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Gli Stati Uniti e il Medio Oriente (1947-1961)

Dalla Rivoluzione francese fino al 1945, il Mediterraneo Orientale fu uno scenario abituale di rivalità e di confronto tra le grandi potenze mondiali, e sede di importanti campi di battaglia. Questa regione ha vissuto grandi scontri tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, dalla crisi degli stretti turchi nel 1945, attraverso la guerra civile greca del 1946-1949 è stata, infine, protagonista delle quattro grandi guerre arabo-israeliane (1948, 1956, 1967, 1973). La Guerra Fredda fra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica è stata il primo conflitto internazionale veramente globale nella sua portata, in cui i principali protagonisti erano soprattutto paesi extra europei, e lo scenario di rivalità era tutto il mondo. Durante la Guerra Fredda, il territorio del Medio Oriente acquistò un valore speciale per gli Stati Uniti a causa delle risorse petrolifere, delle strutture militari, delle rotte interregionali e altre strutture di comunicazione e per la vicinanza con l'Unione Sovietica. Per l'Occidente era anche fondamentale avvicinarsi al Medio Oriente arabo per motivi economici, culturali e politici. Inoltre Israele assunse, sempre per l'Occidente, un’importanza strategica per la sua posizione al centro della regione3. La portata del Medio Oriente come regione strategica crebbe nella seconda metà del XX secolo quando il petrolio cominciò ad essere considerato di vitale importanza per entrambe le superpotenze, come vasta riserva di energia. In questa maniera, il confronto tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica trasformò i termini di penetrazione internazionale nel Medio Oriente, data la concentrazione eccezionale di interessi economici e strategici -petrolio, vie di transito, e la protezione d'Israele-. Il periodo della Guerra Fredda ha avuto sul Medio Oriente un effetto profondo sui loro Stati e popoli, e sulla sua posizione all'interno dell'intero sistema internazionale. Mentre gli Stati e i movimenti politici si adoperavano per volgere la rivalità globale a proprio vantaggio, quella stessa rivalità aveva un impatto profondo su molte parti della regione, ispirando movimenti di massa di destra e di sinistra

Gli Stati Uniti e il Medio Oriente (19471961) PABLO BAISOTTI INEDITO Importanza del Medio Oriente Dalla Rivoluzione francese fino al 1945, il Mediterraneo Orientale fu uno scenario abituale di rivalità e di confronto tra le grandi potenze mondiali, e sede di importanti campi di battaglia. Questa regione ha vissuto grandi scontri tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, dalla crisi degli stretti turchi nel 1945, attraverso la guerra civile greca del 1946-1949 è stata, infine, protagonista delle quattro grandi guerre arabo-israeliane (1948, 1956, 1967, 1973). La Guerra Fredda fra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica è stata il primo conflitto internazionale veramente globale nella sua portata, in cui i principali protagonisti erano soprattutto paesi extra europei, e lo scenario di rivalità era tutto il mondo1. Durante la Guerra Fredda, il territorio del Medio Oriente acquistò un valore speciale per gli Stati Uniti2 a causa delle risorse petrolifere, delle strutture militari, delle rotte interregionali e altre strutture di comunicazione e per la vicinanza con l'Unione Sovietica. Per l'Occidente era anche fondamentale avvicinarsi al Medio Oriente arabo per motivi economici, culturali e politici. Inoltre Israele assunse, sempre per l'Occidente, un’importanza strategica per la sua posizione al centro della regione3. La portata del Medio Oriente come regione strategica crebbe nella seconda metà del XX secolo quando il petrolio cominciò ad essere considerato di vitale importanza per entrambe le superpotenze, come vasta riserva di energia4. In questa maniera, il confronto tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica trasformò i termini di penetrazione internazionale nel Medio Oriente, data la concentrazione eccezionale di interessi economici e strategici -petrolio, vie di transito, e la protezione d'Israele-5. Il periodo della Guerra Fredda ha avuto sul Medio Oriente un effetto profondo sui loro Stati e popoli, e sulla sua posizione all'interno dell'intero sistema internazionale. Mentre gli Stati e i movimenti politici si adoperavano per volgere la rivalità globale a proprio vantaggio, quella stessa 1 KHALIDI Rashid, Sowing crisis, The cold war and the american dominance in the Middle East, Beacon Press, Boston, 2009, pp.203-204. Anche lo fu la Prima e Seconda Guerra Mondiale in minore portata. 2 Il National Security Council, nel luglio 1954, inviò un rapporto al presidente Eisenhower (1953-1961) intitolato United States objectives and policies with respect to the near East: Nella parte Considerazioni generali si possono vedere chiaramente gli obiettivi statunitensi nel Medio Oriente: a) An increase in military training and strength in the Near East would help to induce internal stability and political orientation towards the West...b) The best prospect for creating an indigenous regional defense arrangements in the Near East lies in the concept of the “northern tier”, which would include Turkey, Pakistan, Iran and Iraq...The concept has aroused resentment on the part of certain Arab states, especially Egypt and Saudi Arabia, but may provoke a desiderable pull away from the negative Arab League; c) The immediate effects of a regional defense arrangements may be expected to be primarily political and psycological rather than military. Such a grouping should strenghten Western-oriented elements and tend to bring about awareness of the Soviet threat and greater willingness to cooperate both regionally and with the West...d) Military, a regional defense arrangement together with the U.S. Military aid programs, may permit the eventual significant reduction of the requirement for outside ground forces...e) The indigenous nature of the organization is an essential feature. The creation of strength and self-reliance, regardless of whether any formal link to the West is established at this time, will be an important impediment to Soviet cold-war activities, including subversion.Until progress can be made in settling present disputes between the British, French and Arabs and until Arab resentment toward the West arising from the creation of Israel con be reduced, there is little possibility of including both the Arab states and the West (except Turkey) in a formal defense organization;.... h) Military aid plans must take into account the economic capabilities of the states receiving such aid. A rapid military build-up, even in selected countries, might have damaging economic and political effects; i) Inclusion of Israel at this time would result in Arab refusal to cooperate. Moreover, U.S. Arming of the Arab and efforts toward a regional grouping would continue to arouse sharp. Israel opposition and increase Arab-Israel tensions. Because of the present preponderance of Israel's military strenght, arms aid to the Arab states would not materially change the power relationship for a considerable period, but adequate safeguards are desiderable to prevent misuse in the future and justified concern by Israel. If the dangers can be met, successful development or the security arrangements should in the long run exert a helpful effect on the Arab-Israel problem. Il documento si può consultare: http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB78/propaganda%20126.pdf 3 HAHN Peter, The United States and the Middle East since 1945, Potomac, Washington, 2005, p.7. 