Maria-Cristina Riffero
Mille volte sul podio
ed una prima rappresentazione italiana alla Scala.
Franco Faccio ed I Pescatori di Perle di Bizet
Mille volte sul podio ed una prima
rappresentazione italiana alla Scala.
Franco Faccio ed I Pescatori di Perle di Bizet
1. Introduzione
La prima rappresentazione italiana dell'opera I Pescatori di
Perle di Georges Bizet avvenne a Milano al Teatro alla Scala
il 20 Marzo del 1886.
In realtà essa sarebbe dovuta andare in scena il 18 Marzo
ma il Basso Tamburlini, interprete del ruolo di Zurga, si
ammalò e così l'andata in scena dell'opera slittò di due giorni
ma anche quando andò in scena questo interprete non si era
particolarmente rimesso come salute vocale e così per
alcune sere non se la sentì di interpretare la sua Aria ad
inizio del terzo atto del dramma, pur cantando, comunque,
tutte le altre parti dell'opera a lui assegnate.
Il teatro, comunque, visto che aveva il tutto esaurito per lo
spettacolo del 18 Marzo e visto che questo non poteva avere
luogo, volle dare in sostituzione, per non restituire gli incassi
di quella data, l'Edmea ma la protagonista di questa opera,
essendo stata avvertita senza alcun anticipo di questa
decisione organizzativa del teatro, rifiutò di andare in scena
e così lo spettacolo di ripiego non ebbe luogo e la Scala
dovette restituire ai suoi spettatori per quella mancata prima
recita dei Pescatori di Perle ben 6.000£.
L'opera di Bizet, dal sapore orientale, aveva già più di venti
anni di vita, eppure era ancora nuova per l'Italia, infatti,
aveva avuto la sua prima rappresentazione assoluta a Parigi
il 30 Settembre 1863 ed era il primo lavoro teatrale del
musicista francese che all'epoca aveva venticinque anni.
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Questo spettacolo scaligero fu poco apprezzato dal pubblico
e dalla critica e si disse che il suo creatore era un musicista
privo di ispirazione o possedente molto poca di questa
preziosa dote per un creatore di teatro di musica.
Franco Faccio, direttore musicale del Teatro alla Scala,
decise, in quanto estimatore della musica francese
contemporanea, di portare in scena questa creazione
teatrale di Bizet, ancora sconosciuta in Italia, nella Primavera
del 1886 attirando una grande attenzione da parte del
pubblico e della critica sull'avvenimento che fece, infatti, fare
al teatro il tutto esaurito.
Inoltre, ci furono alle prime sere di recita delle presenze di
membri di Casa Savoia a teatro per cui a Franco Faccio
venne richiesto dal pubblico presente in sala di suonare,
durante gli intervalli dell'opera, la Marcia Reale come
omaggio del pubblico di Milano e dell'orchestra del teatro ai
regali spettatori.
2. Guidizi critici sulla prima italiana dei Pescatori di
Perle
La vicenda è ambientata a Ceylon, in un villaggio di
Pescatori di Perle e l'opera si apre con un coro di pescatori e
con delle danze che vengono ad accompagnarlo e che
risultarono, all'orecchio dei critici, delle pagine musicali
piacevoli ma che il pubblico della Scala non ascoltò con
particolare interesse, neanche osservando ciò che avveniva
in scena con uno speciale spirito di osservazione, essendo
più attratto dall'osservare ciò che accadeva nella gremita
sala del teatro, per notare chi erano le personalità presenti a
quella prima italiana dell'opera francese e ammirare le
toilettes dei diversi spettatori, avendo anche la distrazione di
fondo di tutta una serie di piccoli rumori che continuavano a
persistere nella sala nonostante l'inizio dell'opera.
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Il pubblico principiò a fare confluire la sua attenzione sullo
svolgersi delle vicende sceniche al momento del Duetto tra
Zurga, il capo di questo villaggio di pescatori e il suo amico
Nadir che ritorna al villaggio natale dopo un lungo periodo di
assenza.
In questo Duetto il Tenore ed il Basso o Baritono rievocano il
loro passato e l'amore che entrambi nutrono nei confronti di
una misteriosa sacerdotessa, che è Leila la protagonista
femminile della vicenda.
Questo Duetto fu definito, sia dal pubblico che dalla critica,
come il pezzo migliore dell'opera, supportato da una musica
meravigliosa che venne a creare un generale entusiasmo tra
i presenti in sala e che fu subito ripetuto, a seguito delle
insistenti richieste di bis che poi si ebbero ad ogni replica
dello spettacolo.
