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Dalle " retrovie " delle missioni alla Chiesa tutta missionaria

aperta di unità e di comunione, specie tra noi, contro non tanto la molteplicità e diversità, ma contro la frammentarietà di iniziative, di cammini e vie, di autonomia, contro lo scollamento e la mancanza, e la non volontà a volte, di collegamento a livello parrocchiale, vicariale, diocesano, sia da parte del Clero che da parte del laicato. Questa comunione, invece -è stato fatto notare -, è indispensabile per l'esercizio della missione ecclesiale di tutti, individui, comunità varie, diocesi -nel mondo, nel nostro mondo. Forse -a mio parere -varrà la pena di sviluppare nelle sue esigenze questa domanda, dandole risposte adeguate, brevi, concrete e col consenso di tutti, per essere attrezzati come Chiesa a servire questo mondo, questo mondo nostro, nelle sue più urgenti e prioritarie necessità. Se la Chiesa è per il mondo, questo il nostro compito", Infra. 4 Quando sono diventato sacerdote, già quaranta anni fa, così scriveva don Giuseppe Cenacchi a proposito di stile pastorale: "È scontato che una pastorale senza scelte precise continuerebbe ad oscillare tra due poli non conciliabili: il frammentarismo di esperienze, che prese a sé possono essere interessanti ma mancano di consistenza e continuità; il dirigismo di vertice, che potrebbe emanare norme valide ma senza seguito e consenso. Per uscire da questa dicotomia è necessario fare spazio all'originalità creativa e, partendo dal pluralismo delle esperienze, alla capacità di dialogo tra tutte e con tutte le componenti ecclesiali e sociali. Sarebbe facile dire che a Ferrara ci sono i presupposti positivi per il rinnovamento pastorale, però sarebbe altrettanto facile fare della retorica su possibili 2012-2015 (I ed. italiana: 1995-2001); Atlante storico del Concilio Vaticano II, diretto da Alberto Melloni, a cura di Federico Ruozzi ed Enrico Galavotti, Milano -Bologna, Jaca Book -Fondazione per le Scienze religiose Giovanni XXIII, 2015; Giuseppe Alberigo, Breve storia del concilio Vaticano II, Bologna, il Mulino, 2005; John O 'Malley, Che cosa è successo nel Vaticano II?, Milano, Vita e Pensiero, 2010 (ed. or. 2008); Fabrizio Mandreoli, Appunti sul Vaticano II. Un modello di discernimento, Reggio Emilia, Edizioni San Lorenzo, 2010, Giuseppe Ruggieri, Ritrovare il concilio, Torino, Einaudi, 2012. Inoltre: Massimo Faggioli, Il Vaticano II come "costituzione" e la "recezione politica" del concilio, "Rivista di Teologia", 50 (2009), pp. 107-122; Massimo Faggioli, Interpretare il Vaticano II. Storia di un dibattito, Bologna, EDB, 2013 (I ed. 2012).

M Quaderni Cedoc SFR 40 Centro documentazione Santa Francesca Romana Ferrara 2017 T Dalle “retrovie” delle missioni alla Chiesa tutta missionaria Il Centro missionario diocesano di Ferrara-Comacchio (1929-2000) M A Z M T Dalle “retrovie”delle missioni alla Chiesa tutta missionaria Il Centro missionario diocesano di Ferrara-Comacchio (1929-2000) Ferrara, Cedoc SFR, 2017 1 I Presentazione 5 Introduzione 11 1. Ai tempi di mons. Ruggero Bovelli 17 1.1. Gli anni Trenta: le Pontificie Opere Missionarie e l’Unione missionaria del clero “Ad aumentate difficoltà, aumentato fervore di preghiere e di opere”. Durante la guerra e nell’immediato dopoguerra 17 2. La “retroguardia missionaria”: l’Ufficio missionario diocesano durante la direzione di don Alberto Dioli (1947-1968) 47 2.1. 2.2. 2.3. Mete continue: gli anni Cinquanta Gli anni Sessanta: nuove prospettive Gli anni dell’immediato post-concilio 47 65 98 3. Una transizione impegnativa 113 3.1. 3.2. 113 3.2.1. 3.2.2. 3.2.3. 3.2.4. 3.2.5. 1968-1976: la chiesa locale e i missionari ferraresi Un felice scambio: gli anni dell’episcopato di mons. Filippo Franceschi (1976-1982) Verso nuove collaborazioni L’orizzonte ecclesiale di mons. Franceschi Strettoie e panorami Un sempre più stretto legame con i missionari ferraresi Una fucina di iniziative 144 144 152 161 173 182 4. La perseveranza: 1982-1997 193 4.1. 4.2. 4.3. La città Il sinodo Rapporti con i missionari ferraresi: lettere, visite e incontri a Ferrara 193 208 5. Il nuovo Centro missionario diocesano (1997) 243 Conclusione 261 Appendice fotografica 267 1.2. 3 34 234 P Una memoria che si fa storia di Andrea Zerbini Scrivevo sulla “Voce di Ferrara- Comacchio” nell’ottobre del 2013: Ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario del ‘Comitato Ferrarese contro la fame nel Mondo’ anche se solo nel 1966 fu formalizzato in modo ufficiale. Abbiamo dunque tre anni per raccogliere storie, scavare nella memoria e portare alla luce non reperti archeologici ma un memoriale vivo; le testimonianze vive del cammino missionario della nostra chiesa, avvenimenti e persone che intra ecclesiam e ad gentes hanno dato forma alla missione ecclesiale della nostra chiesa diocesana1. Allora mi sbagliavo sulla data d’inizio del “Comitato Ferrarese” indicando l’anno 1963 e questo nonostante avessi rivoltato e messo sotto sopra le carte dell’archivio del Centro missionario, digitalizzandone la maggior parte dei testi, ma almeno l’impegno preso allora ora si è realizzato. La data giusta si trova in queste pagine che rispondono al mio invito di scrivere sulle nostre missioni: correva l’anno 19652. Ma questo racconto parte da molto più lontano, dall’impegno missionario di mons. Ruggero Bovelli fin dall’inizio del suo episcopato nel 1930 e, intrecciando nel tempo la storia della città e del suo territorio con quella della chiesa e dei missionari/concittadini nel mondo, giunge alle soglie dell’anno 2000. In questo testo le memorie, i documenti, le immagini e i ricordi anche quelli meno appariscenti o insignificanti, come i timbri dell’ufficio, si fanno storia; una storia per vivere anche oggi la memoria missionis della nostra chiesa così da rigenerare e sostenere anche il nostro compito missionario di oggi. 1 “La Voce di Ferrara-Comacchio”, 25 ottobre 2013, 7. 2 “L’indifferenza verso il passato è una forma di ingiustizia” così scriveva Teodoreto di Ciro nel V sec. nella sua storia ecclesiastica, riferendosi a quella negligenza colpevole che sarebbe l’affievolirsi o il dimenticare nella chiesa il ricordo di queste lotte e imprese ammirevoli dei cristiani. E continuava: “Perciò io tenterò di scrivere ciò che della storia della Chiesa è trascurato, perché non ritengo cosa santa dimenticare la gloria di azioni molto splendide e di narrazioni utili, che sarebbe distrutta dall’oblio”, Ibidem. 5 Mentre leggevo questo coinvolgente, appassionante e, a tratti, commovente racconto del cammino missionario della nostra chiesa mi veniva alla memoria uno slogan di anni fa: “se tu apri un libro lui apre te”. Aprire il libro delle missioni è lasciare che qualcun’altro apra te alla missione e così sono volti e sono nomi che ti vengono incontro, ancora una volta, con parole e sguardi di vangelo e sono storie umili e grandi insieme e sono persone che hanno custodito e fatto crescere fino ad oggi per noi quel tesoro preziosissimo che è il Vangelo alle genti, il Vangelo tra la gente, con modalità e stili diversi, ma ugualmente appassionati perché essi si sono lasciati accendere dal fuoco della missione: l’amore del Cristo che sospinge. Si pensi solo alla sofferta e insieme desiderante domanda di comunione del vescovo Luigi Maverna al termine dell’esperienza sinodale3. Questo libro di Miriam Turrini, docente nel nostro Istituto di Scienze Religiose, è la porta che ci fa entrare nella storia della nostra chiesa che nelle piccole e grandi chiusure, nelle piccole e grandi incomprensioni, individualismi, contrasti e fratture ha cercato poi, sempre di nuovo, di rialzarsi, di essere chiesa in uscita, missionaria e in riforma a causa della grazia e del compito della evangelizzazione per ripartire ancora verso gli altri e con loro verso una permanente conversione missionaria in stile sinodale della sua vita spirituale e pastorale4. 3 “Prendo spunto – per questa conclusione – da un’osservazione, una preoccupazione, una constatazione accompagnata da sofferenza, non una denuncia, ma, in positivo, una aspirazione e una richiesta ricorrente nelle nostre ultime Assemblee sinodali, impegnate nella celebrazione – non terminata – del documento conclusivo. È una domanda chiara e aperta di unità e di comunione, specie tra noi, contro non tanto la molteplicità e diversità, ma contro la frammentarietà di iniziative, di cammini e vie, di autonomia, contro lo scollamento e la mancanza, e la non volontà a volte, di collegamento a livello parrocchiale, vicariale, diocesano, sia da parte del Clero che da parte del laicato. Questa comunione, invece – è stato fatto notare -, è indispensabile per l’esercizio della missione ecclesiale di tutti, individui, comunità varie, diocesi – nel mondo, nel nostro mondo. Forse – a mio parere – varrà la pena di sviluppare nelle sue esigenze questa domanda, dandole risposte adeguate, brevi, concrete e col consenso di tutti, per essere attrezzati come Chiesa a servire questo mondo, questo mondo nostro, nelle sue più urgenti e prioritarie necessità. Se la Chiesa è per il mondo, questo il nostro compito”, Infra. 4 Quando sono diventato sacerdote, già quaranta anni fa, così scriveva don Giuseppe Cenacchi a proposito di stile pastorale: “È scontato che una pastorale senza scelte precise continuerebbe ad oscillare tra due poli non conciliabili: il frammentarismo di esperienze, che prese a sé possono essere interessanti ma mancano di consistenza e continuità; il dirigismo di vertice, che potrebbe emanare norme valide ma senza seguito e consenso. Per uscire da questa dicotomia è necessario fare spazio all’originalità creativa e, partendo dal pluralismo delle esperienze, alla capacità di dialogo tra tutte e con tutte le componenti ecclesiali e sociali. Sarebbe facile dire che a Ferrara ci sono i presupposti positivi per il rinnovamento pastorale, però sarebbe altrettanto facile fare della retorica su possibili 6 Sono il Vangelo e lo Spirito del Risorto, che è spirito di santità, che fanno sempre di nuovo una chiesa in esodo e, dei battezzati in essa, un popolo messianico e, proprio per questo, un popolo che camminando con l’umanità, a partire dalla ferialità delle situazioni e delle vicende quotidiane, prende la parola per dire il senso e consenso della sua fede, scrive storie di speranza per e con i piccoli, gli ultimi e i poveri. Basti ricordare le innumerevoli narrazioni dei nostri missionari riportate nelle loro lettere, autentiche litterae comunionis nel settimanale diocesano e ancora molte altre degli inizi della missione attendono di essere prese tra le nostre mani e lette. “Aprire il libro delle missioni, coltivare ciò che accende in noi il fuoco della missione e convertire la nostra pastorale”, sono “le attenzioni fondamentali per il futuro”; così ci aveva esortato mons. Renato Corti al convegno di Bellaria nel 1998. È lo stesso sogno missionario e pure lo stile, per molti versi ancora da attuare nella nostra chiesa, indicatoci nella Lettera del Consiglio Episcopale Permanente alle comunità cristiane per un rinnovato impegno missionario: L’amore di Cristo ci sospinge (4 aprile 1999)5 per riuscire a vivere un poco di più il sogno bello e il desiderio ardente di ogni chiesa: la comunione e la corresponsabilità nella vita pastorale e nell’evangelizzazione: “Nella sua bellezza e forza” il fuoco della missione “è il crogiolo che purifica la fede e la pastorale”6. A Miriam Turrini un grazie perché con questo lavoro ci conduce nella nostra memoria ecclesiale e missionaria; risvegliandola da un passato, conosciuto se non a pochi, e ridestando al nostro presente una “traditio” del libro delle missioni, scritto e poi passato di mano in mano, fino ad oggi. piani pastorali, che, d’altra parte, esulano dalla nostra competenza. Mettiamoci tutti sinceramente in situazione di disponibilità: a. non domandiamo nulla di ciò che non siamo in grado di fare in prima persona; b. rinunciamo a rispondere alle attese e ai desideri delle nostre comunità con il silenzio, il discredito, il sospetto, il rimando al domani; c. sosteniamo l’azione con studio serio e riflessione approfondita; d. nelle discussioni non mettiamo in prima fila le difficoltà, i limiti, i difetti perché non rimarranno né tempo né volontà di trovare quanto è positivo; e. siamo sinceri gli uni verso gli altri. Parlando di pastorale in prospettiva ricordiamo che a Ferrara, oggi più che nel passato, la religiosità chiede una verifica nell’impegno socio-culturale ed esige segni visibili di comportamenti nuovi in ordine per esempio alla povertà, al mondo del lavoro, ai ragazzi e ai giovani”, Giuseppe Cenacchi, Valutazione socio-culturale nel territorio ferrarese, “La Voce di Ferrara”, 10 dicembre 1977, 8. 5 http://www.chiesacattolica.it/documenti-segreteria/lamore-di-cristo-ci-sospinge-letteradel-consiglio-episcopale-permanente-alle-comunita-cristiane-per-un-rinnovato-impegnomissionario/ 6 Ibidem. 7 Solo vissuta nel presente la “Tradizione” è soccorritrice nelle prove e creatrice di nuove prospettive e cammini ecclesiali; solo nell’oggi essa vive in nuove forme che sono ad un tempo in continuità con il passato ma al tempo stesso segnano una discontinuità che è frattura creatrice perché da essa può affiorare il nuovo. Miriam mi ricordava tempo fa che “fare storia è cogliere proprio la specificità di quel momento, di quel gesto, di quella persona”, e al tempo stesso capire “che gli altri sono stati anche tanto diversi da noi”. Dirò pure che con questo studio l’autrice sembra indicarci una strada poco praticata oggi da noi e da percorrere con più convinzione per comprendere il nostro tempo e i suoi segni, attraverso cui riconoscere ed accogliere il Dio che cammina con l’umanità e il suo Cristo che ci precede nella Galilea delle genti. È l’invito a praticare con più consapevolezza la via di una personale e comunitaria “sensibilità alla storia” perché questo ci aprirà ad una coscienza e libertà maggiori circa il nostro vivere intraecclesiale e la nostra missione nel mondo. È stato infatti proprio l’assunzione del paradigma della storia che ha reso possibile ai Padri del Concilio Vaticano II il rinnovamento conciliare, una nuova teologia, la comprensione della rivelazione come storia, della chiesa come mistero e sacramento di salvezza e “tutta missionaria”, la ripresa del dialogo nella chiesa e tra le chiese e di queste con l’umanità e le sue tradizioni religiose. È bello percepire, scorrendo le pagine di questa memoria della missione fatta storia come in filigrana o come tono unificante di sottofondo ad uno spartito formato da diversi autori che hanno scritto differenti armonie, le parole di papa Giovanni XXIII alla chiesa in stato di riforma: Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque il diritto della persona umana e non solo quelli della Chiesa cattolica» e aggiungeva: «Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio7. Sia allora di buon auspico per quelli che leggeranno questa storia un proverbio africano che dice: “L’esempio degli antenati è come una bisaccia per il giovane viandante”. 7 Cf.: Ghislain Lafont, Le ultime parole di Giovanni XXIII a cinquant’anni dalla morte, “Munera”, 3/2013, p. 10. 8 S ACMDFe-Com: Archivio del Centro missionario diocesano di Ferrara-Comacchio BE FE: “Bollettino ecclesiastico per l’arcidiocesi di Ferrara” BE FE-COM: “Bollettino ecclesiastico per l’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio” MM: L’umiltà di navigare a vista. Memoria missionis, a cura di A. Zerbini, Ferrara, Cedoc SFR, 2017 (Quaderni Cedoc SFR 41) Gli articoli o i testi tratti da questa raccolta sono segnalati ponendo tra parentesi la sigla (MM). b.: busta cart.: cartella/e fasc.: fascicolo/i 9 sss v 10 I Dall’invito di mons. Bovelli nel 1931 a formare sacerdoti come “zelanti cooperatori delle retrovie per la conquista alla Fede dei popoli ancora lontani” all’esclamazione “Certamente Dio è in questo luogo e io non lo sapevo” del secondo convegno missionario diocesano organizzato dal nuovo Centro missionario nel 2000 è racchiusa la storia che qui si presenta. In questi settant’anni cambia il modello di missione e inizia la recezione dell’ecclesiologia maturata nel concilio Vaticano II. La chiesa cattolica italiana vive con le altre chiese della terra via via i regimi totalitari, la seconda guerra mondiale, la divisione del mondo in due blocchi contrapposti, le tensioni e gli esperimenti socio-politici conseguenti, la decolonizzazione, il movimento culturale del ’68, la contestazione e l’impegno terzomondista e pacifista, l’avanzata della secolarizzazione nei paesi occidentali, il crollo dei regimi social-comunisti europei e non solo, i regimi autoritari e dittatoriali in America latina, in Africa e in Asia, la fitta presenza di conflitti locali altamente distruttivi, la penetrazione nelle economie mondiali del modello liberista e delle multinazionali e infine l’egemonia della finanza, la ripresa impetuosa delle migrazioni, la crisi della forma statale, l’affermazione pervasiva dei nuovi media e delle nuove forme di comunicazione con la ‘rivoluzione’ digitale. Si susseguono sei pontificati: Pio XI (1922-1939), Pio XII (1939-1958), Giovanni XXIII (1958-1963), Paolo VI (1963-1978), Giovanni Paolo I (1978), Giovanni Paolo II (1978-2005). Tra il 1962 e il 1965 viene celebrato il concilio Vaticano II, con il quale la chiesa cattolica si apre ufficialmente all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, riconosce la libertà di coscienza, sostiene la libertà religiosa ed assume un atteggiamento di apertura cordiale al mondo, ma soprattutto riflette sul suo mistero di popolo in cammino nella storia al servizio di tutti gli uomini in ordine alla salvezza. Con il pontificato di Paolo VI inizia la non semplice recezione del concilio1 e con Giovanni Paolo II l’affermazione di un papato peregrinante, in 1 Per un primo orientamento sul Vaticano II: Storia del Concilio Vaticano II, diretta da Giuseppe Alberigo, a cura di Alberto Melloni, Nuova edizione, 5 voll., Bologna, il Mulino, 11 visita al mondo, carico di una richiesta di perdono per gli errori dei cristiani nella storia e di un impegno deciso per la pace e la delegittimazione religiosa dei conflitti, profondamente attento all’Africa. La chiesa di Ferrara e poi di Ferrara-Comacchio in questi settant’anni è retta da cinque vescovi: mons. Ruggero Bovelli (1929-1954), mons. Natale Mosconi (1954-1976), mons. Filippo Franceschi (1976-1982), mons. Luigi Maverna (1982-1995), mons. Carlo Caffarra (1995-2005). Nel 1987 si compie l’unificazione delle due diocesi di Ferrara e di Comacchio nell’unica diocesi di Ferrara-Comacchio. Nel lungo periodo dagli anni Trenta al Duemila la diocesi di Ferrara e poi di Ferrara-Comacchio ha svolto un’intensa attività a favore delle missioni. Dai tempi di mons. Bovelli, presidente dell’Unione missionaria del clero e grande sostenitore dell’azione missionaria nella sua diocesi, alla tenuta quasi eroica durante la seconda guerra mondiale grazie a don Carlo Borgatti fino all’inizio degli anni Sessanta la diocesi si muove nell’esclusivo orizzonte delle Pontificie Opere Missionarie. Nel ventennio di direzione dell’Ufficio missionario da parte di don Alberto Dioli (1947-1968) si vive il travaglio degli anni conciliari e dell’immediato post-concilio e iniziano le microrealizzazioni e la campagna contro la fame nel mondo. Alla partenza di don Dioli come prete fidei donum nel 1968 assume la direzione dell’Ufficio missionario don Franco Patruno (1968-1985), durante la quale cominciano la tessitura dei contatti con i missionari ferraresi e una collaborazione duratura con loro e si avvia la formazione di un Centro missionario accanto all’Ufficio. Durante l’episcopato di mons. Franceschi si realizza una felice collaborazione tra vescovo e Ufficio e Centro missionari, sorretta da una robusta ecclesiologia conciliare. Il coinvolgimento di Franceschi nell’azione missionaria troverà esito poco dopo la sua partenza per la diocesi di Padova nella sua nomina a presidente della Commissione episcopale per la cooperazione tra le Chiese nel 1982. Con la direzione di don Giuseppe Crepaldi (1985-1993) e di don Settimo Tartagni (1993-1997) proseguono le iniziative ormai consolidate, si 2012-2015 (I ed. italiana: 1995-2001); Atlante storico del Concilio Vaticano II, diretto da Alberto Melloni, a cura di Federico Ruozzi ed Enrico Galavotti, Milano - Bologna, Jaca Book - Fondazione per le Scienze religiose Giovanni XXIII, 2015; Giuseppe Alberigo, Breve storia del concilio Vaticano II, Bologna, il Mulino, 2005; John O ‘Malley, Che cosa è successo nel Vaticano II?, Milano, Vita e Pensiero, 2010 (ed. or. 2008); Fabrizio Mandreoli, Appunti sul Vaticano II. Un modello di discernimento, Reggio Emilia, Edizioni San Lorenzo, 2010, Giuseppe Ruggieri, Ritrovare il concilio, Torino, Einaudi, 2012. Inoltre: Massimo Faggioli, Il Vaticano II come “costituzione” e la “recezione politica” del concilio, “Rivista di Teologia”, 50 (2009), pp. 107-122; Massimo Faggioli, Interpretare il Vaticano II. Storia di un dibattito, Bologna, EDB, 2013 (I ed. 2012). 12 vive il sinodo e si constata la difficoltà di agire insieme come diocesi in ambito missionario. Dal 1954 agli anni Novanta grande animatrice dell’attività missionaria in diocesi è Gisa Trevisani, abile organizzatrice e animata da incrollabile determinazione. A lei si deve in gran parte l’intenso rapporto intessuto dall’Ufficio e dal Centro missionari con la città, con le istituzioni civili, con le scuole, con gli enti bancari e produttivi, che ha connotato per decenni l’attività a favore dei missionari ferraresi. A fine anni Novanta avviene il rilancio del Centro missionario ad opera del nuovo direttore, don Andrea Zerbini (1997-2012). Il Centro fu ripensato mediante un lavoro di équipe tra sacerdoti e nell’ottica di una collaborazione con le iniziative esistenti in diocesi a sostegno delle missioni. Don Zerbini cercava in tal modo di rendere concreto lo stile del camminare insieme inaugurato con il sinodo durante l’episcopato di Maverna e di innestare la missionarietà nel percorso di conversione ecclesiale auspicato dal sinodo. Tra la fine degli anni Sessanta e il Duemila la diocesi espresse cinque presbiteri fidei donum, don Alberto Dioli, don Francesco Forini, don Carlo Maran, don Roberto Sibani e don Giorgio Reginato, prete della diocesi di Comacchio, ma non si giunse mai a un vero gemellaggio con la chiesa nella quale questi sacerdoti lavorarono. In tre decenni si instaurò un rapporto di collaborazione continuativa con oltre venti missionari ferraresi e comacchiesi, religiosi, religiose e laici. Per quanto eccessivamente lungo, questo lavoro è soltanto una sintesi dell’opera svolta dall’Ufficio e dal Centro missionari di Ferrara e poi di Ferrara-Comacchio. Si resterà forse delusi nella lettura perché non tutti sono stati nominati, perché le iniziative sono state citate e non adeguatamente descritte, soprattutto perché dei missionari si è detto poco. Riguardo a questo punto è necessario un chiarimento. Questo lavoro è scritto per presentare il lavoro di “retroguardia”, come diceva don Dioli, svolto nella diocesi di Ferrara e di Ferrara-Comacchio e non l’opera dei missionari. Anche lo studio dell’attività dei missionari ferraresi è possibile e auspicabile, per ora svolto in parte soltanto per don Alberto Dioli. Permetterebbe di raggiungere nella ricostruzione storica anche il livello dell’interazione tra l’opera svolta nella diocesi di Ferrara e Ferrara-Comacchio e la realtà vissuta nelle missioni. La diocesi ne riceveva gli echi nelle lettere e negli interventi dei missionari quando rientravano per riposo e venivano invitati a parlare in varie occasioni. La loro voce e l’informazione che giungeva dalle riviste specializzate sorreggevano il lavoro dell’Ufficio e del Centro missionari. Inoltre, con l’affermarsi della forma missionaria come cooperazione tra le chiese lo scambio tra queste divenne centrale nell’opera dei 13 missionari, soprattutto dei fidei donum. Non si possono dimenticare né le parole di don Dioli quando scrisse che la cooperazione con Kamituga era stata fatta “per arricchire l’esperienza della nostra diocesi di Ferrara”2 né la funzione dei missionari come testimoni del dolore e dell’ingiustizia nel mondo nonché della crescita in forme talvolta originali delle nuove chiese. Infine, un’altra precisazione è necessaria. In questa ricostruzione mi sono affidata prevalentemente ai documenti scritti, alla parola ufficiale. Esiste un livello del vissuto non attingibile per questa via e un’utile integrazione sarebbe giunta dall’utilizzo delle fonti orali. Non vi ho fatto ricorso perché necessitava di un impianto metodologico che non possiedo. Questo lavoro può tuttavia orientare ricerche ulteriori anche in questa direzione. Il presente studio è stato pensato per la collana dei Quaderni del Cedoc di Santa Francesca Romana (Ferrara), dove trova ampio e benemerito spazio la voce diretta dei protagonisti della storia ecclesiale locale e quindi ho voluto mantenere la peculiarità della collana di offrire con larghezza i testi delle fonti, senza confinarli in nota o in appendice. Sotto il profilo formale, ho scelto di correggere gli evidenti errori di stampa contenuti nei testi senza segnalarli. Non sono frequenti ma talvolta sono presenti sia nei testi a stampa sia nei dattiloscritti o manoscritti. Nella trascrizione dei testi è stato rispettato l’uso di maiuscole, minuscole e punteggiatura che vi si trova. La ricostruzione delle vicende del Centro missionario diocesano non sarebbe stata possibile senza l’aiuto costante di don Andrea Zerbini, che ringrazio. Mi ha invitata pazientemente a occuparmene, mi ha messo a disposizione tutte le fonti: la raccolta dei “Bollettini ecclesiastici”, la raccolta degli articoli sul settimanale diocesano di Ferrara e poi di Ferrara-Comacchio e su altri giornali edita in un quaderno della collana Cedoc di Santa Francesca Romana, l’archivio del Centro missionario diocesano e gran parte della bibliografia. Non ha mai interferito nel mio lavoro, rispettando i miei percorsi e le convinzioni che venivo maturando. Ha ospitato il libro nella collana del Cedoc di Santa Francesca Romana. Il lettore dovrà dunque ringraziare anzitutto lui. Un sentito ringraziamento va a Lina Turri, sorella del missionario padre Vincenzo Turri, per decenni attiva nel Centro missionario, che ha riordinato e inventariato l’archivio del Centro missionario diocesano. Senza la sua meticolosa opera sarebbe stato molto più difficile scrivere questa storia. 2 Alberto Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi, 2, presentazione di Francesco Forini, a cura di Andrea Zerbini, (Quaderni Cedoc SFR 25) 2014, p. 453. Tutti i Quaderni Cedoc SFR sono consultabili online: http://santafrancesca.altervista.org/biblioteca.html. 14 Ringrazio Franco Manca per una conversazione interessante e illuminante su anni cruciali per l’Ufficio missionario, don Paolo Cavallari e Francesco Molinaro per alcune precisazioni. Un grazie anche a mio nipote Matteo per l’elaborazione dell’immagine in copertina. Concludo con il ricordo di Gisa. La sua voce e il suo agire mi sono rimasti familiari ed è viva la memoria di quell’invito che mi ripeteva ogni tanto: “Vieni a lavorare in Centro missionario”. Non l’ho colto, ma è rimasto sotto traccia il desiderio di collaborare in qualche modo. 15 16 1. A .R B 1.1. Gli anni Trenta: le Pontificie Opere Missionarie e l’Unione missionaria del clero L’attività a favore delle missioni durante gli anni Trenta dell’episcopato di mons. Ruggero Bovelli fu guidata dalle linee dettate dai pontefici Benedetto XV e Pio XI. Papa Benedetto XV nell’enciclica Maximum illud del 30 novembre 1919 aveva raccomandato ai fedeli alcune opere nate nel corso dell’Ottocento a sostegno dell’azione dei missionari: l’Opera della Propagazione della fede, nata a Lione nel 1822; l’Opera della Santa Infanzia, fondata in Francia nel 1843; l’Opera di San Pietro per il clero indigeno, fondata anche questa in Francia nel 18893. Benedetto XV, inoltre, dispose che venisse istituita in tutta la chiesa cattolica l’Unione missionaria del clero, di recente costituzione, nel 1916, ad opera di padre Paolo Manna del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere)4, ponendola “alle dipendenze della Sacra Congregazione di Propaganda Fide”5. Le tre Opere pontificie furono poi centralizzate a Roma con il motu proprio Romanorum Pontificum di Pio XI del 3 maggio 19226, creando una vera e propria svolta organizzativa nell’ambito del sostegno alle missioni, come ben illustra Stefano Trinchese: 3 Josef Metzler, La Santa Sede e le missioni, in Storia della Chiesa, 24, Dalle missioni alle Chiese locali, a cura di Josef Metzler, Cinisello Balsamo (MI), Edizioni Paoline, 1990, pp. 19-119: 32-35. 4 Metzler, La Santa Sede, p. 35. 5 Benedetto XV, Lettera apostolica Maximum illud, 30 novembre 1919, https://w2.vatican. va/content/benedict-xv/it/apost_letters/documents/hf_ben-xv_apl_19191130_maximumillud.html (8-2-17). 6 Pio XI, Motu proprio Romanorum Pontificum, 3 maggio 1922, http://w2.vatican.va/ content/pius-xi/la/motu_proprio/documents/hf_p-xi_motu-proprio_19220503_romanorumpontificum.pdf.(8-2-17). 17 Col Romanorum, papa Ratti inaugurava una stagione nuova nell’esperienza missionaria, sottolineandone fortemente gli aspetti universalistici, nonché la necessità di una sempre più capillare sensibilizzazione del clero e del laicato, affinché ciascuna chiesa locale sapesse farsi carico di responsabilità fino ad allora ripartite fra le istituzioni religiose e le opere di sostegno missionario. Le importanti novità introdotte nella struttura delle missioni riscontravano anche in campo teorico alle innovazioni missiologiche della Chiesa di Pio XI, concepite verso un centralismo che tuttavia valorizzava la crescita delle chiese locali7. Pio XI nell’enciclica sulle missioni Rerum ecclesiae del 1926 aveva poi ribadito la necessità che i cattolici sostenessero le tre Opere pontificie, da lui concentrate a Roma, e che nelle diocesi venisse istituita l’Unione missionaria del clero8. Nel resoconto delle Opere missionarie della diocesi ferrarese dall’1 marzo 1928 a fine febbraio 1929, l’ultimo prima dell’episcopato di mons. Bovelli9, le raccolte di offerte citate sono a favore delle tre opere pontificie della Propagazione della fede, della Santa Infanzia e del clero indigeno. Vi sono inoltre registrate le entrate in occasione della Giornata missionaria mondiale, istituita nel 192610. Le disposizioni date per quest’ultima nel “Bollettino ecclesiastico” della diocesi di Ferrara fanno capire come la Giornata missionaria coinvolgesse già in modo capillare l’intera diocesi attraverso l’azione dei parroci e delle associazioni cattoliche: Per espressa volontà del S. Padre Pio XI, anche questo anno nella penultima domenica di Ottobre - 20 - avrà luogo la Giornata Missionaria, giornata di preghiere, di propaganda per le Missioni, e per raccogliere offerte per la Pontificia Opera della Propagazione del1a Fede. In Cattedrale la giornata verrà preparata con devoto triduo di predicazione: tutte le associazioni cattoliche partecipino numerose alla comunione generale, alle funzioni del pomeriggio, e si mettano a disposizione dei RR. Parroci per la raccolta 7 Stefano Trinchese, L’Opera della propagazione della fede dalla centralizzazione a Roma nel 1921 alla Mostra missionaria del 1925, in Achille Ratti pape Pie XI. Actes du colloque de Rome (15-18 mars 1989) organisé par l’École française de Rome en collaboration avec l’Université de Lille III - Greco n° 2 du CNRS, l’Università degli studi di Milano, l’Università degli studi di Roma - «La Sapienza», la Biblioteca Ambrosiana, Rome, École Française de Rome, 1996, pp. 693-718: 701 (Publications de l’École française de Rome, 223): http://www.persee.fr/doc/efr_0223-5099_1996_act_223_1_5054 (9-2-17). 8 Pio XI, Lettera enciclica Rerum ecclesiae , 28 febbraio 1926, http://w2.vatican.va/content/ pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19260228_rerum-ecclesiae.pdf (9-2-17). 9 Prima di mons. Bovelli fu vescovo mons. Francesco Rossi (1920-1929). 10 BE FE 1929, n. 4, pp. 21-25. 18 delle offerte e distribuzione di stampe, fogli, immagini ecc. Le offerte devono essere portate con tutta sollecitudine in Curia o in Seminario al Direttore della Propagazione della Fede, Mons. Manzoli11. Mons. Ercole Manzoli (1873-1943), oltre che direttore della Propagazione della fede, era anche il direttore diocesano dell’Unione missionaria del clero, già presente a Ferrara12. Nel marzo del 1929 fu pubblicata sul “Bollettino ecclesiastico” una circolare della Congregazione di Propaganda indirizzata agli ordinari che emanava le linee direttive per regolare l’attività nelle diocesi a favore delle Opere missionarie, stabilendo delle priorità: Sono giunti a questa Sacra Congregazione, da parte di alcuni Arcivescovi e Vescovi, lamenti circa il funzionamento delle Pontificie Opere Missionarie, e propriamente circa il moltiplicarsi di iniziative non coordinate e di una certa concorrenza. La Propaganda, che tanto interesse ha per il retto sviluppo delle Opere stesse, non può non riconoscere che i lamenti suddetti sono in gran parte giustificati e quindi intende procedere per eliminare le cause che sembrano dare origine alle summentovate lagnanze. È ben noto a V. S. che le Opere Pontificie Missionarie sono tre: cioè l’Opera della Propagazione della Fede, l’Opera della Santa Infanzia, l’Opera di San Pietro Apostolo per il clero indigeno. Delle stesse tre Opere, quella della Propagazione della Fede, come è stato più volte detto, è la prima, la principale. Essa è destinata a venire in aiuto a tutti i vari bisogni delle Missioni, bisogni che coll’aumentare delle Missioni crescono continuamente. L’Opera della Santa Infanzia e quella di San Pietro Apostolo sono opere sussidiarie. Ma se l’Opera della Santa Infanzia, avendo un compito e un campo ben limitato, non può arrecare pregiudizio al funzionamento dell’Opera della Propagazione della Fede, non è così per quella di San Pietro Apostolo, della quale perciò è necessario ben definire l’operosità. Con questo non si vuole dire che l’Opera di San Pietro non sia vantaggiosa per le Missioni, che anzi essa è utilissima perché in parte concorre alla formazione del clero indigeno. Però, come tutti comprendono, la formazione ed educazione del clero indigeno, è solo uno dei bisogni delle Missioni, le quali anche necessitano di chiese, case, scuole, ospedali, collegi, catechisti, mantenimento e viaggi dei Missionari, sia Sacerdoti che fratelli laici e suore, tutti bisogni a cui viene in aiuto per quanto può l’Opera della Propagazione della Fede. Ciò premesso, e avendo sempre 11 BE FE 1929, n. 4, p. 20. 12 BE FE 1929, n. 1, pp. 12-13. 19 fisso innanzi agli occhi che l’Opera della Propagazione della Fede è l’Opera principale, è evidente che sarebbe cosa utilissima che essa Opera esistesse e funzionasse rettamente in ogni parrocchia. Soltanto quando la Propagazione della Fede sarà bene organizzata in una parrocchia si potrà in quella permettere che si stabilisca l’Opera di San Pietro; ma anche allora si dovrà procedere in modo da non turbare il buon funzionamento ed il continuo progresso dell’Opera della Propagazione della Fede. Sembra a questa Sacra Congregazione che qualora la V.S. si atterrà a tali principii non sarà difficile eliminare la lamentata confusione e concorrenza, specialmente poi se i RR. Parroci e Sacerdoti fossero da V. S. in proposito opportunamente illuminati. Conoscendo essi la mente della Sacra Congregazione «de Propaganda Fide», saranno in grado di resistere, se necessario, allo zelo, talora indiscreto, alle iniziative, non sempre opportune, e alle ripetute premure che loro vengono fatte e a voce e per iscritto da parte di Opere sussidiarie. In quelle Diocesi poi in cui per gravi ragioni le Opere Missionarie esistono non separatamente ma complessivamente, oppure esistono separate ma sotto un sol Direttore diocesano, sarà necessario che il Vescovo vigili affinché la propaganda sia fatta tenendo conto della importanza delle Opere. E conseguentemente le offerte per la Propagazione della Fede dovranno risultare di gran lunga più cospicue. Mi valgo di quest’occasione per raccomandare a V. S. di curare affinché la Giornata Missionaria della penultima domenica d’Ottobre, a beneficio unicamente dell’Opera della Propagazione della Fede, giornata che in tante diocesi ha dato ottimi risultati, sia mantenuta e se possibile anche con maggior solennità celebrata13. Dunque, tra le diverse opere la precedenza andava all’Opera della Propagazione della Fede, alla quale erano destinate le offerte raccolte durante la Giornata missionaria di ottobre. La diocesi di Ferrara stava per accogliere un vescovo molto coinvolto nel sostegno alle missioni, in quanto mons. Ruggero Bovelli era il presidente dell’Unione Missionaria del clero, come non mancò di sottolineare la nota del “Bollettino ecclesiastico” di Ferrara a fine 192914. E infatti, fin dalla prima adunanza con il proprio clero, il 31 marzo 1930, mons. Bovelli esortò “a “curare molto” oltre al catechismo parrocchiale anche “le opere missionarie di cui era stato letto un ampio resoconto dal Rev.mo Mons. Manzoli, Direttore delle Opere Missionarie”15. 13 BE FE 1929, n. 3, pp. 8-10. 14 BE FE 1929, n. 5, p. 19. Mons. Bovelli fu presidente dell’Unione missionaria del clero dal 1927 alla morte nel 1954. 15 BE FE 1930, n. 2, p. 13. 20 Nell’ottobre successivo alla sua entrata, avvenuta il 5 gennaio 1930, si celebrò la Giornata missionaria secondo la volontà pontificia, con esito consolante secondo la cronaca del “Bollettino ecclesiastico”: In Cattedrale fu celebrata la Giornata Missionaria, indetta dal Sommo Pontefice pel 19 ottobre, con speciale solennità. Predicò il triduo di preparazione il P. Pagani delle Missioni Estere di Milano. Nel giorno, poi, della Domenica, il detto Padre parlò in Cattedrale in tutte le Messe con zelo infaticabile e suscitando negli uditori un vivo interessamento per il grande problema delle Missioni. Il concorso alle prediche e ai SS. Sacramenti e le offerte raccolte nella circostanza stanno a provare la buona riuscita della Giornata, chiusa con canti d’occasione eseguiti dalla «Schola Cantorum» del Seminario. Le Giovani e le Donne delle organizzazioni cattoliche, con l’interessamento che mettono sempre in tutte le opere buone, facilitarono l’esito consolante del lavoro missionario. - Ci risulta che anche in tutte le Parrocchie e Chiese della Città e Diocesi si tenne la prescritta Giornata, coronata da ottimi risultati16. Tutte le offerte raccolte sarebbero state inviate all’Opera della Propagazione della fede. Grazie alle frequenti informazioni sull’attività a favore delle missioni presenti sul “ Bollettino ecclesiastico” è possibile ricostruire l’impegno fattivo in tale ambito da parte della diocesi ferrarese nel decennio anteguerra, mentre la chiesa italiana, che godeva di un’inedita condizione concordataria con lo Stato italiano, viveva un rapporto di non contrapposizione nei confronti del regime fascista, ma nello stesso tempo doveva affrontare lo scontro sull’Azione cattolica e gli infiniti aggiustamenti riguardo alle iniziative educative del regime e alle sue richieste, come il conferimento delle campane, pur senza sottrarsi all’appoggio dell’iniziativa di conquista dell’Etiopia. Nel clima di autarchia e nazionalismo del regime fascista, l’attività a favore delle missioni, studiata a partire da una diocesi italiana come Ferrara, si configura come una via che mantiene uno stretto legame con il papa e attraverso di lui con l’universalità della chiesa e il vasto orizzonte del mondo. All’interno della diocesi ferrarese l’attività missionaria al servizio delle Opere Pontificie rinforza il rapporto tra vescovo e clero secolare e accentua il ruolo delle parrocchie nella vita diocesana. Mons. Bovelli sollecitò spesso il suo clero riguardo alle missioni e ne promosse la formazione, a partire dai seminaristi. Il 29 gennaio 1931 partecipò alla festa di S. Francesco Saverio in seminario: 16 BE FE 1930, n. 9, p. 19. 21 Preceduta da un’adunanza generale, in cui fu dato il resoconto morale e finanziario del lavoro Missionario compiuto dai Seminaristi nel 1930; preparata con un devoto triduo predicato da tre alunni, zelatori delle tre Opere Missionarie Pontificie, ebbe luogo nel Seminario il giorno 29 del passato mese di Gennaio l’annua festa di S. Francesco Saverio. - S. E. Mons. Arcivescovo celebrò la S. Messa e distribuì la S. Comunione e colse l’occasione per illustrare la vita del Santo ed eccitare gli aspiranti al Sacerdozio a rivestirsi di quelle virtù che sono indispensabili per l’esercizio dell’Apostolato, in qualunque tempo e in qualunque luogo esso si compia. La sera coi Vespri solenni, colla Benedizione Eucaristica e con canti missionari si chiuse la festa che mira principalmente ad essere giornata di preghiera per le Opere Missionarie ed a formare nei futuri Sacerdoti i zelanti cooperatori delle retrovie per la conquista alla Fede dei popoli ancora lontani17. La missione era dunque pensata in termini di conquista e il lavoro missionario nelle diocesi come stare nelle “retrovie” di una battaglia. Un’“adunanza missionaria” fu organizzata per il 27 aprile dello stesso anno, presieduta da mons. Bovelli, alla quale furono invitati tutti i sacerdoti della diocesi. Avrebbe parlato un “Propagandista dell’Azione Missionaria”18. Ma l’organizzazione di mons. Bovelli si estendeva anche oltre la diocesi e dal 21 al 24 settembre del 1931 presiedette “una Settimana di Cultura e di Organizzazione missionaria per i Direttori Diocesani dell’Umbria, della Toscana, della Romagna e dell’Emilia”. Secondo la cronaca del “Bollettino ecclesiastico”, fu una settimana di carattere eminentemente pratico che ebbe l’effetto di affiatare tra di loro i Direttori Diocesani della Unione Missionaria del Clero e di incoraggiarli ad un lavoro sempre più intenso per la formazione della coscienza missionaria nel Clero. Fu ricordato specialmente il dovere di adoperarsi efficacemente per le Opere Missionarie, non bastando né il pagamento della quota annua, né la lettura dei periodici Missionari per considerarsi vero socio e per godere dei Privilegi Spirituali19. Nel “Bollettino ecclesiastico” di novembre fu riportata la lettera inviata il 10 ottobre 1931 da mons. Bovelli in qualità di presidente dell’Unione missionaria del clero a tutti gli ordinari d’Italia allegando l’ordine del giorno della settimana pistoiese. Il testo approvato a Pistoia illustra bene 17 BE FE 1931, n. 2, p. 15. 18 BE FE 1931, n. 4, p. 15. 19 BE FE 1931, n. 10, p. 20. 22 lo spirito dell’Unione missionaria del clero in quegli anni e permette di cogliere quali fossero gli orientamenti in ambito missionario del vescovo di Ferrara: I Direttori diocesani della U. M. d. C., convenuti alla XII Settimana di cultura e di organizzazione missionaria nel Seminario di Pistoia, sotto la Presidenza di S. E. Mons. Ruggero Bovelli, Arcivescovo di Ferrara, e di S. E. Ms. Gabriele Vettori, Vescovo di Pistoia: riaffermato il dovere che incombe a ciascun membro della Chiesa di cooperare al movimento missionario attraverso specialmente le Opere Pontificie; richiamata l’urgenza e i vantaggi della cooperazione missionaria nella quale deve tenere il primo posto la parte spirituale; esaminata l’immensità del campo della evangelizzazione cattolica; rimeditati i mezzi facili che sono a disposizione di tutti i Sacerdoti per concorrere alla conversione dei fratelli infedeli; animati dal vivo desiderio di dare uno sviluppo sempre maggiore alla U. M. d. C., perché possa più facilmente raggiungere il suo alto scopo di formare in tutti i cattolici la vera coscienza missionaria; SI IMPEGNANO: 1. a pregare umilmente i rispettivi Ecc.mi Ordinari perché si compiacciano disporre che durante i SS. Esercizi per i Sacerdoti sia richiamato fra i doveri sacerdotali quello della cooperazione missionaria o dal Predicatore stesso o da apposito conferenziere e sia incluso fra i casi da risolvere nelle Congregazioni anche quello di missiologia; 2. a mettere in esecuzione l’art. 36 dello Statuto della U. M. d. C. che reclama ogni biennio un convegno diocesano dei soci della Unione stessa; 3. a intensificare le giornate diocesane di cultura missionaria per Sacerdoti e Seminaristi ; 4. a curare con vivo interesse la diffusione di libri missionari, specialmente quelli editi dalla Unione e a procurare nuovi abbonamenti alla rivista «Il Pensiero Missionario»; 5. a raccomandare con particolare interessamento ai Sacerdoti e ai Chierici l’adozione di Seminaristi indigeni; 6. a zelare in ogni modo la celebrazione annua della festa della S. Infanzia mezzo efficacissimo per l’educazione cristiana dei fanciulli; 7. a consacrare con entusiasmo tutte le proprie energie alla migliore riuscita della prossima Giornata missionaria del 18 ottobre p.v. chiamando tutti i soci della Unione a concorrervi con una larga ed intensa propaganda; 8. a suggerire a Direttori di oratori, di sale di ricreazione, di circoli per ritrovi etc. la rappresentazione di qualche dramma missionario, mezzo efficacissimo di propaganda; E FANNO VOTI: 23 che la Giornata di sofferenze pro missioni sia estesa nel 1932 a tutti i malati d’Italia. Il “Bollettino ecclesiastico” di Ferrara non mancò di segnalare anche negli anni successivi le iniziative dell’Unione missionaria del clero, a partire dal primo congresso missionario nazionale tenutosi a Padova nei giorni 27-30 settembre 1932, aperto sia ai sacerdoti sia ai laici, al quale parteciparono tremila persone, tra le quali ottocento sacerdoti. Da Ferrara giunsero il direttore diocesano delle Opere missionarie, mons. Cirelli del capitolo della cattedrale, don Gaetano Cerioli, rettore della Congregazione dei 40 martiri, parroci e membri dell’Azione Cattolica20. I sacerdoti della diocesi ferrarese furono caldamente invitati anche al secondo congresso internazionale dell’Unione missionaria del clero (11-13 novembre 1936), a vent’anni dalla sua costituzione, presentato come “il più grandioso spiegamento di forze dell’U.M.d.C. e il principio di una più vasta e vigorosa attività in tutte le nazioni del mondo”21, e al pellegrinaggio in Terra Santa dal 18 luglio al 10 agosto 1936, riservato al clero secolare e regolare e organizzato dall’Unione missionaria del clero, “perché la visione diretta dell’opera missionaria e dei luoghi santificati dalla presenza del Salvatore è sommamente utile a perfezionare lo spirito missionario che ci deve animare”22. Nel 1936 i sacerdoti furono radunati in palazzo arcivescovile per ascoltare la relazione dell’attività missionaria in diocesi tenuta dal direttore don Ercole Manzoli alla presenza dell’arcivescovo Bovelli23. Nel 1938 fu ripetuto l’invito per il mese di ottobre a presenziare alla relazione sul triennio precedente, nel contesto di un’iniziativa formativa per i seminaristi della diocesi: Lezioni di Missionologia. Perché non manchino agli alunni del Seminario i mezzi per formarsi una cultura e una coscienza Missionaria, in questi tempi specialmente in cui le Missioni tra gli infedeli formano una delle preoccupazioni più gravi della Chiesa e del Romano Pontefice, S. Ecc. R.ma Mons. Arcivescovo ha disposto che sul principio del nuovo anno scolastico, e precisamente nella prima settimana di Ottobre, uno dei Consiglieri Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie tenga loro delle lezioni speciali di Missionologia; e perché tutto il Clero dell’Archidiocesi abbia ad avvantaggiarsi della presenza del Consigliere Nazionale invita 20 La relazione sul congresso è in BE FE 1932, n. 10, p. 14; altre informazioni in BE FE, 1932, n. 2, p. 17; n. 8, pp. 11-13; n. 9, pp. 11-12. 21 BE FE 1936, n. 5, p. 13. 22 BE FE 1936, n. 5, p. 14. 23 BE FE 1936, n. 1, pp. 7-8. 24 tutti i sacerdoti in Palazzo Arcivescovile per il giorno 3 Ottobre (Lunedì) alle ore 10,30 ad una riunione da Lui presieduta, nella quale sarà dato il resoconto del lavoro missionario compiuto in Diocesi nell’ultimo triennio. Sicuro che l’invito sarà docilmente accolto, benedice di Cuore a tutti24. Non risulta che nei casi mensili proposti alle apposite congregazioni del clero siano stati inseriti casi di missionologia nella diocesi di Ferrara secondo gli auspici dell’ordine del giorno del convegno pistoiese del 1931 dell’Unione missionaria del clero già citato, ma mons. Bovelli non dimenticò la nuova scienza sulle missioni che si stava formando anche in ambito cattolico in quei decenni25. Il “Bollettino ecclesiastico” puntualmente riportò la cronaca dell’iniziativa: Lunedì 3 c.m., festa della Patrona delle Missioni, Santa Teresa del B. Gesù, nel Palazzo Arcivescovile si è tenuto un convegno Missionario, presieduto da S. E. l’Arcivescovo, a cui sono intervenuti i Sacerdoti dell’Archidiocesi, membri dell’Unione Missionaria del Clero. Ha parlato il Direttore diocesano Mons. Manzoli, esponendo il lavoro dell’ultimo triennio, compiuto dalla sezione ferrarese dell’U.M.C.I., e incitando i soci ad intensificare il lavoro presso le proprie popolazioni. Prese poi la parola Mons. Tadini, consigliere Nazionale per le Missioni, illustrando i tre ostacoli principali che si oppongono all’azione diretta dei Missionari. Don Martinelli, nuovo propagandista Nazionale dell’U.M.C.I., ha pure parlato, con molto zelo, al cuore dei sacerdoti, suggerendo iniziative di preghiere e di lavoro. Chiuse S.E. l’Arcivescovo lodando l’attività dei Sacerdoti e incitando i Seminaristi presenti ad uno studio più intenso sulle Missioni26. La presenza di mons. Tadini a Ferrara era destinata però soprattutto ai seminaristi per i quali tenne “un corso di Cultura Missionaria” dal 3 al 6 settembre. Secondo il “Bollettino ecclesiastico” l’“esimio oratore” aveva parlato “brevemente, ma con molta competenza delle diverse Religioni presso cui lavorano i Missionari, rilevandone gli ostacoli e scoprendo i mezzi di penetrazione per impedire il progresso della Evangelizzazione”. “L’ esito del Corso” era “stato soddisfacente, specialmente dopo che i Seminaristi nel tempo delle vacanze, avevano largamente usufruito della bella - seppur piccola - bi- 24 BE FE 1936, n. 9, p. 13. L’invito è inviato dal Consiglio missionario diocesano. 25 Metzler, La Santa Sede, pp. 75-81. 26 BE FE 1938, n. 10, p. 13. 25 blioteca Missionaria, regalata da S. E. l’Arcivescovo al Circolo Missionario”27. Un seminario, dunque, operoso in ambito missionario per tutti gli anni Trenta, come si deduce dalle note dei “Bollettini ecclesiastici” sulle offerte, sulla partecipazione attiva alla Giornata missionaria in cattedrale, sulle iniziative del seminario, come una riuscita lotteria nella festa dell’Assunta del 193228, e ora sulla presenza di un “Circolo missionario”29 e sulle letture grazie alla biblioteca di argomento missionario donata dall’arcivescovo. Per sollecitare il clero a sostenere l’opera missionaria non mancarono nel “Bollettino ecclesiastico” gli appelli, come quelli per la giornata mondiale missionaria del segretario della Congregazione di Propaganda Fide del 1931, nel quale si parlava di “immensi bisogni” delle missioni cattoliche30, del 1933, incentrato sui “molteplici aspetti dell’Apostolato Missionario, cristiano, umano, civile”31, del 1934, che constatava “una stasi, anzi un regresso nelle offerte”, individuando “la causa principale” nella crisi economica in atto32. E furono frequenti i comunicati, i richiami, i resoconti e le cronache specifici per la diocesi ferrarese. Nell’ottobre 1939 fu mons. Bovelli a rivolgersi con un appello al suo clero in occasione della giornata missionaria mondiale: Al Rev.do Clero dell’Archidiocesi di Ferrara In prossimità della Giornata Missionaria, voluta dal S. Padre, per chiamare l’attenzione dei fedeli sull’importantissimo problema delle Missioni, Ci rivolgiamo a tutti i Sacerdoti, ed in modo speciale a quelli aventi cura d’anime, perché vogliano attendere col maggior zelo possibile allo svolgimento della medesima. 27 BE FE 1938, n. 10, p. 13. 28 “Il 15 agosto festa di Maria SS. Assunta in Cielo, il Seminario ha resa più solenne la ricorrenza con una ben riuscita Lotteria pro-Missioni. Circa settecento premi, offerti da Sacerdoti e laici generosi erano bellamente esposti nel teatrino della Villa. Nel pomeriggio della Vigilia, giorno di Domenica, la lotteria fu inaugurata dal R.mo Mg. Rettore con opportune parole. Il concorso all’estrazione fu animatissimo e la sera della festa si vide con soddisfazione la tabula rasa di ogni oggetto. L’Ecc.mo Arcivescovo onorò, nella sua squisita bontà, la festa da Lui precedentemente incoraggiata e benedetta”, BE FE 1932, n. 9, p. 12. 29 Un accenno al circolo in Carlo Pagnoni, Il Vangelo tra la gente. Missionari ferraresi nel mondo, Ferrara, Gabriele Corbo, 2003, p. 56. 30 BE FE 1931, n. 9, pp. 11-14. 31 BE FE, 1933, n. 10, p. 11. Alle missioni cattoliche veniva attribuita un’attenzione all’umanità in termini di solidarietà e fraternità universale, in modo esplicito contro le derive razziali del momento. 32 BE FE, 1934, n. 10, pp. 6-7. 26 Ben persuasi di quanto sia necessario il lavoro missionario, per la diffusione del Regno di Cristo, facciamo in modo di far comprendere al popolo la necessità e l’urgenza di cooperare alle varie opere missionarie. Molto speriamo dall’opera dei Sacerdoti, dei Parroci, per rianimare quel lavoro di cooperazione missionaria, per poter segnare anche nella nostra Diocesi un vero progresso di attività. Ricordino pertanto che primo scopo della giornata è un’intensa preghiera al Signore che solo può dare incremento all’opera del Missionario; poi raccolta di offerte per sovvenire alle grandi necessità delle Missioni. Zelino in particolare le Opere Pontificie: Clero indigeno, Santa Infanzia e specialmente la Propagazione della Fede, facendo opera per un sempre maggior numero di iscritti. Per poter poi in avvenire coordinare meglio il lavoro missionario Diocesano colle direttive pontificie, e per potere propagandare più intensamente le opere annesse a questo lavoro, portiamo a conoscenza dei Rev.di Parroci che abbiamo incaricato M.R. Don Carlo Borgatti per la propaganda Missionaria in Diocesi. Egli è alla disposizione dei Sacerdoti, disposto a portarsi nelle singole parrocchie per quel lavoro tanto necessario per la causa dell’avvento del Regno di Dio. Confidiamo molto nello zelo e nella buona volontà dei nostri Sacerdoti, mentre a questo scopo invochiamo l’aiuto di Dio, benedicendoli paternamente. Ruggero Arcivescovo33. L’Unione missionaria del clero si fece promotrice della Giornata di preghiera e di sofferenza per il papa e per le missioni, tenutasi per la prima volta a Roma nel 193134. Nel programma di lavoro fissato durante la riunione del Consiglio italiano dell’Unione missionaria svoltasi a Roma nei giorni 26 e 27 gennaio 1931, presieduta da mons. Bovelli, era stato incluso il proposito di “estendere ai malati di tutta Italia la giornata di preghiera e di sofferenza «pro Pontefice e pro Missioni»”35. La “Giornata dei Malati” che si tenne il 15 maggio 1932 ebbe notevole successo e fu molto gradita dal papa36. Apostolato e sofferenza erano concepiti come inscindibili e al sacrificio si attribuiva una particolare efficacia. La Giornata, fissata per il giorno di Pentecoste, che non prevedeva raccolta di offerte, ma intendeva essere soltanto spirituale, fu poi celebrata annualmente, con il coinvolgimento di un alto numero di malati, 33 BE FE, 1939, n. 10, pp. 5-6. 34 BE FE 1933, n. 5, p. 16. 35 BE FE, 1932, n. 2, p. 17. 36 BE FE 1932, n. 9, pp. 12-13. 27 che ricevevano una “pagellina” di quattro pagine, recanti un’immagine, la spiegazione del significato della giornata e una preghiera37. La Giornata del 1937 viene descritta nel “Bollettino ecclesiastico”: Giornata della sofferenza Colla cooperazione preziosa dei Sacerdoti e delle R.de Suore addette agli Ospedali e Case di cura della Città e Diocesi, si è promossa tra gli ammalati la giornata della sofferenza indetta dall’Unione Missionaria del Clero a pro delle Missioni. Nell’Arcispedale di S. Anna, negli ospedali di Copparo e Bondeno, nella Casa di cura del dr. Bernardi, in qualche casa privata, gli ammalati hanno ricevuto una pagella che indicava il da farsi e recava una preghiera d’occasione per la santificazione e l’offerta dei propri dolori allo scopo di ottenere la conversione dei popoli infedeli. Molti alla offerta delle proprie sofferenze e alla recita della preghiera speciale hanno voluto aggiungere la S. Comunione e così la giornata è stata doppiamente feconda di un gran bene spirituale per i fedeli e per gli infedeli38. Durante gli anni Trenta le fila dell’attività missionaria in diocesi furono tenute dal direttore della Propagazione della fede e direttore diocesano dell’Unione missionaria del clero che fu fino al 27 gennaio 1940 mons. Ercole Manzoli39, direttore anche del Consiglio missionario diocesano, che nel “Bollettino ecclesiastico” si trova citato già dal 192940, ma la cui composizione si conosce soltanto per il 1938 grazie alla pubblicazione dell’annuario della diocesi41. L’impegno si dispiegava su diversi fronti. Molto lavoro richiedeva la celebrazione delle giornate annuali: la Giornata della Santa Infanzia il 6 gennaio, la Giornata dei malati nel giorno di Pentecoste e la Giornata missionaria mondiale in ottobre. Poi venivano le collette prescritte per le tre Opere Missionarie Pontificie: per la Propagazione della Fede, per la Santa Infanzia e per il clero indigeno. Inoltre vi erano l’iscrizione alle Pontificie Opere Missionarie, molto 37 BE FE 1933, n. 5, pp. 15-16; 1934, n. 5, p. 10; 1936, n. 5, pp. 12-13; 1937, n. 3, p. 13. 38 BE FE 1937, n. 6, p. 9. 39 BE FE 1939, n. 10, p. 6. 40 BE FE 1929, n. 6, p. 8; 1930, n. 10, p. 15. 41 Il “Consiglio Diocesano delle Opere Missionarie” risultava così composto: “Membri: Mons. Angelo Ferrari; Mons. Ercole Manzoli, Dir. Dioc. Op. Miss.; Mons. Giuseppe Zanardi; Mons. Giovanni Stegani; Mons. Giuseppe Stagni; Don Rotilio Bertazzoli; Dott. D. Pietro Toselli; Segretario: Mons. Giovanni Valeriani”, BE FE 1938, n. 2, p. 10. Soltanto nel 1938 alcuni comunicati del “Bollettino ecclesiastico” sono firmati dal Consiglio Missionario Diocesano, cfr. BE FE 1938, n. 9, p. 13; n. 10, p. 14. 28 caldeggiata42, e il sostegno alla stampa missionaria con gli abbonamenti prima a “Pontificie Opere Missionarie”, fino al 1930, poi a “Crociata missionaria” per i sacerdoti, per gli zelatori e le zelatrici e per tutti i fedeli. Coloro che davano la loro opera per le missioni venivano denominati “zelatori” e “zelatrici”. Indispensabili per tutti la preghiera e l’opera di propaganda. Venne infine proposta ai parroci l’introduzione della comunione mensile a favore delle Missioni, “mezzo efficacissimo per introdurre nelle parrocchie lo spirito missionario e per attirare sulle Opere Missionarie le benedizioni del Signore”43. Nella visione della Direzione delle Opere Pontificie Missionarie il lavoro sul campo richiedeva continuità, come ben si coglie in una circolare del 1933: L’associazione è il mezzo ordinario ed il più efficace per aumentare e propagare le Opere Pontificie Missionarie. Per dare vita all’associazione e farla perseverare sono necessarie le «Commissioni Missionarie». Queste devono essere in funzione non per una sola giornata «la Giornata Missionaria», ma devono tenere vivo l’interessamento per le Opere Pontificie Missionarie, raccogliendo le quote mensili, diffondendo e dispensando la Stampa Missionaria. Nel 1933, anno centenario della Redenzione, tutte le Parrocchie celebrino la Giornata Missionaria con fede ed ardore. I Rev.di Parroci, entro il 30 novembre mandino al Direttore Diocesano la rispettiva relazione Parrocchiale sulla Giornata Missionaria, entro il 30 gennaio quella intorno alle quote di associazione alle Pontificie Opere ed alle libere offerte raccolte nel corso dell’anno. Quest’ultima relazione ha per noi un significato di particolare valore. Molti, dovremmo dire i più, non offrono al problema delle Missioni, così vasto e così urgente, che le sollecitudini di 24 ore: quanto dura la Giornata Missionaria. Prima e dopo: nulla! La buona idea diffusa nelle anime è destinata ad inaridire per mancanza di vigore come semente caduta sulla pietra. Il dovere della cooperazione missionaria come lo intendiamo noi è diverso. In ogni diocesi: l’Ufficio di Propaganda; in ogni parrocchia: la Commissione! ... in ogni fedele un pensiero di simpatia, un palpito di amore per la Santa Causa Apostolica, e per queste schiere di zelatrici che si rivolgono al cuore dei singoli fedeli per conquistarne il favore44. Nella diocesi ferrarese si tentò di impiantare le commissioni parrocchiali missionarie, non senza difficoltà. Numerosi sono i richiami nel “Bollettino ec42 BE FE 1933, n. 8, p. 7. 43 BE FE 1931, n. 11, p. 19. 44 BE FE 1933, n. 8, pp. 7-8. 29 clesiastico” perché le parrocchie si dotino di questo strumento utile per l’organizzazione delle iniziative e il coinvolgimento della popolazione. A inizi anni Trenta vi sono già alcune parrocchie provviste di commissione, come si deduce dalla cronaca della giornata della Santa Infanzia degli inizi del 1931: In quasi tutte le Parrocchie dell’Archidiocesi nel p.p. mese di Gennaio si è celebrata con particolare solennità la festa della S. Infanzia, che ebbe soddisfacente riuscita per lo zelo specialmente di quei RR.mi Parroci che hanno avuto la cooperazione della Commissione Missionaria Parrocchiale. Attesi i buoni frutti che se ne raccolgono, non è mai sufficientemente raccomandato che, seconda le istruzioni e le vive insistenze che vengono dal Consiglio Centrale, dette Commissioni sorgano in ogni Parrocchia e così ogni Parrocchia abbia la gloria e il merito di lavorare efficacemente alla salvezza spirituale dei poveri Infedeli45. Si coglie in questa raccomandazione il ruolo propulsore e di indirizzo del Consiglio nazionale dell’Unione missionaria del clero, che risulta un motore decisivo nell’organizzazione missionaria in diocesi, accanto alla Direzione delle Pontificie Opere Missionarie. La costituzione della commissione parrocchiale risulta non facile nella diocesi di Ferrara. Dopo la riuscita giornata missionaria del 1931 si attende dai parroci “che mandino pure in Curia l’elenco delle Persone da loro scelte per la piccola Commissione missionaria parrocchiale”46, ritenuta “indispensabile per il regolare andamento del lavoro missionario”47. Sollecitano la costituzione delle commissioni parrocchiali anche due missionari dell’Istituto di Parma, in un “giro di propaganda missionario” in settembre e ottobre, “incaricati dalla Direzione Nazionale delle Opere Missionarie di promuovere specialmente la costituzione delle Commissioni Missionarie Parrocchiali e di infervorare quelle già esistenti”. Ebbero “ottima accoglienza”, come si registra sul “Bollettino ecclesiastico”, che sottolinea la contentezza di mons. Bovelli: “L’Eccellentissimo Mons. Arcivescovo ne è lieto per il vantaggio che ne verrà alle Missioni e per il bene che ne risentiranno le Parrocchie per questa provvida costituzione”48. Ma le commissioni restano spesso un desiderio disatteso. Il resoconto del 1936 è eloquente in proposito: I rev.di Parroci e Sacerdoti della nostra Archidiocesi, radunatisi il 9 dic. u. s. in una sala del Palazzo Arcivescovile sotto la presidenza di Mons. 45 BE FE 1931, n. 2, p. 14. 46 BE FE 1931, n. 11, p. 19. 47 BE FE 1931, n. 12, p. 17. 48 BE FE 1933, n. 11, p. 15. 30 Arcivescovo, hanno ascoltato il resoconto in cifre del lavoro compiuto in Diocesi nell’ultimo triennio a favore delle Missioni. Il relatore C.co Ercole Manzoli, Dir. dioc. per le Op. miss., rilevava che una quinta parte dei sacerdoti non fa ancora parte dell’U.M.d.C., che una terza parte delle Parrocchie, per quanto risulta dai registri dioc., sono rimaste estranee al movimento missionario: e concludeva con un caldo appello alla generosità sacerdotale dei singoli, perché in un prossimo avvenire non solo siano colmate le lacune, ma dovunque aumenti di potenzialità e rendimento l’azione missionaria. Per attuare questo voto furono date direttive e discusse alcune iniziative di una praticità molto spicciola: 1) si pregarono i rev.di Parroci di consegnare al Segretariato miss. (presso la Curia: D. G. Bassi, o presso Seminario: D. A. Abetini) i nomi delle persone che in qualunque modo formeranno la commissione parr., alle quali sarà consegnato il diploma di zelatore o di zelatrice. 2) Si stabilì con l’adesione nominativa di tutti i presenti di abbonare ogni Parrocchia a Crociata miss. per un minimo di 10 copie almeno49. Ci si rivolse allora alle associazioni di Azione Cattolica e così nel “Bollettino ecclesiastico” dell’ottobre del 1936 si chiese ai parroci di farvi ricorso: A norma delle direttive pervenuteci dal Consiglio di Roma per l’Azione Missionaria secondo le quali le Associazioni di Az. Catt. sono chiamate a risolvere il grave problema della organizzazione missionaria parrocchiale, si pregano vivamente i R.di Parroci a volere scegliere tra i membri delle loro Associazioni quelle persone che più attivamente potranno curare la diffusione delle Opere MM. PP. nella Parrocchia, e a comunicarcene con sollecitudine i nomi, perché possa essere costituito un primo nucleo di Azione Missionaria. Tali persone contiamo di poter chiamare a convegno per una giornata di formazione, e di organizzazione il 3 Dicembre p. v., festa di S. Francesco Saverio50. Fu pertanto programmata una giornata appositamente per sostenere i parroci nella ricerca di collaboratori per il 3 dicembre 1936, festa di San Francesco Saverio, nella casa dell’Azione Cattolica: A1lo scopo di venire in aiuto dei RR. Parroci che si prendono cura o intendono prendersi cura di scegliersi dei collaboratori o collaboratrici per l’azione missionaria parrocchiale, il Consiglio diocesano missionario ha pensato di indire una giornata di Convegno per tutti i zelatori e zelatrici che già lavorano per le Missioni o si preparano a lavorare. Vorremmo pregare con insistenza i Parroci che si curino di inviarvi tutte quelle 49 BE FE 1936, n. 1, p. 7. 50 BE FE 1936, n. 10, p. 7. 31 persone che essi giudicano capaci e volenterose per il lavoro missionario parrocchiale51. Alla giornata intervenne anche mons. Bovelli e dopo la sua conclusione fu rinnovato l’invito ai parroci a formare la commissione parrocchiale: Il Convegno degli zelatori e zelatrici, tenuto il 3-12 p. p. Festa di S. Francesco Saverio con l’intervento di S.E. Mons. Arcivescovo è riuscito soddisfacente per il numero degli intervenuti e di pratica utilità per i propositi fatti nella adunanza. Dopo una brevissima esposizione delle Opere Pontificie colle qua1i i fedeli sono chiamati a collaborare al lavoro missionario, e tenuto ben presente che la prima collaborazione da richiedersi agli ascritti delle tre opere è la preghiera, si è discusso sul modo pratico per propagandare l’idea missionaria e per riscuotere le modicissime quote richieste. Si è suggerito, ad esempio, di agire in occasione di battesimi, di matrimoni, di ricorrenze familiari, di incaricare un bimbo del catechismo a raccogliere con salvadanaio l’offerta dei propri compagni, di diffondere largamente «Crociata Missionaria» ecc. ecc. In tutti i presenti si è constatato il desiderio di dare il proprio nome a una Commissione parrocchiale per lavorare attivamente. Si fa viva preghiera ai rev.di Parroci di raccog1iere un primo frutto del Convegno, costituendo la piccola commissione parrocchiale, dandovi l’indispensabile direttiva per un proficuo lavoro. Presso il Direttore del Consiglio Diocesano, Can. Ercole Manzoli, sono disponibili pei richiedenti le pagelle di iscrizione alle dette Opere52. Dalla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie e dell’Unione missionaria del clero vennero direttive di coinvolgere anche gli istituti educativi53 e i maestri delle scuole pubbliche54. Inoltre, esisteva in città un Laboratorio missionario che operava insieme alla Pia Opera dei Tabernacoli, formato da donne che preparavano paramenti e arredi sacri sia per le parrocchie povere sia per le missioni. Una dettagliata descrizione della sua attività si trova nel “Bollettino ecclesiastico” del gennaio del 1935: 51 BE FE 1936, n. 11, p. 11. 52 BE FE 1936, n. 12, p. 10. Fra il 31 agosto e il 4 settembre si era svolto a Roma il secondo Convegno Nazionale dei Direttori Diocesani e il primo Convegno Nazionale dei Zelatori e delle Zelatrici delle Opere Pontificie Missionarie. Sul “Bollettino ecclesiastico” comparve l’avviso, come “Interessante per chi si occupa di Opere Missionarie”, BE FE 1936, n. 8, p. 11. 53 BE FE 1933, n. 8, pp. 9-10. 54 BE FE 1932, n. 2, p. 17. 32 Pia Opera dei Tabernacoli e Laboratorio Missionario Con il sopraggiungere dell’inverno il Comitato di Signore e Signorine, che riparano e confezionano arredi sacri per le Chiese povere della Diocesi e delle Missioni, ha ripreso la propria attività. Tutti hanno ammirato l’esposizione dei lavori di questi ultimi anni e forse non hanno potuto comprendere come si sia potuto giungere a tanto conoscendo per esperienza come la raccolta delle offerte o del materiale, specie in questi momenti, sia difficile e costi non poco sacrificio. Perciò invitiamo tutti i Parroci a parlarne con le persone benestanti e facoltose della propria parrocchia affinché cooperino a quest’opera di bene per il culto nella nostra Diocesi e nelle terre di Missione. Uno dei tanti modi per favorire quest’opera è d’inviare con sollecitudine arredi fuori uso per utilizzarne le parti buone; persuadere negozianti di tessuti di donare (o almeno cedere a basso prezzo) scampoli, fondi di negozio, campioni ecc. coi quali si potrebbe sempre fare qualcosa. Ogni famiglia benestante poi potrà facilmente togliere dal proprio guardaroba qualche pezzo di tela o lino, sempre utilizzabili per biancheria di Chiesa. Quando si celebra una qualche festa missionaria, i parroci interessino i fedeli di questa Opera ed esortino oltreché per le offerte in denaro, anche per offerte in tessuti. I parroci della città e sobborghi indirizzino al Comitato qualche volonterosa Signora e Signorina che desiderasse prestare la propria opera pel confezionamento degli arredi o comunque interessarsi della Pia Opera. Il gruppo delle volontarie lavoratrici si riunisce ogni martedì dopo pranzo nella propria sede, gentilmente concessa dalla Direzione dell’Istituto del S. Cuore55. Per cogliere l’orizzonte di riferimento dell’attività missionaria di clero e fedeli nella diocesi di Ferrara sarebbe necessario un esame puntuale delle riviste di più larga circolazione, la popolare “Crociata missionaria” (dal 1930) e “Il pensiero missionario”, la rivista dell’Unione missionaria del Clero dal 1929. I già citati appelli provenienti dalla Congregazione di Propaganda Fide del 1931, 1933 e 1934, sono tuttavia espressione eloquente della visione missionaria di quegli anni: grandi speranze erano riposte nella evangelizzazione delle terre cinesi, indiane e africane. I trent’anni del Novecento, infatti, videro la chiesa cattolica fortemente impegnata verso l’Estremo Oriente56. 55 BE FE 1935, n. 1, pp. 12-13. 56 Si vedano gli studi in Storia della Chiesa, 24, pp. 185-448 (Parte terza. La Chiesa in Asia); Jacques Gadille, Le strategie missionarie delle Chiese, in Storia del cristianesimo, 12, Guerre mondiali e totalitarismi (1914-1958), a cura di Jean-Marie Mayeur, ed. it. a 33 Negli appelli citati della Congregazione di Propaganda Fide si susseguono immagini di conquista, di coltivazione, di costruzione, in un intrecciarsi di linguaggi che conferma l’iniziativa da parte del missionario, secondo la concezione allora corrente della missione come diretta dalle chiese formate ai popoli indigeni, in modo unidirezionale. Il primo Novecento fu un periodo di grande espansione missionaria, sorretta da un forte impegno pontificio in tale direzione57. La logica di chi sosteneva le missioni nelle “retrovie”58 appare dall’angolo di osservazione della diocesi ferrarese l’impegno dei fedeli per la salvezza delle anime degli infedeli59. Né mancò l’allarme per la penetrazione protestante in Italia e dunque l’associazione dell’attività missionaria all’opera per preservare la fede nelle terre già fedeli. Pio XI incaricò infatti nel 1934 l’Unione missionaria del clero di assumersi il compito di contrastare la diffusione del protestantesimo in Italia e mons. Bovelli con l’Unione missionaria del clero risposero prontamente al nuovo incarico con un articolato programma d’azione60. L’attività missionaria della diocesi ferrarese negli anni Trenta è animata e sostenuta dall’arcivescovo, si svolge sotto le direttive delle Pontificie Opere Missionarie e dell’Unione missionaria del clero e mira al coinvolgimento di tutti i fedeli soprattutto attraverso le giunture delle parrocchie. Il lavoro svolto dal direttore diocesano mons. Ercole Manzoli appare dal “Bollettino ecclesiastico” attento e puntuale e mira a un costante miglioramento degli esiti sia in termini di offerte raccolte sia circa la partecipazione alle varie iniziative sia riguardo al funzionamento delle strutture. Alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, il 27 gennaio 1940, l’arcivescovo sostituì mons. Manzoli con don Carlo Borgatti61, un giovane prete venticinquenne, ordinato nel 1937, che affrontò con tenacia i durissimi anni del conflitto bellico. 1.2. “Ad aumentate difficoltà, aumentato fervore di preghiere e di opere”. Durante la guerra e nell’immediato dopoguerra «In spe contra spem» potrebbe essere l’emblema dell’azione missionaria di don Carlo Borgatti durante la seconda guerra mondiale. cura di Giuseppe Alberigo, Roma, Borla-Città Nuova, 1997, p. 227. 57 Si vedano gli studi in Storia della Chiesa, 24. 58 BE FE 1931, n. 2 p. 15. 59 Sull’idea di missione in quel tempo cfr. Saverio Xeres, Chiaro di luna. Tempi e fasi della missione nella storia della Chiesa, Milano, Ancora, 2008, pp. 268-269. 60 BE FE 1934, n. 7, p. 12; n. 8, pp. 9-10; n. 9, pp. 8-11; 1937, n. 3, p. 13. 61 BE FE 1940, n. 2, p. 12. 34 Dal “Bollettino ecclesiastico” si coglie la drammaticità del momento, prima un po’ in sordina: i soldati in guerra, alcuni ordini del prefetto; poi in modo sempre più devastante: la scarsità dei generi di ogni tipo, con le istruzioni per fare amido e sapone in casa62, la requisizione delle campane nelle chiese63, e in un continuo crescendo i bombardamenti, gli sfollati, le uccisioni. Giungono frequenti e puntuali le parole accorate di mons. Bovelli nei “giorni della sventura e del lutto” nel settembre 1943, quando esortano alla calma per evitare spargimenti di “sangue fraterno”64, o nel dicembre dello stesso anno dopo i fatti di novembre per “far tacere la voce di ogni più basso istinto”65. Si susseguono i provvedimenti: la proibizione della messa di mezzanotte a Natale, il controllo della stampa minuta come manifesti, bollettini o circolari pubblicati dagli ecclesiastici, i numerosi interventi per gli sfollati66. E poi i nuovi numeri telefonici dopo il ripristino delle linee telefoniche in città67, il ricovero dei seminaristi fuori città fino alla chiusura del seminario nell’autunno del 194468, la dispensa dal digiuno e dall’astinenza69, la sospensione delle messe “ad ora tarda” nelle chiese della città a causa degli allarmi70, le facoltà straordinarie ai vicari foranei per le difficoltà di circolazione71, le chiese e gli istituti religiosi bombardati72, la dispersione delle comunità religiose femminili73, le difficoltà di comunicazione con le altre parti d’Italia per far arrivare la stampa o la sua distruzione nei bombardamenti74. 62 BE FE 1944, n. 12, p. 167. 63 Vi è dedicato un Supplemento del BE FE 1943, n. 11, novembre. 64 Notificazione di S. Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescovo al Clero e popolo della Città e Diocesi (17 settembre 1943), BE FE 1943, n. 10, pp. 143-145. 