Romano Manescalchi
IL TESTO E LA... TESTA
l.slmtto da « IL RINNOVAMENTO, - periodico cultura]e - Napoli
Anno XIX - n 169 - apdle 1989
IL TESTO E 1A...
di
TESTA
Romano Manetcal.hi
Nel saggio . L'llpislola XIII, l'allcgorismo medievale, il si*
bolìsmo modcrno, arrampicandosi . Sugli Specchi ", Mi. '85, Éco
ancora, come iante altre volte, difendeva la plurali!à dci sensi
di un teslo e se la prendeva con chi, « crociano a tempo pieno »,
. disconoscesse ogni clirillo alla rappresentazioÌìe poLisema »
(p.216).
Nc Il pcn.lolo di Foucault, senbra invece esser passato
.ul'r re.i" ,\e .
"rnb. tcr. : Nu:. < .hi,rn. Jc
greto oltre la Ìe1tera, roi siamo uscili di scnno " (p. 4,17). Nelle
par-olc dcl morcntc Diotallcvi è la norale del ronanzo e lo vedrem meglio in seguito.
Ma iDlarlo cosa è successo? Inrìarlzi llLtlo, comc gìi fu osscrvalo, non si 1r:atlava laolo . di disconoscere djritti! Non contondiamocil Questa non è rÌlla questione giusn.Ìturalisrica. Si
fatta di vedere come stanDo ]e cose, La rappresenlazione, pcr
la nalur'a slessa clella rappresenlazione, nor può csscì_c « poli
scma ". La Ì'apprcscntazionc non sopporta intcderenza alcuna: ò
so\''rana neÌ suo ambito. È monica. L'aito creativo è semplicissimo! E non .ìuplice o tripÌice o quadruplicel » (Il Riurovamento,
Napolì, ol1. ]987, p. 47).
Tommaso d'Àquino avcva già cgrcgiamcnte risolto il problema: . Praeterea, quicumque sensus ex verbis alicuius scripturac lrahitur qucm auctor llor i[tendit, non cs1 senslÌs pr]oprius;
quia auctor per unam scripluram nor polcst irtclligere rjsi
unum, quia non contin-eit pìura simul intclligcr-c, sccundlurl phi
losophum, (Ouod. VII, 6, 14). Eco ciia p ma e dopo passì che,
dimolto sl;racchi!ìti, Iavoliscono le teorie dell'interpretazione
« aperta,, incsau ibil mcn tc, arbitrarìaùeìlte
" apeÌ-ta,. NIa si r!
6uta cli vedere questo, che tutto gli fa crollare, e r:or.ostante
qualcuno abbia Iatlo e faccj:r di tutto per metterglielo sotio ìÌ
Ma intanto Eco trovava qualcosa in Tommaso, sumciente a
Iarlo rnneditare su tutta la faccenda, cioè il . sensus, qùcm auc
1or intencljt » (Sugli Specchi, cit. p. 229) o « sensus auctoris ». E
gli divcniva chiaio che quel senso avcla, ùeì coDfronti degli altri, anche continuarclo ad ammetteme l'esistenza, ùna superiorità tale da essere comc il colllur deroninatore di essi, il punto
cl ave ;ì cui tutti si dcvon rìcondLrrre: irsomnla tutte Ie interprctazioni
indubbiamentc cìascùno di Doi ha jl cljritto ad una
sua libcra-ìDterpr-etazione, che sarebbe, poi, qucìl'opcra d'arte,
rivisslLta c filtrata attìaverso Ìa prop a sensibilità,
vengono
ad essere giustilìcatc quaudo si jrdi zzino verso quel- purto unico, che è il « sensus, quem aucror intcndil ». TLLtle le altre inlcrprclaziori sono arbitra e e da rigettare. Questo peccato ò
espresso cmcaccmcrle da Diotallevi: . Muoio perché ho convinto
le mie cellule che ìa rcgola non c'è, e li agni testo si può fare
ciò che si unle" (p.447). (Sc c'è ur scnsus auctoris, ullo non
può inlerpretare arbitmÌ iamentc l). Poi si fa Ia lranca ammis
sione: . -.- siamo slati f.ìntasiosi oltre ogni Ìimite, (p.447). Ciò
è detto a tutta la cullurà cortemporanea. E non si tratta di
ìiquidare la Iìlosofìa, come ha dctto qualcuno: si tràtta di rigetrare gli Lrltimi quarantan di una balordissirna pseuclocultura. Ma che pensicro debolel . Pensiero pirla,, comc clicc or
mai ur pienontese trapiantato a Milan.r ir via Melzi d'Erill
PeI mc il probìen1a lo vedo così, laccndo un esempio. La
scienza affcrna che ur raggio di lucc, dìpartcndosi cla ur punto,
determina un conor questo cono rimane iestimonc cli lLrtti gli
avvenimenli che sono al suo il]lerno: esclude da sc stcsso lutti
gli awenimenli chc non ricnrrano in esso cono: o\,r,ero ctetermina « l'orìzzorte de-eli eventi
". Pcr. me cla un testo parte un
cono di interprctazio[i, che sono interprelazioni cli qLreÌ testo 1ìno a t.rnto che sono ncl coro, cioè fino a che I'interprcte si pr.oponga di capjÌe il testo, fintanto che i[dir-izzi Ia sua attenzìonc
al " sensus quem auctor intendit,- Tuttc le altre interpretazioni, per cr.ri il testo è un puro pretcsto, nor vamlo prese in
corsiderazione, ovvcro vLÌnlo prese per quello che sono, aitro
da interpre.auronr Ji qr,, le"ru O\\ero non 5 puu c(sere
« la lasiosì oltre ogni limitc », ovvero non si può fare di ùn teslo
" ciò chc si vuolc ,. Chè questo significa ùscir " cli senno , (p. 447).