La melodia di tale Duetto era proposta dal Tenore e poi
ripresa a due voci e la seduzione del brano era data dagli
accordi dell'arpa e dalle lunghe note dei flauti che si univano
al canto delle due voci maschili ed in questi effetti strumentali
così delicati si rivelava tutta la genialità pittorica di
descrizione d'ambiente espressa in musica da Bizet e, se
anche il compositore era un musicista agli esordi, questo
Duetto è considerato dalla critica quanto di più perfetto Bizet
abbia scritto nel corso della sua produzione musicale.
Dopo tale apoteosi creativa l'atto procedeva con un coro di
voci miste, maschili e femminili, che intonavano una
preghiera a Brahma invocandolo di allontanare le tempeste
dall'isola e perché il dio ascolti la loro preghiera una giovane
deve diventare sua sacerdotessa facendo voto di castità e di
mai togliersi il velo che le ricopre il volto ed essere devota
servitrice del dio e, se mai verrà ad infrangere questi voti, le
preghiere che innalzerà al cielo, affinché il dio allontani le
tempeste dall'isola, non saranno esaudite.
La fanciulla prescelta a tale ruolo è Leila, l'amata di Zurga e
di Nadir.
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Nadir e Leila si riconoscono appena la giovane giunge al
villaggio, nonostante il velo che le ricopre il volto ed entrambi
si dimostrano ancora innamorati l'uno dell'altra e, quindi, il
Tenore esprime questo suo amore per la giovane con una
romanza che è accompagnata dal suono del violoncello e
che molto piacque al pubblico.
Il primo atto finisce con una Barcarola che nel motivo ricorda
quella dei verdiani Vespri Siciliani che è interpretata dalla
Soprano, coinvolgendo anche la voce del Tenore, la quale
risultava essere un brano fascinoso dal punto di vista
musicale in quel conteso scenico ma, i critici ritenevano che
fosse troppo italiana nella strutturazione, troppo simile alla
creazione di Verdi che risale al 1855 e, vista l'ambientazione
orientale della vicenda, il pubblico e la critica avrebbero
gradito che essa fosse più caratterizzante quel tipo di
ambiente asiatico, nonostante ciò questo brano aveva,
comunque, un imponente effetto teatrale.
Il secondo atto si apriva con un coro interno che fu poco
apprezzato dal pubblico in quanto non riuscì a sentirlo bene
perché il coro era posizionato a troppa distanza rispetto
all'uditorio mentre venne applaudita, se anche senza
particolare calore, la romanza di Leila ed il canto di Nadir,
definito come stupenda serenata.
Leila e Nadir, amandosi ancora, decidono di contravvenire ai
divieti che la donna ha come sacerdotessa del dio e
decidono di incontrarsi ogni notte in convegno amoroso.
Il duetto d'amore tra Nadir e Leila ricorda un duetto d'amore
italiano di impostazione belliniana e tale brano, "Non hai
compreso un cuor fedel", dicevano i critici, sarebbe stato tra
le pagine dell'opera meglio accolte ed apprezzate anche
nelle successive riprese di questa ed anche di quelle che
sarebbero state meglio memorizzate e poi ricantate in modo
amatoriale dall'uditorio.
Il peccato di questo brano fu però che la Soprano interprete
di Leila avesse delle incrinature nella voce che vennero a
rovinare la resa del brano ma, in generale, specie alla prima
recita di questo nuovo dramma in musica per l'Italia, tutti i
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cantanti, forse a causa del timor panico, furono al di sotto
delle loro capacità e delle aspettative che in essi il pubblico e
la critica riponevano.
Leila e Nadir vengono scoperti in questo loro prolungato
incontro notturno dai sacerdoti di Brahma posti a custodia
della sacerdotessa.
Il voto fatto da Leila è stato contravvenuto ed i due rei
devono essere messi a morte sul rogo purificatore e, quindi,
a questo punto del dramma ritorna sia la preghiera a Brahma
che il coro dei pescatori che si erano uditi nel corso del primo
atto dell'opera ma, visto che parte del pubblico era distratto
durante questa prima parte della rappresentazione della
vicenda, alcuni tra i presenti non si ricordavano di avere già
udito questi brani e verso di essi dimostrarono un maggior
gradimento rispetto all'indifferenza con cui erano passati
all'ascolto nel primo atto.
