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Berio - Chemins II su Sequenza VI - Analisi musicale

2019, Berio - Chemins II su Sequenza VI - Analisi musicale

This paper is complex musical analysis on Luciano Berio's composition, Chemins II su Sequenza VI, conceived for a Music University exam.

Anno accademico 2018/2019 Filippo Lepre Analisi musicale Luciano Berio, Chemins II su Sequenza VI 1 2 Indice Introduzione pag. 4 Dal serialismo al gesto, dalla forma alla formazione e trasformazione 3 Premessa all’esposizione analitica pag. 8 Chemins II pag. 10 I sezione pag. 23 II sezione pag. 28 III sezione pag. 33 IV sezione pag. 38 V sezione pag. 39 VI sezione pag. 44 Conclusione pag. 47 Introduzione Dal serialismo al gesto, dalla forma alla formazione e trasformazione. Osservazioni sotto una concezione semiologica della musica Dopo la lunga parantesi del serialismo integrale, sgorgato dal profondo solco dell’esperienza post-weberniana e da Darmstadt irradiatosi nelle prinicipali scuole compositive europee, le attitudini procedurali del grande nume tutelare, Anton Webern, si mostrano ormai esaurite e ridotte a concetti deboli, tanto da perdere ogni funzione di orientamento storico, analitico ed estetico. La nozione combinatoria ed insiemistica su cui si resse la serialità integrale va inquadrata in un’epoca in cui urgeva lo sviluppo di principi costruttivi nuovi, principi che potessero legittimare e dichiarare a gran voce l’avvento della nuova musica con la stessa forza e coerenza con cui lo fece la seconda scuola di Vienna. Da tali premesse emerse la necessità di ascrivere il principio della dodecafonia entro le maglie di una più rigorosa teoria strutturalista, ma l’ordito di tale maglie si rivelò presto troppo stretto, asfissiante ed incapace di fornire una visione poietica e soprattutto significante. Difatti, la ricerca di significato nel repertorio strutturalista venne totalmente sacrificata alla ricerca di una logica costruttiva dell’opera; questo sbilanciamento rese il significato una proprietà immanente alla coerenza del pensiero compositivo e dunque lo ridusse a categoria praticamente nulla. La conseguenza naturale di questa deprivazione di significato fu la negazione dell’ “essere significante” di un’opera dal punto di vista semiologico, ovvero, la negazione del suo livello estesico. Nel secondo dopoguerra, le suesposte circostanze inizieranno a pesare nello ricerca di nuove direzioni poietiche, sicché si svilupperà la necessità di recuperare un livello sintattico della musica, che dal serialismo integrale era stato rimosso. Fra i vari interpreti di questa necessità, Luciano Berio fu uno dei primi a denunciare il dogmatismo e l’empirismo logico del metodo seriale, da lui definito « eccesso di ordine formale estraniato, è stato presto neutralizzato dalla impossibilità obiettiva di articolare strutture significative e di far convergere in esso un ampio tessuto di significazioni ulteriori» 1. Il cambio di paradigmi nel modo di pensare la musica ed in particolare il superamento di quelli seriali è ben espresso nella seguente estrapolazione da ”Aspetti di artigianato formale”, un testo scritto esattamente in quegli anni: 4 «superamento della sensazione di serie di altezze focali e di intervallo a favore di una sensazione di qualità sonore e di registro, considerando questi ultimi gli elementi attivi e determinanti della struttura formale» 2. Uno dei primi portati di queste circostanze sarà la sostituzione dell’interesse combinatorio con quello del “gesto”, concetto molto esteso e decisamente equivoco ma abbastanza forte da assurgere a elemento paradigmatico per l’articolazione della forma e della texture. Il gesto si farà strada come nuovo strumento di libertà compositiva e di intelligibilità semantica, capace di restituire alla musica la sua proprietà linguistica e dunque la sua espressività. In merito si esprime il compositore Marco Uvietta: «Quanto più si definisce nelle riflessioni di Berio il concetto di “gesto”, tanto più si affievolisce l’interesse per la combinatoria seriale, mentre la ricerca sul dato tecnico oggettivo, quantificabile e misurabile, prende la via della musica elettronica» 3. I gesti si ergono così a criteri semantici in grado di “informare” la forma (Berio stesso sarà portato a definirli “gesti”), e la struttura formale viene intesa come lo statuto delle organizzazioni sintattiche rette su questi criteri semantici. Il processo della significazione, nella misura in cui essa è possibile in musica (naturalmente il riferimento è al periodo storico in oggetto), deriva dall’interazione e dalla contestualizzazione di varie componenti semiologiche che seguono una gerarchia; in tal mondo sarebbe possibile ordinare le varie componenti presenti in una composizione secondo un diagramma ad albero: alla base vi sono le unità semiologiche, ovvero le più piccole unità dotate di senso; al di sopra di esse ci sono i gesti, che sono formati dalla ridondanza con cui sono proposte queste unità; l’espansione dei gesti nello spazio e nel tempo musicale li eleva a criteri semantici, poiché capaci di creare il processo di formazione della forma, difatti anch’essi vengono sottoposti a ridondanza; ancor al di sopra vi sono intere organizzazioni semantiche, il cui insieme permette poi la ricostruzione di un senso più prolungato nel tempo, forse impropriamente traducibile con il termine di sezione, microsezione ecc.ecc. Oltre al gesto, i portati di questi mutamenti troveranno ampio sbocco in altri due concetti davvero fondamentali, quelli di trasformazione e di ridondanza. Berio sosteneva che le idee significative in musica fossero il risultato di un sistema in interrelazioni in divenire, e che tale sistema producesse un senso, diacronico e riconoscibile nel tempo, solo se agito da un’energia trasformativa. 5 La nozione beriana di ridondanza e trasformazione viene applicata a tutti i parametri musicali; spesso, quando un parametro viene trasformato, la sua trasformazione determina l’ingresso di una nuova sezione formale del pezzo, per cui la trasformazione è un mezzo funzionale all’organizzazione formale. La ridondanza a livello macro-formale viene intesa come ricorrenza di oggetti che vanno da una singola nota a un testo poetico, da un gesto a una tecnica compositiva, garantendo all’opera coerenza e chiarezza e consentendo che «ogni evento, ogni processo sonoro, sia bagnato dal senso». A tal proposito, una citazione in cui Berio si esprime sui processi di formazione: «Penso che sia più interessante pensare in termini di formazione che di forma. La vera esperienza di arricchimento è la capacità di percepire i processi di formazione e trasformazione, anziché gli oggetti solidi» 4 ed un’estrapolazione da un importante saggio che Uvietta ha dedicato alla gestualità di Berio: «Berio si dimostra interessato, più che alla componente probabilistica, a quella trasformazionale, ovvero al livello dei mutamenti di significato determinati dalla reciproca interazione delle unità sintagmatiche; interesse nel quale è leggibile l’importanza attribuita da Berio in quegli anni al recupero del livello ‘sintattico’ della composizione musicale, laddove il pensiero seriale aveva dichiarato la deliberata intenzione di isolare le unità sonore elementari depurandole da qualunque retaggio semantico» 5. Pertanto, nella poietica di Berio la ridondanza è quella nozione che permette di opporsi al concetto seriale di “non ripetizione”, di differenziazione intesa come condizione imprescindibile per far musica; concetti in cui e per cui il libero arbitrio è in subordine al rigore costruttivo, che “bandisce” per così dire ogni deviazione e strappo alla regola. Tale nozione sarà determinante in composizioni come Sequenza VI, Chemins II, Ricorrenze e molti altri. Qui di seguito alcune dichiarazioni di Berio in proposito: «Ho sempre cercato di confrontarmi colla questione della ridondanza, non tanto per indurre alla previsione del prossimo evento o per frustrare ogni tanto le previsioni , ma per fare in modo che ogni evento, ogni processo sonoro sia bagnato dal senso: che sia dotato di un senso “locale” che rimanda però ad alti sensi su dimensioni temporali diverse» 6. Gesto, trasformazione e ridondanza divengono dunque in Berio i nuovi strumenti di garanzia di senso alla musica, permettendo di restituirle, attraverso la creazione di una matrice semantica, il livello dell’estesica e dunque di tutta quella parte propria dell’ascoltatore che nel serialismo integrale era rimasta totalmente esclusa: «Nelle Lezioni americane, Berio sembra delineare un'attenta metodologia speculativa che guida la sua attività compositiva e a questo scopo 6 emerge l'importanza delle implicazioni linguistiche e semantiche nella musica ...egli tenta di stabilire criteri semantici per il nuovo linguaggio, aprendo alla possibilità di nuove e diverse grammatiche, logiche e, si potrebbe pansare, retoriche» 7. Questi strumenti saranno generatori di un nuovo concetto di polifonia, quello di texture polifonica, uno dei marchi più riconoscibili dello stile che in Berio andrà a costituirsi dalla metà degli anni 50’ in poi. Forse varrebbe la pena di ragionare sul perché il concetto di texture polifonica sia dotato di molta più carica semantica rispetto al concetto di serie e di insieme combinatorio, ma è meglio lasciare questa pena ai semiologi della musica ed ai cognitivisti. Cosa rimarrà allora di seriale nella produzione beriana post-Darmstadt? «A partire dalla metà degli anni Sessanta, nel suo orizzonte compositivo la serialità va intesa solo come bagaglio tecnico a monte, declinato più a funzioni di proliferazione del materiale che al rigoroso contenimento dei livelli di ridondanza dell’informazione sonora» 8. Della serialità, nella produzione post-seriale di Berio è presente un atteggiamento e niente più; tale atteggiamento si manifesta in sistemi di organizzazione del materiale in qualche modo riconducibili a procedure seriali, nel rigore a cui sono sottoposti i gesti ed i processi di trasformazione e ridondanza, dimodoché tutto il materiale concepito venga sfruttato senza lasciare niente al caso. Del concetto di caso ci si occuperà più avanti, durante alcune osservazioni analitiche sugli effetti di indeterminazione associati a scrittura prescrittiva. Poste le suddette premesse sul contesto storico che ha determinato cambi paradigmatici nel pensiero compositivo e sulle implicazioni semiologiche della musica post-darmstadtiana, sarà d’uopo passare dalle premesse alle promesse. 