Questo cono di luce, che delirnita l'orizzontc degli eventi, per
me simbolo di quel cono che delimita « l'orizzontc dclle inter59
pre:azioni », mi sembra Eco I abbia \.isto nel coro che il pcndolo
ilclimita in un anno con le suc oscillazioni. Oui, da questa intlLizione, è nato « Il pendolo di FoucauÌt,. Tultc le interpretazioni del Libro, o Torah, vanno accellate Iìn tanto che si sfor'
7ano.li ricondursi aÌ punto da cui profianano. Iin qÙando uno
pcnsa, non con tracotaìnte orgogìio, ma con ti oroso rìspetto,
. La parola dclla Torah si rivela solo a colui che
II codc breaker... r'irnega sc stesso? NoD nc
cessa anente. La Parola delÌa Tor:Lh è quam nìaxì e clcmìsti{ìcatrìce. È su di cssa che si costruìscono tutte le filosofic, le
ideologie, 1c sociologie, tutte le cullurc, sottoclÌltur-c, culture di
appoggio ctc.... Ma tutte queslc costruzioni, neccssarie a dsol
vere ÌrÌoblemi nel no[rento del loro nascere, poi Yanno bullate.
Gli spiriti deboli ìnlecc lc assolutizzano cd identific:ìro spesso il
destino cli qucstc con il loro proprio destino. La vcrjtà è in per
l'ama' (p.
,1,+6).
iretuo, jnarrcstabiÌe, inlìnito, cammino. Il corcetLo non è 6sso pcr
I'ctcrnità, come Der troppo tcmpo si è creduto. Ma per l'ctcr_
nità si evoh'e. Così la .lemisiilìcazione continua, radicalc. Ed è
proprìo la Parola, la Torah nuovàmenlc attinta, ìD cFralche mo_
ulenlo straordinario da uomìni anche non straoÌdinari, metti
un Jacopo Belbo, che Ia saltarc tutto. La Torah ò, per la sua
intr;nseca nalur-a, quam maxime potesl codc breakerica. Ma clò
vicnc in.licato, anche emcacerÌc,r!c, .'la 1,ari c tìci. Solo non è
più soltanto distruttiva quc:rla ridanciana dissolvcnza. Ormai c'è
una base per la coslruzione. È stata trovala quclla struttura di
basc, qllclla struttura delle strtìtturc, l'UrCodice, da seùPre in-
vanro coslrncndo tutte le culture. con lc loro
ideolog'e, frlosofic, sociologie, linguaggi specifici, chc cristalÌizzaùo cssa Paì-ola- NoÌmalmente veniamo condizionati da questa
potremno chiamarla Codice?
che ci schiac
rcaltà codificata
cia. Ma in roi persisre pur scmprc la possibilità di attingcrc la
Pa.ola o Torah. Bisogna soltanto morire al tran lran chc ci inghioite nella sua routine, liberarci cli ogni condizionanento. E
si può . morire " allo lqùallorc dcllc abitudini anche con una
sbornja, chc libcra lc rcaìtà r-cpresse, che son piu vere di quaùto
normalmcntc facciamo Iìltrare (In lino veritas). Oppure quando
ci eleviamo, magari per Lm attinÌo, allà vita degl; eroi o dcì santi.
h ogri caso bisogna n-Loril.e, cosa chc " mcrda se fa malel , (pag.