L'atto terzo avrebbe dovuto iniziare con l'aria di Zurga,
l'interprete di tale ruolo non si era però sentito la prima sera
né in diverse sere successive, a causa dei suoi problemi
vocali, di interpretare l'aria ma, quando finalmente la cantò, i
critici che la udirono dissero che sarebbe stata più efficace
se accorciata.
E di tutti e tre gli atti del dramma, per i critici, questo terzo
atto era il meno riuscito ed il più confuso, anche nello
svolgersi della vicenda.
Ed è l'atto in cui si vede placare l'infuriare del temporale
tempestoso principiato nel secondo atto, che è il segno
dell'ira di Brahma verso i non rispettati voti della sua
sacerdotessa ed in cui Zurga è geloso che Leila gli preferisca
Nadir come amante e, dunque, a causa di questa sua
gelosia, non vuole salvare da morte certa la giovane coppia
ed, in special modo, il suo amico di infanzia ma, poi, scopre
che Leila conserva ancora la collana di perle che Zurga le ha
donato quando, in passato, lo aveva salvato facendolo
fuggire, mettendo a rischio la sua vita per la sua salvezza e,
riconoscendo il debito verso la sua antica salvatrice, Zurga
decide di salvare i due innamorati e, per far ciò, dà fuoco al
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villaggio dei pescatori, creando un diversivo per permettere
la fuga di Leila e di Nadir ma egli viene fatto prigioniero dagli
altri pescatori, che lo riconoscono colpevole di tradimento e
lo sacrificano sul rogo, al posto dei due giovani a cui ha
ridato la libertà per placare, attraverso la sua morte, l'ira degli
dei, affinché non facciano più imperversare tempeste
sull'isola.
Il dramma termina con un effetto di Marcia Funebre che
ricorda lo stile creativo di Gounod ed in modo particolare
l'episodio della morte di Valentino nel Faust e pure nel
Terzetto che si trova in questo ultimo atto si percepisce una
imitazione del Terzetto del Faust di Gounod con l'uso di uno
strumentale che era anche simile a quello usato nel Faust.
Alla fine del terzo atto, che fu il meno apprezzato di tutta
l'opera, tra il pubblico ci fu anche chi levò voci di protesta e si
disse che il musicista non aveva fatto una felice scelta
creativa decidendo di musicare questo soggetto indiano che
mancava di momenti scenici consistenti e di vicende di vera
drammaticità ed era, dunque, questa una creazione dove
tutta la bellezza compositiva era chiusa nel primo atto che
era un vero e proprio capolavoro.
I critici chiedevano, anche che, nelle rappresentazioni
successive l'esecuzione venisse migliorata dal punto di vista
vocale, in quanto l'orchestra era così dominante sulle parti
vocali che i critici dissero che, alla prima audizione italiana
questi Pescatori di Perle:
"Sembravano un'opera scritta per la sola orchestra"
e, del resto, i recensori dicevano che i cantanti potevano
incorrere in difficoltà quando interpretavano delle creazioni di
Bizet, in quanto il musicista lavorava prevalentemente sulle
note centrali e, questo tipo di registro non sempre era adatto
agli esecutori, inoltre, si disse che l'allestimento scenico
dello spettacolo era assai meschino e gli unici meritevoli di
lode erano l'orchestra della Scala ed il suo direttore Franco
Faccio, i critici, infatti, scrissero:
"Lodevolissimo il Faccio che interpretò con molto buon gusto
lo spartito e lo concertò con vera passione d'artista".
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L'opera era rappresentata unitamente al balletto Amor e, se
nell'opera il Tamburlini era stato indisposto, impedendo
l'ascolto dell'Aria di Zurga, nel balletto, notarono i critici, ad
essere indisposta era stata la scenografia, infatti, nella
seconda parte del ballo doveva scendere la Chiesa di
Pontida ma:
"La scena s'era impigliata e ci volle qualche minuto prima
che si decidesse a scendere",
mentre i danzatori presenti in scena facevano dei movimenti
coreografici che non erano richiesti dal balletto, in quanto si
protendevano con le braccia assai verso l'alto cercando di
afferrare con le mani e fare scendere la scenografia che non
aveva alcuna voglia di svolgere il suo ruolo in modo
adeguato.
Tale balletto, creato da Romualdo Marenco su poema
coreografico di Luigi Manzotti, aveva visto la prima
rappresentazione assoluta circa un mese prima di questa
sua riproposta insieme all'opera francese, il 17 Febbraio
1886, diviso in sedici quadri.