65 BE FE 1943, n. 12, p. 172. 66 Si veda Paolo Gioachin, La Chiesa ferrarese nel biennio 1943-45, Ferrara, Cedoc SFR, 2014 (Quaderni Cedoc SFR 27), pp. 38-50. 67 BE FE 1943, n. 11, p. 158. 68 BE FE 1944, n. 8, pp. 99-100; n. 11, pp. 137-138. Il seminario era allora in pieno centro in città, in via Cairoli. 69 BE FE 1944, n. 2, p. 12. 70 Le messe non potevano essere celebrate dopo le 10.30, BE FE 1944, n. 2, p. 11. 71 BE FE 1944, n. 3, pp. 31-32. 72 BE FE 1944, n. 7, pp. 86-87. 73 BE FE 1944, n. 7, pp. 87-88. 74 Ad esempio per l’Ordo missae fatto stampare a Pinerolo, BE FE 1943, n. 12, p. 158, o per 35 Le parole di mons. Bovelli ritraggono la situazione nell’inverno del 1944: Come triste si presenta il prossimo Natale! La nostra ubertosa pianura riecheggia del cupo boato del cannone seminatore di morte e di rovine; la nostra città giace nella desolazione delle distruzioni: le famiglie sono disperse nei loro membri, molte di esse mutilate negli affetti e negli averi giacciono in grande amarezza. I nostri templi non più possono raccogliere le folle ed aprirsi ai gaudii natalizii perché anch’essi portano il peso di questa guerra senza nome che tutto atterra e distrugge75. Dalle pagine del “Bollettino” si intravvede la volontà di resistenza del laicato cattolico e dei parroci nella devastante quotidianità della guerra. Nell’Azione Cattolica si chiede di non perdere nessuno anche se molte associazioni non riescono più a lavorare76; le cronache dell’Ufficio catechistico parlano degli espedienti trovati per assicurare comunque l’istruzione religiosa ai bambini in uno “stato di guerra” che pone “seri ostacoli al lavoro di catechizzazione”77. A tirare le fila dell’attività catechistica è don Carlo Borgatti che insiste perché non si trascuri nulla a causa della guerra. Ancora lui si trova nelle pagine del “Bollettino” a sostenere l’impegno missionario durante gli anni del conflitto. I primi mesi del 1940 vedono un rinnovato impegno per la formazione delle commissioni parrocchiali con la pubblicazione dell’esemplare resoconto della commissione parrocchiale di S. Maria Nuova in città e dei suggerimenti organizzativi molto puntuali tratti da un opuscolo di mons. G. Zanetti reperibile presso l’Unione missionaria del clero78. Una novità risulta la settimana di propaganda missionaria, tenuta in diocesi dal 27 maggio al primo giugno, con l’esito della formazione di 75 commissioni parrocchiali per un totale di 360 zelatori e zelatrici79. la stampa dell’Azione Cattolica distrutta nei bombardamenti di Milano, BE FE 1943, n. 11, p. 158, o per quella che non poteva più giungere da Roma, BE FE 1944, n. 12, p. 164. 75 Natale Mosconi, Ruggero Bovelli, Notificazione di S. E. Mons. Arcivescovo per il S. Natale, 1 dicembre 1944, BE FE 1944, p. 154. 76 A titolo esemplificativo: BE FE 1943 n. 10, p. 154; BE FE 1944, n. 3, pp. 39-44; BE FE 1944, n. 7, p. 94; BE FE 1944, n. 12, pp. 164-166. 77 BE FE 1944, n. 12, p. 162. 78 BE FE 1940, n. 4, pp. 13-15. 79 BE FE 1940, n. 7, pp. 13-14. Fu pubblicato anche l’elenco delle commissioni parrocchiali costituitesi con i nominativi dei membri, ivi, pp. 15-19. Si veda anche BE FE 1942, n. 8, pp. 170-171. 36 Le cronache del lavoro svolto fino al 1942 sono positive: si celebrano le consuete giornate della Santa Infanzia, dei malati e missionaria mondiale, aumentano le offerte e l’interesse per il problema missionario, pur se non tutte le parrocchie sono attive e non sono soddisfacenti i numeri delle iscrizioni alle Pontificie Opere Missionarie80. L’Ufficio missionario81 si mette a disposizione per conferenze “con proiezioni”82. Nel 1940 viene introdotta la Settimana del risparmio a favore delle missioni, con la distribuzione di salvadanai in cartoncino nelle famiglie83. La guerra sembra incidere soltanto per i costi del materiale propagandistico, ormai molto vario, e della stampa, nonché sull’aumento dell’iscrizione all’Unione missionaria del clero84 e sul lavoro della Pia Opera dei Tabernacoli e Missionaria, “ben limitato” nel 1941-42 “dati i tempi eccezionali”85. Il comunicato dell’Ufficio missionario diocesano per la Giornata Missionaria del 18 ottobre 1942 è un’efficace sintesi dello spirito e delle indicazioni per l’attività dell’azione missionaria a due anni e mezzo dall’entrata in guerra dell’Italia: Giornata Missionaria - 18 Ottobre 1942 La guerra, come non arretra l’ardimento dei pionieri del Vangelo anche se ne moltiplica i sacrifici, così non deve diminuire il nostro amore ed il nostro aiuto per le Missioni. Ad aumentate difficoltà, aumentato fervore di preghiere e di opere. Preghiere: Si cominci a far pregare per il buon esito della Giornata gli ammalati e i fanciulli; si inculchi questo dovere attraverso il ministero della confessione; sarà bene far precedere alla Giornata un Triduo (14-1617 Ottobre) di preghiere e di predicazione; per la Giornata si indica una S. Comunione generale alla Messa parrocchiale (e una S. Comunione di tutti i fanciulli, ove si celebra la Messa dei fanciulli). Nel pomeriggio sarà bene celebrare un’Ora di Adorazione su tema Missionario, cercando di ottenere la partecipazione totale dei fedeli. Opere: a) Settimana del Risparmio. L’anno scorso molte Parrocchie l’hanno tenuta con esito insperato. Alcune hanno addirittura decuplicata la cifra delle offerte dell’anno antecedente. Si organizza così: Si prelevano, 80 BE FE 1940, n. 11, p. 22; 1941, n. 6, pp. 5-6; BE FE 1942, n. 2, pp. 37-38; BE FE 1942, n. 5, pp. 99-103. 81 Questa denominazione compare nel “Bollettino ecclesiastico” a partire dal 1940. 82 BE FE 1941, n. 10, p. 12. 83 BE FE 1941, n. 10, p. 12. 84 BE FE 1940, n. 10, p. 8; BE FE 1942, n. 2, pp. 37-38. 85 BE FE 1942, n. 8, p. 171. 37 in via Cairoli 32 (Seminario), nella sede del Circolo Varano, nei giorni di lunedì e venerdì, dalle ore l0 alle 12, i salvadenari di cartoncino che vengono consegnati gratis. Si distribuiscono poi il giorno 11 Ottobre nelle famiglie, facendosi in ciò aiutare dalle zelatrici spiegando alle famiglie lo scopo dei salvadenari. Si lasciano 15 giorni affinché le famiglie abbiano il tempo di mettere le loro offerte, frutto di piccoli risparmi e di qualche mortificazione. Si ritirano i salvadenari entro la Domenica 25. Sarà bene invitare le famiglie a portare in Chiesa il loro salvadenaro e quivi offrirlo con solenne cerimonia; dove ciò è stato fatto, si sono avute manifestazioni commoventi di amore alla causa santa. b) Diffusione di stampa missionaria Alle porte della Chiesa si offrono ai fedeli la «Crociata Missionaria». Chi desiderasse copie le ordini a Don C. Borgatti, Curia Arcivescovile, subito, entro il 6 ottobre, o meglio le ordini a «Crociata Missionaria», Via di Propaganda l-c, Roma. c) Altre iniziative missionarie. Si studino d’accordo con le zelatrici in una apposita adunanza di Commissione parrocchiale; ecco il momento propizio per costituirle dove non esistono. Ne suggeriamo alcune: una lotteria ben organizzata; una recita o una accademiola di argomento missionario, l’offerta del fiore alle più distinte famiglie e autorità della parrocchia; una conferenza sulle Missioni; la confezione di gingilli, come per la Giornata Universitaria ecc. Non lasciamo nulla di intentato, usiamo tutti i mezzi, battiamo a tutte le porte, facciamoci mendicanti per Cristo e per le anime che aspettano ancora il frutto del suo Sangue. È il dovere nostro e di tutti i nostri fedeli, cui l’ideale missionario accrescerà il fervore e la stima della loro fede e farà sentire la necessità dell’apostolato. Per la Giornata Missionaria tutte le forze vive delle nostre Parrocchie debbono essere mobilitate: Gruppi di A.C., Confraternite, Terzi Ordini, Apostolato della Preghiera, Guardie d’onore, Crociatini, Pie Unioni, Suore, Asili ecc. perché sia attuato il programma tracciato come meta da raggiungere. Tutti i fedeli per tutti gli infedeli86. Dal novembre 1942 inizia anche la documentazione conservata presso l’Archivio del Centro missionario diocesano di Ferrara. Vi si trova dattiloscritto il programma di lavoro per l’anno 1942-43, che si apre con l’elenco degli incaricati di zona e traccia poi le linee di intervento: I° Chiedere ad ogni Parroco il nome di una Delegata per le Missioni, che non sia un nome vano. Interessare frattanto gli incaricati di zona affinché insistano presso i confratelli che entro 15 giorni non avessero inviato tale nominativo. 86 BE FE 1942, n. 10, pp. 196-197. 38 II° Avuti i nominativi indire, tramite gli incaricati di zona, un Convegno di zona di sacerdoti e Delegate in un pomeriggio di giorno festivo o feriale. Nel Convegno potremo conoscere le Delegate, metterci in relazione con loro e dare le direttive di lavoro per il nuovo anno: Festa della S. Infanzia (di cui ricorre il Centenario), iscrizioni alle Pontificie Opere Missionarie, diffusione di Crociata Missionaria ecc. III° Insistere con i Direttori sacerdoti perché non si accontentino di avere dato il nome di una buona persona, ma raccolgano intorno ad essa alcune anime volenterose per la costituzione della Commissione. Sarà assolutamente necessario esigere che almeno una volta al mese si raduni la commissione con un preciso ordine del giorno: Pensiero religioso o lettura di argomento missionario, lettura del Verbale, rapporto delle zelatrici, lavoro per il nuovo mese, Visita al SS. Sacramento. Ai Direttori si notificherà la data ed il programma per la Giornata di Convegno della Unione Missionaria del Clero. Lo svolgimento di questa prima parte del programma annuale ci darà la possibilità di poter inviare a Roma entro l’anno il nome di molte Delegate Parrocchiali e di iniziare la costituzione efficiente delle Commissioni nelle Parrocchie 87. Per l’anno 1942-43 si puntava dunque sulla figura della “delegata” come responsabile dell’attività missionaria in parrocchia. Nel resoconto per l’anno 1942-43, indirizzato “Ai Direttori e alle Delegate delle Commissioni Parrocchiali Missionarie di Ferrara”, comparve anche la firma della “delegata diocesana” a fianco della firma del direttore diocesano. Si tratta della prof.ssa Maria Fiacchi, che svolgerà tale ruolo fino al 1953. In piena guerra, sotto la direzione di don Carlo Borgatti, prendeva così forma definitiva la struttura che sorresse l’attività missionaria nella diocesi ferrarese per più di un ventennio: l’Ufficio diocesano missionario, il direttore, la delegata diocesana, le delegate e le commissioni parrocchiali, le zelatrici. Il dettagliato Resoconto generale delle offerte pro “Missioni” dal 15 Marzo 1942 al 15 Marzo 1943 evidenzia la presenza delle delegate parrocchiali in buona parte delle parrocchie della diocesi e permette di valutare attraverso i numeri l’impegno missionario, scoprendo disparità notevoli sia in città sia nel forese, riguardanti sia le offerte sia le quote di iscrizione alle diverse Opere Pontificie sia ancora gli abbonamenti a “Crociata missionaria”. La comparazione tra i bilanci delle offerte degli anni 1941-42 e 194243 registra il raddoppio delle entrate, un dato che interroga collocato in tempi di ristrettezze economiche a causa della guerra e difficilmente valutabile, anche se certamente in parte ascrivibile all’impegno organizzativo 87 ACMDFe-Com, b. 1, Ufficio diocesano missionario, Ferrara, Programma di lavoro. Anno 1942-43, dattiloscritto. 39 crescente in diocesi88. Direttore e delegata diocesani manifestarono il loro entusiasmo nella lettera che accompagnava resoconto e bilanci: Inviandovi il Bilancio dello scorso anno vi dicevamo e vi diciamo anche quest’anno, quanto è bella la poesia dei numeri, sopratutto [sic] quando ciascuno di essi nasconde sotto la modesta apparenza di poche cifre un complesso commovente di atti di carità chiesta e fatta per il più nobile degli ideali: portare la luce di Gesù ai più lontani confini del mondo. Cifre modeste ma tanto eloquenti! Osservate quei numeri incasellati con ordine fra colonne: non vi sembrano api che con industre fatica riempiono instancabili nell’alveare i favi di miele? Così accanto ad ogni nome di parrocchia, accanto ad ogni casella che porta l’indicazione delle varie opere Pontificie ci par di vedere, simili alle api, delegate, parroci e zelatrici raccogliere col lavoro instancabile come la carità che lo ispira, le offerte, le preghiere e i sacrifici per le missioni e i missionari89. I propositi erano di avere una delegata in tutte le parrocchie e di formare le commissioni parrocchiali, rendendole effettivamente operanti. Si annunciava la morte di mons. Ercole Manzoli, sottolineando che nel suo testamento “pur nella sua grande povertà” aveva lasciato “1000 Lire per le Missioni, uno dei grandi ideali della sua intemerata vita sacerdotale” e lo si additava come “esempio da ammirare e… imitare”. Si comunicava, infine, per l’ottobre 1943 il secondo convegno dopo quello del 193690. Nei due anni in cui la guerra coinvolse direttamente la popolazione e il territorio ferraresi don Carlo Borgatti continuò puntualmente nella sua opera, senza lasciare spazio allo sconforto, che invece doveva circolare. Nel fornire le direttive per la Giornata missionaria mondiale dell’ottobre 1943, infatti, affermava: Il materiale propagandistico è scarso; avanzo dello scorso anno; da Roma forse nulla arriverà, neppure al Centro diocesano. Si supplisca con buona volontà. Si ripeschino i manifesti vecchi, se sono rimasti; se ne facciano a mano dei nuovi… ci si arrangi. Non far nulla, aspettando gli eventi, è mancanza di fede ed è responsabilità non lieve davanti al Signore e alle anime91. 88 A inizi 1943 era stato comunicato che la cifra delle offerte per la Giornata Missionaria mondiale era decuplicata dal 1939 al 1942, BE FE 1943, n. 2, p. 25. 89 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1933-1947, Ufficio diocesano missionario, Ferrara, Ai Direttori e alle Delegate delle Commissioni Parrocchiali Missionarie, Pentecoste 1943, a stampa. 90 Ibidem. 91 BE FE 1943, n. 10, p. 150. 40 Il dubbio sul da farsi doveva essere venuto se il Consiglio missionario diocesano si era rivolto a mons. Bovelli per chiedere come procedere: L’anno scorso le condizioni erano più difficili dell’anno prima, e si è fatto ugualmente bene, anzi meglio; quest’anno la situazione è ancora più imbrogliata e dobbiamo fare appello a tutta la nostra buona volontà per non incrociare le braccia. - Sua Ecc. Mons. Arcivescovo, cui il Consiglio Missionario Diocesano si è rivolto, ha dato come direttiva: Si faccia come gli altri anni e meglio se si può. E’ un desiderio che per noi suona comando. All’opera dunque! I nostri sforzi e la nostra fede, in spe contra spem, otterrà dal Signore colla pace tanto desiderata, anche il dono inestimabile della fede agli infedeli ... e fedeli, che pur essi ne hanno bisogno!92 Alla volontà del vescovo don Borgatti si attenne e dal “Bollettino ecclesiastico” continuò a richiamare al dovere del sostegno alle missioni pure nei momenti più bui, facendosi forza anche della parola di papa Pio XII, come nel comunicato del marzo 1944: Il Bilancio 1943-44 che si chiuderà il 15 marzo prossimo ha già toccato la cifra di L. 140 mila, nonostante le brusche crudeli interruzioni prodotte dai bombardamenti. E’ rimasta troncata infatti, almeno in città, l’iniziativa della Festa della S. Infanzia (6 Gennaio) e si sono sciolte per sfollamento le fervorose Commissioni Missionarie parrocchiali cittadine. Però pure ammettendo lo spiegabile smarrimento di fronte a una terribile prova, ci deve rincuorare e spingere la parola incitatrice di PIO XII: «Non lamento, ma azione è il precetto dell’ora». Anche per le nostre care Opere Missionarie. E allora all’opera. Dal 28 gennaio l’Ufficio Missionario non ha più ricevuto neppure una delle consuete offerte; e sì che sono molte assai le Parrocchie del Forese che ancora non hanno versato l’offerta e le quote per la S. Infanzia. La Curia, è vero, ha sfollato a S. Giorgio e ha cambiato orario, così pure dalla campagna un po’ per la stagione rigida, un po’ per la difficoltà dei trasporti, e un po’ anche per un comprensibile timore non ci si vuol muovere. E allora si usi il conto corrente postale che verrà spedito d’ufficio fra giorni a tutti i parroci con un memoriale delle offerte versate e da versare. Si raccomanda vivamente a tutti i parroci di campagna di continuare anzi intensificare l’opera di zelo per le Missioni, propagandola con tutti i mezzi, anche tra gli sfollati. Si curino le iscrizioni alle Opere Pontificie. Se la «Crociata» non arriva, se il materiale scarseggia non importa, noi dobbiamo avere la sicurezza che come il mondo, così le Missioni risorgeranno dalle rovine di questo terribile flagello. 92 Ibidem. 41 Che di tale rifiorire il merito sia anche nostro93. La relazione positiva sulla giornata missionaria del 1944 lasciava trapelare le obiezioni che comprensibilmente erano rivolte a don Borgatti, ma anche la caparbietà del direttore diocesano: Sono giunte relazioni lusinghiere sull’esito della «Giornata Missionaria» 1944 celebrata il 22 ottobre u.s. Gambulaga mi notifica la raccolta di 7 mila lire e l’attuazione di svariate simpatiche iniziative; Copparo raccoglierà 10 mila lire; Vigarano Pieve e Mainarda hanno superato le 4 mila lire. Dal che si deduce che dove si è voluto, anche quest’anno si è arrivato ad attuare le iniziative dello scorso anno in cui per le Missioni si sono raccolte in Diocesi L. 152 mila! Quest’ Ufficio, con tutti i mezzi possibili ha fatto arrivare tempestivamente a tutti i Vicariati i salvadenari fatti arrivare con mille peripezie da Padova. I Rev.mi Vicarii sono stati altrettanto tempestivi nella distribuzione ai parroci della loro giurisdizione? Ci è stata notificata qualche lentezza, qualche sfiducia. - Ci consta che qualcuno ha rifiutato i salvadenari, colla scusa che dati i tempi la gente ha altro da pensare ... e i preti a cosa hanno da pensare? ... Se non si pensa a fare un po’ di bene dum tempus habemus, aspetteremo a farlo quando la guerra avrà distrutto tutto, quod Deus avertat, o quando le condizioni politiche del futuro non facilmente prevedibili avranno creati ostacoli anche maggiori alla nostra opera apostolica? – dove si è lavorato «in spe contra spem» (ce n’è tanto bisogno: di sperare contro ogni speranza, ora!!) si è ottenuto in misura tale da rendere inescusabili quelli che non hanno tentato94. Soltanto le cronache parrocchiali di quegli anni possono far cogliere l’altro punto di vista e insieme la tenacia dei parroci a mantenere almeno qualcosa delle consuetudini della vita parrocchiale in mezzo a sfollati, distruzioni, allarmi, bombardamenti, scarsità di mezzi, paura e difficoltà di ogni tipo95. Anche la tenacia di don Borgatti dovette per qualche mese cedere di fronte alla gravità della situazione: dall’ottobre 1944 per un anno il “Bollettino ecclesiastico” tacque sull’attività missionaria. Il fronte della guerra era ormai troppo vicino. Terminata la guerra, la ripresa fu immediata. Nel Nuovo ordinamento 93 BE FE 1944, n. 3, pp. 38-39. 94 BE FE 1944, n. 12, p. 163. 95 Cfr. Gioachin, La Chiesa ferrarese, pp. 55-66: Miriam Turrini, Un Diario parrocchiale e un prete storico archivista (Ferrara 1940-1946), “Storie e linguaggi”, 2 (2016), n. 2, pp. 241-261. 42 della Curia predisposto da mons. Bovelli il 30 giugno 1945 don Carlo Borgatti è ancora direttore dell’Ufficio Catechistico e Missioni96. Negli Avvertimenti pastorali del 20 settembre 1945 mons. Bovelli disponeva per la Giornata missionaria mondiale: La Giornata Missionaria si deve celebrare con zelo e vigore in ogni Parocchia. Il problema è quanto mai urgente e nessuna parrocchia deve ritenersi esonerata in tal giorno dal far pregare e raccogliere offerte per la causa dell’avvento del regno di Dio97. Prontamente seguirono le indicazioni per la celebrazione della Giornata da parte dell’Ufficio missionario e già si avverte un clima sociale diverso dagli anni Trenta, di frattura ideologica. Non è ancora stato studiato organicamente l’immediato dopoguerra nella diocesi ferrarese, ma dagli interventi di mons. Bovelli e da altri indizi si coglie quanto immediato sia stato il contrasto tra le diverse anime del popolo98. E così si possono inquadrare le parole con le quali l’Ufficio missionario invitò alla celebrazione della Giornata missionaria mondiale del 1945: Come nella Circolare inviata l’ultima settimana di Settembre ricordiamo a tutti i rev.di Parroci e Sacerdoti che il 21 ottobre sarà tenuto [sic] in tutto il mondo la «Giornata Missionaria». Anche quest’anno forniremo tempestivamente alle parrocchie salvadenari per la «Settimana del Risparmio». A tutte le famiglie indistintamente sia consegnato il salvadenaro, a meno che non venga decisamente rifiutato. Le Opere Missionarie sono talmente ammirabili anche nel loro lato umano di eroica carità e benefica civiltà che, anche chi non condivide le nostre spirituali certezze e il bene della fede, deve inchinarsi davanti all’opera mirabile dei Missionari: quotidianamente infatti si esperimenta che persone di ogni colore e di ogni condizione sinceramente apprezzano il lavoro missionario, anche se non ne comprendono il soprannaturale movente. Quindi niente falsi timori e false paure. Perché lasciarsi sempre avanzare dai figli delle tenebre nell’audacia delle iniziative? nella invadenza dei metodi e nel coraggio delle convinzioni? Dunque - anche quest’anno vogliamo nella nostra Diocesi raggiungere il 96 BE FE 1945, n. 7-8, p. 63. 97 BE FE 1945, n. 9-10, p. 84. 98 Per una testimonianza in tal senso: Turrini, Un Diario parrocchiale, pp. 247-256. Riguardo a quanto riportato in questo studio, si deve precisare che le lettere citate di mons. Bovelli del giugno 1946 sono state pubblicate sul “Bollettino ecclesiastico”, n. 7, pp. 1-4. 43 grado d’entusiasmo e la copiosità dei frutti degli scorsi anni. - Il materiale sarà inviato appena arriva da Brescia99. Dunque, quanto si attuava per motivi strettamente legati a una fede era presentato dall’Ufficio missionario ferrarese come condivisibile da tutti per il suo aspetto umanitario. In questo senso l’Ufficio si collocava in una linea di continuità con la concezione della missione come civilizzatrice che aveva permesso alle attività missionarie europee di essere accettate in patria anche da governi ostili alla chiesa. L’accento veniva ora posto sull’aspetto umanitario, già presente nelle prospettive della Congregazione di Propaganda Fide negli anni Trenta, come sopra si è visto. Per la giornata mondiale del 1946 mons. Bovelli inviava un invito all’impegno, esprimendo soddisfazione perché l’azione missionaria nella diocesi ferrarese era cresciuta nonostante la guerra e facendo presenti i grandi bisogni per la ricostruzione delle missioni: Ricordiamo a tutti i Sacerdoti che la domenica 20 ottobre pr., verrà celebrata in tutto il mondo cattolico la «Giornata Missionaria». Dopo l’immane guerra tutto è da rifare, tutto da ricostruire. Tante missioni che contavano anni di operosa esistenza sono andate completamente distrutte e devono cominciare da capo. Facciano presente questo i Sacerdoti ai fedeli nelle esortazioni della Giornata Missionaria, affinché si adeguino le offerte alla vastità ed urgenza dei bisogni. La nostra Diocesi in questi anni ha conosciuto un vero crescendo nel corrispondere al lavoro missionario, non ostante le profonde ferite della guerra. Davvero la carità di Cristo non conosce sacrifici. Che la prossima giornata segni ancora un passo avanti nel lavoro Missionario. In Curia, presso l’ufficio missionario, in antecedenza alla suddetta giornata, sarà pronto il materiale di propaganda e speriamo di poter avere un autentico missionario per un giro di propaganda. Intanto è necessario mobilitare tutte le forze vive delle Parrocchie per la riuscita della giornata. Nessuna Parrocchia deve mancare all’appello Missionario, questo è il desiderio del Cuore di Cristo anelante alla dilatazione del Suo Regno di verità, di luce e di amore100. Per l’arcivescovo di Ferrara si trattava innanzitutto di dilatare il “Regno” del “Cuore di Cristo” secondo la spiritualità corrente. 99 BE FE 1945, n. 9-10, p. 94. 100 Ruggero Bovelli, La Giornata Missionaria (20 settembre 1946), BE FE 1946, n. 9, pp. 3-4. 44 Nella visione di mons. Bovelli era necessaria innanzitutto la preghiera, come dimostra la proposta dell’Unione missionaria del clero, della quale era presidente, di indire una Giornata sacerdotale delle missioni, che raccomandò prontamente ai suoi sacerdoti: Ad iniziativa dell’Unione Missionaria del Clero è indetta per il prossimo 3 dicembre (S. Francesco Saverio) LA GIORNATA SACERDOTALE PER LE MISSIONI CATTOLICHE nella quale il clero potrà apportare alla santa causa il più importante contributo e nel modo migliore soprannaturalizzare la propria collaborazione, tenendo presenti in tutte le pratiche religiose ed in tutti gli uffici del proprio ministero i bisogni attuali ed urgenti della missione della Chiesa tra gli infedeli. L’ultima «Rivista Missionaria» è un numero speciale completamente dedicato alla Giornata. Raccomandiamo al rev.do Clero Secolare e Regolare di prende parte a detta manifestazione spirituale con zelo e fervore101. La gerarchia delle azioni per sostenere le missioni era chiara e condivisa dall’Ufficio missionario che, dopo aver commentato il buon esito della Giornata missionaria mondiale del 1946, aveva lamentato che poche erano ancora le iscrizioni alle Pontificie Opere Missionarie. Eppure soltanto l’iscrizione avrebbe garantito un impegno continuativo “per la propagazione del Regno di Dio”: ogni socio, infatti, era tenuto alla preghiera quotidiana “offrendo così al Missionario la sua collaborazione soprannaturale”102. L’ordine delle priorità era richiamato nel “piano dell’attività missionaria”: Porre il piano dell’attività Missionaria significa: l°) Condurre le anime al sacrificio e alla preghiera. 2°) Iscrivere alle PP.OO. 3°) Attuare tutte quelle iniziative (stampa, Giornate, ecc.) che permettono di aiutare il Missionario finanziariamente. Non si può invertire questo piano senza danneggiare l’Opera e renderla odiosa. Se l’attività Missionaria è ridotta alla questua, dimenticando che l’apostolato è prima di tutto un’opera soprannaturale, si toglie al Missionario il suo più prezioso collaboratore. Questo è forse un po’ il difetto della nostra attività in Diocesi103. 101 Ruggero Bovelli, Giornata sacerdotale per le Missioni, BE FE 1946, n. 11, pp. 8-9. L’Ufficio missionario comunicava nel “Bollettino” successivo che l’iniziativa sarebbe stata attuata “alla prima occasione” anche nella diocesi ferrarese, BE FE 1946, n. 12, p. 16. 102 BE FE 1946, n. 12, p. 15. 103 BE FE 1946, n. 12, p. 16. 45 Si escogitò come rimedio di passare in tutte le parrocchie “per formare almeno un gruppo di anime capaci di lavorare così”104 e si mettevano a disposizione un sacerdote e una “propagandista” per i sacerdoti che volessero ricorrervi105. Ma restava aperto anche il problema della costituzione delle commissioni missionarie parrocchiali. Nei primi mesi del 1946 ne risultavano attive soltanto “poco più di una decina”106. Si invitò a scegliere il nome di una delegata da comunicare al segretario, don Alberto Dioli, o alla prof. Maria Fiacchi, e a stimolare “le Zelatrici a comprendere il problema Missionario, tenendo ad esse l’adunanza mensile, curando l’abbonamento a «Crociata» ed invitandole ogni mese alla Comunione mensile «pro Missioni»”107. A fine anno don Alberto Dioli veniva nominato direttore diocesano delle Opere Missionarie “con lettera della Direzione Nazionale delle Opere Pontificie e dell’Unione Missionaria del clero a seguito di segnalazione di S. E. Mons. Arcivescovo”108. Iniziava così una nuova stagione per l’Ufficio missionario diocesano ferrarese. 104 Ibidem. 105 Ibidem. 106 BE FE 1947, n. 3, p. 8. 107 Ibidem. 108 BE FE 1947, n. 11-12, p. 11. 46 2. L “ ”: ’U A D (1947-1968) 2.1. Mete continue: gli anni Cinquanta Quando fu nominato direttore delle Opere Missionarie, don Alberto Dioli (1922-1989) era stato ordinato sacerdote da un anno e mezzo (6 aprile 1946)109. Diresse l’Ufficio missionario diocesano per un ventennio, fino alla sua partenza per l’Africa come missionario fidei donum nel 1968. In quel lungo periodo ricoprì diversi incarichi: economo spirituale della parrocchia di Chiesuol del Fosso vacante (nomina del 18 febbraio 1947)110, insegnante di religione dal 1947 al 1968 in varie scuole111, nominato parroco a Mizzana dal 26 marzo 1955112, delegato arcivescovile per la nuova parrocchia cittadina dell’Immacolata da erigersi113, economo spirituale della nuova parrocchia di S. Pio X al Barco dal 21 marzo 1960114, della quale fu parroco dal 10 agosto 1960115 fino alla partenza come missionario116. 109 Su don Alberto Dioli esistono diverse pubblicazioni: Carlo Pagnoni, Don Alberto Dioli da Ferrara a Kamituga, Ferrara, Corbo, 1998; Associazione “Amici di Kamituga”, Un prete libero e fedele. Testimonianze sull’esperienza africana di don Alberto Dioli, Ferrara, Cartografica artigiana di Ferrara, 1999; Alberto Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 1, a cura di Andrea Zerbini, Ferrara, Cedoc SFR, 2014 (Quaderni Cedoc SFR 25); Alberto Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 2, a cura di Andrea Zerbini, Ferrara, Cedoc SFR, 2014 (Quaderni Cedoc SFR 26); Don Alberto Dioli. Fidei donum. Testimonianze di parrocchiani e amici, Ferrara, 2014. 110 BE FE 1947, n. 1-2, p. 18. 111 Si vedano le diverse annate del “Bollettino ecclesiastico”. 112 BE FE 1955, n. 4-5-6, p. 81. 113 BE FE 1957, n. 11-12, p. 242. 114 BE FE 1960, n. 4, p. 104. 115 BE FE 1960, n. 7-8, p. 189. 116 Nei primi anni dopo l’ordinazione sacerdotale fu anche insegnante in seminario e tra gli incaricati delle ispezioni sull’insegnamento della religione nelle scuole elementari, come 47 Diversi gli incarichi che lo posero a contatto con il mondo del lavoro: fu cappellano della GIOC (Gioventù italiana operaia cattolica) insieme a don Elios Mori117, dal 19 ottobre 1952 assistente provinciale delle ACLI118, nel 1956 fu tra i cappellani del lavoro nominati da mons. Mosconi l’8 dicembre 1955 “alle dipendenze” della Delegazione ONARMO (Opera nazionale assistenza religiosa morale operai) locale119. Il 23 luglio 1959 fu nominato “Consulente ecclesiastico” dell’Unione provinciale cooperative120. Fu inoltre assistente di “Rinascita121. Sotto la direzione di don Alberto Dioli e con la collaborazione delle delegate diocesane, Maria Fiacchi prima e Gisa Trevisani dal 1953, l’attività missionaria nella diocesi ferrarese fu molto intensa e in continua crescita. Si arricchisce anche la disponibilità di fonti per la ricostruzione storica perché dal 1947 si è conservata regolare documentazione dell’attività nell’archivio dell’Ufficio missionario diocesano. Quindi, ai resoconti del “Bollettino ecclesiastico” si affiancano lettere, circolari, relazioni, bilanci a stampa, opuscoli, manifesti. A partire dall’episcopato di mons. Natale Mosconi, che fece il suo ingresso in diocesi il 2 ottobre 1954122, il “Bollettino ecclesiastico” non riporta più i comunicati dell’Ufficio missionario e dunque il ricorso alla documentazione dell’archivio diventa indispensabile. L’impianto delle attività è già consolidato a fine anni Quaranta e si mantiene per tutti gli anni Cinquanta: la diocesi si muove nell’orizzonte delle Pontificie Opere Missionarie. Esaminando la documentazione archivistica per quel periodo, risulta chiaro l’intenso rapporto tra centro e periferia in ordine all’attività missionaria. Giungono regolarmente da Roma le direttive dettagliate delle direzioni nazionali: dalla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, Unione Missionaria, Opera apostolica, o dalle disi deduce dal “Bollettino ecclesiastico”. 117 BE FE 1948, n. 1-2, p. 24. 118 BE FE 1952, n. 9-10, p. 22. 119 BE FE 1955, n. 1-2, p. 40. Sull’impegno in tale ambito cfr. Pagnoni, Don Alberto Dioli, pp. 71-76. 120 BE FE 1959, n. 11, p. 283. 121 Sui diversi incarichi ricoperti da don Dioli, con qualche differenza nelle date, cfr. Pagnoni, Don Alberto Dioli, pp. 66; Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 1, p. 26. 122 BE FE 1954, n. 5-6, pp. 5-7. Dopo la morte di mons. Ruggero Bovelli, avvenuta il 9 giugno 1954, mons. Natale Mosconi, già vescovo di Comacchio dal 1951, fu nominato arcivescovo di Ferrara il 5 agosto 1954, BE FE 1954, n. 5-6, p. 2. Fu poi amministratore apostolico di Comacchio dal 1969 al 1976, Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, Annuario diocesano, Ferrara, Cancelleria Arcivescovile di Ferrara-Comacchio, 2016, pp. 6, 11. 48 rezioni delle singole opere per questioni specifiche, e dall’Unione zelatori e zelatrici. Nelle intenzioni delle direzioni nazionali la struttura missionaria avrebbe dovuto articolarsi in Commissioni regionali, diocesane e parrocchiali. Convegni nazionali e regionali, questi ultimi sia a Roma sia nelle sedi locali, corsi di studio ed esercizi spirituali per i direttori diocesani, per le delegate, per le zelatrici sono regolarmente organizzati e si insiste per la partecipazione. La stampa supporta e anima l’azione. Il periodico che si attesta con continuità è “Crociata missionaria”, che viene via via migliorato, mentre un altro tentativo di stampa periodica come “Oltremare” naufraga dopo breve tempo, nel 1956123. La rivista “Crociata missionaria” ebbe certamente un ruolo rilevante nel promuovere la sensibilità missionaria ed è diventata documento prezioso dei tempi, citata in studi attuali nei più svariati ambiti. Dell’effetto che poteva avere sugli animi è testimonianza il ricordo autobiografico di suor Eugenia Bonetti, a lungo missionaria in Kenya, per la quale la storia di suor Eugenia Cavallo, missionaria della Consolata di Torino uccisa in Kenya nel 1953, letta sulla rivista quando era quindicenne, fu “il primo, fortissimo richiamo della missione”124, come racconta: Negli anni dell’adolescenza leggevo con molto interesse la rivista «Crociata Missionaria» che proponeva numerosi esempi e aneddoti sulle missioni. Il numero del gennaio 1954 mi colpì così tanto che ne ho conservato fino a oggi una copia come una preziosa reliquia. Vi avevo letto con commozione la storia di suor Eugenia Cavallo125. Le indicazioni provenienti dalle Pontificie Opere Missionarie vengono attuate nella misura del possibile. Nella diocesi di Ferrara l’impegno è notevole. Nel primo resoconto generale firmato da don Alberto Dioli, per l’anno 1947-48, il quadro si presenta con diverse ombre: per alcune Opere le offerte sono scarse o nulle, e per questo Ferrara è rimproverata dal “Centro nazionale”, ci sono pochi abbonamenti a “Crociata missionaria” e la “Commissione Parrocchiale Missionaria vivacchia in alcune parrocchie, ma la maggior parte non sa che cosa sia”. I progetti per il 1948-49 sono l’adegua123 Sulla cessazione della pubblicazione di “Oltremare”: ACMDFe-Com, b. 1, cart. 19561957, fasc. 1956, Segretariato nazionale missionario, Lettera circolare alle Delegate e alle Commissioni regionali e diocesane, aprile 1956, a stampa. 124 Eugenia Bonetti, Anna Pozzi, Spezzare le catene. La battaglia per la dignità delle donne, Milano, Rizzoli, 2011, p. https://books.google.it/books?id=fiPACk7gmA4C&pg=PT76&lpg =PT76&dq=crociata+missionaria+rivista&source=bl&ots=-qpMe7DoGK&sig=uOLvpIH26 MvtO8sLNTyTzIqmB90&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiP0sTN9ajRAhUP2GMKHc0MAMQ6AEIQDAM#v=onepage&q=crociata%20missionaria%20rivista&f=false (20-7-17). 125 Ibidem. 49 ta celebrazione della Giornata missionaria, la propagazione dell’Opera apostolica, finalizzata alla raccolta di paramenti, indumenti personali e medicinali per i missionari, e favorire la propaganda nelle parrocchie da parte dell’Ufficio missionario126. Don Dioli progetta anche un “banco del libro missionario” per la Giornata missionaria del 1948127 e intanto si impegna nelle visite di propaganda nelle parrocchie della diocesi, che diventano il suo obiettivo primario per il 1949-50: Nel 1950, PROPAGANDA SOPRATTUTTO Continueremo a visitare le Vostre Parrocchie ed Istituti. Da Voi RR. Parroci sappiamo di non dover accettare nulla per non gravare la Vostra già grande povertà, ma permetteteci di non aspettare il Vostro invito, che in molti casi non arriva mai. Vi comunicheremo a tempo opportuno la data, il programma e l’orario preciso della nostra visita, pregandoVi cortesemente di rispondere e di credere che la propaganda è sempre il miglior servizio che si rende alle Missioni128. All’inizio del 1949 don Dioli fornisce sapienti indicazioni per le commissioni parrocchiali: RR. Parroci che avete formato la Commissione Parrocchiale Missionaria, continuate ad averne cura, anche se sono già passate le nostre grandi celebrazioni. Lavoriamo a preparare spiritualmente e culturalmente le nostre Zelatrici per un’opera più cosciente ed efficace! l ) Non tralasciate l’adunanza mensile, dove illustrerete un determinato settore del mondo Missionario. 2) Esortate le Zelatrici alla Comunione mensile per le Missioni. 3) Continuate l’iscrizione alla Prop. della Fede e Clero Ind. 4) Lasciate alle Zelatrici la responsabilità delle attività Missionarie. Debbono sempre avere la sensazione che ogni buon risultato dipende dal loro impegno. E’ ottima cosa che il Parroco le spinga a fare lasciando grande libertà di iniziativa e anche l’amministrazione del frutto della loro 126 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1948, Don Alberto Dioli e Maria Fiacchi, Ai RR. Parroci, Rettori di Chiese e di Istituti, Delegate Missionarie, Ferrara, 1 ottobre 1948, a stampa. 127 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1948, Lettera di don Alberto Dioli a destinatario sconosciuto, 17 settembre 1948, copia dattiloscritta. 128 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1949, Don Alberto Dioli e Maria Fiacchi, RR. Parroci, Rettori di Chiese e di Istituti, Delegate Missionarie, Ferrara, 20 settembre 1949, a stampa. 50 attività. Se non sentono questa responsabilità, perché il Parroco «vuol far tutto lui», le Zelatrici praticamente non vorranno far niente129. Un nuovo progetto stava inoltre macinando: la realizzazione di una Mostra missionaria nel 1950. L’idea fu lanciata nella lettera introduttiva al resoconto dell’anno missionario 1948-49: La MOSTRA MISSIONARIA: Una bella novità per il 1950. Per l’Anno Santo a Roma si terrà una grande MOSTRA MISSIONARIA. Perché non tentarla anche in sede diocesana? A noi è sembrata un’idea tanto bella che ci siamo proposti di attuarla per il 1950. Con l’aiuto vostro riuscirà una manifestazione eccezionale che interesserà non solo le solite anime buone, ma anche certe Signore non iscritte alle nostre Organizzazioni che volentieri metteranno i loro gusti raffinati e le loro abili mani a servizio del “corredo Missionario”, il più povero dei proletari. Lanciate questa magnifica novità!130. Negli anni del duro scontro ideologico, e non va dimenticato che lo stesso don Dioli si attivò nei comitati civici a favore della Democrazia cristiana131, don Alberto definisce il missionario “il più povero dei proletari”. Una definizione rivelatrice della convinzione che la chiesa non intendeva essere lontana dagli ultimi, anzi. E la via scelta non era la contrapposizione tra classi ma la collaborazione. La realizzazione della mostra fu assai impegnativa e si giunse agli inizi del 1951, ma a giudizio degli organizzatori fu un successo: molte parrocchie, associazioni e istituti coinvolti nel donare pezzi per la mostra, la collaborazione con il museo africano dell’Istituto Missioni Africane di Verona, un alto numero di visitatori, molto materiale raccolto da inviare ai missionari. La “Prima mostra del corredo del missionario”, nella quale erano esposti arredi sacri, paramenti liturgici, medicinali, altari da campo, biancheria, si tenne nel ridotto del teatro comunale di Ferrara dal 3 all’11 gennaio 1951. L’Istituto Missioni Africane di Verona aveva allestito la riprodu129 BE FE 1949, n. 1-2, pp. 21-22. 130 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1949, Don Alberto Dioli e Maria Fiacchi, RR. Parroci, Rettori di Chiese e di Istituti, Delegate Missionarie, Ferrara, 20 settembre 1949, a stampa; la mostra missionaria per l’ottobre 1950 è tra i progetti elencati nella relazione morale di don Dioli dell’anno 1948-49, cfr. ACMDFe-Com, b. 1, 1941-1955, fasc. 1949, Don Alberto Dioli, Relazione morale, c. 3r, manoscritta. Si veda anche BE FE 1949, n. 1-2, p. 23. 131 Una bella pagina su quest’impegno, del quale don Dioli più tardi si pentì apertamente, in Pagnoni, Don Alberto Dioli, pp. 76-77. 51 zione di un villaggio africano132. Un’altra mostra fu allestita nel ridotto del teatro comunale dal 28 febbraio all’8 marzo 1954, dedicata all’arte cristiana cino-giapponese, ed ebbe molto successo133. La relazione dell’attività nella diocesi di Ferrara per l’anno 1953-54 permette di cogliere l’articolazione delle iniziative e l’impegno richiesto agli organizzatori: 1 – GIORNATA MISSIONARIA – 18 ottobre 1953 E’ stata celebrata in tutte le Parrocchie, Istituti, Collegi, ecc. In preparazione sono state visitate tutte le Parrocchie alle quali è stato distribuito il materiale di propaganda. In dieci centri importanti è stata proiettata la pellicola “ABUNA MESSIAS” in pubblico teatro o in Chiese. In Cattedrale il Padre Egidio Paoletto, Salesiano di Torino, ha tenuto un triduo di predicazione. Nello stesso tempo è stata lanciata la Mostra Missionaria con una prima esposizione di materiale sanitario e medicinali. Per la Giornata Missionaria hanno risposto n° 94 Parrocchie e Curazie su 102 e n° 25 Chiese, Collegi, Case di Cura, ed Istituti di educazione. 2 – GIORNATA DELLA SANTA INFANZIA – 6 GENNAIO 1954 E’ stata celebrata nella maggior parte delle Parrocchie e Istituti per l’Infanzia. L’Ufficio Diocesano ha distribuito il materiale di propaganda visitando in antecedenza tutte le parrocchie. Hanno versato l’offerta per la S. Infanzia n° 92 Parrocchie e Chiese. 3 – A conclusione dell’OTTAVA DI PREGHIERE PER L’UNITA’ DELLA CHIESA il Padre Wetter, Rettore del Pontificio Seminario Russicum di Roma, ha tenuto una conferenza a Casa Cini il 6 Febbraio 1954 sul tema: “IL SIGNIFICATO RELIGIOSO DEL MARXISMO”. Il 7 Febbraio è stata tenuta una solenne liturgia in Cattedrale con il concorso di 12 alunni cantori del “RUSSICUM”. 4 – MOSTRA MISSIONARIA – 28 Febbraio – 10 Marzo 1954. E’ stata allestita nel ridotto del Teatro Comunale come esposizione di materiale sanitario e Mostra di Arte Cino-Giapponese. Vi hanno contribuito le Missioni Salesiane di Torino alle quali è andato in gran parte il ricavato della vendita dei quadri. Il seguente materiale sanitario è stato spedito alle Missioni […] 132 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1949, 1950. 133 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. Mostra di Arte Cristiana Cino-Giapponese. Il fascicolo contiene numerosi articoli di giornale, un cartoncino di invito all’inaugurazione della mostra, molta documentazione, l’elenco delle opere, prestate dai salesiani di Torino, il registro delle firme dei visitatori. 52 5 – GIORNATA DEGLI AMMALATI Organizzata nella festa della Pentecoste con la distribuzione di immagini ricordo nei tre ospedali della Diocesi e nelle Case di Cura della città. 6 – SCUOLA DI PROPAGANDA Per n° 15 partecipanti, tenuta dal V. Direttore Diocesano D. Franco Guerzoni. All’esame hanno partecipato 10 alunne. Per iniziativa del Centro Diocesano, 8 Zelatrici hanno preso parte ai 2 Convegni tenuti all’Oasi di Roma. 7. ATTIVITA’ DEL CONSIGLIO DIOCESANO che è così composto: D. Alberto Dioli – Direttore D. Franco Guerzoni – V. Direttore M^ Gisa Trevisani – Delegata Diocesana M^ Luciana Ghezzi – Incaricata Propaganda Edvige Trevisani – Cassiera M^ Concetta Barbieri – Incaricata Propaganda Teresa Rosina – Incaricata PP.OO.MM. Nelle visite Domenicali alle Parrocchie si è tentata la costituzione delle Commissioni Parrocchiali Missionarie secondo le direttive del Centro Nazionale, ma con scarso successo. Nella maggior parte dei casi abbiamo ottenuto di avere una Incaricata Missionaria in ogni Parrocchia. Sono state effettuate complessivamente un centinaio di visite e sono state tenute 2 giornate di ritiro per il Consiglio Diocesano. 8. ATTIVITA’ REGIONALE PER LA ROMAGNA Sono stati tenuti 2 Convegni Regionali rispettivamente a Faenza e a Bologna per Direttori e Delegate Diocesane. E’ stata pure effettuata una visita a tutte le Diocesi della Regione134. I resoconti annuali degli anni Cinquanta registrano un costante miglioramento nelle offerte. Nel frattempo a Maria Fiacchi subentra come delegata diocesana Gisa Trevisani nel 1953135, che nello stesso anno diventa anche delegata regionale. La regione nella quale era inserita Ferrara comprendeva allora anche Bologna, Imola, Forlì, Faenza, Cesena, Ravenna, Rimini, Sarsina, Bertinoro, Modigliana, Comacchio. L’attività registrata dalla documentazione archivistica relativa alla pro134 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1954, Relazione attività dell’U cio missionario ottobre 1953-ottobre 1954, non datata e non firmata, copia dattiloscritta. 135 Non ho trovato nomine, ma la lettera introduttiva del resoconto dell’anno missionario 1952-53, datata 25 settembre 1953, reca la firma come delegata diocesana di Gisa Trevisani accanto alla firma del direttore don Dioli, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1953, Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, RR. Parroci, Rettori di Chiese, Delegate parrocchiali, comunità religiose, Ferrara, 25 settembre 1953, a stampa. 53 mozione delle strutture missionarie regionali, commissioni diocesane e parrocchiali da parte di Gisa Trevisani è notevole e le relazioni di visita o le relazioni annuali consegnate dalle singole diocesi in occasione dei convegni regionali sono molto interessanti per testimoniare la specifica situazione nelle singole diocesi, anche in relazione alla presenza di istituti missionari, molto numerosi nella diocesi di Bologna, o di opera di raccolta fondi da parte di missionari, come lungo la costa romagnola136. Il compito della delegata regionale era in ordine alla promozione e sostegno delle strutture diocesane e parrocchiali legate alle Pontificie Opere Missionarie. Fin da subito Gisa richiese dettagliate informazioni alle delegate diocesane: Ferrara 30/X/1953 Gentil.ma Sig.na, per il momento non ci è possibile visitare personalmente il suo Centro Diocesi. Desidereremmo pertanto avere una relazione di come si è svolta la Giornata Missionaria Mondiale nella sua città e Provincia. E’ costituita la Commissione Diocesana, e di quante e quali persone? In campagna e nelle diverse Parrocchie esistono le Commissioni parrocchiali, o almeno un’incaricata che à [sic] relazione con il Centro Diocesano? Fate propaganda? con quanti elementi? Visitate tutte le parrocchie della vostra Diocesi? Desidererei questi dati per approntare uno schedario regionale dal quale risulti tutto il movimento della Regione. La stampa come va? Quanti sono gli abbonamenti complessivamente? Quante le parrocchie (città e campagna) che vendono “Oltremare” ed in che misura ? Esistono nella sua Diocesi Centri di Lega Missionaria Studenti ? Si fanno le iscrizioni alle Pontificie Opere? Si tengono registri per gli eventuali rinnovi? La preghiera è la base di tutto il lavoro? Le ore di adorazione settimanali si fanno dappertutto, o in poche parrocchie? In ogni adunanza di A.C. si prega, e si fa conoscere il problema missionario? Quante volte si riunisce il Centro Diocesano? Si fanno le giornate mensili di ritiro? 136 ACMDFe-Com, b. 1, cartelle 1941-1955; 1956-1957; 1958-1967, in particolare le relazioni nei fascicoli 1956 e 1957. 54 La pregherei caldamente di mandarmi un’ampia relazione basandosi sulle mie domande. Appena ci sarà possibile verremo personalmente, sia per conoscere Loro che il loro lavoro. Rimaniamo sempre molto unite nelle preghiera, e sforziamoci di lavorare sempre di più per l’avvento del regno di Cristo su questa terra. Saluti da tutto il Centro di Ferrara, e in particolare un affettuoso saluto dal Direttore Gisa Trevisani Incaricata Regionale Via Arianuova 102- Ferrara137 Inoltre Gisa fece visite “di propaganda” alle realtà diocesane della sua regione: nel marzo 1955 in un sol giorno visitò nove delle diocesi romagnole, riservandosi ad altro momento le altre due, esclusa Ferrara: Ferrara 23 marzo 1955 Relazione Propaganda regionale Ieri abbiamo fatto il giro delle Diocesi della Romagna per avere un contatto personale con la Delegata Diocesana o con il Direttore approfittando per invitarle al prossimo convegno Missionario Regionale all’oasi-Roma138 che si terrà dal 5 al 10 maggio p.v. A RAVENNA – non abbiamo incontrato nessuno perché la Commissione non esiste e il Direttore, che lo è solo di nome, era fuori Diocesi. Qui è necessario tornare per parlare al Consiglio di Gimita [Giunta] e vedere se è possibile formare la Commissione. A RIMINI - abbiamo parlato con la sig. Compelelli. Qui si lavora abbastanza. Ci è stata fatta una mostra del corredo per il Missionario ed è riuscita bene. Prenderanno parte all’oasi due ragazze. A SARSINA – anche qui non abbiamo trovato la Delegata perché si trova a Roma, ad ogni modo il marito ci ha assicurato l’intervento della moglie all’oasi. A BERTINORO – abbiamo parlato con la Segretaria la quale anch’essa ci ha promesso l’intervento di una rappresentante del suo paese. A FORLÌ – abbiamo trovato la Delegata. Qui si lavora abbastanza. La Commissione Diocesana si riunisce una volta al mese, e si va in propaganda. Al convegno Regionale prenderanno parte due del Centro Diocesano. È stata inviata una circolare in tutte le parrocchie della Diocesi, invitando le zelatrici all’oasi. Mi scriveranno in merito. 137 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1953, Lettera di Gisa Trevisani, Ferrara, 30 ottobre 1953, copia dattiloscritta. 138 L’Oasi in località Frattocchie (Roma) era il luogo dei convegni e corsi delle Pontificie Opere Missionarie a Roma. 55 A FAENZA – non abbiamo trovato nessuno. Però abbiamo lasciato un biglietto alla donna di servizio. A CESENA – abbiamo parlato con l’incaricata, la sig. Gassoni, la quale ha promesso di intervenire. Qui però non si lavora molto. Abbiamo pure parlato con un Sacerdote dell’A.C. ma questo non sente le Missioni e pertanto non vede la possibilità di trovare elementi che lavorino. A IMOLA – Don Frascalli è stato trasferito. Dopo tanto girare abbiamo rintracciato il direttore nuovo: don Tarcisio Foresti, il quale è tutto preoccupato per il nuovo lavoro. Ha promesso di trovare una incaricata diocesana e di mandarla al convegno. A BOLOGNA – abbiamo parlato con Mons. Trebbi, anche lui arrabbiatissimo perché l’A.C. non solo non gli manda elementi, ma addirittura gli prende quelli che lui trova. Tuttavia ha promesso di mandare qualcuno a Roma. Per terminare il giro della regione dobbiamo visitare Comacchio e Modigliana. GISA TREVISANI139 Ai fini dell’opera di propaganda regionale don Dioli e Gisa Trevisani chiesero nel 1959 un contributo a diversi enti cittadini per l’acquisto di un’auto140. Grazie all’opera intensa di Gisa Trevisani e don Dioli, la diocesi ferrarese risulta tra le meglio organizzate e più attive in quegli anni. Al convegno regionale di Tossignano del 24 giugno 1956 erano presenti 53 zelatrici della diocesi di Ferrara, con la Commissione diocesana al completo, mentre per Bologna 4, Faenza 7, Rimini 3, Modigliana 6, Sarsina 1, Imola 30, che però era la diocesi ospitante141. 139 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1955, Gisa Trevisani, Relazione propaganda regionale, Ferrara, 23 marzo 1955, copia dattiloscritta. 140 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1959, Lettera di Gisa Trevisani al prefetto, Ferrara, 12 ottobre 1959, copia dattiloscritta; Lettera di don Alberto Dioli e Gisa Trevisani al presidente dell’Associazione Industriale di Ferrara, Ferrara, 9 novembre 1959, copia dattiloscritta. 141 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1956-1957, fasc. 1956, Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, Relazione Convegno Missionario Regionale – Romagna – Tossignano-Imola 24-61956, Ferrara, 4 luglio 1956, copia dattiloscritta. Per il 30 settembre dello stesso anno fu organizzato a Ferrara un convegno delle delegate diocesane in preparazione della Giornata missionaria, alle quali furono invitate anche le zelatrici parrocchiali della diocesi ferrarese, cfr. ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1956-1957, fasc. 1956, Lettera della Delegata regionale Gisa Trevisani e del Direttore regionale don Alberto Dioli indirizzata alle Delegate diocesane delle PP.OO.MM. della regione e ai Direttori, Ferrara, 15 settembre 1956, copia dattiloscritta; Lettera della Delegata diocesana Gisa Trevisani e del Direttore don Alberto Dioli indirizzata alle Zelatrici parrocchiali delle PP.OO.MM. e ai parroci della diocesi, 56 All’interno della diocesi proseguiva il lavoro capillare di propaganda e si tengono i convegni diocesani delle zelatrici142. Basterebbe consultare i dati delle elezioni politiche o amministrative di quegli anni, con larghissima maggioranza della popolazione a favore dei partiti social-comunisti, per cogliere in quale clima operavano le chiese romagnole ed emiliane in un periodo in cui la scomunica ai comunisti era ancora fresca143. “Anni difficili” gli anni Cinquanta in Italia, per la diffusa povertà, le dure condizioni dei lavoratori, una “continuità tra fascismo e Repubblica”144, la mancata applicazione di molti elementi della Costituzione e sul fronte ecclesiale il collateralismo tra chiesa e Democrazia cristiana. Anni critici sia sotto il profilo politico e sociale sia sotto il profilo ecclesiale, come personalità quali don Primo Mazzolari, Giuseppe Dossetti, don Lorenzo Milani, David Maria Turoldo seppero individuare e denunciare. Anni di inquietudini e ricerche, esperienziali, educative, teologiche, dentro la chiesa che non trovano il luogo dell’ascolto e del dialogo. Era la chiesa di Pio XII, della quale gli storici hanno individuato le fasi di apertura e chiusura, le intuizioni e le ossessioni145. Nel lavoro di don Dioli e di Gisa Trevisani tutto questo non si avverte. Negli anni Cinquanta si muovono nell’orizzonte del centralismo pontificio Ferrara, 15 settembre 1956, dattiloscritto ciclostilato. 142 Si veda l’invito al Convegno zelatrici missionarie del 16 ottobre 1955 a Ferrara, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1955, Gisa Trevisani e don Alberto Dioli, Lettera alle Zelatrici missionarie, Ferrara, 5 ottobre 1955, dattiloscritto ciclostilato. Era il terzo convegno diocesano e fu inviato un resoconto all’“Avvenire padano”, ivi, copia dattiloscritta. Il convegno del 1956 fu programmato per il 30 settembre: ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1956-1957, fasc. 1956, Lettera di Gisa Trevisani e don Alberto Dioli alle Zelatrici parrocchiali delle PP.OO.MM., Ferrara, 15 settembre 1956, copia dattiloscritta; quello del 1957 fu tenuto l’1 maggio insieme al convegno regionale, convocato a Ferrara, ACMDFeCom, b. 1, cart. 1956-1957, fasc. 1957, Lettera di don Alberto Dioli e di Gisa Trevisani alle zelatrici missionarie parrocchiali e ai parroci della diocesi, Ferrara, 18 aprile 1957, dattiloscritto ciclostilato; Lettera di don Alberto Dioli e Gisa Trevisani alle incaricate delle PP.OO.MM. e ai direttori diocesani, Ferrara, 18 aprile 1957, copia dattiloscritta. Anche in questo caso Ferrara ebbe il numero maggiore di partecipanti: 35 zelatrici oltre ai 10 componenti della commissione diocesana, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1956-1957, fasc. 1957, Gisa Trevisani e Don Alberto Dioli, Relazione Convegno Regionale, Ferrara, 2 maggio 1957, copia dattiloscritta. 143 http://consultaelezioni.regione.emilia-romagna.it/elezioni/storico.jsp (8-7-17). 144 Sergio Tanzarella, Gli anni di cili. Lorenzo Milani, Tommaso Fiore e le “Esperienze pastorali”, Trapani, Il pozzo di Giacobbe, 2007, p. 34. 145 Sul pontificato di Pio XII la bibliografia è molto vasta. Si vedano almeno gli studi di Andrea Riccardi e Giovanni Miccoli. 57 da un lato e di missioni lontane dall’altro, che soltanto i contatti con qualche “autentico missionario”146 rendono più concrete. Costante fu, infatti, l’impegno per procurare l’ascolto in varie occasioni di missionari che operavano nelle terre di missione, per la loro “efficacia persuasiva”147. Nelle cartelle d’archivio compaiono lentamente le prime lettere di missionari indirizzate a don Dioli o a Gisa Trevisani, invitati a parlare nella diocesi, soprattutto in preparazione alla Giornata missionaria, o che avevano ricevuto corredo missionario o medicinali. Un volantino del 1954 elenca i missionari ferraresi ed invita a non dimenticarli: padre Leo Cavallini, di Codifiume148 (1905-1990), in Brasile da tre anni dopo essere stato 18 anni in Cina; padre Anchise Rasi, di Stellata, in India da 22 anni; mons. Alfonso Maria Ungarelli, di Marrara, vescovo missionario in Brasile149; padre Rosina, di Ferrara, in partenza per il Perù e padre Bianchini, di Pontelagoscuro, missionario tra gli emigrati italiani all’estero150. Si tratta del primo elenco di missionari ferraresi presente nella documentazione dell’Archivio dell’Ufficio missionario di Ferrara. Don Dioli dimostra, tuttavia, una sua precisa personalità e suoi personali orientamenti nel vivere il suo ministero a servizio dell’Ufficio missionario. Fin dai suoi primi comunicati don Alberto ha uno stile proprio e diverso dal precedente, nella linea della proposta, dell’esortazione e dell’incoraggiamento più che del comando. Usa un linguaggio asciutto, ma non privo di tratti emotivi, e mira a far leva sulle motivazioni o sullo spirito che deve sorreggere l’opera missionaria. Il passo con il quale commenta l’attività del 1946-47, subito dopo la sua nomina, nel “Bollettino ecclesiastico” è eloquente: Con ottobre si è chiuso il ciclo delle attività Missionarie e si apre quello del nuovo anno 1947-48. Uno sguardo sul passato ci può dare conforto 146 L’espressione è di mons. Bovelli nel messaggio per la giornata missionaria del 1946, BE FE 1946, n. 9, p. 3. 147 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1952, Don Alberto Dioli e Maria Fiacchi, RR. Parroci, zelatrici delle missioni, Ferrara, 25 settembre 1952, a stampa. 148 Nel manifesto si mette come origine Pontelagoscuro, che era invece la parrocchia del fratello don Giovanni Cavallini, cfr. ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano. Sezione: Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, La terra è di tutti. Testimonianze ferraresi, [Ferrara], IGF, s.d., scheda su padre Leo Cavallini. 149 Un ricordo di mons. Ungarelli (1897-1988) in BE FE 1988, pp. 338-342. 150 ACMDFe-Com, b. 1, cart. Stampa missionaria-Volantini, Ufficio missionario diocesano di Ferrara, Missionari ferraresi!, Ottobre 1954. 58 e coraggio e ci può suggerire molte esperienze per il futuro. Quanto alla propaganda, è lecito chiedersi se le nostre Parrocchie hanno avanzato nello spirito Missionario. Ma per questo sono ancor pochi i giornali diffusi tra il popolo, si è parlato forse poco ai fedeli dell’urgenza della loro cooperazione con la preghiera, con il sacrificio e con l’opera151. Un linguaggio mite, incoraggiante, con sfumature, senza ordini, rispettoso, dal quale si coglie innanzitutto il suo impegno in prima persona è anche nel passo successivo sulla propaganda: Siamo decisi quest’anno a percorrere la Diocesi e a parlare a tutti del problema Missionario. S.E. l’Arcivescovo lo vuole e noi faremo di tutto per eseguire il Suo desiderio. Alcuni Confratelli ci hanno già richiesto. Facciamo sapere che vogliamo far giungere la Voce delle Missioni nelle Associazioni femminili e maschili, ai piccoli e ai grandi. Cercheremo di rendere più interessanti le nostre parole con le proiezioni luminose. Il propagandista si tiene a disposizione del R. Parroco per le Confessioni e per la S. Messa. Dove sarà possibile e conveniente si costituirà pure la Commissione parrocchiale che è l’ossatura della cooperazione missionaria. All’inizio di questo nuovo anno auguriamo a tutti buon lavoro migliori frutti152. Nell’illustrare la sua attività di propaganda, a inizi 1948, così si esprime: Il Direttore Dioc. continua a visitare le Parrocchie, dove organizza Giornate di preghiera e di propaganda Missionaria. Il programma ordinariamente è il seguente: - Nelle mattinate il D. parla alle SS. Messe e si presta per il servizio della Parrocchia. - Nel pomeriggio: proiezioni luminose ai fanciulli: adunanza delle Associazioni parrocchiali; breve esposizione del SS. Sacramento. - La sera: conferenza con proiezioni luminose agli adulti. N.B. - Il Direttore dell’Ufficio miss. intende escludere qualsiasi questua per le Missioni e pretende nessuna offerta per sé. E’ un preciso dovere del suo ufficio. Prega soltanto i RR. Parroci di prestare la loro collaborazione per una causa così santa e grande153. Don Dioli adotta nei primi anni il sistema dei premi e dell’imitazione, ma soprattutto diventa lui un esempio nell’impegno nelle visite propagandistiche e nella proposta di sempre nuove iniziative, ponendo mete annuali, 151 BE FE 1947, n. 11-12, p. 25. 152 Ibidem. 153 BE FE 1948, n. 1-2, p. 25. 59 quali la mostra per il 1949-50 e 1950-51 o l’“Ambulatorio per il missionario” per il 1955-56154. Inoltre interessa la stampa cattolica, sia l’“Avvenire padano” sia la “Voce di Ferrara”, settimanale diocesano voluto dall’arcivescovo Mosconi dal 1954, e ricorre anche all’amministrazione cittadina e alla questura per ottenere luoghi, finanziamenti, licenze per pubblica questua in città e provincia a favore delle missioni cattoliche e per propaganda con altoparlante in città in preparazione della Giornata missionaria mondiale. Nella sua concezione di attività missionaria alla fine degli anni Quaranta e nel decennio successivo permane la tensione all’instaurazione del regno di Cristo nei termini della sua regalità sul mondo, secondo una teologia e una spiritualità che caratterizzarono il mondo cattolico per tutta la prima parte del Novecento. Nella documentazione del 1948 compare il timbro dell’Ufficio missionario diocesano, che reca la croce piantata nel globo terrestre con la scritta “Adveniat regnum tuum” e intorno “Ufficio diocesano missionario – Ferrara”155. Si trattava di una “conquista del mondo a Cristo”156, che però non era rivolta soltanto agli infedeli, ma a tutti. L’azione missionaria era concepita da don Dioli come benefica per tutti i soggetti coinvolti. Nella relazione morale per l’anno 1948-49, della quale si conservano gli appunti manoscritti, così scriveva il direttore dell’Ufficio missionario di Ferrara: Siamo convinti che la grazia opera e che c’è bisogno sopratutto [sic] di questa. Le Missioni hanno fatto bene anche alle anime dei nostri fedeli perché li ha avviati verso un senso più cattolico della Chiesa, nel confessionale… dal pulpito… nel catechismo… nel bollettino parrocchiale…157 Ha fatto bene anche a noi – e questo è un frutto positivo. Dando tempo e denaro e noie infinite ad organizzare non abbiamo perduto niente ma abbiamo guadagnato qualche cosa. Educando i nostri bambini a offrire i loro sacrifici, a non lamentarsi per amore dei Missionari abbiamo dato un autentico aiuto alla loro formazione spirituale. Invitando i nostri malati ad offrire a Dio le loro sofferenze li 154 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1955, lettera dattiloscritta senza mittente all’“Avvenire padano” e alla “Voce di Ferrara”, datata Ferrara, 18 ottobre 1955. 155 Compare soltanto in alcune carte del fasc. 1948, ACMDFe-Com, b. 1, 1941-1955, fasc. 1948. Probabilmente non lo si trova nel resto della documentazione perché di lettere, circolari e relazioni si conservano le veline dattiloscritte e non gli originali. 156 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1955, Gisa Trevisani e don Alberto Dioli, Lettera alle Zelatrici missionarie, Ferrara, 5 ottobre 1955, dattiloscritto ciclostilato 157 “nel confessionale… dal pulpito… nel catechismo… nel bollettino parrocchiale…” aggiunto sopra in interlinea. 60 abbiamo aiutati a soffrire con merito. Diffondendo il giornale Missionario abbiamo fatto una autentica apologia della fede e del sacerdozio cattolico. Tutto questo non si può tradurre in cifre, voi lo sapete bene… crediamo tuttavia che sia ugualmente importante progredire in questa strada158. L’azione missionaria era concepita da don Dioli nei primi anni Cinquanta come via di salvezza e di santificazione e ciò che contava davvero era la dimensione “soprannaturale”. Dunque niente attivismo esteriore ma impegno interiore in un’azione che è servizio alla “causa delle anime”. A questo richiamò tutti nella lettera che introduceva il resoconto delle offerte per le missioni dell’anno 1952-53, firmata con la delegata diocesana come tutti i resoconti e gli atti dell’Ufficio missionario: E’ ormai tradizionale questo resoconto della nostra attività finanziaria. E’ un giudizio espresso in cifre che ci dispensa da qualunque commento di ordine tecnico od organizzativo, perché i numeri segnano chiaramente i nostri progressi e le nostre deficenze [sic]. Abbiamo migliorato ancora e non si può aggiungere molto di più, né si possono trarre conclusioni se non di ordine tecnico e organizzativo. In questo senso abbiamo funzionato meglio. Le nostre riflessioni riguardano piuttosto il settore della nostra collaborazione soprannaturale che non si può tradurre in cifre ma che ci obbliga a fare qualche considerazione in vista della sua importanza preminente e insostituibile. I suggerimenti pratici li troverete nell’intercalare annesso al presente bilancio. Da qualche anno la giornata Missionaria sta diventando sempre più una manifestazione esuberante e chiassosa, si direbbe che il rumore minaccia di falsarne il significato. La settimana del risparmio, le raccolte, le recite, le rivendite sono una buona cosa, ma non sono tutto se non nascono da anime che rispettano la gerarchia dei valori. Credo che abbiamo bisogno di richiamarci spesso a queste verità semplici e fondamentali; è così facile dimenticarlo ed essere ingannati. Il bilancio finanziario è considerevolmente aumentato tutti gli anni, non crediamo che lo siano le ore di adorazione, i sacrifici, i rosari, l’amore e l’impegno. Nella preparazione della Giornata Missionaria, i mezzi soprannaturali tengono il primo posto. La santificazione personale di chi se ne occupa ha certo la più grande importanza; dobbiamo volerla in questi giorni con grande intensità, con maggiore semplicità e umiltà. Se ci sembra che l’apostolato sia tutt’altra cosa, ci inganniamo. Dobbiamo perciò volere la santità con maggiore decisione fare l’offerta della volontà nella accettazione amorosa dei doveri quotidiani con generosità e purezza di cuore. 158 ACMDFe-Com, b. 1, 1941-1955, fasc. 1949, Don Alberto Dioli, Relazione morale, c. [1r]. 61 È un modo efficace di servire la causa delle anime, anzi è l’unico modo. Noi salviamo gli altri salvando noi stessi, otteniamo la fede agli altri con la nostra fedeltà. Ciò è supremamente vero ed importante. Il resto verrà poi; quando si ama la causa di Dio si sa anche servirla. Tutto quello che servirà a dar vita alla Giornata sarà sempre ben riuscito anche se ci sembra completamene fallito. Vi diciamo quindi di adorare il buon Dio meglio e di amarlo più fedelmente, perché solo così avrete volontà decisa nella azione e sarà benedetta la vostra fatica. Ecco una giaculatoria da ripetere con spirito di umiltà : «Mio Dio, venga il Tuo Regno nella mia anima e in quella di tutti gli uomini»159. La forza della preghiera e l’intensità della vita interiore furono i capisaldi dell’apostolato otto-novecentesco e L’anima di ogni apostolato del trappista Dom Chautard (1858-1935), edito nel 1912, libro cardine della formazione apostolica per decenni, sottolineava “il primato del soprannaturale”. Don Dioli si collocava dentro questo solco. Fece così appello anche alla preghiera delle monache di clausura, invitate a sostenere con l’orazione le giornate missionarie a partire dal 1953160. In quegli stessi anni anche Giorgio La Pira creava una collaborazione tra il mondo contemplativo claustrale e il mondo attivo nel sociale e nel politico161. Sotto la direzione di don Dioli iniziò anche l’attenzione ecumenica, intesa secondo la linea unionista chiaramente espressa nella lettera enciclica Mortalium animos di Pio XI del 6 gennaio 1928, che considerava l’unità come il ritorno nella Chiesa cattolica dei “figli erranti”162. Nella sensibilità 159 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1952-1953, Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, RR. Parroci, Rettori di Chiese, Delegate parrocchiali, comunità religiose, Ferrara, 25 settembre 1953, a stampa. 160 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1952-1953, Lettera di don Alberto Dioli alle Comunità religiose femminili della città e archidiocesi, senza data [ma ottobre 1953], dattiloscritto ciclostilato; BE FE 1953, n. 9-10, p. 288 (“Le RR. Suore invitate a dare la loro collaborazione sopranaturale di preghiera e di sacrificio, hanno risposto generosamente da tutta la diocesi”). Cfr. anche ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1956-1957, fasc. 1956, Gisa Trevisani e don Alberto Dioli, Lettera alle madri superiore, Ferrara, 15 settembre 1956, copia dattiloscritta; Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, Lettera alle suore di clausura, non datata, ma probabilmente del 1957, dattiloscritta. Nell’invito si chiede di far pregare l’intera comunità “affinché il Signore affretti il Suo Regno d’amore su tutta la terra e santifichi i suoi Missionari”. 161 Giorgio La Pira, Lettere alle claustrali, Milano, Vita e Pensiero, 1978. 162 Pio XI, Lettera enciclica Mortalium animos, 6 gennaio 1928, https://w2.vatican.va/ content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19280106_mortalium-animos.html (18-2-17). 62 verso la problematica della divisione dei cristiani don Dioli accoglieva le istanze espresse anche da padre Paolo Manna (1872-1952), fondatore dell’Unione missionaria del clero, che coniugava l’ansia per le missioni e il desiderio della riunificazione dei cristiani. Nel 1941 padre Manna aveva pubblicato il libro I fratelli separati e noi, che fu ben accolto ed ebbe in breve un’altra edizione e varie traduzioni. Era nato dalla consapevolezza maturata in missione che la disunione dei cristiani fosse un ostacolo all’evangelizzazione del mondo. Il suo invito a maturare tale sensibilità fu rivolto innanzitutto all’Unione missionaria del clero163. Quando sul “Bollettino ecclesiastico” don Dioli scrive nel 1950 che “anche i fratelli separati sentono una specie di acuta nostalgia dell’unità” richiama le parole di padre Manna164. Sul “Bollettino ecclesiastico” del 1948 comparve per la prima volta un comunicato sulla “Settimana per l’Unità della Chiesa”: Cattolici e Protestanti sentono sempre più vivo il problema della Unità. Si moltiplichino gli incontri, le riunioni, i congressi, segno evidente che il desiderio è grande e che abbondano gli uomini di buona volontà. Alcuni settori hanno fatto passi così rapidi e decisi verso la Ortodossia cattolica (es. gruppi della Chiesa Anglicana) che forse si accorgeranno di essere rientrati senza avvedersene. Occorre dunque pregare con i fedeli durante la prossima ottava per l’Unità165. Il direttore dell’Ufficio missionario sospese le visite alle parrocchie e alle commissioni missionarie parrocchiali durante la Settimana per l’unità del gennaio 1949 e pubblicò sul “Bollettino ecclesiastico” un resoconto entusiasta dell’evento: L’Ottava per l’Unità della Chiesa (18-25 gennaio) quest’anno è stata brillantemente illustrata da una manifestazione musico-culturale preparata da Professori e alunni del Seminario con l’esecuzione di canti corali in lingua Russa, Greca, Polacca, Tedesca, Ebraica, davanti ad un pubblico numeroso ed attento166. 163 Piero Gheddo, Paolo Manna (1872-1952). Fondatore della Pontificia Unione Missionaria, Bologna, EMI, 2001, pp. 231-253. 164 BE FE 1950, n. 11-12, p. 26. 165 BE FE 1948, n. 11-12, pp. 22-23. 166 BE FE 1949, n. 1-2, p. 22. 63 L’Ottava di preghiere per l’unità della Chiesa rientrava per don Dioli nel ciclo delle grandi celebrazioni missionarie167 e il materiale per celebrarla si ritirava presso l’Ufficio missionario168. La via percorsa negli anni Cinquanta riguardo al problema ecumenico fu per don Alberto l’interesse per l’altro. Innanzitutto, pertanto, capire e far capire. A conclusione dell’Ottava del 1954 il rettore del Pontificio seminario Russicum di Roma, padre Wetter, tenne una conferenza a Casa Cini il 6 febbraio 1954 sul tema Il significato religioso del marxismo e il 7 febbraio in cattedrale si tenne una “solenne liturgia” con l’intervento di dodici alunni cantori del Russicum169. Conferenza e liturgia avevano l’intento di “illuminare l’opinione pubblica” in particolare riguardo ad “alcuni aspetti della politica religiosa nell’URSS”170. In anni successivi il vescovo avocò a sé l’iniziativa della settimana per l’unità, come si ricava dal programma annuale dell’Ufficio missionario diocesano del 1964-65171. Da allora l’Ufficio missionario non se ne occupò più. Dalle tematiche trattate nella Scuola di Propaganda dell’Ufficio missionario diocesano del 1959, aperta alle studentesse delle scuole medie superiori e tenuta per la formazione di future collaboratrici nell’attività missionaria diocesana, si coglie l’apertura alle questioni scottanti di quegli anni a livello culturale, politico e religioso: Conferenza di Bandung: anticolonialismo, nazionalismo, fronte unito dei popoli di colore; Il tramonto del colonialismo in Asia e in Africa; Il comunismo in Medio Oriente e in Africa; Il comunismo in Estremo Oriente; Il risveglio dell’Islamismo; La rinascita 167 BE FE 1950, n. 1-2, p. 32. 168 Così, almeno, per l’Ottava del 1951, BE FE 1950, n. 11-12, p. 26. 169 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1954, Relazione attività dell’U cio missionario ottobre 1953-ottobre 1954, non datata e non firmata, dattiloscritta. 170 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1954, Lettera di don Alberto Dioli alla signora Buzzoni, Fossanova San Marco, Ferrara, 28 gennaio 1954, nella quale don Dioli chiede un contributo per le manifestazioni dell’Ottava onde non privare i missionari delle offerte raccolte dall’Ufficio missionario, copia dattiloscritta. 171 “Ottava unità di Preghiera: 18-25 gennaio. Da qualche anno l’Arcivescovo ha avocato a sé questa iniziativa”, ACMDFe-Com, b. 1, cartellina 1958-1967, fasc. 1965, Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, Programma annuale 1964-65, p. I, copia dattiloscritta. Tuttavia nelle carte del 1965 dell’Ufficio missionario si trovano tre splendide lettere indirizzate a don Dioli provenienti dal monastero benedettino di Sant’Antonio in Polesine (26-11965), dal monastero di S. Chiara delle cappuccine povere (27-1-1965), dal monastero di S. Giustina delle agostiniane (31 gennaio 1965), che riferiscono della preghiera nella comunità religiosa durante l’Ottavario di preghiera per l’unità della Chiesa; vi è inoltre una relazione dettagliata delle riflessioni e preghiere, guidate dal cappellano mons. Quinto Silvestri, compiute dalle suore stimmatine francescane dell’Istituto “Ermanno Tibertelli” durante l’Ottavario, con citazione del concilio (26-1-1965), ACMDFe-Com, b. 1, cartellina 1958-1967, fasc. 1965. 