1) Snellimento azione amministrativa. L’attività della P.A. deve essere semplificata al massimo
attraverso strumenti che la stessa legge prevede come l’autocertificazione.
2) Autocertificazione. Se per ottenere una prestazione occorrono determinati requisiti, come ad
esempio la cittadinanza o la residenza, è sufficiente che l’interessato dichiari, sotto la propria
responsabilità, il possesso di tali requisiti, senza dover esibire certificati che lo comprovano
(art. 18). Inoltre, se l’interessato dichiara che certe informazioni (atti, fatti, stati e qualità) sono
già contenute in documenti in possesso di una pubblica amministrazione, sarà compito del
responsabile del procedimento procurarseli. La PA può solo richiedere all’interessato elementi
per la ricerca di documenti (art. 18).
3) Conferenza dei servizi
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E’ un istituto volto alla accelerazione del procedimento ed al coordinamento fra le varie
amministrazioni. La disciplina della conferenza dei servizi è stata più volte modificata ed,
infine, interamente riscritta dal D. Lgs. 127/2016 “Nuove norme per il riordino della disciplina
in materia di conferenza dei servizi”. I criteri della legge delega che sta alla base del decreto in
parola. Sono la riduzione dei casi di conferenza obbligatoria, la possibilità di svolgere la
conferenza in modalità asincrona, l’utilizzo di tecnologie informatiche, la partecipazione di un
rappresentante unico delle amministrazioni statali. La novità più rilevante è l’istituzione di una
nuova tipologia di conferenza dei servizi: la conferenza “semplificata” (art. 14 bis), che si
aggiunge alla tradizionale conferenza dei servizi, che assume la denominazione di “simultanea”
(art. 14 ter). Nel primo caso le amministrazioni manifestano la propria posizione da remoto, nel
secondo caso in presenza, ma è possibile solo per i procedimenti complessi.
La conferenza dei servizi:
Può essere indetta quando sia opportuno effettuare un esame contestuale di più interessi
pubblici coinvolti in un procedimento. La P.A. procedente, cioè quella che deve adottare
il provvedimento, può decidere di riunire le altre amministrazioni interessate per
esaminare insieme la questione. (art. 14 c. 1) istruttoria
Deve essere indetta per l’acquisizione di atti di assenso che devono obbligatoriamente
essere espressi da altre amministrazioni per la positiva conclusione del procedimento
(art. 14 c. 2 primo capoverso). (art. 14 c. 2). decisoria
Può essere indetta, su richiesta dell’interessato, in caso di progetti di particolare
rilevanza e complessità. Consente di apportare i necessari aggiustamenti al progetto
prima della sua presentazione, allo scopo di ridurre, fino a dimezzare, i tempi del
procedimento. (art. 14 c. 3). preliminare
Può svolgersi:
•
•
In forma SEMPLIFICATA (art. 14 bis) modalità asincrona remoto (novità) caso
più frequente
In forma SIMULTANEA (art. 14 ter) modalità sincrona in presenza solo per i
procedimenti complessi
Entrando maggiormente nel dettaglio, secondo quanto previsto dall’art. 14 della L. 241/90,
la conferenza dei servizi è indetta dall’amministrazione procedente:
facoltativamente quando sia opportuno effettuare un esame contestuale dei vari interessi
pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo (c. 1)
obbligatoriamente quando sia necessario acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi
obbligatori per la conclusione del procedimento (c. 2)
facoltativamente in caso di progetti di particolare complessità e di insediamenti
produttivi di beni e servizi su motivata richiesta dell’interessato e documentata da uno
studio di fattibilità prima della presentazione di un’istanza o di un progetto definitivo, al
fine di verificare se esistono le condizioni per ottenere i necessari atti di consenso (c. 3).
A cura di Mariella Bergamini
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La richiesta va inoltrata alla PA procedente che indice la conferenza entro 5 gg. La
conferenza si svolge secondo la modalità semplificata (art. 14-bis), con abbreviazione
dei termini fino alla metà. Una volta ricevuto il progetto definitivo, l’Amministrazione
procedente indice la conferenza simultanea. In tale sede le determinazioni della
conferenza preliminare possono essere motivatamente modificate o integrate solo in
presenza di elementi emersi successivamente. Questa fattispecie si realizza soprattutto
nel caso di lavori ed opere pubbliche e di insediamenti produttivi
Procedimento di VIA (Valutazione d’impatto ambientale) (c. 4). Tutti i pareri, concertazioni,
atti di assenso, …. sono raccolti in conferenza sincrona (art. 14 ter), indetta entro 10 gg.
dalla verifica documentale. La conclusione avviene nei termini previsti dall’art. 26 c. 1 del
D. Lgs. 152/2006 “Codice dell’Ambiente” (150 gg.).
Procedimento della Conferenza dei Servizi semplificata– art. 14 bis
Questa conferenza dei servizi è lo strumento per acquisire pareri esterni obbligatori per il
rilascio del provvedimento finale o per la validità della SCIA depositata. Deve essere indetta
entro 5 gg. dalla data di inizio del procedimento. Entro i termini stabiliti dall’Amministrazione
procedente, e comunque max 15 gg. (termine perentorio) le Amministrazioni possono chiedere
integrazioni ed entro max 45 (termine perentorio) devono rendere le proprie determinazioni
(positive, negative o condizionate), il tutto in via telematica. (90 gg. in caso di amministrazioni
preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, beni culturali, salute dei cittadini). Il
silenzio equivale ad assenso. Scaduto il termine, l’Amministrazione procedente, entro 5 gg., se
vi sono esclusivamente atti di assenso non condizionato, oppure ritenga che le condizioni poste
dalle altre amministrazioni, sentite le medesime e i privati interessati, siano superabili, adotta
l’atto positivo di conclusione della conferenza, che sostituisce ogni altro atto. In caso di
dissensi ritenuti non superabili, l’Amministrazione procede al rigetto della domanda ed attiva la
procedura di cui all’art. 10 bis (preavviso di rigetto).
Ove necessario o se previsto dall’inizio del procedimento, anche su richiesta motivata dei
privati e/o degli altri soggetti coinvolti, l’Amministrazione procedente può comunque
procedere in forma simultanea e modalità sincrona.
Procedimento della Conferenza dei Servizi simultanea – art. 14 ter
Questa modalità è vista con sfavore dal legislatore, che la prevede solo in casi ben specifici:
a) quando vi siano atti di dissenso o assenso con prescrizioni ritenuti superabili
b) nei casi di particolare complessità
c) nel procedimento di VIA
d) dopo una conferenza preliminare
Le modalità di convocazione sono analoghe a quelle della conferenza asincrona. Possono
partecipare solo le amministrazioni pubbliche. In caso di richiesta dei privati o di altre
amministrazioni la convocazione deve avvenire entro 15 gg. I lavori della conferenza si devono
concludere entro 45 gg. (90 gg. in caso di amministrazioni preposte alla tutela ambientale,
paesaggistico territoriale, beni culturali, salute dei cittadini). La decisione è assunta sulla base
delle posizioni prevalenti espresse dai rappresentanti delle amministrazioni coinvolte. Le
amministrazioni statali sono rappresentate da un soggetto unico per ogni livello di governo, che
esprime in maniera univoca e definitiva la posizione di tutte le amministrazioni statali
coinvolte. Queste ultime possono partecipare alla conferenza solo con finalità di supporto. La
riduzione dei partecipanti è finalizzata alla semplificazione ed accelerazione del processo
decisionale, in quanto i dissensi possono avvenire solo a livelli diversi di governo.
A cura di Mariella Bergamini
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
Decisione della conferenza dei servizi e rimedi in caso di dissenso (artt. 14 quater e
quinquies)
La determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall’Amministrazione
procedente, sostituisce tutti gli atti di assenso di competenza delle amministrazioni interessate.
Se sono stati espressi esclusivamente atti di assenso (decisione all’unanimità), la
determinazione positiva di conclusione della conferenza è immediatamente efficace. Se invece
la decisione è stata assunta dall’Amministrazione procedente sulla base delle posizioni
prevalenti, l’efficacia è sospesa se sono stati espressi dissensi qualificati. Le amministrazioni
interessate possono chiedere a quella procedente ad assumere, previa indizione di una nuova
conferenza, determinazioni di autotutela (annullamento d’ufficio o revoca del provvedimento,
nel caso si siano espresse).
Contro la determinazione di conclusione della conferenza, esclusivamente le Amministrazioni
preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali o alla tutela della
salute e della pubblica incolumità possono proporre, entro 10 giorni, opposizione al Presidente
del Consiglio dei ministri, a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio
motivato dissenso prima della conclusione dei lavori. La presentazione dell’opposizione
sospende l’efficacia del provvedimento finale. La Presidenza del Consiglio dei Ministri indice
una riunione, da tenersi entro 15 gg. dal ricevimento dell’opposizione, una riunione fra tutti gli
interessati, finalizzata a trovare una soluzione condivisa, che sostituisca il provvedimento
finale. Se viene raggiunto un accordo, l’Amministrazione procedente adotta un nuovo
provvedimento conclusivo. Altrimenti la decisione finale è rimessa al Consiglio dei Ministri.
4) Accordi fra amministrazioni [art. 15]. Oltre al caso della conferenza dei servizi, le
amministrazioni possono sempre concludere accordi fra loro. A questi accordi si applicano le
prescrizioni che regolano gli accordi fra privati (vedi art. 11). Tali accordi devono essere
sottoscritti con firma digitale, elettronica avanzata o elettronica qualificata, a pena di nullità.
5) Pareri e valutazioni tecniche [artt. 16 e 17]. La L. 241/90 semplifica il procedimento con cui
vengono richiesti i pareri, stabilendo un termine (20 gg.) per l’espressione degli stessi. Il
termine può essere interrotto, una sola volta, se l’organo consultivo richiede ulteriore
documentazione; in tal caso il parere deve essere espresso nei 15 gg. successivi alla ricezione.
Trascorso il termine per l’espressione del parere, la PA procedente ha la facoltà di prescindere
dallo stesso, se si tratta di un parere obbligatorio, e l’obbligo se si tratta di un parere facoltativo.
I pareri sono trasmessi con mezzi telematici. Non si può prescindere se il parere è di
competenza di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale ed alla
salute dei cittadini.
Se vi è una legge od un regolamento che obbligano una PA ad acquisire preventivamente delle
valutazioni tecniche da organi o enti a ciò preposti e tali enti non provvedano nei termini
previsti o comunque al massimo entro 90 giorni dalla richiesta, il responsabile del procedimento
deve chiedere tali valutazioni ad altri organi della PA o altri enti pubblici con analoghe capacità
tecniche oppure all’università. Anche in questo caso non si può chiedere altrove la valutazione
tecnica se la stessa è di competenza di amministrazioni preposte alla tutela ambientale,
paesaggistica, territoriale ed alla salute dei cittadini.
La norma distingue fra la mancanza dei pareri obbligatori o facoltativi. Nel primo caso,
l’amministrazione richiedente può chiedere di procedere indipendentemente dalla acquisizione
del parere, mentre nel caso dei pareri facoltativi l’amministrazione risulta vincolata a dar seguito
al procedimento anche senza l’espressione dell’organo consultivo, salva l’ipotesi in cui
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
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l’amministrazione richieda un’integrazione istruttoria, nel qual caso il parere deve essere reso
definitivamente entro 15 giorni dalla ricezione degli elementi istruttori.
6) Silenzio assenso
- tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi
pubblici (art. 17 bis)
Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di
amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti
normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, gli stessi devono
esprimersi entro 30 gg. dal ricevimento dello schema di provvedimento. Il termine è interrotto
una sola volta qualora l'amministrazione interessata rappresenti esigenze istruttorie o richieste di
modifica, motivate e formulate in modo puntuale prima della scadenza del termine. In tal caso
l'assenso, il concerto o il nulla osta de reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli
elementi istruttori o dello schema di provvedimento.
Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il
nulla osta, lo stesso si intende acquisito. (silenzio assenso). In caso di dissenso tra le
amministrazioni statali coinvolte nel procedimento la decisione è rimessa al Presidente del
Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Tali disposizioni si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o
nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di
provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali
casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine
diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso,
concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte
dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato
l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
Le disposizioni di cui sopra non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione
europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.
- per rilascio atto di consenso [art 20].
Nei procedimenti a richiesta dell’interessato per rilascio di provvedimenti amministrativi il
silenzio della P.A. competente equivale ad accoglimento della domanda se non comunica la
stessa P.A. un diniego entro i termini della conclusione del procedimento o non ha indetto entro
30 giorni una conferenza di servizi.
Decorso tale termine l’amministrazione, per motivi di pubblico interesse, può annullare l’atto di
assenso (anche se è scattato il silenzio-assenso). L’interessato può, entro il termine indicato nel
provvedimento, conformarsi a quanto indicato dall’amministrazione, a patto che non abbia
dichiarato il falso [art. 21].
L’art. 17 bis l. n. 241/90 dispone espressamente, quindi, che qualunque atto di assenso di una
pubblica amministrazione che debba intervenire in un procedimento di un’altra pubblica
amministrazione venga sostituito da un silenzio assenso nel caso in cui l’amministrazione non si
pronunci nel termine ordinario di trenta giorni. Nel caso delle amministrazioni preposte ai settori
sensibili (pubblica incolumità, ambiente, beni culturali etc.) questo termine viene allungato a
novanta giorni dal nuovo dettato normativo.
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
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Gli interessi sensibili quindi vengono sempre più parificati a quelli ordinari. La differenza tra gli
interessi a tutela ordinaria e quelli a tutela rinforzata si sostanzia oggi, in relazione allo specifico
istituto, solo nella differenziazione del termine per la formazione del silenzio assenso, appunto
trenta giorni per gli interessi a tutela ordinaria e novanta giorni per quelli a tutela rinforzata.
La novità, introdotta dalla Riforma Madia, consiste nel prevedere termini più rapidi di
conclusione dei procedimenti e di trovare il modo di evitare che l’inerzia delle amministrazioni
possa ritardare l’esecuzione di qualsiasi iniziativa privata o addirittura impedirla.
Ciò pone anche dei problemi di collegamento con l’art. 20 della medesima norma, poiché il
silenzio viene disciplinato in maniera opposta a
seconda che esso si riferisca
all’amministrazione procedente (art. 20) o all’amministrazione che intervenga in un
procedimento di altra amministrazione (art. 17 bis).
Infatti, nei procedimenti di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, ad esempio in
materia paesaggistica, la legge, all’art. 20, esclude che il silenzio dell’amministrazione
competente equivalga a provvedimento di accoglimento della domanda (silenzio assenso).
Viceversa, nell’art. 17bis della stessa norma, appunto introdotto dalla cosiddetta. riforma Madia,
ove sia richiesto un assenso, concerto o nulla osta comunque denominato di amministrazioni
pubbliche, se non viene espresso nei termini s’intende acquisito. Ciò vale anche nei casi in cui è
prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni
preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali e della salute dei
cittadini. In questo caso l’unica cautela è che il termine di formazione del silenzio assenso
è di novanta giorni, anziché di 30.
Nel caso in cui, ad esempio, l’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica sia
un’amministrazione procedente su istanza di parte il silenzio assenso è escluso, mentre nel
caso in cui la stessa amministrazione intervenga in un procedimento di altra
amministrazione il silenzio assenso è ammesso. Appare quindi difficilmente comprensibile il
diverso trattamento di analoghi interessi sensibili.
7) SCIA (EX-) DIA [artt. 19, 19 bis e 21] Quando l’esercizio di un’attività privata imprenditoriale,
commerciale o artigianale è subordinata ad un qualunque atto di autorizzazione, licenza,
concessione non costituiva, permesso, nulla osta, comprese le domande per le iscrizioni in albi o
ruoli e il rilascio di tali atti dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti
di legge, [esclusi solo gli atti di amministrazioni preposte alla difesa e alla giustizia,
all’immigrazione e alle finanze, nonché alla tutela della salute, del patrimonio e dell’ambiente] è
sufficiente una dichiarazione dell’interessato che comunica alla PA l’inizio dell’attività,
autocertificando il possesso dei requisiti richiesti. L'amministrazione competente può richiedere
informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in
documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili
presso altre pubbliche amministrazioni.
Sul sito istituzionale di ciascuna amministrazione è indicato lo sportello unico, di regola
telematico, al quale presentare la SCIA, anche in caso di procedimenti connessi di competenza
di altre amministrazioni ovvero di diverse articolazioni interne dell'amministrazione ricevente.
L’art. 49, comma 4-bis, della Legge 122/2010 ha riformula interamente l’art. 19 della Legge
241/1990 sostituendo la Dichiarazione di inizio attività (DIA), con la Segnalazione certificata di
inizio attività (SCIA).
L'art. 19 della L. 241/1990, infatti, aveva previsto il meccanismo della Dichiarazione di inizio
attività con la quale, in luogo dell'autorizzazione, l'interessato poteva produrre un'autodenuncia
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di inizio attività, rispetto alla quale l'amministrazione doveva effettuare i suoi controlli
autoritativi entro un termine certo. L'attività oggetto della dichiarazione poteva essere iniziata
decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della stessa all'amministrazione competente.
Il novellato art. 19 prevede che:
a) Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta
comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per
l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda
esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o di atti
amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o
specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una
segnalazione dell'interessato (SCIA);
b) la SCIA deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di
notorietà (ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000), nonché dalle attestazioni di tecnici
abilitati o dalle dichiarazioni di conformità rese dalle Agenzie per le imprese (istituite dall'art. 38
comma 4 del D.L. 112/2008), relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti per l'avvio
dell'attività. Tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per
consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Tale documentazione sostituisce
anche eventuali pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive
eventualmente richieste dalla legge;
c) l'attività può essere iniziata immediatamente dalla data di presentazione della segnalazione
all'amministrazione competente mediante lo sportello unico;
d) in caso di accertata carenza dei requisiti necessari ed entro il termine di 60 giorni dal
ricevimento della SCIA, l'amministrazione competente adotta motivati provvedimenti con cui
dispone il divieto di proseguire l'attività e la rimozione degli eventuali effetti dannosi.
L'interessato può evitare tali provvedimenti conformando alla normativa vigente l'attività ed i
suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a 30 giorni.
Inoltre, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali, in caso di dichiarazioni sostitutive
false o mendaci, l'amministrazione può sempre adottare (quindi, anche oltre il termine di 30
giorni) i suddetti provvedimenti. Quindi, se la PA accerta la carenza delle condizioni richieste,
entro 60 gg. dalla comunicazione di inizio attività adotta motivati provvedimenti di divieto di
prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che l’interessato, entro il termine
fissato dall’amministrazione, che non può essere inferiore a 30 gg., si conformi a quanto indicato
dall’amministrazione, a patto che non abbia dichiarato il falso [art. 21]. L’amministrazione
comunque può sempre assumere provvedimenti in autotutela (revoca, annullamento d’ufficio).
e) è fatto salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di
autotutela,
ai
sensi
degli
artt.
21quinquies
e
21nonies
L.
241/1990;
f) al di là di tali casi e decorso il termine dei 60 giorni dalla SCIA, all'amministrazione è
consentito intervenire solo in presenza di pericolo attuale di un danno grave e irreparabile per il
patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa
nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi
mediante
conformazione
dell'attività
dei
privati
alla
normativa
vigente;
g) Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o
asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente
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l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a
tre anni;
h) Le espressioni ''segnalazione certificata di inizio di attività'' e ''Scia'' sostituiscono,
rispettivamente, quelle di ''dichiarazione di inizio di attività'' e ''Dia'', ovunque ricorrano, anche
come parte di una espressione più ampia, e la disciplina della SCIA sostituisce direttamente
quella della dichiarazione di inizio di attività recata da ogni normativa statale e regionale.