La scena che diede problemi fu la dodicesima, presente nel
secondo atto dell'azione coreografica, che vedeva:
"I deputati delle città lombarde (che) si adunano nella Chiesa
di Pontida"
per decretare la ricostruzione di Milano che era stata
distrutta dall'esercito dell'imperatore di Germania Federico
Barbarossa e per stabilire di condurre, sia l'imperatore che
tutti i suoi alleati, anche se questi erano italiani, fino alla
completa sconfitta e perdita del loro potere.
L'episodio che fu l'antefatto della Battaglia di Legnano, dove
l'imperatore di Germania fu sconfitto dai liberi comuni italiani,
si svolse in una chiesa perché, per i partecipanti al
giuramento, l'evento era solenne ed un evento di questo tipo,
un giuramento così importante, non poteva che tenersi in un
luogo solenne quale era una chiesa.
Ritornando all'opera di Bizet, i critici che andarono ad
ascoltarla anche nelle recite successive alla prima dissero
che in questi Pescatori di Perle:
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"L'orchestra si può dire la vera protagonista dell'opera"
e, poi ancora, questi dicevano che la parte scritta da Bizet
per il Tenore era assai più bella della parte scritta per la
Soprano e, nonostante i critici continuassero a trovare
confusionario il terzo atto, dicevano che la musica del corteo
funebre era un pezzo assai riuscito se anche era debitore
per molti punti alla musica di Gounod ed al suo Faust in
special modo.
Tale Faust vide la prima rappresentazione della prima
versione a Parigi l'11 Marzo 1859, era questa la versione del
dramma che aveva i dialoghi parlati, la seconda versione,
con i recitativi cantati, fu presentata a Strasburgo il 14 Aprile
1860 ed in prima italiana, sempre al Teatro alla Scala, l'11
Novembre 1862.
La terza versione, con i recitativi cantati ed anche il ballo,
invece, è successiva ai Pescatori di Perle perché fu
presentata all'Opera di Parigi il 3 Marzo 1869 ed in prima
italiana al Teatro Regio di Torino il 4 Gennaio 1870, quindi, il
pubblico italiano conosceva il Faust di Gounod e poteva
confrontarlo con I Pescatori di Perle.
Altra opera che per i critici fu di ispirazione a Bizet nella sua
creazione fu La Stella del Nord composta da Meyerbeer su
libretto di Scribe e presentata all'Opéra Comique di Parigi il
16 Febbraio 1854.
Essa narra una vicenda russa che ha per protagonista lo zar
Pietro il Grande che si finge carpentiere ed adotta un falso
nome per seguire Caterina, una popolana di cui si è
innamorato, la quale riesce a sventare un complotto che era
stato ordito ai danni dello zar e a disperdere un contingente
di Tartari che minacciava il suo villaggio il giorno delle nozze
di suo fratello muovendo verso i Tartari danzando e
cantando vestita da zingara.
I guerrieri nemici, soggiogati dal suo fascino e dal suo
coraggio, si disperdono ma la giovane, per amore del
fratello, si sostituisce a questi, che si è appena sposato ed in
abiti maschili parte per combattere al fronte.
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Al termine della vicenda lo zar sposerà la coraggiosa donna
che diventa imperatrice con il nome di Stella protettrice e lo
zar fa ricostruire per l'amata il suo villaggio natale nei giardini
del palazzo imperiale.
Caterina, in questo dramma a lieto fine di ambientazione
russa, salva il suo villaggio dalla furia degli invasori solo con
il fascino del suo canto, il quale ha il potere magico di porre in
fuga le orde tartare.
A Leila nel dramma di Bizet viene chiesta una cosa analoga,
ovvero di placare con il suo canto-preghiera le divinità celesti
e gli spiriti della natura per dare serenità e prosperità al
villaggio dei pescatori di perle, tenendo lontane le tempeste
ed, infatti, al termine del primo atto della creazione di Bizet i
sacerdoti-maghi chiedono a Leila di cantare e di non
interrompere il suo canto di invocazione alle divinità, perché
questo canto sacro terrà lontano dalla loro isola ogni pericolo
ed ogni avversità per il villaggio dei pescatori sarà così
scongiurata.