64 del Buddismo; Atteggiamento nuovo dei popoli di colore verso le Missioni; La chiesa ed il colonialismo; Clero indigeno in Asia e in Africa172. Nel 1960 si conferma l’interesse per le tematiche ecumeniche. Il corso si sarebbe aperto con la proiezione e la discussione del film Le chiavi del Regno a Casa Cini, per poi proseguire con otto relazioni: Lutero, Protestanti e Cattolici. Storia di un conflitto; Il movimento di Oxford. Newman; Principali sette protestanti attuali; Una singolare esperienza missionaria: dott. Schweitzer e Padre de Foucauld; La chiesa Ortodossa. I motivi che hanno determinato lo scisma d’Oriente. Attuale posizione della chiesa scismatica di rito greco; La chiesa russa. Evoluzione della politica religiosa da Stalin a Kruscev; L’ottava dell’Unità di preghiere e il loro fondatore Padre Watson173. La decolonizzazione, l’ecumenismo, la compresenza delle religioni, la situazione delle chiese nei paesi sotto i regimi socialisti: l’Ufficio missionario sentiva e operava nella consapevolezza dei grandi nodi contemporanei e con questa apertura si inoltrava negli anni Sessanta, che segnarono significative svolte anche nella piccola storia dell’attività a favore delle missioni nella diocesi ferrarese. 2.2. Gli anni Sessanta: nuove prospettive Nel 1960 si tenne una nuova mostra missionaria, questa volta sul Polo Nord, organizzata nel marzo dall’Ufficio missionario diocesano in collaborazione con i Padri oblati di Maria Immacolata nei locali dell’ex Banco di Roma – Camera di Commercio. Fu inaugurata il 19 marzo 1960 alla presenza delle autorità cittadine174. Nello stesso anno si fece visita al museo missionario dell’Istituto Missioni Africane di Verona175 e nel 1961 si programmò per le studentesse delle superiori una visita al monastero armeno di San Lazzaro a Venezia per 172 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1958, Gisa Trevisani e don Alberto Dioli, Scuola di propaganda, dattiloscritto non datato. 173 Ibidem. 174 La chiusura della mostra era prevista per il 28 marzo, cfr. ACMDFe-Com, b. 3, cartoncino di invito all’inaugurazione alla mostra; cartoncino di invito a visitare la mostra; Inaugurata ieri la Mostra missionaria, “il Resto del Carlino”, 20 marzo 1960, p. 4. 175 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1960, Lettera di padre A. Villotti a destinataria non specificata, ma probabilmente Gisa Trevisani, Verona, 21 aprile 1960, dattiloscritta. Il Museo africano di Verona fu istituito nel 1938 come mostra delle attività dei missionari comboniani in Africa, cfr. http://www.museoafricano.org/ma/Default. aspx?id=34&ln=0 (23-1-17). 65 assistere alla messa in rito armeno176. Intanto proseguivano le consuete attività di formazione e organizzazione. Ma gli anni Sessanta si aprono anche con un invito “ad un approfondimento del problema missionario”. Nell’inviare il “resoconto finanziario” dell’anno missionario 1960-61 don Alberto Dioli e Gisa Trevisani firmano un’articolata riflessione sulla situazione missionaria datata 16 ottobre 1961. Innanzitutto si prende atto di un “fatto nuovo”: “per la prima volta le missioni sono state poste in stato di accusa dalla stampa mondiale dopo i fatti del Congo e dell’Angola, dopo quello che si prepara in altre colonie africane”177. Dopo un secolo e mezzo di impetuoso lavoro missionario, nel secondo dopoguerra iniziò la crisi delle missioni. Una crisi su più versanti, tra i quali il processo di decolonizzazione, come ben chiarisce Saverio Xeres, Dal momento che, come si è visto, una consistente parte di attività missionaria si era appoggiata o, comunque, era risultata collegata in modi diversi all’iniziativa coloniale, la decolonizzazione provocò significativi contraccolpi critici sulla missione stessa. In particolare, si veniva problematizzando il senso stesso dell’opera di «civilizzazione» svolta dalla Chiesa in diversi settori, in parallelo alla missione evangelizzatrice. Infatti, le nuove istituzioni politiche dei paesi ora divenuti indipendenti iniziarono a rivendicare tali attività come pertinenti alla loro responsabilità. Si giunse spesso, quindi, a mettere in sospetto la stessa opera umanitaria o di promozione culturale e tecnologica, come una modalità indiretta per imporre i modelli economici occidentali e i conseguenti, soffocanti legami con l’economia dei paesi industrializzati. Si metteva in discussione, d’altra parte, la sincerità stessa di molte conversioni, spesso motivate dai vantaggi economici e sociali derivati dalla disponibilità nei confronti degli Occidentali, fossero essi, appunto, missionari, esploratori o colonizzatori178. L’Ufficio missionario ferrarese non ritiene corretto associare i missionari alle colpe del colonialismo, ma invita anche a un esame di coscienza: La condanna del colonialismo è stata ed è violenta, indiscriminata ed anche ingiusta quando pone i missionari sullo stesso piano delle forze di 176 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1961, Lettere di padre Cherubino Cerakian a Gisa Trevisani, Venezia 4 aprile 1961 e 11 aprile 1961. 177 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1961, Lettera di Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani ai parroci, alle superiore di asili e istituti religiosi, alle delegate parrocchiali introduttiva al resoconto finanziario del 1960-61, Ferrara, 16 ottobre 1961, a srampa. 178 Xeres, Chiaro di luna, p. 284. 66 oppressione, li fa responsabili delle loro politiche, delle loro resistenze e dei loro sotterfugi. Ciò è molto doloroso. Ma altro è addolorarsi per un’ingiustizia ed altro è mancare di fiducia nelle possibilità di fermentazione del cristianesimo in una società autonoma e democratica. È un travaglio faticoso del quale a torto possiamo dolerci. Sarebbero state evitate alcune esplosioni di autentico furore se ci fossimo allineati già prima alle direttive del Papa Pio XII nella «Fidei donum». L’Africa si muove verso la libertà, Egli ammoniva, aiutiamola a farlo nella Fede179. La lettera firmata da don Dioli e da Gisa Trevisani nel 1961 e indirizzata ai parroci, alle superiore degli asili e degli istituti religiosi e alle delegate parrocchiali, indica i modi della collaborazione con le missioni nella nuova situazione mondiale, soprattutto di fronte al processo di emancipazione dell’Africa: È questa una nota inconsueta per un bilancio fatto solo di cifre, ma abbiamo ritenuta doverosa questa precisazione anche per noi della retroguardia missionaria, perché la collaborazione deve essere illuminata e intelligente. Il povero Missionario vecchio stampo, un po’ esploratore, medico, costruttore, la romantica figura così cara alle nostre riviste, scompare per sempre. Scompare anche il povero negro affamato, primitivo, straccione e ignorante. È commovente e forse efficace per muovere a pietà, ma non è conforme alle delicatezze della carità che deve essere rispettosa dei valori e della dignità di questi nuovi popoli. L’Africa presto avrà una sua politica, una sua economia, una sua arte, un suo modo di proporre le verità della fede e di assimilarle. Del resto il Papa della «Mater et Magistra» ha parlato anche delle missioni quando poneva le basi dei rapporti di giustizia tra i popoli ad alto livello di vita e popoli ad economia depressa. Un linguaggio dignitoso e pieno di delicato rispetto che pone la giustizia accanto alla carità. Offrendo alle missioni noi diamo quello che loro appartiene in nome di una più giusta ripartizione di beni. Siamo dunque con il Papa se teniamo questa linea di condotta. Il nostro popolo e i nostri collaboratori faranno il loro dovere senza i discorsi lacrimanti sulle capanne di paglia, i leoni, la febbre gialla e la lebbra. I missionari rimangono i nostri fratelli generosi e donati totalmente, anche se ora saranno ancora più nella posizione di chi serve, disposti a cedere il posto alle nuove leve indigene, appena ciò sarà opportuno. È questa anche la nostra posizione. Ciò non significherà una minore 179 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1961, Lettera di don Alberto Dioli e Gisa Trevisani ai parroci, alle superiore di asili e istituti religiosi, alle delegate parrocchiali introduttiva al resoconto finanziario del 1960-61, Ferrara, 16 ottobre 1961, a stampa. 67 responsabilità, una specie di smobilitazione, ma un servizio più umile e delicato180. Le antenne dell’Ufficio missionario ferrarese erano dunque ben recettive e non sfuggiva loro il mutamento epocale dei tempi. La scelta fu di accompagnarlo positivamente, ritenendo di porsi così in sintonia con le indicazioni dei pontefici. Secondo questa linea, anche i corsi di Cultura missionaria dei primi anni Sessanta furono attenti al mutamento dei tempi e all’aggiornamento in atto nella chiesa. Nel 1961 il tema è “Le chiese orientali verso l’unità?” e il programma è introdotto da don Dioli: Quest’anno il consueto corso di Cultura Missionaria organizzato da questo Ufficio Diocesano assume un’importanza particolare per il Concilio Ecumenico annunciato dal Santo Padre, Concilio che certamente affronterà i grandi temi del mondo delle Missioni e consacrerà l’ingresso nella Chiesa di nuovi popoli e di nuove civiltà181. Vi erano dunque attese nei confronti del concilio riguardo alle missioni. Tra i relatori al corso, indirizzato con grande attenzione “a tutti gli studenti e studentesse”, vi erano anche due studenti universitari, M. Pia Soatti su Dalla grande letteratura russa dell’‘800 all’ultima testimonianza di Boris Pasternak e Francesco Foddis su Gandhi: la dottrina della nonviolenza e il Vangelo. Ancora il concilio è l’orizzonte del corso di “Cultura missionaria” del 1962, dedicato alla conoscenza dell’Islam. Nell’introduzione al corso, non firmata, si coglie l’intenzione di cercare i legami possibili con l’Islam, abbandonando l’antica contrapposizione: Il tema scelto, per il Corso di Cultura Missionaria, è nuovo e si potrebbe dire inconsueto. Non mancherà perciò di interessare gli studenti delle scuole medie superiori ai quali, il mondo mussulmano sarà presentato nei suoi aspetti attuali, nella sua ricchezza interiore e autenticamente religiosa. Il prossimo Concilio Ecumenico si aprirà anche verso quel mondo per secoli chiuso ed ostile. Una rapida evoluzione sta facendo cadere molti dei motivi di contrapposizione, di lotta che hanno contraddistinto la nascita e lo sviluppo dell’Islamismo. 180 Ibidem. Sui mutamenti richiesti a missioni e missionari dalla decolonizzazione cfr. Mauro Forno, La cultura degli altri. Il mondo delle missioni e la decolonizzazione, Roma, Carocci, 2017. 181 ACMDFe-Com, b. 1, cart. Stampa missionaria-Volantini, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, Corso di cultura missionaria “Le Chiese orientali verso l’unità”?, s.n.t., p. 2. 68 I cristiani ora debbono operare perché il passato sia dimenticato e perché si chiariscano e si approfondiscano quei legami che l’Islam ha fin dalle sue origini con la Verità Rivelata. Anche all’Islam volgerà lo sguardo la Grande Assemblea Ecumenica. Intanto a noi viene richiesta un’attenzione amorosa ed illuminata. In questo senso riteniamo attuale, interessante e giustificato il tema prescelto. Ci auguriamo perciò che la novità dei temi e la serietà delle trattazioni trovino ascoltatori attenti e numerosi182. Nell’approccio all’Islam vi è un atteggiamento di attenzione e di ascolto, di valorizzazione e non di conversione, nel contesto dell’apertura conciliare. Le relazioni erano impegnative: L’Egitto oggi di Francesco Fabbri, che aveva appena visitato quel paese, L’Islam e l’Occidente cristiano di Luciano Chiappini, L’Islam e l’Africa di Maria Pia Soatti, L’Islam e il marxismo di Pasquale Modestino, L’Islam e il mondo induista di don Giulio Zerbini, L’Islamismo di fronte al concilio ecumenico di don Alberto Dioli183. L’orizzonte di don Dioli è largo e giunge all’incontro tra le diverse religioni: nel 1963 il corso di Cultura missionaria è dedicato a “Interiorità delle religioni non cristiane”, con relazioni su Essenza religiosa del giudaismo moderno (Gisa Trevisani), Due grandi maestri cinesi Lao Tse e Confucio (Bianca Maria Vissoli), Redenzione e metempsicosi nel Brahmanesimo (Adriana Bertozzi), Dottrine spirituali nell’insegnamento di alcuni maestri dell’Islam (M. Pia Soatti), Interiorità ed ascesi dell’Induismo (Aldo Ferrero184), Il Cristianesimo è completamento e perfezione delle altre religioni? (Alberto Dioli). Il corso era introdotto dalla visione del film Dal peccato alla gloria su san Martino de Porres (1579-1639), peruviano, figlio di un conquistador spagnolo e di una ex schiava nera di origine africana, canonizzato da Giovanni XXIII il 6 maggio 1962. La canonizzazione di questo santo mulatto doveva aver colpito qualcuno nell’Ufficio missionario ferrarese. Il discorso di Giovanni XXIII ai pellegrini venuti per la canonizzazione tenutasi nel giorno successivo sottolineava la carità, la penitenza, l’umiltà e la saggezza di Martino de Porres, “ángel de Lima”, e concludeva con l’auspicio “Que la luz de su vida ilumine a los hombres por el camino de la justicia social cristiana y de la caridad universal sin distinción de color o raza”185. 182 ACMDFe-Com, b. 1, cart. Stampa missionaria-Volantini, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, Corso di cultura missionaria. Il mondo islamico, p. 2. 183 Ibidem, p. 3. 184 Probabilmente nel volantino c’è un errore e si tratta invece di Aldo Ferraro. 185 Giovanni XXIII, Discurso a las diversas peregrinaciones llegadas para la canonizaciòn 69 Nell’omelia della messa di canonizzazione Giovanni XXIII aveva inserito quell’atto nella preparazione al concilio nel quale poneva le speranze per ringiovanire la chiesa. Nella via di santità seguita da Martino di Porres e nella luce della virtù risplendente nella sua vita Giovanni XXIII contemplava i frutti salutari desiderati dal concilio per la chiesa e per tutti gli uomini186. Per cogliere l’orientamento dato da don Dioli al corso di Cultura missionaria del 1963 si può leggere la sua introduzione, che sottolinea la ricerca di ciò che unisce, secondo l’impostazione di Giovanni XXIII, e anticipa le linee conciliari: Nello stendere i temi del “Corso di Cultura”, ho avuto la preoccupazione di mantenere un legame logico pur nella varietà degli argomenti. Molti conoscono dell’Induismo, dell’Islam, del Brahmanesimo gli errori che ci dividono e ci distinguono, pochi sanno delle verità che ci potrebbero unire. È certo che le grandi correnti religiose, al di fuori del Cristianesimo, contengono qualche autentica verità arrivata per misteriose vie fino agli spiriti più lontani e più estranei alle influenze della Rivelazione. Nelle religioni pagane cercheremo dunque ciò che unisce, ciò che è vero e che ci fa credere nella reale e progressiva espansione del Regno di Dio; perché gli errori, degni della nostra condanna non siano alla fine più in vista delle verità pur degne della nostra approvazione. Mi auguro che anche quest’anno nonostante le difficoltà del tema inconsueto, il nostro Corso abbia successo sopratutto [sic] nell’ambiente studentesco sempre generoso e aperto187. L’anno successivo don Alberto Dioli propose come tema L’unione dei del beato Martín de Porres, 7 maggio 1962, http://w2.vatican.va/content/john-xxiii/es/ speeches/1962/documents/hf_j-xxiii_spe_19620507_pilgrims-porres.html (19-1-17). 186 “Venerables hermanos y queridos hijos. Como ya hemos afirmado al comienzo de nuestra homilía, juzgamos muy oportuno el que este año en que se ha de celebrar el Concilio, sea enumerado entre los santos Martín de Porres. Pues la senda de santidad que él siguió y los resplandores de preclara virtud con que brilló su vida, pueden contemplarse como los frutos saludables que deseamos a la Iglesia católica y a todos los hombres como consecuencia del Concilio Ecuménico”, Giovanni XXII, Omelia nel rito di canonizzazione di san Martino de Porres, 6 maggio 1962, http://w2.vatican.va/content/john-xxiii/es/ homilies/1962/documents/hf_j-xxiii_hom_19620506_martino-porres.html (19-1-17). 187 ACMDFe-Com, b. 1, cart. Stampa missionaria-Volantini, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, Corso di cultura missionaria. “Interiorità delle religioni non cristiane”, s.n.t., p. 2. Alla partecipazione al corso era legato un concorso su un tema che sarebbe stato dettato nella conclusione. Il migliore elaborato sarebbe stato premiato con il soggiorno di una settimana gratuito presso l’Oasi delle Missioni a Roma, ivi, p. 4. 70 cristiani, confermando un interesse da tempo coltivato e citando l’impegno in tale direzione sia di Giovanni XXIII sia di Paolo VI: Per molti secoli, cristiani occidentali e orientali, si sono scambiati aspre accuse. Quelle dispute non hanno avvicinato le parti, hanno invece recato danno alla carità e scandalo ai non credenti. Sembra che quel tempo sia finito e che le iniziative ecumeniche si allarghino e che sia finalmente avviato il dialogo che il Pontificato di Giovanni XXIII preparò nello spirito del Vangelo. Questo dialogo, con Paolo VI si è fatto più spedito e il recente pellegrinaggio in Terra Santa ha acceso grandi speranze nel campo cristiano. Il Papa ha detto che “il tema dell’unione non può essere più eluso”. Così crediamo di avere sufficientemente giustificato la scelta dell’argomento per il corso di cultura missionaria 1964, dedicato ai Cristiani Orientali188. Il corso dedicava due relazioni alle chiese orientali, ma la tematica affrontata fu più ampia e vi fu come relatore anche il vescovo Mosconi sulle Prospettive ecumeniche. Le altre relazioni furono: La comunità di Taizè: ritorno alla spiritualità cattolica di Massimo Filippini, Il Pontificato di Giovanni XXIII e il problema ecumenico di Adriana Bertozzi, Le chiese orientali: dottrine spirituali di padre John Caneparo, gesuita, Movimenti verso l’unione nel campo protestante ed orientale di Pasquale Modestino, Origini e sviluppi dello scisma orientale di Bianca Maria Vissoli. Un quadro costantemente aggiornato delle attività dell’Ufficio diocesano missionario ferrarese negli anni Sessanta è offerto dal rendiconto annuale stampato a partire dal 1963. Il titolo La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche, mantenuto fino al termine dell’episcopato di mons. Natale Mosconi, risponde all’impostazione centralizzata data da decenni alle attività a sostegno delle missioni nelle diocesi. Si trattava di un servizio a un’azione universale diretta dal papato. Il resoconto che riguarda l’attività svolta dal 15 marzo 1962 al 15 marzo 1963 rispecchia innanzitutto l’impostazione tradizionale. In due pagine elenca le Pontificie Opere Missionarie (PP.OO.MM.), delineandone la storia, le finalità e i modi per sostenerle: Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo per il clero indigeno, Santa Infanzia. Scrupolosamente si segnalano le indulgenze annesse al sostegno dell’opera secondo la consuetudine di promuovere attività caritative con tale mezzo già presente nella chiesa pretridentina. Una storia lunga si mescola in questo opuscolo con le peculiarità 188 ACMDFe-Com, b. 1, cart. Stampa missionaria-Volantini, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, Corso di cultura missionaria. L’unione dei cristiani, s.n.t., p. 2. 71 dell’Ottocento e del Novecento. Iscriversi alle diverse Opere pontificie è segnalato nel resoconto come uno dei modi per aiutare le missioni, attentamente richiamati: favorire le vocazioni missionarie, pregare, elargire offerte, diffondere la stampa, fare apostolato specifico. Sono riportate a proposito le note esortazioni di Benedetto XV e di Pio XI nelle loro encicliche missionarie e viene indica la Giornata missionaria mondiale come l’occasione più adatta per raccogliere “gli aiuti per le Missioni”, definendola come “la festa della cattolicità, l’affermazione della fraternità universale delle menti e dei cuori, il contributo della Chiesa alla sovranità di Cristo Re”189. La stampa è costituita dalla più volte citata rivista “Crociata”, il cui titolo è erede della mentalità di conquista che ancora era presente nell’attività missionaria, “organo ufficiale di stampa” della Direzione Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie: “stampata a rotocalco e a grande formato, ricca di illustrazioni, porta in ogni casa un panorama quanto mai esatto della vita missionaria, spesso esposta o narrata da Missionari stessi. Essa è anche l’animatrice instancabile della cooperazione missionaria organizzata, della quale vigila e cura il progressivo sviluppo mediante la comunicazione dei suggerimenti e degli insegnamenti della Direzione Nazionale”190. Alle donne è affidata l’“opera apostolica”, caratterizzata dai lavori ritenuti tipicamente femminili: infatti “ha lo scopo di aiutare le Missioni e i Missionari mediante l’acquisto o la confezione di arredi sacri, corredo personale sia dei Missionari che degli indigeni, medicinali, ecc. La compongono distinte schiere di Socie ed . Le prime accordano mezzi materiali in danaro o in tessuti atti allo scopo; le altre danno il lavoro abile e paziente delle loro mani”191. Corredi e arredi andavano inviati al Segretariato missionario nazionale. L’orizzonte culturale e teologico della presentazione delle Pontificie Opere Missionarie è segnato dalla concezione della missione estera come eroismo, dei destinatari come “infedeli”, della salvezza dentro una “vera Chiesa” nella quale entrare mediante il battesimo, dell’educazione dell’infanzia come formazione di “buoni cristiani”. Nelle parole introduttive del Consiglio missionario diocesano si avverte, tuttavia, un aggiornamento ecclesiologico, derivante dalla visione della chiesa come “Corpo Mistico di Cristo”, che sottolineava l’onere per tutti i fedeli di cooperare all’opera evangelizzatrice: 189 ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, La diocesi di Ferrara per le Missioni Cattoliche nell’Anno 1962-63, Ferrara, Tipografia sociale, s.d. (d’ora in poi UMD 62-63), c. [2v]. 190 UMD 62-63, c. [2v]. 191 Ibidem. 72 Non è necessario, certo, ma riteniamo utile e, da parte nostra, doveroso sottolineare ancora la necessità che ha la Chiesa di portare l’unica parola di Salvezza a tutte le genti, debitrice, come Essa è, del Vangelo ai Giudei e ai Greci, ai dotti e agli ignoranti. Ma la Chiesa non sono soltanto il Papa, i Vescovi e i Sacerdoti: la Chiesa sono anche tutti i fedeli, tutti egualmente membri del Corpo Mistico di Cristo, anche se con diversa funzione; e, se al Papa e ai Vescovi, costituiti Maestri nella Chiesa di Dio, incombe la missione apostolica di predicare il Vangelo ad ogni creatura, agli altri è fatto impegno di esserne i collaboratori nell’evangelizzazione sicché anche “i loro nomi abbiano ad essere scritti nel libro della vita”192. L’opera attiva dei comuni fedeli a favore delle missioni era iniziata già nel corso dei secoli XVII e XVIII e si era affermata nel corso dell’Ottocento con una miriade di iniziative193, ma nel testo firmato dal Consiglio c’è una visione di chiesa leggermente modificata, che alla struttura gerarchica affianca una concezione organicistica, nella quale esiste un apporto di tutte le parti al buon funzionamento del corpo, in questo caso riguardo alla missione. La ricerca ecclesiologica cattolica degli anni Trenta aveva privilegiato l’immagine del “corpo mistico” e ne aveva tratto alcune dimensioni della chiesa neglette nella concezione giuridica e societaria induritasi nel periodo post-tridentino nel confronto con la riforma protestante. Si metteva l’accento sull’iniziativa della grazia divina, sull’aspetto misterico, sulla partecipazione di tutti i battezzati alla vita della chiesa come organismo194. Nell’introduzione al resoconto del 1962-63 lo sguardo si volge anche ai benefici che la collaborazione all’azione missionaria comporta. L’immagine che si presenta a questo sguardo è una contrapposizione tra una realtà ecclesiale, che sarebbe caratterizzata da uno spirito sempre giovane e dall’apertura universale, e una società tentata dall’egoistica chiusura della vecchiaia: noi crediamo anche fermamente che l’impegno missionario delle nostre vecchie comunità sia a loro stesse utile e concorra ad impedire o almeno ad attenuare quelle facili tentazioni di meschino egoismo e di chiusura senile che sono in così netto contrasto col respiro universale e l’aspirazione perennemente giovanile della Chiesa195. Ma c’è anche un’altra visione ad animare questo breve scritto: lo “slancio apostolico” di una chiesa che “va incontro alle nuove popolazioni che stanno 192 UMD 62-63, c. [1r]. 193 Metzler, La Santa Sede, pp. 30-36. 194 Xeres, Chiaro di luna, pp. 262-264. 195 UMD 62-63, c. [1r]. 73 affacciandosi, ricche di vergini energie e ansiose di affermarsi, all’orizzonte della storia”196. Immagine suggestiva, che richiama la congiuntura storica coeva della decolonizzazione. Trapela entusiasmo da queste righe e un confronto critico tra il vecchio occidente e i popoli che intendono diventare protagonisti. Una visione ‘ingenua’ e condizionata da occhi occidentali che colgono l’anelito di popoli considerati esterni alla storia fino ad allora. I cultural studies dei decenni successivi cercheranno di sfatare miti e distorsioni, ridando consistenza culturale propria ai popoli della decolonizzazione novecentesca. Ma va colta in questo passaggio anche una disposizione d’animo aperta alle potenzialità dei nuovi popoli, deposto il cliché interpretativo della loro inferiorità197. L’attività della diocesi a favore delle missioni nei primi anni Sessanta continua ad essere misurata e genera soddisfazione. Nell’anno 1962-63 le offerte sono aumentate e alla direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie è stata inviata “una somma più cospicua dell’anno precedente”, come riporta il direttore del Comitato diocesano delle PP.OO.MM., don Alberto Dioli. Il buon risultato, ottenuto “mediante l’aiuto fattivo e generoso dei Rev.mi Parroci, degli Istituti Religiosi e di tutti coloro che sentono profondamente il problema Missionario”, deve spronare “a compiere un lavoro sempre più intenso”. Così “I fedeli Ferraresi si uniranno a quelli di tutta Italia e delle altre Nazioni in questa gara di preghiera e di generosità, che veramente dimostra la Cattolicità caritativa della Chiesa Romana”198. L’opuscolo riporta in chiusura l’elenco dettagliato delle offerte versate dalle parrocchie di città e diocesi e da istituti e chiese cittadine in occasione della giornata missionaria mondiale e della giornata per la Santa Infanzia, per i battesimi e per gli abbonamenti alla rivista “Crociata missionaria”. Per numerose parrocchie compaiono i nomi delle “incaricate”, una rete capillare di donne, solo talvolta superiore degli asili, la cui opera soltanto la storia orale potrebbe, se sollecitata, recuperare. Così si può verificare come la rivista “Crociata missionaria” raggiungesse in numerose copie le piccole parrocchie di Guarda Ferrarese, Monestirolo, Contrapò, Chiesuol del Fosso, Cona, Fossalta, Gaibanella, Bondeno, Gambulaga, e in numero più contenuto altre parrocchie della diocesi, ma avesse già perso il suo richiamo nelle 196 Ibidem. 197 Sul giudizio culturale negativo circa le popolazioni delle terre di missione veicolato in quegli anni dalle riviste missionarie italiane cfr. Mauro Forno, La Chiesa cattolica e la decolonizzazione. Pagine di stampa missionaria dopo il 1945, «Passato e presente», 34 (2016), n. 97, pp. 79-102: 90-94. 198 UMD 62-63, c. [1v]. 74 parrocchie cittadine, ad eccezione della Sacra Famiglia e di San Gregorio199. Negli anni successivi, gli abbonamenti interesseranno anche altre parrocchie cittadine. Ma “Crociata missionaria” sarà una presenza ancora per breve tempo, cessando il periodico nel 1969 e con il periodico un immaginario missionario diffuso capillarmente. Il resoconto delle offerte degli anni successivi è molto positivo. Al termine dell’anno 1963-64 sono stati raggiunti i quattro milioni “per la prima volta”, grazie a un “lavoro oscuro” di continuo contatto dell’Ufficio diocesano con parrocchie, istituti educativi, Azione Cattolica. Sono state suscitate così “collaborazioni preziose”200. Il programma per l’anno successivo permette di cogliere con precisione l’intensa attività dell’Ufficio, prevedendo dodici punti: 1) Propaganda settimanale; 2) Giornata della S. Infanzia – 6 gennaio; 3) Ottava dell’Unità di preghiera: 18-25 gennaio; 4) Campagna della Fame e Collegio Studenti stranieri; 5) Corso di cultura missionaria; 6) Giornata della sofferenza; 7) Opera Apostolica; 8) Mostra degli artisti ferraresi; 9) Centro Educazione Missionaria; 10) Lega Missionaria Studenti; 11) Giornata Missionaria Mondiale; 12) Convegno diocesano delle Zelatrici201. Nel resoconto del 1964-65 vengono segnalati i “primi della classe” per le opere missionarie e accanto ad alcune parrocchie cittadine figurano anche Fossalta, Scortichino, Pontelagoscuro e Stellata202. Si era trattato di un anno di grande attività, nonostante le difficoltà a conferire stabilità all’apostolato missionario, segnato dal coinvolgimento appassionato di giovani. Le riflessioni che accompagnano il resoconto dimostrano la capacità di analisi attenta e lungimirante della situazione sia della diocesi sia delle modificazioni in atto nell’attività missionaria: I motivi che ci hanno indotto a pubblicare questo bilancio sono autorevolmente spiegati nella presentazione di S. E. l’Arcivescovo. E’ tuttavia necessaria questa riflessione sul nostro lavoro per vederne i pregi e i difetti in vista del nuovo anno. Le difficoltà sono a tutti note, come pure i limiti entro i quali ci moviamo. Noi apparteniamo ad una zona religiosamente sottosviluppata e la cooperazione missionaria trova qualche difficoltà ad organizzarsi in forma 199 UMD 62-63, c. [4v-5v]. 200 UMD 62-63, c. [2r]. 201 ACMDFe-Com, b. 1, cartellina 1958-1967, fasc. 1965, Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, Programma annuale 1964-65, copia dattiloscritta. 202 ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1964-65, Ferrara, Tipografia sociale, s.d. (d’ora in poi UMD 64-65), p. 9. 75 stabile. Da noi ogni apostolato organizzato vive i suoi momenti difficili e la cooperazione missionaria è una forma di Azione Cattolica. MOTIVI DI SPERANZA Abbiamo, nell’esame dell’attività di quest’anno, alcuni motivi che giustificano le nostre speranze. Il bilancio delle Pontificie Opere si è mantenuto nei termini di quello precedente ma si è aggiunta la Campagna contro la Fame che ha fruttato una somma rilevante: l’Opera degli studenti stranieri che si è andata consolidando nonostante le difficoltà: e infine un’espansione avvenuta nello stesso Ufficio Diocesano che ha lavorato con straordinario entusiasmo e, per la prima volta, senza interruzione. Questo è il fatto nuovo più rilevante. Il merito va ad un gruppo di giovani e ragazze che hanno dato vita alle varie attività con una straordinaria passione. I giovani « sentono» le Missioni molto meglio che in passato anche se in forma diversa. Essi vogliono aiutare le Missioni non soltanto con la questua. Sono rimasti particolarmente sorpresi e lusingati dalla prospettiva e dall’invito che la Chiesa ora rivolge al mondo laico. Le Missioni hanno bisogno di sacerdoti in primo luogo e, quasi sullo stesso piano, hanno bisogno di medici, di tecnici, di educatori, di una classe politica. I laici possono offrire alla causa missionaria la loro professione: non potranno dire la Messa ma saranno dei «testimoni». Noi speriamo che soprattutto questa speranza sarà in futuro confermata dai fatti e che l’Ufficio Missionario potrà fornire alle Missioni questo prezioso servizio e che altri si aggiungeranno a quelli che già sono impegnati in terra di Missione. Ricordiamo tra i nostri ferraresi il Dott. Fabbri, medico missionario in Nigeria; il Dott. De Sario, medico missionario nel Ghana; il Dott. Rosalba Sangiorgi, medico missionario; due giovani di Viconovo che si apprestano a partire per il Camerun con l’opera di Padre Barbieri203. Nei primi anni Sessanta così fervidi di cambiamenti nella società e nella chiesa, mentre si continuano a curare gli appuntamenti tradizionali, la formazione delle zelatrici e la preghiera, l’attività dell’Ufficio missionario si arricchisce dunque di collaboratori giovani204 e di nuove iniziative. 203 UMD 64-65, pp. 4-5. Sui due giovani agricoltori di Viconovo vedi anche Franco Manca, Un impegno di serietà e concretezza. Ferrara ha la sua base missionaria nella regione di Wiagha nel Ghana. Vi opera già il dott. De Sario. Presto partiranno due giovani ferraresi. Tutti siamo chiamati al coraggio che sia vera testimonianza evangelica, “Voce Cattolica”, 23 ottobre 1965, p. 1 (MM); sul rapporto tra Viconovo e la diocesi camerunense di Nkongsamba cfr. Per 5 giorni a Viconovo. Il vescovo africano mons. Ndongmo, “Voce Cattolica”, 31 ottobre 1964; Viconovo – Nkongsamba gemellaggio missionario, “Voce Cattolica”, 30 ottobre 1965, p. 2. 204 Già nella relazione al convegno regionale di Imola dell’ottobre 1961 Gisa Trevisani sottolineava che nella Commissione diocesana erano entrati “elementi nuovi e giovanissimi”, 76 Accanto al tradizionale sostegno alle Opere Pontificie, spunta infatti a fine 1962 la novità dell’ospitalità e del mantenimento in città di tre “studenti stranieri, Aspiranti medici Missionari”205. La storia di questa iniziativa è narrata nel resoconto dell’anno successivo: “L’assistenza agli studenti stranieri ha avuto inizio nel novembre 1962 con l’accettazione di n. 3 studenti, ai quali nel 1963 se ne aggiunse un quarto”206. La dettagliata “Relazione sull’attività in favore degli studenti stranieri” è firmata dal “Consiglio per gli Studenti Stranieri” e presenta uno sforzo impegnativo che non grava sulle entrate destinate alle PP.OO.MM. L’ospitalità era fornita dai tre istituti cittadini del collegio del Sacro Cuore, di Casa Cini e del collegio delle orsoline, con alloggio e parziale vitto. L’Ufficio missionario aveva sostenuto “spese di vitto, vestiario, tasse, libri e spese personali”. Un contributo era venuto dall’istituto di San Vincenzo e dalla mensa delle ACLI. Privati ed enti pubblici, dettagliatamente elencati, avevano sostenuto l’impresa. Offerte cospicue vennero dalla Cassa di Risparmio, dal Credito Agrario e dalla Camera di Commercio. Iniziò così il rapporto con il settore bancario e produttivo di Ferrara che diventerà costante per molti anni a sostegno delle missioni. L’iniziativa era maturata in costante relazione con il Centro Universitario Medici Missionari di Padova con il quale l’Ufficio missionario aveva già contatti da tempo207 e si progettava per il successivo anno accademico l’istituzione di un vero e proprio collegio universitario che garantisse vita comunitaria a beneficio della formazione degli studenti, assistenza spirituale continua, accoglienza anche di studenti italiani, privi in città di un collegio universitario. L’Ufficio ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1961, Lettera di Gisa Trevisani alla delegata nazionale Anna Danzi, Ferrara, ottobre 1961, senza giorno, copia dattiloscritta. 205 UMD 62-63, c. [4r]. Si veda la richiesta di sostegno economico rivolta al prefetto il 2 dicembre 1962, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1962, Lettera di don Alberto Dioli e Gisa Trevisani al prefetto di Ferrara, 2 dicembre 1962, dattiloscritta. 206 ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, La diocesi di Ferrara per le Missioni Cattoliche nell’anno 1963-64, Ferrara, Tipografia sociale, s.d. (d’ora in poi UMD 63-64), c. [3r]. 207 Nel corso di Cultura missionaria del 1961 erano stati invitati “studenti medici di colore” del Centro padovano per “alcune interviste”, cfr. ACMDFe-Com, b. 1, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, Corso di cultura missionaria “Le Chiese orientali verso l’unità”?, s.n.t., p. 2. Il Collegio universitario aspiranti medici missionari (CUAMM) era nato a Padova un decennio prima, nel 1950, e tra il 1954 e il 1960 erano partiti i primi 54 medici verso paesi africani in gran parte sotto il dominio coloniale. Sulla storia del CUAMM cfr. http://www.mediciconlafrica.org/blog/chi-siamo/storia/ (5-1-17); Cesira Filesi, Fabrizio Tonello, Pietro Veronese, L’avventura continua. Storia breve dei primi 60 anni di Medici con l’Africa Cuamm, s.l., Medici con L’Africa Cuamm, 2010; Paolo Rumiz, Il bene ostinato, Milano, Feltrinelli, 2011. 77 missionario diocesano era disposto ad assumersi la responsabilità del progetto, “con l’approvazione e l’aiuto” del vescovo. La presentazione nell’opuscolo annuale era ambiziosa e chiara nelle finalità e teneva conto di esperienze già in atto a Padova e a Parma: Ci siamo inoltre impegnati in un’opera nuova per gli studenti stranieri ai quali riserviamo la nostra particolare attenzione e ai quali dedichiamo un capitolo a parte della presente relazione. Quest’opera è ancora poco conosciuta e ancor meno apprezzata. Soprattutto non si conoscono le difficoltà incontrate. Se ne apprezza ancor troppo l’aspetto folcloristico, molto meno il carattere umano e cristiano. Si tratta di formare una classe dirigente di paesi nuovi che vogliono camminare in fretta, affermarsi, riscattarsi; volontà che si manifesta non solo nelle iniziative politiche, ma anche nel campo religioso e apostolico. Impegnandoci in quest’opera non abbiamo cercato la singolarità, né crediamo di «forzare» se pensiamo ora ad un COLLEGIO INTERNAZIONALE. Piuttosto siamo convinti di essere in ritardo coi tempi e con le loro esigenze. Ferrara è lodata per le sue tradizioni universitarie, tuttavia l’immissione di studenti stranieri e la creazione di un Collegio sarebbe un fatto di grande valore e non solo per il prestigio del nostro Ateneo208. Un vero e proprio collegio non nascerà mai a Ferrara, anche se si coltivò a lungo il progetto di istituirlo, appoggiandosi all’Istituto dei Sacerdoti di don Calabria nella Casa Buoni Fanciulli in Via Ruggero Bovelli e creando una comunità di studenti presente in città fino al 1980209. La presenza dei giovani studenti stranieri interrogava negli anni in cui accuse al colonialismo e sviluppo erano temi caldi. Lo dimostra un’intervista effettuata nel 1966 per il periodico della parrocchia di Santa Francesca Romana: Abbiamo intervistato per voi gli studenti stranieri ospiti alla casa dei Buoni Fanciulli in via Ruggero Rovelli n. 3. L’abbiamo fatto con comprensibile disagio, dal momento che avevamo preparato una serie di domande polemiche che raccogliessero i dubbi, le domande e forse anche le accuse che noi, noi tutti, mostriamo di pensare a proposito dell’Africa e dell’Asia. 208 UMD 63-64, c. [2r]. 209 Si possono consultare i resoconti annuali dell’Ufficio missionario conservati in ACMDFeCom. Per i primi anni cfr. UMD 64-65, p. 7; ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1965-66 (d’ora in poi UMD 65-66), p. 6; L’opera per studenti stranieri, “la Voce di Ferrara”, 21 settembre 1972, p. 1. Per un resoconto retrospettivo dell’opera per gli studenti stranieri, con le presenze e i nominativi degli studenti ospitati cfr. ACMDFe-Com, b. 3, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, 1963-1983. 20 anni di servizio al «Terzo mondo», s.n.t., pp. 4-6. 78 Questi ragazzi vengono da paesi profondamente inseriti nella Geografia della Violenza, della Fame, del Sottosviluppo, e noi con le nostre domande abbiamo cercato di scoprire le incongruenze e i drammi che queste condizioni postulano. Pensavamo di non essere accolti molto bene. Al contrario - abbiamo avuto un quadro vivo di giovani che, lungi dal pretendere di pontificare, ci tratteggiavano, con molta cortesia, le linee essenziali del loro pensiero; e se questo, fatte le debite cautele, è il pensiero dei loro coetanei crediamo che i risultati di questa intervista siano interessanti. Alla domanda: a che punto è la cultura istruzione in India e in Africa, ci siamo sentiti illustrare il quadro di una organizzazione scolastica a livello occidentale; ma questa era solo una domanda formulata per conoscerci, per rompere il ghiaccio. La seconda invece, rivolta a due Africani, toccava più nel vivo la loro sensibilità: è stato organizzato recentemente un festival delle Arti negre. Alcuni giornali hanno detto che il festival è stato solo una parata di danze tribali. Cosa ne pensate? La risposta è stata secca e precisa: l’Africa ha una lunga tradizione artistica, che ha trovato modo di esprimersi secondo caratteristiche forse non facilmente comprensibili agli europei, ma non per questo meno valide. E lo stesso motivo, si avverte nella seconda risposta. L’Africa, ci dice John, dopo che gli abbiamo chiesto se si trova d’accordo con quegli storici che affermano essere esistite nel continente nero splendide civiltà, ha conosciuto momenti felicissimi, paragonabili a quelli di altre civiltà primitive crollate per cause inspiegabili; né vale, aggiunge, negare questa realtà sulla base delle scarse testimonianze archeologiche. Evidentemente i materiali usati erano facilmente deperibili. Ma un nucleo civile si testimonia anche con altre manifestazioni e non solo con quelle architettoniche. Le civiltà fluviali africane hanno, ed è universalmente accettato, tutte le carte in regola per essere allineate con le altre civiltà. Risposte quindi che non ammettono repliche. Quando invece chiediamo se giustificano gli esperimenti rhodesiani e del Sud-Africa hanno un vero e proprio moto di fastidio e violentemente si scagliano contro i colonialisti (interessante notare come allineino gli Europei agli Arabi). Ma poi, considerando i massacri e gli squilibri congolesi, ammettono che la paura che spinge i bianchi a questi disperati tentativi è per lo meno comprensibile. Esaurite le domande sull’Africa ci rivolgiamo a James, l’Indiano. Molti giornali durante la recente campagna per la fame, si sono chiesti perché gli indiani non mangino le vacche sacre. Domandiamo a James fino a che punto la religione contrasti con il progresso. La risposta ci rivela una volontà precisa che questo rallentamento, ammesso in maniera ambigua, venga eliminato. Senza nessun piano preciso, ma con l’irruenza e l’insofferenza propria dei giovani. E quando 79 gli chiediamo come riesca l’India a conciliare il suo rifiuto della violenza con la guerra al Pakistan e l’invasione della colonia portoghese di Goa, ci aspetta un’altra sorpresa. La risposta disarmante nella sua semplicità è questa: il Pakistan ci ha attaccati, Goa è terra nostra. Nessuna implicazione filosofica, nessun tentativo di giustificazione: una risposta che è quasi una sfida all’Europa che pretende di «gelare» una nazione in un’etica statica. Abbiamo finito. Possiamo salutarci, conoscendoci un po’ di più. Forse quanto ci hanno detto deriva da una visione personale ma non crediamo. Ci accompagnano alla porta e ce ne andiamo. Loro rientrano: fra poco il custode metterà i catenacci al portone. Noi proseguiremo la serata in compagnia di amici, loro, gli studenti ventenni, stranieri, ospiti di Ferrara, potranno scegliere: studiare o dormire210. L’articolo è molto eloquente sulle difficoltà di un incontro reale tra differenti culture, ma anche sulla disponibilità a iniziarlo. Ed è proprio sullo “scambio”, invece, l’accento posto dalla rilettura di quell’esperienza operata dal Comitato contro la fame nel mondo nel 1983: Il lavoro venne impostato sul nuovo concetto di carità: non tanto dare a chi non ha e porre il miglioramento delle zone arretrate come semplice conseguenza meccanica dell’avanzato tenore di vita di altre zone, ma riconoscere che esiste un solo progresso profondo e duraturo: quello che si fonda sullo scambio tra i vari membri della comunità mondiale che si arricchisce non secondo un modulo astratto, ma perseguendo la sintesi di quanto più numerosi elementi possono cogliersi nelle varie civiltà e territori. Fin d’allora era convinzione generale, e il Comitato lo intuiva, che la civiltà, la prosperità e la pace non possono mantenersi a progredire, che nell’unità, nella comprensione, nella conoscenza reciproca; ma è soprattutto nell’affrontare insieme i rischi, le difficoltà della propria preparazione culturale e morale che si approfondisce, diventa come connaturato, il desiderio di veder realizzata e mantenuta l’unità in quel mondo che [sic] le attitudini insieme formate, le nozioni insieme apprese, sono destinate a durare211. Del resto negli anni Sessanta il problema della presenza di studenti stranieri in Italia e nel mondo si presentava in modo sempre più rilevante e poneva delicate questioni relative ai rischi di ghettizzazione e all’esperienza interculturale, quella cross-cultural experience, di cui trattava un opuscoletto edito dalla Lega 210 Gino Guidetti, Vogliono il progresso senza rinunciare alla propria civiltà. A colloquio con i giovani del terzo mondo, “Comunità cristiana. Periodico della parrocchia di S. Francesca Romana, Ferrara”, 14, (1966), giugno, pp. 7-8. 211 ACMDFe-Com, b. 3, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, 1963-1983. 20 anni di servizio al «Terzo mondo», s.n.t., p. 4. 80 Missionaria Studenti e dal movimento “Mani tese” nel 1972212. A inizi anni Sessanta l’Ufficio missionario appare molto vivace e propositivo anche per altre iniziative oltre che per l’Opera per gli studenti stranieri: l’adesione al Centro Educazione Missionaria, l’inizio della collaborazione con la missione di Wiaga in Ghana, la campagna contro la fame nel mondo, i rapporti con il movimento Emmaus dell’abbé Pierre. Già nel 1961 l’Ufficio missionario di Ferrara aderiva al Centro Educazione Missionaria, nato nel 1942 a Parma per iniziativa di tre missionari saveriani con l’intento di educare alla missionarietà nella scuola elementare, e aveva partecipato al primo convegno dei delegati delle sedi CEM tenutosi a Parma il 2 giugno di quell’anno213. Nell’organizzazione del CEM, così come fu concordato nel convegno di Parma del 1961, ogni sede era considerata una “rappresentanza diretta della Direzione Nazionale del Cem” e doveva svolgere “la sua attività nell’ambito della diocesi”. Ne aveva la direzione il direttore dell’Ufficio diocesano delle PP.OO.MM. ed erano previsti un delegato e più incaricati214. A inizi anni Sessanta il CEM aveva al suo attivo già numerose pubblicazioni e diversi convegni215. Nella diocesi di Ferrara risulta incaricata nel 1964 una maestra, Erminia Mascoli. La sede ferrarese aveva tenuto nel 1963-64 due incontri con la partecipazione di 50 maestri. Nel programma annuale del 1964-65 è inclusa l’attività del CEM: Centro Educazione Missionaria: movimento pedagogico didattico che intende concorrere alla formazione dei programmi scolastici ispirata agli orizzonti universali della fede cristiana. Questo movimento si rivolge agli insegnanti delle scuole elementari, alle Suore di asili dove esiste il doposcuola, agli incaricati delle Sezioni minori di Azione Cattolica, ai Direttori degli Istituti e degli Oratori dove ci sono bambini delle scuole elementari, suggerendo orientamenti e sussidi didattici. 212 ACMDFe-Com, b. 3, Gli studenti esteri in Italia, Dossier di studio n. 11, Roma, Tip. “Don Calabria”, 1972. 213 Si sono conservati gli appunti manoscritti presi in quell’occasione che riguardano lo spirito e l’organizzazione del CEM, oltre alle indicazioni pratiche per iniziare la collaborazione con le scuole, ACMDFe-Com, b. 1, cartellina 1958-1967, fasc. 1961, foglio manoscritto fronte-retro, datato Parma, 2 giugno 1961. 214 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1961, Organizzazione e attività delle sedi del Cem, Parma, 5 giugno 1961, dattiloscritto. 215 Sul Cem, divenuto poi Centro di educazione alla mondialità dal 1967 e trasferitosi a Brescia nel 1992, cfr. Antonio Nanni, Profeti di mondialità. Il movimento CEM nella scuola italiana, Bologna, EMI, 2007. 81 Quest’anno faremo un lavoro individuale incontrando personalmente i vari educatori. Diffusione della stampa per ragazzi, di carattere missionario: “Squilla missionaria” e il “Piccolo Missionario”. Incontro con un gruppo di professori delle varie facoltà della scuola media unica e un Padre Missionario, per sensibilizzare al problema missionario i giovani dagli 11 ai 14 anni216. Poi della sede CEM a Ferrara si perdono le tracce. Del sostegno a una missione in Ghana si parla per la prima volta nel resoconto del 1964-65: Abbiamo una Missione nel Ghana. I suoi problemi ci appartengono: un missionario francese il Padre Marneffe vive in una condizione di grande miseria. Per attrezzare e prima ancora costruire il suo piccolo ospedale gli abbiamo inviato due milioni: dobbiamo fare il resto con l’invio di altri fondi e ... di un medico disposto a condividere quella difficile condizione217. Il 14 gennaio 1965 don Dioli e Gisa Trevisani scrivevano a mons. Ugo Poletti, dal 1963 direttore nazionale delle PP.OO.MM., comunicando di aver destinato due milioni alla missione di padre Marneffe: Dopo la Campagna contro la Fame, 1965, abbiamo preso contatto con la Missione di Wiaga, nel Ghana, dove padre Marneffe, missionario francese, dirige un Centro di assistenza religiosa e sociale. Ci ha messo in contatto il dottor De Sario, ferrarese, medico nel Ghana dal 1958. Padre Marneffe sta approntando un Centro di assistenza ospedaliera in una zona sprovvista di medici, di locali, ecc… Abbiamo spedito la cifra di due milioni per un avvio dei lavori di costruzione del piccolo Centro. Il Governo del Ghana ha offerto le attrezzature più indispensabili: alcuni ferri chirurgici, alcuni mobili, ecc… Ora ci hanno richiesto strumenti meccanici necessari per l’impianto dell’acqua e della luce elettrica, indispensabili per l’avvio delle attività. Con la prossima Campagna provvederemo a questi218. 216 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1965, Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, Programma annuale 1964-65, p. II, copia dattiloscritta. 217 UMD 64-65, pp. 5-6. All’annuncio seguiva una lettera di ringraziamento di padre Marneffe per gli aiuti ricevuti, ivi, p. 6. 218 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1966, Lettera di don Alberto Dioli e Gisa Trevisani a mons. Ugo Poletti, Ferrara 14 gennaio1966, copia dattiloscritta. 82 Il legame che si instaurò con il missionario francese nel 1965 durerà a lungo e i resoconti annuali ne daranno via via conto. L’opuscolo del 197475 riassume questa lunga storia di una parziale adozione durata fino alla morte di padre Marneffe nel 1977219: Da 10 anni questo Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, aiuta la missione di Wiaga nel Ghana. La missione è stata segnalata nel 1965 al nostro centro dal dott. Vincenzo De Sario, medico ferrarese in Ghana. Egli l’aveva più volte visitata ed aveva constatato le enormi necessità sanitarie della zona ed apprezzato l’attività del direttore della missione cattolica, Philippe Marneffe, svolta con immensi sacrifici e con mezzi assolutamente inadeguati. Wiaga è nella Upper Region del Ghana, a circa 600 Km. dalla costa ed è costituita da un insieme di piccoli villaggi e capanne disseminate nella boscaglia per un raggio di circa 35 Km. attorno al villaggio principale. Gli abitanti sono circa 50.000; parlano il dialetto «buli »; la lingua ufficiale è l’inglese; sono di religione animista, ad eccezione di 1.500 cattolici. Abitano in capanne senza finestre, fatte di fango pressato; un muro pure di fango li protegge dagli uomini, dagli animali e dagli agenti atmosferici. Mancano completamente i servizi igienici. La vita media degli indigeni è intorno ai 35 anni. L’ignoranza, la povertà e la malnutrizione fanno dilagare le malattie infettive e parassitarie. Nel 1955 P. Philippe Marneffe, un giovane missionario francese, fondò a Wiaga la Missione Cattolica, che tuttora dirige. Nel 1957 conobbe il dott. De Sario, al quale si rivolse perché lo aiutasse ad attrezzare una piccola infermeria e perché gli ravvivasse le sue nozioni sanitarie. Privo di mezzi e con scarsa preparazione, non conosciuto dagli indigeni, dovette scovare gli ammalati nel «bush » e contenderli agli stregoni. Dal 1965 al 1970 Ferrara inviò a Wiaga otto milioni di lire, oltre alla attrezzatura completa per 25 letti ospedalieri e pompe per l’acqua donate dalla Montedison di Ferrara. Con questi aiuti il Padre iniziò la costruzione di un piccolo ospedale con un reparto per i lebbrosi, produsse la luce elettrica all’ospedale e al nucleo centrale di Wiaga; sistemò le condutture dell’acqua potabile; e stipendiò un infermiere indigeno, diplomato, rendendo così più efficace l’assistenza sanitaria dell’ospedale stesso. Con gli aiuti successivi inviati dai ferraresi il Padre portò al termine un reparto e ne costruì un altro per la maternità. Questo reparto è intestato a Mila Marchetti, studentessa ferrarese morta tragicamente, attiva 219 Un ritratto di padre Philippe Marneffe in ACMDFe-Com, b. 3, Capaci di giustizia. Testimonianze ferraresi nel terzo mondo, s.n.t, pp. 18-19. 83 collaboratrice del nostro Comitato e sensibilissima ai problemi del terzo mondo. […] Il dispensario della clinica ha un reparto per i ricoveri dei casi più urgenti, cioè quelli che richiedono l’intervento di un medico. […] Sebbene questo dispensario sia molto modesto, sono visitati moltissimi malati ai quali si dispensano le medicine, tutte inviate da Ferrara220. Intanto era iniziata a Ferrara anche la lunga avventura della Campagna contro la Fame221. Era stato Giovanni XXIII a contribuire in modo decisivo ad attivare una campagna mondiale contro la fame per mezzo della FAO in occasione della X conferenza internazionale dell’organismo delle Nazioni Unite nel maggio del 1960222. La campagna annuale contro la fame nel mondo viene citata già nel resoconto dell’Ufficio missionario del 1963-64223 e viene programmata per l’anno 1964-65 come attività dell’Ufficio missionario diocesano: La Campagna della Fame rappresenta per noi la maggiore speranza di quest’anno per una ulteriore espansione dell’opera per gli studenti. […] La Campagna della fame quest’anno sarà organizzata da L.M.S.224 nelle 220 Wiaga: una realtà che è nata, in Una presenza nel terzo mondo. Testimonianze ferraresi. Anno 1974-75, “La pianura”, 90 (1975), n. 11-12, pp. 86-87. 221 Il libretto che celebra il ventennio del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo fa risalire al 1963 la prima campagna, ma non vi è nessuna documentazione in proposito, cfr. ACMDFe-Com, b. 3, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, 1963-1983. 20 anni di servizio al «Terzo mondo», s.n.t. 222 Forno, La Chiesa cattolica, p. 96. Sul lancio della Campagna mondiale contro la fame da parte della FAO nel 1960, dopo cinque anni di negoziati, prolungata fino agli inizi degli anni ’80 si può vedere: http://www.fao.org/70/1955-65/it/ (9-1-17). 223 UMD 63-64, c. [2v]. Il gruppo della Lega missionaria studentesca seguito da padre John Caneparo aveva programmato già nella riunione del 23 novembre 1963 tra le iniziative la “campagna contro la fame con riferimento alla condizione dei paesi sottosviluppati ed in relazione ai programmi della F.A.O.”, da realizzare insieme all’Ufficio missionario diocesano, cfr. ACMDFe-Com, b. 3, Registro della Lega missionaria studenti 1963-1965, verbali del 23 novembre 1963, 28 gennaio, 14 febbraio, 21 febbraio 1964. Sul gruppo LMS di Casa Cini cfr. nota infra nota 226. 224 Lega missionaria studentesca. Era iniziativa della Compagnia di Gesù. Nella documentazione dell’Archivio del Centro missionario diocesano si trova un opuscolo a stampa che ne illustra l’organizzazione e le finalità, ACMDFe-Com, b. 3. L’Ufficio missionario ferrarese auspicò una sua diffusione tra gli studenti e la promosse attivamente. Nel programma per il 1964-65 così se ne parla: “Lega Missionaria studenti. E’ guidata dai Padri Gesuiti. Per ora esiste un gruppo esterno e due gruppi interni: uno presso le Suore di S. Vincenzo, P.zza Ariostea e un altro presso il Collegio S. Orsola. La nostra incaricata si 84 scuole Medie e Superiori; dall’Ufficio missionario nelle Parrocchie con modalità analoghe a quelle della giornata Missionaria. Saranno impegnate quindi le Zelatrici e l’Azione Cattolica maschile e femminile. Abbiamo chiesto che i fondi siano prevalentemente destinati agli studenti stranieri. È noto che non possiamo destinare a questo scopo neppure una piccola parte delle offerte raccolte nelle varie iniziative missionarie. La Campagna si svolgerà durante la Quaresima, nei tempi e nella forma che saranno fissate in un programma dettagliato già allo studio225. Il vescovo Mosconi la sostenne ben presto come “impegno cristiano dei giovani studenti” e ne affidò la guida all’Ufficio missionario diocesano226. Emise una nota in proposito il 3 marzo 1965 dal titolo Per la Campagna contro la fame, nella quale la qualificava come “quaresimale”, da vivere nello spirito di un’imitazione di Cristo: La campagna quaresimale contro la fame nel mondo è l’impegno cristiano dei giovani studenti che guidati dal nostro Centro Missionario, intendono vivere in dimensioni ecumeniche la realtà cristiana. Come il problema della fame - con quello della guerra - dà il quadro più tremendo della nostra epoca, così la «campagna» che «Gioventù studentesca» affronta, inizia e attua, ha dimensioni cattoliche, cioè universali, vuole l’impegno di tutte le categorie, stimola la presenza di tutte le coscienze. Questa splendida iniziativa pone i giovani - e pure tutti i cristiani - davanti alla realtà delle sofferenze che bruciano la terra. Questa «campagna» porta la gioventù studentesca - e porta tutti noi - nel vivo dei problemi in cui il mondo si dibatte. propone la fondazione di altri gruppi durante il corrente anno. Lega Missionaria Studenti avrà un ruolo importante nella Organizzazione della Campagna della Fame”, ACMDFeCom, b. 1, cartellina 1958-1967, fasc. 1965, Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, Programma annuale 1964-65, p. III, dattiloscritto. In AMCDFe è rimasta documentazione sull’esistenza già nel 1951 della Lega Missionaria Studentesca presso le scuole magistrali delle Suore di S. Vincenzo in Piazza Ariostea e un interessante registro con i verbali del nuovo gruppo fondato nel 1963 per iniziativa studentesca e diretto dal gesuita padre John Caneparo, cfr. ACMDFe-Com, b. 3, Registro della Lega missionaria studenti 1963-1965, con documentazione degli anni 1950-1951. Sugli altri due gruppi, di Piazza Ariostea e delle orsoline, anche questo “nuovo”, cfr. ivi, anno sociale 1964-65, IV riunione. 225 ACMDFe-Com, b. 1, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1965, Don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, Programma annuale 1964-65, p. II, dattiloscritto. 226 Costante restò l’attenzione di mons. Mosconi anche all’azione missionaria della chiesa, come dimostra pure la lettera dal concilio dell’ottobre 1965, “Missione” e “Missioni”. Lettera dal concilio di S.E. l’Arcivescovo (Roma, 12 ottobre 1965), “Voce cattolica”, 16 ottobre 1965. 85 Questo «problema della fame» sarà risolto se i giovani e i cristiani tutti l’affronteranno non per un giorno o secondo il prurito di una moda, ma come problema di completezza cristiana, di salvezza del mondo e di imitazione del Cristo. «Campagna quaresimale e impegno di carità». Se non si imita il Cristo, si vanifica e si annulla il suo esempio, si toglie forza al suo operare. San Cirillo di Alessandria afferma che gli esempi, se non sono imitati, cessano di essere tali. Cristo ha digiunato quaranta giorni e quaranta notti: Cristo ha moltiplicato i pani per la turba affamata. La nostra penitenza - soltanto questa - potrà diventare vera carità227. Il 23 marzo 1965 l’Ufficio missionario inviava ai parroci, alle incaricate missionarie, ai dirigenti dell’Azione Cattolica e alle suore degli asili ed istituti delle parrocchie cittadine un invito alla partecipazione alla proiezione serale nelle parrocchie di documentari sul problema della fame secondo un calendario programmato dal 30 marzo al 7 aprile, nel cuore della quaresima. I documentari sarebbero stati “introdotti da una breve conversazione tenuta da un incaricato dell’Ufficio Missionario e della FUCI”. Tale iniziativa era stata fissata in un incontro tenutosi il 7 febbraio 1965 dall’Ufficio Missionario “con tutte le organizzazioni cattoliche e collaterali” nel quale si era “stabilita una linea di azione unitaria ed organizzativa, al fine di dare alla grande iniziativa della “CAMPAGNA CONTRO LA FAME NEL MONDO” tutta la divulgazione che merita”228. Della campagna del 1965 si parla nell’opuscolo del 1964-65: La Campagna contro la Fame continua: il Comitato organizzatore è ora rappresentato dallo studente Franco Manca, che è pure incaricato a rappresentare la F.A.O. (Food and Agricolture Organisation). Ora si raccoglie la carta: ne ha l’incarico la Gioventù Studentesca. Dopo l’esperienza di quest’anno siamo convinti di poter fare molto meglio nella seconda edizione della Campagna 1965-66229. Nel 1965, infatti, era stato costituito per volere del vescovo Mosconi il Comitato cattolico ferrarese contro la fame nel mondo, che aveva dato vita alla prima ufficiale Campagna contro la fame, che coinvolse associazioni, 227 BE 1965, n. 5-6, p. 184; “Voce Cattolica”, 3 aprile 1965, p. 3. 228 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1965, Lettera circolare di don Alberto Dioli e Gisa Trevisani ai parroci, alle incaricate missionarie, ai dirigenti dell’Azione Cattolica, alle suore degli asili ed istituti, Ferrara, 23 marzo 1965, dattiloscritto ciclostilato. 229 UMD 64-65, p. 6. 86 scuole, istituti religiosi, parrocchie e istituzioni civili. Responsabile del Comitato venne designato don Alberto Dioli e i fondi della prima campagna erano inizialmente destinati al mantenimento degli studenti stranieri e a un lebbrosario nel Camerun230. La preparazione della Campagna fu lunga e impegnativa. Fu preparato un manifesto. In una lettera all’arcivescovo del 26 febbraio 1965 don Dioli scriveva: La preparazione della “CAMPAGNA CONTRO LA FAME” ci ha impegnati per diverse settimane. Il programma sottoposto alla E.V. è il frutto di incontri con le varie organizzazioni e con persone competenti. Non potevamo fare diversamente essendo alla prima esperienza e volendo evitare una impostazione superficiale senz’anima, una questua in più. Questo spiega anche il manifesto del quale conosce il testo. La “Campagna” infatti è stata pensata secondo lo stile già in uso in Germania e nel Veneto. Si trattava di dare un motivo soprannaturale ed ascetico alla Quaresima, per questo il manifesto doveva uscire il Mercoledì delle Ceneri in tutte le Parrocchie e gli Istituti231. L’organizzazione della Campagna contro la fame del 1965 si ispirò pertanto a Ferrara ad altri esempi, nel Veneto e in Germania. La Campagna iniziò il mercoledì delle ceneri con lo slogan “Digiuna tu, perché il tuo fratello digiuni meno”232. La Campagna, che coinvolgeva scuole e parrocchie in città e nel forese con un’articolata serie di iniziative di sensibilizzazione, si svolse in due fasi, la prima fino a Pasqua e la seconda, come suggerito dall’arcivescovo, dal 3 al 13 maggio, ultimo giorno della Campagna, per la settimana del 230 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1965, annotazioni ms. relative a documentazione non più presente nella cartellina. Non è stato ritrovato atto di costituzione del Comitato contro la fame nel mondo, ma vi sono riferimenti al fatto sia da parte di mons. Mosconi sia da parte del Comitato, come si vedrà oltre nel testo. Negli anni successivi la data di fondazione del Comitato fu variamente indicata, ma esiste un documento che ne colloca l’istituzione nel 1965, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Lettera circolare di Gisa Trevisani e di don Franco Patruno su carta intestata Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, non datata, dattiloscritto ciclostilato. 231 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1965, Lettera di don Alberto Dioli all’arcivescovo Natale Mosconi, Ferrara, 26 febbraio 1965. Nello stesso fascicolo si trova il testo di un volantino per la Quaresima 1965 del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo dal titolo Il bilancio della fame nel mondo, copia dattiloscritta. 232 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1965, Lettera circolare di don Alberto Dioli ai sacerdoti, istituti, collegi, comunità religiose, Ferrara, I Domenica di Quaresima, dattiloscritto ciclostilato (don Dioli firma come responsabile del Comitato ferrarese contro la fame); nello stesso fascicolo si trova il testo dattiloscritto di un volantino per la Quaresima 1965 del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo dal titolo Il bilancio della fame nel mondo recante lo slogan “Digiuna tu, perché il tuo fratello digiuni meno”. 87 risparmio con la raccolta delle offerte nelle parrocchie233. La Campagna contro la fame dovette tuttavia dar luogo a problemi nelle diocesi italiane se a inizi 1966 la Conferenza episcopale italiana diramò istruzioni dettagliate in merito: Dalla Commissione Episcopale per la cooperazione missionaria riceviamo e trasmettiamo il seguente Comunicato: Al fine di evitare importune ripetizioni e dannose dispersioni, l’organizzazione della “Campagna contro la fame” su piano nazionale è ancora affidata dalla C.E.I. alla Commissione Episcopale Italiana per le Missioni. Questa, pur nel rispetto della libertà di valide iniziative locali, ha elaborato alcune indicazioni comuni di azione: 1 - Ogni diocesi, come iniziativa di educazione sociale cristiana, come esercizio penitenziale ed opera di carità, durante la Quaresima promuove, secondo le possibilità, la “Campagna contro la fame”. 2 - Le Diocesi che, rispondendo all’appello del Papa per così grave problema, volessero far giungere le offerte nelle Sue Auguste mani possono farlo o direttamente o servendosi della Commissione Episcopale Italiana per le Missioni (Via di Propaganda, 1 - Roma). Questa poi le trasmetterà globalmente al Santo Padre a nome dell’Episcopato Italiano, con la distinta del contributo delle singole Diocesi. È una forma di contribuzione che, se pur toglie il piacere di un rapporto diretto coi beneficiati, è però evangelica, ecclesiale ed efficace. 3 - Le Regioni Ecclesiastiche e le Diocesi che hanno già una propria organizzazione con programmi assistenziali, possono continuare la loro attività come negli anni passati. Daranno però in seguito alla Commissione Episcopale per le Missioni una precisa relazione sia delle distribuzioni collettive, sia di quelle particolari al fine non solo di evitare duplicati, ma anche di formare un quadro esatto della partecipazione delle Diocesi alla “campagna” per darne comunicazione al Santo Padre, a completamento delle offerte a Lui personalmente consegnate. 4 - Dove esistono Comitati laici o iniziative locali autonome, si chieda loro, per quanto possibile, una spontanea adesione al Centro Missionario Diocesano e l’elenco delle erogazioni, da trasmettersi alla Commissione Episcopale. Il Movimento “Mani Tese”, in collaborazione con l’Episcopato, segnalerà pure le sue iniziative e distribuzioni. 5 - Le Diocesi o i Comitati locali che desiderassero ottenere segnalazioni 233 Si veda la documentazione in ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1965. Un dettagliato resoconto sulla Campagna del 1965 e sui contatti instaurati con padre Marneffe attraverso il dott. De Sario, nonché sul progetto di periodiche raccolte della carta da parte di “gruppi di ragazzi” sull’esempio delle parrocchie cittadine di San Benedetto e del Gesù nonché di altre città, cfr. Manca, Un impegno. 88 di “microrealizzazioni” da eseguire, possono farne richiesta alla Commissione Episcopale per le Missioni. In tal caso il loro contributo, pur restando nell’ambito della “Campagna contro la fame “, potrà essere computato anche nel resoconto ufficiale missionario della Diocesi234. Il comunicato della Commissione episcopale per la cooperazione missionaria della CEI sottolineava, in conclusione, che “l’organizzazione della “campagna contro la fame”, pur essendo affidata alla Commissione Episcopale per le Missioni, è e resta totalmente distinta dalle iniziative di cooperazione missionaria”235. D’altronde il 18 gennaio 1966 mons. Ugo Poletti aveva ben precisato quali dovessero essere le priorità e le distinzioni in una risposta a don Dioli, che gli aveva chiesto con lettera del 14 gennaio 1966 di poter inserire nel bilancio dell’Ufficio missionario diocesano la somma della Campagna contro la fame destinata a Wiaga e all’opera degli studenti stranieri: Caro don Dioli, ho letto con interesse la relazione che ella e la Delegata Diocesana, Sig.na Gisa Trevisani, mi hanno mandato circa le attività dell’Ufficio Missionario Diocesano in margine all’attività principale delle PP.OO.MM. Come son solito dire ai Convegni, nella Chiesa c’è posto per tutte le buone iniziative suscitate dallo Spirito Santo, purché si rispetti l’ordine dei valori: prima quello che è sostanziale ed inerente alla vita ed alle strutture della Chiesa, poi quello cha riguarda le singole membra. Perciò è buona la loro opera nell’ambito della “campagna contro la fame”. Però non è possibile far entrare nel bilancio ufficiale della Diocesi, presso la Direzione Nazionale, quello che di fatto non passa dalla Direzione Nazionale. Così è per le somme stanziate da voi per la Missione di Wiaga. Non hanno nulla in comune con le PP.OO.MM. Almeno per ora è così. Può darsi che in una riforma della Congregazione de Propaganda Fide sia meglio coordinata tutta la cooperazione missionaria. Sono invece molto lieto per l’assistenza agli studenti universitari esteri. Anche se si tratta di iniziativa locale, è però in perfetta sintonia con le direttive nazionali, anche se non è possibile far entrare nel bilancio nazionale le iniziative prettamente locali. Tuttavia avete tutto il mio incoraggiamento236. 234 “Notiziario della Conferenza episcopale italiana”, 2, 15 gennaio 1967, p. 10, consultabile in http://banchedati.chiesacattolica.it/cci_new_v3/allegati/43369/Notiziario_2_1966-67. pdf (14-7-17). 235 Ibidem. 236 ACMDFe-ComFe, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1966, Lettera di mons. Ugo Poletti a don Alberto Dioli, Roma, 18 gennaio 1966, dattiloscritto con firma ms. su carta 89 Mons. Mosconi intervenne numerose volte riguardo alla campagna contro la fame nei primi mesi del 1966. Il 25 gennaio annunciò l’inizio della Campagna contro la fame: “Domenica prossima 30 gennaio, si celebrerà la XIII Giornata Mondiale per i lebbrosi e subito dopo avrà inizio la Campagna contro la fame. Anche i nostri cari giovani si sono impegnati nell’una e nell’altra attività: e si impegneranno con uno spirito sempre più cristiano, di sacrificio e di personale generosità”237. Il 12 febbraio lanciò un accorato Appello per la lotta contro la fame238, al quale seguirono una Precisazione e una nota di Compiacimento, entrambe del 17 febbraio239. Vi si fa riferimento alla raccolta straordinaria promossa da Paolo VI a favore dell’India. Nella Precisazione mons. Mosconi richiamava le direttive della CEI: Un documento odierno della Conferenza Episcopale Italiana insiste perché tutte le somme offerte o raccolte da Enti e persone ecclesiastici (parrocchie, sacerdoti), religiosi (Comunità religiose e istituzioni da esse dirette), o comunque dipendenti dall’Autorità ecclesiastica (Azione Cattolica, ACLI, Movimenti, Comitati e Unioni dipendenti o collegati all’A.C.) siano consegnate all’Arcivescovo (Curia Arcivescovile, Ufficio «Lotta contro la fame»), e suo tramite, mandate al Santo Padre (come già s’è fatto per quanto qui pervenuto) affinché al più presto si intervenga «a strappare dall’imminente distruzione i 150 milioni di indiani minacciati»240. Il resoconto delle offerte raccolte durante la campagna per l’India furono pubblicate sul “Bollettino ecclesiastico”241. Ma la Campagna contro la fame nel mondo proseguì oltre la raccolta a favore dell’India e in una Lettera fraterna del 22 febbraio, pubblicata sulla “Voce di Ferrara” del 26 febbraio 1966 oltre che sul “Bollettino ecclesiastico”, dai toni piuttosto duri e disciplinari, a inizi quaresima, il vescovo Mosconi ne chiariva l’origine e le caratteristiche, ora senza riferimento alla campagna straordinaria per l’India: intestata “Pontificie Opere Missionarie”. 237 BE 1966, n. 1-2, p. 21. Natale Mosconi, Notificazione arcivescovile. Per i nostri fratelli, “Voce Cattolica”, 29 gennaio 1966, p. 1. 238 BE 1966, n. 1-2, pp. 22-23. 239 BE 1966, n. 1-2, p. 23. 240 Ibidem. 241 BE 1966, n. 1-2, pp. 41-42. Ferrara ha risposto con generosità, “Voce Cattolica”, 19 febbraio 1966, pp. 1-2. 90 LA CAMPAGNA CONTRO LA FAME NEL MONDO È in corso, e si deve continuare con tutto l’impegno. Deve essere promossa e guidata dall’Arcivescovo, per disposizione della CEI. L’Ufficio missionario è da Noi costituito in Comitato contro la fame, con la collaborazione di tutte le organizzazioni dipendenti dall’Autorità diocesana. Le offerte, frutto di iniziative generose e di mortificazioni personali, al termine della campagna, consegnate all’Arcivescovo, saranno da Lui presentate al Sommo Pontefice, lasciando al Suo Cuore di Padre di disporne, sia pure rispettosamente significando qualche intenzione particolare242. Dunque, il vescovo Mosconi intendeva promuovere e guidare la Campagna quaresimale contro la fame nel mondo attenendosi alle direttive della Conferenza episcopale italiana in merito. Di nuovo, il 4 marzo 1966, il vescovo di Ferrara ritornava sulla campagna contro la fame con un appello In nome della carità, esortando l’Ufficio missionario a continuare la sua opera, e precisando che le offerte raccolte sarebbero state inviate al papa: L’Ufficio Missionario continui e intensifichi la campagna. Tutti sentano questo dovere. Alla fine, nuovamente invieremo al Papa tutto quello che avremo raccolto. Come gli Apostoli dopo il comando di Gesù, il Papa – distribuirà il pane che la carità avrà moltiplicato243. Nel 1966, dopo la raccolta straordinaria a favore dell’India promossa da Paolo VI, a Ferrara si tenne dunque la terza Campagna contro la fame nel mondo, con inizio il 23 febbraio, mercoledì delle ceneri, e fu stampato un manifesto, nella quale è definita come la seconda, seconda, evidentemente facendo riferimento alle due edizioni ufficiali sostenute dal Comitato cattolico 244. Si era nuovamente costituito il Comitato cattolico contro la fame nel mondo “dopo il successo della Campagna 1965”, come recita un avviso inviato dal Comitato “alle incaricate missionarie parrocchiali, ai responsabili dei rami giovanili dell’Azione Cattolica, e di tutte le altre Organizzazioni cattoliche”, con l’intenzione di un impegno ancora più intenso nel 1966245. 242 BE 1966, n. 1-2, p. 25. Cfr. anche Natale Mosconi, Lettera fraterna, “Voce Cattolica”, 26 febbraio 1966, p. 3 (MM); A.D., Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, “Voce Cattolica”, 19 marzo 1966, pp. 1, 4. 243 BE 1966, n. 1-2, p. 27. 244 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1966, Comitato contro la fame nel mondo, invito dattiloscritto originale e non datato [ma febbraio 1966] con annotazioni ms.; IIa Campagna contro la fame nel mondo, Ferrara, 1 febbraio 1966, copia dattiloscritta con annotazioni ms. 245 ACMDFe-Com, cart. 1958-1967, fasc. 1966, Comitato contro la fame nel mondo, invito 91 Un dattiloscritto programmatico dell’1 febbraio 1966 dispone che il manifesto sia inviato a tutte le parrocchie, ai collegi, istituti, scuole medie inferiori e superiori, università e pubblica affissione. Progetta la costituzione di due comitati: il comitato studentesco per la raccolta della carta, la propaganda e la raccolta dei fondi e un diverso Comitato cittadino per il quale viene fissata una riunione per l’8 febbraio estendendo l’invito a partecipare a oltre trentacinque laici oltre a don Giuseppe Cenacchi e a don Fortini. La sensibilizzazione per gli studenti andava fatta con proiezioni di documentari, diapositive e conversazioni e per gli adulti con proiezione serale di documentari nelle parrocchie richiesti a Mani Tese. Per informare e coinvolgere la cittadinanza era programmata una tavola rotonda a Casa di Stella dell’Assassino246. Una lettera non datata firmata da don Alberto Dioli e Gisa Trevisani indirizzata ai parroci, alle incaricate missionarie e ai rappresentanti di Giunta della diocesi di Ferrara avvertiva che “Questo Ufficio costituito COMITATO CONTRO LA FAME NEL MONDO da S. Ecc.za l’Arcivescovo” avrebbe organizzato la giornata annuale di raccolta per gli studenti stranieri e l’ospedale del Ghana, fissata per il 22 maggio in accordo con l’arcivescovo e preceduta da una visita di propaganda di alcuni incaricati dattiloscritto originale e non datato [ma febbraio 1966] con annotazioni ms. Il passaggio “Si è costituito il Comitato ferrarese contro la Fame nel mondo” è stato corretto a penna in “Si è ricostituito il Comitato ferrarese contro la Fame nel mondo”. 