7 Premessa all’esposizione analitica Le metodologie che verranno utilizzate per l’analisi di “Chemins II su sequenza VI” sono due: 1) Analisi secondo i cinque parametri stilistici di Jan LaRue 2) Analisi semiologica di Jean-Jacques Nattiez e Nicolas Ruwet L’applicazione di tali metodologie sarà condotta contemporaneamente, siccome una netta separazione per tipologie di analisi renderebbe il materiale musicale un oggetto sterile e ne comprometterebbe l’illustrazione della proprietà semantica. L’analisi verrà organizzata per sezioni, essendo la densità di informazioni veramente sorprendente, ma solo dopo aver esaminato la composizione per intero, in modo da percepire la maniera in cui e per cui il materiale si organizza, creando il senso della macroforma ed un significato prolungato nel tempo. Leggendo il manuale “Guidelines for style analysis “di Jan LaRue si viene avvertiti del fatto che un’analisi impostata sui cinque parametri da lui proposti arreca il rischio, o il vantaggio di non sapere sotto a quale parametro collocare talune sezioni e passaggi, ciò poiché le suddette categorie analitiche si compenetrano creando zone in cui “le peculiarità di determinate sezioni della composizione possono rientrare sia in una categoria che in un’altra”. Per esempio, un passaggio a scrittura contrappuntistica potrà essere ascritto sia nella categoria della “melodia” che in quella della “sonorità” che in quella dello “sviluppo formale”. Pertanto, onde evitare ripetizioni che possano risultare pleonastiche, laddove le particolarità di una sezione verranno scrutate sotto una determinata categoria, queste non saranno rianalizzate in altre categorie. Tale specificazione vale soprattutto per la musica cosiddetta contemporanea, in cui tutti i parametri si compenetrano ed influenzano a vicenda. Per esempio, al concetto di gesto concorrono specificità che appartengono a più parametri, ove un gesto può essere l’unione di un tremolo (parametro timbrico legato al sound) con una sequenza rapida (parametro del ritmo) e con una figurazione escursiva (parametro della melodia). Siccome della Sequenza VI per viola in Chemins II viene aumentato notevolmente il concetto di trasformazione dei parametri, attraverso la nozione per cui i parametri si influenzano e potenziano a vicenda, durante l’analisi verranno sviluppati continui rimandi con la Sequenza VI, giacché Chemins II ne è l’espansione, l’esplorazione di tutti i livelli sottesi e presenti in 8 potenza, e ne è in ultima istanza l’analisi, secondo il principio beriano per cui il miglior modo di analizzare un pezzo è quello di scriverne un altro. Nelle parole di Uvietta: « L’attitudine di Berio alla riscrittura può essere interpretata anche come una sorta di ‘ridondanza’ dell’intenzionalità, capace di intravedere le infinite possibilità di esistenza di uno stesso materiale» 9. E’ proprio sul concetto di infinite possibilità che la poietica di Berio si dimostra ricca di risorse semantiche, siccome alle infinite possibilità corrispondono infiniti significati dell’interpretante, secondo la teoria semiologica di Charles Sanders Peirce, per cui l’interpretante è anch’egli un segno, siccome il rimando di un segno è infinito. Nelle sue parole: «Un oggetto qualsiasi assume un significato per un individuo che lo apprende quando egli lo pone in relazione con ambiti del suo vissuto, cioè con l’insieme degli altri oggetti che appartengono alla sua esperienza del mondo» 10. L’interpretante, essendo il destinatario dell’opera e colui che vi assiste, nella presente accezione musicale è parte integrante nella fase di simbolizzazione di un testo musicale, siccome egli la interpreta attraverso le esperienze pregresse del suo vissuto, e con esse, attraverso tutte quelle conoscenze e capacità cognitive che gli sono proprie. Ciò naturalmente implica che il ventaglio di interpretazioni in cui si possono riconoscere gli interpretanti sono “idealmente” infinite, anche se nel processo di percezione vi sono dei segni che hanno un rimando comune, specie nella musica tonale, in cui la tonalità tende ad essere poco equivocabile e più unanime sul piano estesico. Umberto Eco si è interessato di alcuni aspetti procedurali eloquenti sull’estetica di Berio ed in proposito notò come il progetto compositivo contenesse un numero di possibilità razionalmente organizzate, orientate e dotate di caratteristiche per i propri sviluppi, poiché, perlomeno in Berio (la volontà di realizzare la serie di Chemins lo dimostra), la composizione è vista come Opera aperta. Quasi tutte le sequenze pertanto sono opere aperte, venendo così inserite in una fenomenologia per cui esse sono il principio per qualcosa di molto più vasto. 9 Chemins II L’analisi di Chemins II non può prescindere dall’individuazione di tre parametri, la cui gestione è il principale elemento procedurale per la costruzione della forma: Alla base di ogni parametro ci sono delle unità semiologiche che ripetendosi, ovvero sottoposte a ridondanza, generano dei gesti. Esse sono cinque: Altrettanti sono i gesti che generano: 10 11 Dalle unità semiologiche pertanto “si risale” ai gesti, dalla gestione dei gesti alle organizzazioni semantiche, ed infine al concetto di sezione. In Chemins II i gesti vengono spesso estesi, se non a tutta la compagine strumentale, a buona parte di essa, raggiungendo così dei momenti di ipertrofia, che verranno esaminati nell’ambito dell’analisi dedicata alle varie sezioni. Ovviamente tali momenti di ipertrofia sono importanti dal punto di vista formale perché ricorrono in punti nodali del pezzo e spesso vanno proprio a caratterizzare le texture delle varie sezioni. Dal punto di vista parametrico è di vitale importanza assimilare l’idea per cui il concetto di “sound” è il principale ingrediente nel pensiero compositivo in atto in Chemins II. Non a caso, Berio stesso, riferendosi alle sue Sequenze ed ai relativi Chemins, insiste su come abbiano in comune l’intento di suggerire un tipo di “ascolto polifonico”, parzialmente basato sul riconoscimento di una rapida transizione fra diverse caratteristiche e sulla iterazione di queste. 12 Sviluppo formale e Sound Si è deciso di unire due dei cinque parametri di LaRue siccome il sound è il parametro più coinvolto nella strutturazione della forma. Data l’imprescindibilità della dimensione percettiva come criterio valutativo e la prevalenza del concetto di “sound”, una divisione formale di Chemins II sarà resa possibile per lo più ascoltando il pezzo con attenzione; in merito faccio riferimento a ”A study of percepition on Sequenza VI for Viola Solo” di Deliège e El Ahmadi, in cui 18 non musicisti e 18 musicisti sono stati invitati a dividere formalmente la Sequenza VI durante l’esecuzione da parte di Walter Trampler, il violista per cui è stata composta. Il criterio di divisione all’ascolto è stato quello dell’intensità sonora, di cui sopra è stato specificato essere uno dei criteri principali. Naturalmente, le considerazioni in merito a Sequenza VI sono valide anche per Chemins II. Qui di seguito il grafico in cui vengono delineate sei sezioni: Questa diretta relazione fra intensità sonora e gestione della forma è solo una della tante; sussiste un rapporto analogo fra suddivisione delle sezioni e gesti dominanti, infatti ogni sezione è caratterizzata da una maggiore o minore presenza di determinati gesti, che in interrelazione fra loro generano il concetto di texture polifonica. Un esempio nel seguente grafico, in cui il tremolo (il primo gesto ad irrompere in partitura) compie un percorso molto chiaro per cui la sua maggiore distribuzione coincide con con una maggiore intensità sonora: 13 Tale nozione, che associa al tremolo una maggior grado di densità armonica ed intensità sonora, e per la quale si potrebbe tranquillamente parlare di “densità di tremolo”, trae origine dal seguente concetto: un’altezza tremolata rispetto alla stessa non tremolata, se a dinamica uguale, sarà più “invasiva” e di conseguenza farà registrare dei valori più alti in termini di densità ed intensità, ciò poiché il tremolo rinnova continuamente l’altezza associatavi, siccome la articola senza interruzioni ed il più rapidamente possibile; ne consegue che un’altezza articolata continuamente, e dunque “tremolata”, è diversa da una nota lunga, perché il transitorio d’attacco si rinnova ogni volta, ed ogni qualvolta che si rinnova esso “lascia una traccia acustica”. Se tale teoria fosse errata, il grafico di cui sopra presenterebbe valori diversi. Un altro analogo parallelismo si ha fra l’uso delle tecniche ordinarie e le sezioni a bassa densità, di cui la III e la VI in particolare. 