4 KHALIDI Rashid, Sowing crisis, The cold war and the american dominance in the Middle East, Beacon Press, Boston, 2009, pp. 203-205. 5 HINNEBUSCH Raymond, The international politics of the Middle East, Manchester University Press, Manchester, 2003, p.21. rivalità aveva un impatto profondo su molte parti della regione, ispirando movimenti di massa di destra e di sinistra. Le potenze esterne cercavano alleati e dispensavano armamenti, consigli, e in qualche caso assistenza economica6. Nei primi anni del secondo dopoguerra, il rapporto degli Stati Uniti con i paesi arabi del Medio Oriente restò secondario, perciò il governo statunitense utilizzò solo in parte le compagnie petrolifere come interlocutrici dei governi arabi. Durante gli anni '50 e '60 il Medio Oriente diventò un'area nevralgica della Guerra Fredda per le superpotenze a causa delle risorse strategiche, per la posizione della regione come crocevia tra Europa-Asia e Africa, e i potenziali alleati arabi, e soprattutto perché entrambe le superpotenze volevano contrappesare il potere e l’influenza dell'altra. Per l'amministrazione Eisenhower la Guerra Fredda decisamente avrebbe dovuto essere combattuta nel Medio Oriente, perché era una regione importante dove i paesi alleati e non avevano interessi commerciali e strategici (soprattutto Gran Bretagna e Francia). La preoccupazione principale per gli Stati Uniti era l'espansione dell'Unione Sovietica (per motivi politici e strategici) e del comunismo in aree tradizionalmente non ostili e pro-occidentali, e il crescente antioccidentalismo, in particolare il sentimento anti-britannico di molti governi nazionalisti arabi. Il conflitto locale in Medio Oriente era inserito nella logica di un confronto globale con riferimento all'Unione Sovietica7. Questo paper studierà l'importanza per gli Stati Uniti del Medio Oriente per quanto concerne gli anni dal 1947 al 1961, sulla base di tre pilastri che saranno: interessi energetici, contenimento sovietico e difesa d'Israele. Inoltre verrà sviluppata la risposta sovietica e da ultimo il case-study: La guerra del Sinai (1956) 6 HALLADAY Fred, Il Medio Oriente. Potenza, politica e ideologia, Vita e pensiero, Milano, 2007 (1ed 2005), p.187. 7 PAINTER David, Oil, resources, and the Cold War 1945–1962, in LEFFLER Melvin and ODD Arne (coords.), The Cambridge history of the cold war volume I. Origins, Cambridge University Press, p.498 e LEWIS Bernard, La costruzione del Medio Oriente, Laterza, p.187. Vedere anche HAHN Peter, Crisis and crossfire. The United States and the Middle East since 1945, Potomac, Washington, 2005, p.33 e KNAPP Wilfrid, The United States and the Middle East: How many special relationships? in SHAKED Haim and RABINOVICH Itamar (coords.)The Middle East and the United States. Perceptions and policies, Transaction Inc., New Jersey, 1980, pp.11,12 e 13. I tre pilastri della politica statunitense nel Medio Oriente a) Interessi energetici: L'interesse degli Stati Uniti per il petrolio mediorientale ebbe origine nel periodo tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, quando essi insistettero nell'applicazione del principio della porta aperta agli interessi commerciali statunitensi8. Durante la Seconda Guerra Mondiale il valore strategico del Medio Oriente aumentò notevolmente. Il consorzio statunitense che operava in Arabia Saudita ARAMCO9 forniva quasi la metà del petrolio per il fabbisogno europeo occidentale nel periodo del piano Marshall ed è stato cruciale per la ripresa durante il dopoguerra europeo, per mantenere i prezzi bassi dell'energia10. La politica degli Stati in Medio Oriente rispose a diversi obiettivi: mantenere la stabilità di una regione in cui, tra le due guerre, si erano insediate le loro compagnie petrolifere; contenere, all'indomani della Seconda Guerra Mondiale, l'espansionismo sovietico verso sud; e trovare un punto d'appoggio nel Medio Oriente dopo la crisi di Suez. I principali alleati -non senza contraddizioni- furono l'Arabia Saudita, la Turchia, l'Iran e infine Israele11. Alla luce della Guerra Fredda, gli Stati Uniti attribuirono molta importanza alle grandi risorse di petrolio del Medio Oriente. Gli obiettivi erano evitare l'acceso dell'Unione Sovietica -in tempi di pace e di guerra- a questa risorsa, utilizzarla per la ricostruzione economica e la rivitalizzazione dell'Europa e del Giappone, e per preservare le riserve di petrolio dell'Emisfero occidentale per periodi di emergenza12. Per gli Stati Uniti la politica verso il Medio Oriente durante l'amministrazione Eisenhower (1953-1961) considerò che il petrolio avesse un importante peso strategico che si sarebbe rivelato utile in politica estera, cioè il valore era dato non tanto per il mercato, ma come un'arma strategica. Per quello Einsenhower di fronte a un'eccessiva abbondanza di petrolio nel mercato internazionale impose delle quote d'importazione per proteggere le compagnie petrolifere da un crollo dei prezzi 13. 8Alla fine degli anni '40, c'erano sette grandi compagnie petrolifere che controllavano oltre il 90% delle riserve di petrolio, al di fuori del Nord America e dei Paesi comunisti, conosciute come le Sette Sorelle. In collaborazione con le autorità statali negli Stati Uniti, le Sette Sorelle hanno giocato un ruolo fondamentale durante la Guerra Fredda controllando gran parte dell'economia mondiale del petrolio sin dall'estrazione fino alla raffinazione -fissando liberamente i prezzi di vendita, la produzione e le quote di mercato-. Allo stesso tempo l'industria petrolifera era spesso considerata con sospetto in quanto “cartello” che violava la legge e la regolamentazione antitrust degli Stati Uniti. La prospettiva generale fu influenzata dal fatto che gli Stati Uniti non dipendevano significativamente dalle importazioni di petrolio. Per le compagnie petrolifere il Medio Oriente fu l'affare economico più importante fino alla crisi energetica dell'ottobre del 1973. Dopo la prima crisi petrolifera del 1973-1974, la domanda di petrolio ancora mantenne un elevato tasso relativo di crescita di circa il 4 % tra il 1975 e il 1979. Nella seconda crisi petrolifera del 1979-1980 la domanda mondiale di petrolio subì un duro colpo e, tra il 1979 e il 1983, calò del 10%. Vedere STREIFEL Shane, Review and outlook for the world oil market, World Bank press, Washington, 1995, p.7; ASKARI Hossein, Middle East oil exporters. What happened to economic development?, Elgar publishing limited, UK, 2006, p.5; OKOGU Bright, The Middle East and North Africa in a changing oil market, International monetary Found publications, 2003, Washington, pp.2 e 5 and MARCEL Valerie, Oil titans. National oil companies in the Middle East, Brookings Istitution Press, Baltimore, 2006, p.24. 9 L'Arabian American Oil Company (ARAMCO) nacque nel 1933 con l'accordo fra il governo dell'Arabia Saudita con la Standard Oil of California (Socal) 10 VAN DER PIJL Kees, Global rivalries from the Cold War to Iraq, Pluto press, London, 2006, p.44; e KHALIDI Rashid, Sowing crisis, The cold war and the american dominance in the Middle East, Beacon Press, Boston, 2009, p.15. 11 JEANNESSON Stanislas, La guerra Fredda. Una breve storia, Universale Donzelli, Roma, 2003. 12 HAHN Peter, Crisis and crossfire. The United States and the Middle East since 1945, Potomac, Washington, 2005, p.7. Nel 1960 i governi dell'Iraq, dell'Iran, dell'Arabia Saudita, di Kuwait e della Venezuela decisero, dopo la conferenza tenuta a Baghdad, di creare l'OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countries) per evitare variazioni sfavorevoli del prezzo del petrolio. 