3. Alcune ulteriori considerazioni sui Pescatori di Perle
E' un peccato che in quella prima rappresentazione italiana
del dramma indiano di Georges Bizet non sia stato curato in
modo adeguato l'allestimento scenico da parte del Teatro
alla Scala perché dal punto di vista scenografico, nel leggere
il libretto del dramma, si percepisce che I Pescatori di Perle
sono un'opera che ha un forte impatto visivo sugli occhi degli
spettatori, anche grazie all'effetto di uragano che inizia
durante il Duetto d'amore tra Leila e Nadir nel secondo atto
dell'opera e procede fino alla fine di questo, quando viene
emessa la sentenza di condanna a morte dei due innamorati,
per placarsi ad inizio del terzo atto, durante l'Aria di Zurga e,
anche in generale, per l'ambientazione esotica della vicenda
che si svolge sull'isola di Ceylon e che vede, oltre al contesto
della spiaggia dove vivono i pescatori di perle nel villaggio di
capanne circondato da una vegetazione rigogliosa, costituita
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da palme e cactus, un elemento spettacolare dato dalla
presenza di una vecchia pagoda induista, assai diroccata,
posizionata sulla roccia che domina a strapiombo il mare ed
in cui Leila dovrà vivere nella sua qualità di sacerdotessa del
dio Brahma in condizioni di eremitaggio e verginità.
L'opera si apre mettendo in scena una festa dei pescatori,
nella didascalia che descrive la scena è detto che questi
stanno ballando e festeggiando al suono di strumenti indiani
e cinesi, più avanti, nel secondo atto, nel momento in cui
entra in scena Nadir, per raggiungere Leila nel suo tempio a
strapiombo sullo scoglio, il suo canto sarà accompagnato dal
suono della guzla.
L'uso di tale strumento è citato nel libretto alla seconda
scena del secondo atto ma la guzla non è uno strumento
indiano, esso è uno strumento tipico della cultura slava
meridionale ed è uno strumento a corda che accompagna
sonoramente i racconti dei cantastorie ed i racconti epici dei
popoli slavi del sud, infatti, questo strumento viene evocato,
e con giusta contestualizzazione geografica, nell'Otello di
Giuseppe Verdi, che è ambientato nell'isola di Cipro e questo
strumento viene indicato nel libretto del dramma verdiano
quando gli abitanti dell'isola rendono un omaggio musicale e
di doni a Desdemona sposa di Otello che era il governatore
di Cipro per conto del governo di Venezia.
Invece, nella contestualizzazione nell'isola di Ceylon
dell'opera Bizet, anziché la guzla, come strumento che
accompagna il canto di Nadir, si sarebbe dovuto scegliere
uno strumento più tipico del contesto indiano, come il sitar o
il sarod, che sono dei liuti a pizzico o il sarangi, che è una
sorta di viella e che sono strumenti comunemente usati dai
musicisti indiani, oppure, andava anche bene citare il vina, il
quale è un liuto a pizzico dal manico lungo sempre usato per
accompagnare i cantori indiani nell'espressione delle loro
melodie.
Nel Duetto tra Nadir e Zurga, quello che piacque tanto al
pubblico fin dalla prima recita del dramma e di cui fin da
subito fu richiesto il bis, si parla di quando Zurga e Nadir
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erano ragazzi, molto amici tra di loro, ed un giorno videro in
un tempio apparire una donna quale una splendida visione,
ella era contornata da fiori d'oro e pareva una dea e la folla
era prostrata in venerazione ai piedi di questa figura e la
osservava colma di stupore, di ammirazione e di meraviglia e
sia Zurga che Nadir si erano innamorati di questa visione
femminile che pareva un sogno fattosi realtà, al punto che
Nadir aveva deciso di andare a vivere nei boschi, tra le fiere
selvagge ed in solitudine, per sfuggire a questo amore folle
che lo avrebbe reso nemico di Zurga, pure folgorato da
questa singolare e celestiale bellezza femminile ed, ecco
che la dea che li aveva incantati in passato, ora che Nadir ha
deciso di ritornare al villaggio natale, viene condotta pure lei
al villaggio dei pescatori su di una piroga, con il volto coperto
da un velo che la dovrà celare agli sguardi del popolo ed ella
vivrà nel tempio diroccato sulla roccia e qui, quale
sacerdotessa, dovrà pregare per allontanare gli spiriti
malvagi dal villaggio e anche le tempeste che spesso
infuriano sull'oceano ma se essa infrangerà il voto fatto di
castità e di vita in solitudine nel tempio (custodito dal lato
della terra dai fachiri e dall'altra parte dalle rocce dello
scoglio che cadono a strapiombo sul mare e, per cui, è quasi
impossibile arrampicarsi per accedere alla pagoda sacra, se
anche Nadir, spinto dall'amore, riuscirà a raggiungere, nel
secondo atto dell'opera, nella notte, Leila proprio passando
attraverso questi scogli) pregando per il benessere dell'isola
e dei suoi abitanti, ella sarebbe stata messa a morte per
placare le divinità e gli spiriti della natura offesi dal suo
spergiuro voto ma, siccome era appena giunta al villaggio ed
aveva appena saputo quali erano le terribili condizioni che il
suo ruolo sacro le imponeva, Zurga, come capo del villaggio,
sentendo che la mano della donna è fredda e trema, come
se la agitasse un qualche presentimento interiore, le dice
che può ancora riprendersi la libertà e rinunciare ai sacri voti
se così preferisse ma Leila accetta di adempiere alla sua
missione di sacerdotessa ed in cambio della rinuncia ad
essere una donna normale, che può lasciarsi andare ai
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sentimenti d'amore, a Leila erano state promesse ingenti
ricchezze e le perle più belle pescate dai pescatori, delle
perle degne di figurare tra i gioielli di un re.