Sono esclusi dalla disciplina sulla SCIA i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici
o culturali e gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica
sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia,
all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del
gettito anche derivante dal gioco, nonché quelli imposti dalla normativa comunitaria.
La norma espressamente prevede che la disciplina sulla Scia sostituisce tutti i regimi statali e
regionali vigenti previsti per la Dia. La nuova disposizione fa leva sui principi della tutela della
concorrenza e dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117 della Costituzione per
far imporre, con effetto immediato, alle Regioni le nuove regole, cercando così di evitare le
censure possibili di incostituzionalità.
In generale si può affermare che:
a) Sono esclusi dalla disciplina sulla SCIA le autorizzazioni previste dal D. Lgs. 152/2006
(norme in materia ambientale) in quanto generalmente imposti dalla normativa comunitaria e
comunque richiedenti valutazioni tecniche specifiche non riconducibili al mero accertamento di
requisiti generali imposti dalla norma;
b) Va tenuto conto che la SCIA si riferisce all'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o
artigianale e pertanto vanno verificati i procedimenti e le autorizzazioni/abilitazioni rilasciate per
tali attività;
c) Rimane esclusa l’applicabilità della Scia ad ogni procedimento per il quale siano previsti
specifici strumenti di programmazione settoriale finalizzati al rilascio di atti di assenso
dell’amministrazione: è il caso, ad esempio, dell’esercizio dell’attività di commercio nelle medie
e grandi strutture di vendita e dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande per le quali
la legislazione prevede di norma un regime autorizzatorio, che risponde alle regole di una
programmazione settoriale basata su criteri individuati dalle Regioni e dai Comuni;
d) In materia edilizia, seppure non espressamente dichiarato, la SCIA sostituisce la DIA prevista
dal DPR 380/2001. Va tenuto conto infatti che, seppure la materia edilizia non attiene
strettamente “alla tutela della concorrenza” come previsto a sostegno della introduzione della
SCIA dal comma 4-ter dell’art. 49, ma al governo del territorio, non v’è dubbio che l’attività
edilizia è attività di impresa fondamentale per l’economia. La Scia, secondo la formulazione
dell’art. 19, va corredata (se del caso) da «attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati», che
rappresenta un esplicito riferimento all’edilizia; inoltre la disciplina della DIA richiede un mero
accertamento di requisiti e presupposti previsti da normativa generale perfettamente coincidenti
con le previsioni che legittimano la SCIA. Più controversa è l’applicabilità della SCIA in
sostituzione del permesso di costruire, in quanto la Scia riguarda solo attività soggetta a mero
accertamento di requisiti, mentre il permesso di costruire ha elementi di discrezionalità che si
aggiungono alla mera verifica dei requisiti.
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3. DISPOSIZIONI PER IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Gli atti amministrativi sono gli atti giuridici compiuti dalla Pubblica Amministrazione nello
svolgimento delle proprie funzioni. Una categoria molto importante di atti sono i provvedimenti,
ossia atti amministrativi attraverso i quali l’amministrazione mette in opera la propria supremazia e
consistono nella modifica d’autorità delle situazioni giuridiche soggettive di coloro a cui sono
diretti.
.
Ai nostri fini, gli organi monocratici adottano:
Ordinanze
Determinazioni
Decreti
…..
Gli organi collegiali adottano:
Deliberazioni
Il capo IV bis è stato aggiunto alla L. 241/90 con la L. 15/05, che ha codificato in larga parte
conclusioni ed opinioni espresse dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Di seguito riassumiamo i
punti salienti:
Art 21 bis EFFICACIA DEL PROVVEDIMENTO LIMITATIVO della sfera giuridica dei
privati
Il provvedimento che limita la sfera giuridica dei privati è efficace nei riguardi del destinatario con
la comunicazione allo stesso, secondo anche le norme del codice di procedura civile in caso di
notifica ad irreperibili. Se non è possibile la comunicazione personale o risulti particolarmente
gravosa a causa del numero dei destinatari, la P.A. trova altre forme di pubblicità idonee stabilite di
volta in volta dalla stessa P.A. Il provvedimento che limita la sfera giuridica del privato e che non
ha carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I
provvedimenti che limitano la sfera giuridica del privato ma che hanno carattere cautelare ed
urgente sono immediatamente efficaci.
Art 21 ter ESECUTORIETA’
Nei casi previsti da legge le P.A. possono imporre in modo coattivo gli adempimenti degli obblighi
nei loro confronti. Il provvedimento che costituisce gli obblighi indica il termine e le modalità
dell’esecuzione da parte del soggetto obbligato. Nel caso in cui l’interessato non ottemperi, le P.A
lo diffidano e poi possono provvedere all’esecuzione coattiva secondo la legge. In caso di
esecuzione di obbligazioni che hanno per oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni
relative all’esecuzione coattiva dei credito dello Stato.
Art 21 quater EFFICACIA ED ESECUTIVITA’ DEL PROVVEDIMENTO
I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente salvo diversa disposizione di
legge o del provvedimento stesso. L’efficacia o l’esecuzione del provvedimento può essere sospesa,
per gravi ragioni e per il tempo necessario, dall’organo che ha emanato il provvedimento o da un
altro organo previsto dalla legge. Il termine di questa sospensione è esplicitamente indicato nell’atto
che la dispone e può essere prorogato o differito una sola volta o ridotto per sopravvenute esigenze.
La sospensione non può superare i 18 mesi.
Art 21 quinquies REVOCA DEL PROVVEDIMENTO
Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, o per mutazione della situazione di fatto non
prevedibili all’origine, o per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (fatti salvi i
provvedimenti di autorizzazione o attribuzione di vantaggi economici), il provvedimento
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amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato dall’organo che lo ha emanato o da altro
organo previsto da legge. La revoca fa sì che il provvedimento revocato non possa più produrre
effetti. In caso di revoca che comporti dei pregiudizi per i soggetti direttamente interessati, la P.A. è
obbligata ad indennizzare tali soggetti. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia
durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli
interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o
conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca
all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea
valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico.
Art 21 sexies RECESSO DAI CONTRATTI
Il recesso unilaterale dai contratti della P.A. è ammesso solo nei casi previsti dalla legge o se
previsto nel contratto stesso.
Art 21 septies NULLITA’ DEL PROVVEDIMENTO
E’ nullo:
il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali
il provvedimento amministrativo che è viziato da difetto assoluto di attribuzione
il provvedimento amministrativo che è adottato in violazione o elusione del giudicato
il provvedimento amministrativo negli altri casi espressamente previsti da legge
Art 21 octies ANNULLABILITA’ DEL PROVVEDIMENTO
È annullabile:
il provvedimento amministrativo che è stato adottato in violazione di legge
il provvedimento amministrativo che è viziato da eccesso di potere
il provvedimento amministrativo che è viziato da incompetenza
NON è annullabile:
il provvedimento amministrativo adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla
forma quando, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non
poteva esser diverso da quello adottato
il provvedimento amministrativo per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento
nel caso in cui la P.A. dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto essere diverso da quello adottato
Art 21 nonies ANNULLAMENTO DI UFFICIO
Il provvedimento amministrativo illegittimo (nei casi previsti all’art. di cui sopra sull’annullabilità
del provvedimento) può essere annullato d’ufficio, dall’organo che ha emanato l’atto o da un altro
organo previsto dalla legge:
se ne sussistono le ragioni di interesse pubblico
entro un termine ragionevole e comunque non superiore ai 18 mesi dall’adozione nel
caso di provvedimenti di autorizzazione e di attribuzione di vantaggi economici
anche in caso di silenzio-assenso
tenuto conto degli interessi dei destinatari e controinteressati
Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del
provvedimento illegittimo. La P.A. può convalidare il provvedimento finale entro un termine
ragionevole, se vi sono ragioni di interesse pubblico a farlo. I provvedimenti amministrativi
conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive false o mendaci,
accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dalla PA anche oltre il termine
di 18 mesi, fatte salve le sanzioni, anche penali, previste dal D.P.R. 445/2000.
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4. ACCESSO AGLI ATTI NELLA L. 241/90
Come abbiamo visto, la prima norma che ha disciplinato in linea generale il diritto di accesso è stata
la L. 241/90. Vediamola nel dettaglio.
DOCUMENTO AMMINISTRATIVO = ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno
specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico
interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina
sostanziale [art. 22 della L. 241/90]
DIRITTO DI ACCESSO = la possibilità, da parte degli interessati, di prendere conoscenza dei
documenti amministrativi. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei
documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L’esame dei
documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di
riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura
[art. 25 L.241/90]
SOGGETTI DEL DIRITTO DI ACCESSO =
l’art. 22 della L. 241/90 intende tutti coloro che abbiano un interesse per tutelare situazioni
giuridicamente rilevanti [INTERESSATI tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi
pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una
situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;
CONTROINTERESSATI tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura
del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla
riservatezza].
DOCUMENTI ACCESSIBILI E DIVIETI DI ACCESSO PER LEGGE
tranne i casi in cui l’accesso è vietato dalla legge – art. 24 L. 241/90
= tutti gli atti sono accessibili
LIMITI TASSATIVI:
documenti coperti da Segreto di Stato
casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti da legge, regolamento governativo e dalle
P.A.
procedimenti tributari per i quali vigono le norme che li regolano
atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione
procedimenti selettivi per quanto riguarda documenti amministrativi contenenti informazioni di
carattere psico-attitudinale relativi a terzi
LIMITI FACOLTATIVI
Con regolamento il Governo può prevedere casi di sottrazione al diritto di accesso nei seguenti casi:
quando l’accesso possa provocare una lesione alla sicurezza e difesa nazionale, all’esercizio
della sovranità nazionale e alla correttezza e continuità delle relazioni internazionali
quando l’accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, determinazione e
attuazione della politica monetaria e valutaria
quando l’accesso riguardi documenti su strutture, mezzi, dotazioni, personale e azioni inerenti la
tutela dell’ordine pubblico e prevenzione e repressione criminalità, con particolare riguardo alle
tecniche investigative e all’attività della polizia giudiziaria e alla conduzione delle indagini
quando l’accesso riguardi la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese con particolare
riguardo agli interessi epistolari, sanitari, professionali, finanziari
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
quando l’accesso riguardi documenti sull’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale
e di lavoro
Pertanto, alla luce di quanto disposto dalla L, 241/90, ogni Ente pubblico, a seconda dei dati che
tratta nel perseguimento delle proprie finalità istituzionali, deve individuare le categorie di
documenti da esso formati o documenti di cui è in possesso, per i quali è negato il diritto di
accesso e disciplinarne la relativa normativa di dettaglio in un apposito regolamento. Il diritto di
accesso non può essere negato ove si possa far ricorso al differimento. E’ comunque garantito ai
richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi al cui conoscenza è necessaria per curare o
difendere i propri interessi giuridici. In particolare, se si tratta di documenti che contengono
dati sensibili e giudiziari, l’accesso può essere consentito soltanto nei limiti di quanto stabilito dal
testo unico sulla privacy.
MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL DIRITTO DI ACCESSO =
regolamenti secondo i principi dell’art. 25 della L.241/90 che afferma che:
sono disciplinate dai
Il diritto di accesso si esercita mediante richiesta dell’interessato alla P.A.
La richiesta di diritto di accesso è rivolta per esaminare il documento o per estrarne la copia
La richiesta deve essere motivata e rivolta alla P.A. che sta formando l’atto o che lo detiene
L’esame del documento o l’estrazione della copia sono gratuiti, tranne il rimborso del costo
di riproduzione, di bolli e diritti di misura.
Si comprende che la richiesta quindi può essere formulata alla P.A. dall’interessato sia durante il
corso del procedimento che al termine dello stesso.
La P.A. può:
Accogliere la richiesta = visione dei documenti o rilascio copie
Non accogliere la richiesta = [e in questo caso ci possono essere situazioni diverse]:
Respingere la richiesta quando trattasi di documenti esclusi dal diritto di accesso
Limitare la richiesta permettendo l’accesso ad alcuno o alcuni dei documenti
richiesti nel caso che gli altri non sia accessibili
Differirla nel caso che l’accesso in quel momento possa pregiudicare lo svolgimento
dell’azione amministrativa.
DIFFERIMENTO DEL DIRITTO DI ACCESSO = previsto all’art. 25 della L. 241/90
Nel caso che l’accesso possa in qualche modo ostacolare o impedire il normale svolgimento
dell’azione amministrativa o per rispettare la riservatezza di alcuni documenti che non
possono pertanto essere resi pubblici nella fase preparatoria, il dirigente responsabile
dell’ufficio che deve formare l’atto, e quindi adottare il provvedimento finale, può disporre
il differimento, comunicandolo al richiedente, cioè rimandare l’accesso ad un momento
successivo indicando anche la data in cui l’esercizio di tale diritto potrà essere esercitato
dall’interessato senza ripresentare la domanda. Si può quindi dire che in questo caso
l’accesso è consentito ma è rimandato ad un’altra data.
Nel caso che il differimento riguardi solo una parte del contenuto del documento
amministrativo, sono accessibili le altre parti del documento.
I documenti non possono essere sottratti all’accesso nei casi in cui sia sufficiente fare ricorso
al potere di differimento.
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
VISIONE COPIE = la visione dei documenti è gratuita e l’interessato può prendere appunti e
trascrivere in tutto o in parte il documento
RILASCIO COPIE = il rilascio di copie mediante stampa dal sito istituzionale o mediante
fotocopiatura è subordinato alle spese del costo di riproduzione [art. 25 L.241/90].
Il rilascio di copie conformi ed autenticate deve essere specificato nella richiesta e si applicano le
modalità e i costi in base alla normativa sui bolli e diritti di segreteria
RICORSI E RECLAMI =
Se dopo 30 giorni la P.A. nega l’accesso all’interessato o c’è il silenzio rigetto, è ammesso il
ricorso [art. 25 L. 241/90]
al TAR, secondo le regole del processo amministrativo di cui all’art. 116 del D.Lgs.
104/2010 (Codice del processo amministrativo). La decisione è appellabile e si può ricorrere
al Consiglio di Stato. Se il tribunale accoglie il ricorso ordina l’esibizione dei documenti.
Al Difensore Civico regionale entro 30 giorni, per il riesame della determinazione. Qualora
non esista tale organo la competenza è attribuita al difensore competente per l’ambito
territorialmente superiore. Il difensore si pronuncia entro 30 giorni dalla presentazione
dell’istanza del cittadino. Scaduto infruttuosamente tale termine di 30 giorni il ricorso è
respinto. Se il difensore ritiene illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica al
richiedente e a chi l’ha disposto. Se questi non emana il provvedimento confermativo
motivato entra 30 giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore, l’accesso è
consentito. Qualora il richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico il termine per il
ricorso al TAR decorre dalla data del ricevimento dell’esito della sua istanza al difensore.
(art. 15 legge 340 del 2000)
Alla Commissione per l’accesso di cui all’art. 27 per gli atti delle amministrazioni centrali
e periferiche dello Stato, che procede con le stesse modalità del Difensore Civico di cui
sopra
Se l’accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti
terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante della Privacy che si pronuncia entro 10 giorni
dalla richiesta (decorsi inutilmente il parere si intende reso)
Qualora l’accesso riguardi il trattamento pubblico di dati personali da parte di una P.A, il
Garante chiede il parere obbligatorio ma non vincolante alla Commissione. Tale richiesta
sospende il termine per la pronuncia del Garante fino a che non ci sia il parere e comunque per non
più di 15 giorni. Decorso inutilmente tale termine il Garante adotta la propria decisione.
La P.A. può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente purché dirigente e
autorizzato dal rappresentante legale dell’Ente.
Il giudice amministrativo se ne esistono i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti.
L’istanza di accesso agli atti può essere presentata tramite l’URP. Gli U.R.P. [Uffici per le relazioni
con il pubblico] nascono con il D.Lgs 29/9314 con lo scopo prioritario di garantire appieno tutti i
principi di trasparenza e accesso previsti nella L. 241/90. Rappresentano l’interfaccia fra il cittadino
e la P.A. Il loro aspetto è infatti duplice in quanto, da un lato, sono lo strumento effettivo del
cittadino per “entrare” nella burocrazia dell’amministrazione, la guida per una facile risposta ai
propri bisogni, l’ascolto dei propri problemi; dall’altro rappresentano anche il mezzo che la
14
D.Lgs. 29/93 sulla riforma del pubblico impiego oggi confluito nel D.Lgs. 165/2001, detto anche T.U. del Pubblico
Impiego
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
Pubblica Amministrazione ha per valutare di volta in volta l’evoluzione delle esigenze della propria
collettività. Sono quindi essenziali anche per una vera comunicazione e trasparenza già all’interno
della stessa amministrazione.
Gli U.R.P. hanno vari compiti che si riassumono essenzialmente in:
1. rendere possibile al cittadino l’effettiva partecipazione al procedimento e la conoscenza
sullo stato stesso dei procedimenti
2. attuare l’accesso agli atti mediante rilascio copie
3. informare su tutta l’attività generale della P.A.
4. fornire e ritirare eventuale modulistica
5. raccogliere dati sul gradimento da parte dei cittadini dei servizi offerti e sugli eventuali
reclami e sulle richieste di nuove esigenze.
Gli URP rispondono alle richieste loro inoltrate nel più breve tempo possibile e comunque, in caso
di accesso agli atti, entro 30 gg.; decorso tale termine scatta il silenzio-diniego.
E’ in atto nella pubblica amministrazione una tendenza verso sportelli polifunzionali al servizio del
cittadino, che raggruppino le attuali funzioni dell’U.R.P.
5. IL DECRETO TRASPARENZA – D. Lgs. 33/2013 e D. Lgs. 97/2016
La disciplina dell’accesso agli atti è stata integrata con il cosiddetto “Decreto Trasparenza” D. Lgs.
14/03/2013, n. 33 ”Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di
pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, che è
stato modificato con il D. Lgs. 97/2016, il cosiddetto “Decreto FOIA”, recante revisione e
semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e
trasparenza, attuativo dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, che è entrato in vigore il 23 giugno 2016. Da tale
data le Pubbliche Amministrazioni hanno avuto 6 mesi di tempo per adeguarsi alle previsioni
normative. Inoltre è stata prevista l’emanazione da parte di ANAC (Agenzia Nazionale Anti
Corruzione) delle linee guida per la loro applicazione.
La scelta del legislatore di disciplinare nuovamente l’accesso agli atti in maniera additiva, con
norme successive, può creare problemi applicativi. Attualmente infatti l’ordinamento italiano
prevede due modalità di accesso agli atti delle PA. In base alla legge sul procedimento
amministrativo (L. n. 241/1990), possono chiedere di accedere agli atti delle PA i soggetti privati,
compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e
attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è
chiesto l’accesso. Sono accessibili tutti i documenti detenuti dalle PA (ad eccezione di quelli
secretati) che concernono un’attività di pubblico interesse (art. 22 e seguenti). Il Decreto Legislativo
n. 33/2013 ha successivamente introdotto una nuova modalità di accesso, l’accesso civico, ossia il
diritto di chiunque, anche di chi non ha un interesse diretto, di prendere visione di documenti per i
quali la legge stabilisce un preciso obbligo di pubblicazione in capo ad una amministrazione
pubblica. Il diritto di accesso civico può essere fatto valere, ovviamente, in caso di mancata
pubblicazione dell’atto in questione.