14 Per tecniche ordinarie s’intendono tutte quelle tecniche che hanno come risultato un suono “puro”, non modulato da effetti quali il tremolo, flatterzunge per i fiati, posizioni dell’arco lontane dall’ordinario come al ponticello, oltre il ponticello, utilizzo del legno dell’arco, pizzicati, armonici, sordine per il trombone, articolazione coll’unghia per l’arpa e quant’altro. Da questo grafico è chiaro come le tecniche tradizionali siano totalmente escluse dalla I e V sezione, ovvero quelle con il più alto livello di densità, pertanto è palmare una forte correlazione fra lo sviluppo della densità sonora e la compresenza di tecniche esecutive diverse. Naturalmente vi è anche uno stretto rapporto fra livello di tensione ed impiego simultaneo di tecniche esecutive eterogenee, dove la tensione musicale coincide con l’intensità e densità sonora. Da ciò consegue che la timbrica è un marcatore chiaro del livello di tensione: un accumulo di tecniche estese coincide con un accumulo tensivo, siccome il percorso timbrico della parte solistica è fondamentale per comprendere il percorso tensivo del pezzo e le sue divisioni formali. In particolare, la texture più variegata timbricamente sarà raggiunta nella quinta sezione, che verrà analizzata in seguito, grazie anche alla forte presenza del glissato. E’ fondamentale assimilare la priorità del parametro sound rispetto agli altri parametri, siccome al suo interno rientrano tutte quelle specificità che coinvolgono il timbro, le tecniche esecutive, l’intensità sonora, la densità armonica ed in ultima analisi il gradiente di tensione. Citando l’analisi di LaRue, la gestione delle componenti del sound le eleva a fattori di crescita generatori di forma. Di seguito è presentata la “radiografia” acustica dell’intera composizione, che mostra come il sound sia in effetti il parametro regio, siccome dalla sua osservazione è ravvisabile una divisione in sezioni del pezzo per intensità sonora. 15 Ritmo Sequenza VI è stata scritta senza le misure siccome i raggruppamenti melodici ed armonici si reggono su morfologie non convenzionali, in cui mancano impulsi ritmici regolari e periodici. Naturalmente nel caso di Chemins II l’adozione di un metro è stato d’obbligo, pertanto il confronto con la sequenza permette di comprenderne il criterio di suddivisione mensurale, che si declina in tre principi. 1))Tutti i raggruppamenti sono riconducibili a metri ternari e binari; laddove compaiono metri di 5/16, essi sono da inquadrare come la somma di figurazioni ternarie e binarie. 2) I raggruppamenti di 3/16 tendono a creare insiemi ritmici autosufficienti, e dunque a mensurare la battuta: è come se fossero dei marcatori che aiutano a definire l’unità di misura della battuta. 3) Le figurazioni di 64esimi nella sequenza, o meglio, il loro posizionamento, in Chemins II coincide spesso con la parte finale delle battute, pertanto la definizione ritmica di buona parte delle battute di Chemins II è stata determinata dall’uso che si è fatto di queste figurazioni monodiche, funte da “bussola ritmica”. 16 Naturalmente, la conduzione ritmica della parte solistica spesso e volentieri è diversa da quella del resto dell’ensemble, anche se in linea di massima essa tende ad “informare” ritmicamente la compagine strumentale e dunque ad avere un’andatura ritmica abbastanza parallela e non contrastante con gli altri strumenti. Esempio di conduzione totalmente contrastante: Esempio di conduzione totalmente parallela: Al netto delle conduzioni ritmiche estremamente simili ed estremamente opposte, la maggioranza di esse vede una coincidenza intermedia fra la parte solistica e l’ensemble: 17 Anche il ritmo riveste un ruolo importante nella definizione della forma, tuttavia tale ruolo è sicuramente meno determinante rispetto al parametro del sound. In particolare, è stata osservata una relazione di opposizione fra l’escursione della dinamica e l’escursione del tactus: Questo grafico è indicativo di un indizio di grande peso formale: la III sezione è quella che presenta più varietà di tactus ed anche più escursione dinamica, in coincidenza col livello di intensità sonora minima (si veda il grafico a pag 12); in questo modo essa si presenta come sezione intermedia della composizione, siccome rappresenta un punto di svolta dopo il quale i parametri di scrittura idiomatica, intensità di suono e densità armonica ricominciano a crescere. In virtù di queste relazioni è fuor di dubbio che la gestione del tactus in questo caso sia funzionale alla divisione formale. 18 Considerazione semiologiche dell’assetto ritmico A livello percettivo l’intera composizione è dominata da un senso di continuum ritmico che col decorso del pezzo si sfalda per poi ricomporsi ed infine annichilirsi nella sezione finale. Il principale gesto generatore di questa catena ininterrotta di impulsi è il tremolo, concepito come entelechia, come unità autosufficiente perché in essa è sintetizzato il concetto stesso di impulso ritmico alla massima potenza. Tale gesto ne genera immediatamente un altro, la figurazione rapida, che è la sua espansione nel registro. La piena compresenza di queste due unità garantisce sul piano estesico la percezione di una densità ritmica che sembra quasi ineluttabile, perlomeno finché esse agiscono imperterrite. All’interno di questo scenario la pausa acquisisce notevole carica semantica poiché diviene l’unità in grado di spezzare il continuum ritmico del connubio “tremolo-figurazione rapida”. Qui di seguito, il primo momento di sospensione del tremolo agli archi e dunque di perdita di e poco dopo con la intensità del tremolo: Nella sezione seconda invece la pausa prima pausa collettiva: inizia ad introdursi sempre più diffusamente, Batt 61-I sez prima con un momento a solo della viola: Batt 123 Batt 106 Senza indulgere in altri esempi dalle sezioni successive, che verranno estrapolati nelle pagine seguenti (dedicate all’analisi sezione per sezione), è chiaro come anche la pausa segua un percorso di espansione alla pari degli altri gesti, e come essa riesca ad edulcorare la densità ritmica generale. 19 Armonia Berio spiega come il titolo “Sequenza” sottolinei il fatto che queste composizioni utilizzino dei campi armonici come punto di partenza e come da essi sgorghino tutti gli altri parametri musicali. «Il controllo del percorso armonico e della densità è un aspetto comune a tutte le Sequenze e prende forme sempre diverse, perché ogni volta, certi aspetti della tecnica dello strumento vengono messi in discussione» 11. In Chemins II tuttavia il concetto di campo armonico, sebbene imprescindibile, non è sufficiente a spiegare la scelta delle altezze, siccome l’organizzazione delle altezze si appella a principi sonori legati spesso al sound più che a principi armonici. L’armonia viene vista nelle sue proprietà di massa (densità), di dissonanza e di indeterminatezza. In questo modo anche tale parametro è inquadrabile in un suo percorso, che vede le tre proprietà gestirsi in maniera autonoma e sorprendente ingegnosa nell’equilibrio formale della composizione. Il pensiero di Berio dunque non lascia nulla al caso e tende ad imporre una gestione rigorosa ed estremamente prospettica non solo a tutti i cinque parametri, bensì a tutte le componenti di essi (come per esempio la massa, la dissonanza e l’indeterminatezza, nel caso dell’armonia). Lo sviluppo dell’armonia incomincia da un livello di forte densità armonica, dissonanza ed indeterminatezza, che col decorso del brano si affievolisce, lasciando spazio a momenti solistici della viola in cui la percezione delle altezze è molto più chiara, specie nella seconda fase delle III sezione, nella IV e nella sezione finale. Difatti la seconda microsezione della III sezione e la IV sezione sono le uniche in cui l’agglomerato armonico è abbastanza debole da permettere lo sviluppo di una linea solistica monodica ben percepibile, mentre nella sezione finale la linea solistica è una linea polifonica e non monodica. Le tre proprietà suesposte sono correlate fra loro siccome la dissonanza va ad aumentare la densità armonica e la densità armonica potenzia l’indeterminatezza delle altezze, che ne vengono “oscurate”. A tal proposito il riferimento è a “Structural functions in music” di Wallace Berry, che vede nella dissonanza uno dei gradienti principali alla formazione della densità armonica, siccome laddove le altezze sono vicine esse risultano più dissonanti. Per convincersi di questo fatto si può adottare un approccio euristico, e non per forza scientifico, siccome la dissonanza è terreno 20 di studio della psicoacustica: l’ascolto di una composizione come “Threnody for the Victims of Hiroshima” di Krzysztof Penderecki è decisamente probante per la nozione di dissonanza, siccome l’intero pezzo è organizzato in gruppi di archi che suonando fasce estremamente vicine fra loro creano un effetto di densità armonica e sonora incredibile. In questo contesto, il termine gradiente ha un’accezione diversa rispetto a quella scientifica e matematica; con esso s’intende tutto ciò che concorre all’aumentare la percentuale di concentrazione di una determinata proprietà , come può esserlo la dissonanza, la densità armonica e la poliritmia. E’ proprio in tale accezione che la dissonanza è a servizio del concetto di densità armonica. Le sezioni estreme (I e VI) sono le uniche in cui c’è una forte ricorrenza di determinati intervalli: sesta minore, semitono e rivolto, quarta eccedente. In questo modo, attraverso l’utilizzo degli stessi schemi intervallari a ridosso delle sezioni estreme, viene garantita una specie di unitarietà alla composizione: Batt.3 Batt.412 In realtà, anche nelle altre sezioni le altezze vengono organizzate in fede a questi intervalli, però con minor rigore. Un altro elemento che gioca un ruolo determinante nell’armonia è il registro. Nelle sezioni a più alta densità (I, II e V) la massa sonora ha degli spostamenti di registro, in particolare di ascesa per tutta la I sezione, di discesa nella II e nuovamente di ascesa nella V, a cui sussegue la discesa finale nell’ultima sezione. Questo dettaglio è eloquente sul fatto che anche il registro svolga un ruolo importante nel senso della forma, difatti diventa uno strumento associato alla densità sonora, e dunque a servizio della tensione musicale. 