I critici dissero che l'opera nel terzo atto risultava essere un
po’ confusa ma, in generale, la trama di tutta l'opera è
confusa perché, fin dal primo atto, sappiamo che Nadir e
Zurga si sono innamorati di questa donna misteriosa quando
l'hanno vista apparire in un tempio, quale divinità, ma,
quando Leila parla, in questo primo atto, per accettare le
condizioni che le vengono poste come sacerdotessa, Nadir
la riconosce dalla voce ma Zurga no e Leila riconosce anche
Nadir e risulta fin da subito di lui innamorata, questo fa
presuppore che tra i due giovani doveva esserci già stata
una frequentazione precedente di cui, però, nel libretto non
si fa alcun cenno, perché non risulta che la magica visione
comparsa nel tempio avesse parlato, onde Nadir potersi
ricordare come era il suono della sua voce dopo tanto tempo
e nel tempio a venerare la donna-dea c'erano, oltre a Nadir e
a Zurga, anche tante altre persone, quindi, vista la brevità
dell'incontro, era impossibile che, su tutti i presenti, Leila si
ricordasse proprio del solo Nadir, se non avesse avuto altro
modo di incontrarlo dopo quel primo fugace incontro nel
tempio e, poi, nel secondo atto si scopre che Leila da
ragazza aveva già incontrato Zurga e lo aveva aiutato e
coperto durante una fuga dell'uomo, a rischio della sua
stessa vita e questi, come ricompensa, le aveva donato una
collana che Leila porta sempre con sé da allora, però Zurga,
a differenza di Nadir, in questo primo atto, non riconosce
dalla voce la sua salvatrice di un tempo e neanche collega
che costei sia la celestiale visione vista nel tempio insieme a
Nadir e riconosce Leila solo sul finire del secondo atto del
dramma, quando la giovane viene condannata a morte per
avere infranto i voti pronunciati alla divinità e le viene tolto il
velo che le copriva il volto ed, a questo punto, Zurga sarà
geloso di Nadir di cui Leila è innamorata e non vuole salvare
la coppia rea da morte certa, però, ancora al termine di
questo secondo atto, Zurga riconosce Leila solo come la
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celestiale visione femminile vista nel tempio, non come la
sua salvatrice durante la fuga di tanti anni prima, come tale la
riconoscerà, facendo quindi fuggire i due amanti e salvando
loro la vita, nel terzo atto del dramma quando la giovane,
prima di essere condotta a morire sul rogo purificatore, lascia
ad uno dei pescatori, perché la dia a sua madre, come suo
ricordo, la collana che Zurga le aveva donato.
Zurga vede la collana, capisce chi Leila sia ed il suo cuore si
smuove e fa si che lei e Nadir fuggano liberi, sostituendosi al
loro sacrificio come vittima espiatrice della collera degli dei.
Dopo che Leila ha accettato di essere sacerdotessa del dio il
coro invoca Brahma di stendere sul villaggio di pescatori le
sue braccia e di proteggere dalle insidie i suoi devoti, al
termine del secondo atto questo coro ritorna ad esprimersi,
in modo che fu più seguito ed apprezzato dal pubblico
milanese della prima rappresentazione rispetto alla sua
prima apparizione nel primo atto, ma, in questo secondo
canto corale i pescatori invocano nuovamente Brahma, loro
dio, di stendere le braccia e di proteggere il loro villaggio
dall'uragano che sta distruggendo l'isola con profonda
violenza e, per avere tale protezione dal dio, gli giurano di
punire i due amanti sacrileghi ed in ginocchio stanno ad
aspettare il placarsi dell'ira del dio, mentre, ritornando al
termine del primo atto, nella Barcarola che Leila canta alla
fine di questo, che ai critici ricordava lo stile della Barcarola
dei verdiani Vespri Siciliani, Leila invoca Brahma, signore del
mondo e Shiva e gli spiriti dell'aria, del mare, delle rocce, dei
boschi e di tutta la natura di ascoltare la sua voce di
preghiera e di adorazione verso la loro divinità per salvare
l'isola e gli abitanti di questa da ogni male.