Il Decreto Legislativo 97/2016 è finalizzato a rafforzare la trasparenza amministrativa sia attraverso
sia l’introduzione di forme diffuse di controllo da parte dei cittadini, anche adeguandosi a standard
internazionali, sia misure che consentano una più efficace azione di contrasto alle condotte illecite
nelle pubbliche amministrazioni.
Il provvedimento apporta alcune significative modifiche al D. Lgs. 33/2013, con l’obiettivo di
ridefinire l’ambito di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza, prevedere
A cura di Mariella Bergamini
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
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misure organizzative per la pubblicazione di alcune informazioni e per la concentrazione e la
riduzione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche, razionalizzare e precisare gli
obblighi di pubblicazione, individuare i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni per la
violazione degli obblighi di trasparenza.
Inoltre, è introdotta una nuova forma di accesso civico ai dati e ai documenti pubblici, analoga a
quella che negli ordinamenti giuridici anglosassoni è definita Freedom of information act (Foia)15.
Questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità di
situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati e ai documenti detenuti dalle
pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge. In sintesi
la norma prevede:
1. L’eliminazione del “silenzio-diniego”, che solleva le amministrazioni dall’obbligo di motivare
il rifiuto all’accesso
2. L’eliminazione dell’obbligo per i richiedenti di identificare “chiaramente” i documenti oggetto
dell’istanza di accesso
3. Il riconoscimento della gratuità dell’accesso in formato elettronico e cartaceo, limitando il
rimborso ai costi documentati per “riproduzione su supporti materiali”
4. La previsione di rimedi stragiudiziali, gratuiti e veloci, per i casi di mancata o negativa risposta
5. La previsione di linee guida operative che orienteranno le amministrazioni in un’omogenea e
rigorosa applicazione delle nuove norme ANAC
6. La possibilità di sostituire la pubblicazione delle banche dati con un collegamento ipertestuale.
La norma in parola interviene, inoltre, anche sulla Legge 190/2012, precisando i contenuti e i
procedimenti di adozione del Piano nazionale anticorruzione e dei piani triennali per la prevenzione
della corruzione e ridefinendo i ruoli, i poteri e le responsabilità dei soggetti interni che
intervengono nei relativi processi.
Il provvedimento consta di 44 articoli. Gli articoli da 1 a 40 apportano modifiche testuali al decreto
legislativo n. 33/2013, recante il riordino della disciplina in materia di trasparenza. L’articolo 41
modifica in diverse parti i primi 14 commi dell’articolo 1 della legge n. 190/2012 (c.d. legge
Severino). In particolare, vengono modificate le disposizioni relative al Piano nazionale
anticorruzione e ai piani per la prevenzione della corruzione predisposti dalle singole
amministrazioni16.
L’articolo 1 modifica il titolo del decreto legislativo n. 33/2013 integrando l’oggetto del
provvedimento: accanto agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni della
pubbliche amministrazioni, si fa riferimento anche al diritto di accesso civico. diritto di accesso
civico
L’articolo 2, novellando l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 33/2013, modifica la nozione del
principio generale di trasparenza, che è ora intesa come accessibilità totale dei dati e dei documenti
detenuti dalle pubbliche amministrazioni (e non più semplicemente come accessibilità totale delle
informazioni relative all’organizzazione e all’attività delle pubbliche amministrazioni) ed è volta
non solo a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e
Il diritto di accesso all’informazione è regolato da norme conosciute nel mondo anglosassone come “Freedom of
Information Act” (FOIA: Atto sulla libertà d’informazione). In base ad esse la pubblica amministrazione ha obblighi di
informazione, pubblicazione e trasparenza e i cittadini hanno diritto a chiedere ogni tipo di informazione prodotta e
posseduta dalle amministrazioni che non contrastino con la sicurezza nazionale o la privacy. È un diritto universale, che
è alle fondamenta della nostra libertà di espressione perché è il presupposto di una piena partecipazione come cittadini
alla vita democratica. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto l’accesso alle informazioni detenute dai
governi come diritto: oggi più di 90 Paesi democratici hanno un FOIA, ancorché diversamente denominato.
16
Cfr. nota di lettura ANCI
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sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ma anche, più in generale, a tutelare i diritti fondamentali. Ciò
integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione
aperta, al servizio del cittadino. principio di trasparenza
L’articolo 3, comma 1, che modifica l’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 33/2013, individua più
puntualmente l’oggetto del decreto legislativo nella disciplina della libertà di accesso ai dati e ai
documenti detenuti sia dalle pubbliche amministrazioni, sia agli enti pubblici e alle società
controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche. Tale diritto può essere esercitato da
“chiunque”. La libertà di accesso trova un limite nella tutela di interessi pubblici e privati
giuridicamente rilevanti (limiti che sono individuati concretamente dal nuovo articolo 7-bis). Può
essere esercitata attraverso due strumenti:
la pubblicazione (obbligatoria) dei documenti delle PA. relative alla propria organizzazione
e attività
l’accesso civico, nella duplice accezione sia di diritto di accedere ai documenti che le
pubbliche amministrazioni hanno omesso di pubblicare nonostante fossero obbligate per
legge, sia di diritto di informazione generalizzata su tutti gli atti (anche quelli non sottoposti
a pubblicazione obbligatoria), pur nei limiti indicati dalla norma.
L’articolo 6 introduce un diritto di accesso civico più ampio di quello contenuto nell’articolo 5 del
D.Lgs. n. 33/2013, che richiama quello tipico degli ordinamenti giuridici dell’area anglosassone, il
Freedom of Information Act (FOIA), ossia un sistema generale di pubblicità che assicura a tutti un
ampio accesso alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche, ad esclusione di un elenco
tassativo di atti sottoposti a regime di riservatezza17.
Il nuovo diritto di informazione è disciplinato dal comma 2 dell’articolo 5, che sancisce il diritto di
chiunque di accedere ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori a quelli
sottoposti ad obbligo di pubblicazione, con il limite del rispetto degli interessi pubblici e privati
“giuridicamente rilevanti” (specificati successivamente nel nuovo art. 5-bis). La disposizione
precisa che lo scopo dell’esercizio del diritto risiede sia nel controllo diffuso sul perseguimento
delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, sia nella promozione della
partecipazione al dibattito pubblico. Viene confermato che l’esercizio del diritto di accesso non è
sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva e che non richiede motivazione.
Le istanze di accesso possono essere presentate, in alternativa:
- all’ufficio che detiene i dati richiesti;
- all’ufficio relazioni con il pubblico (URP)
- ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente”
del sito istituzionale
- al responsabile della prevenzione corruzione e della trasparenza nel caso in cui l’istanza
abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria.
Altra novità riguarda l’espressa previsione della possibilità di trasmissione dell’istanza per via
telematica, secondo le modalità ordinarie previste dal codice dell’amministrazione digitale (CAD).
Inoltre, viene ribadito che il rilascio di dati o documenti è gratuito, salvo il rimborso del costo
sostenuto dall’amministrazione per il rilascio dei dati, in formato cartaceo o digitale.
Procedura: Fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria, nel caso vi siano controinteressati
l’amministrazione è tenuta a dare loro comunicazione della richiesta di accesso. I controinteressati
A cura di Mariella Bergamini
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
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possono presentare motivata opposizione entro 10 gg. Il provvedimento di accesso deve concludersi
con provvedimento espresso e motivato entro 30 gg. comunicandolo al ricevente ed agli eventuali
controinteressati. In caso di diniego, totale o parziale, l’interessato può presentare istanza di riesame
al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con
provvedimento motivato entro 30 gg. (art. 5).
L’articolo 5-bis individua gli interessi pubblici e gli interessi privati a tutela dei quali è necessario
rifiutare la richiesta di accesso civico, al fine di evitare un pregiudizio concreto.
Gli interessi pubblici sono quelli relativi a: sicurezza pubblica e ordine pubblico; sicurezza
nazionale; difesa e questioni militari; relazioni internazionali; politica e stabilità finanziaria ed
economica dello Stato; conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; regolare
svolgimento di attività ispettive.
Gli interessi privati sono i seguenti: protezione dei dati personali; libertà e segretezza della
corrispondenza; interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, compresi la
proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.
Inoltre, è escluso il diritto di accesso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di
accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla
disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti.
L’articolo 7 introduce l’articolo 7-bis che fissa i limiti alla trasparenza. Le notizie concernenti lo
svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa
valutazione sono rese accessibili dall'amministrazione di appartenenza. Non sono invece ostensibili,
se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e degli
impedimenti personali o familiari che causino l'astensione dal lavoro, nonché le componenti della
valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e
l'amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni sensibili. Inoltre restano fermi i limiti
all'accesso e alla diffusione delle informazioni obbligatori e facoltativi di cui alla L. 241/90, quelli
previsti dalla normativa europea in materia di tutela del segreto statistico e quelli che siano
espressamente qualificati come riservati dalla normativa nazionale ed europea in materia statistica,
nonché quelli relativi alla diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (cd
dati “supersensibili”). limiti all’accesso
L’articolo 8 novella l’articolo 8 del D.Lgs. n. 33/2013 stabilendo che, decorso il termine di 5 anni di
pubblicazione obbligatoria dei documenti, permane il diritto di accedervi comunque, attraverso
l’istituto dell’accesso civico aperto. Inoltre, l’Autorità nazionale anticorruzione può diminuire la
durata di pubblicazione obbligatoria, basandosi su una valutazione del rischio corruttivo, sulle
esigenze dì semplificazione e delle richieste di accesso.
Gli articoli da 34 a 38 modificano il Capo VI del D.Lgs. n. 33/2013, relativo alla “Vigilanza
sull’attuazione delle disposizioni e sanzioni”.
L’art. 35 sancisce gli obblighi di pubblicazione relativi ai procedimenti amministrativi e ai controlli
sulle dichiarazioni sostitutive e l'acquisizione d'ufficio dei dati. Le pubbliche amministrazioni
devono pubblicare i dati relativi alle tipologie di procedimento di propria competenza. Per ciascuna
tipologia di procedimento devono essere pubblicate le seguenti informazioni:
a) una breve descrizione del procedimento con indicazione di tutti i riferimenti normativi utili;
b) l'unità organizzativa responsabile dell'istruttoria;
c) l'ufficio del procedimento, unitamente ai recapiti telefonici e alla casella di posta elettronica
istituzionale, nonché, ove diverso, l'ufficio competente all'adozione del provvedimento finale, con
l'indicazione del nome del responsabile dell'ufficio, unitamente ai rispettivi recapiti telefonici e alla
casella di posta elettronica istituzionale;
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
d) per i procedimenti ad istanza di parte, gli atti e i documenti da allegare all'istanza e la
modulistica necessaria, compresi i fac-simile per le autocertificazioni, anche se la produzione a
corredo dell'istanza è prevista da norme di legge, regolamenti o atti pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale, nonché gli uffici ai quali rivolgersi per informazioni, gli orari e le modalità di accesso con
indicazione degli indirizzi, dei recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale, a
cui presentare le istanze;
e) le modalità con le quali gli interessati possono ottenere le informazioni relative ai
procedimenti in corso che li riguardino;
f) il termine fissato in sede di disciplina normativa del procedimento per la conclusione con
l'adozione di un provvedimento espresso e ogni altro termine procedimentale rilevante;
g) i procedimenti per i quali il provvedimento dell'amministrazione può essere sostituito da una
dichiarazione dell'interessato, ovvero il procedimento può concludersi con il silenzio assenso
dell'amministrazione;
h) gli strumenti di tutela, amministrativa e giurisdizionale, riconosciuti dalla legge in favore
dell'interessato, nel corso del procedimento e nei confronti del provvedimento finale ovvero nei casi
di adozione del provvedimento oltre il termine predeterminato per la sua conclusione e i modi per
attivarli;
i) il link di accesso al servizio on line, ove sia già disponibile in rete, o i tempi previsti per la
sua attivazione;
l) le modalità per l'effettuazione dei pagamenti eventualmente necessari
m) il nome del soggetto a cui è attribuito, in caso di inerzia, il potere sostitutivo, nonché le
modalità per attivare tale potere, con indicazione dei recapiti telefonici e delle caselle di posta
elettronica istituzionale;
Le pubbliche amministrazioni non possono richiedere l'uso di moduli e formulari che non siano stati
pubblicati; in caso di omessa pubblicazione, i relativi procedimenti possono essere avviati anche in
assenza dei suddetti moduli o formulari. L'amministrazione non può respingere l'istanza adducendo
il mancato utilizzo dei moduli o formulari o la mancata produzione di tali atti o documenti, e deve
invitare l'istante a integrare la documentazione in un termine congruo.
Infine le pubbliche amministrazioni devono pubblicare nel sito istituzionale i recapiti telefonici e la
casella di posta elettronica istituzionale dell'ufficio responsabile per le attività volte a gestire,
garantire e verificare la trasmissione dei dati o l'accesso diretto agli stessi da parte delle
amministrazioni procedenti .
L’articolo 36 assegna all’ANAC, in caso di mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione, il
potere di ordinare la pubblicazione, entro un termine massimo di 30 giorni, degli atti o dei
provvedimenti oggetto di pubblicazione obbligatoria. Inoltre, vengono meglio definite le
conseguenze del mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione, che viene a costituire illecito
disciplinare, modificando gli articoli 46 e 47 del “Decreto Trasparenza”. L'inadempimento degli
obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente e il rifiuto, il differimento e la limitazione
dell'accesso civico al di dei casi previsti dalla legge costituiscono elemento di valutazione della
responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine
dell'amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di
risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. La
violazione degli obblighi di trasparenza in casi specifici comporta sanzioni pecuniarie.
L’articolo 39 provvede al trasferimento all’ANAC della competenza a definire ed ad adottare gli
standard, i modelli e gli schemi per garantire in concreto l’attuazione degli obblighi di pubblicità.
A cura di Mariella Bergamini
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LA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA - D.P.R. 445/2000
1. IL RAPPORTO FRA IL CITTADINO E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Per svolgere la propria attività, ogni pubblica amministrazione ha bisogno di dati e informazioni,
che possono essere presenti in vari documenti, in possesso dei cittadini o di altre amministrazioni
pubbliche. Nell’acquisire questi dati e informazioni si devono sempre bilanciare due esigenze
fondamentali:
Certezza giuridica del dato stesso
Semplificazione dell’attività amministrativa
In una concezione tradizionale ed autoritativa dei rapporti fra PA e cittadino, a quest’ultimo era
richiesto, ogni volta che entrava in contatto con un ufficio pubblico, di presentare tutta la
documentazione (in originale) necessaria per lo svolgimento di una pratica e questo dava sì la
certezza giuridica del dato, ma creava degli aggravi per il cittadino, sia in termini di tempo che di
costi. È nata quindi l’esigenza di trovare strumenti alternativi alla presentazione del certificato,
come ad esempio l’istituto della dichiarazione sostitutiva, meglio conosciuto come
“autocertificazione” introdotta nel nostro ordinamento dalla L. 15/1968 e comunque limitatamente
alle certificazioni anagrafiche. Fino all’avvento delle leggi Bassanini questa legge è stata del tutto
inapplicata. Le cause di ciò sono da imputare a varie motivi: la mancanza di una cultura orientata
alla fiducia nel cittadino, l’incomunicabilità fra le varie P.A., il rapporto autoritario nei confronti del
cittadino e, non ultimo, il fatto che la legge non prevedesse alcuna sanzione per il dipendente che
non accettava l’autocertificazione.
Con la grande riforma degli anni ’90 il legislatore ha cercato di avvicinare la P.A. al cittadino ed
ecco che la L.241/90 richiama espressamente l’applicazione della L. 15/68. Inoltre alcuni C.C.N.L.,
nella parte relativa ai doveri dell’impiegato, hanno fatto espressamente richiamo all’attuazione dei
principi della L.15/68 in tema di autocertificazione. L’idea è che la P.A. rinunci in parte alla
sicurezza di una documentazione amministrativa prodotta da una fonte certa, a favore di una
maggiore fiducia e responsabilizzazione nei riguardi del cittadino, al fine di semplificare gli
adempimenti burocratici e quindi risparmiare tempo e denaro. Di qui discende però l’obbligo per la
P.A. di effettuare dei controlli, anche a campione, su quanto dichiarato dai cittadini e sanzionare,
anche penalmente, le false dichiarazioni. Sono queste le logiche di fondo che hanno ispirato
l’emanazione del Testo Unico sulla documentazione amministrativa, D.P.R. 445/2000. Tale norma
è stata successivamente modificata dal CAD “Codice dell’Amministrazione Digitale”, (D. Lgs.
82/2005 e successive modifiche).
2. IL T.U. SULLA DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA – D.P.R. 445/2000
Il D.P.R. 445/2000 - “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa” - abroga la L. 15/68, raccoglie tutte le norme, sia legislative che
regolamentari, in materia ed introduce nuovi scenari come il documento elettronico e la firma
digitale. È stato modificato con il D.Lgs. 82 del 2005, il cosiddetto “Codice dell’Amministrazione
Digitale” (CAD)18.
Ambito di applicazione
18
Il CAD accorpa e riordina tutta la normativa in materia di attività digitale della P.A., affrontando, per la prima volta
in modo organico e completo, il tema dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella PA,
nonché la disciplina dei principi giuridici fondamentali relativi al documento informatico ed alla firma digitale.
A cura di Mariella Bergamini
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
Le norme ivi contenute (art. 2) si applicano alle P.A., ai gestori di servizi pubblici, ai privati che lo
consentono, anche se la legge nasce soprattutto per disciplinare i rapporti fra la P.A. e i cittadini e
sono estese ai cittadini italiani e dell’U.E. (art. 3).
Per i cittadini non appartenenti all’U.E. ci sono due limiti nell’utilizzo delle dichiarazioni di cui agli
artt. 46 e 47:
o devono essere regolarmente soggiornanti in Italia
o le dichiarazioni devono essere limitate agli stati, fatti e qualità attestabili dai soggetti
pubblici italiani.
Inoltre i cittadini non appartenenti all’U.E. non residenti ma autorizzati a soggiornare in Italia
possono utilizzare le dichiarazioni nell’ambito delle materie per le quali esiste una convenzione fra
l’Italia e il loro Stato di appartenenza.