13 BAMBERG James, British petroleum and global oil, 1950-1975. The challenge of Nationalism, Cambridge Press, UK, 2000, p.76; GELVIN Dunque il governo degli Stati Uniti, durante gli anni '50-'60, possedeva la capacità militare ed economica di guardare il Terzo Mondo per garantire, le risorse per se stessi e per i loro alleati 14. Questo fu una maniera di diventare “vigile” mondiale per essere pronti per intervenire ovunque ci fossero i sovietici. b) Contenimento sovietico: Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica erano profondamente impegnati in Medio Oriente, già durante la fase iniziale della Seconda Guerra Mondiale. Due anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si registrò una notevole evoluzione nella posizione degli Stati Uniti in due aspetti. Il primo è stato il vis-à-vis con l'Unione Sovietica, descritto pubblicamente dal presidente statunitense Truman (1945-1953) come un rivale e potenziale nemico. La Guerra Fredda iniziò quando la Dottrina Truman, rispondendo alle pressioni sovietiche per una quota del petrolio iraniano e l'accesso agli stretti turchi, estese la protezione occidentale a questi stati. Truman è stato uno dei primi punti di riferimento importanti della Guerra Fredda, e ha dimostrato chiaramente che un confronto diretto e indiretto tra Est e Ovest era stato già ben avviato in Medio Oriente. Secondo, Truman per prima volta considerò il Medio Oriente come un settore fondamentale per gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, allargandosi in aree mai considerate prima di vitale importanza. Successivamente, si avviò una politica di 'contenimento' del comunismo sovietico di fronte alle “minacce” nella regione. Con il presidente statunitense Eisenhower (1953-1961), gli Stati Uniti divennero la forza politica occidentale più importante nella regione attraverso un aggressivo programma regionale di difesa sviluppato dall'amministrazione Truman. Eisenhower insistette sul fatto che “...gli Stati Uniti non possono lasciare un vuoto nel Medio Oriente e presumere che l'Unione Sovietica resterà fuori...” e che “...gli Stati Uniti devono mettere il mondo intero con un preavviso che siamo pronti a muoverci immediatamente...”15. In questo contesto, petrolio, contenimento e Israele erano intimamente legati: ai sovietici si doveva negare il controllo del petrolio mediorientale attraverso il quale avrebbero potuto strangolare l'Europa occidentale. Dall'altra parte, l'appoggio a Israele da parte degli occidentali ravvivò il sentimento pro-sovietico nella regione mediorientale e incrementò la minaccia sul petrolio.16 La Guerra Fredda ha visto l'approfondirsi della rivalità sovietico-statunitense in Medio Oriente dalla metà degli anni '50 fino alla fine degli anni '70 su tre livelli: una lotta geopolitica per James, Storia del Medio Oriente, Einaudi, Torino, 2009, p.324. 14 REICH Bernard e ERICKSON Mark, La politica petrolifera degli Stati Uniti in Medio Oriente durante l'amministrazione Eisenhower in DONNO Antonio (coord.), Ombre di Guerra Fredda. Gli Stati Uniti nel Medio Oriente durante gli anni di Eisenhower (1953-1961), Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1998, p.116 e PAINTER David, Oil, resources, and the Cold War 1945–1962, in LEFFLER Melvin and ODD Arne (coords.), The Cambridge history of the cold war volume I. Origins, Cambridge University Press, p.486. 15 LITTLE Douglas, American orientalism, The University of North Carolina Press, Chapel Hill, 2008, p.132 16 KHALIDI Rashid, Sowing crisis, The cold war and the american dominance in the Middle East, Beacon Press, Boston, 2009, p.41 e HINNEBUSCH Raymond, The international politics of the Middle East, Manchester University Press, Manchester, 2003, pp.21-22. reclutare alleati e l'accesso sicuro alle risorse strategiche (in particolare il petrolio); dal punto di vista diplomatico, manovre per impedire che il conflitto arabo-israeliano portasse all'escalation di un confronto tra le superpotenze; e ideologicamente la concorrenza per il futuro del mondo musulmano, dove nazionalisti laici e radicali islamici scossero le fondamenta degli imperi coloniali e delle monarchie assolute in tutta la regione17. c) Difesa d'Israele: Il coinvolgimento degli Stati Uniti nella questione della Palestina risaliva a tempi più remoti, cioè al progetto sionista di ricostruire una national home ebraica in Palestina. Questo progetto aveva avuto il consenso degli Stati Uniti ai tempi del presidente statunitense Wilson (1913-1921). La nascita dello Stato di Israele, il 14 maggio 1948, rappresentò un punto di svolta nella politica degli Stati Uniti verso il Medio Oriente. La divisione del Policy Planning Staff, diretto da George Kennan, autore del famoso telegramma lungo del 1946, ritenne l'importanza del rinvio della questione della Palestina e delle richieste sioniste attraverso la riproposizione di un mandato fiduciario internazionale sulla Palestina. Tra il 1948 ed il 1952, negli anni della seconda Amministrazione Truman, il Dipartimento di Stato scavalco di fatto le ottime relazioni tra la Casa Bianca e Gerusalemme ed imposto una politica di riavvicinamento nei confronti degli Stati arabi nella speranza di recuperarli alla causa occidentale. Ciò presupponeva, ovviamente, un raffreddamento delle relazioni degli Stati Uniti nei confronti di Israele al fine di convincere gli arabi che non esisteva una special relationship tra i due Stati18. Per prevenire una ripresa delle ostilità, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia emisero nel maggio 1950 la cosiddetta Dichiarazione Tripartita. I tre firmatari affermavano il proprio impegno a promuovere pace e stabilità nella regione, preservando l'equilibrio militare tra Israele e i Paesi arabi in modo che nessuna fazione fosse in grado di sconfiggere l'altra 19. In parallelo il conflitto regionale fra i paesi arabi e Israele faceva del Medio Oriente una delle zone più instabili al mondo come ancora oggi dimostrano gli eventi recenti. L'ascesa di un forte governo egiziano nel 1952, ben armato e che si appellava con forza ai sentimenti nazionalisti dei Palestinesi e degli altri popoli Arabi, fu visto da Israele come una minaccia alla propria posizione. Questi antagonismi locali a loro volta approfondivano l'ostilità verso le potenze occidentali: gli Stati Uniti a causa del loro legame con Israele, la Gran Bretagna a causa della sua appartenenza al Patto di Baghdad, e la Francia a causa del sostegno e dell'aiuto che l'Egitto forniva alla rivoluzione algerina.20 17 LITTLE Douglas, The Cold War in the Middle East: Suez crisis to Camp David Accords, in LEFFLER Melvin and ODD Arne (coords.), The Cambridge history of the cold war volume II. Crisis and Detènte, Cambridge University Press, p.305. 18 DONNO Antonio, Le relazioni tra Stati Uniti ed Israele nel contesto della crisi mediorientale 1948-1956, Rivista dell'Istituto di Storia dell'Europa Mediterranea, Torino, dicembre 2009, (pp169-185), pp.169-173. 