L'atto secondo ha l'imponente ambientazione del tempio
indiano diroccato posto sugli scogli a strapiombo sul mare ed
inizia con un cielo sereno di stelle e con la luna che illumina
la scena in un romantico notturno che, poi, si tramuta nel
furioso uragano durante il procedere del duetto tra i due
innamorati.
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Leila, in questo canto, dice a Nadir che aveva fatto
giuramento di evitare la presenza del giovane per non
essere tentata dall'amore che provava per lui, questo
comprova, se anche la trama della vicenda non lo specifica,
che Leila e Nadir in passato si siano visti altre volte rispetto
alla prima fugace visione che il giovane aveva avuto della
bellissima donna nel tempio.
E, poi, il duetto tra i due giovani procede, in un modo che
ricorda il dialogo tra Romeo e Giulietta, i quali, visto che non
vogliono fare cessare la loro notte d'amore, dicono che i
segni ed i suoni premonitori dell'arrivo dell'alba che li dovrà
separare, portando Romeo lontano da Verona, perché se
l'alba lo coglierà in città per lui ci sarà la morte sono altre
cose da ciò che invece realmente preannunciano.
Qui è Leila che dice a Nadir che sta per scoppiare l'uragano
ed è, quindi, meglio che si separino, perché si avverte da
lontano l'effetto del lampo ed il borbottare del tuono e Nadir
le dice di non curarsene che questi sono solo degli effetti di
vento e che il lampo è in realtà la stella della notte che
illumina la bellezza di Leila e, così facendo, distoglie la
giovane sacerdotessa dal senso del pericolo verso l'uragano
che, giungendo con violenza sull'isola, metterà in sospetto i
custodi di Leila e del suo sacro ufficio, che penseranno che
tale tempesta si sia scatenata perché la sacerdotessa ha
contravvenuto ai suoi sacri uffici e, quindi, si recheranno alla
diroccata pagoda per capire che cosa stia facendo Leila,
venendo in questo modo a sorprendere i due amanti e
segnando così la loro condanna a morte ed, infatti, nel
momento in cui questi vengono scoperti dai custodi della
sacralità di Leila l'uragano infuria sull'isola in tutta la sua
violenza.
Questo protrarre al di là di ogni ragionevolezza il notturno
incontro d'amore ricomparirà nel Romeo e Giulietta di
Gounod che, forse, trasse ispirazione da questo duetto
notturno tra Leila e Nadir, essendo questa sua creazione di
quattro anni successiva a I Pescatori di Perle, avendo avuto
la prima rappresentazione assoluta a Parigi il 27 Aprile 1867
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ed, in quello stesso anno, il 14 Dicembre, anche la prima
rappresentazione in Italia, a Milano, alla Scala ed è
piacevole poter pensare che, come parti del Faust di Gounod
siano state di ispirazione a Bizet per i suoi Pescatori di Perle,
il duetto d'amore del secondo atto di questa sua creazione
sia stato di ispirazione per il duetto d'amore tra Romeo e
Giulietta nell'omonima opera di Gounod.
Il terzo atto è diviso in due parti, la prima si svolge nella
capanna, abitazione di Zurga, in cui, nella sua Aria, il capo
dei pescatori dice che l'uragano naturale ormai si sta
placando ed i venti stanno tacendo ma in lui, da che ha
rivisto Leila, la calma si è dipartita e non riesce più a
ritrovarla e neanche il sonno riesce più ad acquistare perché
ha l'animo combattuto, in quanto è pentito di avere
decretato, insieme a tutti gli altri pescatori la morte di Leila e
di Nadir ma, al tempo stesso, è anche geloso che Leila a lui
preferisca il suo amico e, quindi, non vuole fare grazia della
vita ai due giovani e specialmente a Nadir e Leila stessa gli
chiede di salvare il suo giovane amico da certa morte.