508). Sotto q csto aspctto sì rivelerebbe interessante l'analisi,
SLrlla Torah si
nel ronanzo, clelle due " morri , di Jacopo Bclbo, Ìa prima chc
awiene pcr amoÌe, la seconda in prescnza della morle. E quando
jn quegÌi attnni la Torah rienergc, come fa saltarc tuite le crìslallizzazioni, così si pone comc il punto da cui partirà il nLlovo
cono che clclimita appunto « l'orizzonlc delle inlerprciazioni »
(pag. 510), jnterpretazioni che, rel loro insie e, formeranno la
nuor,a cullura, senpre poggiante, com'ogDi cultura, su una qual
che emcrsione della Torah.
Costruìscc nuove reahàÌ. E non neccssariaÌnentc si seNe clelÌc
vccchie coslruzioni cullurali. Usare j mattoDi cli un temPio abbatiuto non signilìca usare eÌerrcnti culturali della cultura abbatlula. La Torah che emergc ò di laLc poterza che tutto ciò
chc usa divier:L grezzo malcriale. La Tor ah non abbisogna cli nulla,
avendo lLrlto in sè: è completa, o\'\'ero cli nulla mancante, ov
vero assoluta dar clualsiasi coùclizionaÌncnLo. Non cleri!a dalle ve
rità c r j stallizzertc, o.imbiancate» (in senso evangclico): non
deril,a d!ìi codici, o, co e si dice, dalla " languc,: diaÌettica a
tlrtte le vcrità cristalllTTate, a lultc le lerilà " imbiancalc ", nel
senso dctto prj a, cssa è \'crgine d.ì o scn'o encon,io o da ccr
clardo oltraggio,, è incontaminato idioletto o anche, come è in
!o.qa .]ire, « parole »». In questa sua qualità è quam maximc « co_
de breakerica "r ta cioè. sallare, tùtto ciò che tÌova,.li crÌi noÌr
scnte aÌcun blsogno, ma soltanto Iastidio Non liene a pat1i, a
ncssuna lransazione. Chò Ìa Torah non coroscc la diplomazià o
la politica. Alla polilica, atle arli deÌla diplomazia la può picgare
coÌui chc se ne scntc investito, quando iDvano abbia tcntato " mr_
gnum si peclorc possit exùssisse .leuù , (Aeneis, VI, 78/79). La
paura e la . politica, chc ne deÌiva appartengono all'individuo
in cui la Torah emcì-gc, e non alla Torah ìr sò. Costui pr.rò cllettivamcnte mecliarc Tor:ìh e ambieÌlte, pcr salvarsi Ma non la
Torah. Quesla prescincle dalle parti stcsse, d.ìgli elcmenti in cuj
si realìzza, trascendcntale. Sta ad essi comc la mitica pantcra
danlesca, quae redolei in qualìbet civìlale nec cubat in ulla. È
a priori. Con le parti noÌÌ rienc a nessuna transaziore. Ed ò inafferrabile tÌarnile esse parti. Si rirela alt'intuizione . di colui che
I'ama, (pag. 446). Inallcrrabile da quatsiasi mctodo e men chc
meDo ancora dà quclti strutturalisti che non è csagerato delìnìre
amcni. E permca delÌa sua pienezza lulto ciò che 1occa. Inutil'
mente si ccrca ta Totàlità, somnando le parti SirLggirà seÌnprc,
questa Totalità. IDlatti è p nla dclÌe parti; sostanzia esse parti;
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è indìllercrrc allc parti, in qlLanto prò sccgliere queste o quelle.
In.tiEcrcntemente. Crea Ie parti. Inleste travolse e stralolge e
annulla lo stesso individuo in cui ernerge, il quale, per. suo cle
stino, sempre « aspectu obnlutuit anens/ar recracqllc hoì_rore
comac ct vox làuciblls hacsit, (Acncis, lV, 279/280).