21 Un’ultima osservazione in merito all’armonia va fatta sul concetto di indeterminatezza. E’ stato specificato come l’alta densità armonica e sonora impedisca un riconoscimento preciso delle altezze, in particolare nella I, II e V sezione, di conseguenza, le altezze saranno meglio percepibili laddove queste due proprietà sono contenute. Anche il concetto di indeterminatezza ha un suo sviluppo, e raggiunge il climax nella sezione V, in particolare alla fine: Batt 390-91 In questo caso, il glissato è uno strumento che negando le altezze aumenta il senso di indeterminatezza. Melodia Il parametro della melodia, incarnato dai gesti “figurazione rapida” e “linea fissa”, verrà illustrato più dettagliatamente nei capitoli dedicati all’analisi delle sezioni. Sotto questo paragrafo è opportuno osservare come all’interno di Chemins II gli spunti lirico-melodici coincidano con le sezioni a densità ed intensità minore, ovvero con la seconda microsezione della III sezione, la IV sezione e la sezione finale. Inoltre va specificato che solo nell’ultima sezione la linea solistica acquisisce un carattere di “melodia polifonica”, siccome nelle altre due sezioni solistiche la viola predilige frasi monodiche. Il resto dell’ensemble è quasi totalmente escluso da conduzioni solistiche e melodiche. 22 I sezione (1-77) Nella presente sezione i parametri di Sound, Armonia e Ritmo verranno trattati nell’ambito del concetto di crescita formale, e dunque saranno inquadrati assieme al parametro della forma. Per quanto concerne i gesti, essi verranno scrutati nei loro percorsi di sviluppo, siccome attraversano un’evoluzione nel corso della sezione. Il parametro della melodia avrà una trattazione irrelata dagli altri, siccome è ritenuto essere meno coinvolto nel senso della forma. Sound, armonia e ritmo a servizio dello sviluppo formale Nella la prima sezione i gesti protagonisti sono due: il tremolo e la figurazione rapida. Il glissato e la linea fissa invece non vengono ancora sfruttati siccome appena presenti, mentre la variazione timbrica ed il concetto di scrittura idiomatica sono quasi totalmente assenti. Figurazione veloce, tremolo e glissato avranno dei momenti di concentrazione massima, da me definita “ipertrofia”. Il tremolo, essendo il primo elemento con cui principia Chemins II, è inteso come il gesto fondante di tutti gli altri. Il suo sviluppo, riassumibile in una parabola convessa, è forse il maggior responsabile del senso di direzionalità di questa sezione. Il tremolo è caratterizzato da due proprietà: 1)Peso armonico/sonoro, ovvero la quantità di note tremolate da uno strumento, per esempio nel caso di un accordo di 4 suoni oppure di una altezza singola. 2)Accorpamento, ovvero la quantità di strumenti coinvolti nel tremolo. Durante il suo sviluppo, una volta raggiunti gli stadi di “ipertrofia” il tremolo inizierà a perdere intensità attraverso la dissoluzione graduale delle due proprietà descritte. 23 Qui di seguito tre esempi che descrivono: Stadio iniziale del tremolo Stadio di ipertrofia, a densità ed accorpamento massimi Stadio finale Batt.32 Batt.77 Batt.1 Da notare come nel momento finale, negli archi e nei fiati il tremolo si presenti misurato, in modo da depotenziarne la vis ritmica e dunque creare un senso di rallentamento ritmico che caratterizza tutta la transizione (batt.71-77) fra la prima e la seconda sezione. Considerazioni semiologiche sui alcuni livelli di percezione: E’ palese che il senso della forma nella prima sezione sia fortemente avvinto al percorso del tremolo e dalle immagini precedenti risulta palmare una correlazione direttamente proporzionale fra intensità del tremolo ed intensità della tensione musicale. Tale gesto vede la sua massima riduzione nella transizione fra la prima sezione e la seconda (batt. 71-77), che coincide anche con il minimo livello di densità armonica ed intensità sonora della sezione. Giacché, al minimo livello di densità, intensità e presenza di tremolo, corrisponde il minimo livello di tensione. Questo dato è veramente illuminante per capire come Berio coordini i diversi livelli di percezione ponendo fra di essi delle relazioni direttamente ed inversamente proporzionali. In questo senso, agisce e viene allo scoperto il rigore nella pianificazione compositiva di Berio. 24 Il parametro armonico ha tre proprietà: 1)La densità armonica 2)La proprietà “letteralmente armonica”, ovvero quella coinvolta nelle altezze 3)La proprietà del registro 1)La densità armonica va considerata in relazione alla gestione del tremolo, siccome l’ accorpamento ed il peso sonoro del tremolo determinano la densità armonica, pertanto sussite un rapporto direttamente proporzionale fra la densità armonica e la crescita del tremolo. Un esempio si può trovare da batt.53 fino a fine sezione: il tremolo degli archi non solisti non si presenta più su accordi ma solo su note singole (cioè il suo accorpamento si riduce), determinando la percezione di una densità armonica in declino. Ne consegue che durante la prima sezione la densità armonica e l’intensità sonora tendano lentamente a ridursi, parallelamente al tremolo. 2)La proprietà legata alle altezze rivela la presenza di campi armonici in cui gli intervalli principali sono quello di sesta minore, semitono e quarta eccedente. Essi sono piuttosto presenti, si osservi per esempio la parte del violoncello, spesso in seste minori. Tali intervalli ne generano degli altri, in particolare i rispettivi rivolti, settima maggiore e terza maggiore: se il violoncello esegue parecchie seste minori, la viola non solista tende a suonare parecchie terze maggiori (rivolto). 3)Tutta la prima sezione è caratterizzata da un’ascesa di registro a cui partecipano tutti gli strumenti, anche se negli archi e nelle percussioni è più udibile. Tale ascesa termina con la transizione. Gli accordi contigui della viola solista sono accomunati da almeno un’altezza e le trasformazioni armoniche sono a servizio di una graduale ascesa melodica e di registro. Disponendo tutti gli accordi del solista su di una griglia orizzontale è ben ravvisabile un movimento ascensionale e lineare, ovvero in cui la voce superiore procede senza salti e con una condotta spesso cromatica. Ovviamente il riferimento è agli accordi del solista, e non alle sue figurazioni rapide. Qui di seguito un esempio: 25 Il Glissato, per importanza e peso nella formazione della texture è decisamente secondario rispetto al tremolo ed alla figurazione rapida (che verrà considerata sotto il parametro della melodia). Ciononostante, anch’esso affronta un percorso di crescita e raggiunge il suo climax (stadio ipertrofico) nella transizione fra la prima e la seconda sezione (batt.71-77), dove si ha la zona di densità armonica, intensità sonora e tensione musicale minime della prima sezione. E’ curioso notare come all’ipertrofia del glissato corrisponda l’atrofia del tremolo, poiché questo indizio suggerisce l’esistenza di relazioni diversamente proporzionali fra i vari gesti, laddove il potenziamento di alcuni determina la riduzione di altri. Anche il glissato è gestito dalle tre proprietà suesposte, solamente che esse nella prima sezione tendono solo a crescere e non hanno percorsi di decrescita. Il parametro ritmo va valutato alla luce di una sola considerazione: il ruolo della pausa come “silenziatore” del tremolo. Più in particolare, col decorso della prima sezione la texture inizia ad essere sempre più “macchiata” da pause, finché a batt.61 compare il primo momento di pausa al tremolo degli archi : poco dopo il quale si presenta la transizione, in cui come già specificato nelle pagine precedenti il tremolo diventa misurato e la percezione generale del ritmo rallenta; da notare, oltre a ciò, la presenza di ingressi in contrattempo, peculiarità che fin’ora non era mai stata osservata: 26 Melodia Il parametro della melodia è totalmente assimilabile al gesto della figurazione rapida, e con esso si esaurisce, siccome la prima sezione è priva di qualsiasi linea