Definizioni
La norma, all’art. 1, definisce cosa si intende per:
a) DOCUMENTO AMMINISTRATIVO: ogni rappresentazione, comunque formata, del contenuto
di atti, anche interni, delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività
amministrativa. [E’ una definizione molto ampia, che ricorda quella della L. 241/90 e ricomprende
le più innovative modalità di formazione dei documenti amministrativi, anche con mezzi
informatici];
b) DOCUMENTO INFORMATICO: la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati
giuridicamente rilevanti;
c) DOCUMENTO DI RICONOSCIMENTO: ogni documento munito di fotografia del titolare e
rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana
o di altri Stati, che consente l'identificazione personale del titolare;
d) DOCUMENTO D'IDENTITA': la carta di identità ed ogni altro documento munito di fotografia
rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, dall'amministrazione competente dello
Stato italiano o di altri Stati, con la finalità prevalente di dimostrare l'identità personale del suo
titolare;
e) DOCUMENTO D'IDENTITA' ELETTRONICO: il documento analogo alla carta d'identità
elettronica rilasciato dal comune fino al compimento del quindicesimo anno di età;
f) CERTIFICATO: il documento rilasciato da una amministrazione pubblica avente funzione di
ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi,
elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche;
g) DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI CERTIFICAZIONE: il documento, sottoscritto
dall'interessato, prodotto in sostituzione dei certificati;
h) DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI ATTO DI NOTORIETA': il documento, sottoscritto
dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, che siano a diretta conoscenza di questi,
resa nelle forme previste dal testo unico sulla documentazione amministrativa;
i) AUTENTICAZIONE DI SOTTOSCRIZIONE: l'attestazione, da parte di un pubblico ufficiale,
che la sottoscrizione e' stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità' della persona
che sottoscrive;
l) LEGALIZZAZIONE DI FIRMA: l'attestazione ufficiale della legale qualità di chi ha apposto la
propria firma sopra atti, certificati, copie ed estratti, nonché dell'autenticità della firma stessa;
m) LEGALIZZAZIONE DI FOTOGRAFIA: l'attestazione, da parte di una pubblica
amministrazione competente, che un'immagine fotografica corrisponde alla persona dell'interessato;
n) FIRMA DIGITALE: il risultato della procedura informatica che consente al sottoscrittore di
garantire ed al destinatario di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o
di un insieme di documenti informatici; [E’ quella che si appone con la smart-card, ha la stessa
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validità giuridica della firma autografa e garantisce l’identità di chi ha sottoscritto l’atto];
o) AMMINISTRAZIONI PROCEDENTI: le amministrazioni e, nei rapporti con l'utenza, i gestori
di pubblici servizi che ricevono le dichiarazioni sostitutive o provvedono agli accertamenti
d'ufficio;
p) AMMINISTRAZIONI CERTIFICANTI: le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi che
detengono nei propri archivi le informazioni e i dati contenuti nelle dichiarazioni sostitutive, o
richiesti direttamente dalle amministrazioni procedenti;
q) GESTIONE DEI DOCUMENTI: l'insieme delle attività finalizzate alla registrazione di
protocollo e alla classificazione, organizzazione, assegnazione e reperimento dei documenti
amministrativi formati o acquisiti dalle amministrazioni, nell'ambito del sistema di classificazione
d'archivio adottato; è effettuata mediante sistemi informativi automatizzati.
r) SISTEMA DI GESTIONE INFORMATICO DEI DOCUMENTI: l’insieme delle risorse di
calcolo, degli apparati, delle reti di comunicazioni e delle procedure informatiche utilizzate
dall’Amministrazione per la gestione dei documenti.
3. IL CERTIFICATO
Il certificato (art. 1) è il documento rilasciato dalla P.A. che riproduce o partecipa a terzi stati,
qualità o fatti personali contenuti in albi, elenchi o registri. E’ quindi il risultato di un procedimento
certificativo che crea certezze pubbliche. Le certificazioni amministrative possono essere fornite
solo dalla P.A. e si classificano in:
Attestazioni riguardano situazioni di cui la PA è a conoscenza
Certificazioni riguardano informazioni contenute in pubblici registri [es.: certificazione
anagrafica, di nascita, di matrimonio, stato di servizio, …..]
Occorre a tal proposito precisare qualcosa di più sui termini:
Fatto = qualcosa già accaduto
Stato = particolare posizione giuridica
Qualità = riguarda il rapporto verso altre persone (ad esempio il debitore)
Validità – art. 41
I certificati che attestano atti e fatti:
che non sono soggetti a modificazioni hanno validità illimitata (es.: titolo di studio)
che sono soggetti a modificazione hanno validità di 6 mesi (es.: residenza), salvo diversa
disposizione di legge.
Si possono usare certificati oltre i termini di validità [es.: stato civile, estratti o copie dello stato
civile] se l’interessato dichiara, in fondo al documento, che le informazioni non hanno subito
variazioni.
Certificazioni contestuali – art. 40
Per la semplificazione è previsto che lo stesso ufficio rilasci certificazioni contestuali, cioè in un
unico documento, quando riguardino stati, fatti o qualità personali diverse ma appartenenti alla
stessa persona e facenti parte dello stesso procedimento.
Certificati non sostituibili con altri documenti – art. 49
Il D.P.R. individua ed elenca i documenti che non possono essere sostituiti da altro documento e in
particolare:
certificati medici
certificati sanitari
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certificati veterinari
di origine
di conformità CE
certificati di marchi o brevetti
4. AUTENTICA DI SOTTOSCRIZIONE E DI COPIE, LEGALIZZAZIONE
Autentica di sottoscrizione (artt. 21 e 38)
L’autentica di sottoscrizione (artt. 21 e 38) è l’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che un
cittadino, in base ad un’identificazione, ha firmato in sua presenza, previo accertamento
dell’identità del dichiarante. Quindi l’autentica ha lo scopo di dare certezza al fatto che un
documento sia sottoscritto dall’interessato. Prima dell’innovazione delle leggi Bassanini del 1997
l’autentica era la regola base dei rapporti fra P.A. e cittadini. Le leggi Bassanini avevano
eliminarono l’obbligo di autentica nel caso di domanda ad un concorso (cfr. art. 39 T.U.).
Il pubblico ufficiale, quindi, accerta l’identità del dichiarante, indica la modalità di identificazione
(documento oppure conoscenza personale), la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome e
cognome, la qualifica rivestita e appone anche la propria firma ed il timbro dell’ufficio.
Col D.P.R. 445/2000, l’autentica non è più necessaria quando (art. 38):
l’istanza è sottoscritta in presenza del dipendente addetto a riceverla
l’istanza è presentata assieme alla copia non autenticata del documento di identità: in questo
caso l’istanza può essere quindi inoltrata tramite fax o via telematica.
Secondo l’art. 65 del CAD (D. Lgs. 82/05), le istanze e le dichiarazioni sottoscritte con firma
digitale o con altra metodologia certa di identificazione sono equivalenti alle dichiarazioni
sottoscritte con firma autografa sottoscritte davanti al dipendente addetto al ricevimento delle
stesse.
Esistono però delle eccezioni, indicate all’art. 21 del D.P.R 445/00, per le quali è ancora
obbligatoria l’autentica da parte di un pubblico ufficiale che attesti con data, luogo, nome e
cognome, qualifica che il dichiarante, da lui identificato, ha firmato in sua presenza:
riscossione benefici economici
dichiarazioni a soggetti diversi da P.A. o gestori di servizi pubblici
L’autenticazione può essere redatta da un notaio, cancelliere, segretario comunale, dal dipendente
addetto a ricevere la documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco.
A questi casi se ne aggiungono altri previsti da norme specifiche.
I soggetti autorizzati ad autenticare sono:
notaio
cancellerie
giudice di pace
segretario comunale
qualsiasi funzionario incaricato dal Sindaco
Sindaco e gli altri amministratori.
L’autentica da parte del Comune può essere fatta solo nei casi in cui la P.A. è parte e non per
rapporti che interessano esclusivamente i privati.
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CGIL 2018
L’art. 4 disciplina la sottoscrizione da parte di incapaci. Sia nel caso che si tratti di incapacità dal
punto di vista giuridico che dal punto di vista fisico19, e pertanto persone che non sanno o non
possono firmare, il pubblico ufficiale attesta senza testimoni, dopo avere accertato l’identità del
dichiarante, che la dichiarazione è resa dall’interessato. La causa dell’impedimento, a tutela della
privacy, non deve essere specificata in quanto potrebbe trattarsi anche di dati sensibili 20. Tali
disposizioni non si applicano in caso di dichiarazioni fiscali.
Se l’interessato è soggetto alla potestà dei genitori, a tutela, o a curatela, le dichiarazioni e i
documenti previsti dal presente testo unico sono sottoscritti rispettivamente dal genitore esercente la
potestà, dal tutore, o dall’interessato stesso con l’assistenza del curatore (art. 5).
Copie autentiche - art. 18
L’autentica di copia, totale o parziale di atti o documenti, consiste nell’attestazione di conformità
della copia con l’originale del documento ed ha lo stesso valore giuridico dell’originale. Il pubblico
ufficiale da cui l’atto è stato emesso o presso cui è depositato (oppure il notaio, cancelliere,
segretario comunale, o altro funzionario incaricato dal Sindaco) attesta che la copia da lui
autenticata è identica al documento originale. In questo modo la copia autenticata ha lo stesso
valore del documento originale. L’attestazione di copia autenticata viene prodotto su ogni foglio dal
pubblico ufficiale che pone la sua firma, generalità, qualifica e timbro. La legge non prevede che si
possano autenticare copie di copie. Si possono autenticare copie di atti in giacenza presso le P.A. o
copie di atti in possesso dei cittadini. Tali copie autentiche sono utilizzate dalle P.A., dai gestori di
pubblici servizi e dai privati che vi acconsentono (artt. 2 e 71). Il regime fiscale prevede che si
rilascino copie autentiche in carta libera solo se previsto dalla legge [ad esempio esenzione bollo in
caso di atti di concorso].
Talvolta (art. 19) la dichiarazione di conformità all’originale può essere effettuata da un privato per
atti in suo possesso, limitatamente alla copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da
una pubblica amministrazione, di una pubblicazione, di titoli di studio o di servizio, oppure di
documenti fiscali che devono essere obbligatoriamente conservati dal privato (es. per la
dichiarazione dei redditi). In questo caso il privato effettua una dichiarazione sostitutiva di atto
notorio (cfr. art. 47).
Legalizzazione - articoli dal 30 al 33
La legalizzazione è l’attestazione di un pubblico ufficiale dell’autenticità della qualità legale di chi
appone la firma su atti o certificati o copie. La legalizzazione ha quindi lo scopo di attestare che il
documento proviene da una persona con quella qualifica21. Per legalizzare il pubblico ufficiale
deve indicare la data, il luogo, il nome, cognome, la qualifica da lui rivestita e la firma per esteso
con il timbro. Il D.P.R. ribadisce le disposizione della L.15/68.
Legalizzazione della foto (art. 34): le PA competenti alla legalizzazione dei documenti sono tenute
anche a legalizzare le fotografie presentato dall’interessato, che sono esenti bollo.
5. DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE
Dichiarazioni sostitutive di certificazioni - art. 46
Escludendo il caso di incapacità assoluta per il quale è previsto che la persona sia sostituita nell’esercizio delle sue
facoltà da altro individuo che ne eserciti legalmente la potestà al suo posto
20
Interpretazione del Garante della privacy
21
L’autenticazione invece è la verifica dell’identità del firmatario
19
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La dichiarazione sostitutiva di certificazione è il documento sottoscritto dall’interessato, prodotto in
sostituzione di certificati. Si tratta di dichiarazioni con le quali il cittadino fornisce alla P.A. le
informazioni necessarie per emanare un provvedimento, sostituiscono il certificato ed hanno la
stessa validità temporale del certificato che sostituiscono (art. 48). Sono quindi le dichiarazioni in
base alle quali il cittadino può produrre, in sostituzione dei certificati, una dichiarazione che
contenga gli stessi dati presenti nel certificato. Le singole PA forniscono i moduli necessari per
queste dichiarazioni (es.: antimafia), che l’interessato può utilizzare, in cui sono presenti i richiami
alle sanzioni, anche penali, in caso di dichiarazione mendace.
Tali dichiarazioni possono essere rilasciate per tutti gli stati, fatti e qualità elencati all’art. 46, che
hanno la caratteristica di essere informazioni contenute (e quindi eventualmente rintracciabili) in un
qualche archivio, pubblico o privato (es.: titolo di studio) 22. Sono molto semplici da rendere, in
quanto basta scrivere su un foglio le proprie generalità e la dichiarazione, senza necessità di
autentica.
Dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà - art. 47
La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è il documento sottoscritto dall’interessato e
riguarda stati, qualità personali e fatti che sono a conoscenza dell’interessato e che non rientrano
nell’elenco delle certificazioni dell’art. 46 di cui sopra. Tali dichiarazioni possono essere rilasciate
dall’interessato o da altra persona che però ne è a diretta conoscenza e questa è una rilevante novità
rispetto alla normativa previgente, che prevedeva il rilascio di dichiarazioni solo dal diretto
interessato.
E’ possibile altresì “attestare” la conformità fra la copia di un documento e l’originale, purché chi
attesta sia in possesso di quest’ultimo al momento dell’attestazione. La dichiarazione sostitutiva di
atto di notorietà può essere utilizzata anche per comprovare lo “smarrimento” di documenti di
riconoscimento, salvo i casi in cui la legge preveda l’obbligo di denuncia di smarrimento alle forze
dell’ordine. Per attuare questa semplificazione delle autocertificazioni, ogni P.A. ha l’obbligo di
fornirsi di opportuni moduli che il cittadino può utilizzare (art. 48) e nei quali sono contenute tutte
le dichiarazioni possibili e le relative sanzioni in caso di dichiarazione falsa.
Il D.P.R. 445/00 ha innovato la differenza tra dichiarazioni sostitutive di certificati e le
dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà [in precedenza le prime rappresentavano la certificazione
che rilasciava il Comune e le seconde erano l’attestazione di ciò che era a conoscenza
dell’interessato], in quanto, pur mantenendo la stessa logica, ora il requisito per differenziarle è il
fatto che l’elenco delle dichiarazioni sostitutive di certificazione (autocertificazioni) dell’art. 46 è
tassativo, mentre tutte le altre sono dichiarazioni di atto notorio, disciplinate dall’art. 47. Infine si
rileva che le dichiarazioni sostitutive sia di certificazioni che di atti di notorietà sono esenti da
imposta di bollo (art. 37).
Controlli, sanzioni e responsabilità – CAPO V e VI
Le P.A. hanno il divieto di richiedere certificati o atti notori al posto delle dichiarazioni sostitutive.
La mancata accettazione costituisce per il dipendente violazione dei doveri d’ufficio (art. 74).
D’altro canto, la P.A. e i suoi dipendenti, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave, non sono
responsabili nel caso vengano emanati atti basati su dichiarazioni o documenti falsi o non più
aggiornati (art. 73).
Inoltre le P.A. hanno l’obbligo (art. 71):
Di verificare tutti i casi che sono sospetti di veridicità
22
Per questo motivo lo stato di casalinga non può essere oggetto di dichiarazione sostitutiva di certificazione, bensì di
dichiarazione sostitutiva di atto notorio (cfr. art. 47)
A cura di Mariella Bergamini
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Di effettuare controlli, anche a campione, sulla veridicità delle dichiarazioni dei cittadini
individuando idonee regole e metodi per effettuare i controlli. In alcuni casi l’obbligo del controllo
può derivare direttamente dalla legge23.
La semplificazione può dar luogo ad una sorta di inversione dell’onere della prova: prima era il
cittadino che doveva fornire la prova con certificati che si procurava; ora è la P.A. che deve
accettare la dichiarazione del cittadino e deve curarsi di provare che essa sia, eventualmente, falsa.
Le P.A. sono obbligate a effettuare i controlli, non trattandosi quindi di una facoltà, ma di un onere
di ufficio.
In caso di dichiarazioni false il dichiarante non solo perde i benefici per i quali ha inoltrato la
richiesta (art. 75), ma incorre anche in sanzioni penali (art. 76).
Un caso particolare, che non rientra nelle dichiarazioni false, sono le dichiarazioni irregolari che
non producono dati falsi ma che sono incomplete o inesatte e possono essere sanate su richiesta
espressa del responsabile del procedimento (art. 71 c. 3). In mancanza di regolarizzazione o
completamento il procedimento non ha seguito.
Le responsabilità sono quindi da entrambe le parti e cioè da parte della P.A. che riceve
l’autocertificazione e da parte del cittadino che rilascia la sua autocertificazione.
PUBBLICI FUNZIONARI: non sono responsabili di atti mendaci se non nel caso che per dolo o
colpa grave a loro imputabili. Non possono invece rifiutare di accettare le dichiarazioni
sostitutive, mediante esibizione di documenti di riconoscimento. In caso contrario infatti
incorrerebbero in violazione dei doveri di ufficio. Possono essere responsabili per ciò che
attiene la normativa sulle imposte di bollo di cui sono responsabili in solido con il richiedente.
Possono incorrere nella falsità documentale se attestano falsamente o rendono dichiarazioni non
rese a loro di persona
CITTADINI: sono responsabili in caso di dichiarazioni mendaci per le quali si rinvia alle norme
del codice penale e, nei casi più gravi, anche all’interdizione dai pubblici uffici o dalle
professioni o arti.
6. ALTRI ISTITUTI DI SEMPLIFICAZIONE
L’acquisizione diretta di documenti - art. 43
L’accertamento d’ufficio è il più efficace strumento di semplificazione, che nasce con la L. 15/68 e
rende superflua la produzione di certificati e le dichiarazioni sostitutive. Le P.A. non possono
richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti elencati all’art. 46 e che siano
attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare. Per
evitare che l’accertamento d’ufficio diventi un intoppo, le P.A. si devono dotare di processi
informatizzati, fax o qualsiasi altro mezzo telematico: il quadro sarà realizzato quando si potrà
Ad esempio le certificazioni previste all’art. 6 del D.P.R. 447/98 per il SUAP; oppure le Pubblicazioni di
Matrimonio: l’Ufficiale di Stato Civile accetta la dichiarazione dei nubendi ma poi deve verificarne l’esattezza prima di
rilasciare l’atto. Nelle domande rivolte al SUAP l’autocertificazione è consentita per attestare la conformità del progetto
ai vincoli urbanistici, alla sicurezza degli impianti e alla tutela sanitaria e ambientale. La verifica delle dichiarazioni rese
sarà a cura dei vari soggetti preposti (Comune, Asl, Vigili..).
23
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accedere direttamente alle banche dati delle P.A.. Tale disciplina prevede la tutela delle banche dati
che contengono dati ritenuti “sensibili”.24
La documentazione attraverso esibizione di documenti - art. 45
Un ulteriore strumento di grande semplificazione è la possibilità di estrarre dati da documenti esibiti
dai cittadini: tali dati sono quelli - ed esclusivamente quelli – previsti ed elencati all’articolo 45:
cognome e nome
luogo e data di nascita
cittadinanza
stato civile
residenza
Per documento di riconoscimento si intende (art. 35):
carta di identità
passaporto
patente di guida
porto d’armi
libretto di pensione
tessere di riconoscimento con foto e timbro rilasciate da una PA
patentino di conduzione di impianti termici
patente nautica
La modalità di acquisizione dei dati è la semplice fotocopia del documento [anche eventualmente
scaduto se in calce l’interessato ha attestato che i dati riportati non sono variati]. Le P.A. non
possono richiedere certificati attestanti quanto riportato nel documento esibito.
7. IL PROTOCOLLO INFORMATICO
Protocollazione documenti - Capo IV
Per quel che riguarda il protocollo informatico, le disposizioni del D.P.R. 445/00 non sono state
abrogate, bensì riprese dal CAD.
Il tradizionale sistema di protocollo appare inadeguato rispetto all’innovazione amministrativa e
tecnologica che negli ultimi anni ha modificato il modo di lavorare. L’art. 50 del D.P.R. 445/2000
stabilisce l’obbligo per le P.A. di dotarsi di un protocollo informatico, che sostituisce i registri di
protocollo cartaceo e individua gli uffici da considerare ai fini della gestione unica o coordinata dei
documenti per grandi aree. Secondo l’art. 52 il sistema di gestione informatica dei documenti deve
garantire la sicurezza ed integrità del sistema, la corretta e puntuale registrazione di protocollo in
entrata e uscita, fornire informazioni sul collegamento fra il documenti e consentire l’estrapolazione
delle informazioni riguardanti i documenti registrati.
L’art. 53 disciplina, relativamente ad ogni documento, le informazioni da memorizzare (numero di
protocollo, data di registrazione, mittente/destinatario, oggetto, impronta documento informatico)
relativamente ai documenti che devono essere obbligatoriamente protocollati, ossia tutti i documenti
ricevuti e inviati dalle P.A., inclusi quelli informatici. Inoltre individua i documenti esclusi dalla
protocollazione quali G.U., B.U.R., giornali, atti preparatori interni, depliant, opuscoli, libri, riviste.