246 Sul dattiloscritto furono aggiunte a mano numerose altre personalità della cultura, oltre ai due gesuiti padre Vincenzo D’Ascenzi e padre John Caneparo, al provveditore degli studi, ai presidenti dei Laureati cattolici e della Fuci, ai sindacalisti della CGIL, UIL e CISL, cfr. ACMDFe-Com, b. 2, cart.1966, IIa Campagna contro la fame nel mondo, Ferrara, 1 febbraio 1966, copia dattiloscritta con annotazioni ms. Si è conservato il testo dell’invito alla riunione dell’8 febbraio per la “Costituzione del Comitato cittadino contro la fame”, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1966, Invito di don Alberto Dioli e Gisa Trevisani senza destinatari, con oggetto “Costituzione Comitato cittadino contro la fame nel mondo”, Ferrara, 5 febbraio 1966, copia dattiloscritta. Si è conservato anche un cartoncino di invito del Centro studi «Carlo de Foucauld» a un pubblico dibattito per il 13 aprile a Casa di Stella dell’Assassino sul tema: “Il problema della fame nel mondo”, con la partecipazione dell’onorevole Francesco Loperfido, il dott. Eddie Evans, birmano, del CUAM di Padova, e del prof. Pasquale Modestino (ACMDFe-Com, b. 1, cart. 19581967, fasc. 1966). Sul Centro studi «Carlo de Foucauld» (1962-1974) e la sua rilevanza culturale ed ecclesiale in quegli anni a Ferrara cfr. La diocesi di Ferrara (1954-1976), in Il Vaticano in Emilia-Romagna. Apporti e ricezione, a cura di Maurizio Tagliaferri, Bologna, EDB, 2007, pp. 321-366: 330-335; Andrea Zerbini, Ambiti, figure e tappe della ricezione conciliare nella Chiesa di Ferrara (1954-1976), Ferrara, Cedoc SFR, 2008, pp. 16-26 (Quaderni Cedoc SFR 2). 92 dell’Ufficio “approfittando del «fioretto»”247. Per sensibilizzare al problema della fame “dieci giovani universitari e alcune ragazze” dell’Ufficio missionario diocesano si recarono in maggio a far visita a parrocchie di città e diocesi, spesso parlando durante il “Fioretto”. Il resoconto di quest’opera comparve sul settimanale diocesano “Voce Cattolica” a firma del Comitato cattolico contro la fame nel mondo. Si sottolineava l’attenta preparazione dei giovani “sul Vangelo, sulle Costituzioni e decreti del Concilio, sui discorsi del Papa, sulle dispense di ordine tecnico riguardanti il problema della fame”248. Al concilio, in particolare alla Gaudium et spes, allora più nota come “schema 13”, aveva fatto riferimento don Alberto Dioli in una lettera del 16 marzo 1966 diretta alle incaricate missionarie, a tutti i rami dell’AC, a Rinascita, alla FUCI, al Movimento Maestri, al Movimento Laureati, alle superiore degli istituti ed educandati femminili. Don Dioli, che firmava per il Comitato, informava che “la recente campagna per l’India” aveva ritardato il lavoro per la Campagna contro la fame. Il Comitato riteneva tuttavia che si dovesse ugualmente svolgere “un programma di sensibilizzazione e di impegno” nei mesi successivi “con iniziative tendenti a raggiungere i vari ambienti”249. Vogliamo ripetere in occasione della Pasqua l’esperienza dello scorso anno per la campagna contro la fame. Allora gli Insegnanti di Religione illustrarono i motivi della campagna. Riteniamo che dopo la grande divulgazione data al tema dalla Radio e dalla T.V., i giovani sappiano molte cose, perciò non si deve ulteriormente insistervi. Ci sono però motivi religiosi che scaturiscono dallo “schema 13” che possono essere illustrati e divulgati. Lo stesso si dica della nostra missione di Wiaga e dei nostri studenti. A queste nostre opere andrà la raccolta di offerte che potrà essere effettuata in occasione del precetto Pasquale. Confessiamo di avere avuto molte perplessità prima di chiedere questo ulteriore sacrificio alla popolazione. Ma vi siamo stati indotti dalla 247 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1966, Lettera circolare di don Alberto Dioli e Gisa Trevisani ai parroci, alle incaricate missionarie, ai rappresentanti della Giunta della diocesi di Ferrara, non datata, dattiloscritto ciclostilato. 248 Il Comitato cattolico contro la fame nel mondo, Nelle parrocchie della nostra diocesi. Si sta affrontando responsabilmente il problema per la fame nel mondo, “Voce Cattolica”, 14 maggio 1966, p. 1. 249 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1966, Lettera circolare di don Alberto Dioli alle incaricate missionarie, a tutti i rami dell’AC, a Rinascita, alla FUCI, al Movimento Maestri, al Movimento Laureati, alle superiore degli istituti ed educandati femminili, Ferrara, 16 marzo 1966, dattiloscritto ciclostilato (don Alberto Dioli firma per il Comitato). 93 necessità di mantenere i nostri impegni per i quali non ha potuto nulla essere detratto dalla recente campagna per l’India. Le due opere nostre vivono ancora dei contributi raccolti lo scorso anno250. In un articolo firmato dall’Ufficio missionario diocesano su “Voce cattolica” si ricordava la scelta dei due obiettivi della Campagna contro la fame in accordo con il vescovo e si illustravano le necessità della missione di Wiaga in Ghana, oltre a esortare a proseguire nel generoso aiuto nonostante vi fosse già stata la campagna straordinaria a favore dell’India: Quella raccolta ha avuto un carattere straordinario dovuto ad alcune contingenze di estrema urgenza e gravità. Non bisogna dimenticare che la Fame continua e che quel gesto di straordinaria generosità verso una sola Nazione non cessa di proporre a tutti noi un’azione permanente. Nonostante lo sforzo compiuto da tutti i settori della cittadinanza e la notevole cifra raccolta in un momento di entusiasmo e di commozione, osiamo sostenere che molto manca ancora alla formazione di una coscienza cristiana di fronte ad un problema tanto grave. Bisogna ancora parlare, richiamare, discutere, proporre azioni concrete che avviino quei Paesi, e non soltanto l’India, verso forme autonome di promozione sociale, economica e religiosa251. Non tutto è chiaro riguardo alla fase iniziale della Campagna contro la fame. Nel resoconto del 1964-65 quest’ultima viene giustificata all’interno delle attività dell’Ufficio missionario: La Campagna non è un espediente, un motivo indovinato per arrivare al cuore ed alla borsa della gente. Neppure c’è da temere che le Missioni saranno ora dimenticate per un problema tanto vasto angoscioso, ma troppo estraneo alla missione della Chiesa. Il recente viaggio di Paolo VI alle Nazioni Unite e prima ancora la visita all’India, il discorso tenuto ai Padri Conciliari al ritorno dall’America, contenente un preciso indirizzo pratico, un invito alla concretezza, dissipano eventuali dubbi e incertezze. Noi non abbiamo prevaricato superando i confini che ci erano assegnati. Stiamo invece occupando una «zona» che ci apparteneva anche prima, che apparteneva almeno al laicato cattolico al quale è affidato il compito dell’organizzazione del mondo 250 Ibidem. 251 Ufficio Missionario Diocesano, I veri motivi ideali per una carità permanente, “Voce Cattolica”, 30 aprile 1966, p. 1 (MM). Sulla campagna del 1966 cfr. anche Comitato cattolico contro la fame, Domenica 22 maggio. Si celebra la Giornata Diocesana per la campagna contro la fame, “Voce Cattolica”, 21 maggio 1966, p. 1. 94 secondo giustizia e carità. Crediamo di avere interpretato rettamente la dottrina di Papa Giovanni che ha scritto la carta fondamentale dell’apostolato cristiano nella «Pacem in Terris». Il tema della solidarietà mondiale ha trovato larga risonanza in tutto il mondo. La Chiesa è tutta in ogni luogo e ciò che facciamo per l’Africa o per l’Asia è fatto anche per la Comunità ferrarese.252 C’erano stati “dubbi e incertezze”? Da parte di chi, se l’iniziativa fu sostenuta dal vescovo. Questo testo è attento ai passaggi epocali che chiesa e mondo stavano vivendo: la sfida della fame e della solidarietà mondiale, l’insegnamento di papa Giovanni XXIII nella Pacem in terris, i viaggi e la parola di Paolo VI. Vi è inoltre una precisa teologia del laicato, in sintonia con il concilio non ancora concluso. Per chi scrive il cambiamento in atto è una fedeltà. Il mutamento è accolto e voluto dai responsabili dell’Ufficio missionario con convinzione ed entusiasmo. Il resoconto dell’anno successivo, 1965-66, si sofferma di nuovo sulla Campagna contro la fame. Si sta creando la consuetudine di svolgerla durante la Quaresima e si curano contatti anche fuori dalla propria organizzazione, constatando che “i Paesi sottosviluppati, le loro necessità, i loro problemi hanno sollecitato molte buone volontà e nuove iniziative”253. Il campo missionario si è allargato secondo l’Ufficio missionario: “il problema è diventato estremamente vasto ed è questa la vera grande novità del campo Missionario”254. L’Ufficio missionario di Ferrara considerò la Campagna contro la fame come un allargamento degli orizzonti della missione e le diede uno spazio crescente, a sostegno di alcune iniziative nate a livello locale: inizialmente la missione di Wiaga e l’opera per gli studenti stranieri. Era tuttavia necessario mantenere l’esistente trama di attività a favore delle PP.OO.MM. e fu probabilmente il timore di una fuga in avanti che portò alle precisazioni contenute nel resoconto del 1965-66: Se abbiamo iniziato con la Missione di Wiaga non è per mettere al secondo posto le Opere Missionarie tradizionali che conservano la loro validità. I nostri sforzi dovranno essere ugualmente orientati nel senso voluto dalla Chiesa. Il Papa nel radio-messaggio 1963 ha dichiarato che le Opere Pontificie della Propagazione della Fede, della S. Infanzia, del Clero indigeno, sopravanzano le iniziative per Missioni particolari, perché «provvedono su un piano universale e con una visione totale delle più varie 252 UMD 64-65, p. 5. 253 UMD 65-66, p. 7. 254 UMD 65-66, p. 5. 95 necessità, agli aiuti spirituali da destinare a tutte le Missioni. Ognuno, con spirito di fede e di illuminata carità, contribuisca all’incremento delle PP.OO.MM., che per volontà della Sede Apostolica, debbono essere istituite in ogni diocesi di ogni Nazione»255. Vengono quindi riportate le caratteristiche delle Pontificie Opere Missionarie e le indicazioni per ottenere “Crociata”, definita “la voce delle PP.OO.MM.”. L’impegno per garantire le quote familiari a favore delle Pontificie Opere Missionarie e gli abbonamenti alla rivista in diocesi è enorme: vi sono 77 delegate parrocchiali e l’obiettivo è avere un incaricato per parrocchia o istituto256. Nel resoconto del 1965-66 si precisò anche che per l’opera degli stranieri non erano state toccate le offerte destinate alle PP.OO.MM., ma che l’integrazione era venuta dalla Campagna contro la fame257. Inoltre fu pubblicata a parte un Relazione finanziaria ad opera dell’Ufficio diocesano missionario, Reparto studenti stranieri, dal titolo Opere Missionarie Ferraresi, dedicata all’Opera Studenti Stranieri e all’ospedalelebbrosario di Wiaga. La relazione era firmata “Per il Comitato: il responsabile Don Alberto Dioli” 258. Si introduceva in questo modo un settore di impegno parallelo alle iniziative legate alle Pontificie Opere Missionarie. Una nuova strada che avrebbe avuto molto futuro. Il carattere difensivo di alcune affermazioni nell’opuscolo del 1965-66 e i già citati interventi del vescovo Mosconi nel febbraio 1966, nonché la risposta di mons. Ugo Poletti a don Dioli nel gennaio 1966 sopra riportata fanno supporre che ci dovette essere qualche attrito tra Ufficio missionario e autorità ecclesiastiche anche a Ferrara. Nella diocesi di Forlì il Comitato contro la fame nacque nel 1963, con il contributo anche di Annalena Tonelli259, e restò invece indipendente dall’Uf255 Ibidem. 256 Ibidem. 257 UMD 65-66, p. 6. 258 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1966, Relazione finanziaria. Opere Missionarie Ferraresi, Ottobre 1965-Ottobre 1966, a stampa. 259 Su Annalena Tonelli e il Comitato per la lotta contro la fame nel mondo di Forlì, tuttora operante, cfr. http://www.comitatoforli.org/, in particolare su Annalena Tonelli: http:// www.comitatoforli.org/annalena-tonelli-documentazione-e-libri/ (17-2-17). Poco tempo dopo il convegno di Tossignano-Imola fu eletta come delegata diocesana dell’Ufficio missionario di Forlì Annalena Tonelli (1943-2003), poi missionaria in Africa dal 1969 e uccisa in Somalia nel 2003, cfr. ACMDFe-Com, b. 2, cartellina 1964, Lettera di don Mario Capanni a Gisa Trevisani, Forlì, 12 dicembre 1964. Nella lettera Annalena, allora ventunenne, viene definita “un’ottima ragazza, piena di iniziativa e capace organizzatrice”. 96 ficio missionario diocesano, come attesta la relazione della delegata diocesana di Forlì per il convegno regionale delle delegate e zelatrici missionarie di Tossignano-Imola del 27 settembre 1964: Forlì ha conosciuto in questi ultimissimi anni un interesse nuovo per i problemi missionari anche perché alcune associazioni cattoliche giovanili lo hanno posto come fulcro della propria attività per interi mesi dell’anno. Il problema della fame e quello della lebbra, ampiamente trattati con decine e decine di riunioni, è stato oggetto di interesse fra la cittadinanza. Siccome a promuovere iniziative al riguardo erano giovani cattolici, in pratica quelle giornate erano di propedeutica missionaria. Non ci è possibile dare un resoconto esatto del lavoro svolto: se la cifra delle offerte può esprimere qualche parte della sensibilità umana sottostante, possiamo dire che in quest’anno si è avvicinata ai 2 milioni per i lebbrosi ed ha già superato il milione per la fame. La presenza in Diocesi dei Missionari Esteri di S. Pietro in Vincoli costituisce un’altra centrale di sensibilizzazione che i medesimi Padri certo utilizzano con profitto per il raggiungimento dei loro nobili fini. Questo attivismo, che a noi risulta soltanto per riflesso, non porta a conoscenza diretta dell’Ufficio Missionario Diocesano i risultati concreti raggiunti. Esiste tuttavia un collegamento dovuto all’incontro nel profondo delle aspirazioni missionarie comuni a noi e a loro dal quale pensiamo sia derivato un reciproco stimolo per la crescita, varia libera e feconda dell’iniziative missionarie. Il nostro Ufficio non ha notato una diminuzione né delle attività svolte, né dei risultati raggiunti. Soltanto che accanto a noi hanno agito anche altri con buoni risultati. L’unico inconveniente, non certo trascurabile, è la mancanza di un’unica direttiva nel distribuire i benèfici risultati. Ciò compromette parte del successo tanto faticosamente conquistato260. A Ferrara si stabilì invece una convivenza non sempre chiara tra l’Ufficio missionario e il Comitato ferrarese contro la fame che rende non semplice ricostruire la storia di entrambi per le sovrapposizioni di funzioni e le mancate distinzioni. Il Comitato ferrarese contro la fame organizzò nel 1965 anche una “Mostra benefica dei pittori ferraresi”, che si tenne dal 23 maggio al 3 giugno nel chiostrino di San Romano in città, con la partecipazione di quaranta pittori. Vi era “abbinata” una “Rassegna di Arte afro-asiatica”. Il ricavato era destinato alla costruzione di un Pronto soccorso lebbrosario in Camerun e a quattro borse di studio per gli studenti afro-asiatici di Medicina ospitati 260 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1964, Ufficio missionario diocesano – Forlì, Relazione per il Convegno di Tossignano (27 settembre 1964), copia dattiloscritta. 97 a Ferrara261. L’iniziativa fu ripetuta l’anno successivo dall’1 al 10 giugno presso la Galleria d’arte “G. Montanari”, in via Contrari in città, a favore dell’ospedale lebbrosario di Wiaga in Ghana262. Nel 1967 fu il Comitato ferrarese contro la fame a stampare una propria Relazione annuale per il periodo ottobre 1966-ottobre 1967 firmata “Per il Comitato il responsabile don Alberto Dioli”. Vi erano registrate le entrate della Giornata dei lebbrosi (29 gennaio 1967), che a lungo sarà celebrata in diocesi con impegno, sostenuta dall’Ufficio missionario nell’ambito della Campagna contro la fame263, e della Campagna contro la fame (Quaresima 1967) ed erano fornite dettagliate informazioni sull’ospitalità agli studenti stranieri e sulla missione di Wiaga. Vi figurava anche l’elenco dei contributi provenienti da scuole e istituti di Ferrara e provincia nonché dalla raccolta della carta degli studenti di Bondeno e di Ferrara264. L’iniziativa della Campagna, come si deduce dalla documentazione, intendeva coinvolgere l’intera cittadinanza, a partire dalle scuole. Negli appunti della riunione organizzativa del Comitato contro la Fame tenutasi l’1 febbraio 1967 a Casa Cini era stato comunicato che le ACLI, componenti del Comitato, avevano inserito nel loro programma “un incontro con un membro qualificato del “Comitato” per preparare alcuni operai a discutere il problema della Fame e sensibilizzare ad esso il mondo operaio”265. 2.3. Gli anni dell’immediato post-concilio I primi anni Sessanta, gli anni della preparazione immediata del concilio e della sua celebrazione, sono dunque anni di crescita dell’impegno, di al261 ACMDFe-Com, b. 1, cart. Stampa missionaria-Volantini, Comitato Ferrarese contro la Fame, Mostra benefica dei Pittori Ferraresi, Ferrara, 23 maggio-3 giugno 1965, volantino; ivi, cart. Opuscoli, volantini, manifesti senza data, cartoncino di invito all’inaugurazione della mostra il 22 maggio 1965. Per il 27 maggio 1965 fu indetta un’asta benefica dei dipinti donati dagli artisti ferraresi nel chiostrino di San Romano, ivi, Comitato Ferrarese contro la Fame, cartoncino di invito. 262 ACMDFe-Com, b. 1, cart. Stampa missionaria-Volantini, Rassegna benefica degli Artisti Ferraresi, s.n.t., pieghevole (la data si ricava da un’annotazione a matita sul cartoncino). 263 Nel suo appello del 15 gennaio 1967 mons. Mosconi aveva accostato le due iniziative: “E’ impressionante pensare che ad ambedue questi mali l’umanità può trovare il rimedio, e non vi si impegna. Carissimi fratelli miei, le piaghe dei lebbrosi sono le stesse di Cristo, e il pane che si nega a chi soffre la fame è pane negato a Cristo”, BE FE 1967, n. 3-4, p. 42. L’accostamento era già anche nell’appello dell’anno precedente, BE FE 1966, n. 1-2, pp. 21-22. 264 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1967, Comitato ferrarese contro la fame, Relazione annuale, Ottobre 1966-Ottobre 1967, a stampa. 265 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, fasc. 1967. 98 largamento delle iniziative e di ampliamento degli orizzonti per l’Ufficio missionario diocesano, pur permanendo tutta l’organizzazione consolidata e le iniziative legate alle Pontificie Opere Missionarie266. Si coglie come una fibrillazione derivante dalla situazione internazionale, in particolare dalla decolonizzazione, dall’azione della FAO contro la fame e dalla diffusione del senso di una “solidarietà mondiale”267, sostenuta dagli indirizzi di Giovanni XXIII e Paolo VI. Come chiarisce il già citato resoconto dell’Ufficio missionario del 196465, strutturare il mondo “secondo giustizia e carità”268 è assunto esplicitamente come campo d’azione, in quella linea di “concretezza” riscontrata nelle parole di Paolo VI in India, negli Stati Uniti e nel discorso ai padri conciliari di ritorno dal quel viaggio. Tale azione è concepita come vero e proprio “apostolato cristiano”, la cui carta si riscontra nella Pacem in terris di Giovanni XXIII. In quest’opera trovano posto i laici con le loro professioni e si affaccia il concetto di testimonianza: i laici “non potranno dire la Messa ma saranno dei «testimoni»”269. Inoltre si trova fortemente sottolineata l’idea della missione come comunione tra le chiese, non più come azione di una chiesa occidentale verso le terre di missione, ma come circolarità: “La Chiesa è tutta in ogni luogo e ciò che facciamo per l’Africa o per l’Asia è fatto anche per la Comunità ferrarese”270. Molto presto, dunque, nell’Ufficio missionario ferrarese si disegna quella tendenza poi molto diffusa nei due decenni successivi a includere nell’azione missionaria l’animazione del mondo in una prospettiva evangelizzatrice. Rileggendo il percorso del movimento missionario ecumenico novecentesco, Benito De Marchi evidenzia come dalla metà degli anni Sessanta la missione si sia configurata come “trasformazione del mondo”271. De Marchi, che scrive in prospettiva ecumenica, nota innanzitutto che Gli anni Sessanta-Settanta segnano un gran cambio culturale mondiale 266 Si veda la documentazione in ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-1967, comprendente anche l’attività a livello regionale. 267 UMD 64-65, p. 5. 268 Ibidem. 269 Ibidem. 270 Ibidem. 271 Benito De Marchi, Annunciare l’unico Vangelo. Da Edimburgo 1910 a Edimburgo 2010: memoria e prospettive future per un comune cammino di missione, in Sognare la comunione costruire il dialogo. Cento anni di speranza ecumenica. Atti della XLVII Sessione di formazione ecumenica. Chianciano Terme, 25-31 luglio 2010, a cura del Segretariato delle Attività Ecumeniche, Milano, Ancora, 2011, pp. 92-179: 110. 99 con il «sessantotto» come suo momento simbolico. Per quanto concerne il cristianesimo, il cambio culturale influisce sul modo di sentire e interpretare il deposito stesso della fede, con il rapporto tra fede e mondo come criterio ermeneutico privilegiato272. Come risposta ai mutamenti in ambito culturale, sociale, politico ed ecclesiale “la riflessione ecumenica missionaria, dopo aver riscoperto nei decenni precedenti la Chiesa, riscopre ora il mondo. Si potrebbe forse anche dire che di fronte a circostanze nuove ri-esplode, ma con ben altra forza teologica, quella spinta al servizio sociale che era stata una delle componenti ispiratrici del movimento missionario ed ecumenico”273. E De Marchi esplicita questo mutamento: «La missione di Dio al mondo» e «come testimoniare Cristo nel mondo secolare» vengono a costituire la nuova questione della missione e dell’ecumenismo. Cresce la convinzione che la rivelazione della signoria di Cristo sulla creazione e sulla storia non può essere separata dalle lotte del popolo in ambito socio-politico. È soprattutto in questo senso di realizzazione della volontà di Dio nel mondo, e non solo come offerta di salvezza in Cristo, che la missio Dei viene riferita al Regno di Dio. Da allora, per tutto il resto del ventesimo secolo fino ad oggi, la riflessione missiologica ed ecumenica si affaticherà a scandagliare il significato e le conseguenze del passaggio da una teologia della missione orientata alla Chiesa a una teologia della missione orientata verso il Regno di Dio274. Ma, prosegue De Marchi, “negli anni Sessanta-Settanta era il mondo a essere il fuoco dell’attenzione della teologia ecumenica missionaria. Solo verso gli anni Ottanta l’accento del discorso sulla missione cadrà più direttamente sul Regno di Dio, ma pur sempre in relazione al mondo”275. L’Ufficio missionario ferrarese di metà anni Sessanta si dirigeva in modo sempre più esplicito verso l’inclusione nell’azione missionaria dell’organizzazione del mondo in modo giusto. Nel 1967 l’Ufficio missionario trova nelle parole dell’enciclica Populorum progressio di Paolo VI un sostegno alla linea intrapresa già da tre anni a Ferrara. Dopo aver trattato di alcune iniziative del 1966-67 - la sensibilizzazione sul problema dei lebbrosi, la Campagna contro la fame e la raccolta della carta in città a Natale e a Pasqua da parte degli “studenti 272 Ivi, p. 111. 273 Ivi, p. 111-112 274 Ivi, p. 113. 275 Ivi, pp. 113-114. 100 medi ferraresi” -, il resoconto del 1966-67, firmato da don Alberto Dioli e Gisa Trevisani, prosegue: La pubblicazione della «Populorum Progressio» di Paolo VI, veniva a confortare autorevolmente quanto era stato fatto negli ultimi tre anni ad opera del Centro Diocesano. L’Enciclica papale ha scosso la coscienza del mondo per la chiarezza con cui ha proclamato il diritto dei poveri e la gravità della colpa di chi ha prosperato e prospera ancora sulla loro miseria. Sappiamo che il problema non si risolve con piccole realizzazioni e che l’Enciclica indica altri mezzi e ben più alti organismi. Noi abbiamo coscienza, tuttavia, di avere contribuito dall’esterno, alla divulgazione e alla conoscenza del problema276. Il 1967 fu un anno memorabile per l’Ufficio missionario ferrarese soprattutto per la cosiddetta “Operazione Emmaus”, che evidenziava l’interesse per il coinvolgimento giovanile, per la povertà nel mondo, per la solidarietà fattiva277. In particolare era stato scelto lo spirito del movimento Emmaus iniziato dall’abbé Pierre in Francia nel 1949 e fondato sul recupero della dignità umana attraverso il lavoro a beneficio dei più poveri mediante il riciclo degli scarti. Nella documentazione relativa alla meticolosa organizzazione del campo si rinviene lo spirito che animò i promotori dell’iniziativa: si trattava di una “grande battaglia dell’amicizia dell’uomo verso l’uomo”278. L’autore dell’articolo comparso sul settimanale diocesano ferrarese nel giugno 1967 per presentare l’iniziativa, Umberto Andalini, scriveva della provocazione della quale soprattutto i giovani sarebbero stati portatori con il campo di lavoro: 276 ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, Ferrara, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1966-67, Ferrara, Tipografia sociale, s.d. (d’ora in poi UMD 66-67), cc. [2v-3r]. Nel 1967 funzionava una Commissione missionaria diocesana così composta: don Alberto Dioli direttore, Gisa Trevisani delegata, Luciana Gunther segretaria, Luciana Ghezzi cassiera, ACMDFe-Com, b. 1, fasc. 1967, questionario dattiloscritto con risposte manoscritte firmate da don Alberto Dioli datato 29 maggio 1967. 277 Molta la documentazione in merito presente nell’Archivio del Centro missionario di Ferrara-Comacchio. Qui si tracceranno soltanto alcune linee dell’evento, che potrebbe essere studiato a parte nel suo svolgimento, nel rapporto con l’organizzazione internazionale Emmaus, circa le relazioni con la città, riguardo all’eco vasto nella stampa, agli organizzatori, ai protagonisti, al sostegno del vescovo, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-67, fasc. 1967; b. 1, b. “Emmaus” e varia documentazione (molti i ritagli di giornale sull’evento). 278 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1958-67, dattiloscritto non datato. 101 C’è uno choc psicologico che si può provocare; e che provoca l’appello che viene dalle comunità di Emmaus: «Se noi, che non abbiamo nulla, abbiamo potuto dare un inizio di soluzione al più grave problema del mondo, che cosa si potrebbe fare, dove si arriverebbe, se tutti voi che avete il necessario e anche più del necessario, vi impegnaste, con la vostra iniziativa privata e con le vostre responsabilità civili, perché ogni giorno siano i più sofferenti ad essere serviti per primi?»279. Del lavoro degli “stracciaioli” di Emmaus la “Voce Cattolica” aveva già parlato, scrive Andalini, ma era importante parlarne nuovamente per due motivi, “di appello ai giovani e di cronaca”: Appello ai giovani perché rispondano, perché capiscano la proposta che viene da Emmaus. I giovani, che hanno più bisogno di tutti di «donare»; che non si accontentano di dare una elemosina, di discutere attorno a un tavolo i problemi della miseria e della sofferenza del mondo, ma che vogliono partecipare attivamente a questa lotta280. E dopo aver elencato le città italiane nelle quali si sarebbero svolti nell’estate campi di lavoro internazionali promossi dalle comunità di Emmaus, Andalini prosegue: In ognuna di queste città giovani volontari faranno come i «disperati» di Emmaus che non hanno nulla eppure riescono a donare qualcosa agli altri: andranno in giro a raccattare quello che la gente rifiuta, raccoglieranno ferraglia, stracci, carta, anticaglie. Poi faranno la cernita, la pulizia, di questo materiale, e lo prepareranno per essere venduto. Il ricavato, tolte le spese per il mantenimento della comunità, andrà ai bisognosi: di queste città e delle nazioni più povere281. In occasione del campo internazionale di lavoro, il 3 settembre 1967, fu a Ferrara l’abbé Pierre, che tenne un discorso alla Camera di commercio e celebrò una messa in cattedrale282. La generosa dedizione dei giovani del campo svoltosi dal 3 luglio al 17 settembre è sottolineata nell’entusiastico resoconto dell’Ufficio missionario diocesano del 1966-67: 279 Umberto Andalini, I disperati di «Emmaus» insegnano che vita è amare, “Voce Cattolica”, 17 giugno 1967, p. 1. 280 Ibidem. 281 Ibidem. 282 Numerosi ritagli da vari giornali sulla visita dell’abbé Pierre a Ferrara in ACMDFeCom, b. 1, b. “Emmaus”. 102 Ora una parola sui giovani protagonisti di queste «vacanze di lavoro». Essi ci hanno riempiti di speranza. 180 giovani stranieri e 250 ferraresi hanno lavorato a raccogliere stracci, ferraglia, vetri, mobili vecchi ed ogni sorta di immondizie, fino a riempire ripetutamente due grandi magazzini del Calefo di San Giorgio. Questo per due mesi e mezzo, senza stipendio, pagandosi il viaggio e le spese personali compresa la quota di assicurazione, ricevendo in cambio l’ospitalità e una mensa molto modesta. Giovani francesi, danesi, olandesi, spagnoli, norvegesi di ogni credo, costume, mentalità. Un lavoro sporco, faticoso, economicamente improduttivo a parere di molti. «Emmaus » è stato una grande avventura. Migliaia di quintali di carta, ferraglia, vetro, stracci: 9 milioni di vendite per montagne di rifiuti scaricati, selezionati, imballati; 6 milioni ai poveri: per il nostro Ospedale del Ghana, per gli studenti stranieri, per i poveri del Comune, per l’Opera di Emmaus. Una piccola goccia nel grande mare della miseria. Ma una goccia d’oro283. La risposta positiva dei giovani, motivo di speranza, caratterizza i resoconti dell’Ufficio missionario dei primi anni Sessanta: esisteva, dunque, già una capacità di mobilitazione giovanile prima del movimento del Sessantotto e una sensibilità profonda al tema dell’ingiustizia sociale. Il vescovo Mosconi aveva appoggiato l’Operazione Emmaus del 1967 con una notificazione inviata ai parroci urbani e ai rettori delle chiese, invitandoli a informarne i fedeli e a introdurre un’intenzione di preghiera nella messa per la buona riuscita del campo internazionale di lavoro. Mosconi sottolineava che “l’opera di questi giovani merita attenzione e simpatia, sia per il fine diretto a cui tende, sia per il risveglio dello spirito di carità che può suscitare nelle nostre popolazioni”284. L’arcivescovo si recò anche in visita al campo a fine luglio, salutato con entusiasmo dai giovani285. Un altro aspetto merita di essere sottolineato a proposito dell’“Operazione Emmaus”: il coinvolgimento dell’intera città. In quell’occasione si formò, infatti, un Comitato degli amici di Emmaus, presieduto da Gisa Trevisani. Vi facevano parte l’arcivescovo, il prefetto, il sindaco, il presidente dell’amministrazione provinciale, il reggente provveditore agli studi, i presidenti dell’Unione industriali, della Camera di commercio, dell’Associazione 283 UMD 66-67, cc. [3v-4r]. 284 Natale Mosconi, Notificazione arcivescovile, Ferrara, 20 giugno 1967, BE 1967, n. 7-8, pp. 164-165. 285 Giuseppe Cenacchi, L’Arcivescovo in visita al campo “Emmaus”, “Voce Cattolica”, 29 luglio 1967. 103 commercianti, della Cassa di Risparmio, del Consorzio agrario, dell’Ente del turismo, i direttori della Montesud e della Montedison, il direttore dell’Ufficio missionario, il delegato dell’Azione cattolica (don Giuseppe Cenacchi), l’assistente delle ACLI, mons. Giuseppe Elios Mori, e altre personalità di Ferrara286. Le dimensioni notevoli delle macchina organizzativa a sostegno del campo di lavoro e l’effettivo coinvolgimento dell’intera città e di parte della provincia, nonostante difficoltà e limiti287, si desumono dal resoconto dell’Ufficio missionario: L’«Operazione Gioventù 67» è stata preparata lungamente fin dalla primavera scorsa. Le finalità sono note a tutti per la larga divulgazione offerta dalla stampa locale288. Una operazione che osiamo definire imponente: migliaia di famiglie visitate nella città e nei paesi. Dobbiamo qui un doveroso riconoscimento ai Comitati di Comacchio, Bondeno, Mirabello, Massafiscaglia, Tresigallo, Copparo, Lagosanto, Settepolesini , Migliarino. Chi non ha risposto non ha potuto farlo per mancanza di mezzi di trasporto o perché il Comitato Provinciale non ha avuto il tempo di fare una adeguata assistenza. La volontà di aderire c’era in tutti, Sindaci e Parroci e in primo piano i giovani. Per Ferrara al primo posto il Comune, nella persona del Sindaco e dei suoi Consiglieri e collaboratori; la Camera di Commercio, presente nella persona del Presidente dott. Sgarbanti; il Provveditore dott. Masturzo e la Direttrice dott. Tilde Lampronti; la Montesud con l’ing. Paleari; l’Amministrazione Provinciale, l’Opera Navarra, l’Associazione Industriali e molti sacerdoti. L’Arcivescovo ha sempre incoraggiato l’operazione e non ha mancato di fare visita al Campo e al Cantiere nel momento del difficile inizio. La sua fiducia è stata di sostegno indispensabile quando soprattutto non 286 Elenco in Andalini, I disperati di «Emmaus». 287 Il lungo entusiastico articolo, non firmato, del “Resto del Carlino” durante lo svolgimento del campo fa notare che inizialmente i ferraresi guardarono con diffidenza i giovani dell’Operazione Emmaus, per mancanza di adeguata informazione, ma poi li accolsero benevolmente, cfr. Gli “stracciaioli-costruttori” di Emmaus, “il Resto del Carlino”, 8 agosto 1967, p. 5. 288 Si è conservata documentazione della fase preparatoria fin dal marzo 1967, riguardante i contatti con l’organizzazione generale dell’Opération Jeunesse 67, l’articolazione dei comitati e delle loro funzioni, la sensibilizzazione della città. Chi tenne le fila organizzative fu Gisa Trevisani. Il vescovo Mosconi propose come alloggio la Città del Ragazzo in una lettera a Gisa Trevisani del 12 aprile 1967, ma la soluzione adottata fu diversa in quanto i giovani alloggiarono presso le scuole comunali “Biagio Rossetti”di via Valle Pega., cfr. ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1967, b. “Emmaus” e carte sparse. 104 mancavano perplessità negli stessi organizzatori. L’esito e il successo dell’«Operazione» sono stati un giusto premio a questa fiducia e noi lo ringraziamo di tutto cuore. Il cav. Cavicchi e il dott. Govoni del Calefo hanno avuto la loro parte di merito che va sottolineata e riconosciuta; il cantiere di S. Giorgio è stato offerto gratuitamente con scelta felice. La Cassa di Risparmio, il Consorzio Agrario e molti altri Enti e personalità private meritano ancora la gratitudine dei giovani di “Emmaus”289. L’“Operazione Emmaus” ricevette il terzo premio della Riconoscenza provinciale: il premio “al merito per la fraternità” fu infatti conferito a Gisa Trevisani “Presidente del Comitato «Campi di lavoro nelle vacanze – Operazione Gioventù ’67 - Ferrara», motivato dal presidente della Camera di commercio, Romeo Sgarbanti, come una magnifica opera di solidarietà sociale, non tanto per la quantità di beni raccolti da poter essere messi a disposizione, ma per il metodo adottato ma soprattutto per l’ispirazione. Metodo che si fondava sulla spontanea collaborazione e sacrificio dei giovani. Ispirazione, la pratica della carità per servire la causa della pace e la causa della giustizia; per non affidare questi valori soltanto alla esteriorità delle legislazioni e delle istituzioni, ma per farli solidamente riposare nella radice interiore dell’uomo290. Il coinvolgimento della città e della provincia, attraverso le autorità, le scuole, il mondo produttivo e creditizio, le associazioni fu una peculiarità anche del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo fin dalle origini, nel segno di una comune umanità solidale. Sarà lo stesso Comitato, vent’anni dopo, nel 1983, a interpretare le scelte dei primi tempi, sottolineando questo tratto: è opportuno ricordare soprattutto l’intuizione di fondo che ebbe l’Ufficio missionario diocesano ad istituire una sezione dedicata interamente ai 289 UMD 66-67, c. [3rv]. 290 La cerimonia per la premiazione della fedeltà al lavoro e del Progresso economico. La consegna dei premi alla Riconoscenza Provinciale, Documento n. 4 a, “La pianura”, 83, maggio 1968. L’assegnazione del premio era stata comunicata a Gisa Trevisani con lettera di Romeo Sgarbanti l’1 aprile 1968, alla quale la Trevisani rispose con lettera dell’11 aprile successivo nella quale Gisa manifesta la sua sorpresa, precisa che “nel campo dell’apostolato non si accettano riconoscimenti pubblici” ed esprime invece la sua riconoscenza nei confronti della Giunta della Camera di Commercio di Ferrara e la sua speranza di poter continuare la collaborazione, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1968, Lettera di Romeo Sgarbanti a Gisa Trevisani, 1 aprile 1968, dattiloscritta; Lettera di Gisa Trevisani a Romeo Sgarbanti, 11 aprile 1968, dattiloscritta. 105 gravissimi problemi dei Paesi in via di sviluppo in anni nei quali era in atto quel grande ripensamento missionario che determinò la svolta del Concilio Vaticano II. L’ispirazione profondamente cristiana di una sensibilizzazione non solo rivolta al mondo ecclesiale ma a tutta la cittadinanza nasceva dalla coscienza che l’educazione alla mondialità e l’allargare universalmente il proprio sguardo non potevano essere considerati valori per il solo mondo cattolico, ma invece una piattaforma di dialogo e di comune corresponsabilità per tutto il territorio ferrarese291. Il Comitato ferrarese non aveva atteso il prologo della Gaudium et spes per fare proprie le attese e le sofferenze di tutti gli uomini in un’ottica di mondialità, ma vi ritrovò la propria scelta, esplicitata vent’anni dopo: Erano gli anni in cui cominciavano a fruttificare i grandi doni della «Mater et magistra» e della «Pacem in terris» che porteranno la Chiesa ad esprimersi con le stupende e scultoree parole del proemio della «Gaudium et spes»: «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Ecco: l’intuizione di fondo nasceva dalla consapevolezza di un mondo fattosi più piccolo, dove i problemi di un paese («Le sue gioie e le sue angosce») non potevano non scorrere attraverso la «carne» e il « sangue» di ogni uomo che volesse veramente considerarsi tale. L’esperienza del collegio per studenti stranieri aveva, in quella intuizione, la propria radice così come pure la prima microrealizzazione a Wiaga nel Ghana testimoniava del desiderio di una maggiore corresponsabilità ad una tragica situazione d’esistenza292. E infine giunse la conferma nella Populorum progressio, come già si è detto, che fu accolta dal Comitato come un testo contenente le linee orientative per il proprio operato: Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo ha vissuto con estrema intensità quei fermenti ed ha trovato poi nella «Populorum progressio» una sorta di «carta fondamentale» per ulteriori aperture che si espressero significativamente nel «campo Emmaus» e nella fratellanza crescente con tutti i Missionari ferraresi293. 291 ACMDFe-Com, b. 3, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, 1963-1983, p. 3. 292 Ibidem. 293 Ibidem. 106 Dalla formazione del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo in poi risulta difficile scrivere una storia unitaria dell’Ufficio missionario ferrarese: dalla documentazione si ricavano sovrapposizioni, intrecci, tensioni tra i due soggetti che non è facile sciogliere. Nella seconda metà degli anni Sessanta e agli inizi degli anni Settanta l’attività del Comitato crebbe in modo impetuoso e nello stesso tempo si continuò l’opera a favore delle Pontificie Opere Missionarie. I resoconti annuali di quegli anni dimostrano la preoccupazione di salvaguardare queste ultime dall’irruenza delle nuove iniziative che mettevano al centro la chiesa locale. Una storia complessa che ebbe diversi attori e si intersecò con la recezione del concilio. Si cercherà di percorrerne qualche tratto, ma non prima di essersi soffermati su un’altra svolta, quale fu la partenza di don Alberto Dioli come missionario fidei donum della diocesi. La decisione del direttore dell’Ufficio missionario lo privava di uno straordinario motore, il cui ruolo fu ben riconosciuto dal vescovo Mosconi nelle sue parole introduttive del resoconto 1967-68: Apro anche quest’anno il resoconto dell’Ufficio Diocesano Missionario di Ferrara con animo commosso e con sentimento di riconoscenza. La commozione e la riconoscenza nascono dal rilevare la ricchezza di operosità, di sacrificio, di dono e di entusiasmo apostolico di cui quest’opuscolo è documento. […] La commozione ha anche un altro motivo: Don Alberto Dioli ci ha lasciato per le missioni. E tutti sappiamo quanto quest’Opera missionaria gli debba, per quel suo silenzioso ed energico donarsi e promuovere e operare e trascinare con un esempio ed una tenacia eccezionale294. Mons. Mosconi non mancava di notare positivamente che “abbiamo un altro Missionario nostro e che ci avrà sempre vicini”295. La decisione di don Alberto Dioli di partire come missionario fidei donum nel 1968 si inquadra a diversi livelli: la storia personale, la congiuntura ecclesiale e il contesto culturale. Le ragioni della sua scelta sono esposte in una lettera intitolata Il perché di una scelta edita sul notiziario parrocchiale della parrocchia del Barco nel luglio del 1968296. Don Dioli vi accenna a due storie per far intuire ciò che a suo parere è difficilmente comprensibile. Rinuncia innanzitutto lui stesso alla compren294 UMD 66-67, c. [1r]. 295 Ibidem. 296 Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 1, pp. 119-121. Secondo P. Gatti, la scelta di partire missionario era matura già alla fine dell’anno precedente ed era stata rinviata per gli impegni assunti in parrocchia, ivi, pp. 125-126. 107 sione piena di ciò che sta per fare, “quanto è difficile capire dove Dio ci porta”, e sottolinea di conseguenza “come è difficile farsi capire”. Nel dittico narrativo sono presenti la rivelazione biblica e gli incontri umani, Abramo e l’abbé Pierre. Interpreta, infatti, la sua scelta come una “chiamata”, evocando in apertura della lettera la storia di Abramo che parte per la terra indicatagli da Dio. Fu per Abramo “uno strappo violento, un abbandono oscuro”, che aveva “sempre diversamente colpito” don Dioli. La “stessa storia”, secondo don Alberto, si ripete “per molti uomini a diversi livelli tutte le volte che Dio chiama veramente”, tra lo stupore dei parenti e degli amici. I chiamati “certamente” sperimentano la solitudine generata dalla loro scelta e la “tentazione di rientrare”. Don Dioli radica, dunque, la sua scelta prima di tutto nell’interpretazione vocazionale della vita. Gli altri “non sono tenuti a capire i motivi intimi della scelta” quando si tratta di una “chiamata da parte di Dio”. La prima motivazione è dunque collocata sul piano della fede personale297. Nella seconda storia narrata da don Dioli è riconoscibile l’incontro con l’abbé Pierre e le comunità di Emmaus che tanto aveva segnato l’attività dell’Ufficio missionario negli ultimi anni. Il campo Emmaus a Ferrara nel 1967 aveva riempito don Alberto di speranza298. Dunque, nel parlare della sua scelta di partire missionario in Africa don Dioli narra anche di un “giovane ragioniere” che aveva scelto di condividere la “sorte dei poveri” secondo lo stile delle comunità di Emmaus e per questo era stato ricoverato in manicomio. Si trattava per il comune giudizio di una decisione inspiegabile e ben lontana da un comportamento prudente. Ma don Dioli contesta che la prudenza sia la “prima delle virtù di un uomo e di un cristiano”299. La lettera prosegue soffermandosi sulla concezione di missione di don Dioli, che ora guarda avanti, non indietro: «Perché ho scelto le missioni?» Me lo hanno domandato in tanti in questi giorni: «Perché se ne va? Perché ci lascia?». È una domanda legittima alla quale posso dare soltanto risposte evasive, provvisorie, che non possono persuadere i miei interlocutori. Dico, prima di tutto, che non vado per farmi un’esperienza nuova, per conoscere una chiesa diversa, costumi e tradizioni lontanissime da noi. Nessun uomo può essere oggetto di sperimentazione: un missionario non è mai un esploratore, un giornalista, un raccoglitore di notizie. Neppure è un inviato incaricato dai ricchi di distribuire doni ai poveri. Sarebbe troppo grave che egli accettasse di farsi così complice della 297 Ivi, p. 119. 298 Ivi, pp. 112-113. 299 Ivi, pp. 119-120. 108 oppressione e dell’ingiustizia, di un nuovo colonialismo odioso, benefico e ladro insieme. Il missionario va per «condividere», da povero con i poveri. Come Gesù che ha posto la sua tenda fra noi, uomo tra gli uomini, vittima con i deboli, perseguitato, percosso, disprezzato, abbandonato, malfattore crocifisso. Questa storia meravigliosa mi ha sempre persuaso più di ogni altro argomento. So di poter fare molto poco, di non poter rimediare a niente, che non avrò mezzi o energie per questo. Ma una cosa mi rimane possibile, condividere. E questo mi dà pace e mi giustifica nella scelta che ho fatto, della quale sono stranamente contento. Naturalmente continuo a sperare che qualcuno darà istruzione agli analfabeti, pane agli affamati, medicine agli ammalati, libertà e dignità agli oppressi300. Don Alberto aveva lavorato per vent’anni con energia instancabile nell’Ufficio missionario, ma nella sua scelta di partire per l’Africa al centro non erano le opere bensì lo stile dell’incarnazione, secondo quel filone teologicospirituale che, prima come fiume carsico poi in modo sempre più evidente, aveva attraversato la chiesa cattolica dai primi del Novecento, in particolare a partire dall’esperienza di Charles de Foucauld301. In don Alberto la sensibilità per i poveri si era radicata a partire dalle sue origini familiari, che esplicita in una lettera nel notiziario parrocchiale del maggio del 1967: Il 6 aprile ho compiuto 21 anni di sacerdozio. Mi sono occupato dei giovani operai dal 1947 come assistente della gioventù operaia. E ancora di lavoratori come assistente delle ACLI e come parroco di periferia. Sono grato ai miei vescovi che mi hanno sempre conservato fedele alla mia origine plebea. Fino alla fine non vorrei venir meno a questa vocazione particolare. Credo di aver scelto questo «mestiere» guidato dall’aspirazione di essere con i più poveri, dei quali conosco le intemperanze, ma anche le grandi risorse di pazienza, generosità, lealtà, coerenza esigente302. L’aspirazione a una chiesa dei poveri emersa in modo forte durante il Vaticano II e desiderio di Giovanni XXIII303, un papa amato da don Dioli, 300 Ivi, p. 120. 301 Pierangelo Sequeri, Charles de Foucauld. Il Vangelo viene da Nazareth, Milano, Vita e Pensiero, 2010; Curuchich Tuyuc Cruz Oswaldo, Charles de Foucauld e René Voillaume. Esperienza e teologia del «mistero di Nazareth», Assisi, Cittadella, 2011. 302 Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 1, p. 109. 303 Corrado Lorefice, Dossetti e Lercaro. La Chiesa povera e dei poveri nella prospettiva del Concilio Vaticano II, Milano, Paoline, 2011. 109 che più volte fa capolino nelle sue lettere304, dovette essere una conferma per don Alberto. Così scrive già nel febbraio 1963: Noi viviamo nel clima del passato, ma non allo stesso modo. I cristiani stanno prendendo sempre più coscienza della loro responsabilità e stanno rivedendo le loro posizioni. Questo è il primo grande motivo della nostra speranza. I segni e gli esempi non mancano. Giovanni XXIII ha chiamato i cristiani a prendere coscienza delle loro responsabilità di fronte ai problemi della fame, della miseria, della ignoranza, della giustizia, della pace. E questo con dimensioni universali. Essi debbono pregare, cercare l’unione con Dio operando nella famiglia e nella società in modo che lo scandalo sia tolto di mezzo; sappiamo che almeno deve essere tolto lo scandalo dell’incuria e della negligenza. Paolo VI nel discorso della seconda sessione del concilio chiedeva perdono ai fratelli separati, se qualche torto c’è stato da parte nostra. Mentre il mondo si unisce a tutti i livelli noi siamo divisi, discordi, siamo anche astiosi. In concilio si è parlato di povertà della chiesa, della chiesa dei poveri, con grande insistenza. È un atto coraggioso e di coerenza che ci ha riempito di venerazione per i nostri vescovi eredi di un fasto del quale non è difficile disfarsi. Come possono i poveri riconoscere nella chiesa la loro madre se essa si presenta con segni di grandezza, con il suono dei titoli che le accordano un credito troppo umano, perché troppo appoggiato sulle forme di società che nulla hanno in comune con essa?305. Negli scritti di quegli anni don Dioli appare in profonda sintonia con il concilio, del quale sottolinea lo “spirito” e il carattere permanente nella vita della chiesa. Infatti, quando lo illustra ai suoi parrocchiani del Barco chiede loro innanzitutto di “ubbidire allo spirito del concilio”306. La vita è secondo don Alberto “un continuo mutamento” e la fede va espressa nelle forme e nel linguaggio della propria civiltà, pertanto “la chiesa rimane in stato di concilio fino alla fine dei tempi”307. 304 Nel Notiziario della parrocchia del Barco don Dioli addita Giovanni XXIII come esemplare per tutti per la “lunga vita di preghiera” che “ha illuminato la sua esistenza ed ha reso perfino lieta la sua morte” (Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 1, 92) e sottolinea come abbia visto chiaro pur vecchio (ivi, p. 108). Nelle lettere degli anni Settanta ritornano menzioni di papa Roncalli, che aveva pensato “una chiesa più larga” (ivi, p. 217) , che è associato strettamente al concilio (ivi, pp. 232, 431), che viene citato per “la grazia di essere piccoli e poveri” (ivi, p. 375). 305 Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 1, p. 63. 306 Ivi, p. 100. 307 Ibidem. 110 Le aperture conciliari avevano portato don Dioli a suggerimenti di una rinnovata pastorale parrocchiale, improntata a una fede consapevole e alla collaborazione con i laici, che espose sul Notiziario della parrocchia del Barco già nell’agosto 1966308. Più volte don Dioli scrisse di una sua speranza nutrita dal concilio. La sua partenza si colloca nell’immediato post-concilio, del quale ricorda il decreto sulle missioni309, ma ha certamente radici più lontane. Nel 1961, come si è visto, aveva parlato delle indicazioni dell’enciclica Fidei donum del 1957 di Pio XII come profetiche e inascoltate. L’enciclica di Pio XII aveva incoraggiato l’invio di missionari del clero diocesano in Africa, diventando “il polo catalizzatore di tutta una serie di iniziative già in atto e lo strumento del loro rilancio”310. La Fidei donum “chiamando il presbitero diocesano a un servizio apostolico e missionario”, portava a rimettere l’annuncio evangelico al centro del ministero sacerdotale311. L’enciclica di Pio XII generò un “rinnovamento missionario”, come sottolinea Gianni Colzani in una sintesi delle fasi di quell’esperienza: se, all’inizio, si trattava di rispondere all’appello del papa, ben presto ci si rese conto delle potenzialità spirituali e pastorali che quegli appelli comportavano: alle partenze dei primi fidei donum il tempo dei gemellaggi, poi quello dei progetti diocesani mirati e, infine, quello di una vasta cooperazione tra le chiese. Del pari, ai sacerdoti si aggiungeranno i religiosi, i laici impegnati nella forma del volontariato internazionale e del servizio pastorale, le famiglie312. Nella Fidei donum fu sottolineata la cattolicità della chiesa, “a tal punto che un cristiano non è veramente affezionato e devoto alla chiesa se non è ugualmente attaccato e devoto alla sua universalità”. In questo senso “spirito missionario” e “spirito cattolico” erano per Pio XII “una sola e stessa cosa”313. In più documenti il Vaticano II, poi, sottolineò la dimensione missiona308 Ivi, pp. 101-102. 309 Ivi, p. 119. 310 Gianni Colzani, Inizio e profezia di un nuovo cammino, in Dario Nicoli, Il movimento Fidei donum. Tra memoria e futuro, Bologna, EMI, 2007, p. 270. Sulla Fidei donum cfr. anche Renzo Zecchin, I sacerdoti Fidei Donum, Roma - Padova, Pontificie Opere Missionarie – Ufficio Missionario Diocesano, 1990. 311 Colzani, Inizio e profezia, p. 272. 312 Ivi, p. 273. 313 Ivi, p. 274. 111 ria aperta a un orizzonte universale del prete, in particolare nella Presbyterorum ordinis (n. 10), e Paolo VI la richiamò nell’esortazione apostolica Graves et increscentes rivolta ai sacerdoti nel 50° anniversario della fondazione dell’Unione Missionaria del Clero, il 5 settembre 1966314. La scelta di don Dioli si colloca in questa direzione e matura sulla base di una forte attenzione alla vita concreta delle persone e alle questioni sociali vicine e mondiali, dimostrata nei suoi diversi incarichi e nel ministero di parroco. Don Alberto avvertiva fortemente l’urgenza di una chiesa in ascolto dei tempi. Nell’immediato post-concilio si creò, dunque, il clima favorevole alla sua partenza come missionario fidei donum della diocesi di Ferrara verso l’Africa. La sensibilità dimostrata nell’animare l’Ufficio missionario verso un sempre maggiore coinvolgimento nelle questioni del mondo contemporaneo, trovava nell’impostazione del concilio e nelle parole di Paolo VI un acceleratore. Era il mondo ora a porre le questioni alla chiesa, come scriveva per i suoi parrocchiani nell’ottobre 1967: L’osservazione è giusta. Infatti, è il mondo che ha portato la sua attenzione su temi morali più vasti: fame, giustizia, sottosviluppo, capitalismo. Poiché la chiesa è nel mondo, non poteva non porsi di fronte agli stessi problemi. Paolo VI ha scritto giustamente che i popoli della fame interpellano la chiesa315. La scelta di don Dioli di partire come missionario fidei donum fu individuale. Come per molti preti che partirono nel primo periodo successivo all’enciclica papale, non fu un progetto della sua chiesa locale316. Nel 1968 i fidei donum italiani erano molto pochi, ma è proprio a partire da allora fino al 1982 che si registra la crescita numerica più rilevante del movimento317. Il rapporto tra i diocesani fidei donum e le chiese di provenienza non rientrò per tutte le diocesi italiane in un progetto missionario organico318, nemmeno a Ferrara, e questo segnò anche la missione di don Dioli. 314 Ibidem. 315 Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 1, p. 112. 316 Nicoli, Il movimento, pp. 185-188, 203, 253. Tra le motivazioni personali per la partenza dei fidei donum italiani nell’intera storia del movimento spiccano l’“apertura universale del proprio ministero” e la “condivisione con i più poveri”, ivi, pp. 190-192. 317 Ivi, p. 39. 318 Ivi, pp. 194-196. 112 3. U 3.1. 1968-1976: la chiesa locale e i missionari ferraresi La relazione di don Alberto Dioli al convegno dei direttori e delle delegate delle PP.OO.MM. della Romagna dell’1 luglio 1968 fotografa quali fossero le questioni aperte in quegli anni nell’ambito delle attività a sostegno delle missioni: Il Direttore Regionale, Don Alberto Dioli , ha introdotto alla discussione sui seguenti punti: 1) validità delle PP.OO.MM. 2) gli obiettivi dell’attività missionaria, espansione della Fede e problemi connessi con la condizione dei popoli evangelizzati: sottosviluppo, fame, lebbra, analfabetismo, ingiustizie sociali. 3) esperienze locali delle varie diocesi: Emmaus, gruppi di studio, gemellaggi, mostre, Comitati contro la fame, studenti stranieri. 4) validità della stampa ufficiale. Dalla discussione sono emersi alcuni pareri importanti che cerchiamo di riassumere: si è chiesto un’espansione delle PP.OO. verso nuove forme che toccano più direttamente la sensibilità soprattutto del mondo giovanile. Sviluppata sensibilità verso i problemi così detti umani, diminuita la sensibilità verso la predicazione della Fede troppo disincarnata dai veri problemi dei popoli evangelizzati. Necessità di unire ad un’azione di raccolta e di propaganda alcune iniziative collettive che favoriscono azioni personali. Si spiegano così il successo della Campagna contro la farne, dell’operazione Emmaus, effettuata in quasi tutte le città della EmiliaRomagna nell’estate del 1967. Abbiamo notato in questo campo una nuova vitalità. Si può dire che ogni ufficio si è impegnato in qualche iniziativa prima mai tentata. Questo è stato il fatto veramente rilevante del nostro incontro. Si è discusso dei rapporti fra Ufficio ed iniziative laiche tipo Emmaus, Campagna contro la Fame, contro la lebbra, gruppi di studio e gemellaggi, 113 studenti stranieri. Se ne è tratta la conclusione che l’Ufficio missionario non potrà non utilizzare, né pretendere di fare tutto; dovrà animare le varie iniziative. Bologna sembra molto avanzata nell’esperimento di una specie di federazione tipo la Commissione “Iustitia et Pax”. Ne è nata la volontà di tentare qualche cosa di simile in altre città sufficientemente importanti. Tutti hanno rilevato la inadeguatezza della stampa ufficiale, di Crociata in particolare. Si è auspicato un rinnovamento del giornale che appare eccessivamente esortativo, generico, scarsamente documentato. È noto che la stampa in genere si orienta a soddisfare i gusti più raffinati dei lettori che richiedono sempre notizie fresche, documentate in modo che l’indirizzo del giornale e le sue istanze scaturiscano dalla sua impostazione generale più che dai discorsi e dalle dichiarazioni. Tutti si sono resi conto della difficoltà di una simile impostazione mancando una collaborazione che attinge le notizie e le esperienze in loco. Si fanno voti, tuttavia, per uno sforzo in questo senso319. Nella comune riflessione delle diocesi della Romagna erano posti sul tappeto con grande lucidità i mutamenti rilevanti nella sensibilità del tempo e i tentativi di adeguarvi le iniziative missionarie. La diocesi ferrarese, che aveva per due decenni assunto la responsabilità regionale si trovava al cuore di quanto discusso, ma di lì a poco avrebbe perso il suo instancabile direttore. Nell’introduzione al resoconto annuale dell’Ufficio missionario diocesano, datata 1 ottobre 1968, l’arcivescovo mons. Natale Mosconi annunciava che a don Dioli partito missionario succedeva don Franco Patruno320, ordinato due anni prima e insegnante in seminario321, che resterà direttore fino al 1985. La nomina di don Patruno era già stata comunicata a Gisa Trevisani con 319 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1968, Ufficio missionario diocesano, Relazione Convegno dei Direttori e delle Delegate diocesane delle PP.OO.MM. della Romagna, Ferrara, 1 luglio 1968. Il verbale è firmato dal direttore regionale don Alberto Dioli e dall’incaricata regionale Gisa Trevisani. 320 Dell’introduzione dell’arcivescovo è rimasta la minuta, cfr. ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1968, minuta ms. di mons. Natale Mosconi, datata Ferrara, 1 ottobre 1968. 321 Arcidiocesi di Ferrara, Annuario per l’anno 1972, Rovigo, Istituto Padano di Arti Grafiche, 1973 (Supplemento al “Bollettino Diocesano di Ferrara, n. 1, gennaio 1973), p. 102. Lo stesso don Franco ricorda la vicinanza di don Carlo Borgatti, che già aveva ricoperto quell’incarico, quando fu nominato direttore dell’Ufficio missionario dopo la partenza di don Dioli, cfr. Franco Patruno, Una tonaca amica, “la Voce di FerraraComacchio”, 25 settembre 1999. 114 lettera dell’arcivescovo del 13 agosto 1968, con rassicurazioni sulla continuazione del lavoro322. Sono gli ultimi anni dell’episcopato di mons. Mosconi e un periodo di travaglio per la chiesa italiana, tra le forme di contestazione e di dissenso interne, l’avanzata della secolarizzazione (della quale diventa un simbolo la vittoria del no nel referendum per l’abrogazione della legge sull’introduzione del divorzio nel 1974), l’urgenza di recepire i decreti conciliari, la necessità di una ridefinizione dei propri rapporti con il partito dei cattolici323. La recezione del concilio si intreccia ai radicali mutamenti culturali e sociali innescati dal movimento del ’68 e dalle lotte dei lavoratori, oltre che alle prime manifestazioni di un inquietante terrorismo interno. La Conferenza episcopale italiana, i cui vescovi avevano partecipato tiepidamente al Vaticano II324, ricerca in quegli anni una propria fisionomia, elaborando tre statuti in breve tempo (1965, 1971, 1977)325. Sono avviate le prime riforme in applicazione dei decreti conciliari: riforma liturgica, traduzione in italiano della bibbia, rinnovamento della catechesi e nel 1971 viene fondata la Caritas italiana. Secondo lo storico Giovanni Turbanti: Sollecitata dall’azione della CEI, dal procedere delle traduzioni dei libri liturgici e sacramentali, dall’elaborazione dei nuovi catechismi, stimolata dai programmi formativi dell’Ac, dalla diffusione di nuove riviste, la recezione del concilio conobbe negli anni Settanta una fase particolarmente incisiva nel tessuto parrocchiale e associativo. I temi e le 322 “Signorina, come certo sa, L’ho cercata per comunicarLe che ho designato il bravo don Franco Patruno all’Ufficio Missionario. Appena Lei torna a Ferrara, venga, e tutto il lavoro continuerà con l’aiuto del Signore. Stia sicura che lavorando sempre per il Signore nella Chiesa, grande sarà il frutto, il merito e il premio”, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1968, Lettera di mons. Natale Mosconi a Gisa Trevisani, Ferrara, 13 agosto 1968, ms. autografo. 323 Andrea Riccardi, Da Giovanni XXIII a Paolo VI, in Chiesa e papato nel mondo contemporaneo, a cura di Giuseppe Alberigo e Andrea Riccardi, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 167-285; Alessandro Santagata, La contestazione cattolica. Movimenti, cultura e politica dal Vaticano II al ’68, Roma, Viella, 2016; La nazione cattolica. Chiesa e società in Italia dal 1958 a oggi, a cura di Marco Impagliazzo, Milano, Guerini e Associati, 2004; Antonio Acerbi, Dinamiche ecclesiali in Italia 1965-1978, in Antonio Acerbi - Giordano Frosini, Cinquant’anni di Chiesa in Italia. I convegni ecclesiali da Roma a Verona, Bologna, EDB, 2006, pp. 23-65; Alberto Melloni, Gli anni Settanta della Chiesa cattolica. La complessità nella ricezione del Concilio, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni settanta, II. Culture, nuovi soggetti, identità, a cura di Fiamma Lussana e Giacomo Marramao, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003, pp. 201-229. 324 Giovanni Turbanti, Il concilio Vaticano II e l’Italia, in Cristiani d’Italia (2011), consultato in http://www.treccani.it/enciclopedia/il-concilio-vaticano-ii-e-l-italia_%28Cristianid%27Italia%29/ (17-4-17). 325 Romeo Astorri, La Conferenza episcopale italiana, in La nazione cattolica, pp. 117-146. 115 pratiche inaugurate con il concilio cominciavano ormai a rappresentare la base di nuove abitudini che si stavano costruendo tra i fedeli e che davano il senso di una nuova religiosità, intorno alla quale si poteva percepire ormai un consenso diffuso326. Nella prima metà degli anni Settanta la CEI si impegnò da un lato nella battaglia contro il divorzio dall’altro a cercare una risposta alla secolarizzazione mediante l’evangelizzazione, che si tradusse in diversi progetti pastorali, a partire dal primo Evangelizzazione e sacramenti del 1973. Il convegno romano “Evangelizzazione e promozione umana” del 1976 intese coniugare, senza riuscirvi completamente, azione evangelizzatrice e presenza nel sociale327. Anche le strutture diocesane per il sostegno all’azione missionaria furono coinvolte nella recezione conciliare. Sulla base delle indicazioni contenute nel decreto conciliare Ad gentes (n. 38) e del motu proprio Ecclesiae Sanctae (III, a.4) la Conferenza episcopale italiana invitò le diocesi italiane ad assumersi un impegno diretto nella missione universale e a istituire a tal fine un Centro missionario diocesano (CMD) per coordinare le iniziative e le realtà diocesane finalizzate alle missioni, promuovendone la collaborazione reciproca. Lo statuto dei Centri missionari diocesani fu approvato dalla CEI nel dicembre 1969. Finalità del CMD erano “promuovere e diffondere la conoscenza dei problemi inerenti l’evangelizzazione ed allo sviluppo sociale dei popoli”; ricercare “un sempre maggiore aggiornamento di mezzi, metodi e attività degli organismi membri ai problemi dell’evangelizzazione e dello sviluppo sociale dei popoli, conforme ai segni dei tempi”; promuovere “la collaborazione alle iniziative locali in favore delle missioni”. Inoltre Gli organismi membri del Centro riconoscono nell’impegno missionario la priorità della formazione di una coscienza missionaria e di servizio universale delle Missioni. Perciò si impegnano a collaborare con le PP.OO.MM., soprattutto nella Giornata Mondiale delle Missioni, e inoltre con quelle istituzioni ecclesiastiche, religiose e laicali, aventi tra i loro scopi il lavoro missionario, con impegno a vita od anche temporaneo328. 326 Turbanti, Il concilio Vaticano II e l’Italia. 327 Sul convegno ecclesiale del 1976 cfr. Acerbi, Dinamiche ecclesiali, pp. 52-53, 57; Giordano Frosini, I convegni ecclesiali della Chiesa italiana, in Acerbi - Frosini, Cinquant’anni, pp. 115-159: 121-129; Melloni, Gli anni Settanta della Chiesa cattolica, pp. 218, 224. 328 BE 1970, n. 5,6,7, maggio-giugno-luglio, pp. 119-120 116 Il Centro missionario diocesano, dunque, non doveva più essere un organismo per l’applicazione di direttive provenienti dalla direzione delle PP.OO.MM., ma un’espressione della molteplice iniziativa missionaria della chiesa locale. Nel Vademecum del Centro missionario diocesano edito nel 2012 si ricorda che Già nel 1966 la Commissione Episcopale per le missioni esprimeva un auspicio: “L’Ufficio missionario non sarà soltanto l’organo rappresentativo delle POM, ma il vero ‘Centro Missionario Diocesano’ cui deve far capo ogni iniziativa missionaria” (dal verbale della riunione del 17-18 ottobre 1966 in “Dei agricultura Dei aedificatio”, Circolare interna del segretariato permanente della CEI)329. La normativa della CEI prevedeva che ogni CMD stilasse un proprio regolamento, che per la diocesi di Ferrara non è stato ancora ritrovato. Né è chiaro se tale Centro sia mai stato istituito formalmente durante l’episcopato Mosconi330, anche se in una lettera al Consiglio pastorale diocesano del 1970 Gisa Trevisani afferma che è stato costituito331. Nel resoconto del 1969-70 una pagina è dedicata a elencare le finalità del Centro Missionario Diocesano, tratte dallo Statuto della CEI del 1969, ma non si accenna a una sua istituzione vera e propria. Né si è trovato il regolamento sul “Bollettino ecclesiastico”, che invece riporta nel 1970 lo statuto emanato dalla CEI e una nota che precisa le finalità del CMD in rapporto alle PP.OO.MM332. L’intitolazione “Ufficio missionario” e “Centro missionario” si alternano in quegli anni sulla stampa. Soltanto agli inizi del 1973 si registrano le prime iniziative a favore di una pastorale organica delle missioni promossa dall’Ufficio missionario diocesano, come si vedrà più avanti. Fino al termine dell’episcopato di mons. Mosconi restò dunque in attività l’Ufficio missionario con la Sezione del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo. Grande regista e protagonista di questi anni è Gisa Trevisani: è la responsabile del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo e spesso firma da sola le richieste alle autorità o altro per le varie iniziative, è l’incaricata 329 Missio-Organismo pastorale della CEI, Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese, Vademecum del Centro missionario diocesano, Bologna, EMI, 2012, p. 17. 330 Su tale passaggio per la diocesi di Trento, avvenuto con chiarezza, cfr. Opera diocesana per la Pastorale Missionaria – Trento, 75 anni a servizio della missione. Dal 1927 al 2002, Trento, Vita trentina editrice, 2002, pp. 40-42. 331 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, [Gisa Trevisani], Lettera al Consiglio pastorale, Ferrara, 5 agosto 1970, copia dattiloscritta. 332 BE 1970, n. 5,6,7, maggio-giugno-luglio, p. 118. La nota è firmata con la sigla “R. M”. 117 diocesana dell’Ufficio missionario diocesano e come delegata regionale tiene i contatti con il Segretariato nazionale delle PP.OO.MM. e con i vari Centri missionari diocesani della Romagna333. La sua attività è instancabile, entusiasta, determinata. Il tono dei suoi scritti è spesso imperativo e deciso. Le sono accanto vari giovani, tra i quali si trovano citati nella documentazione archivistica Franco e Rossana Manca, Luciana Ghezzi, Franco Fortini, Giorgio Tassinari, Marco Artioli334. Permane, infatti, alla fine degli anni Sessanta l’attenzione alla partecipazione giovanile, già favorita da tempo nella diocesi ferrarese. In tal senso provenivano nel 1968 sollecitazioni anche dal Segretariato nazionale missionario delle Pontificie Opere Missionarie335. Una relazione programmatica di Gisa Trevisani del 1969 sull’Ufficio missionario diocesano riguardo alla necessità del rinnovamento delle PP.OO.MM. individua con chiarezza l’apporto giovanile possibile e auspicabile. Del resto Gisa Trevisani era stata la grande animatrice dell’Operazione Emmaus del 1967, iniziativa sostenuta da un gran numero di giovani ferraresi e non: Da qualche anno il nostro Ufficio si è arricchito di giovani amici delle Pontificie Opere Missionarie. Chi sono in realtà questi giovani? Sono giovani che si formano alla scuola della Chiesa Cattolica, in diretta collaborazione con il Papa, per tutte le Missioni del mondo. E questo non solo a Ferrara, ma in tutte le diocesi d’Italia, e ci auguriamo in tutte le parrocchie d’Italia. Le Pontificie Opere Missionarie hanno urgente bisogno di essere rinnovate e per far questo occorrono entusiasmo e dinamismo, due prerogative dei giovani. Il problema fondamentale che le Pontificie Opere Missionarie si pongono è quello della formazione missionaria della comunità cattolica, in vista del contributo che questa può dare all’attività missionaria propriamente detta; inoltre quello di sollecitare il contributo diretto – dalla forma spirituale a quella materiale – a sostegno di tale attività. 333 Molta documentazione in proposito in ACMDFe-Com, b. 1 nelle cartelle dei vari anni. 334 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1968-1976. 335 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1968, Lettera circolare del Segretariato nazionale missionario delle Pontificie Opere Missionarie ai Delegati e Delegate regionali e ai Responsabili dei Gruppi di Giovani Amici delle PP.OO.MM. datata Roma, 16 dicembre 1968. Prontamente Gisa Trevisani, quale delegata della regione romagnola, inoltrava il questionario inviato da Roma per raccogliere i dati richiesti, tra i quali anche il dato sui gruppi di giovani amici e sugli altri movimenti missionari giovanili operanti nelle diocesi della regione, ACMDFeCom, b. 1, cart. 1968, Lettera ircolare di Gisa Trevisani ai direttori e delegate diocesane della Romagna, Ferrara, 17 dicembre 1968, copia dattiloscritta. 118 L’aiuto alle missioni deve essere sopratutto [sic] un’azione comunitaria: deve stimolare la comunità in senso missionario in una parrocchia, in una diocesi. Occorre una marcia, un digiuno, una campagna, un campo di lavoro? Occorre un gruppo di studio, servono dei dibattiti pubblici, delle tavole rotonde? Occorre compromettere la coscienza tranquilla e benpensante dei cattolici della domenica? È tutto ciò che i giovani possono e debbono fare. Una cosa sola i giovani non devono fare: dell’attivismo senza uno scopo preciso; devono stare attenti a misurare le proprie forze per non fermarsi; ma tutto ciò non significa lasciar tranquilla la gente; bisogna scuoterla, comprometterla… Alcuni di questi giovani inizieranno, con il prossimo mese di Maggio, a visitare le nostre parrocchie di città e di campagna. Accettateli con la più grande speranza, perché anche loro sono un segno del rinnovamento attuale della Chiesa.336 Sarebbe interessante un’indagine sulla consistenza e la tipologia dei gruppi giovanili, organizzati e spontanei, che si attivarono nel settore missionario e del sostegno allo sviluppo dei popoli nella diocesi ferrarese. A Gisa, giunse, ad esempio, il 17 settembre 1969, un invito da parte di Alberto Fogli per un incontro con i “giovani per il terzo mondo” di Massa Fiscaglia. Il tema suggerito era “L’attualità e la validità di un’azione a favore dei Paesi in via di sviluppo, nell’attuale contesto storico e sociale”. Il richiedente precisava: “Non siamo in molti”, aggiungendo, “ma per lo meno sentiamo certi problemi”337. Inoltre furono presi contatti per un eventuale campo di lavoro a Wiaga con l’Operazione Mato Grosso, un movimento laico per l’educazione dei giovani mediante esperienze in progetti tesi a eliminare l’ingiustizia sociale338. Certamente l’impegno dei giovani, in particolare degli studenti delle scuole superiori e universitari, fu decisivo nei primi anni della Campagna contro la fame nel mondo. 336 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Gisa Trevisani, U cio missionario diocesano, dattiloscritto non datato [ma 1969]. Il testo fu pubblicato su “la Voce di Ferrara”, 18 aprile 1970, p. 4 (MM). Gisa Trevisani aveva esortato a puntare sui giovani anche in vista della Giornata mondiale per l’infanzia nelle missioni, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Gisa Trevisani, 6 gennaio 1969, Giornata mondiale per l’infanzia nelle missioni, dattiloscritto. 337 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Lettera di Alberto Fogli a Gisa Trevisani, Massa Fiscaglia, 17 settembre 1969. 338 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Lettera non datata e non firmata a padre Marneffe e Lettera ai missionari (presentazione ciclostilata delle caratteristiche dell’Operazione Mato Grosso). 119 Secondo Franco Manca, per anni uno dei più attivi organizzatori delle raccolte di carta e altro a favore delle iniziative dell’Ufficio missionario, in un periodo, verso il ’68, in cui si sentiva il cambiamento in atto, il mondo cattolico giovanile aveva trovato “una via di lavoro concreto, pratico” per poter dare, “un segno di solidarietà reale, vero, consono a quello in cui si era creduto fino a quel momento”, mentre altre strade e altri percorsi non erano conosciuti. I giovani avevano sete in quel tempo di qualcuno che desse loro un senso. Secondo la sua testimonianza, a Ferrara negli anni Sessanta erano coinvolte nelle varie raccolte della carta molte decine di giovani339. Durante l’ultimo periodo dell’episcopato di mons. Mosconi nella diocesi ferrarese proseguirono le attività del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, che stilò propri bilanci annuali con il resoconto sulle cosiddette “microrealizzazioni” sostenute: l’opera per gli studenti stranieri, il lebbrosario di Wiaga nel Ghana340, la missione di don Dioli341. La Campagna contro la fame nel mondo si svolgeva nel periodo quaresimale, come ormai di consuetudine, e coinvolgeva le scuole, l’amministrazione comunale, le banche, le associazioni cattoliche e le parrocchie con iniziative di sensibilizzazione, raccolta fondi e raccolta di carta, ferro e stracci, e altre ancora342. 339 Cfr. conversazione con Franco Manca del 6 luglio 2017. 340 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1968, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Relazione annuale [ottobre 1967-ottobre 1968]. 341 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Ufficio missionario diocesano, Un anno di attività. Campagna contro la fame nel mondo – 1969, ottobre 1969, dattiloscritto ciclostilato. 