lirica e fissa che possa indirizzare verto la cognizione tradizionale di melodia. La figurazione rapida è caratterizzata da tre proprietà: 1)Lunghezza 2)Accorpamento 3)Escursione, ovvero la gamma di registro su cui si spalma la figurazione Anche in questo caso il gesto cresce di intensità al rafforzarsi delle sue proprietà. A differenza del tremolo, la figurazione rapida ha un percorso di crescita dopo il quale si assesta anziché ridursi. Qui di seguito un esempio della e di ipertrofia: fase iniziale del gesto: Batt.40 Batt.9 27 II sezione (78-187) Anche in questo caso l’analisi verrà condotta concentrandosi sulla gestione dei gesti e dunque sul loro percorso, ovviamente in riferimento ai cinque parametri di LaRue. La seconda sezione prevede una minore differenziazione fra i cinque parametri rispetto alla sezione precedente; con ciò intendo che il pensiero compositivo agisce senza “isolare” per così dire i parametri, o meglio, essi sono meno individuabili singolarmente e più interconnessi. Da come si può notare dal grafico sull’intensità sonora a pag.12, nella presente sezione la densità armonica e l’intensità sonora iniziano a diminuire, infatti il loro indebolimento pone le premesse per la terza sezione che ne registra i livelli minimi. Melodia Il parametro melodia è espresso da due gesti: figurazione rapida e linea fissa. La figurazione rapida tende a diradarsi fino a scomparire quasi del tutto verso la fine, perlomeno nell’ensemble, inoltre lascerà spazio ad un nuovo elemento: l’acciaccatura, che avrà un momento di ipertrofia. La linea fissa è piuttosto presente ed è responsabile del calo di densità armonica e di intensità sonora , siccome un’altezza fissa è meno invasiva di un’altezza tremolata. Il parametro in oggetto verrà considerato separatamente nel solista e nell’ensemble. Nel solista: è il più presente dapprincipio siccome la sezione incomincia con una linea lirica (fissa dunque) affidata al solista, oltretutto la prima del pezzo, batt.78. Dopo questo esordio, l’elemento della linea scompare per quasi tutta la durata della sezione, in cui la viola avrà una condotta polifonica, per poi riapparire alla fine, creando senso di rallentamento ritmico e sfoltimento testurale: 28 Batt.172-186 La condotta monodica del solista è ben udibile siccome a ridosso di essa l’ensemble si alleggerisce a livello sonoro. Nella seconda sezione si hanno i primi momenti di “a solo” della viola, per esempio ad inizio batt.106 e fine batt 117. Nell’ensemble: l’insieme delle figurazioni dell’ensemble in genere è abbastanza simile a quanto avviene nella I sezione, tuttavia il gesto della figurazione rapida s’indebolisce tendendo a lasciare spazio alle linee fisse , che sono ciò che semanticamente è più in risalto sul piano estesico. Difatti, nella coscienza dell’ascoltatore, uno dei primi marchi di questa sezione è la presenza di conduzioni più monodiche, che raggruppate creano la percezione di un suono fisso e di fascia, suggerito e non ancora in primo piano. Un esempio di seguito, nei fiati: Batt 139-142 ed uno di tutta l’ensemble: Batt 185-6 Nuovo elemento della II sezione è l’acciaccatura, intesa come evoluzione della figurazione rapida. Essa è presente sono negli archi e, come prevedibile, ha un momento di ipertrofia: Batt 120.124 29 Armonia e Sound e sviluppo formale Il parametro armonico a differenza della I sezione non vede l’uso di campi armonici, nè di particolari ricorrenze intervallari. L’intensità sonora ed il peso armonico vengono ridotti dalla minor presenza del tremolo, che da batt.166 (seconda microsezione) sarà presente quasi solo nel solista, e dallo scarso impiego di bicordi ed accordi negli archi. Le novità non sono riscontrabili solo in termini di riduzione, come appena descritto, ma anche di aggiunta, o meglio, trasformazione: il tremolo tende ad essere meno su nota fissa, dunque meno melodico o accordale, e più di tipo armonico. Anche in questo caso c’è un momento di ipertrofia del tremolo armonico: Batt 128-135 Altra novità è la prima sospensione armonica di tutto il pezzo, che avviene nell’ultima battuta di sezione. La percezione di un momento con un’armonia tenuta e sospensione del tactus viene così rivestita di grande peso semantico siccome permette all’ascoltatore di decretare la fine della sezione e l’inizio di un’altra: 30 Il glissato è assente in tutta la sezione ad eccezione di un episodio (batt.154-159) in cui è ipertrofico; siccome tale episodio inaugura la seconda microsezione, questa scelta potrebbe essere interpretata come la volontà di caratterizzare l’inizio della microsezione con un texture nuova, non sviluppata ed udita prima. Questa è una mia ipotesi, che però riuscirebbe a giustificare la presenza di una texture nata quasi dal nulla in in coincidenza con un nuova unità formale, siccome in musica un evento non anticipato ha sempre grande peso semantico e spesso riesce a comunicare un cambio formale da una sezione ad un’altra. L’inclinazione procedurale di Berio nell’inaugurare sezioni formali con elementi nuovi e non pregressi getta luce su possibili collegamenti con la teoria dell’informazione, di cui si parlerà più innanzi. Sicuramente, anche se Berio al tempo non conosceva le dinamiche di tale teoria, il fatto che adottasse soluzioni riconducibili ad essa suggerisce che la teoria dell’informazione fosse da lui accolta a livello intuitivo. Un’ultima osservazione va fatta ancora in merito all’armonia: la presenza di linee fisse ovviamente aiuta il riconoscimento delle altezze, proprietà che sembra scontatamente negata nel pezzo, ma che in realtà avrà una sua gestione. Di ciò ci si occuperà nella III e V sezione, sul concetto di indeterminatezza. Ritmo Se nella sezione precedente la pausa ha dovuto combattere per districarsi dalla folta massa sonora ed assurgere ad elemento “udibile” dotato di peso semantico, nella presente sezione essa sicuramente è più a suo agio, siccome si accompagna ad un nuovo elemento: la nota corta isolata, non inquadrata in sequenze più ampie. Tale elemento non è onnipresente, ma si concentra in alcuni momenti, per esempio dapprincipio (fiati e marimba): 31 Batt.80-81 In questo caso l’insieme degli attacchi corti è organizzato un po’ ad orologeria, in contrattempo, in modo da non averli sincronizzati ma sfasati. Nel seguente esempio invece la sincronizzazione è a famiglie, i fiati vanno assieme allo stesso modo degli archi; inoltre è da notare la comparsa della prima pausa collettiva del brano: Quanto evidenziato denota una relazione di opposizione fra la nota corta e la linea fissa, entrambe piuttosto presenti in questa sezione. Questo dato è un’altra testimonianza di come Berio instauri relazioni complesse, di parallelismo o di opposizione fra gesti ed elementi. 32 III sezione (188-245) La terza sezione è la prima ad essere caratterizzata da una texture decisamente in contrasto con tutto il materiale musicale precedente. Se, nonostante la gestione differente di alcuni gesti (tremolo,figurazione rapida e linea fissa), fra le prime due sezioni non vi sono contrasti notevoli, la terza viene invece percepita come più distante in termini di scrittura e di conseguenza in termini livello estesico. Se, in quanto analizzato in precedenza, la gerarchia dei gesti non imponeva un grande sbilanciamento verso un gesto in particolare, nella presente sezione invece tale sbilanciamento va a vantaggio della figurazione rapida, senza dubbio il “gesto eletto” siccome il più articolato. Melodia, Armonia e Sound in relazione alla forma La figurazione rapida riveste un ruolo talmente strutturale che pare che gli altri parametri e gesti da essa vi sgorghino. Sarà utile riprendere la proprietà dell’ “accorpamento” per osservarla e descriverne lo sviluppo. Tale gesto è presente fin dapprincipio, irrompendo in partitura nel pieno della sua interezza, nel senso che il disegno non viene costruito pian piano ma è già formato, pertanto la sua fisionomia iniziale è matura ed è identica a come si presenta più avanti, nel mezzo della sezione : Batt 187-190 33 Questo dato non è scontato, siccome in Berio l’energia trasformativa tende a costruire i gesti gradualmente, sottoponendoli a trasformazioni lente, anziché a partorirli “già maturi”. La presenza fin dapprincipio della figurazione rapida permette di caricare di peso semantico l’inizo della sezione, così comunicando all’ascoltatore che “sta nascendo qualcosa”. Molto rapidamente l’accorpamento di questa figurazione aumenta a tal punto che tutta la texture ne sarà dominata; a tal proposito si veda la prima estrapolazione a pag.10. A livello estesico, l’inattesa rapidità con cui la figurazione si spalma su quasi tutti gli strumenti produce un effetto veramente espressivo, che non fa altro che aumentare il significato della musica; ciò, siccome un evento inatteso, o sviluppato in così poco tempo da renderlo imprevedibile, è gravido di carica semantica e va a scuotere l’aspettativa dell’ascoltatore. Questo dato può essere considerato alla luce della teoria dell’informazione, secondo cui le probabilità di arrivo di un messaggio sono condizionate dalla maggior frequenza di alcuni messaggi rispetto ad altri. Se in un messaggio avviene una scelta improbabile, questi sarà ricco di informazioni, viceversa ne è povero: l’informazione è generata da una mancata conferma di aspettativa. E’ appunto tale salienza di informazione