19 KEYLOR William, Un mondo di nazioni. L'ordine internazionale dopo il 1945, Guerini scientifica, Italia, 2007, p.170 20 GELVIN James, Storia del Medio Oriente, Einaudi, Torino, 2009, pp.307 e 322; e HOURANI Albert, Storia dei popoli arabi, Mondadori, Milano, 1992, p.367. Durante l'amministrazione Eisenhower gli Stati Uniti perseguirono una politica nel Medio Oriente, fondata sulla ricerca dell’amicizia con il mondo arabo. Il segretario di Stato Dulles era profondamente convinto che fosse nell’interesse degli arabi scegliere gli Stati Uniti come partner nella lotta contro il comunismo, ma i nazionalisti arabi, con in testa Nasser, avevano ben altri obiettivi. Dopo la crisi di Suez Eisenhower e Dulles cominciarono a considerare la necessita di prendere le distanze dalla Gran Bretagna, elaborando un’autonoma politica per il Medio Oriente che tenesse conto principalmente degli interessi americani21 In conclusione, mentre l'amministrazione Truman, almeno il presidente e segretario di Stato, erano favorevoli a uno Stato di Israele forte di fronte alle minacce arabe, l'amministrazione Eisenhower ebbe, dopo la guerra di Suez, un rapporto tiepido con lo Stato ebraico preferendo l'approccio con i paesi arabi nella logica del containment al comunismo sovietico. 21 DONNO Antonio, Le relazioni tra Stati Uniti ed Israele nel contesto della crisi mediorientale 1948-1956, Rivista dell'Istituto di Storia dell'Europa Mediterranea, Torino, dicembre 2009, (pp169-185), pp.175 e 181. La politica sovietica nel Medio Oriente Dopo la rivoluzione del 1917, con Trotsky come primo commissario per gli affari stranieri, si negoziarono trattati bilaterali nel 1921, con la Turchia, l'Iran, e l'Afghanistan, in base ai quali l'Unione Sovietica rinunciò a tutte le concessioni zariste con la promessa di non interferire nei loro affari interni. Seguiti da altri trattati simili che hanno rafforzato l'enfasi sulle eque relazioni, questi accordi sono stati generalmente rispettati per due decenni dall'Unione Sovietica, ancora debole a causa della guerra civile, dall’intervenzionismo straniero e dei sconvolgimenti interni prodotti dalla brutale maniera di governare di Stalin 22. L'Unione Sovietica agì in modo diverso dopo la Seconda Guerra Mondiale. Attorno alla sua vasta periferia dimostrò una difesa belligerante e sospettosa cautela. La politica sovietica in Medio Oriente deve essere considerata in un contesto integrale, sia regionale che globale, suddivisi d’accordo ai fattori basici determinanti della politica estera (economici, strategici, politici e ideologici) in cui s'influenzano a vicenda oppure si combinano. La causa araba nel conflitto arabo–israeliano aiutò la realizzazione degli interessi dell'Unione Sovietica: la penetrazione economica e militare nella regione 23. L'Unione Sovietica instaurò alleanze strategiche con i regimi nazionalisti arabi, quali l'Egitto e l'Iraq, nonostante la soppressione da parte di quest'ultimo dei partiti comunisti. Durante la Guerra Fredda, l'interesse geografico dell'Unione Sovietica si basò sulle eventualità di sfide strategiche (o di qualsiasi altro tipo) lungo i suoi confini meridionali, concentrandosi in maniera particolare sui suoi vicini non arabi (Turchia, Iran e Afghanistan) che formavano quello che chiamò l'Est Centrale 24. In questa fase, nel contesto globale, l'Unione Sovietica non possedeva né la volontà né la capacità di sfidare l'Occidente all'interno del mondo arabo. Questa situazione si modificò drammaticamente durante il periodo 1955-1974: ora l'Unione Sovietica si era posizionata come l'alleato più importante di un certo numero di regimi nazionalisti radicali arabi. L'Unione Sovietica si appoggiò soprattutto all'Egitto di Nasser. Sostenne poi i governi nazionalisti arabi e laici che presero il potere in Siria e più tardi in Iraq, fornendo armi, aiuti economici e consiglieri militari. I suoi obiettivi furono di natura strategica. In questo periodo il nazionalismo arabo, in alleanza con Mosca, sfidò la dominazione occidentale sulla regione; le guerre regionali, non solo quelle fra gli arabi e Israele, ma anche quelle che interessarono l'Algeria (1954-1962) e lo Yemen (1962-1970), furono condotte nei termini Est-Ovest25. L'Unione Sovietica, alla fine degli anni '50 e durante i primi anni '60, diede maggiore importanza alla produzione petrolifera come arma strategica nei confronti degli Stati Uniti. I sovietici offrirono il loro petrolio -al di sotto del prezzo di mercato-, a chiunque volesse acquistarlo 22 KHALIDI Rashid, Sowing crisis, The cold war and the american dominance in the Middle East, Beacon Press, Boston, 2009, p.60 23 GOLAN GALIA, Yom Kippur and after. The Soviet Union and the Middle East crisis. Cambridge University Press, Cambridge, 1977, pp. 1 e 7. 24 HALLADAY Fred, Il Medio Oriente. Potenza, politica e ideologia, Vita e pensiero, Milano, 2007 (1ed 2005), p.148. 25 HALLADAY Fred, Il Medio Oriente. Potenza, politica e ideologia, Vita e pensiero, Milano, 2007 (1ed 2005), pp. 149-150 e JEANNESSON Stanislas, La guerra Fredda. Una breve storia, Universale Donzelli, Roma, 2003. (anche lo sviluppo di nuove fonti di petrolio in Algeria, Libia e Nigeria). Ciò aumentò la loro quota di mercato e provocò una riduzione delle vendite e dei profitti delle maggiori compagnie petrolifere internazionali occidentali. Questa strategia puntò a minare l'influenza delle Sette Sorelle e contemporaneamente quella del governo degli Stati Uniti in Medio Oriente. I sovietici, a differenza degli statunitensi, preferirono confrontare la questione petrolifera e strategica come un solo conflitto, rispondendo in forma univoca. Insomma il petrolio era centrale per il potere militare ed economico, fonte chiave di potere e di influenza per tutta la Guerra Fredda e l'Unione Sovietica andò alla ricerca di alleati nel cuore stesso del Medio Oriente, a partire dalle tre repubbliche rivoluzionarie: l'Egitto, la Siria e l'Iraq26. 26 REICH Bernard e ERICKSON Mark, La politica petrolifera degli Stati Uniti in Medio Oriente durante l'amministrazione Eisenhower in DONNO Antonio (coord.), Ombre di Guerra Fredda. Gli Stati Uniti nel Medio Oriente durante gli anni di Eisenhower (1953-1961), Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1998, pp.115, 120 and 122; PAINTER David, Oil, resources, and the Cold War 1945–1962, in LEFFLER Melvin and ODD Arne (coords.), The Cambridge history of the cold war volume I. Origins, Cambridge University Press, p.487; GELVIN James, Storia del Medio Oriente, Einaudi, Torino, 2009, p.324. Il case study: La Guerra del Sinai (1956) La strada verso Suez Nel dicembre 1917, il generale britannico Allenby entrò a Gerusalemme concludendo così quattro secoli di dominio turco sulla Palestina. Nel novembre 1917 il governo britannico, attraverso una dichiarazione unilaterale (dichiarazione Balfour), diede il suo sostegno alla creazione di una patria nazionale ebraica in Palestina: “His Majesty's Government view with favour the establishment in Palestine of a national home for the Jewish people, and will use their best endeavours to facilitate the achievement of this object, it being clearly understood that nothing shall be done which may prejudice the civil and religious rights of existing non-Jewish communities in Palestine, or the rights and political status enjoyed by Jews in any other country...” 