L’art. 55 del D.P.R. disciplina la formalizzazione sia per l’entrata che per l’uscita dei documenti,
per cui tutte le operazioni servono ad individuare un documento in maniera inequivocabile. L’art.
58 disciplina la possibilità di accesso da parte degli utenti delle P.A. e l’art. 59 quella da parte degli
24
Soltanto altre P.A. e per espressa disposizione di legge possono consultare le banche dati
A cura di Mariella Bergamini
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esterni: gli interni accedono secondo procedure di abilitazione stabilite dal responsabile del
protocollo, gli esterni anche attraverso gli strumenti messi a disposizione dagli U.R.P.
Il numero di protocollo è progressivo per ogni anno solare (art. 57).
Gestione dei flussi documentali - articoli dal 61 al 66
Le P.A. devono gestire i procedimenti amministrativi con sistemi informatici automatizzati. Questa
gestione include il protocollo elettronico informatico e serve ad abbinare ai documenti i fascicoli
che li contengono e i relativi procedimenti.
Archivi – articoli dal 67 al 69
Nasce l’esigenza di organizzare gli archivi secondo il dettato di tali articoli del D.P.R. e cioè:
o archivio di deposito = una volta all’anno per trasferimento da archivio corrente
o conservazione atti = aggiornamento piano conservazione archivi
o archivio storico = conservazione permanente.
A cura di Mariella Bergamini
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COSA SI PUO’ AUTOCERTIFICARE
- la data e il luogo di nascita
- la residenza
- la cittadinanza
- l'esistenza in vita
- lo stato civile (celibe, coniugato, vedovo o stato libero)
- lo stato di famiglia
- il godimento dei diritti civili e politici
- il decesso del coniuge, dell'ascendente o del discendente
- tutti i dati contenuti nei registri di stato civile
TITOLI DI STUDIO E QUALIFICHE PROFESSIONALI
- il titolo di studio
- il titolo di specializzazione, abilitazione, formazione, aggiornamento e qualificazione tecnica
- gli esami sostenuti
- la qualifica professionale
- l'appartenenza a ordini e collegi professionali
SITUAZIONE ECONOMICA, LAVORATIVA E FISCALE
- la situazione reddituale ed economica (anche ai fini della concessione di benefici di qualsiasi tipo)
- la qualità di pensionato e la relativa categoria di pensione
- lo stato di disoccupazione
- la vivenza a carico
- l'assolvimento degli obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto
- il possesso e il numero di codice fiscale e di partita Iva
- gli altri dati contenuti nell'archivio dell'anagrafe tributaria
POSIZIONE GIURIDICA
- la qualità di legale rappresentante di persone fisiche e giuridiche
- la qualità di tutore, curatore e simili
- l'assenza di condanne penali e di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di prevenzione, di decisioni
civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale
- di non essere a conoscenza di procedimenti penali pendenti
- di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato
ALTRE CIRCOSTANZE
- l'iscrizione in albi, registri ed elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni
- l'iscrizione ad associazioni e formazioni sociali di qualsiasi tipo
- la qualità di studente
- tutte le situazioni relative all'adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare
dello stato di servizio
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L’INFORMATIZZAZIONE DEI DOCUMENTI DELLA P.A.: IL C.A.D.
1. L’EVOLUZIONE NORMATIVA
Le problematiche legate all’informatizzazione degli atti e dei documenti della P.A erano state
affrontate fin dal D.P.R. 445/2000 che, nella sua prima stesura, vi dedicava ampio spazio, gettando
le basi per ottenere un sistema informatico capace di collegare tutte le P.A. del territorio. Su tali
aspetti è poi intervenuto il Codice dell’Amministrazione Digitale (C.A.D.) D. Lgs. n. 82/2005 che,
sistematizzando la materia, ha abrogato le norme inserite all’interno del T.U. della documentazione
amministrativa. Il CAD, a sua volta, è stato oggetto di numerose successive modifiche. Si segnala in
particolare che il 14 Settembre 2016 è entrato in vigore il D. Lgs. 179/2016, “Modifiche ed
integrazioni al Codice dell'amministrazione digitale, in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche”, che modifica ed integra il D. Lgs. n. 82/2005 e pone di fatto in atto il
nuovo Codice dell’amministrazione digitale (il cosiddetto “CAD 3.0”). Entro il 14 gennaio 2017
era prevista l’emanazione del decreto ministeriale di coordinamento con le attuali regole tecniche.
L’obiettivo dichiarato del nuovo CAD è quello di rendere più efficace la pubblica amministrazione,
sistematizzando e accelerando il processo di digitalizzazione iniziato oltre quindici anni fa. In
quest’ottica viene prevista la figura del commissario dell’Agenda digitale, nominato dalla
Presidenza del Consiglio, che avrà il compito di garantire l’avanzamento dei progetti previsti e avrà
il potere di svolgere funzione sostitutiva nel caso di inadempienza dell’amministrazione. L’incarico
avrà durata di tre anni25. Nel nuovo CAD è stato dato anche maggior “potere” ad AgID (Agenzia
per l’Italia Digitale), con un ruolo predominante nel definire man mano gli standard e le
tecnologie.
Il nuovo CAD 3.0 si basa (e non poteva essere diversamente) sul Regolamento eIDAS (electronic
IDentification Authentication and Signature) n. 910/2014/UE che si applica a tutti gli effetti dal 1°
Luglio 2016 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni
elettroniche nel mercato interno, che abroga la direttiva 1999/93/CE. Il Regolamento ha permesso
di adottare a livello europeo un quadro tecnico-giuridico omogeneo ed interoperabile nei campi più
importanti e distintivi della digitalizzazione a norma: firme elettroniche, sigilli elettronici,
validazioni temporali elettroniche, documenti elettronici-informatici, i servizi di raccomandata
elettronica e i servizi di certificazione per autenticazione web. L’emanazione del nuovo CAD si è
resa quindi indispensabile, in quanto la normativa italiana in materia risultava in contrasto con
quella comunitaria. Pertanto il CAD 3.0 cancella quasi tutti i riferimenti alla definizione proprie di
firme elettroniche e documenti informatici, lasciando ad eIDAS le definizioni tecniche ed
introducendo il domicilio digitale. Quest’ultimo, combinato col “digital first”, ossia con l’obbligo
per la P.A. di garantire il passaggio in digitale di tutti i procedimenti amministrativi attualmente in
cartaceo, permetterà ai cittadini di entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche senza recarsi
fisicamente agli sportelli ed attraverso un unico punto di accesso, abbattendo tempi e costi.
2. LE PRINCIPALI NOVITÀ DEL “CAD 3.0”
“Digital First”. In base al principio del digital first, a regime le Pubbliche Amministrazioni
saranno obbligate a produrre e trasmettere i propri documenti esclusivamente in modalità
elettronica e in formato digitale. Ciò permetterà anzitutto di realizzare comunicazioni più
25
In sede di prima nomina a coprire la posizione sarà il vicepresidente della piattaforma di e-commerce Amazon Diego
Piacentini, a titolo gratuito per due anni.
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tempestive riducendone il costo (basti pensare che il costo medio annuo di un domicilio
digitale corrisponde al costo sostenuto dalle PA per l’invio di una sola raccomandata). Altre
conseguenze positive della digitalizzazione dei procedimenti amministrativi saranno una
maggiore certezza dei tempi e trasparenza nei confronti dei cittadini e delle imprese.
Domicilio digitale. La digitalizzazione dei rapporti tra cittadini e PA si fonda sul domicilio digitale,
definito nell’articolo 1 come l’indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio di recapito
certificato qualificato secondo le norme eIDAS, che consente la prova al momento della ricezione.
L’articolo 3-bis riconosce ai cittadini la possibilità di indicare al Comune di residenza un domicilio
digitale che come canale esclusivo di comunicazione con l’amministrazione. Quindi il domicilio
digitale è facoltativo per tutti i cittadini, mentre sarà obbligatorio per la PA fornire il cittadino che
non ne possiede uno e sarà altrettanto obbligatorio per la PA usarlo sempre come mezzo esclusivo
di comunicazione. Non si possono utilizzare altri strumenti di domiciliazione digitale che non
garantiscano la certezza della comunicazione. Un’altra novità è che la PEC resta in uso fino a
quando sarà partito ufficialmente e su tutto il territorio il domicilio digitale. Quindi l’invenzione
tutta italiana della PEC, peraltro mai riconosciuta a livello comunitario, tenderà a sparire piano
piano. Al momento comunque la PEC dovrà continuare ad essere usata da professionisti ed imprese
che dovranno quindi comunicare con la PA esclusivamente via PEC o attraverso appunto il
nuovo domicilio digitale.
Firma. Nel nuovo CAD sono state soppresse le definizioni di firma elettronica, firma elettronica
avanzata e firma qualificata, che sono invece contenute nel Regolamento eIDAS, cui rinvia l’art. 1,
comma 1- bis. Resta invece, benché rivista, la definizione di firma digitale, tutta italiana. Nel
Regolamento eIDAS, infatti, sono disciplinate solamente tre delle tipologie di firma elettronica
individuate dal previgente CAD (firma elettronica, avanzata e qualificata). La firma digitale resta
dunque una peculiarità della normativa italiana. Le soluzioni di firma digitale più diffuse sono
tre: Smart Card, Business Key e Firma Remota (mediante telefono cellulare).
Il Regolamento eIDAS disciplina le seguenti tre tipologie di firme elettroniche:
1. Firma Elettronica - dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione
logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare.
Tale definizione ne mette in risalto la funzione dichiarativa: la firma elettronica è usata dal
firmatario “per firmare” e quindi per esprimere la propria adesione al contenuto del documento
informatico firmato26. Per la firma elettronica non è predefinita alcuna caratteristica tecnica, né
specifici livelli di sicurezza. Una firma autografa apposta su un documento poi scansionato ne è già
un esempio.
2. Firma Elettronica Avanzata (FEA) - firma elettronica che soddisfi i seguenti requisiti:
a) è connessa unicamente al firmatario
b) è idonea a identificare il firmatario
c) è creata mediante dati per la creazione di una firma elettronica che il firmatario può, con un
elevato livello di sicurezza, utilizzare sotto il proprio esclusivo controllo
d) è collegata ai dati sottoscritti in modo da consentire l’identificazione di ogni successiva
modifica di tali dati.
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Non viene messa in risalto, quindi, come invece nel previgente CAD, la funzione identificativa della firma, che
veniva utilizzata come metodo di identificazione informatica (individuare e distinguere il soggetto cui la firma
appartiene).
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CGIL 2018
Es.: Un programma a cui si accede mediante user id e password consente di apporre una firma
premendo un apposito pulsante.
3. Firma Elettronica Qualificata (FEQ) – che in aggiunta a quelle di una firma elettronica
avanzata possiede queste caratteristiche:
a) è creata su un dispositivo qualificato per la creazione di una firma elettronica (es.: smart
card, business key, accesso remoto)
b) è basata su un certificato elettronico qualificato
c) ha effetto giuridico equivalente a quello di una firma autografa.
Il Regolamento stabilisce la non discriminazione dei documenti elettronici rispetto ai documenti
cartacei. A livello nazionale le firme elettroniche introdotte da eIDAS comunque non creeranno
disagi per gli attuali possessori di firme digitali.
Oltre a queste tre tipologie, espressamente richiamate, il CAD prevede tuttora anche la firma
digitale, che viene definita come “un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di
chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la
chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di
verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti
informatici”.
EFFICACIA GIURIDICA DELLE FIRME ELETTRONICHE
Firma elettronica
Firma elettronica avanzata, qualificata o
digitale
CAD
Il documento informatico, cui è apposta
una firma elettronica, soddisfa il
requisito della forma scritta. Sul piano
probatorio è liberamente valutabile in
giudizio, tenuto conto delle sue
caratteristiche oggettive di qualità,
sicurezza, integrità e immodificabilità
(art.21)
Garantisce l’identità dell’autore, l’integrità e
l’immodificabilità del documento, ha
l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice
civile (fa prova fino a querela di falso).
L’utilizzo del dispositivo di firma qualificata
o digitale si presume riconducibile al titolare,
salvo che questi dia prova contraria. (art.21)
eIDAS
Non sono negati effetti giuridici per via
della sua forma elettronica. Spetta al
diritto nazionale dei singoli Paesi
europei definire gli effetti giuridici delle
firme elettroniche (art. 25)
Ha un effetto giuridico equivalente a quello
di una firma autografa.
Una firma elettronica qualificata basata su un
certificato qualificato rilasciato in uno Stato
membro è riconosciuta quale firma
elettronica qualificata in tutti gli altri Stati
membri (mutuo riconoscimento).
SPID. Sistema Pubblico di Identità Digitale, che permette di accedere a tutti i servizi online della
Pubblica Amministrazione con un'unica Identità Digitale (username e password) utilizzabile da
computer, tablet e smartphone. Viene meglio precisata la funzione dell’identità digitale, identità
delle persone fisiche (e delle imprese, attraverso le persone fisiche legali rappresentanti) attraverso
cui sarà anche possibile accedere ai servizi ed inviare comunicazioni tramite il domicilio digitale,
A cura di Mariella Bergamini
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CGIL 2018
aprendo la strada alla piattaforma Italia Login come punto unico di accesso. Viene affermato il
ruolo centrale di SPID rispetto alla CIE o alla CNS, ribaltando quindi l’impostazione previgente.
Documento informatico. Viene reintrodotta la definizione di documento informatico: è considerato
tale l’atto che viene sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale che lo rendono
efficace ai fino probatori in linea con quanto previsto dall’articolo 2702 del codice civile.
Conservazione. L’articolo 43 stabilisce che il cittadino non è più obbligato a conservare il
documento informatico conservato per legge dalle amministrazioni e, dunque, può richiederne
l’accesso.
PA "paperless". L’obiettivo finale, inizialmente previsto per il 12 agosto scorso e adesso slittato al
12 dicembre 2016, è quello di portare tutte le P.A. a produrre atti e documenti solo in formato
elettronico, abolendo totalmente il cartaceo.
Processo telematico. Il nuovo CAD si applica al processo (civile, penale, amministrativo, contabile
e tributario) dove non diversamente disposto dal processo telematico.
Moneta elettronica. Il nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale individua nella “moneta
elettronica” il principale strumento di pagamento delle pubbliche amministrazioni, le quali sono
tenute ad accettare, tramite la piattaforma, i pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso sistemi
di pagamento elettronico, ivi inclusi, per i micro-pagamenti, quelli basati sull’uso del credito
telefonico. Possono comunque essere accettate altre forme di pagamento elettronico.
Cultura digitale. Lo Stato deve attuare tutta una serie di iniziative atte ad incentivare la diffusione
della cultura digitale tra i cittadini, avuto il dovuto riguardo ai minori e alle categorie ad alto rischio
di esclusione, anche al fine di determinare un serio incremento e una crescita di competenze di
informatica giuridica e l’utilizzo dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni con azioni
mirate, avvalendosi degli strumenti utilmente messi a disposizione, come ad esempio il servizio
radiotelevisivo.
3. LE DISPOSIZIONI DEL CAD
Analizziamo ora gli articoli di maggior interesse ai nostri fini. Per un approfondimento di tutte le
tematiche inerenti l’informatizzazione della P.A. si rimanda ad un accurato studio dell’ultima
versione della norma in parola.
Art. 1 Definizioni
Carta d'identità elettronica: (CIE) il documento d'identità munito di elementi per l'identificazione
fisica del titolare rilasciato su supporto informatico dalle amministrazioni comunali con la
prevalente finalità di dimostrare l'identità anagrafica del suo titolare
Carta nazionale dei servizi (CNS): il documento rilasciato su supporto informatico per consentire
l'accesso per via telematica ai servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni
Copia informatica di documento analogico: il documento informatico avente contenuto identico a
quello del documento analogico da cui è tratto
Copia per immagine su supporto informatico di documento analogico: il documento
informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto
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CGIL 2018
Copia informatica di documento informatico: il documento informatico avente contenuto
identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di
valori binari
Duplicato informatico: il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo
stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento
originario
Domicilio digitale: l'indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito
certificato qualificato di cui al Regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e
del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni
elettroniche nel mercato interno «Regolamento eIDAS», che consenta la prova del momento di
ricezione di una comunicazione tra la PA e i soggetti giuridici, che sia basato su standard o norme
riconosciute nell'ambito dell'unione europea
Documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di
atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti
Documento analogico: la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente
rilevanti;
Firma digitale: un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche,
una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al
destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la
provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici
Identità digitale: la rappresentazione informatica della corrispondenza tra un utente e i suoi
attributi identificativi, verificata attraverso l'insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale
Posta elettronica certificata: sistema di comunicazione in grado di attestare l'invio e l'avvenuta
consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi (l’invio di
PEC su PEC ha lo stesso valore probatorio di una raccomanda a.r.);
Titolare: la persona fisica cui è attribuita la firma elettronica e che ha accesso ai dispositivi per la
creazione della firma elettronica
Titolare del dato: PA che ha originariamente formato per uso proprio o commissionato ad altro
soggetto il documento che rappresenta il dato, o che ne ha la disponibilità
Interoperabilità: caratteristica di un sistema informativo, le cui interfacce sono pubbliche e aperte,
di interagire in maniera automatica con altri sistemi informativi per lo scambio di informazioni e
l'erogazione di servizi;
Art. 3 Diritto all’uso delle tecnologie – identità digitale – domicilio digitale
Ove veramente messa in pratica e quindi rispettata, la norma rappresenterebbe una modifica
epocale, prevedendo e disponendo che:
1) chiunque ha il diritto di usare le soluzioni e gli strumenti del CAD nei rapporti con le P.A.
soggette al CAD
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2) la P.A. deve gestire i procedimenti amministrativi in modo da consentire al cittadino di
verificare, anche con mezzi telematici, i termini previsti ed effettivi per lo specifico procedimento e
il relativo stato di avanzamento, nonché di individuare l'ufficio e il funzionario responsabile del
procedimento
3) tutti i cittadini e le imprese hanno il diritto all'assegnazione di un'identità digitale, attraverso la
quale accedere e utilizzare i servizi erogati in rete dalla P.A., essere identificati dalle medesime P.A
e di inviare e ricevere comunicazioni e documenti tramite il domicilio digitale del cittadino (art. 3
bis). In assenza del domicilio digitale le PA possono predisporre le comunicazioni ai cittadini come
documenti informatici sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata o avanzata, da
conservare nei propri archivi, ed inviare ai cittadini stessi, per posta ordinaria o raccomandata A.R.,
copia analogica di tali documenti sottoscritti con firma autografa, sostituita a mezzo stampa. Ciò
soddisfa a tutti gli effetti di legge gli obblighi di conservazione e di esibizione dei documenti
previsti dalla legislazione vigente, purché la copia analogica inviata alla persona fisica contenga una
dicitura che specifichi che il documento informatico, da cui la copia è tratta, è stato predisposto e
conservato presso l'amministrazione in conformità alle regole tecniche
Art. 5 Pagamento elettronico
Con l’articolo 5 il legislatore impone alla P.A. di accettare, tramite apposita piattaforma, i
pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso sistemi di pagamento elettronico, ivi inclusi, per i
micro-pagamenti, quelli basati sull'uso del credito telefonico. Resta ferma la possibilità di accettare
anche altre forme di pagamento elettronico, senza discriminazione per lo schema di pagamento
abilitato per ciascuna tipologia di strumento di pagamento elettronico.
