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Recensione: "Quadri di un'esposizione. I Salons di Diderot".

2018, Il Sole 24 ore

Chiara Pasetti, "L'estetica di Diderot. La produzione filosofica nata tra le opere del Louvre. Se il tempo si ferma davanti al dipinto". Recensione pubblicata il 14 ottobre 2018 sull'inserto culturale de Il Sole 24.

Il Sole 24 ore 14/10/2018 L’estetica di Diderot. La produzione filosofica nata tra le opere del Louvre. Se il tempo si ferma davanti al dipinto. di Chiara Pasetti Da anni Michele Bertolini dedica gran parte delle sue ricerche a Denis Diderot (1713-1784). Dopo aver pubblicato la monografia Diderot e il demone dell’arte e averne scritto diversi studi torna ora a occuparsi dell’estetica del filosofo francese, che nell’Encyclopédie aveva redatto, tra gli altri, i lemmi «Arte» e «Bello», concentrandosi sui Salons, in cui le sue teorie vengono «vagliate criticamente attraverso il confronto diretto con le opere d’arte esposte ogni due anni nel Salon carré del Louvre».  È il momento più maturo e felice della produzione filosofica e letteraria di Diderot, quello che lo vede impegnato dal 1759 al 1781 nella scrittura dei Salons, e come nota Bertolini i due volumi del 1765 e del 1767 spiccano per complessità e articolazione. Preziosa nonché imprescindibile testimonianza del rapporto fra uno dei più grandi protagonisti dell’Illuminismo e le arti visive, i Salons potevano essere letti soltanto sulla «Correspondance littéraire, philosophique et critique», la quale circolava in copie molto ristrette riservate a prestigiosi abbonati affinché potessero essere informati sulle novità culturali e artistiche della capitale.  Il ricco e raffinato volume si articola in due parti, di cui la prima prende in esame temi e problemi generali dell’estetica e della teoria delle arti di Diderot; particolarmente interessante e centrale in questa sezione «il problema della creazione artistica e della descrizione delle immagini, che declina secondo nuove prospettive l’antica pratica ecfrastica». Dai fondamentali saggi di Starobinski a quelli di Fried, passando per molti autori contemporanei che si sono interrogati sulla cultura visuale nel Settecento francese, viene qui illustrato il carattere «proteiforme e satirico» dei Salons in cui l’alternanza di toni e stili e i molteplici punti di vista spesso disorientano il lettore. Diderot assume talora la posizione «rigorosa della baconiana “ape bottinatrice”» che opera una sintesi tra i sensi e la riflessione, talora quella del «cane da caccia» che «rincorre indistintamente qualsiasi preda si offra alla propria vista».  In questo processo di circolazione delle immagini la memoria gioca un ruolo chiave. Il filosofo infatti sostava diverse ore davanti ai quadri e una volta a casa, sulla base delle annotazioni e degli schizzi presi sul Livret, si accingeva, in silenzio e solitudine, alla rimemorazione e descrizione delle opere che lo avevano maggiormente colpito. Lo si immagina, come scrive l’autore, alla luce di una soffusa lampada notturna e, per utilizzare le splendide parole di Bachelard riferite all’effetto della fiamma di una candela, in quel momento, tra ricordo e rêverie, Diderot diventa «uno dei più grandi operatori di immagini: il sognatore di fiamma unisce ciò che vede e ciò che ha visto […], conosce la fusione dell’immaginazione e della memoria».  I dipinti, attraverso la sua penna, si animano di vita propria come in un palcoscenico (viene ricordato anche il fecondo rapporto di Diderot con il teatro) e riescono talvolta a raccontargli una storia, a creare altri tableaux che non possono scaturire «senza sentire»; un «linguaggio espressivo di segni muti», una promenade (celebre la Promenade Vernet) in cui lo spettatore partecipa «con tutto il proprio corpo e tutti i sensi all’esperienza del guardare». E sono proprio i quadri (e le sculture) che nella seconda parte del saggio di Bertolini diventano protagonisti, così come lo sono degli stessi Salons. Si incontrano dunque gli artisti con cui Diderot si confronta: Deshays, Greuze, Robert, Chardin, Fragonard, La Tour, Vernet, Falconet e altri ancora.  Qui, davanti ai capolavori analizzati, alla loro «forza drammatica e patetica», ai ritratti, alle rovine, ai paesaggi, alla natura, alla pittura sacra e ai marmi, come si legge nel Salon del 1767 «il tempo si ferma per colui che ammira». E per il lettore con lui.    Quadri di un’esposizione. I Salons di Diderot. Michele Bertolini Aracne, Roma, pagg. 256