che si ricava dalla scelta compositiva di cui sopra, in cui la coscienza percettiva dell’ascoltatore viene per così dire “scrollata” dal podio della prevedibilità ed illuminata di una luce ad alto contenuto informazionale. Per la prima volta dalla I sezione viene ricreata una texture estremamente omogenea e con un bassissimo livello di differenziazione interna: come nella I sezione, in cui tutto l’equilibrio gestuale pendeva a vantaggio del tremolo, così avviene ora, a vantaggio della figurazione rapida. Dopo il momento di ipertrofia, da batt. 199 a 206 ( si veda pag.10) il gesto perde intensità riducendo il suo accorpamento, ovvero la quantità di strumenti su cui si distribuisce, per poi rinvigorirsi nella fase conclusiva della sezione, però con delle proprietà nuove: 1) Ibridazione della figurazione rapida col tremolo, siccome la figurazione rapida tende a ribattere consecutivamente la stessa altezza e dunque a trasformasi in un tremolo misurato; ciò è ravvisabile da batt. 223: 34 2)Riduzione dell’escursione (espansione nel registro) della figurazione rapida e conduzione tendenzialmente cromatica in modo da suggerire un’idea di cluster dal sound molto ligetiano e dalla matericità penderckiana. Questa proprietà, che verrà discussa più avanti nell’ambito dell’armonia, è presente nelle ultime battute di sezione, batt. 238-242: 35 Dal punto di vista formale, quest’ultima proprietà con cui si presenta il gesto in questione riesce ad esprimere con efficacia un importante accumulo di tensione, che fino ad ora non era stato ancora raggiunto. Tale accumulo è funzionale al senso della forma, siccome è il segnale che conclude la sezione. Questo tratto è eloquente dell’interesse di Berio di creare un sostrato semantico che possa essere letto, percepito ed ascoltato in base alle gestione dei gesti; beninteso, tale gestione ha un riscontro e non è un’astrazione, pertanto funziona estesicamente oltre che sul piano poietico. Passando ora al parametro armonico, esso è intimamente correlato con quello della melodia, per cui si sviluppa di conseguenza alla gestione della figurazione rapida. Da ciò deriva il rifiuto di una dimensione “accordale” della texture a vantaggio di una fluida ed a fasce; più nel dettaglio, vengono suonati pochi accordi siccome l’unico strumento in cui sono presenti è l’organo, mentre è imperante il concetto di fascia fluida, creato appunto dalla figurazione rapida. Sul piano delle altezze, gli intervalli dominanti sono gli stessi del campo armonico della I sezione: seste minori, semitoni e quarte eccedenti. Questa organizzazione, decisamente quantificabile e di un certo rigore, verso la fine della sezione lascia il posto ad una più indeterminata, in cui le altezze si susseguono secondo conduzioni cromatiche e da cluster (vedi pag. precedente, seconda proprietà). Tale indeterminazione risulta come il primo momento armonico veramente indeterminato della composizione, in cui la percezione delle altezze è più che mai confusa e orientata verso il concetto di grumo di suoni, di compressione sonora. Alla luce di questo dato, il livello semantico dell’armonia acquisisce accezioni insospettabili e si rivela essere gravido di una direzionalità nuova, che percorre una direttrice ai cui due estremi abbiamo l’organizzazione rigorosa delle altezze, e le altezze indeterminate, scelte (queste ultime) non per il loro valore intrinseco (e dunque in quanto altezze) ma per la possibilità di estrarne la mera qualità sonora. In altre parole, nei punti di indeterminatezza le altezze vengono scelte non tanto per ragioni armoniche, ma sonore. Questa nuova accezione, che è una proprietà dell’armonia, avrà il suo climax nella V sezione. Naturalmente il concetto di grumo e compressione sonori è determinante per il sound, alla stessa stregua del concetto di fascia fluida e rapida. Il timbro inizia a rivestire un ruolo più emergente nella III sezione, siccome il gesto della variazione timbrica ha qui modo di estrinsecarsi; in particolare, si osservi il seguente esempio 36 in cui su di una sola altezza vengono inserite continue variazione timbriche, sia nelle corde che nei modi di attacco: Batt 210-212 Ritmo L’assetto ritmico procede in due direzioni: 1)verso la scansione rapida e fitta, espressa dalla figurazione rapida organizzata in fasce. 2)verso un concetto di texture invece molto più puntillista, che è interpretato dalla nota corta isolata, elemento mutuato dalla II sezione e ivi sviluppato. Di seguito, un esempio di come coesistano queste due texture: Batt 210-212 Un ultimo aspetto ritmico da sottolineare è la tendenza, col decorso della sezione, ad accelerare la figurazione rapida; si metta a confronto l’episodio finale a pag. 30 con quello iniziale a pag. 28. Tale tendenza è in funzione di un accumulo tensivo. 37 IV sezione (246-319) La IV sezione è la più corta di tutte, dura appena 40 secondi, e forse, più che di sezione, sarebbe il caso di parlare di inserto formale, con lo scopo di unire una situazione a bassissima densità ed intensità sonora (III sezione) con una che vi è totalmente opposta (V sezione). A livello gestuale è anonima, siccome i gesti preesistenti non vengono sviluppati; è invece interessante notare il suo profondo taglio cadenzale, siccome è la sezione più solistica fra tutte. Sicuramente è proprio il solismo della viola (solista) ad attribuire identità ad una sezione che altrimenti ne sarebbe priva. Poste queste premesse, l’analisi dedicata alla presente sezione sarà di portata decisamente inferiore rispetto alle precedenti, tant’è che tutti i parametri verranno considerati assieme. Il parametro melodico non è più “invaso” dal concetto di fascia e tende a presentare la figurazione rapida ridotta all’osso, ovvero di 4 o massimo 5 suoni, inizialmente disposti in gruppi isolati: Batt.248-249 Il gesto così organizzato permette di creare molto spazio sonoro, o meglio, di creare momenti di vuoto che vengono riempiti dal solista. Più avanti la figurazione rapida si dispiega in catene più lunghe, non più sincronizzate come nell’esempio di fianco: Nella parte solistica compaiono delle sequenze ascendenti e discendenti rapidissime, dalla fisionomia nuova; vengono ripetute quattro volte e sono composte sempre dalle stesse altezze, però ricombinate. Tali altezze sono mutuate dal campo armonico della I sezione. Qui di seguito le quattro sequenze giustapposte: 38 V sezione (320-396) La V sezione riconsegna nelle mani del discorso musicale i valori di intensità sonora e densità armonica della I sezione, da cui recupera anche altre gestualità, sbiadite e scomparse nell’arco della composizione, quali l’ampio impiego del tremolo, e processi, quali il percorso di ascesa armonica nel registro come mezzo di suddivisone formale (si ricordi come nella I sezione l’arresto dell’ascesa armonica ne determinasse la fine, rivestendo dunque una funzione formale, di collegamento, fra la prima e la seconda sezione). Nonostante i numerosi rimandi della presente con la I sezione, ve ne sono altri anche con la II e la III, per esempio l’ampio impiego delle linee fisse. Lo sviluppo del parametro timbrico, ovvero della scrittura idiomatica, invece è tale che non lo si può paragonare nè rimandare a nessuna delle sezioni precedenti, sicché appare quasi come una prerogativa esclusiva di questa sezione, essendo sviluppato più che in tutte le altre sezioni. L’intensità di tale parametro determina un sound particolarmente ”percussivo” e materico. In altri termini, la presente sezione riconduce la composizione a dei livelli di tensione iniziali, difatti sul piano del sound essa assomiglia alle situazioni introduttive del pezzo, ciononostante, i cinque gesti ora sono distribuiti in maniera diversa, per esempio il glissato è più presente che nella I sezione e la figurazione rapida lo è di meno. Il recupero di due dei tre parametri illustrati a pag.10, intensità sonora e densità armonica, e l’estremizzazione del terzo, scrittura idiomatica, attribuiscono a questa sezione un senso di “anticipazione” della conclusione , di “risoluzione” del grande contrasto formatosi nei minuti precedenti. Ne consegue che a livello estesico la sezione funziona meravigliosamente e permette all’ascoltatore di vedere, o meglio, sentire lo “scioglimento del bandolo della matassa”, la “ricostruzione sinergica” di tutti i gesti che più che mai collaborano potenziandosi a servizio di una organicità che rende questa musica immensa. Anche in questo caso la sezione verrà analizzata in ossequio ai cinque parametri di LaRue, con particolare attenzione verso la variazione timbrica, o scrittura idiomatica a dir si voglia, e verso il glissato, in relazione al concetto di indeterminazione armonica. 