A tal fine si dovrà utilizzare una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità
tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, messa a disposizione
dell’AgID, ma alla quale ciascuna regione dovrà collegarsi con una propria piattaforma.
Art. 5-bis Comunicazioni tra imprese e amministrazioni pubbliche
La presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a
fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche avviene esclusivamente utilizzando le
tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Con le medesime modalità le amministrazioni
pubbliche adottano e comunicano atti e provvedimenti amministrativi nei confronti delle imprese.
Artt. 6 e 48 Posta elettronica certificata (PEC)
Fino alla piena attuazione delle disposizioni relative al domicilio digitale, per la trasmissione
telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna
avviene mediante la posta elettronica certificata, con i soggetti che hanno preventivamente
dichiarato il proprio indirizzo ai sensi della vigente normativa tecnica, le pubbliche amministrazioni
utilizzano la posta elettronica certificata. La dichiarazione dell'indirizzo vincola solo il dichiarante e
rappresenta espressa accettazione dell'invio, tramite posta elettronica certificata, da parte delle
pubbliche amministrazioni, degli atti e dei provvedimenti che lo riguardano. La trasmissione del
documento informatico per via telematica equivale alla notificazione per mezzo della posta, salvo
che la legge disponga diversamente. La data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento
informatico trasmesso via PEC sono opponibili ai terzi se conformi alle regole tecniche.
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Artt. 8, 8 bis e 9 Alfabetizzazione informatica dei cittadini - Connettività alla rete Internet
negli uffici e luoghi pubblici - Partecipazione democratica elettronica
Le PP.AA.:
promuovono iniziative volte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini con
particolare riguardo ai minori e alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di
favorire lo sviluppo di competenze di informatica giuridica e l'utilizzo dei servizi digitali
delle pubbliche amministrazioni con azioni specifiche e concrete, avvalendosi di un insieme
di mezzi diversi fra i quali il servizio radiotelevisivo
favoriscono, in linea con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea, la disponibilità di
connettività alla rete Internet presso gli uffici pubblici e altri luoghi pubblici, in particolare
nei settori scolastico, sanitario e di interesse turistico, anche prevedendo che la porzione di
banda non utilizzata dagli stessi uffici sia messa a disposizione degli utenti attraverso un
sistema di autenticazione tramite SPID, carta d'identità elettronica o carta nazionale dei
servizi, ovvero che rispetti gli standard di sicurezza fissati dall'AgID
mettono a disposizione degli utenti connettività a banda larga per l'accesso alla rete Internet
nei limiti della banda disponibile e con le modalità determinate dall'AgID
favoriscono ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore
partecipazione dei cittadini, anche residenti all'estero, al processo democratico e per
facilitare l'esercizio dei diritti politici e civili e migliorare la qualità dei propri atti, anche
attraverso l'utilizzo, ove previsto e nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione
vigente, di forme di consultazione preventiva per via telematica sugli schemi di atto da
adottare.
Il nuovo comma 1 dell’articolo 8 CAD prevede adesso che lo Stato e le PP.AA. debbano
promuovere iniziative volte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini, con
particolare riguardo ai minori e alle categorie a rischio di esclusione. Ciò anche al fine di favorire lo
sviluppo di competenze di informatica giuridica e l'utilizzo dei servizi digitali delle pubbliche
amministrazioni con azioni specifiche e concrete, avvalendosi di un insieme di mezzi diversi fra i
quali il servizio radiotelevisivo. In particolare le PP.AA. dovranno poi favorire la disponibilità di
connettività alla rete internet presso gli uffici pubblici e altri luoghi pubblici, in particolare nei
settori scolastico, sanitario e di interesse turistico, anche prevedendo che la porzione di banda non
utilizzata dagli stessi uffici sia messa a disposizione degli utenti attraverso un sistema di
autenticazione tramite SPID, carta d'identità elettronica o carta nazionale dei servizi.
Artt. 12 e 13. Uso delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni nell'azione
amministrativa. Formazione informatica dei dipendenti pubblici
Le pubbliche amministrazioni devono utilizzare, nei rapporti interni, in quelli con altre
amministrazioni e con i privati, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione. I dirigenti
rispondono dell'osservanza ed attuazione delle disposizioni del CAD, ferme restando le eventuali
responsabilità penali, civili e contabili previste dalle norme vigenti. L'attuazione delle disposizioni
del CAD è comunque rilevante ai fini della misurazione e valutazione della performance
organizzativa ed individuale dei dirigenti. Le pubbliche amministrazioni sono anche tenute ad
attuare politiche di formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all'uso delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione, nonché dei temi relativi all'accessibilità e alle tecnologie
assistive. Tali politiche di formazione sono altresì volte allo sviluppo delle competenze
tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali dei dirigenti, per la transizione alla modalità
operativa digitale.
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Art. 20 Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici
Significative modifiche sono state apportate all’articolo 20 CAD a seguito delle quali:
1) è stato abrogato il comma 1 con il quale si disponeva che “Il documento informatico da chiunque
formato, la memorizzazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici
conformi alle regole tecniche di cui all' articolo 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai
sensi delle disposizioni del presente codice”;
2) il comma 1 bis è stato sostituito e adesso prevede che l’idoneità del documento informatico a
soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in
giudizio, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e
immodificabilità.
Gli altri commi rimangono sostanzialmente invariati:
3 e 4) Le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la copia, la
duplicazione, la riproduzione e la validazione dei documenti informatici, nonché quelle in materia
di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica, sono stabilite dalle
regole tecniche. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se
apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione. Con le medesime regole tecniche sono
definite le misure tecniche, organizzative e gestionali volte a garantire l'integrità, la disponibilità e
la riservatezza delle informazioni contenute nel documento informatico.
5) Restano ferme le disposizioni di legge in materia di protezione dei dati personali.
5-bis.) Gli obblighi di conservazione e di esibizione di documenti previsti dalla legislazione vigente
si intendono soddisfatti a tutti gli effetti di legge a mezzo di documenti informatici, se le procedure
utilizzate sono conformi alle regole tecniche.
Art. 21 Documento informatico sottoscritto con firma elettronica
In base all’articolo 21 del nuovo Codice, la sottoscrizione di un documento informatico con
qualsiasi tipo di firma elettronica sarà sufficiente a soddisfare il requisito della forma scritta e
farà piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni, se colui contro il quale
la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione.
A seguito delle modifiche introdotte, l’articolo 21 CAD sancisce adesso che:
1) il documento informatico su cui è apposta una firma elettronica soddisfa il requisito della forma
scritta e, sul piano probatorio, è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue
caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità. Il legislatore ha disposto
che il requisito della forma scritta è soddisfatto dal documento recante la firma elettronica semplice,
come nella prima versione del CAD.
2) il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale,
formato nel rispetto delle regole tecniche, ha inoltre l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del codice
civile, facendo quindi piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni di chi
l’ha sottoscritta., e l'utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume
riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria;
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
3) viene precisato che restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei
documenti in via telematica, secondo la normativa anche regolamentare in materia di processo
telematico. Tale disposizione non deve essere sottovalutata in quanto introduce il principio di
specialità delle norme del processo telematico, comprese quelle regolamentari (regole e specifiche
tecniche), su quelle del CAD ove poi, per processo telematico, non deve pensarsi che il riferimento
sia solo a quello civile;
4) le scritture private di cui all'articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile27,
salvo il caso di sottoscrizione autenticata, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a
pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale, mentre gli altri atti
specialmente indicati dalla legge. redatti su documento informatico o formati attraverso
procedimenti informatici sono sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata,
qualificata o digitale.
5) ogni altro atto pubblico redatto su documento informatico, fatto salvo quanto previsto dal decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 110 “Disposizioni in materia di atto pubblico informatico redatto dal
notaio” è sottoscritto dal pubblico ufficiale a pena di nullità con firma qualificata o digitale. Le
parti, i fidefacenti, l'interprete e i testimoni sottoscrivono personalmente l'atto, in presenza del
pubblico ufficiale, con firma avanzata, qualificata o digitale ovvero con firma autografa acquisita
digitalmente e allegata agli atti.
Artt. 22, 23 e segg. Copie informatiche, copie analogiche e duplicati di documenti informatici
Gli atti formati con strumenti informatici, i dati e i documenti informatici delle pubbliche
amministrazioni costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su
diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Le copie su supporto
informatico di documenti formati in origine su altro tipo di supporto sostituiscono, ad ogni effetto di
legge, gli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all'originale è assicurata dal funzionario
a ciò delegato nell'ambito dell'ordinamento proprio dell'amministrazione di appartenenza o dal
privato che detiene gli originali, mediante l'utilizzo della firma digitale. I duplicati, le copie, gli
estratti del documento informatico, anche se riprodotti su diversi tipi di supporto, sono validi a tutti
gli effetti di legge, se conformi alle vigenti regole tecniche.
27
Articolo 1350 c.c. Atti che devono farsi per iscritto.
Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità:
1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;
2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie,
il diritto del concedente e dell'enfiteuta;
3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti;
4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali, il diritto di uso su beni immobili e il diritto di
abitazione;
5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;
6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico;
7) i contratti di anticresi;
8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni;
9) i contratti di società o di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali
immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;
10) gli atti che costituiscono rendite perpetue o vitalizie, salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato;
11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari;
12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
I documenti informatici contenenti copia o riproduzione di atti pubblici, scritture private e
documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo, spediti o rilasciati
dai pubblici ufficiali, hanno piena efficacia, ai sensi degli articoli 2714 e 2715 del codice civile,
(ossia fanno fede come l’originale), se ad essi è apposta o associata, da parte di colui che li spedisce
o rilascia, una firma digitale o altra firma elettronica qualificata.
Le copie su supporto informatico di documenti originali non unici formati in origine su supporto
cartaceo o, comunque, non informatico sostituiscono, ad ogni effetto di legge, gli originali da cui
sono tratte se la loro conformità all'originale è assicurata dal responsabile della conservazione
mediante l'utilizzo della propria firma digitale.
I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento
informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle regole tecniche.
Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti
regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro
conformità all'originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò
autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto,
l'obbligo di conservazione dell'originale informatico.
Art. 24 Firma digitale
La firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o
all'insieme di documenti cui è apposta o associata. L'apposizione di firma digitale integra e
sostituisce l'apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere ad ogni
fine previsto dalla normativa vigente.
Per la generazione della firma digitale deve adoperarsi un certificato qualificato che, al momento
della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o sospeso.
L'apposizione a un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma
elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a
mancata sottoscrizione, salvo che lo stato di sospensione sia stato annullato.
Art. 25 Firma autenticata
Si ha per riconosciuta, ai sensi dell'articolo 2703 del codice civile (“sottoscrizione autenticata”), la
firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata autenticata dal notaio o da altro pubblico
ufficiale a ciò autorizzato. L'autenticazione della firma digitale o di altro tipo di firma elettronica
qualificata consiste nell'attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in
sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità del
certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con
l'ordinamento giuridico (art. 25).
Art. 66 Carta d’identità elettronica (C.I.E.)
Ha lo scopo di semplificare le relazioni fra cittadini e P.A. E’ un documento di riconoscimento a cui
vengono aggiunti elementi che la trasformano in una chiave di accesso personale da utilizzare per
vari servizi. Diventa più simile ad una smart card che ad un tesserino identificativo. E’ previsto, in
futuro, l’inserimento di dati necessari per la certificazione elettorale o modalità di pagamenti
informatici. Deve essere una carta utile a consentire la rilevazione del portatore con i dati
identificativi e il codice fiscale e può contenere dati “facoltativi” circa l’aspetto sanitario, la chiave
biometrica per l’utilizzo della firma digitale.
Nella fattispecie all’art. 66 del CAD si afferma che la carta d'identità elettronica e l'analogo
documento, rilasciato a seguito della denuncia di nascita e prima del compimento del quindicesimo
anno di età, devono contenere:
A cura di Mariella Bergamini
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
→ i dati identificativi della persona;
→ il codice fiscale.
Essi inoltre possono contenere, a richiesta dell'interessato ove si tratti di dati sensibili:
l'indicazione del gruppo sanguigno; le opzioni di carattere sanitario previste dalla legge
i dati biometrici con esclusione, in ogni caso, del DNA
tutti gli altri dati utili al fine di razionalizzare e semplificare l'azione amministrativa e i
servizi resi al cittadino, anche per mezzo dei portali, nel rispetto della normativa in materia
di riservatezza
le procedure informatiche e le informazioni che possono o debbono essere conosciute dalla
pubblica amministrazione e da altri soggetti, occorrenti per la firma elettronica.
La carta d'identità elettronica e la carta nazionale dei servizi possono essere utilizzate quali
strumenti di autenticazione telematica per l'effettuazione di pagamenti tra soggetti privati e
pubbliche amministrazioni ma, come abbiamo già detto, sono recessive rispetto allo SPID.
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
CGIL 2018
LA PRIVACY
1. LA NASCITA DEL CONCETTO DI PRIVACY
Prima di affrontare lo studio in dettaglio del D.Lgs. 196/2003 “Codice in materia di protezione
dei dati personali” occorre fare un excursus storico di come si sia arrivato all’emanazione del
codice e dell’evoluzione della normativa, nonché anche una riflessione sul concetto di privacy, che
forse si può tradurre in italiano come diritto alla riservatezza.
Il fondamento giuridico al diritto alla riservatezza può essere ritrovato, per quanto non
esplicitamente, nella Costituzione agli articoli 13, 14, 15 che sono gli articoli con cui la
Costituzione tutela la persona nella sfera fisica, nel domicilio, nella corrispondenza. A questi si
potrebbe aggiungere, secondo altre dottrine, anche l’art. 2 della Cost., che sancisce il
riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che come associato. L’idea di una
normativa che tutelasse la riservatezza delle persone nasce in ambito europeo. Nel 1981 gli Stati
aderenti al Consiglio d’Europa sottoscrissero a Strasburgo la “Convenzione per la protezione delle
persone con riguardo al trattamento automatizzato dei dati personali”, con lo scopo di garantire ad
ogni persona fisica il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali ed in particolare il diritto alla
vita privata. Successivamente, allo scopo di ampliare e meglio precisare i principi della tutela dei
diritti e delle libertà enunciati a Strasburgo, il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno emanato la
direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995 relativa alla “tutela delle persone fisiche con riguardo al
trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati”.
Questi concetti sono nel 1996 entrati nel nostro ordinamento con la L. 675/96, che recepiva ed
ampliava la direttiva comunitaria, ricomprendendo nel trattamento dei dati personali qualunque
operazione svolta con o senza l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati (per cui vi
rientra anche un archivio cartaceo). La L. 675/96 si applicava in tutto il territorio italiano e a
chiunque, stabilito in un paese non dell’U.E., trattasse dati personali con mezzi situati nel nostro
Paese. Quest’ultimo è un necessario adeguamento della legge originale per tutelare i dati con
l’immissione nella rete di internet.
La L. 675/96 quindi aveva, a suo tempo e per la prima volta, introdotto nel nostro ordinamento
giuridico il diritto alla riservatezza, anche se non forniva una definizione della riservatezza, ma si
limitava a regolare il trattamento dei dati personali affinché fosse garantita la riservatezza. Lo scopo
della norma, di fondamentale innovazione, era quello di garantire che il trattamento dei dati
personali si svolgesse nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità della
persona.
Successivamente tutta la materia sulla Privacy è stata nuovamente normata e raccolta nel D.Lgs.
196/2003 “Codice in materia di protezione dei dati personali” - che è entrato in vigore dal 1/1/2004,
abrogando da quella data la L. 675/96. Attualmente l’ultimo aggiornamento risale al settembre
2015.
Il codice è composto da 186 articoli ed è suddiviso in 3 parti:
1. prima parte art. 1 - 45 che pone dei principi generali che valgono per chiunque tratti dati
personali
2. seconda parte art. 46 – 140 che disciplina le disposizioni relativi a specifici settoriali
(giudiziario, forze di polizia, difesa e sicurezza dello Stato, ambito pubblico, ambito
sanitario, istruzione, lavoro e previdenza sociale, sistema bancario e assicurativo,
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comunicazioni elettroniche, libere professioni e investigazione privata, giornalismo e
espressione letteraria e artistica, marketing diretto)
3. terza parte art. 141 – 186 che disciplina la tutela dell’interessato e le sanzioni (tutela
amministrativa e giurisdizionale, Autorità del Garante, sanzioni).
2. IL CODICE SULLA PRIVACY: FINALITÀ E DEFINIZIONI
Fin dal primo articolo, la norma sancisce che chiunque ha diritto alla protezione dei dati
personali che lo riguardano (art. 1). Il Codice sulla privacy vuol garantire che il trattamento dei
dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e della dignità
dell’interessato (art. 2). Pertanto amplia il concetto della L.675/96, in quanto prevede sia il diritto
alla riservatezza dei propri dati personali [non deve essere oltraggiata la sfera intima della
personalità] che il diritto, altresì, che i propri dati personali siano protetti [riguarda quindi la fase
della gestione del dato da parte di terzi ed è il momento in cui scattano limiti e procedure di tutela].
Proprio per questi motivi nei sistemi informativi e informatici i dati personali e identificativi devono
essere ridotti al minimo (art. 3), in base al principio di necessità.
Il Codice inoltre detta le seguenti definizioni (art. 4):
Trattamento: qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuate anche senza l’ausilio
di strumenti elettronici, per la raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, utilizzo,
elaborazione, modificazione, selezione, estrazione, raffronto, utilizzo, interconnessione, blocco,
comunicazione, diffusione, cancellazione e distruzione di dati anche se non registrati in una
banca dati.
Dato personale: qualunque informazione relativa a persona fisica identificata o identificabile,
anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un
numero di identificazione personale.
Dati identificativi: i dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato.
Dati sensibili: i dati personali idonei a rivelare origine razziale, etnica, convinzioni religiose,
filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti e sindacati, ad associazioni o
organizzazioni di carattere religioso, filosofico politico o sindacale e i dati personali idonei a
rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
Dati giudiziari: i dati personali idonei a rivelare provvedimenti in materia di casellario
giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative per reato e dei relativi carichi pendenti, o la
qualità di indagato o imputato ai sensi del codice penale.
Titolare: la persona fisica, persona giuridica, P.A. ente o associazione od organismo cui
competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità
del trattamento dei dati personali, ivi compresa la sicurezza.
Responsabile: persona fisica, persona giuridica, P.A. e qualsiasi altro ente o associazione od
organismo preposti dal titolare al trattamento dei dati personali.
Incaricati: persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal
responsabile.
Interessato: la persona fisica cui si riferiscono i dati personali.
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Comunicazione: il dare conoscenza dei dati personali ad uno o più soggetti determinati diversi
dall’interessato, dal titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli incaricati, in
qualunque forma, anche mediante consultazione o messa a disposizione.
Diffusione: dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma
anche mediante consultazione o messa a disposizione.
Dato anonimo: il dato che in origine, o a seguito di trattamento, non può essere associato ad un
interessato identificato o identificabile.
Blocco: la conservazione di dati personali con sospensione temporanea di ogni altra operazione
del trattamento
Banca dati: qualsiasi complesso organizzato di dati personali, ripartito in una o più unità
dislocate in uno o più siti.
Violazione di dati personali: violazione della sicurezza che comporta, anche accidentalmente, la
distruzione, la perdita, la modifica, la rivelazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali
trattati con strumenti informatici.