27. Tra dicembre 1917 e luglio 1920, la Palestina rimase sotto il comando militare britannico. Il 10 agosto 1920 si firmò il Trattato di Sèvres tra la Turchia e le Nazioni alleate nella Prima Guerra Mondiale. L'articolo 95 segnala i termini della Dichiarazione Balfour sulla costituzione della patria nazionale ebraica in Palestina. “… in favour of the establishment in Palestine of a national home for the Jewish people, it being clearly understood that nothing shall be done which may prejudice the civil and religious rights of existing non-Jewish communities in Palestine, or the rights and political status enjoyed by Jews in any other country...”28 Nel 1920 si firmò il trattato di San Remo 29, nel quale la Società delle Nazioni stabilì di dare il mandato della Palestina al Regno Unito. I territori che includeva il mandato erano gli attuali territori della Giordania, d'Israele, della Cisgiordania, Gaza e le alture del Golan. Nel 1923 il Regno Unito cedette le alture del Golan alla Siria, che era sotto mandato francese. Incapace di controllare la situazione nella Palestina, il Regno Unito stabilì la Commissione Peel nel 1937, la quale propose la divisione della Palestina in uno stato ebraico e un altro arabo, mentre Gerusalemme, Betlemme e Nazareth dovevano rimanere sotto mandato britannico 30. Questi termini vennero accettati dal Congresso Sionista Mondiale e dall'emiro Abdullah di Giordania, invece vennero respinti dall'Alto Comitato Arabo (organo politico della comunità araba palestinese fondato nel 1936). Il tentativo di applicare il Rapporto Peel provocò l'aumento del terrorismo arabo in quei territori. La situazione instabile costrinse il Regno Unito a nominare una nuova commissione guidata da Woodhead per riconsiderare il Rapporto Peel31. Il risultato della commissione non soddisfò nessuna delle parti. Il Regno Unito pubblicò nel 1939 il Libro Bianco che prospettava un cambiamento nella politica britannica, non tanto favorevole come prima alla creazione di una patria ebraica in Palestina 32. Nel 1942 iniziarono massicce migrazioni di ebrei europei verso la Palestina, innanzitutto dovute alle 27 Si può consultare: http://avalon.law.yale.edu/20th_century/balfour.asp 28 Si può consultare: http://www.hri.org/docs/sevres/part3.html 29 Si può consultare: http://www.adespicabletruce.org.uk/page75.html 30 Si può consultare: http://domino.un.org/unispal.nsf/0/08e38a718201458b052565700072b358?OpenDocument 31 Si può consultare: http://unispal.un.org/UNISPAL.NSF/0/CC68BAB76EC42E79052565D0006F2DF4 32 Si può consultare: http://avalon.law.yale.edu/20th_century/brwh1939.asp persecuzioni naziste durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel frattempo, la causa ebraica cominciò a godere del sostegno da parte del governo degli Stati Uniti. Il fallimento del Regno Unito riguardo l'attuazione del mandato della Società delle Nazioni fece in modo che, nell'aprile del 1947, venisse incluso nell'ordine del giorno dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con il nome “Palestine Question”33. Si nominò un Comitato Speciale per l'Informazione (UNSCOP) con il compito di preparare una relazione con proposte per il futuro del territorio in questione. Le Nazioni Unite adottarono nel 1947 la risoluzione 181 che prevedeva la spartizione della Palestina. Essa raccolse l'informe Peel del 1937, stabilendo uno Stato Ebreo e uno Stato Palestinese con una città internazionalizzata: Gerusalemme34. La guerra del ‘48. La comunità ebraica accettò la risoluzione, ma non i paesi arabi. Il 14 maggio 1948 Israele dichiarò l'indipendenza e il giorno successivo fu invaso da cinque stati arabi, insieme agli arabi locali. Il nuovo stato ebbe il riconoscimento da parte di molti governi, tra essi le due superpotenze della Guerra Fredda: gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. Il Consiglio di Sicurezza adottò la risoluzione n.6135, il 4 novembre chiedendo ai combattenti di ritirarsi dai territori conquistati alle linee di confronto del 14 ottobre. La Risoluzione n.62 36 del 16 novembre ebbe un approccio diverso alla risoluzione precedente, affermando che non avrebbero dovuto attuarsi restituzioni territoriali fino al raggiungimento di un accordo di pace. L'offensiva israeliana nel deserto del Negev a metà ottobre 1948 distrusse la precaria tregua. Il 29 dicembre il Consiglio di Sicurezza adottò la risoluzione n.6637. Il 7 gennaio 1949, con la quarta tregua, venne firmato l'armistizio di Rodi da parte di quasi tutti gli stati coinvolti (Israele, Egitto, Libano, Giordania e Siria mentre l'Iraq si rifiutò) sorvegliati dall'Organizzazione di Supervisione di Tregue delle Nazioni Unite (UNTSO). L'armistizio si basò sulla Risoluzione n.62. Dopo la guerra del 1948, un'importante fetta di territorio fu conquistata da Israele: il deserto del Negev. Mentre il Regno di Transgiordania si era annesso la Cisgiordania e cambiò il proprio nome in Regno Hashemita di Giordania, l'Egitto riprese parte del Sinai e l'amministrazione di Gaza. La prima guerra arabo-israeliana terminò con il consolidamento dello Stato israeliano, con l'umiliante sconfitta della coalizione araba e con i regimi degli Stati arabi scossi in modo più o meno grave. I General Armistice Agreements (GAA)38, firmati nella prima metà del 1949 da Israele 33 Letter from the United Kingdom Delegation to the United Nations, Si può consultare: http://unispal.un.org/UNISPAL.NSF/0/87AAA6BE8A3A7015802564AD0037EF57 34 Si può consultare: http://unispal.un.org/unispal.nsf/0/7F0AF2BD897689B785256C330061D253 35 Si può consultare: http://www.yale.edu/lawweb/avalon/un/scres061.htm 36 Si può consultare: http://www.yale.edu/lawweb/avalon/un/scres062.htm 37 Si può consultare: http://www.yale.edu/lawweb/avalon/un/scres066.htm 38 Si possono consultare: http://avalon.law.yale.edu/20th_century/arm03.asp; http://avalon.law.yale.edu/20th_century/arm01.asp; http://avalon.law.yale.edu/20th_century/arm04.asp; http://avalon.law.yale.edu/20th_century/arm02.asp e dai suoi quattro avversari limitrofi -Egitto, Giordania, Libano e Siria- influenzarono profondamente i rapporti arabo-israeliani nei successivi diciannove anni. Secondo i termini ambigui dell'armistizio, una parte -quella araba- rivendicava pieni diritti di belligeranza, ossia il diritto di riaprire le ostilità a piacimento negando all'altra qualunque forma di legittimità o riconoscimento. Due anni dopo, una richiesta di sospendere il blocco di Suez (il divieto di passaggio alle navi israeliane) fu ignorata dall'Egitto nel Consiglio di Sicurezza del 1951, mentre nel Nord, le forze siriane avanzarono ulteriormente occupando colline strategiche che sovrastavano la linea armistiziale. Le Mixed Armistice Commissions (MAC), istituite per gestire i problemi quotidiani, divennero teatro di recriminazioni e contro recriminazioni che ne pregiudicarono in breve il funzionamento. Gli sforzi condotti dalla Palestine Conciliation Commission (1948 )dell'ONU, dai governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, e da tutta una serie di aspiranti mediatori indipendenti, non riuscirono a far muovere Israele e gli Stati arabi in direzione della pace39. L'ascesa di Nasser La Striscia di Gaza era l'unica parte di territorio palestinese rimasta nelle mani degli egiziani alla fine della guerra del 1948 e traboccava di centinaia di migliaia di profughi palestinesi. Il confine tra Gaza e Israele era luogo di continue incursioni di palestinesi che erano stati privati di tutto dalla ripartizione forzata e cercavano di tornare ai propri villaggi per recuperare qualche proprietà dalle case che ormai erano in territorio israeliano. Altri invece cercavano di danneggiare lo stato ebraico che li aveva estromessi. Nel luglio del 1952 i militari egiziani Nagib e Nasser (appartenenti a un gruppo chiamato I Liberi Ufficiali) guidarono il colpo di Stato che costrinse il re Faruk I all'esilio, instaurando un nuovo regime presieduto da Nagib. Due anni dopo Nasser, depose lo stesso Nagib e si diede alla creazione di un Egitto forte e militarizzato. Con una politica chiaramente ispirata al modello nazionalista autoritario, Nasser inaugurò la riforma agraria, diede impulso l'industrializzazione del Paese nazionalizzando i settori più importanti dell'economia egiziana e concentrando le risorse economiche sui grandi lavori pubblici40. La strada per Suez iniziò ad Assuan. Insieme alla riforma agraria, la grande diga di Assuan restava un punto centrale nel programma dei Liberi Ufficiali per lo sviluppo dell'Egitto, in quanto avrebbe fornito l'energia necessaria al processo di industrializzazione del paese, nonché un importante incremento delle superfici coltivabili grazie all'irrigazione. Il problema era che il governo egiziano non aveva i mezzi per finanziare da solo la costruzione della diga. Si trattava di uno dei più grandi progetti di ingegneria al mondo e il suo costo era astronomico. Il governo egiziano alla fine del 1955 negoziò un finanziamento con la Banca mondiale, gli Stati Uniti e 39 Si può consultare: http://avalon.law.yale.edu/20th_century/decad171.asp; Vedere anche: MORRIS Benny, Vittime. Storia del conflitto arabosionista 1881-2001, Rizzoli, Milano, 2001, p.328 e OREN MICHAEL, La guerra dei Sei Giorni, Mondadori, Milano, 2003, pp.14-15. 