Il passaggio dalla prima alla seconda scena del terzo atto,
secondo le didascalie del libretto, avviene a vista e, dalla
capanna di Zurga si finiva in un luogo selvaggio dell'isola
dove era approntato il rogo per sacrificare al dio, affinché
placasse la sua ira, i due amanti sacrileghi.
Il sacrificio doveva compiersi sul fare del giorno e, nell'attesa
dell'alba e dell'istante sacrificale, i pescatori ballano in modo
frenetico, quasi in stato di invasamento per effetto del vino di
palma bevuto, ed invocano Brahma e aspettano il momento
del sorgere del sole per mettere a morte i colpevoli.
La scena seconda si apre con la Marcia Funebre, che i critici
dicevano desunta dalla musica del Faust di Gounod e, su
questo effetto musicale in scena si doveva avere la presenza
di una luce rossa proiettata sullo sfondo del palcoscenico, di
modo tale che essa facesse pensare ai pescatori che questa
fosse la luce del sole che stava sorgendo e, quindi, fosse
giunta l'ora dell'esecuzione per i due rei ma Zurga giunge in
scena a dire che non è la luce del giorno quella che vedono i
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pescatori perché, se guardassero con maggiore attenzione
capirebbero che questa luce è dovuta all'incendio del loro
villaggio, le cui capanne stanno bruciando e questo fuoco è
stato inviato sul villaggio direttamente dal cielo dalla mano
irata del dio, però, se i pescatori accorreranno con rapidità
verso il villaggio potranno ancora salvare dal rogo le loro
cose ed anche i loro cari rimasti nelle capanne e, quando
questi corrono verso il villaggio, Zurga confessa a Nadir e a
Leila, con cui rimane solo in scena, di essere stato lui ad
incendiare il villaggio per creare un diversivo e permettere la
fuga ai due giovani e qui si ha il Trio tra Leila, Nadir e Zurga,
i quali cantano alla luce del fuoco dell'incendio
provvidenziale che salverà le due giovani vite innocenti, i
quali possono fuggire indisturbati, ora che gli inferociti
pescatori si sono allontanati dal luogo dell'esecuzione e, che
i critici dicevano era un momento scenico che, pure trovava
la sua ispirazione nel Faust di Gounod.
Dopo la fuga dei due giovani i pescatori capiscono che è
Zurga l'autore dell'incendio che ha distrutto il villaggio e,
quindi, così come nel primo atto lo avevano nominato loro re,
ora lo dicono traditore e decidono di sacrificare lui sul rogo
per placare l'ira del dio e il sacrificio avviene mentre il coro
dei pescatori invoca il sorgere del sole e esprime la speranza
che il dio Brahma plachi la sua ira e tutti restano in preghiera
mentre Zurga viene sacrificato, certo però di morire per il
profondo senso di amicizia che lo lega a Nadir e per la
salvezza dell'amico fraterno e della loro amata Leila.
4. I Festeggiamenti per la millesima
d'orchestra di Franco Faccio alla Scala
direzione
In occasione delle repliche dei Pescatori di Perle, il 25 Marzo
1886, Franco Faccio festeggiò, ricevendo molti applausi ed
omaggi, la sua millesima direzione d'orchestra sul podio del
Teatro alla Scala da quando nel 1872 era diventato direttore
musicale del massimo teatro milanese, infatti, il Maestro
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veronese aveva diretto, nel prestigioso teatro, 970
rappresentazioni d'opera e 30 concerti.
Il Maestro ringraziò, con lettera aperta sulle colonne del
Corriere della Sera, tutti coloro che avevano in modo così
generoso fatto un tributo così solenne al suo lavoro e,
sempre, ad ogni replica dello spettacolo, si elogiava l'ottima
resa che Franco Faccio sapeva trarre dalla musica del
dramma eseguita dalla sua orchestra e si diceva:
"L'orchestra sotto la direzione di Faccio fu perfetta"
ad ogni recensione che i critici fecero delle varie repliche
dello spettacolo sui giornali.
5. Conclusione
Una prima rappresentazione italiana furono, dunque, questi
Pescatori di Perle di Bizet alla Scala, nel Marzo 1886, che se
non portò a conseguire un grande successo all'opera ed al
suo autore segnò però un importante riconoscimento
professionale per le capacità direttoriali di Franco Faccio ed
in generale al meritorio lavoro che egli aveva, fino a quel
momento, svolto per l'accrescimento del valore musicale del
massimo teatro milanese.
A Franco Faccio, geniale direttore d'orchestra
Torino, Settembre 2019
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