Garante: l’Autorità prevista dall’art. 153 e istituita per la prima volta con la legge 675/96
Chiunque, persona fisica o giuridica, italiana o estera, tratti dati personali nel territorio dello Stato, è
soggetto alla normativa vigente in Italia. Il codice disciplina il trattamento di dati personali anche se
sono detenuti all’estero da parte di chiunque si trova nel territorio italiano o in un luogo comunque
soggetto alla sovranità dello Stato (art. 5). Si applica anche al trattamento di dati personali effettuato
da chiunque è stabilito in un paese che non appartiene all’U.E. e che impiega, per il trattamento,
strumenti situati nel territorio italiano anche diversi da quelli elettronici, salvo che essi siano
utilizzati solo ai fini di transito nel territorio dell'Unione europea. Il titolare del trattamento deve
designare un proprio rappresentante, che sia stabilito nel territorio dello Stato, ai fini
dell'applicazione della disciplina sul trattamento dei dati personali. Il trattamento di dati personali
effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all'applicazione del codice
solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Si applicano in ogni
caso le disposizioni in tema di responsabilità e di sicurezza dei dati di cui agli articoli 15 e 31.
3. LE TIPOLOGIE DI DATI
Riprendendo le definizioni di cui sopra i dati personali possono essere suddivisi per tipologia in:
1. dato personale, qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile,
anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un
numero di identificazione personale;
2. dati identificativi, i dati personali che permettono l'identificazione diretta dell'interessato;
3. dati sensibili, i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni
religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati,
associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i
dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (questi ultimi due sono i
cosiddetti dati “supersensibili”);
4. dati giudiziari, i dati personali idonei a rivelare provvedimenti in materia di casellario
giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi
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pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di
procedura penale.
3.1. I DATI “SEMISENSIBILI”
Fin dalla vigenza della L. 675/96, era emersa la problematica che il trattamento di alcuni dati, pur
non rientrando nella categoria dei dati sensibili o di quelli giudiziari, presentava delle criticità (ad
esempio i dati biometrici: le impronte digitali, la topografia della mano, l’impronta vocale, le
caratteristiche del volto, ecc.). Per questo motivo il legislatore previde la possibilità di qualificare
alcuni dati come “semisensibili”.
Questa tipologia di dati oggi è disciplinata dall’art. 17 del D.Lgs.196/03 rubricato “Trattamento che
presenta rischi specifici”. L’analisi di questo articolo presenta alcune difficoltà e non può essere
resa in senso univoco né definitivo. Anzitutto, va sottolineato che il dato semisensibile o, secondo
la più recente dizione introdotta dal Codice Privacy, dato che presenta rischi specifici, si definisce
in negativo, in senso che si ragiona ad esclusione e in modo residuale dicendo quali non sono in
realtà i dati che presentano rischi specifici.
Pertanto, secondo il dettato dell’art. 17, si definiscono dati che presentano rischi specifici quelli che
non appartengono né alla categoria dei dati giudiziari, né a quella dei dati sensibili, ma non sono
semplici dati comuni. Il loro trattamento rappresenta quindi rischi specifici per i diritti e le libertà
fondamentali, nonché per la dignità dell'interessato, in relazione alla natura dei dati o alle
modalità del trattamento o agli effetti che può determinare, ed è ammesso nel rispetto di misure ed
accorgimenti a garanzia dell'interessato, ove prescritti.
Questi dati sono dunque comuni, tuttavia riguardano specifiche categorie in funzione dei beni che
tutelano:
Diritti fondamentali costituzionalmente garantiti (es.: diritto alla vita e all’integrità fisica,
diritto all’immagine, diritto alla riservatezza, ….)
Libertà fondamentali (es.: diritto di associarsi in partiti politici);
Dignità dell’interessato
Il trattamento di questi dati è consentito nel rispetto delle misure e degli accorgimenti
eventualmente prescritti dal Garante per la tutela dei dati personali in applicazione dei principi
sanciti dal Codice, nell'ambito di una verifica preliminare all'inizio del trattamento, effettuata anche
in relazione a determinate categorie di titolari o di trattamenti, anche a seguito di un interpello del
titolare.
4. I DIRITTI DELL’INTERESSATO
L’interessato ha il diritto di conoscere se esistono dati personali che lo riguardano e la loro
eventuale comunicazione. Inoltre ha diritto di ottenere l’indicazione di (art. 7):
Origine dei dati personali
Finalità e modalità trattamento
Logica applicata nel caso di trattamento con strumenti elettronici
Estremi identificativi del titolare e responsabili
Soggetti o categorie ai quali possono essere comunicati i suoi dati
Ha inoltre il diritto di ottenere:
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aggiornamento, rettifica o integrazione dei dati
cancellazione o trasformazione in forma anonima dei dati trattati in violazione di legge
Ha diritto di opporsi, in tutto o in parte, al trattamento dei dati personali che lo riguardano per
motivi legittimi o anche per invio di materiale pubblicitario o vendita diretta o ricerche di mercato.
I diritti dell’interessato possono essere fatti valere dinnanzi a (art. 145):
Garante (vedi oltre)
Autorità Giudiziaria
Non possono essere percorsi entrambi: l’uno esclude l’altro. Infatti, la presentazione del ricorso al
Garante rende improponibile un'ulteriore domanda dinanzi all'autorità giudiziaria tra le stesse parti e
per il medesimo oggetto.
L'interessato ha diritto di ottenere la conferma dell'esistenza o meno di dati personali che lo
riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile. Esercita i
propri diritti mediante richiesta rivolta al Titolare o al Responsabile senza alcun tipo di formalità.
Comunque la legge, all’articolo 8, prevede ed elenca i casi che costituiscono un’eccezione
all’esercizio del diritto di accesso ai propri dati personali previsti all’art. 7, in presenza di condizioni
tassative e superiori che possono verificarsi se i trattamenti di dati riguardano casi particolari, come
ad esempio lo svolgimento di indagine e investigazione. L’esercizio del diritto di accesso non è
tuttavia assoluto: l’art. 8, infatti, pur ribadendolo, lo limita in ipotesi tassative. In questo modo il
legislatore ha operato, a monte, un bilanciamento tra gli interessi coinvolti, stabilendo la prevalenza
di uno rispetto all’altro.
La richiesta per far valere i propri diritti [accesso ai dati, cancellazione, rettifica…] può essere
trasmessa anche mediante lettera raccomandata, telefax o posta elettronica. L’identità
dell’interessato viene verificata (art. 9). Per garantire l’effettivo esercizio dei diritti il titolare del
trattamento è tenuto ad adottare idonee misure ed in particolare (art. 10) agevolare l’accesso ai dati
personali da parte dell’interessato e semplificare le modalità e ridurre i tempi per il riscontro.
5. LE MODALITA’ DI TRATTAMENTO
I dati devono essere estratti a cura del responsabile e comunicati al richiedente anche oralmente e
offerti mediante strumenti elettronici. Si evince che comunque il trattamento dei dati è subordinato
a regole precise di necessità nel trattamento stesso in quanto la regola generale è ridurre al massimo
l’utilizzo di dati. [vedi anche art. 3 – principio di necessità]
I dati personali oggetto di trattamento devono essere (art. 11):
trattati in modo lecito e corretto
raccolti e registrati per scopi determinati espliciti e legittimi
esatti e aggiornati
pertinenti e completi e non eccedenti rispetto le finalità perseguite dall’amministrazione
conservati in forma che consenta l’identificazione dell’interessato per il tempo necessario allo
scopo.
La violazione di tali regole è sanzionata con l’inutilizzabilità dei dati. Al fine di garantire che i dati
siano trattati lecitamente e correttamente il Garante promuove, nell’ambito delle varie categorie
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interessate e sulla base delle raccomandazioni dell’U.E., la sottoscrizione di codici di deontologia
(art. 12).
La garanzia preventiva all’interessato avviene attraverso l’“informativa” (art. 13) con la quale,
prima della raccolta dei dati, l’interessato viene informato, verbalmente o per iscritto, su:
le finalità e modalità del trattamento
la natura obbligatoria oppure facoltativa del conferimento dei dati
le conseguenze di un eventuale rifiuto a rispondere
i soggetti o categorie ai quali possono essere comunicati i dati
i diritti dell’interessato
gli estremi per identificare il titolare e, ove designato, il rappresentante nel territorio italiano
[previsto all’art. 5] o il responsabile nominato per il rispetto dell’esercizio dei diritti
dell’interessato [previsto all’art. 7].
Nel caso in cui i dati personali siano raccolti presso l’interessato, l’informativa gli è resa nel
momento stesso in cui vengono registrati i dati o quando vengono comunicati tranne i casi previsti
dall’art. 24 tra i quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, si ricordano i seguenti:
i dati sono trattati per obbligo di legge, regolamento o normativa comunitaria
i dati sono trattati per lo svolgimento di investigazioni
l’informativa all’interessato comporta un impiego di mezzi che il Garante dichiara
sproporzionati rispetto al diritto tutelato [in questo caso comunque prescrive misure che
siano adeguate al trattamento] oppure lo giudica impossibile.
L’informativa non è dovuta in caso di ricezione di curricula spontaneamente trasmessi dagli
interessati per l’eventuale instaurazione di un rapporto di lavoro. Se all’invio del CV fa seguito un
primo contatto, il titolare del trattamento è tenuto a fornire all’interessato, anche verbalmente,
un’informativa breve (finalità e modalità del trattamento dei dati; soggetti cui vengono divulgati o
che ne possono venire a conoscenza; gli estremi identificativi del titolare).
Il Codice prevede, all’art. 161, che la mancata o inidonea informativa all’interessato costituisce una
grave violazione ai principi dell’art. 13 ed è punita con sanzione amministrativa [pagamento di una
somma da seimila a trentaseimila euro].
Esistono inoltre altre tutele: i limiti all’utilizzabilità dei dati personali che sono volti a definire la
personalità dell’interessato (art. 14) e la previsione che chiunque causi danno ad altri per effetto
del trattamento dati è tenuto al risarcimento (art. 15).
Infine la legge stabilisce che in caso di cessazione di un trattamento i dati devono essere (art. 16):
distrutti o ceduti ad altro titolare per un trattamento compatibile con gli scopi per cui sono
stati raccolti
conservati per fini personali e non destinati a nessuna comunicazione o diffusione
conservati o ceduti ad altro titolare per scopi storici, statistici o scientifici in conformità con
leggi e codici di deontologia
Il trattamento dei dati - diversi da quelli sensibili e giudiziari - che determina rischi per i diritti e le
libertà fondamentali e per la dignità dell’interessato può essere attuato solo seguendo misure di
garanzia, ove prescritte dal Garante (art. 17). Si tratta dei dati che in precedenza il legislatore aveva
individuato nei dati semi sensibili di cui si è sopra accennato.
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6. LE DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Le disposizioni degli articoli dal 18 al 22 riguardano espressamente tutti i soggetti pubblici (esclusi
quelli economici).
Il trattamento dei dati personali da parte di soggetti pubblici è possibile solo per lo
svolgimento delle funzioni istituzionali (art. 18). Il soggetto pubblico:
osserva i principi e limiti del codice [per il consenso vedi quanto precisato all’art.24], della
legge e dei regolamenti, incluse le disposizioni sulla comunicazione e diffusione dell’art. 25
non deve richiedere il consenso dell’interessato (eccezione è quanto previsto per le
professioni sanitarie e organismi sanitari pubblici come previsto nella Parte II del Codice).
Dati né sensibili né giudiziari (art. 19)
Il trattamento di dati che non siano né sensibili né giudiziari, da parte di un soggetto pubblico, è
consentito anche in mancanza di legge o regolamento che lo prevedano espressamente, fermo
restando che il trattamento di dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito esclusivamente
per lo svolgimento delle funzioni istituzionali (art. 19).
La comunicazione di questi dati da parte di un soggetto pubblico ad altri soggetti pubblici è
ammessa quando è prevista da una legge o da un regolamento, oppure se è necessaria per lo
svolgimento di funzioni istituzionali.
La comunicazione ad un privato (che naturalmente non sia l’interessato) o ad un ente pubblico
economico e la diffusione dei dati sono ammesse solamente quando previste da legge o
regolamento.
Dati sensibili (art. 20)
Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da
espressa disposizione di legge che specifichi quali tipi di dati e le relative operazioni da
effettuare che possono essere eseguite per finalità di rilevante interesse pubblico.
Se il trattamento è previsto da legge che specifica solo le finalità di interesse pubblico ma non
dettaglia né i tipi di dati sensibili né le operazioni possibili, il trattamento è consentito solo in
riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati con un apposito regolamento.
Se il trattamento non è previsto da legge i soggetti pubblici possono richiedere al Garante di
individuare le attività che perseguono finalità di interesse pubblico e per le quali è autorizzato il
trattamento di dati sensibili.
Dati giudiziari (art. 21)
Il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da
espressa disposizione di legge oppure provvedimento del Garante che devono specificare tutti
i tipi di dati, le operazioni eseguibili e le finalità di interesse pubblico.
Il trattamento dei dati giudiziari è altresì consentito quando è effettuato in attuazione di protocolli
d'intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata stipulati con il
Ministero dell'interno o con i suoi uffici periferici (Questura, Prefettura), previo parere del Garante
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per la protezione dei dati personali, che specificano la tipologia dei dati trattati e delle operazioni
eseguibili.
Si applicano anche per questi dati le disposizioni all’art. 20 di cui sopra.
Dati sensibili e dati giudiziari (art. 22)
I soggetti pubblici nel trattamento di dati sensibili e di dati giudiziari devono tutelare qualsiasi
violazione dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dell’interessato. La raccolta dei dati,
di regola, deve avvenire presso quest’ultimo. Inoltre nell’informativa prevista all’art. 13 deve essere
sempre fatto esplicito riferimento alla normativa in base alla quale è effettuato il trattamento.
I soggetti pubblici possono trattare i dati sensibili e i dati giudiziari soltanto quando sono
indispensabili per svolgere attività istituzionali e pertanto devono valutare il rapporto tra i dati
necessari e gli adempimenti richiesti. I dati che, a seguito di verifiche, risultano eccedenti o non
pertinenti e non indispensabili non possono essere utilizzati, salvo che per la conservazione dell’atto
che li contiene. In questo caso i soggetti pubblici sono autorizzati solo alle operazioni di trattamento
indispensabili per perseguire tali finalità. I dati sensibili e giudiziari che sono contenuti in elenchi,
registri o banche dati tenuti con strumenti elettronici sono trattati con tecniche di cifratura o codici
identificativi per non essere letti da chi non autorizzato.
I dati sulla salute (che non possono essere diffusi) o sull’orientamento sessuale devono essere
conservati separati da altri dati personali che sono utilizzati per finalità che non riguardano i
dati di salute e vita sessuale.
Le finalità di rilevante interesse pubblico (art. 62 - 64 – 65 – 66 – 67 – 68 – 69 – 70 – 71 – 73)
Si considerano finalità di rilevante interesse pubblico il trattamento di dati concernenti:
La tenuta di registri dello stato civile, dell’anagrafe (sia residente in Italia che dei cittadini italiani residenti
all’estero) e delle liste elettorali
Il rilascio di documenti di riconoscimento
Il cambiamento delle generalità
Le discipline in materia di cittadinanza, immigrazione e asilo
La condizione di straniero, profugo e rifugiato
La disciplina in materia di elettorato attivo e passivo
L’applicazione delle disposizioni tributarie e delle norme in materia di sanzioni amministrative e ricorsi
La verifica della legittimità, buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa
La disciplina in materia di benefici economici e agevolazioni e per il conferimento onorificenze e ricompense
L’applicazione della normativa antimafia
La disciplina in materia di rapporti tra soggetti pubblici e organizzazioni di volontariato
I rapporti con gli enti di culto
Gli interventi socio-assistenziali
Le attività che la legge demanda ad un soggetto pubblico (come nido, leva, alloggi)
L’accesso a documenti amministrativi (art. 59)
I soggetti pubblici possono comunicare i dati personali che trattano a privati soltanto se la
comunicazione sia prevista espressamente da norme di legge o regolamento (art. 19 c. 3). L’accesso
a documenti amministrativi nei trattamenti di dati effettuati in ambito pubblico rimane disciplinato
dalla L. 241/90 per ciò che riguarda i presupposti, le modalità e i limiti, ad eccezione di ciò che
riguarda il trattamento di dati che rivelano lo stato di salute o la vita sessuale.
In questi casi è possibile l’accesso ai documenti amministrativi solo se la situazione giuridica
sottesa alla richiesta riguarda uno dei seguenti casi (art. 60):
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è almeno pari ai diritti dell’interessato
si tratta di un diritto della personalità
si tratta di una libertà fondamentale e inviolabile.
La P.A., quando è investita da una richiesta di accesso a documenti amministrativi che contengono
informazioni relative alla sfera privata di altri soggetti, ha il compito di effettuare per prima il
bilanciamento tra riservatezza e accesso. In questa operazione di bilanciamento i criteri sono
rappresentati dalle leggi e, se insufficienti, dal principio di ragionevolezza.
Trasparenza e riservatezza sono entrambi valori costituzionalmente protetti, che però possono
trovarsi in conflitto; tale conflitto dovrà essere definito caso per caso. Ove il bilanciamento
effettuato dalla P.A. non sia soddisfacente per l’interessato, questi potrà ricorrere al Giudice.
La conciliazione tra esigenze di trasparenza e di accesso agli atti amministrativi spetta tanto al
legislatore che alle Pubbliche Amministrazioni in sede regolamentare.
7. LE DISPOSIZIONI PER I PRIVATI
Il trattamento dei dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo
con il consenso espresso dell’interessato che può riguardare l’intero trattamento o una sola o più
operazioni (art. 23).
Il consenso è valido se:
È espresso liberamente
E’ documentato per iscritto
Sono state rese all’interessato le informazioni di cui all’art. 13.
Per i dati sensibili il consenso deve essere necessariamente espresso in forma scritta.
Il consenso non è richiesto quando il trattamento (art. 24):
►
►
►
►
►
►
►
►
►
è necessario per adempiere ad un obbligo di legge
è necessario per l’esecuzione di obblighi derivanti da contratto nel quale è parte l’interessato
riguarda dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque
riguarda dati necessari per la salvaguardia della vita o incolumità fisica di un terzo. Se riguarda
invece l’interessato e questo non può prestare il suo consenso per impossibilità fisica o altra
incapacità, il consenso è manifestato da chi esercita la potestà o da un prossimo congiunto o
familiare o convivente o dal responsabile della struttura ove dimora
è necessario ai fini delle investigazioni difensive o per far valere un diritto in sede giudiziaria
(no diffusione)
nei casi individuati dal Garante, sulla base dei principi sanciti dalla legge, per perseguire un
interesse legittimo del titolare o terzo destinatario dei dati, qualora non prevalgano i diritti e le
libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell’interessato (no diffusione);
riguarda dati raccolti da associazioni, enti o organismi senza scopo di lucro in riferimento ai
soggetti aderenti ma con esclusione della comunicazione e diffusione all’esterno
è necessario in base ai codici di deontologia per scopi scientifici o statistici o scopi storici
riguarda dati di CV conferiti spontaneamente.