40 Vedere p.404. www.lastoriasiamonoi.rai.it/biografie/gamal-abdel-nasser/40/default.aspx e ROGAN EUGENE, Gli arabi, Bompiani, Milano, 2012, l'Inghilterra41. Il rifiuto di finanziare i grandi progetti infrastrutturali dalla parte occidentale e il sostegno occidentale di un'alleanza militare regionale nel 1955 -la Middle East Defense Organisation (MEDO), dopo il Patto di Baghdad- furono visti da molti dirigenti arabi -soprattutto dall'Egittocome un'altra forma d'intervento colonialista. Nasser rispose partecipando alla Conferenza di Bandung dei paesi non allineati come strategia naturale, considerando la sua avversione per il dominio straniero. Come gli altri membri del movimento, il governo di Nasser volle riservarsi la libertà di mantenere rapporti cordiali sia con gli Stati Uniti sia con l'Unione Sovietica senza doversi schierare nella Guerra Fredda. Il 30 settembre 1955 Nasser annunciò di aver firmato un accordo con la Cecoslovacchia, per la fornitura di armamenti (carri armati, cannoni e jet), che fungeva di dubbiosa copertura dell'Unione Sovietica. L'Unione Sovietica, che sosteneva Israele fin dalla sua nascita e che l'aveva riconosciuto e armato, invertì rotta rispetto alle sue alleanze42. La guerra del Sinai I paesi arabi conducevano una guerra incessante contro Israele sul piano economico, diplomatico e propagandistico. Gli egiziani proibirono il transito nel Canale di Suez alle navi israeliane. Nel frattempo un'iniziativa anglo-americana, il Progetto Alfa (1955), mirava al raggiungimento di un accordo di pace israeliano-egiziano in cui Israele avrebbe dovuto cedere tutto il Negev meridionale, far rientrare una parte dei profughi, e indennizzare i restanti. Le potenze mediatrici avrebbero garantito il rispetto degli accordi. Egitto ed Israele respinsero il progetto. Nel novembre 1955, con il ritorno al potere di Ben Gurion 43, Parigi e Tel Aviv firmarono il primo importante contratto centrato sulla fornitura di caccia Mystère IX e centinaia di carri armati. I francesi ritenevano che Nasser era il principale protettore e fornitore di armi ai ribelli algerini del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) mentre gli israeliani si sentirono più minacciati dall'acquisto di un arsenale considerevole da parte egiziana44. Nel luglio 1956 Nasser nazionalizzò il Canale di Suez, proprietà di una compagnia britannico-francese, simbolo importante della presenza occidentale in Medio Oriente e una delle arterie principali del commercio internazionale 45. In contemporaneo l'Arabia Saudita embargò spedizioni di petrolio per la Gran Bretagna e la Francia mentre la Siria spense gli oleodotti dall'Iraq al Mediterraneo46. 41 ROGAN EUGENE, Gli arabi, Bompiani, Milano, 2012, p.415; COCKBURN Andrew and Leslie, Amicizie pericolose, Gamberetti, Roma, 1993, p.93. 42 HALLIDAY Fred, The Middle East in International Relations, Cambridge University Press, Cambridge, 2005, p.113; LEWIS Bernard, La costruzione del Medio Oriente, Laterza, p.189; FRASER Thomas, Il conflitto arabo-israeliano, Il Mulino, 2009, p.70; ROGAN EUGENE, Gli arabi, Bompiani, Milano, 2012, p.414 and OREN MICHAEL, La guerra dei Sei Giorni, Mondadori, Milano, 2003, pp.13, 16 e 18. 43 Primo ministro d'Israele da maggio del 1948 a dicembre del 1954 e da novembre del 1955 a giugno 1963. 44 FRASER Thomas, Il conflitto arabo-israeliano, Il Mulino, 2009, p.71. 45 Il Canale di Suez è una via d'acqua artificiale che mette in comunicazione il Mar Mediterraneo col Mar Rosso. Durante la Guerra Fredda il volume di traffico delle merci crebbe formidabilmente, in particolare il petrolio. 46 MORRIS Benny, Vittime. Storia del conflitto arabo-sionista 1881-2001, Rizzoli, Milano, 2001, pp.328, 338, 339, 360; PAINTER David, Oil, resources, and the Cold War 1945–1962, in LEFFLER Melvin and ODD Arne (coords.), The Cambridge history of the cold war volume I. Origins, Israele entrò in guerra in larga misura perché la Francia e la Gran Bretagna avevano promesso di invadere il Canale di Suez, in collaborazione con le operazioni israeliane nel Sinai. L'accordo finale per la cooperazione militare tra i tre Stati venne progettato durante le riunioni segrete tenute a Sevrès, in Francia, dal 22 al 24 ottobre 1956. Il 24 ottobre, dopo molte discussioni, tutte e tre le parti superarono un grande ostacolo: nessuno voleva apparire come un aggressore flagrante nell'attaccare Egitto. Gli inglesi e i francesi necessitavano di un pretesto per invadere l'Egitto e vollero che fossero gli israeliani a “minacciare” il canale per giustificare una spedizione britannica e francese per “proteggerlo”. Con l'accordo di Sevrès in mano, l'Israele poteva iniziare la guerra con la certezza che si sarebbe aperto un secondo fronte contro l'Egitto in tempi relativamente brevi47. Il 29 ottobre 1956, con l'invasione del Sinai (Operazione Kadesh) da parte d'Israele, cominciò la guerra. Israele inviò un battaglione nella penisola del Sinai, all'Est del Canale di Suez vicino al Passo di Mitla. Gli israeliani avevano quattro principali obiettivi militari: Sharm el-Sheikh, al- Arish, Abu Uwayulah, e la Striscia di Gaza. Il capo di stato maggiore israeliano, il generale Moshe Dayan, stabilì come prima misura di prendere il vitale Passo di Mitla. Nei primi interventi lungo il Golfo di Aqaba sono stati distrutti carri armati egiziani dopo pesanti combattimenti. Nel frattempo cadde Sharm el-Sheikh, senza vittime israeliane e subito dopo al-Qusaymah, che venne utilizzato come punto di partenza per l'assalto contro Abu Uwayulah. La parte dei paracadutisti al comando del generale Sharon 48 continuò l'avanzata per incontrare la 1° Brigata. In marcia, Sharon attaccò Theme prendendola d'assalto. Il 30 ottobre Sharon si unì all'altro generale israeliano, Eytan, vicino a Nakla. Dayan non aveva più piani per ulteriori progressi al di là dei Passi, ma Sharon decise di attaccare le posizioni egiziane a Jebel Heitan. Anche se gli israeliani riuscirono a costringere gli egiziani a ritirarsi, subirono gravi perdite. Nel combattimento aereo gli israeliani abbatterono fra sette fino a nove aerei militari egiziani senza nessuna perdita. Gli attacchi di terra contro le forze israeliane continuarono fino al 1 novembre. Gran Bretagna e Francia mantennero parte dell'Accordo di Sevrès aiutando gli israeliani a sconfiggere l'esercito egiziano nel Sinai. Il 30 ottobre 1956, gli ambasciatori inglesi e francesi al Cairo e a Gerusalemme consegnarono l'ultimatum ai governi egiziano e israeliano chiedendo l'immediata cessazione dell'ostilità e il ritiro di tutte le forze egiziane in Cisgiordania. Ben Gurion comprensibilmente accettò l'ultimatum mentre Nasser lo respinse. Vennero date dodici ore di tempo; poi, Francia e Gran Bretagna si sarebbero riservate la possibilità di intervenire militarmente. In seguito le due potenze minacciarono con il bombardamento effettivo alcuni campi d'aviazione egiziana. Per sostenere l'invasione israeliana, le forze aeree della Gran Bretagna e della Francia Cambridge University Press, p.501 e GAWRYCH George, Key to the Sinai: The Battles for Abu Ageila in the 1956 and 1967 Arab-Israeli Wars, Combat Studies Institute, Research Survey N7. 