342 Nella Campagna del 1969, ad esempio, si vendettero biglietti augurali pasquali “artisticamente dipinti dal prof. Mezzaro e da Don Franco Patruno”, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Lettera circolare dell’Ufficio missionario diocesano, Sezione: Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Ferrara, 19 febbraio 1969, dattiloscritto ciclostilato; si tenne inoltre una mostra personale con vendita di quadri di don Franco Patruno e del prof. Nino Mezzaro dal 15 al 31 marzo presso la galleria d’arte “Bigoni” di via Borgoleoni a Ferrara, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Lettera circolare di Gisa Trevisani agli Enti e Istituti educativi, Ferrara 18 marzo 1969, e altra documentazione ivi. La vendita di biglietti augurali di don Patruno si ripeté anche nel periodo natalizio del 1969, ivi, Lettera circolare del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo a tutti gli Enti, Istituti, Banche di Ferrara, dicembre 1969, dattiloscritto ciclostilato. Nel 1970 fu organizzata una mostra di ceramiche in giugno e una dal 19 dicembre al 17 gennaio, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Lettera di Gisa Trevisani al presidente della Camera di Commercio, Ferrara, 2 maggio 1970; Lettera di Gisa Trevisani al sindaco di Ferrara, Ferrara, 10 dicembre 1970 e altra documentazione ivi; ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1971, Lettera di Gisa Trevisani al presidente della Camera di commercio di Ferrara, Ferrara, 19 gennaio 1971; Lettera di Gisa Trevisani al sindaco di Ferrara non datata, copia dattiloscritta. Altre mostre sia di 120 Ma iniziative a sostegno della campagna avvenivano anche durante l’anno, quali raccolte di carta, ferro e stracci durante le vacanze pasquali o nel periodo natalizio o persino recupero della carta da imballaggio della Montecatini-Edison343 o richiesta di “assegnazioni di benzina” al Consorzio agrario provinciale per la Cinquecento della Gisa per la raccolta della carta344. Inoltre il Comitato nel 1969 si rivolse ai medici per la raccolta di farmaci345 e nel dicembre chiese l’esposizione di un “cartellone luminoso” in piazza Duomo nel periodo dal 24 dicembre 1969 al 7 gennaio 1970 per “richiamare l’attenzione della cittadinanza sul grave problema della fame”346. Per far conoscere le attività del Comitato si ricorse a un’esposizione di pannelli nella Galleria Matteotti nel 1969347 e a una mostra fotografica in un locale concesso dalla Camera di Commercio in Largo Castello dal 14 febbraio al 30 marzo 1970348. Venne organizzato uno spettacolo in apertura della Campagna 1970-71 il 24 ottobre 1970, per il quale si chiese l’Auditorium comunale349. Si chiedipinti e sculture sia di ceramiche seguirono negli anni successivi, come pure proseguì la vendita di biglietti augurali, ACMDFe-Com, b. 1, cartelle 1972, 1973, 1974, 1975. 343 Si veda la lettera dattiloscritta alla Direzione della Montecatini-Edison firmata dall’incaricato del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Franco Manca, datata Ferrara, 4 febbraio 1969, avente per oggetto “Richiesta di vendita al Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, di materiale di recupero per scopi umanitari”, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969. Nella lettera si precisava “Quest’anno abbiamo a disposizione la buona volontà di ragazzi studenti che durante le ore libere sono disponibili per svolgere i lavori manuali”. 344 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Lettera di Gisa Trevisani al direttore del Consorzio agrario provinciale di Ferrara, 26 giugno 1970, copia dattiloscritta. 345 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Ciclostilato dattiloscritto datato 31 marzo 1969, firmato per il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo da don Franco Paruno, Romeo Sgarbanti e Gisa Trevisani. 346 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Lettera di Gisa Trevisani al questore e sindaco di Ferrara, 13 dicembre 1969. 347 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Gisa Trevisani, Inizio della Campagna contro la fame nel mondo – Iniziative, copia dattiloscritta non datata. 348 Per l’occasione si chiese anche di “poter pubblicizzare tale Rassegna per due ore al giorno, a giorni alternati, a mezzo di un’autovettura munita di altoparlante”, ACMDFeCom, b. 1, cart. 1970, Lettera del Comitato Ferrarese contro la fame nel mondo al sindaco e questore di Ferrara, Ferrara, 18 febbraio 1970. 349 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Lettera del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo al sindaco di Ferrara, senza luogo, 23 settembre 1970. 121 sero contributi alla Cassa di Risparmio per l’ospedale di Wiaga in Ghana350. Nel 1970 fu acquistato un forno per la cottura delle ceramiche, posto in Montebello 8, perché diventasse “un centro di lavoro per i giovani a favore del III° mondo”351. Vi furono poi le visite con incontri aperti alla cittadinanza, seguite anche dalla stampa cittadina: dal 22 al 26 ottobre 1969 fu a Ferrara padre Philippe Marneffe352 e il 24 marzo 1970 venne di nuovo anche l’abbé Pierre353. Padre Marneffe ritornò il 28 febbraio 1975354. Nei primi anni Settanta proseguì il rapporto con le scuole, coinvolte nella Campagna contro la fame sia con la raccolta di offerte nelle scuole elementari tramite salvadanaio nelle aule, sia con distribuzione di materiale illustrativo agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori e raccolta di offerte da parte di studenti volontari. Ai professori si chiedeva nel programma per la Quaresima del 1974 di segnalare i loro nomi per “poter continuare con loro un discorso più profondo sul problema del sottosviluppo nel mondo”355. Per il lavoro di sensibilizzazione nei confronti dei colleghi e 350 ACMDFe-Com, b. 1, cartelle 1960 e 1970. 351 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1971, [Gisa Trevisani], Relazione di lavoro missionario svolto durante gli anni 1967-1968-1969-1970-1971, copia dattiloscritta non datata. 352 Per la visita del 1966 vedi D.A.D., Incontro personale con padre Marneff e della missione ferrarese di Wiaga, “Voce Cattolica”, 9 luglio 1966, p. 2 (MM); Ufficio missionario diocesano, U cio Missionario Diocesano Ferrara risponderà all’appello, “Voce Cattolica”, 15 ottobre 1966 p. 3 (MM); sulla visita del 1969 cfr. A.G., Le nuove dimensioni dello spirito missionario, “Gazzetta Padana”, 25 ottobre 1969 (MM); Anonimo, Ponte di solidarietà tra Ferrara e il Wiaga, “Il Resto del Carlino”, 25 ottobre 1969 (MM), oltre a documentazione in ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969 e carte sparse. 353 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970. L’abbé Pierre ritornò a Ferrara nel 1977, invitato dal Centro missionario diocesano, e nel 1979, durante il primo campo di Mani Tese, cfr. per il 1977: La missione è rendere credibile l’amore di Dio per tutti (MM); nel bilanco del 1976-77 risulta un contributo all’abbé Pierre, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1977, Centro missionario diocesano, Bilancio finanziario 1976-1977. Per il 1979 Campo di lavoro e sensibilizzazione programmato a Ferrara da “Mani Tese”, “La Voce di Ferrara”, 28 luglio 1979, p. 1. Quindi l’abbé Pierre risulta essere stato a Ferrara quattro volte: nel 1967, 1970, 1977, 1979. A San Nicolò Ferrarese fu fondata da Giandomenico Belletti e Cecilia Flammini una comunità Emmaus nel maggio 1993 e a fine novembre fu costituita l’Associazione Emmaus, tuttora operante. 354 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani al provveditore agli studi, ai direttori e ai presidi delle scuole elementari, medie inferiori e superiori, Ferrara, 19 febbraio 1975, dattiloscritto ciclostilato, oltre a numerose altre lettere di invito ad altri soggetti. 355 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1974, Lettera circolare del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, s.l., 11 febbraio 1974, dattiloscritto ciclostilato. La cartella del 1974 conserva 122 degli studenti si chiedeva anche la collaborazione dei professori di religione356. Una precisa visione sosteneva negli anni Settanta il lavoro con le scuole, esplicitata da Gisa Trevisani e don Franco Patruno per il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo in una circolare ai maestri elementari del 27 febbraio 1974. Compito della scuola sarebbe stato innanzitutto preparare al cambiamento: “Nel corso dei secoli la scuola ha avuto la funzione di riprodurre la società ed i rapporti sociali esistenti, oggi lavora consapevolmente a preparare gli uomini per modelli di società che non esistono ancora”357. Inoltre la scuola avrebbe dovuto educare alla solidarietà e alla mondialità: “L’obiettivo essenziale nell’educazione è in primo luogo di creare negli individui la coscienza dell’esistenza degli altri, poi di far loro riconoscere il principio della non discriminazione, ed infine di prepararli a vivere in una società in evoluzione, e di sentirsi cittadini del mondo particolarmente propensi a dare una mano sincera a coloro che maggiormente ne hanno bisogno”358. L’orizzonte culturale proposto dal Comitato ferrarese contro la fame nel mondo al liceo ginnasio “Ariosto” era ricco e articolato, come dimostra l’elenco dei libri consegnati nell’aprile del 1974 al preside dell’istituto. Vi compaiono letture mitiche di quegli anni, da Paulo Freire, L’educazione come pratica della libertà, a Ivan Illich, Descolarizzare la società, a Yves Lacoste, Geografia del sottosviluppo, a Il profeta di Gibran, oltre a numerosi volumi sull’Africa, tra i quali Africa in cammino di Albert Luthuli e i Poèmes di Léopold Sédar Senghor359. La Campagna contro la fame nel mondo era sorretta da convinzioni espresse in modo articolato in una lettera circolare del 19 febbraio 1969 inviata a tutte le autorità coinvolte360. Si ricordavano i due obiettivi principali della Campagna imminente: l’aiuto al gruppo di studenti universitari stranieri e all’ospedale di Wiaga in il dossier più ampio sulle iniziative nelle scuole; numerosa documentazione è presente anche nelle altre cartelle di quegli anni. 356 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1974, Lettera circolare di Gisa Trevisani e don Franco Patruno a tutti gli insegnanti di religione, marzo 1974. 357 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1974, Lettera circolare di Gisa Trevisani e don Franco Patruno agli insegnanti delle scuole elementari di città e provincia, 27 febbraio 1974. 358 Ibidem. 359 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1974, Lettera di [Gisa Trevisani] al preside del Liceo ginnasio “Ariosto” di Ferrara, Ferrara, 24 aprile 1974, copia dattiloscritta. 360 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Lettera circolare dell’Ufficio missionario diocesano, Sezione: Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Ferrara, 19 febbraio 1969, dattiloscritto ciclostilato. 123 Ghana. Tali iniziative, pur nella loro “limitatezza”, intendevano essere “testimonianza concreta di solidarietà civile e umana”. Premeva ai promotori precisare che si trattava di operazioni “libere da qualsiasi strumentalizzazione di gruppo ideologico o politico” e non passibili delle “critiche che spesso e giustamente involgono i modi di aiuto al Terzo Mondo”. Non vi erano, infatti, immischiati interessi particolari e l’aiuto sarebbe giunto “integralmente, e senza indiretti ritorni, al destinatario”. Nelle parole del Comitato vi era lucida consapevolezza dell’entità dei problemi a livello mondiale in termini di fame, malattia e analfabetismo, degli squilibri in atto e della dimensione politica di tale situazione. La Campagna contro la fame intendeva dunque essere innanzitutto una “occasione di risveglio al senso delle proprie responsabilità” sia per i singoli sia per i “pubblici poteri” e in ogni caso “un segno di amicizia e di fraternità”. Nella circolare si faceva chiarezza anche sul carattere non confessionale dell’iniziativa, pur promossa con l’intento di “testimonianza cristiana”. Lo scritto è animato dallo spirito prima giovanneo e poi conciliare di una collaborazione con tutti sul piano della promozione della giustizia: I promotori di questo appello sono mossi dal desiderio di una testimonianza cristiana, ma essi si rivolgono, come in passato, a tutti quelli che sono animati dalla buona volontà di dare una mano alla soluzione di problemi del prossimo che confidano che una iniziativa di umanità e di pace possa trovare consenso e l’appoggio di persone e di gruppi che non professano la fede religiosa, ma credono nella dignità dell’uomo e nel dovere di operare per un mondo più giusto361. La genialità dell’iniziativa della Campagna fu in effetti fin dall’inizio il coinvolgimento dell’intera cittadinanza sia nelle sue articolazioni istituzionali e produttive, sia nel casa per casa delle raccolte di carta e stracci, sia nelle scuole. E non va dimenticato che la città era ancora politicamente orientata per la maggioranza in senso social-comunista ed eleggeva un’amministrazione di quella parte politica. Il punto d’incontro era il servizio all’uomo, come ricorda la circolare nel giustificare la richiesta di un impegno personale costruttivo: A coloro che, pur senza riferimento ad una professione di fede, sentono che il mondo dell’economia e della produzione è subordinato all’uomo, diciamo che la critica più seria alla società dei consumi – nei confronti dell’attuale si è levata una contestazione legittima, ma spesso in forme improduttive – è quella di sacrificare qualche consumo superfluo a vantaggio dei fratelli che sono ben lungi dall’aver raggiunto quel benessere 361 Ibidem. 124 da cui la nostra società è caratterizzata, nonostante i suoi squilibri362. Ai cristiani veniva offerta una chiave interpretativa nuova della penitenza e della riparazione, forme di spiritualità ereditate da una lunga tradizione e forti nell’Ottocento intransigente che venivano proposte secondo uno spirito diverso, ispirato ai recenti indirizzi conciliari e alle tendenze partecipative e comunitarie di quei tempi: La nostra Campagna si inizia nel momento in cui, nel ciclo liturgico della Chiesa, comincia il tempo della Quaresima. Ci permettiamo di sottolineare che la Chiesa raccomanda sempre più, nello spirito conciliare, le opere di giustizia come atti di riparazione cristiana. La penitenza cui il cristiano è chiamato non è solo contrizione interiore e soddisfazione giuridica, ma opera che fruttifica dall’intimo, impegno personale di rinnovamento e di partecipazione allo sforzo costruttore di una comunità nuova363. Nell’ambito del Comitato fu anche progettato e realizzato nel 1969 un opuscolo sulle cause della fame e degli ingiusti squilibri nel mondo e sulle microrealizzazioni del Comitato364. Uscì con il titolo programmatico Ferrara per un mondo nuovo. Gli autori furono Giorgio Tassinari e Marco Artioli, con prefazione di Luciano Chiappini365. Suddiviso in cinque capitoli, dedicati al problema della fame nei suoi aspetti biologici, al rapporto tra incremento demografico e risorse della terra, al colonialismo e al neocolonialismo e infine all’economia di guerra, la pubblicazione individuava nel dominio coloniale e nelle forme neocolonialiste le cause degli squilibri mondiali e del problema della fame e di conseguenza incitava a un’assunzione di responsabilità da parte di tutti, in quanto “consciamente o inconsciamente” ognuno era stato al servizio di “quella macchina che fabbrica la miseria e la fame di cui fanno le spese i due terzi dell’umanità”366. All’interno vi era un inserto dedicato alle re362 Ibidem. 363 Ibidem. 364 Se ne parla nella programmazione delle attività del Comitato per i mesi di maggio e giugno 1969. La distribuzione dell’opuscolo a tutte le famiglie ferraresi era prevista per l’ottobre 1969, all’inizio del nuovo anno scolastico, cfr. ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Programma di lavoro per i mesi di maggio e giugno p.v., Ferrara, 1 maggio 1969, dattiloscritto non firmato con annotazioni a mano. 365 Giorgio Tassinari, Marco Artioli, Ferrara per un mondo nuovo, Ferrara, Comitato Ferrarese contro la fame nel mondo, s.d. [ma 1969-1970]. 366 Ivi, p. 28. 125 alizzazioni del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo367. Come precisato nella circolare in apertura della Campagna del 1970-71 inviata dai responsabili del Comitato, don Franco Patruno e Gisa Trevisani, al provveditore e ai presidi e direttori delle scuole di città e provincia, con la preghiera che venisse acquistato per le biblioteche di classe, l’opuscolo aveva lo “scopo di fornire gli elementi indispensabili perché ciascuno di noi sia in grado di valutare la portata del problema della fame e, di conseguenza, la misura della propria personale responsabilità”368. Gli orientamenti del Comitato Ferrarese contro la fame nel mondo, quale sezione dell’Ufficio missionario emergono in modo organico in un testo preparato per un incontro di sensibilizzazione per il maggio 1970. L’orizzonte era l’“Umanesimo cristiano”: in gioco era la costruzione di “un mondo in cui ogni uomo, senza esclusioni di razza, di religione, di nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana”369. Secondo i responsabili del Comitato, la chiesa aveva sempre promosso “l’elevazione umana dei popoli ai quali portava la fede nel Cristo” perché l’annuncio evangelico ai poveri era “segno della sua «missione»”. Questo i missionari avevano compiuto e continuavano a compiere nella storia, pur in modo imperfetto370. La riflessione quaresimale del 1971 portò il titolo “Mio fratello uomo”, partendo dalla convinzione che “ogni uomo, a qualsiasi razza o nazione appartenga, è unito a noi da intimi legami di fratellanza”371. I rilievi inoltrati nell’estate del 1970 al Consiglio pastorale diocesano da Gisa Trevisani, che ne faceva parte372, permettono di cogliere gli orienta367 L’operazione era economicamente in perdita a metà 1970, come risulta dal resoconto della Campagna contro la fame nel mondo ottobre 1969-giugno 1970, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970. La presentazione del libretto fu all’ordine del giorno della riunione indetta dal Comitato per la relazione annuale delle sue attività, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani, responsabili del Comitato ferrarese per la fame nel mondo, Ferrara, 23 novembre 1970. 368 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani, responsabili del Comitato ferrarese per la fame nel mondo, Ferrara, 16 novembre 1970, dattiloscritto ciclostilato. 369 Il testo era composto da due fogli dedicati alle problematiche generali e tre alle micro realizzazioni ferraresi, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Incontro per sensibilizzare il problema della fame nel mondo, Ferrara, maggio 1970, dattiloscritto ciclostilato. 370 Ivi, cc. [1r], [2r]. 371 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1971, Lettera circolare ai parroci della diocesi dei responsabili del Comitato Ferrarese contro la fame nel mondo, don Franco Patruno, Gisa Trevisani, Romeo Sgarbanti, febbraio 1971. 372 BE 1970, Piccolo annuario diocesano per l’anno 1970, p. 17. 126 menti riguardo alla collocazione dell’attività a favore delle missioni da parte dell’Ufficio missionario di Ferrara. L’accento andava sulla chiesa come “comunità missionaria”, sul collegamento tra attività di evangelizzazione e impegno a favore dello sviluppo, sulla necessità di coinvolgere i giovani e sulla scarsa recezione di questo spirito nelle parrocchie ferraresi: Ho letto la bozza introduttiva sui problemi di vita ecclesiale ferrarese: ritengo giuste, anche se un po’ troppo pessimistiche, le ipotesi di crisi dell’evangelizzazione della nostra provincia e concordo sull’ipotesi di lavoro per un miglioramento [e] coordinamento dell’apostolato. Ho notato però che non è stata puntualizzata sufficientemente la pastorale missionaria nel suo ruolo primario quale aspetto fondamentale per un risveglio cristiano più autentico, non solo nelle parrocchie ma anche dei non credenti. Oggi la Chiesa si riscopre sempre più comunità e particolarmente comunità missionaria. Inoltre la bozza rimane molto nel teorico per quanto riguarda il lavoro apostolico. A questo proposito mi permetto di rilevare che i giovani hanno alcune caratteristiche qualificanti la propria attività: la principale, ritengo, sia quella dell’impegno continuo e costante dell’opera di compromissione dei cattolici nella attività di evangelizzazione, che reca con sé anche quella in favore dello sviluppo in generale di tutti gli uomini. Di qui la necessità che per far partecipare i giovani alle attività promosse dalla chiesa, questi colleghino più evidentemente questi due aspetti, stabilendone il giusto rapporto. Il nostro Ufficio missionario diocesano da qualche anno, precisamente da sette anni, tenta di muoversi in questa direzione, ma questo spirito è poco accettato in molte parrocchie, come pure i suoi obiettivi concreti: la costruzione dell’ospedale lebbrosario di Wiaga, nel Ghana, e l’opera degli studenti stranieri. Questo secondo obiettivo non è solamente un’opera di aiuto allo sviluppo materiale, ma è, nel pieno senso della parola, un’opera missionaria che contribuisce allo sviluppo nella pienezza di questo termine. Ritengo che sia doveroso che tutta la diocesi la sorregga e ne incoraggi il suo sviluppo. Essa infatti è un’opera missionaria raccomandata dai Papi del nostro tempo: Pio XII: “Fidei donum”, aprile 1957; Giovanni XXIII: “Princeps Pastorum”, novembre 1959; Paolo VI: “Populorum progressio”, marzo 1967. Infine anche la [sic] nostra diocesi è stato costituito il Centro missionario, secondo le norme contenute nel Decreto “Ad Gentes” sulla attività missionaria della chiesa. 127 Esso ha lo scopo di coordinare e promuovere la reciproca collaborazione degli organismi interessati in qualche modo alle missioni, oltre a quello di diffondere la conoscenza dei problemi inerenti allo sviluppo sociale dei popoli, fra tutto il popolo di Dio. Questo Centro missionario diocesano potrebbe veramente rinnovare lo spirito missionario della nostra diocesi se, come è nella intenzione della Commissione del [sic] C.E.I., diventa un organismo funzionante a servizio della missionari età della chiesa locale e delle missioni della chiesa universale373. Il nuovo indirizzo dell’Ufficio missionario, nella coniugazione tra evangelizzazione e sviluppo umano, non era ancora patrimonio dell’intera diocesi secondo Gisa Trevisani. E d’altronde non dovette essere semplice mantenere in vita le due prospettive contemporaneamente in modo equilibrato, anche a livello istituzionale. Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, impegnato in proprie microrealizzazioni si configurava come sezione staccata dell’Ufficio missionario, che aveva tradizionalmente il compito, invece, di sostenere le missioni cattoliche in collegamento con le PP.OO.MM. Gisa Trevisani, come incaricata diocesana dell’Ufficio e delegata regionale delle PP. OO.MM., era tenuta a occuparsi dell’orizzonte universale missionario. Come si deduce dal suo parere al Consiglio pastorale dell’agosto 1970, Gisa aveva operato una sintesi nella quale aveva incluso anche l’appena nato Centro missionario diocesano, ma dovettero esservi tensioni, direttamente e indirettamente documentate. Una lettera a mons. Reghezza, direttore delle PP.OO.MM., inviata presumibilmente dall’Ufficio missionario ferrarese da Ferrara il 22 luglio 1970 è eloquente: Rev. Mons. Reghezza, Le inviamo una relazione della nostra Campagna annuale contro la fame nel mondo e, come d’accordo dal nostro incontro di Bologna, inviamo pure i due assegni di L. 1.000.000 (un milione), ciascuno, da inviare uno a: Padre Philippe Marneffe – Wiaga – Ghana _ Catholic Mission P.O. Box 20 – Navrongo U.R. e uno a: Don Alberto Dioli – B.P. 3040 – Kamituga – Bukavu – Congo Kinshasa. Dal bilancio Lei potrà vedere la cifra che tratteniamo, d’accordo con il nostro Arcivescovo, per gli studenti stranieri. Fiduciosi che le nostre opere siano così riconosciute come iniziative delle OO.PP.MM. e soprattutto certi di far contento Lei, La salutiamo cordialmente assicurandole la nostra partecipazione al corso di Milano 373 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Lettera di [Gisa Trevisani] al Consiglio Pastorale, Ferrara, 5 agosto 1970, copia dattiloscritta. 128 e di quella di un gruppetto del nostro Centro Diocesano374. Dunque, si desiderava che le microrealizzazioni fossero assunte dalle Pontificie Opere Missionarie come proprie, con un movimento inverso a quello tradizionale che andava invece dal centro alla periferia. Un’insistenza, si direbbe, dopo il fallito tentativo di qualche anno prima da parte di don Dioli al quale si è accennato. Questa volta le PP.OO.MM accettarono, come dimostra la lettera di risposta diretta a don Franco Patruno come direttore diocesano dell’Ufficio missionario in data 7 ottobre 1970375. Nell’arcivescovo Mosconi dovette esserci la preoccupazione di salvaguardare la centralità della collaborazione con le Pontificie Opere Missionarie, come emerge dal tenore dei consueti resoconti annuali a stampa dell’Ufficio missionario. Già nel resoconto dell’anno 1968-69, alla parte dedicata alla Campagna contro la fame nel mondo e alle tre microrealizzazioni firmata da Giorgio Tassinari, Luciana Ghezzi e Franco Fortini, seguivano chiarimenti sulla validità delle Pontificie Opere Missionarie, sia mediante una citazione dal messaggio di Paolo VI per la Giornata missionaria mondiale del 1969 sia con alcune riflessioni intese a sgomberare il campo da equivoci e a definire il senso dell’impegno nell’attività a sostegno delle missioni: Alcuni punti di considerazione per dirigenti, responsabili ed operatori delle Pontificie Opere Missionarie: 1° - è necessario combattere i sintomi di pessimismo che si stanno infiltrando anche negli animi di quanti hanno il compito di sostenere i deboli e i pavidi. La cooperazione missionaria non si propone di trasformare l’evangelizzazione in un movimento di rivendicazioni sociali e di progresso tecnico, ma di chiedere ai fedeli il loro contributo per attuare il comando del Maestro di portare il Vangelo a tutta l’umanità. 2° - spiritualizzare tutte le iniziative in favore dei Missionari, anche quelle che si riferiscono ai bisogni materiali dell’apostolato. Gli aspetti « umanistici» sui quali insiste anche la Campagna missionaria 1969, non devono trarre in inganno nessuno. Non abbiamo bisogno di nascondere la nostra identità, di velare i nostri intenti: vogliamo diffondere la Religione rivelata da Dio, vogliamo presentare agli uomini una forma di vita, che è stata sperimentata da Cristo, Figlio di Dio. 3° - ribadire la nostra appartenenza, la nostra obbedienza, la nostra soggezione alla Chiesa. 374 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Lettera non firmata a mons. Reghezza, Ferrara, 22 luglio 1970, copia dattiloscritta. 375 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1970, Lettera a don Franco Patruno, Roma 7 ottobre 1970 (la firma del mittente non è leggibile), dattiloscritto su carta intestata delle PP.OO.MM. 129 Non si lavora per le Missioni se non in sintonia con la Chiesa, sulla linea dottrinale del suo magistero, sulle norme disciplinari della sua gerarchia, senza riserve, nella più assoluta lealtà ad un compito assunto liberamente, in conformità alla Fede che fonda tutta la vita dell’uomo376. Le due pagine erano firmate dall’incaricata diocesana Gisa Trevisani e dal direttore don Franco Patruno, ma tono, lessico e contenuti sono distanti da quanto si veniva elaborando tra Ufficio missionario e Comitato ferrarese contro la fame nel mondo. È possibile che dietro queste considerazioni vi fosse la volontà dell’arcivescovo. Nella consueta lettera introduttiva al resoconto dell’anno successivo, 1969-70, infatti, mons. Mosconi metteva in guardia da una distorta interpretazione del concilio in merito alle missioni: “Una interpretazione di comodo ha abusato anche del Concilio. Il Concilio invece va preso nella sua globalità, e il Concilio impegna tutti i cristiani per le Missioni”, scriveva l’arcivescovo. Nella pagina successiva l’opuscolo riportava una precisazione sulle PP.OO.MM. e il concilio, tratta in gran parte da una relazione tenuta al convegno romano di cui si dirà tra breve: La spiccata tendenza all’autocritica che si riscontra oggi nella Chiesa porta taluni a sottovalutare il valore dello stesso Concilio e dei suoi decreti. Non di rado si sente dire che il ruolo delle PP.OO.MM. è notevolmente cambiato, la loro importanza diminuita e la loro priorità è puramente nominale e onorifica. Eppure l’ultima parola della Chiesa in materia, riafferma il contrario fin dalle prime linee, quando ripropone il principio dottrinale di Pio XI: «tutta la cooperazione missionaria deve realizzarsi ordinatamente» principio che fu all’origine della istituzione delle PP.OO.MM. Difatti non basta la sola cooperazione, bisogna che sia giustamente coordinata. Dopo il Concilio il coordinamento non è esigito soltanto da motivi pragmatici, di ordine pratico, bensì dipende dal principio teologico: «tutta la cooperazione missionaria deve essere l’oggetto di un giusto coordinamento in quanto è parte di quella sollecitudine che i Vescovi come “membri del Collegio episcopale e legittimi successori degli Apostoli insieme al Sommo Pontefice” sono tenuti ad avere per istituzione il precetto di Cristo per tutta la Chiesa». Ora per ottenere tale cooperazione in tutta la Chiesa il Sommo Pontefice in virtù del suo Ufficio si avvale soprattutto delle PP.OO.MM. cioè: Pontificia opera della propagazione della fede, di S. Pietro Apostolo, dell’Unione Missionaria del Clero e della S. Infanzia. 376 Seguivano “Suggerimenti pratici” per il mese missionario di ottobre, ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1968-69, c. [4r]. 130 Sistema ufficiale e prioritario della Chiesa universale le PP.OO.MM. si trasformano anche pienamente e simultaneamente in strumento della Chiesa locale. Corrispondere a questo impegno non significa rivendicare un onore, ma assumersi la responsabilità dell’animazione missionaria, della promozione delle vocazioni missionarie, della cooperazione spirituale e materiale del popolo di Dio per la dilatazione del Regno di Cristo377. All’interno dell’opuscolo, poi, venivano illustrate le caratteristiche del Centro missionario diocesano come strumento per la pastorale missionaria a livello diocesano e di coordinamento delle iniziative locali378. Anche i resoconti degli anni successivi riservavano la priorità alle Pontificie Opere Missionarie, pur continuando a fornire i dati anche sulle microrealizzazioni ferraresi379. D’altronde il ruolo delle Pontificie Opere Missionarie dopo il concilio era in quegli anni in discussione e fu oggetto di riflessione durante il convegno dei direttori e delle delegate delle diocesi a Roma nel 1970. Nelle carte del Centro missionario diocesano si è conservata una relazione articolata sul tema Le PP.OO.MM. nel post-concilio, dalla quale fu ricavata in gran parte la pagina sopra citata del resoconto dell’anno 1969-70, con tagli significativi del testo originario380. Il relatore citava il discorso di Paolo VI ai direttori nazionali del maggio 1970, nel quale il papa affermava “È venuta un’ora nuova per le Missioni” e proseguiva “Questo significa che l’attività missionaria dev’essere concepita con vedute larghe e moderne. Una nuova pianificazione si impone: nei principi teologici, nella propaganda, nel reclutamento, nella preparazione, nei metodi, nelle opere, nella organizzazione”381. Il relatore 377 ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1969-1970, c. [3r]. 378 Ivi, c. [5r]. 379 Cfr. ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1970-71; Id., La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1971-1972; Id., La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 19721973; Id., La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1973-1974. 380 Nel ciclostilato della relazione dattiloscritta sono segnati a biro i passi da stralciare, ACMDFe-Com, b. 3, cart. POM, Cons. Miss. Regionale, Pontificia Unione Missionaria, Pontificia Infanzia Missionaria, Pontificia Opera di S. Pietro Apostolo, Unione Miss. Clero, Le PP.OO.MM. nel post-concilio, dattiloscritto ciclostilato. 381 Paolo VI, Messaggio per la Giornata missionaria mondiale 1970, 5 giugno 1970, http:// w2.vatican.va/content/paul-vi/it/messages/missions/documents/hf_p-vi_mes_19700605_ world-day-for-missions-1970.pdf (29-5-17). 131 evidenziava i mutamenti avvenuti in seguito al concilio: Il concetto stesso di cooperazione missionaria ha subito una notevole evoluzione. Prima del Conc. Vat. II tutto era polarizzato attorno a due centri fissi: l’attività personale del Santo Padre per mezzo delle PP.OO. MM. e quella degli istituti missionari che chiedevano gli aiuti per le loro missioni nella vecchia Europa. Oggi ha un senso più dinamico e più vasto; difatti la teologia della collegialità episcopale, della chiesa locale, la riscoperta del sacerdozio battesimale, l’assioma conciliare che la Chiesa è per natura sua missionaria, stanno portando i primi frutti382. Il relatore ritornava al discorso di Paolo VI e ne metteva in rilievo il sostegno alle Pontificie Opere Missionarie e l’enucleazione delle loro finalità: formare il “sensus Ecclesiae” e una corresponsabilità missionaria in un orizzonte universale383. Nella documentazione dell’archivio dell’Ufficio missionario si trovano anche relazioni su Le PP.OO.MM. e gli organismi post conciliari e su Le PP.OO.MM. e il Centro diocesano, probabilmente coeve alla citata relazione Le PP.OO.MM. nel post-concilio384. L’Ufficio missionario ferrarese condivideva dunque un travaglio comune all’intera chiesa. A una diversa sottolineatura tra arcivescovo e Ufficio missionario si aggiunse un dibattito interno al Centro missionario testimoniato da un testo di Gisa Trevisani del 12 gennaio 1972 su alcune questioni apertesi in quel periodo. Quella che appare la prima versione del testo sostiene che in seguito all’“immissione” nell’Ufficio missionario “di nuovi elementi i quali, probabilmente, non hanno chiaro né lo spirito né i vari compiti del Centro Missionario” al suo interno si sarebbe creata una “frattura”385. Un’altra versione, meno esplicita, recita: Come già comunicato a S.E. l’Arcivescovo, è avvenuta in seno all’Ufficio Missionario Diocesano, per l’apporto di nuove energie che hanno 382 ACMDFe-Com, b. 3, cart. POM, Cons. Miss. Regionale, Pontificia Unione Missionaria, Pontificia Infanzia Missionaria, Pontificia Opera di S. Pietro Apostolo, Unione Miss. Clero, Le PP.OO.MM. nel post-concilio, dattiloscritto ciclostilato, p. 3. 383 Da questa relazione è tratto gran parte, letteralmente, il testo di ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1969-1970 , c. [3r], citato supra (cfr. nota 377). 384 ACMDFe-Com, b. 3, cart. POM, Cons. Miss. Regionale, Pontificia Unione Missionaria, Pontificia Infanzia Missionaria, Pontificia Opera di S. Pietro Apostolo, Unione Miss. Clero. 385 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1972, Ufficio missionario diocesano, copia dattiloscritta non firmata, Ferrara 12 gennaio 1972. 132 indubbiamente arricchito il Centro stesso, una pluralità di idee, di finalità, dinamica di azione, che vanno esaminate da parte dei membri del Centro ed approvate dall’autorità ecclesiastica386. Dopo aver esposto le finalità del Centro missionario diocesano e l’azione sociale del Centro missionario in questa seconda versione del testo Gisa concludeva sollevando quattro questioni sulle quali era necessario ricevere indicazioni precise: In questa nuova prospettiva, delineatasi per i motivi sopraelencati, abbiamo bisogno di una direttiva chiara sui seguenti punti: a) le nostre relazioni con padre Marneffe; b) le nostre relazioni con don Dioli; c) con gli studenti stranieri; d) eventuali e discutibili rapporti con i poveri di Ferrara per non estraniarsi e per non interferire nelle altre organizzazioni a carattere assistenziale locali387. Nell’altra versione il testo si concludeva con due domande rivolte all’arcivescovo: “come effettuare la divisione dei fondi? chi tiene l’amministrazione?”388. La documentazione esistente non permette di chiarire ulteriormente i termini e le modalità della “frattura” all’interno del Centro missionario diocesano, ma risulta chiaro come la discussione si incentrasse sull’attività sociale sostenuta dal Comitato ferrarese contro la fame nel mondo. A una diversità di vedute rispetto a Gisa Trevisani in quel periodo accennerà quarant’anni dopo Franco Manca. Il giovane, che collaborava con l’Ufficio missionario e, come si è visto, era molto impegnato nelle attività di raccolta di carta e scarti, aveva maturato la convinzione che fosse più opportuno sostituire l’opera per gli studenti stranieri in Medicina con il mantenimento di “circa cinquanta persone della zona in una scuola di infermeria di Bukavu da distribuire nei villaggi più importanti per le più frequenti problematiche (parti, verminosi, malaria, problemi alla pelle, agli occhi ecc..)”389, anche perché non sempre gli studenti stranieri, una volta diventati medici a 386 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1972, Dattiloscritto ciclostilato firmato da Gisa Trevisani, Ferrara, 12 gennaio 1972. 387 Ibidem. 388 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1972, Ufficio missionario diocesano, copia dattiloscritta non firmata, Ferrara 12 gennaio 1972. 389 Franco Manca, Il mio viaggio a Kamituga, in Don Alberto Dioli. Fidei donum, pp. 6569: 65; conversazione con Franco Manca del 6 luglio 2017. 133 Ferrara, rientravano nei paesi di provenienza per un impegno nella loro terra. Franco Manca compì un viaggio in Africa, trattenendosi tre settimane a Kamituga nel gennaio 1971390. Gisa Trevisani non accolse la sua proposta, nonostante il parere favorevole di mons. Mosconi e don Dioli391. La storia dell’Ufficio missionario di Ferrara non può non fare i conti con la decisa personalità di Gisa Trevisani, con la sua dedizione totale e con le sue forti convinzioni. La trama relazionale che si venne costruendo o rompendo via via attorno alla sua persona non è oggetto di questo studio, ma è opportuno almeno indicarla come una dinamica non secondaria per molti decenni. La relazione di Gisa Trevisani sul “lavoro missionario” svolto negli anni 1967-1971 testimonia l’imponente opera attuata dall’Ufficio, che aveva mantenuto la celebrazione delle tradizionali Giornata per la Santa Infanzia e Giornata missionaria mondiale, per la quale venne sempre invitato un missionario a predicare392. Soltanto nel 1973 sono documentate iniziative mirate a costruire una pastorale missionaria organica nella diocesi, secondo le finalità proprie di 390 Franco Manca, Viaggio attraverso l’Africa. Corsi di alfabetizzazione di d. Alberto Dioli nel Congo, “La voce di Ferrara”, 13 marzo 1971, p. 5; Id.,Viaggio attraverso l’Africa. I missionari e mentalità locale, “La voce di Ferrara”, 20 marzo 1971, p. 5 (MM); per un racconto a distanza di anni cfr. Manca, Il mio viaggio a Kamituga. 391 Conversazione con Franco Manca del 6 luglio 2017. La documentazione offre alcuni punti interrogativi irrisolti. L’11 novembre Gisa Trevisani comunica ufficialmente al sindaco di Ferrara, al presidente della Cassa di Risparmio di Ferrara, al provveditore agli studi di Ferrara, al presidente della Camera di commercio di Ferrara che “il nuovo responsabile del Comitato della Campagna contro la fame nel mondo è il dott. Franco Manca”, ACMDFeCom, b. 1, cart. 1971, Lettera di Gisa Trevisani al sindaco di Ferrara, al presidente della Cassa di Risparmio di Ferrara, al provveditore agli studi di Ferrara, al presidente della Camera di commercio di Ferrara, s.l., 11 novembre 1971, copia dattiloscritta. Franco Manca firmò come responsabile del Comitato una lettera alla Camera di Commercio il 26 giugno 1972, poi non si ha più riscontro di uno svolgimento di tale incarico, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1972, Lettera di Franco Manca alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Ferrara, Ferrara, 26 giugno 1972, copia dattiloscritta. Franco Manca lasciò la collaborazione con l’Ufficio missionario proprio in quel periodo, cfr. Conversazione del 6-7-17. Inoltre nell’agosto 1972 Gisa Trevisani è firmataria di una lettera a nome di una Sezione Studenti Stranieri, cfr. ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1972, Lettera di Gisa Trevisani al Presidente della Banca di Credito Agrario, [Ferrara], 24 agosto 1972, copia dattiloscritta. Infine, Gisa Trevisani scrive a Rosanna Manca nel dicembre 1972 una lettera pure con l’intestazione “Sezione Studenti Stranieri”, invitandola a una riunione del Comitato degli Studenti Stranieri per illustrare scopo e finalità dell’opera, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1972, Lettera di Gisa Trevisani a Rosanna Manca, Ferrara, 20/21 dicembre 1972 (la data è scritta due volte, una con il 20 e una con il 21) , copia dattiloscritta. 392 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1971, [Gisa Trevisani], Relazione di lavoro missionario svolto durante gli anni 1967-1968-1969-1970-1971, copia dattiloscritta non datata. 134 un Centro missionario diocesano. I fondamenti teologici di tale lavoro erano nel resoconto annuale dell’Ufficio missionario dell’anno 1972-73, tratti dal decreto conciliare sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes: L’INTIMA UNIONE DELLE COMUNITÀ NELLA CHIESA Presentando, anche quest’anno, il bilancio dell’ufficio missionario diocesano, ci permettiamo sottoporre, quale meditazione, alcuni articoli del Decreto “Ad Gentes”: n. 35-36-37. Nella dimensione missionaria della fede sono inscritti tutti i cristiani, tanto come singoli, quanto come comunità. L’opera missionaria non può essere solo opera di alcuni più preparati e volonterosi, ma deve svilupparsi attraverso una crescita interiore di ciascuna comunità, è uno scambio di grazia, di doni, e di rapporti fra le chiese. La cooperazione missionaria non può limitarsi all’aspetto caritativo. Questo poteva accadere nel secolo passato quando l’organizzazione missionaria della Chiesa era affidata all’ammirevole spirito di sollecitudine di alcuni benefattori, sicché essa rimaneva circoscritta e condizionata da una caratterizzazione individualistica. Ma oggi la cooperazione missionaria deve trasformarsi in “FATTO VERAMENTE ECCLESIALE”. La Chiesa locale deve vivere una mentalità autenticamente missionaria; è un suo dovere il colloquio con le altre chiese e con la chiesa universale; le chiese non possono vivere in silenzio. Per ottenere ciò è necessario che tutti quanti si sentano impegnati nella formazione e nello sviluppo di una coscienza missionaria della chiesa locale e di un suo colloquio con la chiesa universale. Purtroppo le nostre chiese locali non vivono nella stessa tensione missionaria della chiesa universale. Perciò lanciamo un richiamo a tutte le parrocchie ed a tutti i gruppi spontanei che si interessano delle missioni o che aiutano i missionari, ad un serio approfondimento dottrinale di cui tutti abbiamo tanto bisogno e di non fermarsi solo alle realizzazioni individuali ma di allargare il proprio orizzonte alla chiesa universale. Se noi crediamo di essere una chiesa locale, la chiesa di Cristo, assolutamente bisogna avere a livello di chiesa una dimensione missionaria; bisogna assolutamente essere uniti al Vescovo che rappresenta la propria chiesa e al Papa che rappresenta tutta la chiesa. Quanta importanza torni ad avere oggi questo disegno del Signore dell’unità della sua chiesa che trova nel suo servizio il suo punto di collegamento e trova nel collegio episcopale il suo culmine che fa sì che la Chiesa appaia al mondo UNA, SANTA, CATTOLICA, è avvertito da ogni autentico cristiano. 135 In questo momento storico in cui viviamo, la Chiesa, se sappiamo viverla e manifestarla, resta l’unico faro, segno, autentica profezia dell’unità e della pace nel mondo; se invece non ascolteremo la voce del Concilio, compiremo ancora una volta un tradimento alla voce del Signore393. Il 18 novembre 1973 i responsabili dell’Ufficio missionario, don Franco Patruno e Gisa Trevisani, scrissero una lettera circolare ai membri della Commissione presbiterale, ai cappellani delle parrocchie cittadine, alle suore degli istituti della città e ad “alcuni laici simpatizzanti” per invitare a un incontro mensile di riflessione e di preghiera “per studiare insieme un metodo di pastorale missionaria diocesana nel suo più vasto complesso”, al fine di renderla “più consona ai principi dei decreti conciliari”394. L’incontro si tenne il 21 novembre. Intervennero 20 persone, che si divisero in due gruppi per lavorare sulla traccia fornita dal direttore dell’Ufficio missionario. Dal verbale, inviato agli invitati precedenti e inoltre ai vicari foranei395, emergono in particolare tre questioni: il delicato rapporto tra evangelizzazione e promozione umana, l’opportunità di una maggiore conoscenza in diocesi delle attività del Centro missionario e la necessità di avviare un coordinamento tra le diverse forze operanti in diocesi per le missioni: Questi appunti vogliono essere un tentativo di sintesi delle principali idee e proposte emerse dai gruppi di studio: I° Si è ritenuto opportuno [sic] una attenta riflessione sulla teologia delle missioni così come è emersa dalla rinnovata impostazione del Concilio Vaticano II° e dal lavoro post-conciliare. Si è proposto di effettuare tale studio insieme e allargarlo a tutti coloro che desiderassero approfondire detto problema. Per questo i presenti hanno accettato di riunirsi un pomeriggio ogni mese presso la Casa Buoni Fanciulli, Via Ruggero Bovelli 3, dalle 16 alle 18. La prossima riunione avrà luogo il 12 dicembre p.v. con una relazione di Don Francesco Forini sulla teologia bibblica [sic] delle Missioni. 2° Si è poi manifestato il desiderio di una maggiore pubblicizzazione delle iniziative del Centro missionario a livello di parrocchia, di scuole, e di gruppi non parrocchiali ed una maggiore corresponsabilità nel prendere le iniziative stesse. 393 ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1972-1973. 394 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1973, Don Franco Patruno e Gisa Trevisani, Lettera circolare del 18 novembre 1973, copia dattiloscritta. 395 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1973, Don Franco Patruno e Gisa Trevisani, Lettera circolare del 30 novembre 1973, copia dattiloscritta. 136 3° Si è avvertita l’urgenza di non porre in contrasto le iniziative così dette pratiche dalla [sic] riflessione teologica più ampia sulla evangelizzazione, poiché la Missione mira ad una integrale promozione dell’uomo. In questa prospettiva la cosìdetta [sic] “preevangelizzazione” non solo non è in contrasto con l’evangelizzazione propriamente detta, ma è già parte di essa. 4° Si è proposto un lavoro di stimolo e di coordinamento del Centro Missionario Diocesano in favore di gruppi parrocchiali e non parrocchiali: - lo stimolo sarebbe possibile tramite alcune persone che si impegnassero a studiare profondamente il problema missionario poi accettassero di andare nelle parrocchie e nei gruppi spontanei; - il coordinamento, invece, se in ogni gruppo parrocchiale o spontaneo ci fosse un rappresentante che mantenesse stretti contatti periodici con il Centro diocesano, meglio se desiderasse farne parte, per informazione reciproca. Si auspica infine il coordinamento di tutti coloro che già operano in senso missionario per non disperdere le forze e per promuovere riflessioni ed iniziative comuni sopratutto [sic] nei momenti forti nei quali la comunità cristiana è chiamata ad operare tutta insieme e per tutta la Chiesa. A queste idee emerse noi chiediamo, al fine di una maggior corresponsabilità di tutto il popolo di Dio, di esprimere pareri, osservazioni, critiche ecc…396. Gli incontri proseguirono nel 1974 e nel 1975 con impegno e determinazione397. Nel 1975 fu chiesto un aiuto di riflessione per l’effettivo funzionamento del Centro missionario anche ai padri missionari saveriani di Parma398. I soggetti coinvolti furono i religiosi e le religiose, i responsabili dell’Azione cattolica adulti e giovani, i giovani che avevano svolto il servizio civile nelle missioni, i “laici responsabili dei Gruppi di appoggio alle Missioni e di aiuto al Terzo Mondo”, come recita un invito a uno degli in396 Ibidem. 397 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1974 e 1975. 398 Sono rimaste due lettere da Parma del saveriano padre Daniele Combielli. Nella seconda, del 17 aprile 1975, padre Daniele traccia un interessante percorso di riflessione: “Ci è sembrato che il cammino da percorrere assieme possa essere questo: 1. Mettere a fuoco l’IDEA che della Chiesa abbiamo finora acquisito (incontro del prossimo 30 Aprile) 2. Fissare bene quale sia il FINE specifico del C.D.M. (cfr. documenti che già conosci). 3. A mano a mano cercare di definire il RUOLO (il “che-cosa-fare?”) particolare del C.D.M. all’interno della pastorale diocesana. Per questo saranno utili – i documenti già citati – lo studio della SITUAZIONE CONCRETA di FERRARA (Analizzare se sia o meno animata fino a sentirsi missionaria “ad Gentes”; domandarsi il “perché?” di tale situazione; fissare delle TAPPE concrete da percorrere: ossia fissare un programma di lavoro che tenga presenti il Fine, il Ruolo specifico, e la situazione pratica…)”, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Lettera di padre Daniele a Gisa Trevisani, Salerno 17 aprile 1975, manoscritta. Cfr. inoltre Lettera di padre Daniele a Gisa Trevisani, Parma 24 marzo 1975, manoscritta. 137 contri del 1975 del percorso “per l’attuazione del Centro Missionario Diocesano”399, e poi la Fuci, Rinascita cristiana, la San Vincenzo femminile400. Si trattava di un cammino soprattutto di riflessione ecclesiologica401. Un lavoro di coinvolgimento fu effettuato anche nei confronti dei vicari della diocesi “per continuare a rendere più autentica ed effettiva la Comunità missionaria diocesana”402. Un incontro settimanale presso l’Istituto delle Suore della Carità in Piazza Ariostea dovette tenersi per un certo periodo403. Lo sguardo alle realtà missionarie della diocesi da parte dell’Ufficio missionario condusse anche a una valorizzazione di tutte le esperienze di missione vissute dai ferraresi. Si trattava di un esplicito invito della Conferenza episcopale italiana, che si andava organizzando rispetto all’attività missionaria delle chiese locali. Nel 1974 erano usciti due documenti, uno relativo al Coordinamento delle attività di cooperazione missionaria in Italia e uno con le Norme per il coordinamento delle attività e per l’animazione missionaria delle diocesi404. Nel primo veniva delineata la “struttura generale dell’organizzazione per la cooperazione missionaria nella Chiesa locale”: la Commissione episcopale per la cooperazione tra le Chiese, il Consiglio missionario nazionale, “in funzione dal novembre 1967”, e il Centro missionario diocesano, istituito nel 1969405. Nelle Norme nel capitolo dedicato al Collegamento 399 A mano si annota di inviare l’invito anche ai membri della Commissione presbiterale per le missioni, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani, Ferrara, 22 aprile 1975, copia dattiloscritta. 400 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai Superiori dei Religiosi e delle Religiose, ai Responsabili dell’A.C. adulti e giovani, ai giovani che hanno fatto il servizio civile in terra di missione, ai Laici responsabili dei Gruppi di appoggio alle Missioni o di aiuto al Terzo Mondo, Ferrara, 6 maggio 1975, dattiloscritto ciclostilato. 401 Dell’incontro del 30 aprile 1975 è rimasto lo schema proposto da padre Daniele, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, schema dattiloscritto ciclostilato. 402 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai vicari della diocesi, Ferrara, 22 aprile 1974. 403 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Lettera di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai parroci, non datata e con intestazione “Centro missionario diocesano”. 404 Riportati in “Comunità Missionaria. Bollettino di collegamento delle Pontificie Opere Missionarie”, gennaio-febbraio 1975, pp. 6-10. Nella copia di “Comunità Missionaria” conservata in AMCDFe, b. 3, alcuni tratti dei due testi sono segnalati a biro. 405 Coordinamento delle attività di cooperazione missionaria in Italia (1974), “Comunità Missionaria. Bollettino di collegamento delle Pontificie Opere Missionarie”, gennaiofebbraio 1975, pp. 6-7. 138 delle diocesi con i loro missionari si recitava, riferendosi al documento conciliare Ad Gentes: 37) Le comunità diocesane riconoscono quali loro membri tutti i missionari che nelle stesse ebbero origine, perché questi restano sempre l’espressione più viva del senso missionario che le deve animare406. 38) Il Delegato del Vescovo studierà, con i componenti del Centro Missionario Diocesano, i modi più adatti perché la comunità li conosca, sia al corrente delle loro attività e si mantenga unita a questi suoi figli, «attraverso i quali prega, coopera ed esercita un’attività tra le Genti»407. 39) Sarà quindi utilissimo, come suggerisce il Concilio Vaticano II, senza trascurare l’opera missionaria generale, mantenere contatti con questi missionari, tra Diocesi, parrocchie, seminari ed associazioni locali e quelli di missione, perché divenga visibile l’unione intima tra le comunità, con il vantaggio di una reciproca edificazione408. Alla fine del 1975, dunque, fu pubblicato sul periodico della Camera di Commercio di Ferrara “La pianura” un contributo intitolato Una presenza nel mondo. Testimonianze ferraresi409. Dopo una presentazione di Luciano Chiappini e una riflessione sull’attività dell’Ufficio missionario ferrarese, la pubblicazione illustrava le attività missionarie di quattro ferraresi, oltre che di padre Marneffe: don Alberto Dioli, padre Silvio Turazzi, missionario saveriano prima tra i baraccati dell’Acquedotto Felice di Roma e poi, da fine 1975, nello Zaire, padre Giovanni Tebaldi, dell’Istituto missionario della Consolata di Torino, missionario in Kenya, padre Vincenzo Turri, comboniano, missionario prima in California e poi in Messico. Era l’inizio di una tradizione di interesse dell’Ufficio missionario per tutte le presenze missionarie ferraresi nel mondo. Accanto all’accento posto da mons. Mosconi sulle Pontificie Opere Missionarie, l’Ufficio missionario ferrarese aveva lavorato, dunque, nella direzione di un’iniziativa propria della chiesa locale nell’ambito missionario e aveva iniziato un impegno verso una pastorale missionaria diocesana, nello spirito del documento conciliare Ad gentes. 406 In nota: “«Ad Gentes», 37”. 407 In nota: “«Ad Gentes», 37”. 408 In nota: “«Ad Gentes», 37; Motu Proprio ES, III, 5”. Testo tratto da Norme per il coordinamento delle attività e per l’animazione missionaria delle diocesi (1974), “Comunità Missionaria. Bollettino di collegamento delle Pontificie Opere Missionarie”, gennaio-febbraio 1975, p. 10. 409 Una presenza nel terzo mondo. Testimonianze ferraresi. Anno 1974-75, “La pianura”, 90 (1975), n. 11-12, pp. 81-91. Il contributo fu anche stampato come opuscolo a parte (conservato in ACMDFe-Com, b. 3). 139 Il contributo del 1975 sulla “Pianura” è anche testimonianza del superamento di un travaglio interno all’Ufficio missionario ferrarese inserito in un orizzonte più ampio di trasformazioni. La lettura retrospettiva di quella crisi evidenzia come il principale nodo da sciogliere fosse la concezione di missione della chiesa interrogata dalla diffusa attenzione negli anni Sessanta per le questioni sociali con una ineludibile dimensione politica. La problematica del terzo mondo è in crisi. Intorno agli anni ‘60 era tutto un susseguirsi di iniziative, tavole «rotonde», gruppi di lavoro e di intervento; il «terzomondismo» non era solo «di moda», ma scaturiva da una reale esigenza di apertura e di universalizzazione. Che il fenomeno in Italia fosse parallelo al «boom» economico fa pensare: la ricerca per una «qualità» diversa della vita personale e comunitaria scaturiva da una reazione al consumismo e alla esperienza umana intesa solo come «quantità» di accumulo. Altri fenomeni avevano provocato l’interesse per il terzo mondo: la crisi della civiltà europea, l’avvento dell’autonomia di nuovi paesi in via di sviluppo e la conseguente decolonizzazione, i pericoli di un colonialismo indiretto (economico, psicologico e morale), la insoddisfazione giovanile per un mondo chiuso ed individualista. Tra i fattori dell’interesse per i nuovi paesi va inserito il rinnovamento missionario della Chiesa: i rapporti tra evangelizzazione e promozione umana si facevano più stretti. La «Populorum Progressio» fu un grido profetico, un atto di estremo coraggio e non mancò di suscitare in tutti gli ambienti stimoli e riflessioni, inquietudini e slanci, iniziative pratiche sia a livello specificatamente ecclesiale che di prassi politica. A Ferrara i problemi del terzo mondo non si sono mai completamente assopiti anche nei momenti «caldi» di una contestazione alle missioni che, dal ‘66 sino al ‘73, ha inteso dare alla missione stessa un respiro maggiormente sociale. Questi fermenti se, da un lato, esasperavano la politicità generale del fenomeno, dall’altro stimolavano una più attenta e puntuale riflessione sulla missione globale della Chiesa, il suo impegno per i più poveri, gli emarginati, gli esclusi, i meno favoriti dalla ingiusta distribuzione dei beni della terra410. Nell’Ufficio missionario di Ferrara la sfida aveva generato tensioni, ma a metà anni settanta si poteva guardare a quel travaglio come preziosa occasione per un chiarimento. L’aspetto sociale della missione era stato accet410 Ivi, p. 84. 140 tato, ma insieme era stato messo a fuoco l’apporto specifico dell’esperienza cristiana per una vita umana non ridotta alla sola dimensione materiale e consumistica: Oggi i problemi sono visti in luce più meditata e comprensiva dei diversi aspetti con cui si presentano. La «qualità» della vita nasce da una concezione dell’uomo più integrale, che tenga conto delle aspirazioni profonde, presenti nella coscienza personale. A questa qualità di vita la esperienza cristiana può donare il senso dei valori dello spirito, può individuare con maggior profondità le radici del male sociale e politico, degli egoismi individuali e strutturali; arreca la buona novella di una risurrezione che non è solo utopia dell’intelligenza più preveggente né sola ipotesi di un mondo migliore, ma speranza personale e cosmica in un assoluto che attende ma che è già condiviso nella incarnazione del Verbo; immette nel tessuto dei rapporti sociali e culturali l’inquietudine gioiosa di ciò che non è completamente realizzato, la spinta profetica della contestazione dei poteri che distruggono l’uomo, che l’alienano da se stesso e dai fratelli. Proprio perché «spinta profetica» la speranza cristiana può addittare [sic] agli uomini il limite di ogni progetto economico e politico, salvandolo, così, dall’autocompiacenza e dal farsi «progetto di salvezza»411. L’Ufficio missionario ferrarese condivideva le proprie difficoltà interne con quelle dell’intera chiesa a proposito della sua missione e delle missioni. In seguito alla riflessione preconciliare e conciliare sulla missione della chiesa e alla “svolta politica della teologia”412 per la quale il contenuto della missione ecclesiale si definisce a partire dal contesto del mondo, si erano aperte questioni cruciali, come ben chiarisce Giacomo Canobbio: Il problema del compito specifico della Chiesa appariva pertanto necessariamente vivo agli inizi degli anni ’70. Attorno a esso sorgevano conflitti tra quanti ritenevano che la Chiesa dovesse solo annunciare il Vangelo e quanti sostenevano invece che avesse una funzione politica, a fianco e in favore dei più poveri. In ultima analisi, era in gioco il contenuto stesso del Vangelo: è messaggio di salvezza escatologica o storica? Era in gioco altresì l’identità della Chiesa: è il segno e lo strumento della comunione degli uomini con Dio o degli uomini tra di loro413? 411 Ibidem. 412 L’espressione è in Giacomo Canobbio, La teologia della missione dal Vaticano II ad oggi, “Ad Gentes”, 1 (1997), n. 2, pp. 133-173: 142. 413 Ivi, p. 144. 141 La cosiddetta “svolta antropologica” della teologia poneva una questione fondamentale, dalla quale derivavano ulteriori problemi: se Dio è un Dio di uomini, la sua presenza e la sua azione è ravvisabile là dove gli uomini esperimentano, anche solo nella forma dell’anticipo, un’umanità buona, vera e felice; la salvezza consiste infatti in un’umanità riuscita. Se su quest’ultima affermazione si era d’accordo, le divergenze apparivano appena si cercava di indicare che cosa si intendesse con «umanità riuscita». «Umanità riuscita» diventava anche l’espressione capace di tradurre la metafora biblica «Regno di Dio», sicché si poteva concludere che la Chiesa, in quanto servizio del Regno, doveva mettersi a servizio dell’umanità affinché questa potesse raggiungere la sua meta414. La tematica fu affrontata dalle assemblee del sinodo dei vescovi nel 1971 e nel 1974 e da Paolo VI nella Evangelii nuntiandi del 1975, con accenti diversi e la comune convinzione che non si potesse evangelizzare senza occuparsi della condizione di vita dell’uomo: si deve notare una differenza di accento tra il Documento finale del Sinodo del 1971 e l’Evangelii nuntiandi. Infatti il primo affermava che l’impegno per la giustizia è costitutivo dell’evangelizzazione o missione della Chiesa. La seconda invece dice che è parte integrante. I due Documenti recepiscono, però, pur con i necessari correttivi, l’istanza di integrare nella missione della Chiesa la promozione dell’uomo o la liberazione storica415. L’Ufficio missionario di Ferrara era inoltre ben consapevole delle tensioni esistenti nella chiesa italiana riguardo all’attività locale di sostegno alle missioni e si proponeva di lavorare nello spirito dell’universalità della missione ecclesiale, come affermava nel Messaggio per la giornata missionaria mondiale 1975 in apertura del bilancio dell’anno 1974-75: Sembrerebbe inutile ribadire l’importanza del Centro Missionario all’interno della nostra Diocesi: tutti a Ferrara abbiamo beneficiato da decenni di un tipo di attività che ha stimolato la nostra riflessione missionaria, l’attenzione a tutta quanta la Chiesa, la avvertenza per i gravi problemi politici ed economici del Terzo Mondo. Nell’ultima Assemblea nazionale delle Pontificie Opere (8-12 settembre) sono emersi molti problemi nei confronti dei singoli Centri Missionari, un bisogno di essere uniti alla pastorale della CEI in Italia e dei Vescovi all’interno delle diocesi: in questo modo si superano i dualismi e le alternative e ci si inserisce in un processo globale di evangelizzazione e 414 Ibidem. 415 Ivi, p. 147. 142 sviluppo di cui gli incaricati per le missioni si fanno carico per accentuare all’interno di ogni realtà diocesana il senso della universalità e la sollecitudine per tutte le Chiese locali. Il Centro Missionario Diocesano intende proseguire l’attività dell’ultimo anno creando un riferimento formativo-spirituale sia nella città che nei vicariati del forese attraverso incontri, ritiri, riflessioni teologiche aperti a tutte le associazioni e gruppi giovanili ed adulti. A tale scopo saremo grati ai Vicari delle singole zone se volessero invitarci nei loro incontri sacerdotali per programmare insieme un lavoro comune416. Era sorto, inoltre, un problema concreto, relativo alla chiusura della casa che ospitava gli studenti stranieri. Il 29 agosto 1975 don Franco Patruno e Gisa Trevisani avevano scritto una lettera ai segretari dei Consigli presbiterale e pastorale, mons. Giulio Malacarne e mons. Carlo Borgatti, segnalando “l’urgente situazione degli studenti stranieri provenienti dai Paesi in via di sviluppo, venutasi a determinare a seguito dell’immediata, e solo ora certa, chiusura della Casa Buoni Fanciulli di Via Ruggero Bovelli, 3”, ritenendo “doveroso partecipare a tutta la Diocesi le ansie di quest’opera missionaria diocesana” e “desiderando chiedere a tutta la comunità ferrarese cattolica suggerimenti e proposte relative a sanare la situazione nel migliore dei modi”, affinché gli ospiti non ne risentissero “le conseguenze negative” e avessero “la certezza della serietà con cui la Diocesi porta a termine ogni impegno assunto”417. La questione ritornava in modo accorato nel Messaggio per la giornata missionaria mondiale 1975: Come Centro Diocesano abbiamo quest’anno un grosso problema: il Collegio degli studenti stranieri. Dopo la chiusura della casa Buoni Fanciulli, per la sistemazione di questi ragazzi in altri luoghi, è accresciuto 1’aggravio economico per il loro mantenimento. Al di là di ogni polemica sull’iniziativa (che potremo discutere in ogni Vicariato) resta il problema morale dell’impegno che ci siamo assunti nei confronti di questi fratelli che desiderano terminare gli studi in Italia. Sentiamo, veramente, il bisogno che tutti ci siate vicini in questo momento418. 416 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1974-75, p. 2. 417 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Lettera di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai segretari dei Consigli presbiterale e pastorale, Ferrara, 29 agosto 1975, copia dattiloscritta. Altra documentazione sulla questione in ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975. 418 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1974-75, p. 2. 143 Dunque, affiorano di nuovo le polemiche attorno a quest’opera che era diventata molto gravosa “per le ingenti spese che di anno in anno vanno facendosi, per noi, quasi impossibili”, come scriveva Gisa Trevisani all’onorevole Nino Cristofori, concittadino, chiedendogli un contributo nel febbraio 1975419. Ma decisiva era in quel momento la necessità di portare fino in fondo gli impegni assunti. In tale contesto, interno e della chiesa italiana e universale, l’Ufficio missionario diocesano di Ferrara accoglieva il nuovo vescovo Filippo Franceschi. 3.2. Un felice scambio: gli anni dell’episcopato di mons. Filippo Franceschi (1976-1982) 3.2.1. Verso nuove collaborazioni Mons. Filippo Franceschi fu nominato arcivescovo di Ferrara e vescovo di Comacchio il 15 luglio 1976 - le due diocesi furono unite in persona episcopi - e fece il suo ingresso a Ferrara il 12 settembre 1976 e a Comacchio il 19 settembre 1976. Rimase nelle sedi episcopali di Ferrara e di Comacchio fino al trasferimento alla diocesi di Padova nel 1982, dopo la nomina avvenuta il 7 gennaio dello stesso anno. Un’analisi della situazione dell’attività missionaria in diocesi di Ferrara fu inviata a mons. Franceschi dall’Ufficio missionario di Ferrara l’8 novembre 1976 insieme alla richiesta di un incontro con l’arcivescovo in vista della ripresa del lavoro per il nuovo anno. La lettera riprendeva in parte una relazione stesa nella fase preparatoria del convegno “Evangelizzazione e promozione umana”, tenutosi a Roma dal 30 ottobre al 4 novembre 1976, della quale si è conservata una bozza incompleta420. L’analisi era articolata in otto punti: 1) le nostre Comunità si rivolgono principalmente ai problemi locali e poco ai problemi dei lontani; 2) riteniamo che la mancanza di una dimensione universale sia dovuta alla carenza di un’autentica formazione missionaria; 3) i Consigli pastorale, diocesano e parrocchiale, l’Ufficio Catechistico 419 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1975, Lettera di Gisa Trevisani all’onorevole Nino Cristofori, Sottosegretario di Stato per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato, Ferrara, 12 febbraio 1975, copia dattiloscritta. 420 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, Ufficio missionario diocesano, Impegno delle Pontificie Opere Missionarie per l’evangelizzazione e la promozione umana, dattiloscritto non datato e non firmato di tre fogli con correzioni manoscritte a matita. 144 sono poco animati in questo senso; 4) il problema del Terzo Mondo viene inteso soprattutto nella sua dimensione socio-politica e poco come sviluppo e liberazione integrale dell’uomo nel Vangelo; 5) l’interessamento e l’impegno per il problema dell’evangelizzazione delle genti e della promozione umana dei popoli, specie quelli del Terzo Mondo, è, nella nostra diocesi, di numerosi individui, di un certo numero di comunità e di gruppi, ma non di tutti. I documenti “ad gentes”, “Populorum progressio”, documenti di Medellin, sono poco conosciuti; 6) esiste nella nostra diocesi poca cooperazione fra gli organismi operanti per l’evangelizzazione e promozione umana e precisamente: PP.OO.MM., istituti missionari, assistenti agli studenti esteri, gruppi per il Terzo Mondo; 7) non è conosciuta l’opera dei laici volontari cristiani che vanno nelle zone di missione e nel Terzo Mondo per un lavoro di coscientizzazione in ordine alla liberazione delle masse dal sottosviluppo e dalla ingiustizia; 8) la nostra gente non percepisce chiaramente la connessione tra evangelizzazione e promozione umana in rapporto alle missioni e al Terzo Mondo, dimenticando spesso che l’impegno dei missionari per la promozione umana è stato, normalmente, motivo di credibilità per la loro opera evangelizzatrice421. I responsabili dell’Ufficio missionario chiedevano pertanto a mons. Franceschi: - di parlare ai parroci, ai responsabili degli istituti e a quelli delle varie associazioni cattoliche affinché accettino il discorso missionario; - di lasciare il periodo della Quaresima per iniziative a favore dei missionari locali: sacerdoti, laici e religiosi che attualmente operano nel Terzo Mondo; - di unificare il luogo delle offerte (fino ad oggi le offerte per la Giornata Missionaria Mondiale e della Santa Infanzia le raccoglie la Curia, quelle invece della Giornata dei lebbrosi e della Campagna contro la fame nel Mondo, vengono versate in Montebello, 8 presso la nostra sede); - di vedere insieme a noi il gruppo degli studenti provenienti dal Terzo Mondo e ospiti del nostro Centro per il conseguimento della laurea in Medicina422. L’Ufficio missionario ferrarese si trovava di fronte in quel momento, 421 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, Lettera di Gisa Trevisani all’arcivescovo mons. Filippo Franceschi, Ferrara, 8 novembre 1976, copia dattiloscritta. 422 Ibidem. 145 oltre alla situazione descritta nella lettera a mons. Franceschi, a due difficoltà insorte recentemente: la chiusura della Casa Buoni Fanciulli dove erano ospitati gli studenti stranieri, della quale si è detto, e le difficoltà di collaborazione con la Caritas diocesana, le cui iniziative a favore di progetti per il Terzo mondo si sarebbero sovrapposte all’attività della Campagna contro la fame nel mondo423. La Caritas diocesana fu istituita a Ferrara dall’arcivescovo Mosconi il 4 novembre 1973, dotata di un proprio statuto424, nel quale venivano recepiti gli scopi proposti nella bozza di statuto per le Caritas diocesane stilata dal Consiglio Permanente della CEI nel febbraio 1973425. Tra questi vi era “contribuire allo sviluppo umano e sociale dei Paesi del Terzo Mondo con aiuti economici e con prestazioni di servizio”426. Nello statuto ferrarese si aggiungeva tuttavia un articolo nel quale si precisava: “Per l’aiuto ai Paesi del Terzo Mondo, la Caritas Diocesana collabora con l’Ufficio Missionario e con altri organismi eventualmente operanti nella Diocesi per lo stesso fine”427. La consolidata tradizione ferrarese della Campagna contro la fame nel mondo con le sue microrealizzazioni dovette ispirare questa disposizione, mentre in parte differenti erano stati gli orientamenti emanati dalla Conferenza episcopale italiana nel febbraio 1973: Tra i fini istituzionali della Caritas italiana c’è l’attuazione e l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo o «Terzo mondo». Questo consente di chiarire che alle Pontificie Opere Missionarie restano propri gli interventi nei settori più direttamente di evangelizzazione. Alla Caritas Italiana e alle Caritas 423 Si è conservata una lettera dattiloscritta di don Franco Patruno e Gisa Trevisani all’arcivescovo, non datata, nella quale si lamenta che la Caritas avrebbe progettato microrealizzazioni a sostegno del Terzo mondo e avrebbe chiesto a tal fine una questua nella prima domenica di quaresima; si conserva anche una lettera manoscritta del vescovo Mosconi datata 17 gennaio 1976 indirizzata a don Franco Patruno e Gisa Trevisani nella quale giustifica con delicatezza la sua iniziativa in quanto la giornata obbligatoria per la Caritas era ordine della CEI, cfr. ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, Lettera dattiloscritta indirizzata all’arcivescovo, non datata, in originale e in copia; Natale Mosconi, Lettera a don Franco Patruno e a Gisa Trevisani, Ferrara, 17 gennaio 1976, ms. su carta intestata. In una notificazione l’arcivescovo Mosconi aveva dedicato la prima domenica di quaresima alla Caritas diocesana, intitolandola la “giornata della carità”, con l’invito “Date e vi sarà dato”, BE 1976, p. 89 (la notificazione non è datata). 424 BE 1976, pp. 185-187. 425 Conferenza episcopale italiana, Consiglio episcopale permanente, La Caritas italiana, 7-9 febbraio 1973, consultabile in http://banchedati.chiesacattolica.it/ documenti/2014/10/00017354_la_caritas_italiana.html (13-5-17). 426 BE 1973, p. 186. 427 Ibidem. 146 diocesane dovrebbe invece far capo tutta l’azione in favore dello sviluppo sociale, con possibilità anche di coordinare altri gruppi che operano per il «Terzo mondo» nell’ambito delle comunità ecclesiali428. Non esiste una storia a livello nazionale dei rapporti tra le Caritas diocesane e gli Uffici e Centri missionari nel primo decennio dopo l’istituzione della Caritas429, ma non solo nella diocesi ferrarese dovettero presentarsi problemi se una quindicina d’anni dopo la Conferenza episcopale italiana accolse la richiesta proveniente “da varie parti” di chiarire i rapporti tra Uffici missionari e Caritas diocesane e di trovare armonia sul comune lavoro di “promozione umana per il Terzo Mondo” ed emanò un regolamento apposito, approvato il 30 marzo 1987430. Il dettagliato regolamento fu inviato a tutti i vescovi con lettera del 6 maggio 1987 sottoscritta, tra gli altri, da mons. Filippo Franceschi, quale presidente della Commissione Episcopale per la cooperazione tra le Chiese dal 1982431. L’allora vescovo di Padova aveva conosciuto il problema fin dal suo arrivo nella diocesi di Ferrara nel 1976 e aveva sostenuto la necessità di una collaborazione tra Caritas e Ufficio missionario, come chiariva nella sua lettera per la Quaresima del 1978, presentata quale periodo per vivere la carità: A ripresentarci questo obiettivo sono da quest’anno unitamente la Caritas diocesana e il Comitato per la fame nel mondo. Le finalità dell’una e dell’altro non sono diverse, ma coincidono. Unificare perciò le energie e collaborare alle stesse iniziative è stato atto di saggezza. Come proposito è risvegliare le coscienze ed inquietarle davanti alle gravi necessità dei 428 Conferenza episcopale italiana, Consiglio episcopale permanente, La Caritas italiana, 7-9 febbraio 1973, consultabile in http://banchedati.chiesacattolica.it/ documenti/2014/10/00017354_la_caritas_italiana.html. 429 Per una breve storia della Caritas italiana cfr. http://www.caritasitaliana.it/home_page/ chi_siamo/00003450_La_Caritas_Italiana.html (29-5-17). Inoltre: Giovanni Nervo, La profezia della povertà. 25 anni della Caritas italiana, intervista di Gaetano Vallini, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 1996. 430 Conferenza episcopale italiana, Regolamento per i rapporti tra la Caritas e gli Organismi missionari, consultabile in http://banchedati.chiesacattolica.it/ documenti/2013/04/00016393_regolamento_per_i_rapporti_tra_la_caritas.html (13-5-17). 