39 Melodia Il profilo generali delle voci vede una buona presenza delle linee fisse (tenute quasi sempre dai fiati, probabilmente perché hanno forza di penetrazione sonora) durante la prima microsezione (320-382) e della figurazione rapida nella seconda microsezione (383-396). Questa netta separazione nella distribuzione dei due profili permette di caratterizzare e rendere riconoscibili all’ascolto le due microsezioni, inoltre permette di associare alla seconda maggior carica tensiva, siccome la presenza di figurazioni rapide “sollecita” il discorso musicale di più rispetto alle linee fisse, che invece danno idea di fissità. Un esempio delle linee fisse tenute dai fiati: Batt. 364-365 Un esempio di figurazione rapida a fl. e cl. : Batt.391-392 Esistono anche figurazioni ibride, come la seguente, in cui l’elemento rapido si sviluppa da quello fisso, al clarinetto: Batt 383-386 Per quanto concerne la viola solista, la conduzione è di tipo polifonico, in cui, a parte le acciaccature, tutte le figurazioni sono accordi e mai note singole. In questo caso l’acciaccatura ha la funzione di normalizzare la densità del solista, che qui è a livelli estremi. Di seguito un esempio: Batt. 345-349 40 Ritmo e sviluppo formale Il parametro ritmico segue un percorso che è imposto dal parametro della melodia, nel senso che l’accelerazione dei valori di tempo (ritmo) dipende dalla minor o maggior presenza della figurazione rapida (melodia), per cui tale accelerazione si ha nella seconda microsezione, da batt. 383. Non a caso, la sezione termina con un episodio di grande intensificazione ritmica, che Batt.395 non nasce dal nulla, bensì è il risultato del percorso di cui sopra: Un episodio del genere è dotato di grande significato siccome dissipa ogni dubbio sul dove collocare la fine della sezione, pertanto si carica di peso formale, essendo un climax finale. Tornando invece all’inizio di sezione, è da notare la presenza di un insistente contrattempo di strappate del solista, in relazione agli accordi in contrattempo degli altri archi, arpa e percussioni. Anche in questo caso l’episodio ha grande peso formale siccome scioglie ogni dubbio sul dove collocare l’inizio della sezione, difatti questa scrittura è netto in contrasto con quella che la precede (IV sezione), e come già ricordato in precedenza, l’inatteso in musica si carica di significato ed assume inevitabilmente un ruolo nella e per la forma. Le figurazioni in contrattempo, e con esse l’elemento della nota corta (vedi III sezione), saranno presenti altrove nella sezione, anche se non diffusamente. 41 Armonia, sound e sviluppo formale L’organizzazione delle altezze tiene sempre fede al campo armonico originario, che forse sarebbe meglio definire campo intervallare; ciononostante, qui più che mai l’armonia è intesa in senso sonoro oltre che armonico; per questo motivo il parametro armonico è associato a quello del sound, entrambi a servizio dello sviluppo formale. Un esempio si ha nel recupero del tremolo che incrementa notevolmente la densità armonica, e nello sviluppo sorprendente del glissato che ha praticamente la stessa funzione del tremolo, ma oltre ad essa, ha anche quella di disgregare ancor più la percezione delle altezze. A tal proposito, del glissato e della cognizione di indeterminazione si parlerà più innanzi. Analogamente alla I sezione, nella presente l’ensemble compie un’ascesa di registro,da batt. 343 a 382, attraversando un range di circa 1 ottava, specie nei fiati, dove tale salita è più palese: La piena coincidenza in termini di battute fra l’ascesa e la prima microsezione vede nell’ascesa il principale processo formale all’interno della microsezione, siccome una volta conclusa l’ascesa si conclude anche la microsezione. Questo è dunque un esempio, e ne seguiranno altri, di come il parametro armonico sia inserito in una progettualità che lo vede come direttamente coinvolto nella forma. Ribadire questo concetto potrebbe sembrare pleonastico, ma è essenziale, siccome non è scontato che tutti i parametri siano ugualmente coinvolti nel senso della forma. 42 Per quanto riguarda il tremolo, il suo recupero, come già specificato, addensa l’armonia, rendendo tutte le voci più “pesanti” anche in termini di sonorità; tuttavia la sua diffusione non è paragonabile alla dirompenza che ha nella I sezione. Per quanto riguarda invece il concetto di scrittura idiomatica, il principale attore è il glissato, uno dei cinque gesti che qui, specie nella parte del solista, assume delle proporzioni ipertrofiche. Il glissato, che rientra sotto il parametro del sound, è intimamente connesso a quello armonico siccome il glissato in un certo senso “nega” l’armonia, nega l’altezza, creando un senso di indeterminazione che raggiunge il suo climax verso la fine della sezione: Occorre spendere qualche parola in più su questo gesto e sulle sue Batt.391 conseguenze. La notazione fortemente prescrittiva e precisa, e con essa tutta la regolazione dei processi, produce effetti indeterminati, ed in particolare rientra nella seconda categoria di indeterminazione stilata da David Cope in “Techniques of the contemporary composition”. Difatti, l’impressione dell’ascoltatore è di essere inconsapevole dei processi compositivi sottesi nonostante essi siano di grande rigore. Questa dicotomia fra prescrizione ed indeterminazione sarà oggetto di indagine delle avanguardie verso la fine degli anni 50’, in particolare di compositori come John Cage e Pierre Boulez. Il passaggio illustrato può essere un buon indicatore anche del concetto di variazione timbrica, siccome si sovrappongono tecniche esecutive non tradizionali, come i glissati con l’unghia all’arpa e gli armonici agli archi. Altri esempi di variazioni timbriche sono disseminate in tutta la sezione, per esempio transizioni ravvicinate fra tecniche d’arco diverse. Qui di seguito un passaggio in cui il glissato ipertrofico al solista, applicato a tutti gli accordi, estremizza la frenesia del tremolo. In questo esempio il glissato si associa così massicciamente al tremolo che i due gesti si ibridano, divenendo un tutt’uno. Questo fenomeno è molto interessante siccome apre alla possibilità, concreta e fattuale, di ideare i gesti anche in prospettiva di una loro possibile ibridazione. 43 VI sezione (397-419) La VI ed ultima sezione riesce efficacemente a concludere il pezzo riducendo a livelli minimi i tre parametri di Intensità Sonora, Densità armonica e Scrittura idiomatica. Del resto, la scelta compositiva di porre fine alla lunga parabola di questi tre parametri con il loro quasi totale annullamento è assolutamente logica, siccome è consequenziale di un percorso che avendoli sviluppati a livelli spropositati andava “normalizzato”. Normalizzare, o meglio, ridurre al minimo i valori dei tre parametri appare dunque una decisione che non solo è razionale e necessaria, ma è anche gratificante, siccome dopo quasi 11 minuti di ascolto ad un certo livello di densità, la coscienza dell’ascoltatore si stanca e brama un punto di arrivo che sia risolutivo. Queste considerazioni di natura semiologica sono necessarie per comprendere come nel pensiero compositivo in atto in Chemins II lo sviluppo del discorso musicale sia ben direzionato verso la creazione di un senso non solo locale, ma unitario, gestaltico. La VI sezione riesce nel terminare un percorso proprio perché agisce sul senso unitario della composizione abbassando i tre parametri di cui sopra, che evidentemente sono qualcosa di più di semplici parametri, qualcosa che l’ascoltatore percepisce come proprietà causali e finali di tutto il materiale sonoro. Giacché si potrebbe designare un’equazione fra la fine del pezzo ed il silenziamento dei tre parametri: la composizione termina quando i suoi tre parametri si sono esauriti. Poste queste premesse sul senso e sull’efficacia di senso della VI sezione, l’analisi procederà seguendo l’iter che ha accompagnato tutte le precedenti sezioni. Sound Essendo l’ultima sezione quella che presenta i valori minimi nei tre parametri suesposti, il suo sound è sicuramente il più diafano e inconsistente fra tutti, siccome risponde all’esigenza formale di silenziare e staticizzare il discorso musicale a ridosso della fine del pezzo. Per venire incontro a tali esigenze dinamiche, che gravitano quasi sempre attorno al pp, a livello di indicazioni timbriche viene prescritta la sordina al solista, mazzuole morbide e spazzole alle percussioni. Oltre che dalla timbrica e dinamica, le peculiarità del sound prendono forma dalla gestione dell’assetto armonico, ritmico e melodico, pertanto le descrizioni analitiche di armonia, ritmo e melodia sono direttamente implicate nella strutturazione del sound. 44 Armonia e sviluppo formale Il materiale armonico è ben riconoscibile, non solo in quanto aderente a quello iniziale della I sezione, e dunque ai soliti schemi intervallari, bensì in quanto estremamente sfoltito, chiaro, ridotto all’osso. Con ciò s’intende che essendo la densità armonica bassissima, gli accordi del solista sono tutti ben riconoscibili all’udito siccome “scoperti” e non coperti dal resto dell’ensemble. A contribuire alla riconoscibilità di tali accordi vi è anche il registro, che non è mai acuto, e la loro durata, che non è inferiore all’ottavo, a parte tre casi da batt. 411; pertanto, venendo tenuti per un tempo prolungato ed in un registro abbastanza centrale, gli accordi si rendono ancora più riconoscibili, dando all’orecchio la possibilità di fissarli nella coscienza e di associarli inequivocabilmente in retrospettiva con il loro impiego nelle sezioni precedenti: Batt. 412-fine Dal punto di vista formale, la ricorrenza così chiara degli ormai noti intervalli è un indizio di grandissima efficacia siccome ne è un po’ la perorazione finale: un po’ come la coda conclusiva di una forma sonata che propina per l’ultima volta un disegno tematico sentito più volte nel corso del movimento, oppure come la perorazione finale del soggetto di una fuga prima della cadenza conclusiva. Questa operazione dunque è paradigmatica di un pensiero musicale senza tempo e senza orientamenti stilistici. Sempre a proposito della ricorrenza e riconoscibilità armonica, gli accordi tenuti dagli altri archi sono i medesimi che essi tenevano all’inizio di Chemins II, con addirittura la stessa disposizione delle voci e nello stesso registro: Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, nell’ultima sezione il parametro armonico diviene più che mai qualificabile, estrinsecando tutta il suo potenziale formale, siccome come già specificato la riconoscibilità armonica è il mezzo messo in atto da Berio per conferire circolarità al pezzo e senso di conclusione. 