47 Vedere SHLAIM Avi, The Protocol of Sèvres,1956: Anatomy of a War Plot, International Affairs, (1997), pp. 509-530. 48 Primo ministro d'Israele dal 2001 al 2006. erano pronte nelle basi di Cipro e di Malta. Il 31 ottobre 1956 l'ultimatum scadeva: l'aviazione anglo-francese iniziò a bombardare gli aeroporti dell'intero Egitto settentrionale. Dopo il bombardamento degli aeroporti egiziani, Nasser concluse che tutto il suo esercito nel Sinai avrebbe potuto essere sterminato da un corpo di spedizione europeo che occupasse la zona del canale. Dopo aver discusso della situazione con i leader politici e militari, Nasser ordinò il ritiro generale dal Sinai, mentre l'aviazione israeliana colpiva le truppe egiziane in ritirata e l'esercito israeliano avanzava nel Sinai occidentale. La sessione speciale di emergenza delle Nazioni Unite sulla crisi di Suez fu convocata il 1 novembre, lo stesso giorno che Nasser chiese l'assistenza diplomatica degli Stati Uniti senza farlo, però con l'Unione Sovietica. Nasser, inizialmente scettico sull'efficacia degli sforzi diplomatici degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, diede credito al ruolo di Eisenhower come strumento per la guerra. Nelle prime ore del 2 novembre, l' Assemblea Generale adottò la proposta degli Stati Uniti (Risoluzione 997- ES - I)49 che ordinava un'immediata cessazione della guerra, il ritiro di tutte le forze dietro le linee di armistizio, un embargo sulle armi e la riapertura del Canale di Suez. Il 2 novembre il governo egiziano concentrò le sue forze attorno alla zona del canale; l'aviazione britannica continuava a bombardare sia il Cairo che la zona del canale, e gli egiziani decisero di bloccarlo, mediante l'affondamento di alcune navi che lo ostruirono. 61 Il 3 novembre vettori francesi attaccarono l'aeroporto del Cairo. Nella notte del 5 novembre il Terzo battaglione del reggimento di paracadutisti britannici scese sulla zona di El Gamil in Porto Said. Finalmente, paracadutisti anglo-francesi occuparono le zone di Porto Said, Ismailia e Suez. Lo stesso giorno gli egiziani si arrendevano a Porto Said. Nel frattempo Israele comunicava il raggiungimento degli scopi militari, pertanto le operazioni militari contro l'Egitto potevano cessare. Ben Gurion si rese pronto a trattare con Nasser. L'operazione, volta a prendere il controllo del Canale di Suez, Gaza e le parti del Sinai furono un grande successo militare, ma fu un disastro dal punto di vista politico, con le conseguenti critiche internazionali e le pressioni diplomatiche. Il primo ministro Bulganin inviò tre messaggi, a Londra, Parigi e Tel Aviv, dichiarando che il suo governo era pronto a intervenire militarmente se necessario per fermare l'aggressione in Medio Oriente. Chiese l'intervento delle truppe dell'ONU in Egitto e propose un intervento militare tra americani e sovietici50. Il 5 novembre con la risoluzione 100151 si creò una Forza di Emergenza delle Nazioni Unite (UNEF). Questa proposta e la possibilità di una tregua furono rese possibili, soprattutto, grazie agli sforzi di Pearson, Segretario degli Affari Esteri del Canada e Dag Hammarskjold, Segretario 49 Si può consultare: https://www.un.org/Depts/dhl/dag/docs/ares1000e.pdf 50 GAWRYCH George, Key to the Sinai: The Battles for Abu Ageila in the 1956 and 1967 Arab-Israeli Wars, Combat Studies Institute, Research Survey N7.pp.59-61. 51 Si può consultare: http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/UN/unga1001.html generale delle Nazioni Unite. Il ruolo di Nehru, Primo Ministro indiano e uno dei leader del Movimento dei Paesi Non Allineati, fu significativo perché cercò di essere imparziale tra le due parti, eppure denunciò il Primo Ministro britannico Eden come uno dei sponsorizzatori dell'aggressione. Gli Stati Uniti decisero che non si poteva criticare pubblicamente la repressione sovietica della rivolta ungherese che successe nello stesso periodo di quella di Suez e, allo stesso tempo, evitare di opporsi pubblicamente all'aggressione dai suoi due principali alleati europei e Israele. Eisenhower “ordinò” alla Gran Bretagna e alla Francia di evacuare il canale Suez: in caso contrario avrebbero subito pesanti sanzioni economiche. Inoltre la fornitura di petrolio dell'Inghilterra era stata danneggiata con la chiusura del Canale di Suez. Il governo britannico, dunque, subì una forte pressione politica ed economica. Eden annunciò la cessazione delle ostilità il 6 novembre senza avvertire la Francia né Israele. Il 5 novembre, Mosca aveva proposto un intervento congiunto sovietico-statunitense per bloccare l'invasione anglo-francese. Il Primo ministro Bulganin indirizzò a Eden una lettera in cui velatamente minacciava un attacco missilistico contro la Gran Bretagna. La proposta sovietica di un intervento congiunto con gli Stati Uniti era un gesto senza senso, dal momento che Mosca sapeva che Washington l'avrebbe rifiutata. L'implicita minaccia di ritorsione nucleare contro la Gran Bretagna da parte di Bulganin era una mera provocazione, dal momento che i russi non avrebbero mai rischiato il conflitto nucleare per una questione così lontana dai propri interessi vitali. Ma, dato che le minacce sovietiche furono pubbliche mentre quelle di Eisenhower non lo erano state, il nuovo capo del Cremlino concluse che era stata la sua esibizione di forza e che quella pratica poteva diventare una strategia. L'Unione Sovietica riuscì a ottenere numerosi vantaggi diplomatici dall'affare di Suez. Esso servì a distrarre l'attenzione mondiale dagli imbarazzanti eventi di Ungheria. Permise al Cremlino, che aveva sostenuto uno Stato arabo schierato contro gli “imperialisti” europei e il loro alleato sionista, di ottenere un diffuso rispetto nel mondo arabo52. Il 7 novembre durante una sessione d'emergenza nell'Onu si approvò la Risoluzione 1002, ancora una volta, chiedendo il ritiro immediato delle truppe israeliane dietro le linee di armistizio e l'immediato ritiro delle truppe francesi e britanniche dal territorio egiziano. Il Primo Ministro israeliano Ben - Gurion, l'8 novembre, informò il presidente americano Eisenhower che Israele aveva la disponibilità per abbandonare il Sinai 53. A partire dalla fine di novembre, gli israeliani 52 GADDIS John, La Guerra Fredda, Mondadori, Milano, 2007, p.79 e KEYLOR William, Un mondo di nazioni. L'ordine internazionale dopo il 1945, Guerini scientifica, Italia, 2007, p.177 53 Sul versante israeliano, la campagna del novembre 1956 fu lo sbocco di una crescente politicizzazione della società. Prima della guerra del '56, l'emarginazione di uomini politici moderati come il Primo ministro israeliano Moshe Sharett nel 1955, ad opera di persone non disposte ad alcun compromesso come David Ben Gurion. Tornato al potere il 2 novembre 1955, segnò l'inizio di una politica aggressiva nei confronti degli Stati arabi confinanti. Inoltre gli israeliani hanno rifiutato di ospitare qualsiasi forza dell'ONU nel loro territorio lasciando il Sinai solo nel marzo 1957. Israele, emerso vittorioso dalla guerra, si dimostrò in grado di eseguire grandi manovre militari. Lo Stretto di Tiran, chiuso dall'Egitto nel 1951, è stato riaperto nell'aprile 1957. Il decennio tra la campagna dei Sinai e quella dei Sei Giorni (1956-1967) è un periodo vuoto nelle relazioni tra Israele e i suoi vicini