431 Conferenza episcopale italiana, Regolamento per i rapporti tra la Caritas e gli Organismi missionari, consultabile in http://banchedati.chiesacattolica.it/ documenti/2013/04/00016393_regolamento_per_i_rapporti_tra_la_caritas.html (135-17). Copia del regolamento fu inviata il 4 giugno 1987 anche ai direttori degli Uffici diocesani dal direttore dell’Ufficio nazionale Cooperazione missionaria tra le chiese, come risulta dalla lettera di accompagnamento e dalla copia del regolamento allegata in ACMDFe-Com, b. 3. 147 fratelli vicini e lontani; è suscitare qualcosa di più di una semplice ed umana solidarietà; è rendere consapevoli del dovere di essere «prossimo» ad ogni uomo, specialmente quando è nel bisogno. In breve è ricordarci il comandamento ch Gesù ha detto suo e nuovo: «Amatevi come io vi ho amato. Ama il prossimo tuo: egli è come te»432. La Quaresima del 1978 fu dunque vissuta in collaborazione tra Ufficio missionario e Caritas diocesana433, che in quegli anni pare comunque faticare a trovare un proprio specifico spazio, stretta fra il ricordo della Pontificia Opera di Assistenza e le iniziative caritative libere e spontanee. Sul “Bollettino ecclesiastico” del 1978 il responsabile della Caritas ferrarese, mons. Francesco Ravagnani, tentava un chiarimento e auspicava una collaborazione tra le forze in campo, presentando la Caritas come “un organo pastorale che promuove e coordina l’attività caritativa e assistenziale della chiesa locale” 434. Mons. Filippo Franceschi sostenne in modo convinto l’azione dell’Ufficio missionario e si adoperò per rendere funzionante il Centro missionario come organo di coordinamento delle iniziative diocesane a favore delle missioni. Espresse fin da subito il suo pensiero circa il rapporto tra la chiesa locale e le missioni. In una notificazione dal titolo Chiesa missionaria del 1976, poco dopo il suo arrivo in diocesi, adottava la prospettiva conciliare della cooperazione fra le chiese: In questi ultimi anni il problema delle «Missioni», senza in nulla perdere del suo carattere nativo e connaturale alla Chiesa, si è progressivamente chiarito in termini di collaborazione e sostegno fra le Chiese. Il Concilio ha segnato la ripresa di un crescente impegno missionario, orientando in tal senso. Ogni Chiesa locale deve perciò sentirsi disponibile ed aperta alle attese ed ai bisogni di altre Chiese locali, che vivono in condizione di maggiore disagio, sapendo rispettarne l’originalità435. Ne derivava un ruolo specifico dell’Ufficio missionario, del quale Franceschi apprezzava il lavoro svolto, considerato di buon auspicio per il futuro: L’Ufficio missionario nella nostra Arcidiocesi si qualifica per compiti ben precisi: ridestare di continuo fra i fedeli la coscienza della Chiesa missionaria; renderli consapevoli del loro dovere di aiutare le Chiese più 432 BE 1978, pp. 5-6. 433 BE 1978, pp. 34-35, 139-140, 192; ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, passim. 434 BE 1978, pp. 40-41. 435 BE 1976, p. 255. 148 povere; raccogliere offerte e sostenere le iniziative in favore di quelle Chiese. Ha una funzione di grande rilievo e deve, quindi, potersi inserire, con apporti propri, nel programma pastorale che, una volta concordato, si cercherà di rendere operante in tutta l’Arcidiocesi. L’attività che l’Ufficio missionario ha svolto in questi anni, in modo esemplare, ci fa certi che anche in futuro saprà concorrere alla crescita della nostra Chiesa e alla cooperazione con altre Chiese, specialmente con quelle che hanno più bisogno di aiuto436. Mons. Franceschi accelerò il percorso verso il coordinamento del lavoro di animazione missionaria in diocesi e quindi verso il consolidamento di un Centro missionario secondo le prospettive dello statuto della CEI del 1969. Nel presentare il bilancio dell’anno 1975-76, dal titolo Evangelizzazione oggi, l’Ufficio missionario richiamava gli scopi di un “Centro diocesano” secondo gli orientamenti della CEI e riteneva di averne assolto il compito di animazione missionaria “con visite ai Vicariati, alle Comunità religiose, e ad alcuni gruppi giovanili per il «Terzo Mondo»” e di promozione della conoscenza della natura missionaria della chiesa e della sua attività evangelizzatrice e di promozione umana “mediante corsi di studio, conferenze, visite alle parrocchie, mostre, mezzi audio-visivi, ecc.”437. Aggiungeva inoltre indicazioni sulla sua composizione e sull’impegno richiesto agli appartenenti: L’appartenenza al Centro comporta l’impegno di: - una reciproca collaborazione; - un proprio rappresentante delegato nel Centro stesso; - un resoconto periodico delle proprie attività da fornire pubblicamente. Sono invitati a far parte del Centro diocesano: - un rappresentante degli Istituti missionari; - un sacerdote dei vicariati; - un religioso; - una religiosa; - uno dei vari rami dell’A.C.; - uno dei gruppi particolari e spontanei; - uno degli “Amici dei lebbrosi”; - ecc. Il contributo di collaborazione del Centro Missionario sarà: 436 Ibidem. 437 BE 1976, p. 268. Il bilancio compare parzialmente sul “Bollettino ecclesiastico” e interamente in un ciclostilato, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1975-1976. 149 - di animazione missionaria, da parte dei membri qualificati missionari; - di cooperazione missionaria, anche solo di cordiale amicizia, da parte di altri. E’ certo che nell’unione del Centro, ciascuno troverà il senso della Chiesa missionaria; una cultura adeguata sulla teologia delle Missioni, sui problemi dell’evangelizzazione e della promozione sociale dei popoli; un profondo senso di comprensione per superare le inevitabili difficoltà per non soffocare nessuno438. Secondo le recenti indicazioni della CEI del 1974 “normalmente, il Vescovo affida la direzione del Centro allo stesso sacerdote già incaricato delle PP.OO.MM. – In tal modo, il Centro risulta un ampliamento dell’antico “Ufficio missionario”, senza creare necessariamente nuove strutture”439. Nella documentazione ferrarese, tuttavia, continueranno a permanere durante l’episcopato di Franceschi le due realtà in modo distinto e le due relative intestazioni, utilizzate diversamente in base al soggetto in azione, più ristretto o allargato. Un rapporto più stretto fu cercato subito dall’Ufficio missionario con l’Azione Cattolica sia per il sostegno durante il mese missionario di ottobre e la Campagna quaresimale sia per sensibilizzare le parrocchie all’azione missionaria diocesana440. Negli anni successivi l’Ufficio missionario stabilì rapporti con altre organizzazioni impegnate a favore dello sviluppo, Mani Tese e Soci costruttori. Il primo contatto con Mani Tese, nato nel 1964 e definitosi allora “Organismo contro la fame e per lo sviluppo dei popoli”, è documentato da una risposta della Segreteria generale del 3 aprile 1968 a una lettera di Gisa Trevisani del 28 febbraio indirizzata a padre Torriani. Nella risposta della segreteria di Mani Tese si accenna all’esistenza presso l’Istituto cittadino “N. Copernico” di un “gruppo di insegnanti e studenti” che si stavano occupando del sottosviluppo e viene elencato il materiale illustrativo disponibile, libri, documentari, filmine, lezioni e cartelloni, salvadanai, evidentemente richiesti da Gisa441. 438 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, Ufficio missionario diocesano, La diocesi di Ferrara per le missioni cattoliche nell’anno 1975-1976. 439 Coordinamento delle attività di cooperazione missionaria in Italia (1974), cit., p. 6. 440 Si è conservato un foglio dattiloscritto con appunti sullo spirito e le modalità di collaborazione tra Ufficio missionario e Azione Cattolica, non datato, su carta intestata dell’Ufficio missionario diocesano, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976. Il testo concludeva affermando: “In questo senso crediamo che l’U.M. possa contribuire efficacemente a risvegliare l’ansia apostolica dell’A.C., sopratutto [sic], a renderne più partecipi i giovani, ben sapendo che la carità tra i vicini aumenta e si dilata nella proporzione con cui diventa universale, come il cuore di Cristo” (ibidem). 441 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1968, Lettera della Segreteria generale di Mani Tese a Gisa Trevisani, Milano 3 aprile 1968, dattiloscritta. 150 Nel 1976 fu invitato a presiedere l’incontro del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, oltre al presidente della Camera di Commercio, Romeo Sgarbanti, anche padre Gianni Zerbin del gruppo Mani Tese di Parma442. Nel 1980 i proventi della Campagna contro la fame nel mondo furono destinati di comune accordo con Azione Cattolica, Mani Tese, Seminario e Soci costruttori, e in particolare il Gruppo Amici di Mani Tese di Ferrara, di recente formazione, si era reso disponibile per la raccolta di carta e stracci presso le parrocchie cittadine nella settimana precedente la Pasqua, oltre ad aver collaborato con il Centro missionario diocesano per il Natale di condivisione e per iniziative formative nelle scuole443. Nel 1981 il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo aderì al campo di lavoro estivo promosso dal gruppo Mani Tese di Ferrara, insieme all’Azione Cattolica e alla Caritas444, mentre nel 1979 l’Ufficio missionario aveva proposto di “rimandarlo per mancanza di tempo necessario per una preparazione adeguata”445. A Ferrara furono anni di grande fioritura di iniziative e gruppi a favore del cosiddetto “Terzo mondo” e di visite di figure note e carismatiche come l’Abbé Pierre nel 1967, nel 1970 e nel 1979, o Helder Camara il primo novembre 1979446. 442 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, Lettera circolare di Gisa Trevisani e don Franco Patruno alle Autorità civili e religiose e ai Dirigenti del mondo della Scuola e del Lavoro della Provincia di Ferrara, Ferrara, 14 febbraio 1976, dattiloscritto. 443 BE 1980, pp. 104-105. Il gruppo Amici di Mani Tese a Ferrara si formò tra il 1978 e il 1979 e tenne il proprio primo campo di lavoro a Ferrara nel 1979. Seguirono i campi di lavoro del 1981 e del 1983 (testimonianza di Francesco Molinaro del 16-5-17). Sulle prime iniziative del Gruppo cfr. AMCDFe, b. 3, Gruppo Amici di Mani Tese, Lettera ai lettori di Mani Tese e agli amici e simpatizzanti, Ferrara, giugno 1980 (firmata da Francesco Molinaro e Umberto Zucchini). 444 Per il campo di lavoro estivo del 1981, con l’elenco dei partecipanti, cfr. ACMDFeCom, b. 3, fasc. Pratiche Mani Tese. 445 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1979, verbale del 6 giugno 1979. Si sono conservate alcune pagine dei verbali dell’Ufficio missionario per il 1979. Sul campo estivo del Gruppo Amici di Mani Tese a Ferrara nel 1979, durante il quale venne a Ferrara l’abbé Pierre: Campo di lavoro e sensibilizzazione programmato a Ferrara da “Mani Tese”, “La Voce di Ferrara”, 28 luglio 1979, p. 1. 446 A colloquio con Helder Camara. L’importanza della scelta dei poveri, a cura di Giuseppe Cenacchi; Perché i cristiani non possono tacere, “la Voce di Ferrara”, 10 novembre 1979. L’incontro don Helder Camara fu organizzato dal Gruppo Amici di Mani Tese di Ferrara in collaborazione con il Centro missionario diocesano, la Caritas, i Soci costruttori, gli Amici di Kamituga e il e il Gruppo missionario del Seminario, cfr. ACMDFe-Com, b. 3, cart. Lega missionaria studenti […], Gruppo Amici di Mani Tese di Ferrara, Attività svolte, dattiloscritto ciclostilato, non datato, ma giugno 1980. 151 La ripartizione dei fondi della Campagna del 1978 era avvenuta “alla presenza di S.E. l’Arcivescovo, dei rappresentanti della Caritas, dei gruppi giovanili di A.C., dei gruppi spontanei, che si interessano del Terzo Mondo, e di tre missionari ferraresi attualmente a Ferrara per un periodo di cure e di riposo: P. Silvio Turazzi, Sr. Renata Correggioli, Giuliano Grandini” 447. Cominciava dunque a funzionare la corresponsabilità diocesana in ambito diocesano, che crebbe nel tempo, come testimonia la lettera di ringraziamento a conclusione della Campagna contro la fame nel mondo del 1980: Il bilancio della Campagna contro la fame nel mondo, effettuata nella nostra diocesi e provincia durante l’Avvento e la Quaresima di quest’anno, a favore delle opere sociali sostenute nel “Terzo Mondo”, dai missionari ferraresi, nota come oggi l’aiuto al “Terzo mondo” suscita interesse, soprattutto fra i giovani, e desiderio di collaborazione, di solidarietà, di scambi. Hanno infatti collaborato insieme nelle parrocchie ed associazioni cattoliche molti organismi che si denotano appunto di “aiuto al Terzo mondo”: Caritas, Mani Tese, Giovani per il “Terzo mondo”, Soci costruttori, Comunione e Liberazione ecc.., ed in modo particolare la scuola448. Esisteva, secondo i responsabili del Comitato, don Franco Patruno e Gisa Trevisani, uno scopo comune a quest’azione e un’ampia prospettiva di trasformazione sociale: La caratteristica che distingue questo lavoro comune non è solo per una generica solidarietà umana, ma per uno sviluppo integrale dell’uomo che ha come modello Cristo, il quale è veramente “l’Uomo nuovo”, la chiave, il centro e il fine dell’uomo, nonché di tutta la storia. Continuiamo, senza stancarci, ad aiutare chi è nel bisogno e nella povertà affinché il concetto divenga codice di condotta di nuovi rapporti personali, decida stili di vita più sobri e modelli più rispettosi delle condizioni di povertà e di miseria di tanti fratelli, solleciti una era di giustizia e di pace vera449. 3.2.2. L’orizzonte ecclesiale di mons. Franceschi Il magistero di mons. Franceschi riguardo all’attività missionaria in dio447 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1978, Ufficio missionario diocesano. Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Un servizio per il Regno di Dio, Campagna “1978”. 448 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani a tutti i collaboratori, Ferrara, 15 maggio 1980, dattiloscritto ciclostilato. 449 Ibidem. 152 cesi si espresse in varie occasioni: nelle omelie, nelle introduzioni ai resoconti annuali dell’Ufficio missionario e agli opuscoli sulle testimonianze ferraresi, nei messaggi per le giornate diocesane. L’accento andò sulla caratteristica missionaria dell’intera chiesa, sulla cooperazione tra le chiese, sulla comunione fraterna con i missionari ferraresi, su un’azione pastoralmente coordinata a livello diocesano delle diverse iniziative, sulla formazione a una coscienza missionaria perché le comunità si dilatassero a una dimensione mondiale, sull’inquietante testimonianza dei missionari, sulla novità del Vangelo per ispirare un cultura nuova. Franceschi fu poi presente in molte occasioni, oltre che alle concelebrazioni dell’Epifania, del Venerdì santo, della vigilia della Giornata missionaria mondiale, del Natale povero: a incontri programmatici delle attività o conclusivi, alle celebrazioni in occasione della partenza per la missione di ferraresi, a incontri con missionari ferraresi e non450. Il Centro missionario diocesano trovò in Franceschi un motore e una guida, come scrisse nel resoconto per l’anno 1979-80, dopo aver sottolineato la “responsabilità verso l’impegno missionario” della quale era stato investito il vescovo dal concilio, citando la Ad gentes ai numeri 30 e 38: Il Centro Missionario Diocesano riconosce con ammirazione e gratitudine l’impegno del suo Vescovo al problema missionario dell’evangelizzazione e promozione umana, e deve al suo continuo intervento, sia personale che epistolare, l’impulso ecclesiale nel quale si muove, oltre all’aumento delle offerte ricevute sia per la chiesa universale sia per i missionari ferraresi451. Mons. Franceschi rese concreti l’affetto e la comunione fraterna con i missionari ferraresi di cui parlava andando lui stesso a visitarli in terra di missione. Accantonato il progetto iniziale di andare da don Dioli, a causa di un’epidemia di colera452, nell’estate del 1981 mons. Franceschi si recò in Brasile da padre Cavallini e da suor Cristofori e scrisse un diario di viaggio pubblicato a puntate sulla “Voce”453. La sua vicinanza ai missionari si manifestò anche nelle lettere augura450 Varia documentazione in ACMDFe-Com, b. 2, cartelle 1976-1982. 451 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Centro missionario diocesano, Bilancio economico 1979-80 in favore dei paesi in via di sviluppo, dattiloscritto ciclostilato, c. [6r]. 452 Nel 1978 era stata annunciata una visita di Franceschi e di don Patruno a don Dioli e padre Silvio Turazzi, Collaborazione nella prospettiva missionaria, “La Voce di Ferrara”, 10 giugno 1978 (MM). Sull’epidemia: Pagnoni, Il Vangelo, p. 68. 453 Charitas-Ufficio missionario diocesano – Sez. Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Fame: perché? Testimonianze ferraresi nei paesi in via di sviluppo, s.n.t., pp. 2-3. 153 li inviate in occasione del Natale e della Pasqua454. Con l’appoggio convinto e la guida dell’arcivescovo l’Ufficio missionario continuò nel suo intenso lavoro, consolidando quanto iniziato e creando nuove iniziative. Durante l’episcopato di mons. Franceschi, soprattutto, le attività furono pensate e riformulate secondo l’ecclesiologia conciliare. Intuizioni e convinzioni maturate precedentemente si intrecciarono con l’impulso dato dall’arcivescovo per la formazione di una coscienza ecclesiale, con il suo amore per la chiesa455, con la sua opera per preparare una pastorale “comunitaria ed organica”456 informata alla comunione, al “servizio reciproco della carità”457, alla collaborazione. Franceschi voleva una chiesa missionaria ed evangelizzatrice, “attenta a tutto quanto avviene nel mondo, nella vita degli uomini” per riuscire a “leggere nella trama, spesso confusa, degli avvenimenti quei segni che rivelano tempi nuovi”458. Sotto l’impulso di mons. Franceschi l’attività dell’Ufficio missionario e della sua sezione Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, nonché del Centro missionario, venne strutturandosi attorno ai due poli liturgici del Natale e della Pasqua e assunse un carattere marcatamente ecclesiale. 454 Una raccolta degli scritti di mons. Filippo Franceschi sulla missione durante l’episcopato nella diocesi di Ferrara (1976-1982) uscirà a breve nella collana dei “Quaderni Cedoc Santa Francesca Romana”: F. Franceschi, L’attesa dei popoli. Interventi sulla chiesa missionaria e diario, a cura di M. Turrini e A. Zerbini, presentazione di F. Viali, postfazione di A. Zerbini, Cedoc SFR, Ferrara 2017 (Quaderni Cedoc SFR 42). 455 Si veda in particolare Filippo Franceschi, Amiamo questa Chiesa, [Lettera pastorale in occasione delle celebrazioni dell’VIII Centenario della Consacrazione dell’ Altare della Basilica Cattedrale di Ferrara. 8 Maggio 1177 - 8 Maggio 1977], Rovigo, Ipag, [1977]; Id., Amiamo questa Chiesa, Roma, A.V.E., 1977 (Costruire la Chiesa, 2); ora anche in Id., Sulla barca del Concilio. Un vescovo al servizio della fede. Antologia di testi, a cura di Andrea Zerbini, Ferrara, Cedoc SFR, 2012 (Quaderni Cedoc SFR 17), pp. 289-307. 456 Filippo Franceschi, Verso un piano pastorale, in Id., Sulla barca del Concilio, p. 316. Il testo era stato pubblicato come Corso di Aggiornamento per il Clero dell’Arcidiocesi di Ferrara e Diocesi di Comacchio, Seminario di Ferrara 28-29 agosto 1979, Rovigo, Ipag, 1979, Supplemento al “Bollettino Ecclesiastico per l’Arcidiocesi di Ferrara e per la Diocesi di Comacchio”, 68 (1979), n. 3. Sull’episcopato di mons. Filippo Franceschi a Ferrara, cfr. Andrea Zerbini, Sulla barca del Concilio. Filippo Franceschi, un vescovo al servizio della fede, in Franceschi, Sulla barca del Concilio, pp. 3-16; Francesco Viali, La Chiesa mistero evangelizzante nell’episcopato di mons. Filippo Franceschi, Ferrara, Cedoc SFR, 2012 (Quaderni Cedoc SFR 18), pp. 24-31; Filippo Franceschi Arcivescovo. Scritti e Testimonianze nel decimo anniversario della morte 1988-1998, a cura di Umberto Poli e Marcello Vincenzi, Ferrara, la Voce di Ferrara-Comacchio, 1998. 457 Franceschi, Verso un piano pastorale, p. 312. 458 Ibidem. 154 La celebrazione di un Natale di carità iniziò subito, il 23 dicembre 1976, come decisione dell’Ufficio missionario, insieme a tutti i movimenti e organizzazioni cattoliche della diocesi. Si proponeva per quel giorno un digiuno “per condividere le sofferenze di ogni fratello che nel mondo, anche in questo giorno, non mangia, è oppresso, subisce ingiustizie”459. Un’articolata riflessione in merito era stata scritta da Luciano Chiappini, che invitava al digiuno e all’offerta per le missioni ferraresi, ricordando come dovessero essere sempre più considerate “cosa nostra, appendice visibile della Chiesa che è a Ferrara, squisita manifestazione dell’apostolato cristiano e testimonianza evangelica della nostra diocesi”460. Anche per la Quaresima 1977 fu introdotta una novità. Ricordando la giornata del 23 dicembre come “una giornata di carità autenticamente missionaria”, fu fissata una “Giornata” per il venerdì di Passione, estesa all’intera diocesi. Ai vicari furono inviate le letture liturgiche “scelte per chi desidera seguire una liturgia comune”461. Nelle letture per la celebrazione penitenziale del venerdì di Passione fu inserito il passo della Gaudium et spes sulla destinazione universale dei beni (n. 69)462. Nella lettera ai parroci si suggeriva che “pratiche di questo genere” diventassero “parte integrante del nostro ricevere l’Eucarestia, affinché ogni volta che condividiamo il Pane di vita alla mensa del Signore, condividiamo anche il pane per la vita con gli affamati del mondo”463. La riflessione inviata dall’Ufficio missionario ai soggetti coinvolti nell’iniziativa quaresimale del 1977 segue un itinerario significativo e suggerisce prospettive di pensiero e di azione di grande spessore in modo semplice e diretto. In apertura vi è un accenno al difficile momento storico, seguono la citazione del concilio come fonte ispiratrice per l’azione dell’Ufficio missionario e per l’unità nel mondo cattolico e infine un esame dell’opportunità di aiutare il “Terzo mondo”: 459 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, volantino dell’Ufficio missionario diocesano. 460 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, Luciano Chiappini, Un Natale di preghiera, di digiuno, di carità, Natale 1976, dattiloscritto ciclostilato. Il direttore dell’Ufficio missionario, don Franco Patruno, scrisse anche a tutti i vicari della diocesi per invitarli “ad intervenire, almeno con un gruppo dei propri parrocchiani”, ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1976, Lettera circolare del direttore dell’Ufficio missionario ai vicari della diocesi, Natale 1976. 461 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1977, Lettera circolare del Centro missionario diocesano ai parroci della diocesi, Quaresima 1977. 462 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1977, Quaresima 1977-Celebrazione penitenziale, copia dattiloscitta. 463 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1977, Lettera circolare del Centro missionario diocesano ai parroci della diocesi, Quaresima 1977. 155 QUARESIMA DI SPERANZA Il momento storico particolare in cui viviamo, non deve rallentare il cammino della speranza che conduce, con la certezza del Cristo, alla costruzione del Regno che si compie con la partecipazione attiva di tutti gli uomini: ciascuno ha qualcosa da donare e da ricevere dall’altro. Il futuro dell’umanità è riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza. La perenne giovinezza della Chiesa è oggi più che mai un fatto, ma è anche una responsabilità ed impone un ritmo al suo passo. Questo Ufficio Missionario Diocesano si permette offrire la sua disponibilità a tutti coloro che hanno inteso il Concilio nel suo profondo senso ecumenico ed universale, che seguono le tracce che questo grande avvenimento ha segnato. In questa prospettiva intendiamo la nostra azione, convinti che il Concilio abbia ancora molte cose da dire ai cristiani e che rappresenti un sicuro punto di unità tra le diverse esperienze e posizioni dei gruppi all’interno del mondo cattolico. Il servizio di questo Ufficio si offre soprattutto per quanto riguarda l’aiuto al “Terzo Mondo”. Ancora ci proponiamo la domanda: “Occorre aiutare il Terzo Mondo?”. Questo interrogativo ce lo proponiamo anche a livello personale come stimolo di meditazione per verificare la misura delle nostre responsabilità e il grado del nostro impegno. Occorre fare lo sciopero della questua, della contribuzione volontaria o della tassa per il “Terzo Mondo”, con la scusa che questo contributo servirebbe solo a tranquillizzare la coscienza sfuggendo ai vari problemi e alle azioni politiche che si impongono? È questo che sembrano pensare quelli che non hanno più nessuna speranza e che credono solo nei cataclismi purificatori; ma non è ciò che pensano coloro che nel “Terzo Mondo” intraprendono azioni di sviluppo e che, per mettere in opera queste azioni, hanno bisogno di un aiuto finanziario. Non è questo che pensano quelli che intraprendono effettivamente la formazione dell’opinione pubblica e che sanno, per esperienza, che la raccolta di fondi è occasione di informazione e la contribuzione volontaria è l’occasione, il simbolo dell’impegno in una pratica di cambiamento dell’ordine esistente. La contribuzione volontaria può essere ed è per molti il “sacramento” dell’impegno nella trasformazione del mondo nel senso esatto nel quale il “sacramento” è un segno che realizza ciò che significa. Segno di partecipazione nella lotta per lo sviluppo, la contribuzione volontaria può caricarsi di questo significato che: ha la decisione di rifiutare il mondo così com’è e di ricostruirlo nella giustizia e nella fraternità. 156 Lungi dall’essere una rinuncia o una fuga, essa è allora il primo passo di un cammino in cui logica interna trascinerà gli altri passi, quelli che conducono a partecipare alla trasformazione delle strutture che generano il sottosviluppo. L’UFFICIO MISSIONARIO DIOCESANO464 Dal testo emergono le critiche del tempo verso gli aiuti caritativi ritenuti una fuga nei confronti della necessaria iniziativa politica. La visione dell’Ufficio missionario di Ferrara è diversa: la “contribuzione volontaria” è assunzione di responsabilità personale per la modificazione dell’ordine ingiusto esistente. Negli anni settanta segnati dal terrorismo e dalla contestazione delle strutture in vista di un rinnovamento radicale dell’ordine sociale, l’Ufficio missionario diocesano additava il coinvolgimento personale nella costruzione di un mondo giusto e fraterno, per innestare nella storia una “logica” trasformatrice465. Il bilancio dell’anno 1976-77 è accompagnato da una premessa di Franceschi che ribadisce l’orizzonte nel quale inserire l’attività di sostegno all’azione missionaria: Una parola che si fa ringraziamento, anzitutto, a quanti con generosità operano nell’Ufficio Missionario della Arcidiocesi - è un reale servizio -; a quanti con cristiana sensibilità concorrono con la propria offerta, col proprio sacrificio e con la preghiera a sostenere l’azione missionaria della Chiesa nel mondo, e in modo particolare ad aiutare i nostri missionari, con i quali la Chiesa tutta che è in Ferrara conserva legami di fraterna comunione. Sono una presenza della nostra Chiesa in Chiese sorelle, verso le quali permane il dovere della collaborazione e dell’aiuto, quando di aiuto hanno bisogno466. Nella divisione dei fondi l’Ufficio missionario include come nell’anno precedente diversi missionari ferraresi e fornisce la motivazione della sua scelta: Quest’anno la nostra collaborazione si è estesa, pur modestamente, a quasi tutti i missionari ferraresi operanti nel Terzo Mondo. È segno, 464 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1977, Lettera circolare dell’Ufficio missionario ai parroci, alle madri superiore, ai responsabili di tutti i movimenti cattolici della diocesi, ai dirigenti delle scuole di ogni ordine e grado, 1 febbraio 1977. 465 Sugli anni Settanta in Italia la bibliografia è ormai vasta. Si vedano in particolare: L’Italia Repubblicana nella crisi degli anni settanta, 4 voll., Soveria Mannelli, Rubbettino, 2013; Parole e violenza politica. Gli anni Settanta nel Novecento italiano, a cura di Giuseppe Battelli, Anna Maria Vinci, Roma, Carocci, 2014. 466 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1977, Centro missionario diocesano, Bilancio finanziario 1976-1977, dattiloscritto ciclostilato. 157 questo, che la nostra chiesa locale ha colto dal Concilio Vaticano II il senso profondo di non poter amare Dio senza amare i fratelli, e tutti i fratelli, soprattutto i più poveri ed abbandonati; quelli che chiedono la nostra fede per essere aiutati467. Nel bilancio rientravano le entrate ricavate dalla Giornata missionaria mondiale, dalla Giornata per la Santa Infanzia, dalla Giornata mondiale per i lebbrosi e dalla Campagna contro la fame nel mondo, ma soltanto una parte dei fondi andò ai missionari ferraresi, derivante dal ricavato della Campagna contro la fame, che mantenne anche un proprio bilancio a parte468. Le entrate delle Giornate andavano, infatti, alle Pontificie opere missionarie e all’Associazione nazionale “Amici dei lebbrosi” della Fondazione italiana Raoul Folleraeau, con la quale l’Ufficio era in contatto da molti anni469. Nel 1977 fu riproposto il Natale di carità e giustizia470 e per il 1978 fu redatto un programma fino al periodo quaresimale strutturato attorno ai tre grandi appuntamenti delle due giornate mondiali dell’infanzia e dei lebbrosi e della quaresima, incentrata sul “Terzo mondo” e sui missionari ferraresi. La partecipazione attiva dell’arcivescovo rendeva più evidente il ruolo della chiesa locale inserito nella dimensione universale della chiesa: PROGRAMMA 1978 “GIORNATA DELL’INFANZIA NELLE MISSIONI” - 8471 gennaio 1978 - Giornata di conclusione di un lavoro di animazione missionaria fatta ai ragazzi, nelle parrocchie, nelle famiglie, nelle scuole elementari e medie. Questa iniziativa, programmata in collaborazione con 1’A.C.R., intende farci protagonisti di un’animazione verso i più piccoli dei Paesi cosidetti di missione. Siamo certi che nella misura in cui formeremo nei ragazzi uno spirito di evangelizzazione universale, gli effetti, immediati e non, si faranno sentire proprio nella formazione globale dei giovani di domani. Suggeriamo: veglie di preghiera, piccole recite, riunione di genitori, ecc. - Il 6 gennaio è una giornata di servizio alla missione della Chiesa; è un aiuto a tutti i fanciulli e i ragazzi del mondo. Inviteremo in quel giorno tutti 467 Ibidem. 468 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1977, Ufficio missionario diocesano. Sez.Comitato ferrarese contro la fame nel mondo a favore dei popoli in via di sviluppo, Anno 1977. 469 L’Ufficio missionario fu in contatto negli anni Settanta con l’Associazione nazionale “Amici dei lebbrosi” della Fondazione italiana Raoul Folleraeau, cfr. AMCDFe, b. 3. 470 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1977, Ufficio missionario diocesano, Natale: segno di carità e di unione fra tutti gli uomini del mondo, novembre 1977, dattiloscritto ciclostilato. 471 Il numero 8 è corretto a mano sul 6. 158 i preadolescenti e gli adolescenti in Cattedrale per una concelebrazione presieduta da S.E. l’Arcivescovo. Preciseremo l’ora e i dettagli. “GIORNATA MONDIALE DEI LEBBROSI” - Ultima domenica di Gennaio 1978 – Distribuiremo nelle scuole e nelle parrocchie materiale di informazione inviatoci dal Centro Nazionale “Amici dei lebbrosi” di Bologna. “QUARESIMA” - 8 febbraio - 17 marzo 1978 - Il nostro lavoro si rivolge in questo periodo alle problematiche sociali, politiche ed economiche del “Terzo Mondo” con particolare attenzione alle esperienze dei nostri missionari ferraresi. Uscirà un’appendice al libretto informativo distribuito lo scorso anno perché siamo venuti a conoscenza di altri missionari ferraresi. - Nella settimana di Passione e precisamente il venerdì 17 marzo si terrà una giornata di preghiera e di digiuno, che si concluderà, come lo scorso anno, con la concelebrazione, in Cattedrale - sempre alle ore 18 presieduta da S.E. l’Arcivescovo Mons. Filippo Franceschi. Come studio interno all’Ufficio Missionario stiamo svolgendo una serie di conversazioni sulla storia delle Religioni svolta con la forma di lavoro di gruppo. Intendiamo pure approfondire tutti gli aspetti di universalità e di collegialità presenti nelle lettere di S. Paolo e nell’Evangeli Enuntiandi [sic]. Questo studio è aperto a tutti coloro che ne volessero usufruire. Le riunioni si tengono ogni martedì, alle ore 18, nella sede di Via Montebello, 8472. L’Ufficio progettava inserendosi nell’orizzonte di una pastorale diocesana, discutendo al proprio interno le linee di intervento e confrontandosi con altri uffici missionari a livello regionale473, come emerge dalla sintesi di un incontro tenutosi presso le suore di Piazza Ariostea il 25 aprile 1978: Non è sempre facile costruire 1e linee di un rinnovamento missionario alla luce di una pastorale unitaria: evangelizzazione e catechesi, annuncio e testimonianza, azione del singolo e prassi della comunità fanno parte di una riflessione in atto nel centro missionario diocesano. Una prima consapevolezza (che è emersa anche in un incontro ragionale tenutosi a 472 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1977, Lettera circolare dell’Ufficio missionario diocesano ai parroci e alle madri superiore degli istituti e scuole materne, novembre 1977. 473 Nel post concilio era nata anche la Commissione missionaria regionale della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, che si poneva accanto al Consiglio regionale delle PP.OO.MM. Quest’ultimo organizzava i convegni regionali delle delegate diocesane laiche, delle delegate diocesane religiose e dei direttori diocesani degli Uffici e Centri missionari. Manca una storia delle modificazioni istituzionali in ambito missionario a livello regionale. Qualcosa si coglie dalla documentazione presente in ACMDFe-Com. 159 Modena): l’ufficio missionario non è una “associazione” ma un centro di animazione. Ciò suppone porre in atto una serie di servizi alla diocesi, ai gruppi che si interessano direttamente di problemi missionari e a tutti i movimenti organizzati affinché la normale catechesi e formazione cristiana avverta costantemente l’urgenza di una partecipazione a tutte le chiese locali sparse nel mondo. Non si tratta quindi di recuperare un’idea astratta di Chiesa universale, ma di porsi nella linea di S. Paolo e della «sollecitudine per tutte le Chiese». Questo il senso di una rinnovata adesione alle Pontificie opere missionarie che questa sollecitudine garantiscono474. Dall’incontro erano emersi alcuni punti: a) Compito primario dell’ufficio missionario è l’animazione teologica e spirituale dei gruppi e delle comunità diocesane. A tal scopo ci proponiamo di istituire alcuni servizi di formazione missionaria rivolti ai ragazzi (in collaborazione con l’Azione Cattolica Ragazzi e con gli insegnanti di religione delle scuole medie), ai catechisti (in collaborazione con l’Ufficio catechistico diocesano) e a tutti i gruppi spontanei e istituzionali che operano direttamente per le missioni nei paesi in via di sviluppo o che siano interessati ai problemi del terzo mondo. b) Importante è stata ritenuta l’impostazione unitaria per la Quaresima (la collaborazione con la Caritas e con il Settore giovanile di A.C.) e quindi da continuare coinvolgendo maggiormente gruppi e associazioni. Si è ritenuto opportuno intensificare l’animazione nelle scuole di ordine secondario e superiore, con proposte sociali e culturali aderenti alla struttura pedagogica di ogni singolo istituto. c) In preparazione alla Giornata missionaria mondiale si propongono incontri vicariali e parrocchiali, un ritiro a carattere diocesano, affinché la giornata stessa non sia avvertita solo come aiuto in denaro ma come partecipazione e condivisione spirituale, di cui l’aiuto materiale è conseguenza. d) Particolare importanza potranno avere collaborazioni con l’U.C.I.M. e con i Maestri Cattolici per [sic] l’accentuazione missionaria sia sentita dagli insegnanti come componente importante dell’educazione civica475. Il percorso di approvazione delle linee di intervento prevedeva un’ulteriore discussione, di cui dare poi informazione attraverso circolare scritta e il settimanale diocesano e l’esame da parte del Consiglio pastorale e dell’Ufficio pastorale per poi consigliare tali indicazioni a tutta la diocesi 474 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Ufficio missionario diocesano, Il lavoro dell’U cio missionario: sintesi e proposte, copia dattiloscritta [ma aprile 1978]. 475 Ibidem. 160 per l’ottobre. Si tratta di un iter frutto di un’alta consapevolezza ecclesiale tradotta in un metodo partecipativo. All’incontro del 25 aprile 1978 aveva partecipato anche il direttore dell’Ufficio missionario di Comacchio, con il quale si auspicavano “una collaborazione costante ed un programma comune”476. 3.2.3. Strettoie e panorami L’introduzione di don Franco Patruno all’opuscolo Capaci di giustizia del 1977, del quale si dirà più avanti, illustrava il contesto culturale nel quale l’Ufficio missionario aveva operato negli anni appena trascorsi e ne motivava le scelte. Il direttore dell’Ufficio poneva la questione del rapporto tra carità e giustizia e riportava le critiche a un’azione di sostegno al cosiddetto “Terzo mondo” che non affrontasse il nodo politico di un mutamento delle strutture economiche generatrici di ingiustizia: Anche la problematica dell’aiuto al cosidetto «terzo mondo» ha risentito di questi passaggi e le «microrealizzazioni », in gran voga negli anni ‘60, subivano un violento contraccolpo. «Tutto è politico», si disse, e ciò che è necessario è un radicale impegno per il mutamento economico «di base»: le singole azioni distolgono dall’azione primaria quando non diventano addirittura un’immorale ingiustificazione di coscienza. La riscoperta del «politico» fu indubbiamente un fatto importante: metteva a nudo le disfunzioni di una società dove i poveri diventano sempre più poveri ed ricchi più ricchi. La «Populorum progressio» fu il più violento grido di allarme e, pur essendo messaggio rivolto a tutti gli uomini, tendeva a ristabilire l’equivalenza di carità – giustizia in campo cattolico, spingeva a radicali riforme economiche e culturali, secondo il principio della «Gaudium et spes» che ... «Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene, all’uso di tutti gli uomini e popoli, e pertanto i beni creati debbono secondo un equo criterio essere partecipati a tutti essendo guida la giustizia ed assecondando la carità» (n. 69)477. Per don Franco la Populorum progressio e la Gaudium et spes furono “richiami «profetici»” che portavano al maggiore rispetto per “l’autonomia di ogni singolo paese”. Pertanto “gli aiuti economici non avrebbero più potuto essere nella linea di un ulteriore sfruttamento e di una accresciuta colonizzazione culturale”478. 476 Ibidem. 477 ACMDFe-Com, b. 3, Capaci di giustizia, pp. 1-2. 478 Ivi, p. 2. 161 Don Patruno proseguiva illustrando l’attività dell’Ufficio missionario, che riteneva ispirata dagli orientamenti appena tracciati: Anche Ferrara si mosse in questo senso: la sensibilizzazione mirava a creare una mentalità diversa. Dall’immagine dell’etiope dei sussidiari di un tempo (immagine razzista che sarebbe illusorio considerare del tutto non presente) al rispetto profondo per le autonomie di ogni popolazione; fu netta la consapevolezza, provocata soprattutto dai missionari, che il contatto con culture diverse ribaltava l’antico concetto del solo «dare», perché, in effetti, si «riceveva» più di quanto non si fosse limitatamente preventivato. L’idea dei «gemellaggi» corrispondeva ad una antica esperienza cristiana: la colletta per Gerusalemme coordinata da Paolo bene esprimeva l’idea di una partecipazione diretta alle sofferenze economiche di una comunità, anche se l’ispirazione cristiana aveva matrici ancorate al Cristo e all’identica partecipazione ad un unico corpo. Il «Comitato ferrarese contro la fase nel mondo» nasceva sotto questo stimolo e per il coinvolgimento non solo dei cristiani ma di tutta la popolazione. Le microrealizzazioni in alcune zone dell’Africa e Asia, le borse di studio per studenti stranieri, l’assiduo contatto informativo con le singole situazioni erano nella prospettiva di un ristabilimento di rapporti di giustizia, un inizio di autentica partecipazione ai problemi economici e culturali, secondo indicazioni che dalla stessa località «gemellata» provenivano479. Per il direttore dell’Ufficio missionario era da sottolineare anche l’aspetto formativo delle campagne contro la fame condotte a Ferrara: La costanza nel proporre le diverse «campagne» quaresimali contro la fame nel mondo credo abbia creato una sensibilità più attenta. Non si può sottovalutare il significato pedagogico della formazione personale di questi stimoli: una educazione alla mondialità, quando non è intesa illuministicamente, porta ad approfondire situazioni e luoghi, ad allargare gli orizzonti, ad apprezzare le diversità etniche come tali ed aiutarle nel loro autonomo sviluppo480. L’evocazione del clima dell’epoca da parte di don Patruno corrisponde a quanto gli studi hanno acquisito circa gli anni Settanta. Sarebbe interessante verificare su più larga scala quanto la contestazione coinvolse anche l’azione a sostegno delle missioni nelle diocesi, nella concretezza del fare oltre che nella teologia già esplorata in merito481. 479 Ivi, pp. 2-3. 480 Ivi, p. 3. 481 Per una panoramica della teologia della missione in Italia, nella consapevolezza che “la coscienza missionaria di una Chiesa non si esaurisce nella sua teologia della missione”, 162 Una nutrita “bibliografia essenziale” nella pubblicazione Capaci di giustizia del 1977, presente anche nei due opuscoli precedenti, dimostra il vasto orizzonte culturale dell’Ufficio missionario, aggiornato sulle questioni dello sviluppo e del sottosviluppo. Nel tempo venne, infatti, a costituirsi presso l’Ufficio missionario una biblioteca che fu messa a disposizione482. Ma nel decennio post-conciliare era stato necessario affrontare anche un’altra questione, che viene posta esplicitamente in un’analisi retrospettiva compiuta in una Traccia di pastorale missionaria per animazione parrocchiale del Centro missionario diocesano, firmata da don Franco Patruno e da Gisa Trevisani, allegata al bilancio del 1976-77: “evangelizzazione o sviluppo?”483. Il problema si era posto secondo i due firmatari per “fatti abbastanza recenti”: “nel campo della cooperazione missionaria come in tanti altri settori della vita ecclesiale” era sorta, infatti, una “fioritura di iniziative attuali e stimolanti”. Furono ritenute “frutto del soffio dello Spirito che tutto rinnova”, ma “nell’entusiasmo del nuovo si trascurò il precedente e si arrivò anche a contrastarlo”. Ne nacque uno scontro fra diverse visioni, poi ricomposto: Innovatori e conservatori, per usare terminologie correnti, non riuscivano ad accordarsi, quando talora si scontravano addirittura. Evangelizzazione o sviluppo? Mancava la base comune per il dialogo. Così si perdette tempo, si mancò di carità, si dispersero energie. Si ritrovarono e vanno ritrovandosi insieme coloro che avevano costruito le proprie convinzioni sulla roccia della fede, che è di ieri, di oggi, di sempre. E solo nell’unica fede si fa comunione d’intenti e di opere. Però quei tempi di incertezza, da tutti sofferta, non sono stati inutili e l’esperienza ha fatto dei giovani e dei non più giovani quei discepoli del Regno di Dio che trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (cfr. Mt. 12, 5)484. cfr. Gianni Colzani, La teologia della missione nella bibliografia italiana dal Vaticano ad oggi, “Ad Gentes”, 1 (1997), 2, pp. 236-244. 482 ACMDFe-Com, b. 3, Caritas-Centro missionario-Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Chiedere la pace. Testimonianze ferraresi nel Terzo mondo. Quaresima 1979, dattiloscritto ciclostilato, p. 19. 483 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1977, Centro missionario diocesano, Bilancio finanziario 1976-1977, dattiloscritto ciclostilato, Traccia di pastorale missionaria per animazione parrocchiale, p. 3. La parte iniziale della traccia fu pubblicata a firma di Gisa Trevisani sulla “Voce”, Gisa Trevisani, Perché la parrocchia sia missionaria, “La Voce di Ferrara”, 21 maggio 1977, pp. 4, 8. 484 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1977, Centro missionario diocesano, Bilancio finanziario 1976-1977, dattiloscritto ciclostilato, Traccia di pastorale missionaria per animazione 163 La contestazione si era appuntata anche contro le missioni, criticandole per diversi aspetti: Non è lontano il tempo in cui l’evangelizzazione missionaria veniva tacciata di neocolonialismo, dichiarata inopportuna in nome dell’ecumenismo, superflua nei confronti delle esigenze per lo sviluppo, inadeguata ai fini della liberazione. E infine qualcuno insinuava: chissà dove vanno quei soldi? Così si preferirono scelte ed iniziative libere e dirette485. Ora il Centro missionario diocesano, anche sulla base del convegno Evangelizzazione e promozione umana del 1976, proponeva alcune linee per l’animazione missionaria della parrocchia, intesa come azione aperta all’universalità della chiesa e alla necessità dell’annuncio del vangelo ad gentes. Come si è detto, dai tempi di mons. Bovelli il coinvolgimento attivo delle parrocchie nell’attività missionaria era il punto dolente per l’Ufficio missionario diocesano. Il Centro missionario ferrarese, forte di una ritrovata concordia interna, di una maggiore chiarezza di intenti e di una visione pastorale organica proposta dal vescovo, provava ora a rilanciare le commissioni missionarie parrocchiali, suggerendone la composizione, lo stile, i metodi e le iniziative. L’orizzonte era largo e sostenuto dalla visione ecclesiologica della “comunione ecclesiale”: La Chiesa universale si rende presente e visibile nella chiesa particolare. Perciò la natura missionaria della chiesa è viva nella Parrocchia e tutta la permea. La missionarietà della parrocchia si esprime in diversi modi: a) cooperando con la chiesa universale (servizio delle PP.OO.MM.) b) inviando qualche suo membro sul fronte missionario (missionari o missionarie, sacerdoti “Fidei Donum”486, volontari laici) e) cooperando con le giovani chiese (missione, lebbrosario, dispensario, parrocchiale, p. 3. Sulle due diverse concezioni dell’orientamento da conferire all’attività missionaria, evangelizzazione e sviluppo, si era soffermato Paolo VI nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale del 1970, cfr. Paolo VI, Messaggio per la giornata missionaria mondiale 1970, 5 giugno 1970: http://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/ messages/missions/documents/hf_p-vi_mes_19700605_world-day-for-missions-1970. html (14-7-17). 485 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1977, Centro missionario diocesano, Bilancio finanziario 1976-1977, dattiloscritto ciclostilato, Traccia di pastorale missionaria per animazione parrocchiale, p. 4. 486 Nel testo è scritto Domm. 164 ospedale, scuola, ecc.) comunitariamente o con gruppi di appoggio. Perciò, rispettata la giusta gradualità, la commissione parrocchiale si offrirà in servizio e sostegno a tutte le eventuali iniziative e organizzazioni. Si tengano presenti particolarmente le iniziative “Un Natale per gli altri”, la “Quaresima: Campagna contro la fame nel mondo”, la “Giornata mondiale pro lebbrosi”. Dovere di riconoscenza e di fraternità della commissione sarà quello di mantenere i contatti con i missionari originari della parrocchia e con quelli diocesani487. La traccia si concludeva proponendo il coinvolgimento dei giovani nel Centro missionario diocesano e individuando due “forme missionarie” in grado di impegnarli: “il servizio per il progresso” e “il servizio per la salvezza”, due servizi ritenuti non in opposizione o separati, ma in armonia e convergenti, richiamando l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI488. Nel lessico ecclesiale era ormai entrato in modo diffuso il termine “servizio”. I membri dell’Ufficio missionario continuarono anche durante l’episcopato di Franceschi a partecipare agli incontri regionali e nazionali, restando pertanto aggiornati sui cambiamenti in atto nella chiesa italiana489. L’attenzione dell’Ufficio missionario ferrarese ai mutamenti ecclesiali in corso, in particolare ai cambiamenti postconciliari nell’ambito missionario, si evince anche da un ricordo dell’azione di Paolo VI a proposito delle missioni riportato nel bilancio del 1977-78: PAOLO VI: “il grande missionario che cambiò il volto delle missioni” Riteniamo doveroso unire al bilancio di quest’anno un affettuoso ricordo del “Grande missionario” che portò una ventata innovatrice nell’evangelizzazione dei non cristiani: il ricordo di PAOLO VI. Sotto di Lui è cambiato il volto della missione. Scompare quasi del tutto il concetto di “missioni”, non perché l’epoca missionaria sia tramontata, ma perché la missione è ormai nel Cuore della chiesa, cioè la chiesa è missione: “La formazione cristiana - dice il messaggio della G.M.M. del 1977 - dalla prima catechesi sacramentaria fino allo studio della teologia, deve essere inquadrata in una prospettiva missionaria universale, essendo questa non un semplice ornamento, non un elemento marginale o un dato 487 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1977, Centro missionario diocesano, Bilancio finanziario 1976-1977, dattiloscritto ciclostilato, Traccia di pastorale missionaria per animazione parrocchiale, p. 5. 488 Ibidem, p. 6. 489 ACMDFe-Com, b. 2, varie cartelle; b. 3, cart. POM, Cons. Miss. Regionale, Pontificia Unione Missionaria, Pontificia Infanzia Missionaria, Pontificia Opera di S. Pietro Apostolo, Unione Miss. Clero. 165 accessorio, ma dimensione costitutiva della fede cattolica”. L’attività missionaria ha cambiato volto, sotto Paolo VI. Il dato fondamentale è la crescita delle giovani chiese, divenute ormai artefici principali della missione fra i non cristiani: a Kampala, in Uganda nel 1969, Paolo VI gridava: “Africani, voi siete ormai missionari di voi stessi”. La crescita degli episcopati locali è stata prodigiosa: - 61 vescovi africani alla morte di Giovanni XXIII, oggi sono 210; - un solo cardinale africano, oggi sono 12. - in Asia 92 vescovi asiatici a più di 300 e da 4 cardinali (Tien della Cina, Doi del Giappone, Gracias dell’India e Santos delle Filippine) a 13. Questa promozione al vertice è solo un simbolo di quanto è avvenuto alla base: la promozione delle forze evangelizzatrici locali, non solo sacerdoti e suore (è noto che oggi vi sono più vocazioni nel “terzo mondo” che nei nostri antichi Paesi cristiani!) ma soprattutto delle forze laicali. Paolo VI ha spinto in questi anni due direzioni: - potenziamento dei catechisti (il 30,2 per cento di tutte le offerte raccolte dalle PP.OO.MM. sono usate per la formazione dei catechisti, per i quali si è anche aperto un istituto specializzato a Roma) - tentativi nuovi per suscitare spirito missionario nei laici. Ricordiamo anche l’esperienza rivoluzionaria, che sta cambiando il volto dell’America Latina, Asia e Africa, delle “comunità ecclesiali di base”, uno dei temi più ricorrenti del Sinodo sull’evangelizzazione (1974): Paolo VI le chiama “una speranza per la chiesa universale” (nell’Evangeli Enuntiandi [sic]) . Interessante anche, nel magistero e nell’azione di Paolo VI, il tema dell’incarnazione della Chiesa nelle varie culture del mondo. Non dimentichiamo, infine, l’opera di Paolo VI per lo sviluppo dei popoli, le direttive alla chiesa per un contributo al progresso umano dei poveri nella “Populorum Progressio”; e, particolarmente importante per l’immagine della nuova missione, il metodo del dialogo specie con i non cristiani, per creare uno scambio ed un arricchimento vicendevole. L’annunzio non è sostituito dal dialogo né dalla promozione umana, ma si serve di essi per una prima testimonianza di solidarietà e di carità. Infine il magistero di Paolo VI è particolarmente ricco riguardo alla cooperazione missionaria. Ogni anno del suo pontificato Paolo VI pubblicava almeno due documenti su questo tema: il messaggio per la “Giornata Missionaria Mondiale” ad ottobre e il discorso al “Consiglio Superiore delle PP.OO.MM.” in maggio; due tappe obbligate oltre a diverse altre occasioni. Linea fondamentale espressa in ogni documento missionario di Paolo VI è la convinzione che la missione aiuta la chiesa a ritrovare se stessa490. 490 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Fascicolo con il bilancio 1977-78 e il programma 166 L’Ufficio missionario era, dunque, interessato all’attualità della chiesa e del mondo e il ripetuto richiamo ad abbonarsi alle riviste missionarie denota il rilievo dato all’aggiornamento491. Nell’ottobre 1978 si tenne a Puebla la Conferenza dell’episcopato dell’America Latina e, come l’Ufficio aveva ascoltato Medellin, ora poneva attenzione all’evento di Puebla. L’11 ottobre 1978, giorno di inizio della conferenza latino-americana, l’Ufficio datava un’articolata riflessione, dal titolo America latina. Da Medellin a Puebla, sulla situazione della chiesa nel continente latinoamericano e insieme un confronto sulla recezione conciliare nell’America del Sud e in Italia. Il documento si apriva sottolineando la visione ecclesiologica che animava Puebla, inclusiva di tutto il popolo di Dio come soggetto dell’evangelizzazione: Proprio oggi, a Puebla, in Messico, ha avuto inizio la Conferenza dell’Episcopato latino-americano sul tema “l’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina”. Il fatto particolare consiste nel vedere coinvolto nell’evangelizzazione tutto il popolo di Dio; nel fare della pastorale un campo aperto a tutti per portare ogni cristiano ad assumere le proprie responsabilità nella chiesa e nella società, alla luce del Vangelo. Questo coinvolgimento della base viene da una acuta sensibilità di sentirsi chiesa come lo sono i vescovi e i sacerdoti. La chiesa in Brasile vive seriamente la tensione di affermare e di difendere tanto i diritti di Dio, quanto quelli dell’uomo492. Medellin aveva espresso una modalità peculiare di recepire il concilio, di essere chiesa, dalla quale la chiesa europea e italiana appare lontana secondo l’Ufficio missionario ferrarese: Da Medellin il volto evangelico della chiesa La conferenza di Medellin, avvenuta dieci anni fa, ha insegnato all’America Latina ad essere una chiesa incarnata nelle realtà esistenziali, a superare la separazione fede e vita, il pessimismo verso l’uomo, i preconcetti verso le culture e la religiosità popolare; ha suscitato la fiducia della chiesa nei giovani, ha centrato la pastorale nella famiglia potenziando e finalizzando all’evangelizzazione le comunità ecclesiali 1978-79, pp. II-III. 491 Tale richiamo è presente nei bilanci annuali. Nel resoconto del 1980-81 si raccomandava di “aumentare gli abbonamenti alla stampa missionaria, specialmente a “Mondo e missione”, ad “Italia missionaria”, alla rivista “Cem-Mondialità”, al “Piccolo missionario””, ACMDFe-Com, Anno 1980-1981. 492 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Ufficio missionario diocesano, America latina. Da Medellin a Puebla, 11 ottobre 1978, copia dattiloscritta, c. [1r]. 167 familiari di base; ha dato coraggio alla chiesa nel proclamare la giustizia, nel difendere gli oppressi, nell’aiutare gli emarginati, nel rivendicare un ordine politico sociale più umano; ha fatto maturare la capacità di comunione fra tutte le conferenze episcopali latino-americane, per giungere a soluzioni comuni davanti a problemi comuni; ha dato impulso al laicato restituendogli la coscienza di essere protagonista nella evangelizzazione e aprendogli la strada a nuovi ministeri e alla realizzazione dei carismi di ciascuno; ha dato, ancora, inizio ad una nuova teologia biblica-pastorale conosciuta con il nome di “teologia della liberazione”; ha promosso la “pastorale d’insieme” in cui agiscono in modo coordinato tutte le forze vive della chiesa. In sintesi, Medellin ha fatto maturare un nuovo modo di essere vescovo, prete, religiosa, laico; un nuovo modo di essere chiesa. In Europa, in Italia non c’è stato493 un vero coinvolgimento della base popolare nello studio, nella sperimentazione, nell’applicazione delle decisioni del Concilio alle realtà locali. Per cui, vedendo le cose dell’America Latina, si ha l’impressione che in Europa il Concilio sia ancora incompiuto, non applicato, non vissuto a livello di tutta la comunità; mentre in Brasile c’è stata una vera e propria maturazione dei decreti conciliari, appunto attraverso Medellin494. Nel documento dell’Ufficio missionario seguiva un’analisi della realtà ecclesiale e pastorale dell’America Latina, definita “realistica” e pertanto con luci e ombre, e un elenco degli aspetti “roventi” della situazione sociopolitica del continente. La conclusione era dedicata a una visione di Puebla come “speranza per il popolo brasiliano e latino-americano”, dopo aver riportato alcuni passaggi del documento dei vescovi presentato alla conferenza che sottolineavano la partecipazione della chiesa alla condizione dell’uomo nella difesa dei suoi diritti e dei suoi valori e la necessità di una “coscienza missionaria” come tensione alla liberazione umana integrale495. Al 17 ottobre, quindi una settimana dopo, è datato il documento su La missione nell’Africa oggi. Il testo leggeva positivamente i cambiamenti in 493 Segue, depennato: , come dopo Medellin in America Latina,. 494 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Ufficio missionario diocesano, America latina. Da Medellin a Puebla, 11 ottobre 1978, copia dattiloscritta, c. [1rv]. Su Medellin cfr. José Oscar Beozzo, Medellin. Inspiration et racines, in Volti di fine concilio. Studi di storia e teologia sulla conclusione del Vaticano II, a cura di J. Doré e A. Melloni, Bologna, il Mulino, 2001, pp. 361-393; Silvia Scatena, In populo pauperum. La Chiesa latinoamericana dal Concilio a Medellín. 1962-1968, Bologna, il Mulino, 2008. 495 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Ufficio missionario diocesano, America latina. Da Medellin a Puebla, 11 ottobre 1978, copia dattiloscritta, cc. [1v-2r]. 168 atto nel continente africano a proposito delle missioni, nonostante le difficoltà: Le notizie che giungono oggi dall’Africa possono portare al pessimismo: qui i missionari sono espulsi da governi africani, là altri missionari vedono ridursi la possibilità d’azione, altrove vi sono missionari che abbandonano, isolatamente o in gruppi; le vocazioni missionarie diminuiscono presso gli Istituti; vi sono dei Vescovi che si augurano di non ricevere più missionari, ecc… Ma non dobbiamo fermarci troppo su tali constatazioni; al Sinodo sull’evangelizzazione (ottobre 1974)496 i vescovi africani hanno espresso la loro ammirazione per l’opera dei missionari e il loro desiderio di vedere proseguire questa collaborazione. Molti, secondo l’Ufficio missionario, gli apporti delle missioni a favore del continente: La missione ha portato un contributo positivo alla promozione dell’Africa. E’ noto che la chiesa, quasi ovunque in Africa, è stata la prima ad aprire le scuole, sostenendole a prezzo di enormi sacrifici. Inoltre la chiesa si è impegnata anche con i malati, i poveri, gli orfani: ne sono testimoni gli ospedali, gli orfanotrofi, i lebbrosari, il lavoro oscuro e delicato di innumerevoli Congregazioni religiose che si chiamano “serve dei poveri” e che testimoniano la presenza di una chiesa inviata dal suo Fondatore sopratutto [sic] ai più marginali e abbandonati. Ma “il contributo più decisivo dell’Africa va cercato a livello religioso”: “L’annuncio del Vangelo ha dovunque portato un’esplosione nello stesso tempo orizzontale e verticale dell’universo religioso tradizionale”. Il documento confuta poi l’accusa che la missione abbia “occidentalizzato l’Africano”, sottolineando invece come la chiesa africana stesse “acquistando una sua personalità, non solo prendendo le distanze dall’occidente, ma anche prendendo su di sé il carico della cultura africana”. La visione che si delinea è molto positiva: “L’autenticità africana integrerà quindi la teologia di una chiesa della comunione, di una chiesa della fraternità senza frontiere, di una chiesa in stato di missione e di responsabilità universale”. Ne derivavano compiti e auspici precisi: E’ per questo che sopra tutti i compiti urgenti per l’evangelizzazione dell’Africa, non si raccomanderà mai abbastanza lo studio approfondito 496 Fu la III assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi (26 settembre-26 ottobre 1974) su L’evangelizzazione nel mondo moderno, dalla quale scaturì la Evangelii nuntiandi di Paolo VI. 169 delle lingue, delle tradizioni culturali e religiose africane. Anche la liturgia, nel suo simbolismo e nelle sue forme culturali, deve essere adattata alla mentalità e alla vita africana. Il missionario sceglierà dunque l’efficacia dell’annullamento di sé “per vivere in profondità il senso evangelico del servizio”: “il missionario, nelle chiese locali, sarà dunque un collaboratore e un servitore cosciente dell’uomo e di ogni uomo”. Il documento si concludeva con gli obiettivi posti dall’“Associazione teologi del terzo mondo”, riunitasi ad Accra, capitale del Ghana, nel dicembre 1977, che miravano a favorire lo sviluppo di una teologia africana497. Silenzio, invece, ci fu sull’area asiatica, che non doveva apparire laboratorio ecclesiale in quel momento, dopo il tramonto dell’entusiasmo di conquista missionaria delle terre cinesi dei primi decenni del Novecento498. D’altronde i missionari ferraresi noti all’Ufficio missionario nel 1978 erano in Africa o in America latina. Si era conclusa da tempo la missione cinese di padre Leo Cavallini espulso nel 1948 dalla Cina, dove si trovava dal 1930, ma era terminata anche la permanenza in India di Carla Ferrari, mentre suor Renata Correggioli, già in India, si trovava in Pakistan. Inoltre era morto nel 1971 padre Anchise Rasi, di Stellata di Bondeno, missionario del Pime di Milano in India per trentasei anni, con il quale era stata fitta la corrispondenza con l’Ufficio missionario negli anni Cinquanta e Sessanta499. Più tardi, nell’opuscolo del 1978-79 compariranno il gesuita padre Eugenio Matis, da anni a Taiwan, e fratel Carlo Ferrari, passionista, missionario nell’isola di Borneo in Indonesia, conosciuto soltanto agli inizi del 1979500. Padre Eugenio Matis morirà a Macao nel 2006 e fratel Carlo a Jakarta nel 1988. Nel frattempo si era recata a Honk Kong nel 1981 Claudia Barbieri come piccola sorella di Gesù, poi trasferita a Macao dal 1983501. 497 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Ufficio missionario diocesano, La missione nell’Africa d’oggi, 17 ottobre 1978, copia dattiloscritta. 498 Giorgio Melis, La Chiesa in Cina, in Storia della Chiesa, 24, pp. 310-346: 328-338. 499 Un ricordo di padre Rasi e l’omelia di mons. Natale Mosconi in BE 1971, n. 1-2, gennaio-febbraio, pp. 97-99. Articoli su di lui e sue lettere sulla “Voce Cattolica”, poi “Voce di Ferrara” (MM). 500 ACMDFe-Com, b. 3, Caritas-Centro missionario-Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Chiedere la pace. Testimonianze ferraresi nel Terzo mondo. Quaresima 1979, dattiloscritto ciclostilato, pp. 16-18. Fratel Carlo Ferrari è chiamato nell’opuscolo fratel Vincenzo, uno dei nomi di battesimo. Carlo fu il nome assunto in religione. 501 Sulle modalità della missione delle piccole sorelle illustrata da sorella Claudia Barbieri, cfr. I.C., La missione cristiana è anche vivere l’esperienza di Nazareth, “La Voce di 170 L’Ufficio e il Centro missionari avevano durante l’episcopato di Franceschi un’attività formativa interna attraverso incontri di preghiera e formazione e convegni. Per il 1978-79 si annunciò “un Corso di cultura missionaria aperto a tutti, specialmente ai giovani, in Via Montebello, 8”502. Nel 1979, il 24 giugno, si tenne anche un Convegno missionario diocesano per affrontare le caratteristiche del Centro missionario diocesano e delle PP.OO.MM. e delineare il programma 1978-79503. Nei giorni 29 e 30 giugno 1981 fu tenuta una “due giorni” di preghiera e studio organizzata dal Centro missionario diocesano, sul tema Il cristiano testimone universale di risurrezione. Vi avevano partecipato “tutti i membri del centro missionario, quattro Vicari, il superiore dei Padri Passionisti di Cesta504, alcuni sacerdoti, parecchie religiose, tre seminaristi rappresentanti il gruppo missionario del seminario, Mani Tese, alcuni giovani ed adulti delle parrocchie della diocesi”505. Mons. Franceschi aveva tenuto la prima meditazione, indicando le linee di pensiero e di azione, come si coglie dalla sintesi per l’articolo sul settimanale diocesano: L’esperienza della fede è la via per ritrovarla di più; essa, fede, cresce attraverso l’esercizio della fede. La missione della chiesa sta nella vita trinitaria: Dio è Comunione. Esiste una chiesa per sempre missionaria. Non si partecipa alla chiesa se non nell’evangelizzazione. Evangelizzazione vuol dire conoscere il Vangelo che continuamente dobbiamo realizzare. Questo dovere è di tutti: - vivere la fede come scelta personale con Cristo sempre rinnovata; - vivere la chiesa come comunione e comunità cercando di viverla nella chiesa particolare; - cooperare a rendere cosciente la nostra chiesa ad essere missionaria; - promuovere e sostenere le missioni; - evangelizzare le culture; aiutare le missioni senza altro desiderio se non quello di partecipare con gli altri quello che abbiamo. L’aiuto è un dovere, non un atto di generosità506. Ferrara”, 26 marzo 1988, p. 9 (MM). 502 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Fascicolo con il bilancio 1977-78 e il programma 1978-79, p. VI. 503 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1979, Ufficio missionario diocesano, Convegno missionario 24 giugno 1979, dattiloscritto ciclostilato. 504 Il superiore dei Padri Passionisti di Cesta è aggiunto a mano in interlinea. 505 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Centro missionario diocesano, articolo per la “Voce”, copia dattiloscritta, non datata. L’articolo fu pubblicato sulla “Voce” con tagli, cfr. “la Voce di Ferrara”, 25 luglio 1981 (MM). L’invito alla due giorni è in ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Lettera circolare del Centro missionario diocesano ai vicari, ai sacerdoti e alle suore della diocesi, Ferrara, 5 giugno 1981. 506 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Centro missionario diocesano, articolo per la “Voce”, 171 L’invito operativo dell’arcivescovo era di “rendere le giornate di preghiera e digiuno dell’Avvento e della Quaresima sempre più impegnative ed estese a tutta la diocesi”. Nella seconda giornata intervenne don Giambattista Targhetti, vice direttore dell’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria fra le chiese, istituito nell’aprile del 1978, illustrando le caratteristiche del Centro missionario507. A conclusione dell’incontro il Centro comunicò che il ritiro mensile di ottobre per i sacerdoti sarebbe stato dedicato ai “problemi missionari” e che il Centro avrebbe continuato anche in estate gli incontri settimanali di due ore “per studio e preghiera comunitaria”508. Nel resoconto dell’anno 1980-81fu proposta una rilettura di quel convegno, nella quale era delineata la specificità dell’azione della chiesa nel suo impegno sociale e proposto il grande sogno della comunione nella comunità cristiana: “UNA SFIDA COMUNE” “Qual è il posto della chiesa di Dio, una e visibile, che sia veramente universale e mandata a tutto il mondo, perché il mondo si converta al Vangelo e così si salvi per la gloria di Dio?; quella chiesa alla quale, come dice il Concilio, quasi tutti aspirano, seppure per vie diverse? La chiesa è investita di un compito essenzialmente religioso e il dovere prioritario di essa è appunto quello di adempiere questa missione. Il Concilio ha sottolineato questa Verità in quasi tutti i suoi documenti e particolarmente nella costituzione “Gaudium et Spes” circa la chiesa nel mondo contemporaneo. E’ certo che la missione della chiesa non si limita alle sole attività di culto e all’interno dei templi. Sin dai tempi apostolici, e certamente ispirandosi allo stesso modo di Gesù, si è sempre sforzata di inserirsi nella comunità degli uomini, si è sempre chinata verso l’umanità, ad immagine del buon samaritano, per conoscere la necessità di essa, curare le sue ferite, incoraggiare i suoi sforzi ed appoggiare le sue iniziative. Ogni volta che, a qualsiasi livello, un settore dell’umanità si è impegnato per crescere in qualità e valore umano, per migliorare le proprie condizioni copia dattiloscritta, non datata. 507 A Mons. Targhetti era stato invitato per condurre i lavori della giornata dedicata alla verifica del lavoro svolto dal Centro missionario e alla programmazione per l’anno 198182, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Lettera di don Franco Patruno e Gisa Trevisani, Ferrara, 7 maggio 1981, copia dattiloscritta. 508 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Centro missionario diocesano, articolo per la “Voce”, copia dattiloscritta, non datata. Il Centro aveva progettato inizialmente una tre giorni. 172 e contribuire alla sua promozione, la chiesa ha ritenuto suo dovere essere vicina e collaborare. Questa dimensione oggi è più che mai avvertita. Tuttavia la missione della chiesa che le è propria e che nessun’altra istanza realizzerà, se non è essa a farlo, è l’EVANGELIZZAZIONE ed EVANGELIZZANDO COSTRUIRE IL REGNO”509. Oggi nel mondo, unitamente alla fame di pane, esiste una forte FAME DI DIO, della sua Parola, della sua Giustizia, del suo Amore. Nel “Terzo Mondo” la grande maggioranza dei poveri possiede una acuta coscienza del sociale che non è frutto di una qualche infiltrazione politica di sinistra, ma di una lettura dei testi di riferimento per la fede, le S. Scritture, nella prospettiva in cui furono un tempo scritte, cioè nella prospettiva di un popolo povero. Dalla fede deriva l’impegno per la trasformazione della società come modo di preparare fin d’ora la materia del Regno che si inizia già qui in terra. Oggi ci lamentiamo di vivere in un’epoca sterile e ci si sente quasi condannati ad una vita scialba senza fremiti e senza grandi sogni, una vita nella quotidianità squallida e ripetitiva. Dobbiamo voler vivere una comunità cristiana, vogliamo essere un popolo di credenti liberi e coraggiosi, figli di Dio, che godono il loro immenso e indispensabile privilegio di esserlo e godendolo lo fanno straripare da sé ad altri. Oggi manca la “COMUNIONE”, nonostante se ne parli continuamente; manca l’interesse per una vita di partecipazione e di condivisione. Dobbiamo fare in modo che chi è cristiano senta la GIOIA DI ESSERLO; il gusto, l’orgoglio di APPARTENERE AD UNA CHIESA; la voglia di gridare al mondo intero QUESTA SUA FORTUNA; allora germoglieranno forme di cultura vivaci ed interessanti, presenze incisive nel contesto sociale, realtà che non possono essere ignorate e snobbate da nessuno o almeno da chi si sente ancora vivo e libero510. 3.2.4. Un sempre più stretto legame con i missionari ferraresi Nel 1976 l’Ufficio missionario affermava di aver “iniziato un lavoro di ricerca” e, dove possibile, anche “di incontro personale con i missionari ferraresi, sacerdoti e laici” operanti nel “Terzo Mondo”. Tale ricerca si poneva nello spirito che aveva portato alla pubblicazione nell’anno precedente del già citato contributo sulla “Pianura” circa le testimonianze ferraresi 509 Non ho trovato da dove è stata tratta questa citazione. 510 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Centro missionario diocesano-Caritas, Anno 19801981, doc. 4. 173 nel Terzo mondo ed esprimeva la volontà di porre al centro la chiesa locale nel sostegno alla missione ad gentes. Fu così pubblicato il libretto La terra è di tutti. Testimonianze ferraresi, che riportava il profilo e una breve descrizione delle attività, oppure una lettera, di tredici ferraresi impegnati nelle missioni511. Oltre a don Alberto Dioli, padre Silvio Turazzi, padre Vincenzo Turri, padre Giovanni Tebaldi e padre Marneffe, anche se non ferrarese, già presenti nell’opuscolo dell’anno precedente, erano presentati Franca Battistini, per due anni presso una missione in Ciad, suor Renata Correggioli, della Congregazione delle Suore di San Paolo, missionaria nelle Filippine, in India e in partenza per il Pakistan, Carlo Malagutti, cooperante in Camerun negli anni 1966-68, Carla Ferrari, dell’Istituto delle Ancelle dei poveri di Lucknow, prima in India e dal 1975 in Etiopia, padre Leo Cavallini, missionario del P.I.M.E. prima in Cina e poi in Brasile, fratel Vincenzo (Carlo), diacono nella congregazione dei Passionisti, operante in Indonesia, Giuliano Grandini, già volontario in Tanzania, padre Adelmo Catozzi, della congregazione di don Guanella, missionario in Argentina. L’opuscolo con le testimonianze dei missionari ferraresi sostituì come nell’anno precedente la stampa del bilancio, che rimase ciclostilato. Terminò così la consuetudine dei bilanci annuali a stampa con introduzione del vescovo che datava dall’anno missionario 1962-63, sostituiti dall’informazione sul “Bollettino ecclesiastico” e da semplici ciclostilati512. Fu curato invece periodicamente il libretto a stampa con le testimonianze dei missionari della diocesi ferrarese. Nel corso del 1977 si riteneva di averli individuati tutti513 e furono inseriti in un nuovo opuscolo. Il nuovo libretto sulle “testimonianze ferraresi nel mondo”, già citato, portava il titolo Capaci di giustizia. All’elenco dell’anno precedente era stato tolto Carlo Malagutti ed erano state aggiunte la dott.ssa Rosalba Sangiorgi, medico, già in India e in Africa, appartenente all’Associazione Femminile Medico Missionaria, e suor Agnese Valieri, della congregazione delle suore della Nigrizia – Comboniane, missionaria in Uganda dal 1975. Veniva inoltre annunciato che un giovane seminarista ferrarese, Piero Maria Mazzola, aveva emesso i primi voti religiosi presso il noviziato dei comboniani di Venegono superiore514. 511 ACMDFe-Com, b. 3, Ufficio missionario diocesano. Sezione: Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, La terra è di tutti. Testimonianze ferraresi, [Ferrara], IGF, s.d. 512 I ciclostilati con i bilanci sono conservati in ACMDFe-Com, buste 1-4. 513 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1977, Lettera circolare del Centro missionario diocesano ai parroci della diocesi, Quaresima 1977. 514 ACMDFe-Com, b. 3, Capaci di giustizia. 174 Durante l’episcopato di mons. Franceschi si consolidò anche la consuetudine di incontrare i missionari ferraresi rientrati per un periodo di riposo. Il 1980 fu particolarmente ricco di incontri, come descrive l’opuscolo del 1980-81 del Centro missionario e della Caritas: Durante l’anno scorso abbiamo incontrato parecchi missionari ferraresi venuti a Ferrara, presso le loro famiglie, per un breve periodo di riposo. In Gennaio: Suor Agnese Valieri - missionaria in Uganda; Suor Maria Fidente Cattani - missionaria in Uruguay. In Giugno: P. Silvio Turazzi - missionario nelle Zaire; P. Vincenzo Turri – missionario nel Mexico. In Agosto: Don Alberto Dioli - missionario nello Zaire; P. Leo Cavallini – missionario in Brasile; P. Pier Maria Mazzola - ordinato sacerdote missionario comboniano dall’Arcivescovo Mons. Filippo Franceschi il 15 giugno 1980, a Copparo. In Novembre: Carla Ferrari - missionaria laica in Etiopia - Kambatta. In Gennaio di quest’anno la dott. Rosalba Sangiorgi dell’Associazione Medico Missionaria. Sono stati incontri ai quali hanno partecipato rappresentanti di varie associazioni. Con alcuni di loro è stata la prima volta, per altri un ritrovarsi dopo tanti anni di lontananza. Ogni incontro ha avuto momenti di preghiera ed è terminato con l’Eucarestia presieduta dall’Arcivescovo Mons. Filippo Franceschi che ha confermato lo «specifico» del Centro missionario diocesano: testimoniare cioè il legame tra la professione della fede cristiana e la missione evangelizzatrice e considerare che la vocazione missionaria punta sulla diffusione della Parola e del Regno di Dio unitamente alla promozione integrale dell’uomo515. L’incontro del 7 agosto era stato accuratamente organizzato data la contemporanea presenza a Ferrara di padre Silvio Turazzi, don Alberto Dioli, padre Vincenzo Turri, padre Leo Cavallini e padre Piero Maria Mazzola. Lo scopo era sia la conoscenza reciproca tra i missionari sia ideare una traccia di pastorale missionaria per l’anno successivo516. A tal fine fu preparato un questionario al quale i missionari avrebbero dovuto rispondere per iscritto per poi riprendere le domande verbalmente durante l’incontro. Le domande formulate esprimono la ricerca di comunione con i missionari ferraresi da 515 ACMDFe-Com, b. 3, Charitas – Ufficio missionario diocesano – Sez. Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Il mondo continua ad interpellarci sull’amore. Testimonianze ferraresi nei paesi in via di sviluppo, s.n.t. [ma 1981]. 516 Varia documentazione sull’incontro del 7 agosto in ACMDFe-Com, b. 2. cart. 1980. 175 parte del Centro missionario diocesano e il suo orizzonte problematico: - Quali indicazioni potreste dare per una fattiva collaborazione tra Ferrara e le vostre missioni: - sul piano dell’evangelizzazione, - sul piano della cultura – della promozione umana – della catechesi, - sul piano della corresponsabilità sacerdotale, religiosa e laica, - sulla formazione dei catechisti che nelle vostre chiese hanno quasi funzione di diaconi, - sulla pastorale della famiglia, - sulla vocazione missionaria? - Quale contributo per un nuovo impulso alla chiesa, danno, nelle vostre parrocchie, i laici? - Quali consigli potreste dare a quei giovani che sentono e chiedono di fare un’esperienza, anche solo di qualche mese, nel “Terzo Mondo”? - Che cosa, secondo voi, è più importante per creare nel mondo una nuova società: il discorso teorico o l’opzione di sviluppo? - Le iniziative di preghiera e digiuno hanno trovato una buona accoglienza nella nostra diocesi: che cosa ci potete suggerire per una maggiore condivisione, partecipazione, aiuto concreto? - Il concetto base sul quale si articola il lavoro del nostro Centro missionario diocesano è “la missione è costruire un mondo più giusto e più umano a partire dai criteri della fede”, per questo vi chiediamo di suggerirci in quale modo potremmo effettuare la distribuzione delle offerte che ci pervengono? - Vi chiediamo di lasciarci il progetto del lavoro più urgente per la promozione umana nella vostra diocesi. - Se è vero che lo scambio di comunicazione tra noi deve intensificarsi quali iniziative di dialogo e di confronto tra noi e voi riterreste opportuno durante l’anno? - Sono presenti a Ferrara moltissimi studenti stranieri che costituiscono un problema di carità di non lieve entità: quali iniziative riterreste opportune da parte della diocesi? - A volte nel Centro missionario vi sono diversità di vedute nei confronti di campagne particolari promosse da alcuni gruppi ed associazioni, ciò potrebbe disperdere le iniziative in favore dei 16 missionari ferraresi: cosa consigliereste al riguardo?517 Il legame con i missionari ferraresi fu coltivato anche con altre iniziative: un incontro con i loro familiari e con i superiori degli istituti missionari 517 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Centro missionario-Caritas, Lettera dattiloscritta copia, non datata. 176 di appartenenza il 22 febbraio 1981 presso il collegio Sant’Orsola518. Inoltre vi furono le visite ai missionari da parte di don Franco e del vescovo. Come già accennato, a fine maggio del 1978 era stata annunciata la visita a padre Silvio Turazzi e don Dioli da parte dell’arcivescovo e di don Franco Patruno, non effettuata a causa di un’epidemia di colera519, ma don Franco Patruno andò l’anno successivo dai due missionari e ne scrisse un resoconto per il settimanale diocesano. Nella visita aveva visto incarnata in padre Silvio Turazzi una nuova idea di missione come “«condivisione», sostenuta dalla coscienza della Paternità di Dio e della fratellanza universale” e nel viaggio nelle due missioni africane aveva maturato la convinzione che “l’annuncio sia possibile e sia vissuto”520. Mons. Franceschi, come si è detto, andò in Brasile nel 1981 con il suo segretario don Marcello Vincenzi da suor Cristofori e padre Cavallini, lasciando efficaci pagine di diario profondamente attente alla realtà incontrata, nelle quali lo stupore è forse la principale caratteristica. Per l’occasione del 7 agosto 1980 erano state chieste le preghiere ai monasteri di clausura, che ormai da tempo erano resi partecipi dell’attività missionaria diocesana521. Come già don Dioli agli inizi degli anni Cinquanta aveva sentito l’esigenza della preghiera delle religiose di tutta la dioce518 Una relazione dell’incontro, seguito da un incontro nello stesso giorno con i missionari, l’arcivescovo e i vicari della diocesi al Cenacolo, in ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Pier Maria Mazzola, E’ la prima volta che avviene a Ferrara, dattiloscritto ciclostilato. Cfr. inoltre ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai superiori degli istituti missionari ai quali appartengono i missionari ferraresi, Ferrara, 1 febbraio 1981; Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai vicari della diocesi, Ferrara, 11 febbraio 1981; Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai genitori partecipanti all’incontro del 22 febbraio 1981, Ferrara, 9 marzo 1981. Gli istituti a cui fu indirizzata la lettera di invito dell’1 febbraio 1981 furono: “Saveriani, Comboniani, Passionisti, Orsoline, Gesuiti, San Vincenzo, Imeldine, Ancelle dei Poveri, Missionari del Sacro Cuore, Associazione Medico missionari, Fidei Dono”. Ai familiari dei missionari e ai superiori dei vari istituti missionari furono inviati gli auguri pasquali, ACMDFe-Com, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai genitori e ai parenti dei missionari ferraresi e ai superiori degli istituti missionari ai quali appartengono i missionari ferraresi, Ferrara, 10 aprile 1981, dattiloscritto ciclostilato. 519 Vedi supra, nota 452. 520 Franco Patruno, A colloquio con il vescovo di Goma e il missionario p. Silvio Turazzi, “la Voce di Ferrara”, 8 settembre 1979, p. 5 (MM); Id., La missione di don Alberto Dioli, “la Voce di Ferrara, 22 settembre 1979, p. 5 (MM). 521 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani alle sorelle dei monasteri di Ferrara, Ferrara, 28 luglio 1980, copia dattiloscritta. 177 si522, nel 1978 l’Ufficio missionario si era rivolto ai monasteri di clausura, iniziando un legame particolare che continuò per decenni. La nuova proposta consistette nell’affidare alle preghiere di ogni monastero di clausura un continente, per il quale si pregava poi insieme agli intervenuti nella celebrazione di una messa durante il mese di ottobre, ogni settimana in un monastero diverso. Nelle motivazioni dell’invito a partecipare alle messe, rivolto a tutti, si ricordava che la patrona dei missionari era santa Teresa di Lisieux, monaca di clausura: L’ufficio missionario, consapevole dell’importanza della preghiera per la propagazione del messaggio cristiano, intende coinvolgere nelle varie iniziative dell’ottobre missionario i 5 conventi di clausura della nostra città. Tutti sappiamo che protettrice delle missioni è una “claustrale”, S. Teresa del Bambino Gesù, perciò non possiamo trascurare questa “forza” capace di smuovere e ottenere da Dio ciò che le nostre forze non ottengono. E’ Dio che chiama e converte e Dio ascolta la voce di chi lo prega. Sapere che in Diocesi c’è un gruppo di persone che costantemente chiedono al “Padre” forza e coraggio per tutte le persone impegnate nella diffusione del Vangelo nei 5 continenti deve riempire di gioia e stimolarci di fronte alle inevitabili difficoltà523. Nell’anno successivo si invitarono a partecipare alle messe concelebrate da don Franco Patruno e don Alberto Campi “i parroci delle parrocchie limitrofe al monastero scelto, i parrocchiani che lo desiderano e i gruppi giovanili residenti nello stesso territorio”; inoltre, al termine della messa un giovane in parlatorio avrebbe esposto la situazione economica, sociale e religiosa dei missionari ferraresi del continente affidato alle preghiere del monastero524. 522 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1941-1955, fasc. 1953, Lettera di don Alberto Dioli alle Comunità religiose femminili della città e archidiocesi di Ferrara, [1953] copia dattiloscritta. Il direttore dell’Ufficio diocesano chiedeva alle religiose “ospitalità nella preghiera” delle comunità religiose con un “Pater” e un’“Ave” ogni giorno dall’1 al 18 ottobre, data della giornata missionaria. 523 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Lettera circolare di don Alberto Campi e Anna Ferrari per l’Ufficio missionario, Ferrara, 26 settembre 1978, copia dattiloscritta; Lettera circolare degli stessi a tutti i sacerdoti e religiose della diocesi, senza data, dattiloscritto ciclostilato [ma fine 1978]. 524 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1979, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani al parroco e alla superiora, Ferrara, 22 settembre 1979, copia dattiloscritta. Varia documentazione sulla preghiera nei monasteri di clausura anche in ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981. 178 Si trattò dunque non solo di una richiesta di preghiera alle monache, ma di momenti comunitari di preghiera, in grado di far percepire la dimensione profonda dell’attività dell’Ufficio missionario, come scrisse don Franco Patruno in un articolo sulla “Voce” del 1979, in una riflessione sulla “cattolicità” della chiesa a proposito della Giornata missionaria mondiale quale “«memoria» della natura stessa della Chiesa”: L’attenzione dell’uomo («ad ogni uomo senza eccezione alcuna», richiamava papa Giovanni Paolo II) nasce da questa «memoria» che si fa convinzione e professione quotidiana di fede. Ogni nostalgia per il passato od eccessiva proiezione nel futuro non facilitano il compito missionario della Chiesa, perché feriscono l’attualità della salvezza ed uno sguardo obiettivo e pieno di amore alla persona umana quale essa vive, nella concretezza di una storia che spesso è fatta di fallimenti e di ritardi ma che è l’unica nella quale è inserita. Ed è in questa prospettiva che la giornata missionaria ci fa rivivere la comunione dei santi, l’invisibile rapporto che lega ogni fedele agli altri fedeli e, in modo misterioso ma reale, ogni uomo al Cristo e, quindi, ad ogni uomo. Ogni aiuto morale ed economico trae qui la propria vitalità ed una reale giustificazione. Non appaia strano che alcune di queste verità di fede mi siano apparse ultimamente meno «astratte» negli incontri missionari di preghiera con i monasteri di clausura; a contatto con quella «sfida» all’immediata efficienza (di cui sono, purtroppo, vittima) il volto e l’esistenza di una folla innumerevole di fratelli sembra superare le categorie del tempo e dello spazio e farsi vicini525. Le altre religiose della diocesi da sempre erano coinvolte nell’attività missionaria in forme differenti a seconda dei tempi: animatrici della Giornata di preghiera e di sofferenza per il papa e per le missioni negli anni Trenta in quanto avevano case di cura ed erano presenti negli ospedali, collaboratrici nella Giornata missionaria mondiale, coinvolte nella Giornata per la Santa Infanzia avendo scuole materne ed elementari. Dal 1944 con il decreto Huic Sacro, la Congregazione di Propaganda Fide offrì anche alle religiose la possibilità di appartenere all’Unione missionaria del clero. Inoltre, con decreto del 28 ottobre 1956 l’Unione ricevette da Pio XII il titolo di «Pontificia» e quindi rinominata la «Pontificia Unione Missionaria del Clero, dei Religiosi e Religiose e 525 Franco Patruno, Domenica 21 ottobre: giornata missionaria mondiale. Ventiquattro ore da dedicare al mondo. Per rivolgere l’attenzione «ad ogni uomo senza alcuna eccezione», “la Voce di Ferrara”, 20 ottobre 1979, p. 1 (MM). 179 dei Laici Consacrati», più nota con la sigla P.U.M.526. Le suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret attivarono circoli di studio con la Lega missionaria studentesca presso il loro Istituto magistrale S. Vincenzo nel 1951527. Nell’Ufficio missionario degli anni Settanta esisteva un’incaricata delle religiose: una lettera di suor Luisa Antonia del 23 settembre 1971 invitava tutte le suore per un “quasi-ritiro a carattere missionario” il 2 ottobre presso l’Istituto S. Vincenzo di Piazza Ariostea in preparazione della Giornata di spiritualità missionaria del 3 ottobre, festa di S. Teresa del Bambin Gesù528. Né si può dimenticare che le varie congregazioni avevano proprie missionarie, alcune delle quali ferraresi: suor Renata Correggioli della Congregazione delle Suore di San Paolo era partita per Manila nel 1951; suor Maria Odilla Fabbri e suor Maria Fidente Cattani, delle Suore Orsoline Figlie di Maria Immacolata di Verona, erano in Uruguay, la prima dal 1965 e la seconda dal 1969; suor Iole Dalla Libera, della stessa congregazione era invece andata in Madagascar negli anni Sessanta. Rosalba Sangiorgi aveva studiato all’Istituto S. Orsola di Ferrara ed era entrata nell’Associazione Femminile Medico Missionaria nel 1962. Alcune religiose appartenevano a istituti o congregazioni non presenti nella diocesi di Ferrara: suor Agnese Valieri era comboniana ed era andata in Africa nel 1975; suor Francesca Cristofori apparteneva alla congregazione delle Suore Domenicane della Beata Imelda di Bologna e si trovava in Brasile dal 1946. Carla Ferrari era entrata in un Istituto missionario secolare, l’Istituto delle Ancelle dei poveri di Luknow ed era partita per l’India nel 1962. Durante l’episcopato di mons. Franceschi partì per le missioni in Centro Africa nel settembre 1978 suor Emma Luisa Ferrari, Suora della Carità dell’Istituto S. Vincenzo di Ferrara, collaboratrice del Centro missionario ferrarese da anni “con grande generosità”529. 526 http://www.ppoomm.va/index.php?mnu=opere&opera=PUM&lang=IT (30-5-17). 527 Lettera di padre Vincenzo Cardillo SI, Roma, 30 gennaio 1951; Lettera di don Alberto Dioli a padre Vincenzo Cardillo, Ferrara, 11 febbraio 1951; Lettera di suor Maria Chiara T. a don Dioli, senza data [ma verso giugno 1951] su carta intestata “Scuole private “San Vincenzo” dirette dalle Suore della Carità, Ferrara”; Lettera di don Alberto Dioli a padre Vincenzo Cardillo, 14 giugno 1951; Cartolina di padre Vincenzo Cardillo a don Alberto Dioli, Roma, 28 giugno 1951. Tali lettere, insieme ad altra documentazione non riguardante i circoli suddetti e a stampa della LMS, sono inserite in ACMDFe-Com, b. 3, Registro della Lega missionaria studenti 1963-1965. 528 ACMDFe-Com,b. 1, cart. 1971, Lettera dell’incaricata delle religiose suor Luisa Antonia indirizzata a “Reverenda Madre”, Ferrara, 23 settembre 1971, dattiloscritto ciclostilato. 529 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani, 180 L’Istituto San Vincenzo delle Suore della Carità di piazza Ariostea ospitò incontri del Centro missionario diocesano e fece da riferimento per i laboratori missionari, custodendo il materiale per confezionare i paramenti sacri e raccogliendo quanto confezionato, oppure documentari per l’animazione quaresimale. Poco dopo il trasferimento di Franceschi a Padova un’altra suora della Carità, suor Irenea Baraldi, che aveva svolto per anni “un efficace e umile servizio” nel Centro missionario, partiva missionaria nell’agosto 1982 per l’Argentina530. Le religiose furono subito coinvolte nel 1978 per attivare “laboratori” missionari al fine di confezionare paramenti per le missioni e continuò a essere loro proposta l’adesione alla P.U.M531. Si è conservata fra le carte del Centro missionario la relazione del lavoro di animazione missionaria delle religiose per l’anno 1978-79 della delegata nazionale delle religiose P.U.M., suor Giovina De Jacobis, insieme a una sua traccia sul Ruolo della religiosa nel Centro missionario diocesano532. Suor Giovina fu invitata a parlare alle religiose delle diocesi di Ferrara e di Comacchio da don Franco Patruno nell’aprile del 1980, con grande soddisfazione delle convenute, come scrisse in un biglietto di ringraziamento al direttore nazionale PP.OO.MM. il direttore diocesano di Ferrara: A nome del Centro missionario diocesano, delle suore della mia diocesi e di quella di Cornacchio, e mio personale La ringrazio vivamente di quanto la Delegata Nazionale delle Religiose, Suor Giovina De Jacobis, ha portato di spirito missionario a Ferrara. La sua preparazione e il suo Ferrara, 19 settembre 1978, dattiloscritto ciclostilato; b. 3, Caritas-Centro missionarioComitato ferrarese contro la fame nel mondo, Chiedere la pace. Testimonianze ferraresi nel Terzo mondo. Quaresima 1979, dattiloscritto ciclostilato, p. 7. 530 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai membri del Consiglio presbiterale, del Consiglio pastorale, dell’Azione Cattolica, di tutte le organizzazioni e movimenti della Consulta diocesana, Ferrara, 7 agosto 1982, dattiloscritto ciclostilato; Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani a tutte le religiose della diocesi di Ferrara, senza data [ma primavera 1982], copia dattiloscritta. 531 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1978, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai parroci, alle madri superiore e ai collaboratori missionari, copia dattiloscritta senza data [ma ottobre 1978]; Lettera circolare di don Alberto Campi e di Anna Ferrari per l’Ufficio missionario a tutti i sacerdoti e religiose della diocesi, dattiloscritto ciclostilato, senza data [ma fine 1978]. 532 ACMDFe-Com, b. 3, cart. POM, Cons. Miss. Regionale, Pontificia Unione Missionaria, Pontificia Infanzia Missionaria, Pontificia Opera di S. Pietro Apostolo, Unione Miss. Clero. 181 spirito ecclesiale rinnoverà certamente l’impegno missionario di tutte le religiose che l’hanno apprezzata con vero interesse. La ringrazio pure a nome del mio Arcivescovo Mons. Filippo Franceschi533. La collaborazione delle religiose fu dunque rilevante in ogni periodo dell’animazione missionaria della diocesi ferrarese, prima e dopo il concilio. La formazione del Centro missionario, che prevedeva inizialmente la presenza di almeno una religiosa comportò una partecipazione attiva delle suore alla comune pastorale missionaria diocesana534. 3.2.5. Una fucina di iniziative Durante l’episcopato di mons. Franceschi l’attività missionaria in diocesi fu dunque ridisegnata, pur essendo mantenuta la rilevanza della Giornata missionaria mondiale e del periodo quaresimale. Si consolidarono le iniziative del Natale povero, della quaresima penitenziale e caritativa, della giornata di digiuno e carità del Venerdì Santo, dell’ottobre missionario in preparazione della Giornata missionaria mondiale, la collaborazione tra diversi soggetti ecclesiali che si occupavano di missionarietà e di sviluppo, il rapporto con i missionari ferraresi, la suddivisione dei fondi tra i missionari ferraresi, la pubblicazione annuale dell’opuscolo con le testimonianze ferraresi nei paesi in via di sviluppo, il coinvolgimento delle scuole, delle parrocchie, dell’Azione Cattolica e delle istituzioni cittadine. Furono promossi, come già detto, i laboratori per confezionare paramenti per i missionari, sotto la guida di Anna Ferrari, sorella della missionaria in Etiopia Carla Ferrari535, e fiorirono nuove idee formative e informa533 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Lettera di don Franco Patruno a mons. Federici, direttore nazionale PP.OO.MM., Ferrara, 5 maggio 1980, copia dattiloscritta. 534 Il Centro missionario d Ferrara, Animazione e cooperazione universale, “la Voce di Ferrara”, 23 ottobre 1976, p. 1 (MM). 535 Quanto confezionato nei laboratori era destinato all’“Opera apostolica”, cfr. Lettera circolare di don Alberto Campi e di Anna Ferrari per l’Ufficio missionario a tutti i sacerdoti e religiose della diocesi, dattiloscritto ciclostilato, senza data [ma fine 1978]. Dal bilancio 1981-82 si apprende che i laboratori, sorti negli anni presso le parrocchie e sostenuti dalle religiose, destinavano i paramenti all’Opera apostolica S. Pietro e Paolo delle PP.OO.MM. I paramenti venivano consegnati al Centro missionario diocesano in occasione della Giornata missionaria mondiale e poi spediti a Roma al Centro Nazionale “per la distribuzione alle giovani chiese che li richiedono”, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Anno 1981-1982. L’attività continuò fino alla fine degli anni Novanta ed è rimasta una raccolta di lettere di ringraziamento di missionari non ferraresi che ricevettero quanto confezionato dal Centro missionario diocesano attraverso l’Opera apostolica, ACMDFe- 182 tive come l’esposizione delle immagini dei missionari in piazza Duomo in occasione della quaresimale Campagna contro la fame, oltre a proiezioni di film536 e mostre537, alla stampa di manifesti e volantini per le varie occasioni, alla distribuzione di salvadanai e adesivi nelle scuole. La raccolta dei fondi fu associata a iniziative di coinvolgimento personale nella penitenza e nella rinuncia piuttosto che ad attività come precedentemente la raccolta di carta e stracci o le mostre-mercato. Furono forniti programmi con articolazione dei contenuti per le varie occasioni e suggerimenti precisi per l’animazione missionaria nelle parrocchie e nelle scuole, nonché per attività pratiche di raccolta fondi538. L’Ufficio si era connotato in modo più deciso come realtà di animazione e formazione, secondo le linee chiarite nel già citato testo dell’aprile 1978539. Fu inoltre curata la comunicazione sul settimanale diocesano riguardo alle iniziative e all’esperienza dei missionari ferraresi540. Nel 1979 il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo si fece promotore e coordinatore delle iniziative per l’anno internazionale del fanciullo per sensibilizzare ed educare ai problemi dell’infanzia specialmente nei paCom, b. 4, fasc. Opera apostolica. Ringraziamenti dalle Missioni per i paramenti sacri, oggetti sacri e attrezzature sanitarie offerte alle Chiese povere dagli Istituti Religiosi di Ferrara. 536 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Ufficio missionario diocesano-Caritas, Iniziative quaresimali, senza data [ma febbraio 1978], copia dattiloscritta. 537 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Ufficio missionario diocesano-Caritas, Iniziative quaresimali, senza data [ma febbraio 1978], copia dattiloscritta; Lettera di don Franco Patruno e Gisa Trevisani al presidente dell’Ente Ferrarese Esposizioni e Rassegne E.F.E.R., Ferrara, 25 settembre 1979, copia dattiloscritta; ivi, Lettera di Gisa Trevisani alla E.F.E.R., Ferrara 21 dicembre 1979, copia dattiloscritta. 538 Riguardo a quest’ultimo punto si vedano, ad esempio, alcune proposte a fine 1978: “1) lanciare l’operazione “una giornata di ferie, invernali, per amore” 2) Vendita, per una settimana, all’efer grande, di un prodotto ferrarese, totalmente offerto dagli industriali, dagli agricoltori e dai commercianti (preparare questa magari per la Quaresima). I prodotti potrebbero essere: pane, riso, zucchero ecc…. 3) Distribuzione di una certa quantità di una strenna natalizia consistente in un volume documentario fotografico relativo a questo problema, intitolato “Qual è il colore della pelle di Dio?” 4) Offerta dell’equivalente di una cena, partecipando alla giornata di digiuno indetta dalla chiesa ferrarese alla vigilia di Natale”. Nello stesso tempo si lanciava un appello per sostenere le famiglie colpite dalla chiusura della fabbrica SEIM di Ruina, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo – Caritas diocesana, “…Ogni uomo è mio fratello”, dattiloscritto, ciclostilato, senza data, firmato da don Franco Patruno e Gisa Trevisani. 539 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Ufficio missionario diocesano, Il lavoro dell’U cio missionario: sintesi e proposte, copia dattiloscritta, senza data [ma aprile 1978] 540 Una ricca raccolta di articoli, anche se inevitabilmente non completa, in MM. 183 esi “sottosviluppati”, collaborando in particolare con l’Azione cattolica ragazzi e le scuole541, con grande successo di partecipazione. Alla liturgia di apertura dell’Anno erano intervenuti in cattedrale duemila ragazzi, che avevano offerto molto materiale scolastico per i paesi nei quali operavano i missionari ferraresi542. Dal 1979 era inoltre iniziata la collaborazione del Comitato con l’ACR, gli scouts, Ragazzi nuovi e C14, associazioni di base, la scuola e l’Unicef per la giornata della pace. L’apporto specifico che il Comitato intendeva dare era l’educazione al senso di fratellanza universale e di cooperazione internazionale tra i popoli e alla mondialità per favorire la partecipazione di ogni uomo alla costruzione della giustizia543. Nel 1980 fu lanciata l’“Operazione ragazzi per i popoli in via di sviluppo”. La proposta era partita a fine aprile dal Centro missionario che aveva chiesto agli insegnanti di religione delle scuole medie inferiori e superiori della città di segnalare i ragazzi sensibili al problema della giustizia nel mondo per alcuni incontri nel mese di maggio nella sede del Centro, in Via Montebello 8544. La risposta fu positiva e oltre 150 ragazzi di alcune scuole medie cittadine parteciparono ai due incontri del 22 maggio e del 2 giugno, con un coinvolgimento tale da far sentire l’esigenza di un terzo incontro il 26 giugno. Il Centro missionario fu entusiasta del risultato della nuova iniziativa, che dimostrava l’interesse nei ragazzi per le tematiche affrontate545. 541 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1979, varia documentazione. 542 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Intervento dattiloscritto post 28 gennaio 1979, non firmato. 543 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani al provveditore agli studi, ai presidi, professori delle scuole medie inferiori, ai direttori didattici, insegnanti delle scuole elementari, ai responsabili e agli educatori dei vari gruppi di base, scauts, ragazzi nuovi, agli educatori dell’Azione cattolica, all’U.C.I.M., ai responsabili e ai giovani dell’Unicef, Ferrara, 27 dicembre 1980. 544 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai professori di religione delle scuole medie inferiori e superiori della città, Ferrara, 28 aprile 1981, dattiloscritto ciclostilato. Fu anche inviata una lettera personale di invito ai ragazzi: ACMDFe-Com, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani, Ferrara, 8 maggio 1981, dattiloscritto ciclostilato. Cfr. inoltre il ringraziamento ai professori di religione delle scuole medie inferiori dopo il primo incontro, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Lettera circolare di don Franco Patruno, don Giorgio Caon, Gisa Trevisani ai professori di religione delle scuole medie inferiori di città, Ferrara, 20 maggio 1981. 545 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Centro Missionario Diocesano, «Operazione ragazzi per i popoli in via di sviluppo», ritaglio di giornale. 184 L’“Operazione” fu riproposta tra maggio e giugno 1981546. La relazione annuale 1980-81 del Centro missionario diocesano, ultimo anno di attività interamente con mons. Franceschi, rende conto dell’articolazione delle iniziative dell’organismo missionario ferrarese: - Rendiamo missionaria ogni nostra parrocchia, associazione, gruppo. - 7 agosto 1980: incontro con cinque missionari venuti a Ferrara per un periodo di riposo ed aggiornamento. - 23 ottobre 1980: Giornata Missionaria mondiale a servizio della chiesa universale. - il servizio missionario come atto di amicizia. Dare una mano a tutti i popoli. - Incontro di tutte le associazioni, parrocchie, gruppi per preparare l’Avvento missionario. - NATALE POVERO 1980: tema dominante: “Un senso nuovo per vivere il Natale in comunione con tutti gli uomini del mondo”. - NOVEMBRE 1980: invito a partecipare in modo concreto e profondo alla sofferenza di milioni di uomini che muoiono di fame, anche il giorno di Natale, giorno straricco per i ricchi e i benestanti. - Auguri dell’Arcivescovo ai missionari ferraresi - DICEMBRE 1980: Articolo dell’Arcivescovo alla stampa in occasione della giornata di preghiera e digiuno del 19 Dicembre. - GENNAIO 1980: Preparazione della Giornata della Pace, celebrata il 25 Gennaio, in collaborazione dell’Azione Cattolica Ragazzi. - FEBBRAIO 1981: Incontro con i genitori e i rappresentanti dei vari Istituti missionari dei missionari ferraresi - Articolo stampa: E’ la prima volta che questo incontro avviene a Ferrara. - Invito ai Sig. Vicari della diocesi. - QUARESIMA 1981: ANIMAZIONE. - Articolo stampa dell’Arcivescovo in preparazione della Giornata di preghiera e digiuno indetta per il 10 APRILE, Venerdì di Passione. 546 Documentazione in ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981. Non è chiaro invece se nella diocesi di Ferrara attecchì la proposta di un Movimento giovanile delle PP.OO.MM, che più volte fu auspicata negli anni Settanta dall’Ufficio missionario ferrarese, cfr. ACMDFe-Com, b. 3, cart. Inserire, Ufficio missionario diocesano, Fedeltà al passato, unità, universalità e rinnovamento, senza data [ma 1972], copia dattiloscritta. La nota distintiva rispetto ai gruppi di aiuto al Terzo mondo sarebbe stata l’evangelizzazione e la testimonianza cristiana, “cioè un discorso di fede, non semplicemente umanitario di aiuto ai poveri del terzo mondo” (ibidem). Inoltre, nella Bozza di programma 1979-1980 è scritto: “Movimento giovanile missionario – Corso di animazione missionaria: trovare temi, dai documenti pontifici missionari e soprattutto dall’Evangelii Nunnzianti [sic] – Trovare il responsabile diocesano giovanile”, ACMDFe-Com, b. 2. cart. 1980, Bozza di programma 1979-1980, p. 6. 185 Tema: “il mondo continua ad interpellarci sullo [sic] amore”. - Comunicato scuola. - Lettera del Provveditore a tutto il personale direttivo della scuola. - Auguri pasquale [sic] dell’Arcivescovo ai missionari ferraresi. - Auguri del Centro missionario diocesano ai genitori dei missionari ferraresi ed ai Superiori dei loro Istituti. - MAGGIO 1981: Operazione ragazzi scuole medie inferiori per i popoli in via di sviluppo. - Invito personale ai ragazzi. - Questionario e preghiere consegnati ai partecipanti. - Ringraziamenti ai Professori di religione. - Relazione stampa “operazione ragazzi….” - BILANCIO: offerte inviate alle Pontificie Opere Missionarie-Roma, per tutta la chiesa universale. - offerte inviate ai missionari ferraresi547. Il movimento di denaro dell’anno 1980-81 fu significativo: quasi 21 milioni inviati al Centro nazionale delle PP.OO.MM. ricavati dalla Giornata missionaria mondiale e dalla Giornata della Santa Infanzia, oltre 41 milioni derivati dalla Campagna contro la fame nel mondo, suddivisi tra i 17 missionari ferraresi, i poveri di Ferrara e i terremotati della Campania e della Basilicata. Inoltre erano stati consegnati all’Opera apostolica 25 camici, 50 scatoloni, 10 letti per ospedale e 10 cassette di Pronto Soccorso548. Il bilancio finanziario del 1976-77 aveva registrato entrate complessive pari a poco più di 27 milioni549. Nel 1981-82 la cifra aumentò ancora: quasi 28 milioni per le due Giornate e quasi 74 milioni per la Campagna contro la fame nel mondo, per un totale di lire 101.480.355550. La gestione di tali offerte era una responsabilità di non poco conto, anche se poi la suddivisione fra tanti faceva arrivare ad ogni destinatario una briciola, comunque apprezzata come dimostrano le lettere di ringraziamento dei missionari. Anche sull’uso del denaro si era riflettuto e si era ritenuto necessario chiarire, come testimonia la pagina introduttiva al bilancio 1977-78 del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo e Caritas diocesana: 547 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Centro Missionario – Caritas, Relazione annuale 19801981 del Centro missionario diocesano, dattiloscritto ciclostilato non datato, firmato da don Franco Patruno e Gisa Trevisani. 548 Centro Missionario-Caritas, Anno 1980-1981, dattiloscritto ciclostilato. 549 ACMDFe-Com, Centro missionario diocesano, Bilancio finanziario 1976-1977, dattiloscritto ciclostilato. 550 ACMDFe-Com, Centro missionario diocesano, Anno 1981-1982, dattiloscritto ciclostilato. 186 Un servizio per il Regno di Dio La ragione profonda che giustifica nella Chiesa l’uso del denaro è l’apostolato che, come ministero di riconciliazione, lo redime. Un criterio evangelico e pastorale dell’uso del denaro nella Chiesa è chiedersi innanzitutto quali siano il bene del regno e la volontà di Cristo, e spendere quanto è necessario. La Chiesa deve dare testimonianza chiedendo ai membri delle sue comunità, ricchi e poveri, quanto necessita per l’umanità più povera, fare giustizia e condividere i “beni della terra e del lavoro dell’uomo”. Solo così la Chiesa sarà lievito efficace di fratellanza e riconciliazione. La comunità cristiana, nei suoi concreti comportamenti, deve testimoniare che, al di sopra di qualsiasi risorsa materiale, mette tutta la sua fiducia nella forza della parola del Vangelo, nella carità e nell’impegno per la giustizia, nella povertà, nella preghiera e nella croce551. Da quando Gisa aveva iniziato a collaborare con l’Ufficio missionario diocesano, trent’anni prima, l’attività missionaria in diocesi era veramente cambiata e questa donna intraprendente e tenace ne era stata la protagonista più attiva. Alcune testimonianze scritte attestano il suo carattere deciso e la sua determinazione, come una “zirudéla” anonima probabilmente degli anni della direzione di don Dioli552, che in modo affettuosamente ironico definì Gisa “la gran capessa”553, o un’esclamazione di Anna Danzi, allora segretaria della Commissione nazionale dell’Unione zelatori e zelatrici delle PP.OO.MM.554, che nel 1956 la elogiò in una lettera: “Brava! Dovremmo avere una Gisa in ciascuna regione d’Italia”555. Ma ancor più convincenti sarebbero le testimonianze orali e i ricordi personali di molti o anche soltanto il tono della sua corrispondenza ufficiale e alcuni veloci appunti manoscritti, conservatisi qua e là nella docu551 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1978, Fascicolo con il bilancio 1977-78 e il programma 1978-79, p. VII. 552 ACMDFe-Com, b. 3, cart. Relazioni varie, appunti, ecc. La “zirudela”, scritta su fogli di quaderno a righe, è in una busta intestata a “Gent.ma sig.na Gisa Trevisani, Delegata “Missioni”, Via Arianuova 24, Ferrara”. 553 ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1969, Lettera di don Alberto Dioli all’Ufficio missionario diocesano, Kamituga, 19 novembre 1969, originale ms. 554 Un ricordo del prezioso e prolungato servizio di Anna Danzi nelle PP.OO.MM. in Borsa di studio Anna Danzi, “Comunità missionaria. Bollettino di collegamento delle Pontificie Opere Missionarie”, marzo-aprile 1975, p. 16. 555 ACMDFe-Com, b. 3, cart., Lettera di Anna Danzi a Gisa Trevisani, Roma, 5 maggio 1956, originale ms. 187 mentazione archivistica dell’Ufficio missionario di Ferrara. Accanto a Gisa al termine dell’episcopato di mons. Franceschi si ponevano molte altre persone, come si ricava dall’elenco dei membri del Centro missionario diocesano a metà 1981. Oltre al direttore, don Franco Patruno, e alla responsabile diocesana, appunto Gisa Trevisani, vi erano numerosi incaricati per i diversi “settori operativi”: per l’“Operazione Terzo mondo ragazzi” don Giorgio Caon, parroco di Zocca, don Alberto Campi, parroco di Fossalta, suor Teofila Bertuzzi del collegio S. Orsola e Maurizia Tieghi; per i “Giovani per il Terzo mondo” il gesuita padre John Caneparo e Massimo Minarelli; per l’Opera apostolica e laboratori missionari: Anna Ferrari. L’incaricata diocesana per le religiose era suor Maria Lamberta Marzi della scuola materna di San Giorgio; le incaricate per il settore culturale e stampa Franca Grandis ed Elisa Dall’Olio. Altri membri erano: suor Ildefonsa Pivetta delle Suore di San Paolo, Suor Fedele del collegio del Sacro Cuore, Maura Tamassia, Lina Turri, Raffaella Franchini, Giuliano e Letizia Grandini e Tina Carraro. In tutto venti persone556. Le microrealizzazioni ferraresi si erano moltiplicate e a metà 1981 comprendevano: ZAIRE: Due ospedali per handicappati: uno a Goma e uno a Kamituga ETIOPIA: Piccolo ospedale per handicappati e ambulatorio lebbrosario UGANDA: Un lebbrosario e una scuola materna BRASILE: Scuola materna; scuola professionale; ambulatori per pronta assistenza sanitaria INDONESIA: Scuola azienda agricola MADAGASCAR: Scuole di promozione della donna; scuole artigianali CENTRO AFRICA: Opere varie di promozione umana; scuola di artigianato MESSICO: Costruzione della chiesa557. Durante l’episcopato di Franceschi si concluse la lunga e impegnativa avventura dell’ospitalità a studenti stranieri. Gisa Trevisani scrisse più volte in modo accorato per cercare aiuti per l’opera558, ma il sostegno divenne sempre più oneroso e alla fine quasi insostenibile finché si decise la chiusura. 556 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Membri componenti il Centro Missionario Diocesano, in Centro Missionario Diocesano – Caritas, Anno 1980-81, dattiloscritto ciclostilato. 557 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1981, Le micro realizzazioni ferraresi nel “Terzo mondo”, in Centro Missionario Diocesano – Caritas, Anno 1980-81, dattiloscritto ciclostilato. 558 ACMDFe-Com, b. 2 cartelle 1975-1978. 188 Con l’apertura all’aiuto di tutti i missionari ferraresi, ormai una quindicina, non era più possibile proseguire nell’opera iniziata nel 1962, come scrive Gisa Trevisani in una lunga lettera a don Giovanni Nervo, allora direttore della Caritas italiana, nel gennaio del 1978, nella quale espone le ragioni che avevano portato alla decisione di non proseguire nell’accoglienza. A Gisa premevano in particolare le finalità dell’iniziativa: La continuazione dell’opera richiederebbe altre forme spiritualmente e tecnicamente competenti che collaborassero per realizzare l’autentico scopo: quello cioè di non mirare soltanto alla formazione di uomini che possono recare un decisivo contributo ai loro paesi in vista della completa esplicazione di tutte le risorse di cui sono attualmente e potenzialmente dotati, ma prima di tutto diventare scambio di doni materiali e spirituali fra gli individui e fra i popoli, su un piano di universale reciprocità559. Nel bilancio dell’anno 1979-80 compare il contributo per “l’ultimo anno di uno studente straniero”560. Nel 1978 si interrompono anche gli aiuti dell’Ufficio missionario a don Dioli, in quanto sostenuto dal gruppo degli amici561. Una relazione di don Franco Patruno, probabilmente del 1983, ripercorre il cammino fatto in un ventennio dal Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, sezione dell’Ufficio missionario. Vi si ritrovano le linee di crescita della sua attività, sempre più intrecciata all’opera dei missionari ferraresi: COMITATO FERRARESE CONTRO LA FAME NEL MONDO: un po’ di storia. Non è una commemorazione, ma una serie di ricordi. Quando entrai nel Centro Missionario era un gran movimentato agire: s’intenda: non agire senza “supporto”, perché le riflessioni si moltiplicavano e i freschi apporti conciliari facevano da sfondo e da 559 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1978, Lettera di Gisa Trevisani a don Giovanni Nervo, Ferrara, 21 gennaio 1978, copia dattiloscritta. 560 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1980, Centro missionario diocesano, Bilancio economico 1979-80 in favore dei paesi in via di sviluppo, c. [16r]. 561 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1978, Ufficio missionario diocesano. Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Un servizio per il Regno di Dio, Campagna “1978”. Sulla storia del gruppo “Amici di Kamituga”, sorto informalmente dopo la sua partenza tra gli amici delle parrocchie di Mizzana e del Barco e un gruppo di “Rinascita cristiana” e costituitosi ufficialmente come associazione nel 1985, cfr. Don Dioli. Fidei donum, pp. 15-17, oltre ai racconti delle diverse testimonianze raccolte nel volume. 189 motivazione; un “agire” che era consequenziale ad uno spirito e che cercava di coinvolgere più persone possibili sia nel campo ecclesiale che “laico”. Il “Comitato contro la fame nel mondo” era nato nel ‘63 come diramazione del Centro Missionario, nell’intento di provocare una più diretta partecipazione della cittadinanza ai fatti emergenti del “Terzo mondo”. La problematica, grazie soprattutto al movimento di missionari in Italia, si faceva particolarmente viva ed emblematicamente incarnava urgenze e aspirazioni ad uscire da una concezione troppo “eurocentrica” della storia per aprirsi alle dimensioni della mondialità. Vi era anche un sostanziale ottimismo di fondo ed un entusiasmo tutt’altro che superficiale: motivazioni ecclesiali e sociologiche, oggi attentamente studiate, nutrivano aspirazioni a più fecondi scambi religiosi e culturali tra paesi, a superare l’ottica del puro “dare” per aprirsi a quella del “ricevere”, cioè alla legge della sussidiarietà. I gravi problemi della fame e del sottosviluppo investivano la sensibilità della società e del “boom” economico, allora chiamata, un po’ enfaticamente, “opulenta”. Il Comitato di Ferrara promosse diverse iniziative che non mancarono di suscitare interesse nella cittadinanza: le microrealizzazioni. Il loro scopo dichiaratamente educativo e propedeutico ad una precisa azione sociale, nulla toglieva all’incisività di una presenza, all’evidenziazione di “microprogetti” che, in qualche modo, parzialmente cooperavano ai più immediati ed urgenti fatti di fame e di sanità. Fu con Padre Marneffe, padre bianco, francese, che operava a Wiaga nel Ghana (la segnalazione era venuta dal medico ferrarese dott. De Sario), che il Comitato cominciò a sperimentare un più diretto intervento nei paesi in via di sviluppo. Padre Marneffe, ora purtroppo scomparso, venne più volte a Ferrara per documentare dell’Ospedale costruito dalla nostra città in quella zona e si incontrò con il Consiglio Pastorale della diocesi come pure con espressioni di tutto il territorio ferrarese. Fu affrontato anche il problema degli studenti stranieri (che nel CUAM di Padova aveva trovato un felice tentativo di risposta): diocesi e cittadinanza istituirono otto borse di studio per studenti in medicina segnalati dai Vescovi del luogo, e che, a causa del numero chiuso dell’Università locale, non potevano proseguire gli studi. La generosità dell’Ordine di don Calabria (“Città del Ragazzo” e “Casa buoni fanciulli”) diedero al Comitato la possibilità di laureare dieci studenti stranieri con i quali si era stabilito un clima di vera fraternità. La chiusura (dovuta a cause vocazionali e ad imprevedibili problemi economici) della casa non diede più la possibilità di un lavoro continuativo e non assicurò la possibilità di una efficace assistenza. La Città del ragazzo sarà sempre il punto di riferimento per molti casi gravi. Il problema oggi rimane in tutta la sua urgenza: in questa breve storia 190 l’aver solo ricordato il tentativo di soluzione del Comitato può stimolare ad una ripresa del dialogo tra quelle realtà caritative che nell’ambito della Diocesi e della città sono sollecite a questa problematica. La microrealizzazione di Don Dioli a Kamituga fu iniziata dal Comitato il quale coordinò non poche iniziative nelle famose “Campagne contro la fame nel mondo” sino a coinvolgere gruppi di artisti per donare le loro opere; ed esporle nell’atrio della Camera di Commercio. Intorno agli anni ‘70 ci fu una buona partecipazione giovanile: il ‘68 aveva suscitato non pochi entusiasmi nei confronti dei paesi emarginati ed un gruppo particolarmente consistente di giovani incominciò ad approfondire il significato del sottosviluppo; né uscì un libro: “Geografia della fame” (di Marco Artioli e Giorgio Tassinari) che fu distribuito a tutte le Parrocchie e a tutte le Scuole562. Ma intanto nuovi problemi incalzavano sia nella sensibilità missionaria che nella problematica “terzomondista”; la Chiesa invitava ad una più stretta collaborazione con tutti i missionari nativi della Diocesi: nacque la “scoperta” di molti religiosi, sacerdoti e laici che di fatto operavano da anni nelle cosidette [sic] “terre di missione” arrivati, nell’82 a 20. Due religiose del Centro Missionario (Suor Emma e Suor Irenea) partiranno, a distanza di anni, per l’Africa e l’America Latina. Questo rapporto con i missionari ferraresi si farà sempre più stretto negli anni a venire, annualmente documentato da un libretto durante il periodo quaresimale. L’appartenenza alla terra ferrarese ha facilitato la partecipazione non solo di chi condivide la fede cristiana, ma anche di tutti coloro che sono sensibili ai problemi del volontariato, della fame nel mondo e della promozione umana. Incontri con i genitori e i superiori dei missionari ferraresi hanno accresciuto il clima di fraternità e di reciproca comprensione. Se la sussidiarietà va vissuta, allora gli interscambi devono crescere e coinvolgere in un modo nuovo anche le scuole: da qui l’iniziativa di promuovere due movimenti missionari nella scuola Media inferiore e superiore; gli esiti ci sembrano positivi, in quanto gli studenti vengono introdotti nei vasti problemi dell’educazione alla mondialità e possono portare all’interno della scuola un nuovo spirito ed una nuova sensibilità. Le giornate di digiuno proposte nell’Avvento e nella Quaresima hanno sempre avuto il senso di abilitare a nuove capacità di rinuncia: l’antica prassi della Chiesa veniva riscoperta come propedeutica ad un personale impegno nei confronti dei fratelli più poveri e più disagiati: rinunciare a qualche cosa non è “scaricarsi la coscienza” ma assumere una nuova dimensione del condividere. Il Comitato contro la fame nel mondo intende continuare la sua opera di sensibilizzazione: ricordare alcuni momenti di 562 Don Franco Patruno si riferisce probabilmente al già citato Tassinari - Artioli, Ferrara per un mondo nuovo. 191 quello che ormai è già un passato può essere occasione per un rinnovato impegno. L’attenzione alle situazioni che cambiano suppone itinerari di ricerca sempre nuovi: per fare questo occorre la collaborazione di tutti. Franco Patruno563 Il testo si concludeva, dunque, con l’invito alla “collaborazione di tutti” per vivere “itinerari di ricerca sempre nuovi” di fronte ai cambiamenti in atto, evidenziando gli auspici del Comitato agli inizi del nuovo episcopato di mons. Maverna564. 563 ACMDFe-Com, b. 3, cart. Inserire, Franco Patruno, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo: un po’ di storia, dattiloscritto ciclostilato. Il contenuto fa supporre che si tratti di un testo scritto per i venti anni del Comitato, anche se la data del 1963 non è corretta, in quanto il primo Comitato risale al 1965, come sopra si è documentato. 564 ACMDFe-Com, b. 3, cart. Inserire, Franco Patruno, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo: un po’ di storia, dattiloscritto ciclostilato. 192 4. L : 1982-1997 4.1. La città L’episcopato di mons. Franceschi fu segnato in ambito missionario da una progettazione ecclesiale di ampio respiro, animata dai testi e dallo spirito del concilio Vaticano II. L’Ufficio e il Centro missionari vi contribuirono con entusiasmo e dedizione, con una crescita significativa in termini di collaborazioni, di reti relazionali, di coinvolgimento delle realtà missionarie della diocesi, di riflessione teologica e spirituale, di passione per la comunione ecclesiale. Ma furono pochi anni, nemmeno sei, e quel grande disegno e sogno di comunione non riuscì a compiersi includendo l’ambito missionario, nonostante la straripante attività del Centro missionario diocesano e del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo. A mons. Franceschi succedette mons. Luigi Maverna, già segretario della CEI. Nel corso del suo episcopato, durato fino al settembre 1995, alla direzione dell’Ufficio e del Centro missionario vi furono don Franco Patruno fino al 1985, don Giuseppe Crepaldi dal 1985 al 1993 e don Settimo Tartagni dal 1993 al 1996. Durante questi anni l’Ufficio e il Centro missionari furono in piena attività, ma il progetto ecclesiale organico prospettato durante l’episcopato Franceschi pare sfumare: l’arcivescovo Luigi Maverna intraprende il percorso del sinodo mentre in ambito missionario si afferma la frammentazione delle iniziative. L’Ufficio e il Centro missionari riprendono e rafforzano il rapporto con la città, ma sembra non realizzarsi l’aggancio profondo con la diocesi. Il lavoro dell’Ufficio e del Centro missionari di Ferrara negli anni Ottanta e Novanta va colto non solo nel contesto diocesano ma anche alla luce dello sviluppo della teologia della missione, della strutturazione istituzionale dell’ambito missionario italiano e degli interventi della CEI in merito. Riguardo alla teologia della missione, come sostiene Gianni Colzani, il Vaticano II e il periodo seguente avevano imposto due importanti convinzioni: il passaggio della missione come compito della Chiesa per 193 gli altri alla missionarietà come dimensione posta nel cuore stesso della vita della comunità e la riscoperta della Chiesa particolare565. La riflessione teologica in ordine alla missione aveva compiuto passi significativi negli ultimi decenni, ben sintetizzati da Giacomo Canobbio nel 1997. Innanzitutto la missione è legata all’instaurazione del Regno di Dio: - La missione trova la sua fonte nelle «missioni» divine, costitutive di un’economia salvifica che sta sia all’origine della Chiesa sia a fondamento del mandato di Gesù Signore ai suoi di rendere discepoli tutti i popoli. - La ragione della missione non sta primariamente nell’offrire la possibilità di salvezza a tutti, tantomeno nella costituzione della Chiesa in tutti i luoghi; sta piuttosto nella costitutiva partecipazione della Chiesa all’instaurazione del Regno di Dio. - Il contenuto della missione è ricavabile dall’immagine di Regno di Dio che Gesù ha proposto e che può essere tradotta con «umanità compiuta». Elementi costitutivi della missione sono pertanto una prassi tesa a rendere possibile tale umanità e un annuncio teso a giustificare e interpretare la prassi come voluta dal Dio di Gesù566. Inoltre la missione si compie tenendo conto dell’azione di Dio nella storia: - La missione non si realizza nell’assenza totale dell’azione di Dio; si attua piuttosto in rapporto alla presenza di Dio all’umanità mediante il suo Spirito, sicché nella sua prassi e nel suo annuncio la Chiesa, mossa dallo Spirito, incontra e porta a pienezza il frutto dì una previa azione di Dio, - Nella realizzazione della sua missione la Chiesa deve quindi scrutare i segni della presenza di Dio e deve volgersi ai gruppi umani usando il loro linguaggio nella consapevolezza che in ogni lingua è possibile e necessario proclamare che Gesù è Signore. - Nei confronti delle altre tradizioni religiose i cristiani e le Chiese non solo devono essere tolleranti; devono piuttosto riconoscervi forme diverse di esperienza autentica del Dio di Gesù Cristo, il quale mediante il suo Spirito conduce gli esseri umani a incontrarsi con lui per avere la vita. Il dialogo con gli aderenti ad altre fedi è pertanto il modo di attuare la missione in vista dell’avvento del Regno di Dio567. “Il dialogo”, prosegue Canobbio, “suppone tuttavia la coscienza della verità apparsa in Gesù di Nazareth e non è sostitutivo dell’annuncio del 565 Colzani, La teologia della missione, p. 237. 566 Giacomo Canobbio, La teologia della missione dal Vaticano II ad oggi, “Ad Gentes”, 1 (1997), 2, pp. 133-173: 169-170. 567 Ibidem. 194 Vangelo”568. E aggiunge il pensiero teologico maturato su chi attua la missione: - Il soggetto della missione è la Chiesa in ogni forma di realizzazione, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria; nessuna forma di attuazione della Chiesa funge da sostituto dì un’altra: la missione non può essere delegata. - All’interno della Chiesa ogni membro è chiamato, secondo la sua particolare condizione vitale, a contribuire per la sua parte alla realizzazione della missione. - Tra le varie forme di vocazione sta quella che la tradizione ha denominato «missionaria». Compito di coloro che l’hanno ricevuta è tenere desto visibilmente l’impulso che lo Spirito imprime alla Chiesa verso un’apertura universale per realizzare la sua cattolicità e per rendere noto a tutti i popoli che in Cristo Dio si è impegnato a costruire un’umanità riconciliata nell’amore569. La rivista “Ad gentes”, dalla quale sono tratti i bilanci di Colzani e Canobbio, nacque proprio a fine anni Novanta, nel 1997, per iniziativa della Conferenza degli Istituti esclusivamente missionari presenti in Italia (CIMI), al fine di creare un legame tra i missionari e la chiesa italiana non solo riguardo alla cooperazione fattiva, ma anche circa lo scambio sul piano della teologia, della spiritualità e dell’antropologia570. Riguardo alle istituzioni deputate alla missione ad gentes i mutamenti furono a livello sia della chiesa universale con la ristrutturazione della Curia (Pastor bonus del 1988), che precisava i compiti della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, sia della chiesa italiana, nella quale la Conferenza episcopale italiana, oltre agli organismi già consolidati e citati, istituiva il CUM (Centro Unitario per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese) nel 1988, che riassumeva le sigle di enti precedenti come il CEIAL o il CEIAS571. La Conferenza episcopale italiana, inoltre, aveva emanato alcuni testi importanti sull’attività missionaria. Dopo i primi documenti degli anni Settanta già citati, la Commissione Episcopale per la cooperazione tra le Chie568 Ibidem. 569 Ibidem. 570 Venanzio Milani, Un dialogo teologico e spirituale, “Ad gentes”, 1, 1997, 1, pp. 1-2. 571 Missio-Organismo pastorale della CEI, Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese, Vademecum, pp. 137-145, 149-154. CEIAL: inizialmente Seminario, poi Centro Ecclesiale Italiano per l’America Latina; CEIAS: Centro Ecclesiale Italiano per l’Asia e l’Africa. 195 se emanava: La cooperazione missionaria della Chiesa che è in Italia (21 gennaio 1975); Il coordinamento delle attività di cooperazione missionaria (30 marzo 1978); L’impegno missionario della Chiesa italiana (25 marzo 1982), primo “Direttorio” per l’impegno missionario della Chiesa italiana a 25 anni dell’enciclica Fidei donum; L’impegno missionario dei sacerdoti diocesani italiani, Nota pastorale sul servizio missionario dei sacerdoti diocesani italiani in Africa e America Latina sempre nello stesso anniversario (21 aprile 1982); Sacerdoti in missione nelle Chiese sorelle, Nota pastorale sulla valutazione del servizio missionario promosso dalla Fidei donum (2 giugno 1984); Gli istituti missionari nel dinamismo della Chiesa italiana, Nota pastorale (10 febbraio 1987); I laici nella missione “ad gentes” e nella cooperazione tra i popoli, Nota pastorale (25 gennaio 1990). Uscivano inoltre i documenti della CEI Comunione e comunità missionaria (22 giugno 1986); Evangelizzazione e testimonianza della carità (8 dicembre 1990); Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo il Convegno di Palermo (26 maggio 1996), che iscrivevano l’azione della chiesa italiana nell’orizzonte della missione universale572. Fondamentale e ricco fu poi il magistero pontificio e della chiesa universale: Evangelii Nuntiandi, Esortazione Apostolica di Paolo VI, sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo (08-12-1975); Postquam Apostoli, Nota direttiva della Congregazione per il Clero (25-03-1980); Slavorum Apostoli, Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II (02-06-1985); Redemptoris Missio, Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II, sulla permanente validità del mandato missionario (07-12-1990); Il Dialogo e l’Annuncio, Istruzione del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (19-05-1991); Tertio Millennio Adveniente, Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II in preparazione del Giubileo del 2000 (10-11-1994); Ecclesia in Africa. Esortazione Apostolica post-sinodale (14-09-1995); Cooperatio Missionalis, Istruzione della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli sulla cooperazione missionaria (01-10-1998); Ecclesia in America, Esortazione Apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II (22-01-1999); Ecclesia in Asia, Esortazione Apostolica post-sinodale (06-11-1999)573. Intenso era stato intanto il dibattito sugli istituti missionari e sulla loro specificità nel nuovo orizzonte di una chiesa interamente missionaria, della centralità della chiesa locale e della missione come cooperazione tra le chiese. 572 Si veda http://www.centromissionario.diocesipadova.it/magistero-dei-vescovi/ (16-5-17). 573 Missio-Organismo pastorale della CEI, Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese, Vademecum, p. 158. 196 Sotto il profilo istituzionale furono istituiti la CIMI (Conferenza degli Istituti esclusivamente Missionari in Italia) nel 1987, ma sulla base di una lunga collaborazione che aveva visto la nascita di un’Editrice Missionaria Italiana (EMI) nel 1973, della FESMI (Federazione della Stampa Missionaria Italiana) nel 1975, di un Servizio missionario (SERMIS) nel 1984, e, ancor prima, del SUAM (Segretariato Unitario per l’Animazione Missionaria) nel 1971574. Negli anni Novanta, inoltre, la chiesa italiana organizzò i primi convegni missionari nazionali: il primo a Verona nei giorni 12-15 settembre 1990575 e il secondo a Bellaria dal 10 al 13 settembre 1998, sul tema Il fuoco della missione. La missio ad Gentes interpella la chiesa che è in Italia. L’episcopato di mons. Maverna (1982-1995) fu denso di eventi e di fermento ecclesiale: tra il 1986 e il 1987 si attuò l’unione delle diocesi di Ferrara e di Comacchio, nei giorni 22-23 settembre 1990 ci fu la visita di Giovanni Paolo II a Ferrara, tra il 1985 e il 1992 si svolse il sinodo interdiocesano nelle tre fasi parrocchiale, vicariale e diocesana576, al quale seguirono i piani pastorali e la promulgazione del Direttorio pastorale del sinodo (1995). Numerosi i convegni ecclesiali: su Cattolici in dialogo e comunità degli uomini (1984), Servire il territorio (1985), Chiesa e comunità degli uomini: quale società? (1986), Famiglia e territorio (1994). Nel 1985 venne aperto a Casa Cini un Istituto di cultura diocesano e nel 1986 nacque l’Istituto per le Scienze religiose. Nel frattempo mons. Maverna compiva due visite pastorali e avviava un progetto di pastorale giovanile. Né è da trascurare l’applicazione della legge 20 maggio 1985, n. 222, come conseguenza del nuovo concordato del 1983, con l’estinzione dei benefici ecclesiastici. Un breve profilo di don Ivano Casaroli coglie l’opera di mons. Maverna per radicare il concilio nella diocesi di Ferrara-Comacchio: Un vescovo che ha dunque l’età del Concilio e che del Concilio è interprete fedele e, prima ancora, fedele ascoltatore. Il primato della Parola di Dio, la centralità della vita Liturgica e sacramentale, la comune missione di evangelizzazione, la comunione tra i ministeri per l’edificazione del Corpo di Cristo, costituiscono come altrettanti capitoli della sua 574 Missio-Organismo pastorale della CEI, Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese, Vademecum, pp. 149-154. Al tema La missione delle Chiese locali e gli Istituti missionari è stato dedicato un numero della rivista “Ad Gentes”, 12 (2008), 2. 575 Vi partecipò don Giuseppe Crepaldi, direttore dell’Ufficio missionario, cfr. Giuseppe Crepaldi, Consacrati al vangelo, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 6 ottobre 1990 (MM) 576 Sul sinodo dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio è in corso uno studio di Nicola Martucci. 197 attività episcopale, anche in mezzo a noi. Lo stesso Sinodo diocesano incentrato su Parola, Liturgia, Sacramenti e Carità ha l’architettura, sobria ed essenziale, del Vaticano II: una architettura che il vescovo ha continuamente proposto e costantemente richiamato prima, durante e dopo gli anni di lavoro sinodale. Parola, Liturgia e Carità sono per la Chiesa e per i protagonisti della sua presenza: al laicato in particolare l’Arcivescovo ha sempre guardato con passione, attenzione, rispetto e attesa. Divenuto vescovo durante il Concilio, Mons. Maverna ha gustato con intima soddisfazione il magistero di Paolo VI - il Papa che ha sentito più vicino alla sua sensibilità spirituale, apostolica e culturale - innestato poi con il magistero di Giovanni Paolo Il che ha avuto la gioia di accogliere a Ferrara e Comacchio nel settembre del 1990, nel pieno della celebrazione del Sinodo diocesano577. In tale contesto operarono l’Ufficio e il Centro missionari negli anni Ottanta e fino alla metà degli anni Novanta. Il passaggio al nuovo vescovo fu vissuto con un po’ di trepidazione, come si coglie dalle lettere del Centro missionario ai missionari ferraresi. Scrivono don Franco Patruno e Gisa Trevisani nella Pasqua 1982: Carissimi, come forse già sapete, per averlo appreso dalla “Voce di Ferrara”, il nostro Arcivescovo, Mons. Filippo Franceschi, è stato trasferito a Padova. Stiamo ora aspettando il nuovo Arcivescovo. Mentre preghiamo il Signore che voglia continuare a rendere sempre più fecondo il nuovo ministero di Mons. Franceschi al quale tutti noi siamo molto riconoscenti per l’aiuto incondizionato che ha dato alle missioni diocesane, auspichiamo che il nuovo Arcivescovo accetti le nostre iniziative e le renda sempre più capaci di amore universale per la nostra chiesa e per il mondo, sopratutto [sic] verso quel mondo che tanto soffre nella miseria, nell’oppressione e nella sofferenza578. Poco più di due mesi dopo il sospiro di sollievo: Abbiamo già avuto un incontro con il nuovo Arcivescovo; riteniamo sia missionario anche questo. Ha promesso di scrivere a tutti voi personalmente. Mons. Franceschi, poi, è diventato il Presidente della CEI per la 577 Ivano Casaroli, Maverna: un Vescovo con l’età del Concilio, “La Voce di FerraraComacchio”, 19 settembre 1995 (MM) 578 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai missionari ferraresi, Pasqua 1982, copia dattiloscritta. 198 cooperazione delle chiese, un nuovo nostro superiore. Potete scrivergli, così, con più diritto579. L’impianto delle attività dell’Ufficio e del Centro missionario era ormai consolidato, ma ben presto si intensificò il rapporto con la città e le sue istituzioni secondo lo stile che aveva animato il primo Comitato contro la fame nell’ormai lontano 1965. In occasione del Natale 1982 iniziò, infatti, la consuetudine della marcia per le vie cittadine promossa dal Comitato ferrarese contro la fame nel mondo con la collaborazione dell’Amministrazione comunale. Si trattò di un “cammino silenzioso di preghiera e penitenza”580 a conclusione di una giornata di solidarietà svoltasi il 17 dicembre, con partenza dal monastero di Santa Chiara in Corso Giovecca e arrivo in cattedrale, dove l’arcivescovo ricevette i partecipanti con una liturgia della Parola sul significato della giornata, raccogliendo l’equivalente del digiuno di quella sera a beneficio dei missionari ferraresi. Ci si proponeva inoltre di chiedere ai giovani delle scuole medie superiori di fare volantinaggio l’intera giornata581. Si intendeva così offrire la possibilità a tutti i parroci della città “di essere presenti con un numero di loro parrocchiani più numeroso possibile”. Ai vicariati non cittadini si proponeva una celebrazione eucaristica pomeridiana nella quale consegnare la propria offerta582. L’Amministrazione comunale aveva autorizzato a collocare sotto l’albero di Natale in piazza Cattedrale un grande salvadanaio, mettendo sull’albero bandierine dei paesi in via di sviluppo al posto delle palline colorate. L’intento era quello di coinvolgere anche i non praticanti, perché potessero unirsi a “questo gesto di solidarietà universale”583. 579 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Lettera circolare di Gisa Trevisani ai missionari ferraresi, Ferrara, 24 giugno 1982, copia dattiloscritta. 580 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, copia dattiloscritta del volantino; ivi anche la copia dattiloscritta dei manifesti. 581 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Lettera di don Franco Patruno e Gisa Trevisani al provveditore agli studi di Ferrara, non datata, con oggetto: Natale 1982: iniziative a favore del “terzo mondo”, copia dattiloscritta; Lettera di Gisa Trevisani all’arcivescovo mons. Maverna, Ferrara, 11 novembre 1982, copia dattiloscritta, e altra documentazione ivi. 582 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai missionari ferraresi, Natale 1982, dattiloscritto ciclostilato. 583 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai missionari ferraresi, Natale 1982, dattiloscritto ciclostilato. Dopo la marcia Gisa Trevisani scrisse una lettera di ringraziamento e di intenti al sindaco e all’assessore Divisione Sport, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Lettera di Gisa Trevisani al sindaco di Ferrara e all’assessore Divisione Sport, Ferrara 22 dicembre 1982, copia dattiloscritta. 199 Negli anni successivi il “cammino di penitenza” divenne stabile, arricchendosi di iniziative e diventando per la città un segno vivente di un legame con i missionari ferraresi, di solidarietà e di mondialità. Nel 1983 furono previsti “cartelli illustrativi” accanto al salvadanaio, l’invio di un articolo al “Resto del Carlino” e di un comunicato a Telestense, e la collaborazione degli studenti di scuola media superiore per il volantinaggio in piazza Cattedrale, sperando anche nella disponibilità dei giovani e giovanissimi dell’Azione Cattolica584. La marcia non fu riproposta per il Natale di condivisione con i più poveri del 1984: si ritenne che non fosse stata capita e si optò invece per collocare un salvadanaio negli enti pubblici e nelle banche585. Fu collocato anche il salvadanaio “costruito per opera della Amministrazione di Ferrara”586 in piazza accanto all’albero di Natale e a fianco del salvadanaio furono messi “tre grandi manifesti” a illustrazione del motto “Contro la fame cambia la vita”587. Furono coinvolte le scuole, come negli anni precedenti, e per una settimana, dal 16 al 22 dicembre padre Giovanni Tebaldi avrebbe parlato nelle scuole medie superiori. Il 18 dicembre fu organizzata una tavola rotonda sul tema Contro la fame cambia la vita. Testimonianze ferraresi, con padre Tebaldi, il sindaco Roberto Soffritti e Paolo Siconolfi, consigliere regionale DC, coordinata da don Franco Patruno e trasmessa da TV Antenna Uno588. 584 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Centro missionario diocesano, Un Natale povero per chi muore di fame, Ferrara, 26 novembre 1983, dattiloscritto ciclostilato; Lettera di Gisa Trevisani al sindaco, al comandante dei vigili urbani, al questore, Ferrara, 16 novembre 1983, copia dattiloscritta, e altra documentazione ivi. 585 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Lettera circolare del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Ferrara, 15 novembre 1984. Le modalità per il Natale del 1984 erano state discusse in un incontro del 7 novembre 1984 al quale avevano partecipato il vicario generale, dirigenti della scuola, alcuni sacerdoti, l’Azione Cattolica, il movimento giovanile e studentesco dell’AC oltre ad altri invitati. Si poneva come oggetto di discussione la domanda: “Quale proposta per un segno di solidarietà cittadina?” e si notava che il salvadanaio in piazza non era risultato “efficace” e che il cammino di speranza non era stato “capito”, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Centro missionario diocesano, Sezione Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Uno stile alternativo di vita, Ferrara, 7 novembre 1984. 586 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Lettera di don Franco Patruno e Gisa Trevisani al questore di Ferrara, Ferrara, 1 dicembre 1984, copia dattiloscritta. 587 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Lettera di don Franco Patruno e di Gisa Trevisani a mons. Guidoboni, arciprete della cattedrale, 24 novembre 1984. 588 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Lavoro preparato per il Natale povero, 1 dicembre 1984, copia dattiloscritta, e altra documentazione ivi. 200 Nel 1984 la seconda fase della Campagna contro la fame fu spostata al periodo successivo alla Pasqua, tra il 29 aprile e il 20 maggio589. Fu considerata la ventesima Campagna e fu articolata in tre iniziative: il 17 maggio cammino di speranza promosso dai giovani di Ferrara e tavola rotonda sul tema Contro la fame cambia la vita nella sala Boldini, il 19 maggio giornata di preghiera e di digiuno con la consegna dell’equivalente di una cena; il 31 maggio concerto di Stefano Bottoni e della sua orchestra alla Sala Estense590. Le sale Boldini ed Estense furono concesse dall’Amministrazione comunale591. Lo slogan Contro la fame cambia la vita era stato lanciato nel dicembre 1982 insieme al Comitato ecclesiale per la Campagna contro la fame592. Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo era in piena sintonia con un’impostazione che metteva al centro il mutamento degli stili di vita chiedendo alle persone un cambiamento di mentalità. I responsabili della Campagna, infatti, avevano scritto al sindaco, ai presidenti o direttori di enti e di banche, al provveditore agli studi, ai presidi, direttori didattici e insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado e a tutti i 589 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Lettera circolare del Centro missionario diocesano all’arcivescovo, ai parroci, alle religiose, ai responsabili di AC e Movimenti, agli offerenti, 29 aprile 1984. Forse era già avvenuta l’assegnazione della Quaresima alla Caritas: ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1992, Gisa Trevisani per il Centro missionario diocesano, testo per il sinodo, Ferrara, 26 agosto 1992: “Il Comitato promuoveva due Giornate Diocesane e cittadine di preghiera, digiuno e solidarietà; una nel tempo dell’Avvento e l’altra in Quaresima. Alla venuta dell’Arcivescovo Mons. Maverna, in un incontro con il Centro Missionario Diocesano, si stabilì: il periodo dell’Avvento al Comitato ferrarese contro la fame nel mondo e la Quaresima alla Caritas”. 590 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Centro missionario diocesano, sezione Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, XX Campagna ferrarese contro la fame nel mondo, copia dattiloscritta di un volantino. 591 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Lettera di Gisa Trevisani al sindaco di Ferrara, Ferrara, 3 maggio 1984, copia dattiloscritta; Lettera di Gisa Trevisani al sindaco di Ferrara, 5 maggio 1984, copia dattiloscritta. 592 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1984, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani, Ferrara, 26 ottobre 1984, dattiloscritto ciclostilato. Al Comitato ecclesiale per la Campagna contro la fame avevano aderito gli Uffici nazionali della CEI per la Cooperazione missionaria fra le Chiese, per i Problemi sociali e del lavoro, per la Pastorale scolastica, per le Comunicazioni sociali, la Caritas, il Centro ecclesiale italiano per l’America Latina (C.E.I.A.L.), la Conferenza Istituti missionari in Italia (C.I.M.I.), la Commissione italiana “Giustizia e Pace”, la Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario (FOCSIV), Mani Tese, il P.I.M.E. di Milano, le PP.OO.MM., Comitato ecclesiale per la Campagna contro la fame nel mondo, Contro la fame cambia la vita. Sussidio-guida per la campagna ecclesiale contro la fame nel mondo, Bologna, EMI, 1985. 201 collaboratori una lettera di ringraziamento per la giornata di solidarietà nel periodo natalizio del 1984, nella quale sottolineavano che tutti siamo consapevoli ormai che non bastano più né gli aiuti economici, che ci vogliono, né solo scaricare le responsabilità al Governo e ai grandi della terra, ma bisogna creare un altro modello di vita, di civiltà, che ci porti ad essere veramente fratelli con i poveri593. A sostegno della Campagna del 1985 il Comitato preparò una traccia articolata sui nuovi stili di vita proponendo la necessità di una “conversione del cuore e della volontà” come “essenziale per la costruzione di un mondo più umano”594. I suggerimenti erano molti: per le parrocchie, chiamate a preparare le famiglie alla mondialità; per la scuola, invitata a modificare i programmi di geografia secondo un’ottica mondiale, a creare biblioteche scolastiche con documentazione sul “terzo mondo”, a “programmare un’educazione alla mondialità sin dalle scuole materne”, ad avere insegnanti preparati sui temi dello sviluppo; per le famiglie, con invito a ridurre gli sprechi, a mutare i consumi alimentari, a boicottare i prodotti delle multinazionali, a partecipare in modo concreto a raggiungere un sistema economico “più giusto ed equilibrato”, ad aprirsi ai “veri poveri ed oppressi nel mondo”. I missionari erano indicati come i “destinatari più autentici ed immediati della giusta distribuzione degli aiuti”, in quanto “la loro azione è continua, silenziosa, efficace; la loro vita è una condivisione di situazioni di fame e di sottosviluppo; il loro sostegno è il Vangelo, la Parola la sola che ha il potere di cambiare i cuori”. Infine ci si chiedeva “Come arrivare a sensibilizzare i vari luoghi di lavoro? il mondo dei campi, degli impiegati, dei bancari, degli Enti pubblici, degli industriali ecc…?”, con quella tensione a raggiungere tutti che era propria dell’Ufficio missionario ferrarese da decenni e che aveva improntato la sua azione. A ciò si aggiungeva l’“esigenza di unione, collaborazione, coordinamento fra le varie associazioni” 595. Erano gli anni in cui nascevano in Italia il movimento Beati i costruttori di pace (primo appello nel 1985)596, il Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano (PI) = il Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano (PI) 593 ACMDFe-Com, b. 2 cart. 1985, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani al sindaco, ai presidenti o direttori di enti e di banche al provveditore agli studi, ai presidi, direttori didattici e insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado e a tutti i collaboratori, Ferrara, 10 gennaio 1985, dattiloscritto ciclostilato. 594 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Oggetto: Alcune tracce per condurre la “Campagna ferrarese contro la fame nel mondo 1985”, copia dattiloscritta. 595 Ibidem. 596 Cfr. http://www.beati.eu/ (14-7-17). 