45 Melodia e ritmo Il profilo melodico delle linee è da relazionarsi col parametro ritmico. In questa sezione coesistono diverse texture: nota corta; nota fissa/tenuta; figurazione rapida. Dapprincipio sono presenti due texture, in opposizione: l’elemento della nota corta che aveva tanto caratterizzato la terza sezione e quella degli accordi tenuti degli archi: Batt.397-399 Oltre alle due texture di nota corta e nota tenuta, più avanti si fa nuovamente presente l’elemento della figurazione rapida. Esso si affida ai fiati più organo, e si configura come un guizzo, un momento di inattesa quanto effimera concitazione che viene stroncato praticamente sul nascere. Romanticamente potrebbe essere considerato come l’ultimo spasimo della veemenza musicale della sezione precedente, e più in generale dell’intera composizione: Batt 409-410 Nella VI sezione pertanto coesistono tutte le varie morfologie del ritmo, dalla nota corta a quella tenuta fino alla figurazione rapida, riuscendo così a dare uno spaccato generale delle varianti gestuali con cui si articola il ritmo in Chemins II. 46 Conclusione «Il commento più proficuo alle sinfonie e alle opere è sempre stato un’altra sinfonia e un’altra opera. I miei Chemins sono l’analisi migliore delle mie Sequenze, così come la terza parte della mia Sinfonia è il commento più approfondito che avrei mai potuto condurre su una musica di Mahler» 12. La citazione di cui sopra è molto eloquente, in quanto aiuta a capire come per Berio la migliore maniera per analizzare una composizione sia quella di scriverne un’altra che da essa prenda spunto, sviluppi i livelli nascosti e ne illustri i processi compositivi. Ovviamente, quest’attitudine trova nella serie dei Chemins un’applicazione magistrale, che vede l’opera sempre in divenire, non concepita come entelechia che si nega a qualsiasi ulteriore sviluppo bensì come realtà superstratifica, in cui i vari livelli, palesi o latenti, vengono “investiti” del concetto di potenza esponenziale, di possibilità infinita di ulteriore trasformazione. Nelle parole di Uvietta: «Berio non fornisce mai analisi delle proprie composizioni: trascurando deliberatamente l’«inventario ‘catastale’»si concentra in genere sugli intenti programmatici dell’opera, sulla sua logica formale e soprattutto sui suoi scopi» 13. La sua concezione di analisi come fenomeno attivo e non didascalico trae origine da una visione “gestaltica” della musica, in base alla quale la somma delle componenti di una composizione è sempre qualcosa di meno rispetto alla composizone stessa; ciò poichè nella musica di Berio la coesistenza di vari livelli crea una sintassi d’insieme che non è comprensibile isolandoli e “sezionandoli”. Al di là dei significati secondari, scrutabili osservando i livelli, le unità semiologiche, i gesti presi singolamente, esiste dunque un macrosignificato unitario, gestaltico, che non è scomponibile nè componibile, ma viene da sé con la percezione prolungata nel tempo: «un rapporto diversificato, mobile e consapevolmente originale col fare musicale, è sempre qualcosa di diverso dai suoi aspetti analizzabili, un po' come una forma che finisce sempre per essere qualcosa di più e di diverso dalla somma delle sue parti» 14. A proposito di livelli nascosti e dunque dell’ iperstratificazione che dischiude a continue possibilità di espansione del materiale sonoro, è utile richiamare alla memoria l’interesse di Berio per la semiologia, e con essa per tutte le possibilità di dotare la musica di un sostrato fortemente sintattico, fatto di eventi sonori pieni di significato. Concepire la musica come un 47 ordito formato da una vera e propria sintassi di rimandi, di significati locali ed unitari, ma anche di equivoci ed ambiguità, la rende funzionalmente un linguaggio, ma disfunzionale poiché discorde, siccome gli sono precluse interpretazioni severamente unanimi. Con ciò naturalmente non si vuole detronizzare la musica dalla sua scientificità ed oggettività, siccome l’ascolto di un pezzo ben composto garantisce sempre lo stesso “orientamento di senso”, anche se con leggere deviazioni interpretative a variare dall’interpretante, ma si desidera ribadirne l’aspetto fenomenologico non determinato a priori. Nelle parole di Amalia Salvestrini: «Berio osserva come il segno linguistico non sia traducibile in termini musicali in quanto la musica tende sempre a evadere il discorso, poiché in musica non si può dare un significato univoco come invece accade nel linguaggio parlato o scritto, grazie alla sua convenzionalità» 15. Nella parole di Berio stesso: «La “facoltà creatrice” di chi ascolta e di chi esegue completerà gli innumerevoli disegni dell’opera stessa e realizzerà sino in fondo le intenzioni del compositore: l’opera non la percepiamo “in essa” ma “in noi”» 16. Per Berio, uno degli aspetti più importanti ed affascinanti della musica è dunque la possibilità di coordinare i differenti livelli di percezione. Se questi livelli hanno una reale funzione (armonicamente, in termini di densità, tensione e di percezione del tempo), la loro coesistenza crea un “dramma implicito” che può essere molto significativo. L’iperstratificazione di Chemins II, che poi è ciò che ne determina differenti livelli di percezione, è una conseguenza di un nuovo concetto di polifonia, che va inteso in senso metaforico, come esposizione e sovrapposizione di differenti modalità d’azione e caratteristiche strumentali, forse meglio definibili con “texture di gesti”. Si tratta di polifonia di gesti, ovvero di comportamenti. La vitalità drammatica di Sequenza VI e di Chemins II deriva dallo sviluppo di alcuni tipi di polifonia e texture e da come queste vengano prolungate e si relazionino vicendevolmente. La componente gestuale e testurale dei tremoli insistenti (ma anche degli altri gesti) crea dei blocchi le cui mutazioni producono ruolo di cambiamento continuo. A tal riguardo, la gestione schizofrenica di parametri dissimili è un elemento peculiare non solo delle sequenze, bensì del linguaggio di Berio. 48 La presente relazione analitica giunge al termine sperando di aver messo in luce, con delle argomentazioni efficaci, tutti i processi compositivi messi a servizio di una musica nuova sia nei suoi termini costruttivi che espressivi, siccome «Sono le poetiche che portano alle scoperte, non le attitudini procedurali: è l’idea, non lo ”stile”» 17. 49 Bibliografia 1 Luciano Berio, “Un ricordo al futuro: lezioni americane”; G.Einaudi editore, 2006 2 Luciano Berio, “Aspetti di artigianato formale”; dalla rivista Incontri Musicali, 1956 3 Marco Uvietta, “Gesto, intenzionalità, indeterminazione nella poetica di Berio fra il 1956 e il 1966”; dalla Rivista Italiana di Musicologia, Vol XLVI, 2011 4 Luciano Berio, Intervista sulla musica, a cura di Rossana Dalmonte; Editori Laterza, 2007 5 Marco Uvietta, “Gesto, intenzionalità, indeterminazione nella poetica di Berio fra il 1956 e il 1966”; dalla Rivista Italiana di Musicologia, Vol XLVI, 2011 6 Luciano Berio, Intervista sulla musica, a cura di Rossana Dalmonte; Editori Laterza, 2007 7 Amalia Salvestrini, “ Quale proposta al futuro. Fililogia immaginaria fra Berio ed Abelardo”; dalla rivista Doctor Virtualis, n.10, 2010 8- 9 Marco Uvietta, “Gesto, intenzionalità, indeterminazione nella poetica di Berio fra il 1956 e il 1966”; dalla Rivista Italiana di Musicologia, Vol XLVI, 2011 10 Jean-Jacques Nattiez, “Musicologia generale e semiologia”; E.D.T-Musica, a cura di Rossana Dalmonte, 1989 11 Luciano Berio, Intervista sulla musica, a cura di Rossana Dalmonte; Editori Laterza, 2007 12 Marco Uvietta, “Gesto, intenzionalità, indeterminazione nella poetica di Berio fra il 1956 e il 1966”; dalla Rivista Italiana di Musicologia, Vol XLVI, 2011 13 Luciano Berio, “Un ricordo al futuro: lezioni americane”; G.Einaudi editore, 2006 14 Amalia Salvestrini, “ Quale proposta al futuro. Fililogia immaginaria fra Berio ed Abelardo”; dalla rivista Doctor Virtualis, n.10, 2010 15 Luciano Berio, “Aspetti di artigianato formale”; dalla rivista Incontri Musicali, 1956 16 Luciano Berio, “Meditazioni su un cavallo a dondolo dodecafonico”; dalla rivista Spirali, giornale internazionale di cultura, anno III- n.11 º 50 Testi consultati senza letterali citazioni nelle note: ●“Berio’s Sequenzas; Essays on Performance, Composition and Analysis”; Edit By Janet K. Halfyard, 2007 ●“Analysis of Luciano Berio Sequenza VI for Viola” by Spyridon Tsilipmaris, 2016 ● “Transformational process, Harmonic Fields, and Pitch Hierarchy in Luciano Berio’s Sequenza I through Sequenza X” by Gale Schaub, 1989 ● Ian Bent e William Drabkin, “Analisi Musicale” ; EDT, 1990 ● Jan LaRue, “Guidelines for style analysis” ; W.W.Norton & Company, 1970 51