La comunicazione e la diffusione a terzi sono vietate nei seguenti casi (art. 25):
divieto disposto dal Garante
divieto disposto dall’autorità giudiziaria
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dati personali per cui è stata ordinata la cancellazione
dati personali per cui è decorso il tempo di utilizzo
dati utilizzati per finalità diverse da quelle indicate nella notificazione del trattamento
I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento (art. 26), nel rispetto dei limiti di legge, se
esistono 2 condizioni:
consenso scritto dell’interessato
autorizzazione preventiva del Garante al trattamento
Il Garante comunica la propria decisione di autorizzazione al trattamento entro 45 giorni dalla
richiesta. Il silenzio corrisponde a rigetto. Nel caso in cui autorizzi il trattamento, sia con l’atto di
autorizzazione che successivamente può prescrivere misure e accorgimenti a garanzia
dell’interessato e che il titolare è tenuto a rispettare.
ECCEZIONE: non è necessario il consenso scritto né la previa autorizzazione del Garante nei
seguenti casi:
dati relativi ad aderenti confessioni religiose se il trattamento è effettuato dai relativi
organi e a condizione che i dati non siano diffusi o comunicati al di fuori delle medesime
confessioni
dati relativi adesioni associazioni o organizzazioni a carattere sindacale o di categoria o
confederazioni a carattere sindacale
dati contenuti nei CV conferiti spontaneamente.
ECCEZIONE: non è necessario il consenso scritto, ma è necessaria solo la previa
autorizzazione del Garante nei seguenti casi:
per dati personali degli aderenti se il trattamento è effettuato da associazioni, enti o
organismi senza scopo di lucro a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale, ivi
compresi partiti e movimenti politici per scopi determinati e legittimi previsti nell’atto
costitutivo o statuto, sempre che i dati non siano né comunicati né diffusi all’esterno.
quando il trattamento è necessario per la salvaguardia della vita o l’incolumità fisica di un
terzo. Se riguarda invece l’interessato e questo non può prestare il suo consenso per
impossibilità fisica o altra incapacità, il consenso è manifestato da chi esercita la potestà o
da un prossimo congiunto o familiare o convivente o dal responsabile della struttura ove
dimora
quando il trattamento è necessario per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per far
valere un diritto in sede giudiziaria
quando è necessario per adempiere a specifici obblighi di legge per la gestione del rapporto
di lavoro anche in materia di igiene e sicurezza del lavoro.
I dati che rivelano lo stato di salute non possono essere diffusi.
Il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti privati è consentito solo se autorizzato da
espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di
interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e le operazioni eseguibili.
8. I SOGGETTI CHE EFFETTUANO IL TRATTAMENTO DEI DATI
Il Titolare del trattamento (art. 28), se effettuato da persona giuridica o pubblica amministrazione
o ente, associazione – è colui che esercita un potere decisionale autonomo sulle finalità e
modalità del trattamento anche dal punto di vista della sicurezza.
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DIRITTO AMMINISTRATIVO
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Il Responsabile è designato dal Titolare (art. 29). È una figura facoltativa e ove nominato è
individuato fra coloro che hanno esperienza ed affidabilità. Se necessario per esigenze organizzative
possono essere designati più responsabili. I compiti del Responsabile sono specificati per scritto
dal Titolare, che vigila sul suo operato.
Le operazione di trattamento possono essere effettuate solo da Incaricati (art. 30), che agiscono
sotto la diretta autorità del Titolare o del Responsabile. Sono designati per iscritto.
I dati personali oggetto di trattamento sono custoditi e controllati in modo da ridurre al minimo i
rischi di distruzione o perdita anche accidentale o di accesso non autorizzato o di trattamento non
consentito o difforme dalle finalità (art. 31).
Il Titolare notifica al Garante il trattamento dei dati personali solamente se il trattamento
riguarda (art. 37):
dati genetici, biometrici o che indicano la posizione geografica della persona
dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale [procreazione assistita, banche dati, indagini
epidemiologiche, rilevazione malattia mentale, infettiva, sieropositività, trapianto organi…]
dati idonei a rilevare la vita sessuale o la sfera psichica trattati da associazioni o enti a carattere politico,
filosofico, religioso o sindacale
dati trattati con l’ausilio di strumenti elettronici per definire il profilo o la personalità dell’interessato o
per analizzare abitudini o scelte di consumo o per monitorare l’utilizzo di servizi di comunicazione elettronica
ad esclusione dei trattamenti indispensabili per fornire i servizi agli utenti
dati sensibili registrati in banche di dati a fine di selezione di personale per conto terzi e dati sensibili
utilizzati per sondaggi di opinione, ricerche di mercato
dati registrati in apposite banche gestite con strumenti elettronici e relativi al rischio di solvibilità
economica, situazione patrimoniale, comportamenti illeciti o fraudolenti.
La notificazione (art. 38) è presentata al Garante prima dell’inizio del trattamento, una volta sola (a
prescindere dal numero di operazioni e dalla durata del trattamento).
9. MISURE DI SICUREZZA DEI DATI E DEI SISTEMI
Il Titolo V del Codice (artt. 31- 36) affronta il tema dei dati trattati con tecnologie informatiche.
L’art. 31 sancisce che i dati personali oggetto di trattamento siano custoditi e controllati in modo da
ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di
distruzione o perdita, anche accidentale, degli stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non
consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
L’art. 32 pone obblighi precisi in capo ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica
accessibili al pubblico. Con tale termine si intendono quei soggetti che realizzano esclusivamente,
o prevalentemente, una trasmissione di segnali su reti di comunicazioni elettroniche, a prescindere
dall'assetto proprietario della rete, e che offrono servizi a utenti finali secondo il principio di non
discriminazione (cfr. Garante per la Protezione dei dati Personali - Linee guida in materia di
attuazione della disciplina sulla comunicazione delle violazioni di dati personali - Consultazione
pubblica - 26 luglio 2012 )28. In particolare, i soggetti che operano sulle reti di comunicazione
28 Non rientrano tra tali soggetti:
- coloro che offrono direttamente servizi di comunicazione elettronica a gruppi delimitati di persone (come, a titolo
esemplificativo, i soggetti pubblici o privati che consentono soltanto a propri dipendenti e collaboratori di effettuare
comunicazioni telefoniche o telematiche). Tali servizi, pur rientrando nella definizione generale di "servizi di
comunicazione elettronica", non possono essere infatti considerati come "accessibili al pubblico".
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elettronica garantiscono che i dati personali siano accessibili soltanto al personale autorizzato per
fini legalmente autorizzati. Il fornitore del servizio di comunicazione elettronica è tenuto ad
informare i contraenti, il Garante e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni qualora sussista
un particolare rischio di violazione della sicurezza della rete. L’art. 32 bis disciplina gli
adempimenti conseguenti ad una violazione di dati personali. L’art. 33 ribadisce che i titolari del
trattamento sono comunque tenuti ad adottare le misure minime volte ad assicurare un livello
minimo di protezione dei dati personali. L’art. 34 stabilisce le misure minime di sicurezza per il
trattamento di dati personali con strumenti elettronici, mentre l’art. 35 disciplina il trattamento di
dati personali effettuato senza l’ausilio di strumenti elettronici.
Il trattamento di dati personali effettuato con strumenti elettronici è consentito (art. 34) solo se sono
adottate le seguenti misure minime :
autenticazione informatica;
adozione di procedure di gestione delle credenziali di autenticazione;
utilizzazione di un sistema di autorizzazione;
aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito del trattamento consentito
ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti
elettronici;
protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto a trattamenti illeciti di dati,
ad accessi non consentiti e a determinati programmi informatici;
adozione di procedure per la custodia di copie di sicurezza, il ripristino della
disponibilità dei dati e dei sistemi;
adozione di tecniche di cifratura o di codici identificativi per determinati trattamenti
di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale effettuati da organismi
sanitari.
Il trattamento di dati personali effettuato senza l'ausilio di strumenti elettronici (art. 35) è consentito
solo se sono adottate le seguenti misure minime:
aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito del trattamento consentito
ai singoli incaricati o alle unità organizzative;
previsione di procedure per un'idonea custodia di atti e documenti affidati agli
incaricati per lo svolgimento dei relativi compiti;
previsione di procedure per la conservazione di determinati atti in archivi ad accesso
selezionato e disciplina delle modalità di accesso finalizzata all'identificazione degli
incaricati.
Il Titolo X (artt. 121-134) riguarda le comunicazioni elettroniche. In particolare, il capo II, rubricato
“Internet e reti telematiche”, prevede che il Garante promuova la sottoscrizione di un codice
deontologico e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato dai fornitori di
- i titolari e i gestori di esercizi pubblici o di circoli privati di qualsiasi specie che si limitino a porre a disposizione del
pubblico, di clienti o soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni, anche telematiche, ovvero punti di
accesso a Internet utilizzando tecnologia senza fili, esclusi i telefoni pubblici a pagamento abilitati esclusivamente alla
telefonia vocale;
- i gestori dei siti Internet che diffondono contenuti sulla rete (c.d. "content provider"). Essi non sono, infatti, fornitori
di un "servizio di comunicazione elettronica" come definito dall'art. 4, comma 2, lett. e) del Codice. Tale norma, infatti,
nel rinviare, per i casi di esclusione, all'art. 2, lett. c) della direttiva 2002/21/Ce cit., esclude essa stessa i "servizi che
forniscono contenuti trasmessi.
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servizi di comunicazione ed informazione offerti mediante reti di comunicazione elettronica, al fine
di garantire una più ampia trasparenza e correttezza nei confronti degli utenti.
10. IL GARANTE
Il Garante opera in piena autonomia e indipendenza di giudizio (art. 153). E’ un organo collegiale
costituito da quattro membri, eletti dal Parlamento, che rimangono in carica per un mandato di
sette anni non rinnovabile.29
Le principali funzioni del Garante sono (art. 154):
controllare se i trattamenti sono effettuati nel rispetto delle norme nel rispetto della
disciplina applicabile e in conformità alla notificazione, anche in caso di loro cessazione e
con riferimento alla conservazione dei dati di traffico
esaminare i reclami e le segnalazioni e provvedere sui ricorsi
prescrivere ai titolari dei trattamenti anche le misure necessarie per rendere conforme alle
norme il trattamento
vietare il trattamento illecito o non corretto
promuovere la sottoscrizione di codici
denunciare i fatti che si configurano in reati
Inoltre il Garante promuove la sottoscrizione di codici di deontologia per il trattamento di dati
personali che provengono da registri, archivi, elenchi, atti o documenti che sono detenuti sia da
soggetti pubblici che da soggetti privati. A tale proposito si segnala che i dati personali (che non
siano dati sensibili o giudiziari), il cui inserimento è obbligatorio in un albo professionale per
volontà di una legge, possono essere diffusi e comunicati a soggetti pubblici e privati.
Il reclamo e la segnalazione
L’interessato, per tutelarsi, può rivolgersi al Garante con (art. 141):
a) reclamo (art. 142)
b) segnalazione (se non può effettuare il reclamo)
c) ricorso
a)
Il reclamo è una forma di tutela, azionabile presso il Garante, quando l’interessato, o
un’associazione che lo rappresenti, sia in grado di indicare in maniera piuttosto dettagliata la
violazione subita, le norme che si asseriscono violate, oltre agli estremi del Titolare, del
Responsabile o dell’incaricato. Dal punto di vista formale non comporta nessun onere, salvo la
sottoscrizione, da parte dell’interessato, oltre che l’allegazione dei materiali istruttori. Il reclamo
quindi è dettagliato sia per i fatti che per le norme violate e per i dati relativi al titolare e del
responsabile. Deve essere sottoscritto dagli interessati (art. 142).
b)
La segnalazione (art. 144) è una modalità di ricorso al Garante sostanzialmente affine al
reclamo, ma è meno dettagliata di quest’ultimo. L’interessato, in sostanza, si limita a presentare al
Garante una segnalazione quando la sua conoscenza dei fatti, delle norme violate o degli estremi
identificativi del Titolare, Responsabile o Incaricato non siano complete. E’ volta ad ottenere gli
stessi effetti del reclamo, dal quale si differenzia solo perché l’interessato non è in grado di fornire
al Garante elementi circostanziati e documenti atti a comprovare l’asserita violazione. È uno
strumento sollecitatorio volto a far attivare il Garante.
29
Fonte: sito del Garante.
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c)
Mediante il ricorso (art. 145) l’interessato può far valere i propri diritti specifici ed ottenere
la cessazione del comportamento illegittimo. Il ricorso può essere presentato in via alternativa, per il
medesimo oggetto al Garante o al Giudice Ordinario (a pena di improponibilità). Non possono
essere percorsi entrambi: l’uno esclude l’altro. Infatti, la presentazione del ricorso al Garante
rende improponibile un'ulteriore domanda dinanzi all'autorità giudiziaria tra le stesse parti e per il
medesimo oggetto. Il Ricorso, rispetto al reclamo e alla segnalazione, comporta oneri formali
maggiormente stringenti (art.147). La mancata pronuncia sul ricorso dopo 60 giorni equivale al
rigetto.
11. FORME DI TUTELA DEI DIRITTI DELL’INTERESSATO
Ricapitolando, ove l’interessato decida di esercitare, ai sensi degli artt. 8 e 9 e 141 e ss. del Codice
Privacy, i suoi diritti, ha tre strade potenzialmente percorribili: amministrativa, presso il Garante,
giudiziaria.
1. In prima battuta, la modalità più semplice e diretta per esercitare i diritto di cui all’art. 7 del
T.U., è quella di rivolgersi, in via diretta, anche informale, al Titolare o al Responsabile,
anche tramite l’Incaricato (salvi i casi di cui all’art. 7, comma 2).
2. La seconda strada percorribile è quella di invocare la tutela da parte del Garante della Privacy
(artt.141 e ss.), mediante il reclamo, la segnalazione o il ricorso.
3. La terza modalità di tutela di cui l’interessato dispone è il ricorso al giudice ordinario. Il G.O.
ha competenza generale in materia di privacy ed in materia di provvedimenti del Garante
(ricorribili al G.O. entro 30 giorni dalla emanazione, a pena d’inammissibilità). La sentenza del
G.O. non è appellabile, ma solo ricorribile in Cassazione.
Le sanzioni
Le violazioni per la mancata o inidonea informativa all’interessato rappresentano una grave
violazione ai principi del codice e sono punite con sanzione amministrativa [pagamento da seimila
a trentaseimila euro] (art. 161). La mancata notificazione o incompleta comporta la sanzione
amministrativa del pagamento da ventimila a centoventimila euro (art. 163).
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ESEMPI DI CASI DI INTERESSE PUBBLICO
Stato civile, anagrafi e liste elettorali
Cittadinanza, immigrazione e condizione dello straniero
Esercizio dei diritti politici e pubblicità dell'attività di determinati organi
Rapporti di lavoro
Fisco
Verifica e controllo di legittimità, buon andamento e imparzialità dell'attività amministrativa
Istruzione
Benefici economici e abitazioni
Onorificenze, ricompense e riconoscimenti
Volontariato e obiezione di coscienza
Attività sanzionatorie
Tutela della salute, interruzione di gravidanza, tossicodipendenze
Portatori di handicap
Rapporti con enti di culto
Statistiche
Ricerca storica e archivi
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INDICE
LE FONTI DEL DIRITTO .............................................................................................................................................. 2
1. IL CONCETTO DI DIRITTO .................................................................................................................................... 2
2. LA GERARCHIA DELLE FONTI ............................................................................................................................ 3
3. FONTI DI RANGO COSTITUZIONALE ................................................................................................................. 4
4. FONTI DI RANGO PRIMARIO ................................................................................................................................ 5
5. FONTI DI RANGO SUB PRIMARIO ....................................................................................................................... 8
6. FONTI DI RANGO SECONDARIO .......................................................................................................................... 8
6.1. CARATTERISTICHE DEI REGOLAMENTI E DELLE LINEE GUIDA ........................................................... 9
LO STATO ...................................................................................................................................................................... 13
1. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI ............................................................................................................................. 13
2. LA SEPARAZIONE DEI POTERI .......................................................................................................................... 14
3. I BENI PUBBLICI ................................................................................................................................................... 14
DIRITTO AMMINISTRATIVO ................................................................................................................................... 17
1. NOZIONI FONDAMENTALI ................................................................................................................................. 17
2. GLI ATTI AMMINISTRATIVI ............................................................................................................................... 20
2.1. VALIDITÀ, INVALIDITÀ, EFFICACIA ........................................................................................................... 20
2.2. VIZI DI LEGITTIMITA’ ................................................................................................................................... 22
2.3. VIZI DI MERITO.............................................................................................................................................. 22
2.4. RIMEDI DEI VIZI ............................................................................................................................................ 22
3. ELIMINAZIONE DEL VIZIO ................................................................................................................................. 23
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA ............................................................................................................................... 24
1. IL “DOPPIO BINARIO” .......................................................................................................................................... 24
2. LA RIFORMA DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO: LEGGE N. 205 DEL 2000 ............................................ 27
3. IL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO ............................................................................................. 30
LA L. 241/90 .................................................................................................................................................................... 31
1. LA PRIMA LEGGE SUL PROCEDIMENTO E LE SUCCESSIVE MODIFICHE ................................................. 31
2. I PRINCIPI ED I CRITERI ...................................................................................................................................... 31
2.1.
Offrire garanzie al cittadino ..................................................................................................................... 32
2.2.
Sollecitare la partecipazione del cittadino alla formazione del provvedimento ....................................... 35
2.3.
Trasparenza .............................................................................................................................................. 36
2.4.
Semplificazione e celerità amministrativa ................................................................................................ 38
3.
DISPOSIZIONI PER IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO............................................................... 46
4. ACCESSO AGLI ATTI NELLA L. 241/90 .............................................................................................................. 47
5. IL DECRETO TRASPARENZA – D. LGS. 33/2013 E D. LGS. 97/2016................................................................... 51
LA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA - D.P.R. 445/2000.......................................................................... 56
1. IL RAPPORTO FRA IL CITTADINO E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ................................................. 56
2. IL T.U. SULLA DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA – D.P.R. 445/2000 ................................................ 56
3. IL CERTIFICATO ................................................................................................................................................... 58
4. AUTENTICA DI SOTTOSCRIZIONE E DI COPIE, LEGALIZZAZIONE ........................................................... 59
5. DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE ......................................................................................................................... 60
6. ALTRI ISTITUTI DI SEMPLIFICAZIONE ............................................................................................................ 62
7. IL PROTOCOLLO INFORMATICO ...................................................................................................................... 63
L’INFORMATIZZAZIONE DEI DOCUMENTI DELLA P.A.: IL C.A.D. ............................................................. 66
1. L’EVOLUZIONE NORMATIVA ........................................................................................................................... 66
2. LE PRINCIPALI NOVITÀ DEL “CAD 3.0” ........................................................................................................... 66
3. LE DISPOSIZIONI DEL CAD ................................................................................................................................ 69
LA PRIVACY ................................................................................................................................................................. 77
1. LA NASCITA DEL CONCETTO DI PRIVACY..................................................................................................... 77
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2. IL CODICE SULLA PRIVACY: FINALITÀ E DEFINIZIONI .............................................................................. 78
3. LE TIPOLOGIE DI DATI ........................................................................................................................................ 79
3.1. I DATI “SEMISENSIBILI” .............................................................................................................................. 80
4. I DIRITTI DELL’INTERESSATO .......................................................................................................................... 80
5. LE MODALITA’ DI TRATTAMENTO .................................................................................................................. 81
6. LE DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE .................................................. 83
7. LE DISPOSIZIONI PER I PRIVATI ....................................................................................................................... 85
8. I SOGGETTI CHE EFFETTUANO IL TRATTAMENTO DEI DATI .................................................................... 86
9. MISURE DI SICUREZZA DEI DATI E DEI SISTEMI .......................................................................................... 87
10. IL GARANTE ........................................................................................................................................................ 89
11. FORME DI TUTELA DEI DIRITTI DELL’INTERESSATO ............................................................................... 90
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