arabi tranne per qualche incidenti di frontiera, soprattutto nel nord e nel centro del paese. Vedere BARNAVI Eli, Storia d'Israele, Bompiani, Italia, 2001, p.180; MORRIS Benny, Vittime. Storia del conflitto arabo-sionista 1881-2001, Rizzoli, Milano, 2001, p.376; GAWRYCH incominciarono l'evacuazione del Sinai rifiutando ostinatamente di lasciare Sharm el-Sheik e Gaza, a meno che fosse formalmente garantita la libertà di navigazione nel golfo di Aqaba e ci fossero misure adeguate affinché la striscia di Gaza non potesse più servire da trampolino alla guerriglia araba. Il 24 febbraio 1957 un gruppo di sedici paesi membri dell'ONU, tra cui gli Stati Uniti, garantì il libero passaggio nel Golfo. A Sharm el-Sheik e nella striscia di Gaza, l'UN Emergency Force (UNEF) sostituì le truppe egiziane54. Nasser uscì dalla guerra notevolmente rinforzato impulsando il Panarabismo (movimento politico e ideologico teso a riportare sulla scena mondiale l'insieme dei paesi arabi). La sovranità egiziana e la proprietà del Canale sono state confermate dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite, trasformando l'Egitto in una potenza regionale55. George, Key to the Sinai: The Battles for Abu Ageila in the 1956 and 1967 Arab-Israeli Wars, Combat Studies Institute, Research Survey N7. 54 Il fallimento della missione anglo-francese fu anche visto come un fallimento per gli Stati Uniti, dal momento che l'alleanza occidentale era stata indebolita. La crisi inoltre, accelerò il processo di decolonizzazione di molti paesi africani e asiatici appartenenti all'impero coloniale inglese e francese. Nel caso inglese, il Primo ministro Eden si dimise il 9 gennaio 1957, soprattutto dopo la pressione del presidente americano Eisenhower. Nonostante ciò il rapporto fra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti non ebbe conseguenze negative, rivitalizzandosi con la finalizzazione della crisi di Suez. Contrariamente al caso inglese, il legame franco-americano non si è mai recuperato dalla crisi di Suez culminando nel 1966 con la decisione del presidente de Gaulle di ritirare la Francia dalla NATO. La Francia ha dato priorità alla costruzione dell'indipendenza dell'Europa. Per il resto degli anni cinquanta la Francia rinunciò al mondo arabo e cominciò ad appoggiare Israele. Nell'immediato post-Suez la Francia aiutò Israele nel suo programma nucleare fornendo nel 1957 un reattore di potenza doppia rispetto a quella promessa. Si deve aggiungere che la rivoluzione in Iraq del 1958 eliminò dalla scena il principale alleato della Gran Bretagna e nello stesso anno la tensione in Algeria innescò una rivolta militare che portò al potere a De Gaulle in nome dell'“Algeria francese”. Quattro anni dopo egli riconobbe l'indipendenza al nuovo Paese arabo. Sia la Gran Bretagna che la Francia cercarono d'allora la loro collocazione in Europa, anche se il risentimento dei francesi per il “tradimento” del Primo Ministro inglese Eden durante la crisi di Suez fu un elemento importante che incise, nel corso degli anni Sessanta, all'opposizione dell'entrata della Gran Bretagna nella Comunità Economica Europea . Vedere OREN MICHAEL, La guerra dei Sei Giorni, Mondadori, Milano, 2003, p.21; BARNAVI Eli, Storia d'Israele, Bompiani, Italia, 2001, p.178; PAINTER David, Oil, resources, and the Cold War 1945–1962, in LEFFLER Melvin and ODD Arne (coords.), The Cambridge history of the cold war volume I. Origins, Cambridge University Press, p.501; ROGAN EUGENE, Gli arabi, Bompiani, Milano, 2012, p.424; MARCEL Valerie, Oil titans. National oil companies in the Middle East, Brookings Istitution Press, Baltimore, 2006, p.24; FRASER Thomas, Il conflitto arabo-israeliano, Il Mulino, 2009, p.78; OREN MICHAEL, La guerra dei Sei Giorni, Mondadori, Milano, 2003, p.23. 55 Nel gennaio 1958, la Siria e l'Egitto annunciarono il loro progetto per formare una nuova nazione: La Repubblica Araba Unita (RAU). L'idea della fusione era stata sostenuta essenzialmente dai siriani, spinti in buona parte dal timore che gli americani continuassero i propri giochi di potere ai danni del loro paese. PAINTER David, Oil, resources, and the Cold War 1945–1962, in LEFFLER Melvin and ODD Arne (coords.), The Cambridge history of the cold war volume I. Origins, Cambridge University Press, p.501; OREN MICHAEL, La guerra dei Sei Giorni, Mondadori, Milano, 2003, p.22; BLUM William, Il libro nero degli Stati Uniti, Fazi, p.142. Conclusioni Il confronto tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica modificò i rapporti nel Medio Oriente fra i paesi arabi e di essi con le superpotenze. Gli interessi economici e strategici - petrolio, vie di transito e comunicazioni, strutture militari e la protezione d'Israele crearono del Medio Oriente una regione chiave durante la Guerra Fredda sia per gli Stati Uniti sia per l'Unione Sovietica. Per gli Stati Uniti il contenimento dell'Unione Sovietica rimase l'obiettivo fondamentale nella regione mediorientale. Evitare l'influenza ideologica nella regione e l'acceso alle risorse energetiche divenne la 'crociata' statunitense, in particolare durante l'amministrazione Eisenhower per considerare il Medio Oriente una regione fondamentale per la sicurezza nazionale. L'Unione Sovietica s'inserì completamente nella regione mediorientale dalla metà degli anni '50 sostenendo alcuni paesi arabi attraverso la fornitura di armi, aiuti economici, consiglieri militari, in particolare quelli nazionalisti, Egitto in primis. L'Unione Sovietica, alla fine degli anni '50 e primi anni '60, considerò la produzione petrolifera come arma strategica in relazione agli Stati Uniti, e come parte della strategia globale della Guerra Fredda. Negli anni '50 e '60 del XX secolo lo sviluppo economico e sociale diventò il perno delle politiche dei vari governi del Medio Oriente. L'Egitto di Nasser avviò una politica interna nazionalista puntando su un'industrializzazione e modernizzazione accelerata e una politica estera volta a creare un sistema d'alleanza contro Israele. La proibizione -e dopo la nazionalizzazione- di un libero passaggio per il Canale di Suez alle navi israeliane provocò una reazione tripartita tra Gran Bretagna, Francia e Israele (i primi due avevano interessi economici nel canale). La guerra del Sinai del 1956, considerata da Israele come una guerra preventiva e dalla Gran Bretagna e Francia con l'obiettivo di riprendere il controllo sul canale di Suez, fu un grande successo militare ma è stato un disastro dal punto di vista diplomatico, segnando l'indebolimento definitivo del Regno Unito e della Francia come potenze nella regione mediorientale. Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica come prima e unica volta durante la Guerra Fredda ebbero un obbiettivo comune: far terminare il conflitto, e di conseguenza, il ritiro delle truppe inglesi e francesi delle loro posizioni e la restituzione di territorio egiziano che gli israeliani presero durante la guerra. La guerra del Sinai dimostrò ai movimenti nazionalisti in Medio Oriente che il potere della Gran Bretagna e la Francia poteva essere sfidato e Nasser viene considerato come leader indiscusso del mondo arabo. La proprietà del Canale fu confermata degli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite, rendendo l'Egitto una potenza regionale a livello politico. BIBLIOGRAFIA ASKARI Hossein, Middle East oil exporters. What happened to economic development?, Elgar publishing limited, UK, 2006. BAMBERG James, British petroleum and global oil, 1950-1975. The challenge of Nationalism, Cambridge Press, UK, 2000. 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