Il Pendolo, quindi, rappresenta, sotto certi punti di vista,
una conversione ad U di tutte le sue precedenti corviÌvionìr rma
conversione tanto radicale d:r fargli vedere le corÌ\,irziorìi di
prima come « pazzia », te nire sLr cui insistc alquanto: . ... che
siate .livertali nlulti o tu o il moùclo, è Ia stessa cosa, (p. 445);
. Noi, c cLiunqrLc
segreto oltre la letlera, ,?oi
tianto Ltsciti tli sermo, (p. 417); « . Poi, semprc .lan.tomi le
spallc, con r,oce incolore, calma, rassicuraDtc: " Monsieur, vous
étes fou, 0r. ,185). E chiaramcntc « p?Lzzi » o, meglio, .tolìi "
appaiono coloro che ammazzeranno Casaubon, corrc pcr Pazzia
hanno ucciso Belbo
cercando relle cose e negli scritti . un altro senso,: " VoÌTei arer scritto tutto ciò che ho pcnsato da
questo pomcriggio a ora. Ma sc Essì lo lcggessero, ne trattereb
bcro un'altra cupa teoÌia e passerebbero l'etel.nità a cercare cli
decifrare il messaggio segreto che si cela cliello liì flia storia. É
impossibilc, dÌrcbbcro, chc costui ci abbia Ìaccontato solo che
si stava prendenclo gioco di noi... Che io abbia scritto o no,
non fa diflerenza. Cerchelebbero sempre ur altro scrso, anchc
nel rnio silenTio. Sono latli così, sono ciecri (n.d.r. " ciechì, può
valcrc « pazzi , alla r ivclariorìc. MalkLLt ò Malkut e basta.
Ma r,a-slielo a clirc. Non hanno lcdc, (p. 508-509).
Suìl'argonTcnto ci sarebbe, forse, ancora ur'osservazione. Il
cap. l17 riporta a mo' di titoÌo o di iÌÌtroduziore queslo passo:
Ha \a lollia un enorme padiglione
che d'ogni luogo ricetta persone
specie se han oro c polc za a profusione
(Sebastian Brant, Das NarreùschiIl, 46)
Das Narrerschiftl L'im agine deÌ . battcllo cli lolli " era anmi scrnbra a tratti che il Dache nc .ll ùornc dclla
nubio sia percorso . da batielli carichi di fcilli, che vanno verso
un luoso oscuro " ('80, p. 503). Puro caso? A parlare è Adso, or
n1ai vccchissimo e scnz'altro Ìicolmo
di
salrgezza, che
ritiralo
su
in una posizionc quin.li
urì monastero in alto sulla coLlina
- suÌla sua prossima tine.
nreclila
r.Lguale a quclla di CasaLrLronl
Poco prima ha scritto: " Piu Ì-ileggo questo elcnco più i con_
vinco chc esso è ellclto del caso e non coÌrticnc alcun messaggio ".
Questc parole avrcLrbe potlrlo dirle benissimo Lia ncl cap. 106
de. Iì Pendolo " o Belbo Ioco prima di esscre ucciso, o lo stesso
Casaobon nell'LLltima pagi)ra- SegDo clì una corlinLLità tema!ica
chè « ogni arLtore h:r poche, test!ìrdc, ri..rrrPnrì ossessìorìi » (Sugli Specchj, lntroduzi.,ne in coPcrtina) Da lcmpo Eco ha sentito,
se non chiaranerrlc l'erroÌe, ccrto l'esagcraziore dclL'essere stali
« fanlasìosi oltrc ogni lìrÌilc, e ne !a denunciando gli ellelti catastrolìci. Ma la cuÌluia attuale sembrr ancora tÌoPpo malata
. M!ìlhut è À{aìkùl c basta.
Ma \'agtielo a diì-c. Non halno fecle ".
La paroì;L " loÌle, o . fou " mi scmbra abbia uÌÌ campo semantico di tipo meclielalc, .lantesco. Cioè rcl senso in c ìfurono
foltj ,, ovlero. rìbclli,, Ulissc (Cfr' . i1 folle voìo ", Inf XXVI,
"
125 c anche Par. XXVII, 83) o Alacnc, che purc slìdò la divjnità
(Cfr., Purg. xII, ,+3) o Sapia (Ctr' Pllrg. XIII, 113) o Acan (Purg'
X-\, 109). Anctre Dantc fu.follc", cioè.ribelle' (cft. Purg' l,
59) . Ìrcr la su!ì « lollia '. E la . follia ", come rjbcllione alla di
ÌiDì1à, è anche pcr Darlte, come per Dic,talleli, il . peccato '. L'uo
mo av.cbtrc dovuto soddisfare a Dio per qLrcsta . follia,, ordc
ritomarc nel Prracljso Telreslre d'onde fu cacciato. Solo quarrdo
( avessc sodisfatto a sua follia (Par. VII, 93), avrcbbe irlattì
"
pot lo farvi rlloruo.
Rot]1ano Manescdlclti
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