202 (1985)597 e il progetto sui nuovi stili di vita. Il Comitato ferrarese si trovava in sintonia con la storia e, pur sottolineando sempre la propria ispirazione cristiana, operava in fattiva collaborazione con l’intero mondo cittadino ormai da vent’anni. La marcia silenziosa fu ripresa nel 1985, con partenza dalla chiesa di Santo Spirito, intitolata “Cammino di speranza”, guidata da tre missionari come “testimoni oculari della fame nel mondo”598. Vi presero parte “alcune centinaia di ferraresi” e nei ringraziamenti l’accento andò ai giovani nell’Anno internazionale della Gioventù599. Come nel passato fu posto in piazza cattedrale un “capiente contenitore costruito dall’Amministrazione Comunale” e a fianco “foto-documentari” delle opere e delle persone dei missionari ferraresi600. In quell’anno nella documentazione sono nominati per la prima volta gli obiettori di coscienza. Nel 1985 fu forse raggiunto l’apice della collaborazione con la città perché il Consiglio comunale approvò all’unanimità il 19 dicembre un ordine del giorno nel quale, oltre ad aderire “alla “marcia di Natale” per la vita organizzata dai Parlamentari per le iniziative contro la fame (par.i.fa.), Food and Disarmement International e l’Associazione Vita e Disarmo”, condivideva e sosteneva in particolare l’iniziativa “Contro la fame cambia la vita” che si sarebbe tenuta nel giorno successivo a Ferrara. Il Consiglio comunale aveva inoltre deciso di devolvere al Comitato ferrarese contro la fame nel mondo il gettone di presenza della seduta601. Il Centro missionario fu sorretto in quegli anni dal grande sogno di “una città aperta alla mondialità”, come recita il titolo della tavola rotonda del 27 maggio 1986, alla quale parteciparono padre Giacomo Girardi del PIME di Milano, il sindaco Roberto Soffritti, il provveditore Giuseppe Inzerillo e don Franco Patruno602. 597 Cfr. http://www.cnms.it/ (14-7-17). 598 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Lettera circolare di don Giuseppe Crepaldi e Gisa Trevisani ai presidi, insegnanti, direttori didattici delle scuole di Ferrara, Ferrara, 11 novembre 1985, dattiloscritto ciclostilato. 599 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Oggetto: Relazione – Natale con i più poveri del mondo – Tempo forte per la spiritualità missionaria anche nella nostra diocesi. 600 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Natale 1985 – Ancora fame e sofferenza nel mondo – Il senso della “Campagna ferrarese contro la fame nel mondo”, copia dattiloscritta. 601 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Lettera di Roberto Soffritti a Gisa Trevisani, Ferrara, 30 dicembre 1985, dattiloscritta; estratto del verbale della seduta del Consiglio comunale del 19 dicembre 1985; Lettera di Gisa Trevisani al sindaco di Ferrara, Ferrara, 3 gennaio 1986, copia dattiloscritta. 602 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1986, Lettera circolare di Massimo Minarelli, Gisa Trevisani 203 Gisa, e con lei il Comitato, era inarrestabile e chiedeva ancora: nel luglio 1986 scrisse al sindaco di Ferrara una lunga lettera nella quale riconosceva che l’amministrazione comunale era sempre stata “sensibile” alle Campagne di sensibilizzazione e richiamava la proposta del sindaco durante la tavola rotonda del 27 maggio per una collaborazione con il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo “per accrescere la potenzialità di una educazione effettiva alla mondialità sia sul piano delle conoscenze culturali che su quello dei contenuti materiali”. E, dopo aver ricordato la difficile situazione dei paesi nei quali operavano i missionari ferraresi, concludeva: Il Comitato ritiene che una collaborazione più consistente con la S.V. e l’Amministrazione Comunale, come con i vari Enti e Banche ferraresi stimoli maggiormente ogni cittadino a partecipare in proprio e in società a realizzare il motto adottato da qualche anno dal Comitato stesso: “Contro la fame cambia la vita”. Concretamente Sig. Sindaco Le chiediamo di continuare ad aiutarci a sostenere le spese di animazione e se fosse possibile sottoporre all’Amministrazione un piano di contributi da inviare direttamente, secondo le richieste, ad ogni missionario603. Il cammino silenzioso durante la Campagna contro la fame, che si arricchì prima delle fiaccole poi di un’animazione con gli interventi di missionari ferraresi e di autorità civili e religiose al termine della marcia in piazza Cattedrale, dove furono posti giganteschi pannelli con le immagini dei missionari ferraresi, fu mantenuto dal Comitato fino al 2016. Nel tempo vi avevano aderito anche sindaci di diversi comuni della provincia di Ferrara, che vi partecipavano con i loro gonfaloni604. Negli anni Ottanta restarono anche gli stretti rapporti con le scuole, si tennero incontri informativi e formativi per i ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori e corsi di formazione missionaria, si promosse la partecipazione degli studenti a tutte le attività della Campagna contro la fame. Per qualche tempo si intensificarono le attività in gennaio per la pace, soprattutto in collaborazione con l’ACR. e don Giuseppe Crepaldi a padre Giacomo Girardi del PIME di Milano, il sindaco Roberto Soffritti, il provveditore Giuseppe Inzerillo e don Franco Patruno, Ferrara, 12 aprile 1986, dattiloscritto ciclostilato. 603 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1986, Lettera di Gisa Trevisani al sindaco di Ferrara, Roberto Soffritti, Ferrra, 28 luglio 1986, dattiloscritto fotocopia. 604 Si veda la dettagliata descrizione della marcia del 20 dicembre 1991, ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1992, Gisa Trevisani, 32a Campagna ferrarese contro la fame nel mondo. Relazione: Natale con i più poveri del mondo, Ferrara, 30 dicembre 1991. 204 Nel 1985 venne inaugurata alla sala EFER in città una “Mostra documentativa sulla fame nel mondo e sulle opere di promozione umana di 20 testimonianze ferraresi” e anche questa volta l’invito fu rivolto alle autorità religiose e civili e numerose furono le visite delle scolaresche, con la presenza di oltre 1500 studenti605. Nel marzo 1988 fu tenuto un seminario di studi per insegnanti sull’educazione alla mondialità organizzato dalla Commissione scuola del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo606 in collaborazione con Ferrara Terzo mondo e con la consulenza di padre Domenico Milani del CEM di Parma607. Indicativa della complessa attività del Comitato può essere la relazione delle iniziative attuate nell’anno 1986-87: INIZIATIVE “CAMPAGNA CONTRO LA FAME NEL MONDO, 1987” NATALE POVERO: 19 DICEMBRE 1986 : Giornata di preghiera e di solidarietà cittadina: - in Cattedrale concelebrazione Eucaristica preceduta da S. Ecc. l’Arcivescovo, - “Cammino di speranza”: hanno partecipato alcune centinaia di persone 605 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani all’arcivescovo, al prefetto, al sindaco, al provveditore agli studi, al presidente della Camera di Commercio Industria e Artigianato e alle altre autorità religiose e civili, Ferrara, 22 maggio 1985, dattiloscritto ciclostilato; Centro missionario diocesano e sezione Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Ottobre 1984-ottobre 1985, p. 12, e altra documentazione ivi. Soddisfazione per il lavoro svolto nelle scuole è espressa in una lettera del gennaio 1988, nella quale si informa pure che nell’anno precedente erano state raggiunte “anche tutte le scuole della diocesi di Comacchio”, ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1988, Lettera di Gisa Trevisani e don Giuseppe Crepaldi a provveditore degli studi, presidi, direttori didattici, insegnanti e alunni delle scuole di ogni ordine e grado di Ferrara e provincia, Ferrara, 30 gennaio 1988. 606 Si tratta della prima attestazione di una Commissione scuola nel Comitato. Si è conservato un elenco dattiloscritto dei “nominati della Commissione”, con aggiunte a mano. In tutto venti componenti, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1987, Lettera di Gisa Trevisani al vicario generale, al provveditore agli studi e ai componenti la Commissione scuola del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Ferrara, 26 agosto 1987, dattiloscritto, fotocopia con correzioni successive. Se ne dà l’elenco: Mario Canella, Franco Fortini, Chiara Ferraresi, Maria Chiara Lega, Daniela Meneguzzi, Paola Forlani, Gabriella Pozzato, Sergio Namari, Maura Tamassia, Adriana Ferretti, Rosa Rita Minelli, Fiorella Bondesan, Luisa Poletti. Sono aggiunti a mano: Cinzia Rossi, III mondo, Maria Rosa Bolzoni, missionaria, don Ricci, Anna Sansonetti, Andrea Zucchini, Maurizia Perini, Daniela. 607 Si è conservata la documentazione relativa all’iniziativa in ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1987, compreso il Manifesto Cem. Storia, obiettivi, contenuti, struttura e strumenti, a stampa; e in ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1988, dove si trovano tre lettere di insegnanti che parteciparono al seminario con parere positivo e suggerimenti. 205 sopratutto [sic] giovani, - in Piazza Cattedrale è stato posto, per tre giorni, un salvadanaio preparato dall’Amministrazione Comunale, una tenda salvadanaio allestita dagli Scauts, un apparecchio televideo che ha trasmesso varie cassette per l’animazione sulla piazza. Hanno collaborato per tutto questo lavoro gli scauts, alcuni obiettori di coscienza, l’A.C.R., il Movimento studenti A.C., alcuni studenti stranieri della Caritas ed i membri del Centro Missionario Diocesano. Si sono avvicendate per il volantinaggio, nei pomeriggi, alcune classi delle scuole medie inferiori e superiori. - il 19 DICEMBRE, prima della concelebrazione Eucaristica hanno parlato in Piazza Cattedrale: l’Assessore Comunale Dott. Mandini, in rappresentanza del Sindaco, Padre Giuseppe Arrigoni, Saveriano, e Suor Irenea Baraldi, missionaria ferrarese in Argentina. - nelle scuole sono stati distribuiti oltre 30.000 biglietti augurali natalizi in cambio dell’offerta degli studenti, - negli Enti Pubblici e nelle Banche della Città sono stati posti dei salvadanai per la raccolta di offerte fra il pubblico, . - sono stati redatti 3.000 opuscoli relativi alle testimonianze ferraresi nel “terzo mondo”. ANIMAZIONE NELLE SCUOLE: 11 Aprile: è stato effettuato un incontro sul problema della fame e del sottosviluppo nell’Istituto ITIP con gli studenti del 1° biennio organizzato dal Prof. Crociani. Hanno parlato il prof. Franco Fortini e la dott. Maria Rosa Bolzoni, missionaria in Etiopia. - Dal 4 all’8 Maggio si è effettuata una settimana sul problema dell’educazione alla mondialità nelle scuole medie inf. e sup. della città. Hanno partecipato gli alunni degli Istit: Ginnasio - liceo sperimentale con quattro classi, Istit. Tecnico per geometri “Aleotti” con undici classi, Istit. Tecnico Prov.(V. Roversella) con sette classi, scuola media L. da Vinci con quattro classi, scuola media G. Boldini al completo. Hanno svolto i temi relativi le Missionarie: Dott. Pia Reggi dell’Ass. Medico-Missionaria che ha prestato servizio in India e nello Zimbawe, Dott. Maria Rosa Bolzoni dell’Istit. Ancelle dei poveri, responsabile della missione in Etiopia, Kambatta, dove attualmente si trova la miss. ferrarese C. Ferrari. Questa settimana è stata appoggiata dal Distretto scolastico cittadino. ANIMAZIONE NELLE PARROCCHIE: Durante il mese di Maggio sono stati tenuti incontri parrocchiali in preparazione della seconda giornata di preghiera e digiuno che si è 206 effettuata il 20 GIUGNO u.s. In giugno, in Cattedrale, hanno concelebrato un missionario saveriano e Padre Pier Maria Mazzola missionario ferrarese in Mozambico, attualmente a casa per un periodo di riposo. E’ stata effettuata una notte di Adorazione Eucaristica nella Chiesa di San Carlo, Corso Giovecca. Molti sono stati i gruppi di giovani che si sono avvicendati durante tutta la notte. Anche parecchi adulti hanno partecipato alla veglia di preghiera. ALTRE COMUNICAZIONI: Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo si è riunito una volta al mese con quasi sempre la totalità dei suoi membri. La stampa che ha seguito il nostro lavoro è stata la “Voce di Ferrara” e il “Resto del Carlino”608. Il bilancio dell’anno 1987-88 delinea un profilo limpido dell’azione del Comitato e del suo intreccio con la città: Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, che è un’espressione viva del Centro missionario, orienta la sua presenza più incisiva nell’ambito civile della città e del mondo della scuola. Riscuote simpatia e corrispondenza per l’intenso lavoro che svolge nei confronti dei problemi della fame nei tre quarti dell’umanità. Gli aiuti concreti vanno inviati per sostenere le opere dei missionari ferraresi. Lodevole il contributo dell’Amministrazione Comunale di Ferrara e di un gruppo di vigili urbani. Impossibile qui sarebbe descrivere la generosità dei tanti privati e di enti pubblici. La presenza dei missionari ferraresi su vaste aree del mondo permette con la città di Ferrara uno scambio interessante di cultura, problemi sociali e condivisione di vita609. L’accenno ai vigili urbani richiama il loro impegno sia in occasione dei “cammini di speranza” della Campagna per la tutela dell’ordine pubblico sia per il generoso sostegno economico attuato da un gruppo di loro a favore della missione di Carla Ferrari destinando una quota del proprio stipendio mensile610. 608 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1987, Centro missionario diocesano, Relazione pastorale e finanziaria per l’anno settembre 1986-settembre 1987, pp. 10-11. 609 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1988, Centro missionario diocesano, Il contributo di FerraraComacchio alle Missioni Estere. Resoconto pastorale e finanziario. Anno 1987-88. 610 Elisa Zamorani Dall’Olio, Il dovere morale di agire, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 9 luglio 1988, p. 3. AMCDFe, b. 4, fasc. 1988, Corpo Polizia Municipale – Ferrara, Fondo di solidarietà alle Missioni Ferraresi che operano nei Paesi del Terzo Mondo, 207 Nel luglio 1989, a conclusione della Campagna contro la fame fu mons. Giulio Zerbini, vicario generale, a esprimere l’incontro fra chiesa e città: In queste manifestazioni una Chiesa e una città si ritrovano nella comune riflessione intorno ai fatti più dolorosi, umilianti e, direi, inammissibili, come sottosviluppo, malattia e fame. Ci si trova anche nella comune celebrazione dei valori di responsabilità, solidarietà e mondialità che sono i presupposti per ogni impegno e tentativo di soluzione e che soli riscattano indifferenze, compromissioni e colpevoli assenze di individui e istituzioni a ogni livello. Chiesa e città si trovano infine nella comune e pubblica manifestazione della riconoscenza verso quegli uomini e quelle donne che nell’impresa di dare una risposta e trovare soluzioni pagano di persona e la fanno da protagonisti. Chiesa e città sono altresì riconoscenti alle istituzioni, alle organizzazioni e al popolo silenzioso che non si limitano a farsi rappresentare da loro, ma si sono fatti coinvolgere nella condivisione e nella collaborazione611. 4.2. Il sinodo Il Centro missionario, grazie a una costante formazione, aveva acquisito chiara consapevolezza dei mutamenti avvenuti nella missione. Un testo preparato per l’incontro con i familiari dei missionari ferraresi del 10 marzo 1985612 illustra in modo organico la questione. Il titolo è Evangelizzare oggi Bilancio al 15 novembre 1988. 611 Comitato ferrarese contro la fame nel mondo. L’intervento del vicario generale mons. Giulio Zerbini. Chiesa e città insieme per la solidarietà, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 22 luglio 1989, p. 9 (MM); sull’evento cfr. Tra noi le radici della fame, “la Voce di FerraraComacchio”, 22 luglio 1989, p. 9 (MM). Nella già citata lettera del 30 gennaio 1988 si scriveva: “Possiamo senz’altro affermare che in questi ultimi anni l’interesse dell’opinione pubblica sulla cooperazione allo sviluppo è cresciuta, a Ferrara, in termini di quantità e qualità”, ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1988, Lettera di Gisa Trevisani e don Giuseppe Crepaldi a provveditore degli studi, presidi, direttori didattici, insegnanti e alunni delle scuole di ogni ordine e grado di Ferrara e provincia, Ferrara, 30 gennaio 1988. 612 L’incontro si tenne presso l’Istituto San Vincenzo in piazza Ariostea e prevedeva, come ormai di consuetudine, la sera un incontro con i vicari della diocesi, il vicario generale mons. Zerbini e il direttore regionale delle PP.OO.MM. “per una verifica sul problema missionario della diocesi”, ACMDFe-Com, Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani all’arcivescovo, al vicario generale, ai vicari o loro rappresentanti, alle superiore delle case religiose, ai responsabili dell’AC e movimenti vari, ai superiori degli istituti ai quali appartengono i missionari ferraresi o loro rappresentanti, Ferrara, 7 febbraio 1985, dattiloscritto ciclostilato; Lettera circolare di don Franco Patruno e Gisa Trevisani ai genitori e ai familiari dei nostri missionari, Ferrara, 7 febbraio 1985, dattiloscritto ciclostilato. 208 e inizia affermando che “le nuove dimensioni teologiche e pastorali della Missione oggi devono aiutarci a rinnovare la vitalità e le caratteristiche del nostro impegno missionario come chiesa locale ferrarese”. La riflessione si articolava in tre parti: il nuovo concetto di missione, le conseguenze per i missionari e l’impegno derivante per la chiesa ferrarese: Tre punti per la nostra riflessione 1. Quando parliamo di “Missioni” a che cosa esattamente ci riferiamo? In questi ultimi 30 anni il concetto di “Missione” ha avuto una evoluzione enorme, che è stata percepita solo in parte da numerosi sacerdoti, religiosi, religiose e collaboratori pastorali che da molti anni continuano a parlare delle Missioni pur senza essere sempre in grado di coglierne bene il pensiero e lo spirito. Di qui la confusione nelle idee e nelle attività che spesso non risultano né intelligenti, né opportune o adeguate ai tempi che corrono. Vediamo le tappe dell’evoluzione del concetto missionario in quest’epoca nostra a partire dall’Enciclica Fidei Donum (1957) fino ai documenti più recenti. Come le chiese locali vanno scoprendo sempre maggiormente la loro dimensione missionaria in relazione al nuovo tipo di ecclesiologia frutto dell’esperienza e dello Spirito. 2. In questi ultimi 30 anni, gli stessi missionari sul campo del loro lavoro si sono visti obbligati a cambiare repentinamente attitudini, metodi e iniziative che in altri tempi sembravano immutabili. Le polemiche tra promozione umana, preevangelizzazione e sviluppo integrale hanno messo in crisi - per un tempo - persino la loro identità. Sotto la pressione delle situazioni nuove, ai missionari adesso si chiede di essere disposti a rinunciare a molte realizzazioni troppo trionfalistiche e personali, lasciandosi guidare piuttosto da un atteggiamento di servizio, ascolto, dialogo e dipendenza dalle chiese locali che hanno bisogno di crescere. E’ l’atteggiamento di Giovanni Battista: “Occorre che Lui cresca e io diminuisca”. Adesso si tende a parlare più di evangelizzazione delle culture, meno di macrorealizzazioni, di sicurezze poste nei mezzi e nelle strutture. Si preferisce un tipo di lavoro dove siano più evidenti i valori cristiani della preghiera, della vita comunitaria, della povertà e della insicurezza evangelica. 3. Questa nuova maniera di interpretare la Missione ha delle implicazioni molto precise per la nostra chiesa ferrarese, perché ci obbliga a rivedere il nostro impegno missionario nel tentativo di ricercarne insieme le responsabilità e le caratteristiche più coerenti e opportune. Il nuovo nome della Missione oggi è “Comunione”, e si riferisce molto di più a una intesa tra persone che a uno scambio di cose. Significa: stare insieme, accettandosi e collaborando mutuamente in un clima di 209 sincera stima e rispetto, per la mutua edificazione e l’efficacia nell’azione apostolica. “Che tutti siano una cosa sola io in te e tu in me, affinché il mondo creda” Gv. 17,21613. Il testo passava poi in rassegna le svolte nel magistero sulla missione: la Fidei donum di Pio XII, con la quale sarebbe iniziata la “rivoluzione dei concetti”, il concilio Vaticano II con l’affermazione che “la Chiesa è essenzialmente missionaria”, tutta intera “inviata al mondo, senza mai più pretendere di vivere in funzione di se stessa né in funzione di una sola parte dell’umanità. Tutta essa è aperta a tutti i continenti, responsabile della salvezza di tutti gli uomini”614, e infine la Evangelii nuntiandi nella quale furono affrontati quattro temi ritenuti nuovi: la cultura, la liberazione, la religiosità popolare e le comunità ecclesiali di base. Secondo il testo proposto alla riflessione dal Centro missionario diocesano, il valore dell’enciclica di Paolo VI, frutto del sinodo del 1974, ritenuto il “più missionario”, stava “nell’aver colto il desiderio di un maggior dinamismo evangelizzatore che si manifestava in tutta la chiesa a tal punto da fare di questo dinamismo la base, la cornice e la finalità di ogni attività ecclesiale”615. Nella parte dedicata alle nuove situazioni della missione si ricordava il calo percentuale dei cristiani sul totale dell’umanità, la fine dell’eurocentrismo, lo spostamento della maggioranza dei cristiani nelle chiese di Asia, America latina e Africa. Alla missione si imponeva, dunque, un nuovo stile, facendola nascere dal dialogo, dall’ecumenismo e dall’inculturazione616. Si poneva poi la domanda: “Che cosa comporta per noi, qui, aiutare le comunità cristiane del “Terzo mondo”?” e la risposta ribaltava le posizioni tradizionali: ora erano le chiese giovani a “dare lezioni di vita e di fede”, mettendo in primo piano la Parola di Dio, la vita comunitaria e i più poveri e coinvolgendo i laici nella vita parrocchiale, secondo la diversità dei doni e dei ministeri. In tal modo le giovani chiese potevano “fare giovani le nostre comunità parrocchiali”617. Da ultimo si ricordavano caratteristiche e impegni del Centro missionario diocesano di Ferrara. I compiti erano sintetizzati in due: “comunione e collaborazione tra le forze missionarie presenti ed operanti in diocesi; strumento a 613 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Centro missionario diocesano, Evangelizzare oggi, 10 marzo 1985, dattiloscritto ciclostilato, pp. 1-2. 614 Ivi, p. 2. 615 Ibidem. 616 Ivi, pp. 3-4. 617 Ivi, p. 4. 210 disposizione del Vescovo per una pastorale missionaria unitaria e globale”618. Il Centro si poneva l’obiettivo di “inserire la dimensione missionaria nella pastorale, allo scopo di superare il parallelismo” e di animare le parrocchie in tutta la diocesi, avendo assegnato ogni vicariato “alla responsabilità di un membro del Centro Missionario Diocesano per visite alle parrocchie”619. Le “attenzioni prevalenti” del Centro erano molteplici: - ai piani pastorali della diocesi, per inserirvi la dimensione missionaria; - alla promozione di tutte le vocazioni missionarie; - a tutti i missionari originari della diocesi al momento della partenza (celebrazione dell’invio), durante il loro servizio (gesti di collegamento), al loro rientro (valorizzazione delle loro esperienze); - al ruolo delle PP.OO.MM.; - alle esperienze delle giovani Chiese, per mutuarne le ricchezze ivi contenute; - continuazione del Corso di cultura missionaria per i ragazzi delle scuole medie inferiori; - incontri pubblici con gli studenti delle scuole medie superiori620. Nel bilancio dell’anno 1984-85 il Centro missionario definiva la propria scelta per lo stile dell’incarnazione: Il Centro missionario diocesano, attento al messaggio uscito dalla Chiesa italiana a Loreto, condivide le preoccupazioni messe in luce sulle mutate sfide all’evangelizzazione causate dalle crisi sociali, culturali e religiose anche delle nostre diocesi. Di qui la scelta, da parte del Centro, di una nuova “missionarietà d’incarnazione”: non più la pastorale difensiva di una chiesa preoccupata soprattutto di proteggere, ma la pastorale creativa e coraggiosa di una chiesa che esce per andare a cercare i lontani, per dialogare con loro, per accompagnarsi ad essi lungo le loro stesse strade. Da qualche anno il Centro missionario diocesano cammina su questa strada di una nuova missionarietà che non ha più la prospettiva di una pura tradizione sociale, ma la preoccupazione di assicurare una nuova presenza di chiesa. E tale presenza ha un inconfondibile stile evangelico; come Cristo, anche la Chiesa è nel mondo, è per il mondo, ma non del mondo621. 618 Ivi, p. 5. 619 Ivi, p. 5. 620 Ibidem. 621 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Centro missionario diocesano e sezione Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Ottobre 1984-ottobre 1985, p. 12. 211 Una preoccupazione si affaccia tuttavia tra le righe del bilancio 198485. Dopo aver chiarito la propria scelta di operare una riconciliazione con i più poveri, secondo le indicazioni del convegno di Loreto del 1985, mediante la Campagna Contro la fame cambia la vita, il Centro missionario specificava come campo operativo i venti missionari ferraresi ed esprimeva un auspicio: Il Centro Missionario Diocesano si augura che fra gli altri gruppi, associazioni, Caritas, che operano per il “terzo mondo” non siano dimenticate queste microrealizzazioni per altre non diocesane e si arrivi presto a un’armoniosa intesa di lavoro che sola, testimonia la Carità ecclesiale622. La lezione di mons. Franceschi e la sua passione ecclesiale erano ancora vive nel Centro missionario. Il metodo di lavoro del Centro missionario continuò negli anni Ottanta ad essere il coinvolgimento costante di tutte le parti interessate, con incontri di programmazione e di discussione di tutte le iniziative. Un esempio, riguardante la preparazione del Natale povero del 1985: fu inviata una lettera circolare all’arcivescovo, al vicario generale, al vicario di città, ai responsabili diocesani dei quattro rami dell’AC, al responsabile della Caritas, al responsabile degli obiettori di coscienza, al responsabile della Consulta diocesana, al responsabile dell’U.S.M.I., al responsabile della Consulta della Scuola con oggetto “Insieme per preparare l’iniziativa del “natale povero” del seguente tenore: In preparazione al “natale di condivisione con i poveri” già ampiamente discusso in varie sedi pastorali, riteniamo opportuno indire un incontro con i responsabili in indirizzo, per verificare i particolari dell’organizzazione e per rendere sempre più ampia la partecipazione. L’incontro è fissato presso l’Istituto “S. Vincenzo” di Piazza Ariostea, mercoledì 30 Ottobre, alle ore 18. Certamente dalla presenza delle SS.LL. o di un loro rappresentante dipenderà l’esito dell’iniziativa stessa623. In particolare, va sottolineato che venivano sempre resi partecipi di ogni attività i vicari della diocesi perché potessero adeguare le iniziative 622 Ivi, p. 13. 623 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Lettera circolare di don Giuseppe Crepaldi e Gisa Trevisani ai destinatari citati nel testo, Ferrara, 23 ottobre 1985. Sugli esiti dell’incontro cfr. ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Lettera circolare di don Giuseppe Crepaldi e Gisa Trevisani all’arcivescovo, al vicario generale, a tutti i vicari e parroci, alle comunità religiose, ai responsabili dell’A.C. e Movimenti, ai presidi e ai direttori didattici delle scuole di ogni ordine e grado, Ferrara, 2 novembre 1985, dattiloscritto ciclostilato. 212 proposte alla realtà del loro vicariato e che furono promossi anche incontri vicariali624. Lo spirito di collaborazione e il desiderio di un coinvolgimento generale nell’attività missionaria caratterizza il programma per il 1985-86, il primo anno interamente affidato a mons. Giuseppe Crepaldi, parroco di Masi Torello dal 1981, che aveva sostituito agli inizi del 1985 don Franco Patruno incaricato dell’Istituto di cultura diocesano di Casa Cini625. Il programma era stato presentato e discusso al convegno dei gruppi missionari tenutosi il 9 ottobre 1986: Il Centro Missionario Diocesano nell’offrire il resoconto dell’attività svolta dall’Ottobre 1985 all’Ottobre 1986 e nel presentare la programmazione per il prossimo anno, si mette in stretta collaborazione con tutti i Sacerdoti, religiosi e religiose, responsabili di commissioni e movimenti vari, con gli operatori vari, i singoli consigli parrocchiali e con tutti i fedeli sensibili alla propagazione della fede per vivere insieme la «tensione evangelizzatrice» e la «cooperazione tra tutte le Chiese». In particolare il C.M.D., in armonia con i Parroci, intende favorire un’attività missionaria nelle singole comunità attraverso responsabili locali, in stretta collaborazione con il C.M.D. stesso; dovranno essere persone di larga disponibilità e di sentita coscienza ecclesiale. All’interno dei consigli pastorali parrocchiali e dell’attività pastorale di insieme dovranno riservare un posto di privilegio al problema missionario. Inoltre, il Centro estenderà l’invito a tutti i gruppi di cooperazione missionaria per trovare un punto di incontro, di confronto e di dialogo. Orienteremo la nostra animazione missionaria in diversi settori: - formazione spirituale - formazione culturale - formazione operativa - di rapporto con i missionari ferraresi. 1) FORMAZIONE AD UNO SPIRITO MISSIONARIO. a) Sollecitiamo la preghiera quale mezzo primario voluto dal Signore per l’Avvento del Suo Regno. Si realizzi a livello personale, di gruppo, di parrocchia, di diocesi: Messe missionarie mensili, Rosario missionario, ore di adorazione, tesorizzare l’apostolato della preghiera attraverso i foglietti mensili. In particolare per la città verranno promossi incontri di preghiera bimestrali con le claustrali dei cinque monasteri, ad ognuno dei quali è stato affidato un continente del mondo. 624 Ad esempio: ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Lettera circolare del Centro missionario diocesano all’arcivescovo e ai vicari della diocesi, Ferrara, 29 agosto 1985, dattiloscritto ciclostilato. 625 L’Istituto Casa «Giorgio Cini» a dato alla diocesi di Ferrara, BE 1985, pp. 137-139. 213 b) Inserimento nei piani pastorali della Diocesi. c) Sostegno alle P.O.M. quali canali della Chiesa per la propagazione della Fede. d) Individuazione ed educazione di anime disponibili ad offrirsi per la causa del Vangelo, con particolare attenzione al settore giovanile. 2) ASPETTO CULTURALE. a) Inserimento nella programmazione del centro culturale di Casa Cini. b) Divulgazione dell’opuscolo delle testimonianze dei missionari ferraresi: le opere di evangelizzazione e di promozione umana; mezzo di dialogo e di lavoro con il territorio ferrarese. c) Stampa missionaria: riviste delle P.O.M. e di vari Istituti missionari. d) Funzionamento della biblioteca missionaria e di vari sussidi per l’animazione nelle parrocchie e nelle scuole, nella sede di Via Montebello n. 8. e) Servizi a larga diffusione e dialogo con la comunità ferrarese su «Voce di Ferrara». f) Partecipazione ad incontri e convegni regionali e nazionali. 3) ASPETTO OPERATIVO. a) Rapporti con i Sacerdoti, le comunità parrocchiali, movimenti, gruppi ed istituzioni varie della Diocesi. b) Collaborazione con i movimenti e gruppi che operano una specifica attività missionaria in Diocesi. c) Ottobre missionario e celebrazione della Giornata missionaria mondiale. d) Avvento di carità: occasione per vivere la preparazione al Natale in uno spirito di condivisione con i più poveri. Ci si unirà alla solidarietà di Gesù ricco di amore partecipato ai poveri del mondo. I riferimenti pratici saranno rivolti alle situazioni locali in cui operano i missionari ferraresi. Verranno offerte tematiche per riflessione e dialogo. Sull’esperienza dell’anno scorso, si ripropone un cammino di penitenza per le vie della città, con appuntamento in Duomo, dove tutta la Diocesi pregherà con il suo Vescovo. e) S. Infanzia: si cercherà di evidenziare lo spirito missionario che tale festa offre. Si vuole ripristinare in ogni comunità la «Giornata di aiuto all’infanzia missionaria attraverso la nostra infanzia». f) Quaresima: Il C.M.D. vive lo spirito di penitenza e di preghiera di questo periodo ricordando i più poveri del mondo. Lasciando spazio alla Caritas nelle micro-realizzazioni, la nostra commissione continua l’azione animatrice nelle scuole di ogni ordine e grado. A fine Maggio si concluderà la programmazione generale con una manifestazione a livello cittadino e con una seconda giornata di digiuno e preghiera per la missione della Chiesa e dei nostri missionari. Verrà riproposta la notte di preghiera e di veglia in una Chiesa del centro-città. 214 4) RAPPORTO CON I MISSIONARI FERRARESI. Si realizzerà una comunione di spirito tra noi e loro pur impegnati in campi diversi della «VIGNA DEL SIGNORE». Verranno accentuati gli scambi di esperienze di apostolato, culturale e di aiuti materiali. Verrà riproposta la giornata di incontro amichevole e di preghiera con i familiari dei nostri missionari626. Non si trattava di buone intenzioni, ma di una visione organica nata da una lunga tradizione ormai consolidata. Vi erano tuttavia almeno due punti scoperti, che nel programma ricevono attenzione: l’inserimento nei piani pastorali diocesani e nel programma di Casa Cini. L’intento era dunque di entrare nel cuore della chiesa locale in modo non accidentale o periferico. Per questo il programma del Centro missionario ribadiva l’impegno, esistente da decenni, sia nel mantenere rapporti costanti con i sacerdoti e le comunità parrocchiali, nonché con altre realtà diocesane come movimenti, gruppi o altre istituzioni, sia nel collaborare con gruppi e movimenti operanti un’attività missionaria. Il lavoro svolto restò ingente. Non è possibile ripercorrerlo nei particolari, ma il resoconto dell’anno 1986-1987 sia del Centro missionario sia del Comitato possono servire a coglierne la portata. Queste le “iniziative pastorali” del Centro missionario dall’1 settembre 1986 all’1 settembre 1987. Settembre 1986: è stato effettuato un incontro con le incaricate missionarie parrocchiali, le religiose, i Vicari o un loro rappresentante, i responsabili dell’A.C. per preparare la Giornata Missionaria Mondiale. Ottobre 1986: è stata distribuita in tutte le parrocchie della diocesi una busta di materiale di animazione per la Giornata che si è celebrata il 19 Ottobre . Sono stati confezionati, nelle parrocchie, 50 camici per sacerdoti ed inviati alle PP.OO.MM. a Roma, all’Opera Apostolica. Sono state pure acquistate 10 cassette “pronto soccorso” ed inviate all’Opera Apostolica - Roma. Gennaio: E’ stata ricordata a tutti i parroci la Giornata per l’Infanzia nelle Missioni che si è celebrata il 6 Gennaio 1987. In molte parrocchie sono stati raccolti fondi e materiale sanitario per i lebbrosi e si è celebrata la Giornata mondiale per i lebbrosi, il 31 Gennaio 1987. Marzo: il 1° Marzo si è celebrata la Giornata dei genitori dei missionari ferraresi. A loro si sono uniti un Missionario per ogni Ist. ai quali appartengono i missionari ferraresi, il Vicario Generale, i Vicari foranei (alcuni), 626 BE 1986, pp. 678-680. Il testo è riportato anche in ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1986, Centro missionario ferrarese, Sezione Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, La chiesa missionaria di Ferrara a servizio del Vangelo “si fa” e “si edifica”, anno 1985-86, Ferrara, 10 settembre 1986, pp. 1-2. 215 rappresentanti dell’A.C., di vari movimenti cattolici. Ha accettato l’invito il Direttore Nazionale della Cooperazione fra le chiese, Mons. GianBattista Targhetti, che, dopo aver partecipato alla gioiosa manifestazione svoltasi con i genitori ha illustrato ai presenti la funzione del Centro Missionario diocesano nel piano pastorale. Maggio: Sono stati visitati tutti i parroci della diocesi per un amichevole scambio di idee sul lavoro missionario parrocchiale. Una ventina di parrocchie hanno una responsabile. I sacerdoti e le religiose iscritte alla Pontificia Unione missionaria sono una sessantina. Abbonamenti a “Popoli e Missione” sono cinquanta. Pochissimi sono gli abbonamenti al “Ponte d’oro”, giornalino missionario per ragazzi emesso dalle PP.OO.MM.627. Dunque fu tenuto un costante rapporto con le parrocchie sia cittadine sia della diocesi. Nel 1986 fu anche preparato un analitico questionario indirizzato alle parrocchie della diocesi per avere informazioni sulle forme di collaborazione con le missioni estere nell’anno 1985-86628. Non se ne conoscono gli esiti, ma è significativo il desiderio di censire quanto veniva fatto nelle parrocchie. Si è conservato un questionario rivolto alle parrocchie sulla collaborazione con le missioni estere anche per il periodo da ottobre 1986 a inizi marzo 1987629. Le cifre delle offerte si mantennero ai livelli consueti, ormai abbastanza stabili: ad esempio, nell’anno 1986-87 vi furono più di 81 milioni di entrate per la Campagna contro la fame e più di 40 milioni per le PP.OO.MM.630. I convegni curati dal Centro missionario diocesano proseguirono per qualche anno: nel 1982 si tenne un convegno nei giorni 1 e 2 luglio sul documento della CEI L’impegno missionario della chiesa italiana631; nel 1983 627 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1987, Centro missionario diocesano, Relazione pastorale e finanziaria per l’anno settembre 1986-settembre 1987, c. [1rv]. 628 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1986, Centro missionario diocesano, Questionario alle parrocchie della diocesi sulla collaborazione con le Missioni estere (1985-86), copia dattiloscritta. 629 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1987, Questionario sulla collaborazione con le missioni estere (Ottobre 1986-ad oggi), 3 marzo 1987, copia dattiloscritta. 630 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1987, Centro missionario diocesano, Relazione pastorale e finanziaria per l’anno settembre 1986-settembre 1987, pp. 6, 8; Comunicato dell’arcivescovo per la giornata missionaria 1988, Ferrara, 23 ottobre 1988, BE FE-COM 1988, p. 653. 631 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Dépliant ciclostilato del Centro missionario diocesano, 1-2 luglio 1982. Convegno missionario diocesano; Centro missionario diocesano, Documentazione Convegno missionario diocesano 1-2 luglio 1982, Ferrara, 17 marzo 1986, dattiloscritto ciclostilato. 216 nei giorni 18-19 giugno, nell’anno del giubileo straordinario della redenzione, il convegno fu sul tema Nella redenzione universale di Cristo il fondamento dell’identità missionaria della chiesa632. Nel 1985 il convegno, che si tenne il 10 ottobre, fu inserito nella settimana culturale diocesana ed ebbe per tema La Diocesi si interroga sul suo essere missionaria, a partire dalle due “novità” che il convegno ecclesiale di Loreto aveva rilevato secondo il Centro missionario diocesano di Ferrara: “la coscienza missionaria maturata nella Chiesa italiana” e “la legge contro la fame nel mondo”. Il Centro invitava a impegnarsi “in prima persona affinché la pastorale della nostra Chiesa” diventasse “effettivamente missionaria e di una missionarietà “globale””633. Poi, negli anni dei convegni diocesani e del sinodo, costituirono occasione di riflessione sulla missione gli incontri con i familiari dei missionari e con i missionari rientrati per un periodo di riposo, che diventarono consuetudine viva e apprezzata. Nel 1986 tale incontro fu occasione per invitare a Ferrara il direttore nazionale mons. Enzo Serenelli. Fu organizzato un fitto programma nei giorni 1 e 2 marzo secondo il quale mons. Serenelli doveva incontrare le religiose, i seminaristi, i giovani delle parrocchie, i familiari dei missionari e i missionari, e al termine il Centro missionario diocesano, il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, i missionari, i vicari, i responsabili dell’A.C. e movimenti per illustrare il piano pastorale della CEI “Comunione e comunità missionaria”634. L’incontro andò molto bene e ne 632 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1982, Centro missionario diocesano, Centro missionario diocesano strumento di pastorale missionaria a servizio della diocesi, Anno 1982/83, p. 16. Sulle scelte del Centro missionario in occasione dell’Anno santo della redenzione cfr. Franco Patruno, BE FE 1983, pp. 226-227: “Le iniziative che proponiamo come Centro Missionario intenderebbero inserirsi in questo spirito di rinnovamento; il convegno del 18 e 19 giugno su queste tematiche con particolare intensità, guidato in tal senso da Padre Silvio Turazzi, il quale presiederà anche la concelebrazione in Duomo. Le Chiese locali nelle quali si trovano tutti i missionari ferraresi sono già state avvertite di questo momento «forte» di riflessione e preghiera. Non un «Anno Santo per le missioni», ma un «giubileo missionario», un invito rivolto a tutta la comunità ecclesiale a ripensare i motivi della propria testimonianza cristiana: in questa prospettiva anche la «comunione» troverà un fondamento non augusto”. Sul convegno del 1983 anche Centro missionario diocesano, Convegno Missionario diocesano per l’anno santo straordinario, “la Voce di FerraraComacchio”, 28 maggio 1983, p. 4 (MM). 633 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Lettera circolare del Centro missionario diocesano all’arcivescovo, al vicario generale, ai vicari foranei, ai religiosi e alle religiose, ai responsabili dell’AC e dei movimenti vari, Ferrara 28 agosto 1985, dattiloscritto ciclostilato, e altra documentazione ivi. 634 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1986, molta documentazione. 217 rimasero tutti contenti, vescovo compreso635. Si radica anche l’adorazione eucaristica per i membri del Centro missionario e del Comitato nel periodo natalizio. Nel 1983 vi fu inoltre l’adorazione notturna nella chiesa di San Carlo, aperta a tutti in occasione del Giubileo della redenzione636, e l’adorazione notturna in San Carlo divenne appuntamento fisso durante la fase primaverile della Campagna contro la fame637. Vennero mantenuti gli incontri di preghiera presso i monasteri di clausura, pur se modificati nella cadenza e nella collocazione durante l’anno. Permasero l’uso di dettagliate programmazioni e di precisi resoconti delle attività e finanziari nonché la pubblicazione di un opuscolo sui missionari ferraresi in occasione della Campagna contro la fame638. L’impegno di don Giuseppe Crepaldi, direttore dell’Ufficio missionario dal 1985 al 1993, si coglie nei testi dei consuntivi e delle programmazioni editi sul settimanale diocesano o sul “Bollettino ecclesiastico”, nelle sue visite ai missionari rientrati per riposo639, nei suoi viaggi con don Ivano Casaroli nello Zaire alle missioni di padre Silvio Turazzi e don Francesco Forini e a Honk Kong da Claudia Barbieri640, nella partecipazione al convegno missionario della chiesa italiana a Verona del 15 settembre 1990641, e lo si può immaginare nel grande lavoro del Centro missionario. Al termine del convegno 635 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1986, Lettera di Gisa Trevisani a mons. Glicerio Zordan, direttore regionale PP.OO.MM., copia dattiloscritta. 636 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1983, Centro missionario diocesano, Centro missionario diocesano strumento di pastorale missionaria a servizio della diocesi, Anno 1982/83, p. 16; Centro missionario diocesano, Anno Santo 1983. Veglia eucaristica notturna, dattiloscritto ciclostilato, e altra documentazione ivi. 637 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1985, Lettera del Centro missionario ai parroci e ai responsabili dell’AC e movimenti vari, 1-2 giugno 1985: adorazione eucaristica notturna, copia dattiloscritta; Centro missionario diocesano e sezione Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Ottobre 1984-ottobre 1985, p. 9. Si veda poi anche nelle cartelle degli anni successivi. 638 Per la dettagliata documentazione cfr. AMCDFe, b. 2, cartelle 1982-1997. 639 Giuseppe Crepaldi, Don Alberto Dioli servo del vangelo, “la Voce di Ferrara”, 12 dicembre 1987, p. 1 (MM); Id., Una vita di vangelo e opere sociali, “la Voce di FerraraComacchio”, 2 dicembre 1989, p. 3 (MM). 640 Giuseppe Crepaldi, I missionari vivono con la gente, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 7 settembre, 1991, p. 4 (MM); Ivano Casaroli, La missione di Goma e Kamituga. Un cammino evangelico nell’anima del popolo, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 14 settembre 1991, p. 3 (MM). 641 Giuseppe Crepaldi, Consacrati al Vangelo, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 6 ottobre 1990 (MM). 218 veronese aveva espresso il desiderio di una chiesa ferrarese rinnovata e viva grazie a un’apertura a una missione senza confini: Anche noi imploriamo dal Signore ed auspichiamo per la nostra Chiesa che è in Ferrara una rievangelizzazione e un nuovo e generoso slancio di fede e di apostolato, nell’unità dei suoi cuori. Una Chiesa aperta che sa generare amore e forze operanti ha garanzia certa, per sua natura, di stabilità e recupero642. Nell’anno 1987-88 avvenne l’unificazione del Centro missionario di Ferrara con l’Ufficio missionario di Comacchio, letta positivamente nel bilancio dell’anno: “È stato il primo anno di unificazione della Diocesi di Ferrara-Comacchio e pertanto anche degli organismi pastorali nel settore missionario. Una situazione nuova, questa, che ha richiesto un suo rodaggio ma che ha visto persone mature e disponibili al servizio”643. Nella documentazione dell’archivio del Centro missionario di Ferrara non restano tracce del lavoro di unificazione, mentre, come si è visto, risalgono a dieci anni prima gli auspici di una collaborazione e ancora più indietro, negli anni Cinquanta e Sessanta, la premura di Gisa Trevisani perché anche a Comacchio si formasse una commissione diocesana delle PP.OO.MM. che affiancasse il direttore dell’Ufficio missionario e si svolgesse un’effettiva attività missionaria644. Sono rimasti pochi e brevi interventi del vescovo Maverna per i momenti forti del Centro missionario e del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo645, mentre restano alcuni testi del vicario generale mons. Giulio Zerbini, 642 Ibidem. 643 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1988, Centro missionario diocesano, Il contributo di FerraraComacchio alle Missioni Estere. Resoconto pastorale e finanziario. Anno 1987-88. 644 Ad esempio: ACMDFe-Com, b. 1, cart. 1956-1957, fasc. 1956, appunti manoscritti di Gisa Trevisani su Comacchio (1956-1967); Lettera di Gisa Trevisani al vescovo di Comacchio, Ferrara 3 aprile 1956, copia dattiloscritta; Lettera di mons. Giovanni Mocellini, vescovo di Comacchio, 7 aprile 1956, originale dattiloscritto; fasc. 1957, Gisa Trevisani e don Alberto Dioli, Relazione Comacchio, Ferrara, 10 aprile 1957, copia dattiloscritta; fasc. 1957, Gisa Trevisani e don Alberto Dioli, Relazione Propaganda Comacchio, non datata, copia dattiloscritta. 645 È rimasto l’intervento all’incontro pubblico con i missionari ferraresi del 14 luglio 1988 a chiusura della Campagna ferrarese contro la fame nel mondo, nel quale l’arcivescovo segnala la necessità di accorgersi del “Terzo Mondo presente nel nostro Paese, in mezzo a noi” del quale le istituzioni sembravano a suo parere non accorgersi, BE 1988, pp. 444-445; AMCDFe, b. 4, fasc. 1988, Lettera circolare di don Giuseppe Crepaldi e Gisa Trevisani, alle autorità religiose e civili, Ferrara, 6 luglio 1988, dattiloscritto ciclostilato. Inoltre l’omelia per la giornata missionaria mondiale del 23 ottobre 1994, BE 1994, pp. 219 che spesso dovette agire in supplenza dell’arcivescovo ben presto in non buone condizioni di salute e più volte ricoverato. Le parole di mons. Giulio Zerbini segnalano il desiderio di una maggiore unità diocesana in ambito missionario e la severità dei toni cresce negli anni. Nell’omelia a conclusione della marcia della speranza del 16 dicembre 1988 esprime prima la sua gratitudine all’Amministrazione comunale per la collaborazione: Siamo tutti riconoscenti alla Amministrazione Comunale e agli enti, non solo per la misura di sensibilità, di coinvolgimento e di generosità che hanno dimostrato nelle loro benefiche delibere, ma anche perché hanno voluto farlo insieme con noi, a comprensione e dimostrazione di quanto i valori umani e quelli religiosi possono e debbono integrarsi in una collaborazione disinteressata che ha di mira soltanto l’uomo e le sue più impellenti e imprescindibili necessità646. La capacità di collaborazione dell’amministrazione comunale diventa occasione per mons. Giulio Zerbini per ricordare che anche nella chiesa è necessario agire nella comunione: Sia permesso che questa opportunità dell’agire in comunione, così ben compresa dalle autorità cittadine, tanto più deve essere compresa e valorizzata da noi. Noi siamo Chiesa e non federazione di chiesuole. Il bene voluto e perseguito insieme ha più peso nei suoi contenuti di efficacia risolutiva e ha più trasparenza di segno illuminante e accattivante. Nella libertà di tutti, nelle legittime molteplici opzioni e preferenze nel campo del bene e del volontariato, a cui nessuno nega altri tempi, altre iniziative, altre occasioni, questa carità dell’Avvento sia la grande unica carità di noi tutti in quanto Chiesa particolare, tesa e convergente nella unità degli sforzi e dei progetti. Affinché il mondo veda, affinché il mondo creda647. Qualche anno più tardi, nel gennaio del 1992, mons. Zerbini fu molto duro. Dopo aver inquadrato la Campagna contro la fame come un evento di chiesa, in una lettera ai sacerdoti della diocesi espresse il suo disappunto per la mancanza di una partecipazione piena a livello diocesano e per la frammentazione delle iniziative a favore dei missionari: 663-665. 646 ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1988, Giulio Zerbini, Marcia della speranza. Cattedrale – 16 dicembre 1988, dattiloscritto ciclostilato. 647 Ibidem. 220 Rev. do Confratello, desidero esprimere a nome di tutti il comune compiacimento per il buon risultato – se ne allega documentazione – della 32a Campagna contro la fame nel mondo. Mi permetto inoltre, con l’occasione, alcune considerazioni sul tema. 1. Negli orientamenti pastorali diocesani, l’Avvento di Carità è da considerarsi il prolungamento – sul piano della solidarietà e della promozione umana – dell’Ottobre Missionario più specificamente consacrato al tema della evangelizzazione e della «plantatio ecclesiae». La campagna ferrarese contro la fame, - che è organizzata dal nostro Centro missionario – dovrebbe esserne l’espressione più concreta, anche perché valorizza ed esalta i legami della nostra Chiesa con gli operatori missionari che da essa provengono e ad essa sono esemplarmente uniti. Se le cose stanno così, bisogna riflettere e riconoscere che l’accoglienza e l’impegno sono ben lontani dall’essere sufficienti e soddisfacenti. Non brilla soprattutto l’immagine di un impegno a dimensione diocesana. Si richiede maggiore informazione e maggiore collegamento tra tutte le parrocchie e i movimenti: una totalità di presenze. 2. Di fronte a questa iniziativa ufficiale e unitaria, si assiste invece a un proliferare di iniziative particolari e personali. Le parrocchie hanno talora un loro missionario in qualche parte del mondo, decidono in proprio per proprie realizzazioni, si associano a qualche movimento o organizzazione. Ci si muove molto in sostanza, ma ignorando il progetto unitario della diocesi. Nessuno pensa di proibire o di ostacolare il bene, comunque si faccia, chiunque lo faccia; si vuole solamente sottolineare che le chiese e le strutture parrocchiali sono al servizio primariamente e significativamente della realtà diocesana e dei suoi progetti648. Alla luce di questa denuncia appaiono non generici appelli, ma riferimenti concreti, le parole di don Giuseppe Crepaldi nel 1991. Il direttore dell’Ufficio missionario aveva concluso i suggerimenti per la Giornata missionaria mondiale del 20 ottobre 1991 sottolineando la priorità della visione universale nella chiesa: Si cerchi di caratterizzare l’intero lavoro di questo mese con uno spirito ecclesiale. Le PP.OO.MM. raccomandano di educare alla missione universale della Chiesa sospendendo interessi particolari verso persone, progetti, situazioni ambientali, anche se come testimonianza e immediato pensiero sono inevitabili. I riferimenti concreti e singoli possono meglio spronare alla generosità ed offrire una immediata credibilità dei nostri atti e di risultati desiderati. Vi è però il gesto 648 Lettera di mons. Giulio Zerbini a tutti i sacerdoti dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, Ferrara, 8 gennaio 1992, BE 1992, pp. 128-129. 221 del cuore e della fede che umilmente lascia fare e confida nel Signore e nella saggezza delle istituzioni ecclesiali. Prima responsabile dell’Evangelizzazione nel mondo è la Chiesa e poi noi in essa649. Ma anche risulta meno criptico un passaggio della lettera inviata da Gisa Trevisani e don Giuseppe Crepaldi ai sacerdoti, ai religiosi e religiose, ai responsabili di istituzioni e movimenti cattolici dell’ottobre 1992. Dopo aver preso “atto con gioia e riconoscenza dell’animazione e dell’interesse per la causa del Vangelo da parte delle nostre comunità parrocchiali”, il Centro missionario constatava anche “tante difficoltà e fatiche che sembrerebbero rendere oggi il nostro lavoro ingrato e di poca efficacia”. E aggiungeva: “Ma sappiamo di non essere soli. S. Paolo ci è di esempio: “Tutto posso in Colui che mi conforta””650. Dunque il Centro missionario giungeva agli inizi degli anni Novanta con qualche amarezza, constatando la mancanza di una collaborazione concreta della diocesi a un comune progetto missionario. Si concludeva proprio in quel periodo il sinodo della diocesi di FerraraComacchio (1985-1992), che fu tenacemente voluto dal vescovo Maverna come occasione di riforma ecclesiale e di recezione profonda del concilio Vaticano II. Il Centro missionario e il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, che ne era una sezione, si sentirono coinvolti e diedero il proprio contributo di pensiero e di proposte. Nel 1986 era appena iniziata l’avventura del sinodo e il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo ritenne fin da subito di poter offrire alcune riflessioni. Lo chiarì nell’introduzione all’opuscolo pubblicato in occasione della 27a Campagna651: ESPRESSIONE DI AMORE E DI CONDIVISIONE UNIVERSALE Avvento 1986: il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo continua la sua attività. Ci sembra opportuno richiamare, a più di vent’anni dalla sua istituzione, alcuni principi che hanno motivato il suo lavoro all’interno della pastorale della Chiesa ferrarese e le nuove emergenze di questi ultimi anni. 649 Giuseppe Crepaldi, Un mese intero dedicato alle missioni, “la Voce di FerraraComacchio”, 5 ottobre 1991, p. 3 (MM). 650 ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1992, Lettera circolare di Gisa Trevisani e don Giuseppe Crepaldi ai sacerdoti, ai religiosi e religiose, ai responsabili di istituzioni e movimenti cattolici, 30 ottobre 1992, dattiloscritto ciclostilato. 651 Non è stato possibile capire per quale motivo la Campagna del 1987 è stata denonimata ventisettesima e quindi la successiva numerazione delle Campagne. Si ricorda che la prima Campagna, ancora senza Comitato, fu nel 1964. 222 Il Comitato è sempre stato un’espressione del Centro Missionario Diocesano in favore dei gravi e specifici problemi della fame nel mondo e della sensibilizzazione di tutta quanta la cittadinanza alla presenza missionaria di testimonianze ferraresi nel «terzo mondo». Per raggiungere tali scopi ha ogni anno promosso delle «Campagne» informative cercando di raggiungere e rendere compartecipi sia il mondo ecclesiale che le realtà civiche (Amministrazione Comunale, scuole, quartieri, banche ecc ...). Per questo, sin dalla fondazione, hanno fatto parte del Comitato anche rappresentanti del Provveditorato, del distretto scolastico, del Comune e dei diversi ceti professionali della città. Dopo anni di lavoro la Chiesa ferrarese ritiene che tale espressione del Centro Missionario Diocesano non abbia esaurito la propria funzione ma che, anzi, possa arricchirla di nuovi contenuti. Prima di tutto il Sinodo diocesano che costituisce il momento privilegiato di indagine e di autoriflessione della Chiesa che è in Ferrara sulla propria dimensione missionaria. E’ assodato anche da anni precedenti il Concilio che tutta quanta la Chiesa vive il costante dinamismo di annuncio. Non vi è esperienza locale che non sia inserita nel movimento che dal Padre si prolunga nel Figlio il quale continua ad inviare, sotto l’influsso dello Spirito, i suoi discepoli affinché sia annunziato il Regno. La Chiesa si riconosce intrinsicamente missionaria. Le Diocesi di antica fondazione, quelle che inviavano e continuano ad inviare, stanno vivendo un periodo di forte crisi di cristianizzazione, a tal punto che si può parlare anche di vaste zone di primo annuncio. Ma il riconoscimento dell’unico dinamismo missionario, anche se è particolarmente sollecitato dalla gravità della situazione in atto, non trova qui le sue radici. La ragione fondamentale è di tipo teologico, nasce da prospettive ecclesiologiche, le stesse che animano il Sinodo diocesano. In queste prospettive la polarità tra annuncio e promozione umana dell’uomo forma un tutto unitario che evidenzia l’unitarietà del piano della salvezza. Perciò la presa di coscienza dei problemi della dignità della persona, dei diritti inviolabili di tutti, della pace, della riconciliazione tra i popoli, entra integralmente nell’annuncio cristiano di salvezza e stabilisce un terreno privilegiato di dialogo con tutti quanti hanno amore alla verità dell’uomo e sull’uomo. Per coloro che aderiscono al Signore e vivono questa adesione all’interno della Chiesa è chiaro che solo in Cristo l’uomo diventa più uomo, solo in Lui trova pienezza e senso ogni profonda aspirazione esistenziale. Ma i cristiani sono anche consapevoli che questa convinzione li porta ad impegnarsi con maggiore tensione morale di tutti i problemi culturali, 223 sociali e politici che sono il tessuto della società civile, dei rapporti tra diverse società, e dell’apertura ad un nuovo concetto di mondialità che non sia solo una mera affermazione di principio. Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo è convinto quindi di poter dare un proprio contributo al Sinodo diocesano con la sua opera di conoscenza e di rapporti con paesi extraeuropei. Mai come oggi questa apertura è esigita dalla coscienza religiosa e mai come oggi l’apertura è richiesta da un mondo che si è fatto sempre più piccolo, più diviso, e dove i problemi di una Nazione condizionano inevitabilmente quelli delle altre. La coscienza religiosa ci dice che il nuovo nome della missionarietà è la condivisione con tante Chiese sorelle sparse su tutta quanta la faccia della terra. Questa coscienza non solo ci mette in sintonia ed in dialogo (tra «pari») con chi vive situazioni culturali, economiche e sociali diverse dalle nostre, ma cambia anche le modalità di intervento assistenziale, con una più acuta sensibilità alla crescita autonoma dei paesi emergenti. Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo intende realizzare tali mete con un rapporto sempre più stretto con testimonianze ferraresi (sacerdoti, religiosi, laici) che vivono la loro esperienza in Africa, in Asia e nell’America Latina. Tale rapporto, cresciuto negli ultimi anni, si è dimostrato assai fecondo non solo per gli aiuti inviati, ma soprattutto per l’arricchimento che Ferrara ha ricevuto dalla loro esperienza e dalla loro generosità. IL COMITATO FERRARESE CONTRO LA FAME NEL MONDO652 Nel 1989 don Giuseppe Crepaldi ritorna sul contributo al sinodo del Centro missionario, presentandolo come “attento alla formazione di coscienze ed al senso ecclesiale nel quale si ispira il suo servizio” e precisando che “altrettanto si sente aperto e sensibile ai problemi umani dei popoli e alle testimonianze che per essi si offrono”. Il Centro offre alla diocesi l’apporto specifico di un legame con i venti missionari ferraresi, favorendo una “comunione di spirito” con la chiesa locale ferrarese e comacchiese. Si tratta di un’azione visibile e documentabile, che, precisa don Crepaldi, coinvolge tanti “singoli cittadini, parrocchie, associazioni, gruppi spontanei, vigili urbani, Amministrazione comunale, scuole ed enti vari” e che produce anche sostegno materiale nello stile della condivisione con i più poveri e del cammino comune con i missionari653. 652 ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1987, Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, 27a Campagna contro la fame nel mondo, Testimonianze ferraresi nel “Terzo mondo”, pp. 6-7. 653 Giuseppe Crepaldi, Il ruolo del Centro missionario, “la Voce di Ferrara- Comacchio”, 24 giugno 1989, p. 3 (MM). 224 Sono stati conservati anche i contributi specifici al sinodo da parte del Centro missionario nel 1992 firmati da Gisa Trevisani. Nei due testi per la sottocommissione 4 Chiesa e testimonianza della carità, paragrafo 5, Mondialità, immigrazione, collaborazione missionaria, venivano elencate le attività del Centro missionario e del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo e si chiedeva una maggiore collaborazione da parte delle parrocchie654. In un altro testo, non firmato, intitolato Dall’Ufficio e Centro missionario, il discorso è articolato e apporta suggerimenti ai testi sinodali, in particolare insistendo sulla collaborazione di tutti in una visione ecclesiale universale. Si parte dalla constatazione della frammentazione: in diocesi da tempo esiste una larga sensibilità nei confronti delle missioni, dei missionari e volontari e delle povertà extra territoriali. Purtroppo oggi vi è una frantumazione di iniziative, stili e rapporti diversi, in comunione o meno con la Chiesa655. Come ulteriore premessa si ricorda che la chiesa locale è soggetto di missionarietà e deve quindi assumersi “dirette responsabilità” in merito, facendo presente come fosse “opportuno rilevare la nuova funzione” dell’Ufficio diocesano per la pastorale missionaria e del Centro missionario “secondo le indicazioni dei recenti documenti dei Vescovi e delle commissioni per la cooperazione missionaria tra le Chiese”656. Seguivano alcune riflessioni. Innanzitutto si guardava al passato e si auspicava una ripresa di fervore: La dimensione missionaria e le attività che l’hanno espressa nella nostra Diocesi nei decenni passati erano incentivate in modo particolare dalle Pontific[i]e Opere Missionarie. Queste avevano quale luogo e riferimento principale l’ufficio missionario diocesano e più recentemente anche il Centro missionario. Sempre nel recente passato anche gli Istituti missionari, in particolare i più vicini a noi geograficamente, i Saveriani di Parma ed i Comboniani di Verona, mantenevano vivo tale valore della vita cristiana. E’ onesto ricordare che nelle nostre parrocchie erano presenti spirito ed iniziative dirette alla universalità della Chiesa e della salvezza degli uomini: zelo gioioso e manifesto, preghiera finalizzata, educazione al sacrificio, giornate e tempi speciali, iniziative di solidarietà per le Chiese più povere, stampa... 654 ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1992. 655 ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1992, Dall’U cio e Centro missionario, tre cartelle dattiloscritte. A mano è annotato: “(appunti per il Sinodo)” di fianco al titolo e sopra la data: “3/6/92”. 656 Ibidem. 225 e anche vocazioni alla missione “ad gentes”. Si tratta di riprendere rivedendo i valori alla luce dei recenti documenti e di esperienze in atto in altre diocesi657. Poi si auspicava un maggiore coordinamento con la Caritas diocesana e con gli altri uffici pastorali e una progettazione pastorale unitaria: Dal Concilio ad oggi è un rifiorire di documenti e di nuove realtà. La Chiesa particolare per sua natura ha tutta la ricchezza di quella universale ma altresì l’ansia e l’impegno di renderla visibile, di ampliarla e di esserne al servizio per la salvezza del mondo intero. Si propone un maggior riconoscimento e funzionamento dell’ufficio diocesano per la pastorale missionaria e del Centro missionario per il coordinamento di ogni espressione missionaria in diocesi e con altre figure che vivono la solidarietà con i fratelli e con i più poveri. Utile sarebbe il coordinamento con gli altri uffici della pastorale e di una programmazione unitaria annuale. Si constatano gruppi parrocchiali o altri spontanei aventi rapporti con missionari o che fanno riferimento a progetti di solidarietà nel terzo mondo: espressioni positive di buona volontà, ma quale maggior ricchezza se accompagnati da “un’anima cristiana” o inserite in un contesto ecclesiale? In particolare si propone un maggior coordinamento con la Caritas diocesana e una conoscenza dei propri ambiti, come pure, per l’aspetto culturale e formativo, con l’ufficio catechistico658. Si poneva inoltre la necessità di inviare laici e consacrati nella missione ad gentes: Altrettanto urgente è la richiesta di personale laico e consacrato per le Chiese sorelle in territori di “prima missione evangelica”. La nostra Diocesi ha risposte limitate in questo capitolo della missionarietà “ad gentes”. Mons. Todisco, nella sua relazione alla CEI mette ben in evidenza il problema ed il valore ad esso unito659. In conclusione venivano segnalati i più recenti documenti per una attualizzazione dei “valori e principi” fondanti la missione di una Chiesa particolare già presenti nelle premesse dei documenti del sinodo e si aggiungeva una significativa documentazione riguardante la cornice ecclesiologica della missione: il discorso di mons. Settimio Todisco alla CEI nel maggio 657 Ibidem. 658 Ibidem. 659 Ibidem. 226 1992, l’opera concreta del Centro missionario e del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo con una storia di quest’ultimo e con il resoconto e la programmazione 1991-92, e la lettera già citata di mons. Giulio Zerbini dell’8 gennaio 1992, che diventava così una testimonianza al sinodo della proliferazione di iniziative a scapito del progetto unitario della diocesi660. Non è documentata la reazione a tali appunti, che sottolineavano una carenza nella comunione ecclesiale proprio mentre si intendevano delineare i tratti di una chiesa sinodale. Una ulteriore ricerca potrebbe verificare la fondatezza delle affermazioni del vicario mons. Zerbini e del Centro missionario circa la scarsa collaborazione delle parrocchie e la molteplicità delle iniziative in ambito missionario. Nel documento finale del sinodo la missione era citata in alcuni punti. Innanzitutto fu dedicato un paragrafo all’apertura missionaria nel primo capitolo su Chiesa e mondo: Dalle Parrocchie al Seminario e alla Diocesi: ma da qui lo sguardo deve spingersi oltre i confini della Chiesa particolare. Questa infatti attende veramente a sé, e si realizza compiutamente, aprendosi agli orizzonti della Chiesa universale, che la precede e le preesiste, e alle necessità del mondo intero. La educazione alla cattolicità suppone l’educazione alla mondialità: così, per soffermarci su un punto, il ministero sacerdotale conferito dall’Ordinazione sacra è, con l’incardinazione, dedicazione ad una Chiesa locale, e insieme, tramite il legame con il Vescovo proprio, disponibilità al servizio del Collegio dei Vescovi diffuso in tutto il mondo661. Nel capitolo quarto su Chiesa e testimonianza della carità veniva incluso tra le iniziative a servizio delle povertà “l’aiuto alle Chiese di missione ed, in particolare, ai nostri missionari”662. Nelle parole del sinodo il Centro missionario poteva inoltre trovare le linee direttive per compiere il sogno di una chiesa locale che vive nella comunione mediante un piano pastorale condiviso: Il Sinodo ci affida una responsabilità: portare concretamente a maturazione la coscienza missionaria, comunionale e profetica della nostra Chiesa. Tutto quanto è stato detto deve essere “riscritto” nel vissuto ecclesiale, attraverso l’avvio di una rinnovata pianificazione. A questo scopo occorre, 660 Ibidem. Esiste anche un foglio dattiloscritto non datato con un contributo non firmato al sinodo diocesano di Ferrara-Comacchio, comm. 5°, titolo: Ministero Pastorale di Animazione Missionaria, ACMDFe-Com, b. 3, cart. Relazioni varie, appunti ecc. 661 Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, Sinodo diocesano 1985-1992, Ferrara, Gabriele Corbo, 1993, p. 150 (n. 16). 662 Ibidem (n. 64). 227 a livello diocesano, vicariale, parrocchiale e associativo, acquisire una mentalità progettuale e la disponibilità a rinnovare la prassi comunicativa all’interno della comunità ecclesiale663. In quanto a metodo di progettazione condivisa, confronto e verifica del percorso la chiesa ferrarese avrebbe avuto da imparare dal Centro missionario e dal Comitato ferrarese contro la fame, come pure in termini di operatività concreta e di vasta visione ispiratrice, ma anche riguardo alla formazione, alla preghiera, al collegamento con altre diocesi e con la chiesa universale, alla collaborazione con il mondo civile. Il Centro missionario, che durante l’episcopato di mons. Maverna aveva assunto dal 1984 la denominazione di Commissione diocesana per la cooperazione tra le chiese664, ritornò sulla collaborazione ecclesiale nell’opuscolo per l’anno 1992-93, a conclusione del sinodo. Dopo un’articolata riflessione teologica, che richiamava la necessità di una cooperazione tra chiesa e mondo e poneva la comunione trinitaria “non solo esempio ma realtà vivente che dà forza e motivo per coinvolgere fratelli vicini e lontani nell’amore di Dio”, la Commissione proseguiva auspicando “una maggiore formazione e spiritualità ecclesiale” e concludeva con lo sguardo alla realtà diocesana in ordine alla missione: Se unico è l’obiettivo di Gesù e pertanto della sua Chiesa: realizzare il Regno di Dio attraverso la santificazione degli uomini presenti nel mondo, le vie, i progetti educativi e le strutture sono diverse. Questi vanno studiati e resi accessibili ai cristiani. Nasce l’importanza della collaborazione e di un coordinamento tra persone, uffici e programmi della pastorale diocesana. Più efficace ancora si fa il compito se, tra i responsabili, vi è una comunione di spirito. L’attenzione e la preoccupazione di consolidare nella fede i credenti deve farsi concomitante a cercare e riallacciare rapporti con i non credenti e i non praticanti vicini e lontani. Ne sono una indicazione le missioni al popolo in alcune parrocchie della nostra diocesi e le attenzioni verso gli extra comunitari che ogni giorno bussano alle nostre porte. La nostra Chiesa si pone in collaborazione con altre Chiese soprattutto con il dono di persone consacrate e laiche. Conosciamo il prezioso scambio di tante e utili realtà, ma urgente e più consono alla comunione ecclesiale realizzata dal battesimo è far conoscere il Vangelo e aiutare i fratelli ad aderirvi. Anche la vita umana ed i progetti sociali compiranno salti di 663 Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, Sinodo, p. 158. 664 BE FE 1984, pp. 129-130. 228 qualità a contatto con i valori cristiani. L’esempio dei missionari impegnati nella prima evangelizzazione ed in territori difficili è prezioso e dev’essere imitato. Particolare legame e collaborazione va rivolto ai missionari ferraresi. In diocesi esistono belle tradizioni pastorali in questo campo ed ampie iniziative di solidarietà. Si dovrebbe arrivare ad una maturazione di coscienza missionaria da permettere l’avvicendamento delle persone. Ci si augura che il Sinodo, intento a risvegliare ad un senso ecclesiale più profondo ed a responsabilizzare i cristiani al servizio, favorisca ad una duttilità dei cuori e a generose e nuove energie nel campo della missionarietà, dentro e fuori della Chiesa particolare665. Soltanto la storia della recezione del sinodo potrebbe in parte chiarire per quale motivo non vi sia stata l’inclusione organica nell’orizzonte ecclesiale della diocesi di Ferrara-Comacchio della dimensione missionaria sostenuta dal Centro e dal Comitato. La conclusione dell’episcopato di Maverna poco dopo la chiusura del sinodo e appena pubblicato il Direttorio pastorale (1995) non favorì lo sviluppo di una chiesa che operava attraverso piani pastorali condivisi. Rimase così sospesa la domanda di comunione che lo stesso Maverna aveva lanciato nell’omelia conclusiva del sinodo in cattedrale il 16 ottobre 1992: Prendo spunto – per questa conclusione – da un’osservazione, una preoccupazione, una constatazione accompagnata da sofferenza, non una denuncia, ma, in positivo, una aspirazione e una richiesta ricorrente nelle nostre ultime Assemblee sinodali, impegnate nella celebrazione – non terminata – del documento conclusivo. E’ una domanda chiara e aperta di unità e di comunione, specie tra noi, contro non tanto la molteplicità e diversità, ma contro la frammentarietà di iniziative, di cammini e vie, di autonomia, contro lo scollamento e la mancanza, e la non volontà a volte, di collegamento a livello parrocchiale, vicariale, diocesano, sia da parte del Clero che da parte del laicato. Questa comunione, invece – è stato fatto notare -, è indispensabile per l’esercizio della missione ecclesiale di tutti, individui, comunità varie, diocesi – nel mondo, nel nostro mondo. Forse – a mio parere – varrà la pena di sviluppare nelle sue esigenze questa domanda, dandole risposte adeguate, brevi, concrete e col consenso di tutti, per essere attrezzati come Chiesa a servire questo mondo, questo mondo nostro, nelle sue più urgenti e prioritarie necessità. Se la Chiesa è per il mondo, questo il nostro compito666. 665 ACMDFe-Com, b. 3, Centro missionario diocesano, Il contributo di Ferrara-Comacchio alle Missioni Estere, 1992-93. 666 Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, Sinodo, pp. 172-173. 229 Come espressione di comunione ecclesiale il vescovo Maverna indicò nell’omelia della festa di San Giorgio del 1994 un gemellaggio con una chiesa missionaria: Peccato che la nostra Chiesa particolare - pur avendo sacerdoti religiosi e religiose e laici in missione -, non è ancor giunta a realizzare e a curare una missione in qualche parte del mondo, tutta sua, come varie diocesi sono arrivate a fondare. E’ una meta, però, cui tendere. Qui è da notare la tensione che occorrerebbe sviluppare per la comunione di tanti frazionamenti e quasi polverizzazione di gruppi o autonomie locali e personali. La Chiesa è vocazione all’unità, e la comunione è forza e fecondità, in ordine ai grandi problemi degli organi di evangelizzazione costituiti e operanti nella Chiesa. Vorrei accennare al pericolo d’un certo soggettivismo, dello psicologismo e sociologismo. Anche se non faremo mai abbastanza per il dialogo interconfessionale e interreligioso e per le missioni667. Nell’estate dello stesso anno don Carlo Maran, prete fidei donum della diocesi di Ferrara-Comacchio dal 1992, incontrò in un periodo di riposo a Ferrara il vescovo Maverna e il vicario mons. Giulio Zerbini e ne emerse la possibilità di rendere continuativo lo scambio tra la diocesi di Marabà in Brasile e la chiesa di Ferrara-Comacchio668. Il gemellaggio non fu realizzato, nonostante don Andrea Zerbini avesse proposto anche un anno dopo “per quanto riguarda la cooperazione tra le Chiese” di “vedere e studiare quali possibilità di sviluppo potrà offrire la strada aperta da don Carlo Maran e don Roberto Sibani nella diocesi di Marabà in Brasile”669, dopo che pure don Roberto Sibani aveva trascorso un mese da don Carlo Maran670. Anche don Sibani, alla sua partenza nel novembre 1995 per Parauapebas, affermava in un’intervista: “al termine del cammino spero nasca un gemellaggio tra la nostra diocesi e quella di Marabà”. Il gemellaggio non si stabilì come non si era realizzato neppure l’auspicio di don 667 Luigi Maverna, Omelia, S. Giorgio, Ferrara, Cattedrale, 23 aprile 1994, p. 296; Ivano Casaroli, Omelia del vescovo nel giorno di San Giorgio, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 30 aprile 1994, p. 4 (MM). 668 Andrea Zerbini, Una breve missione tra noi. Don Carlo Maran è ripartito per il Brasile, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 6 luglio 1994, p. 5 (MM). 669 Andrea Zerbini, Il rinnovamento della chiesa attraverso la via missionaria. Don Settimo Tartagni al Convegno missionario, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 23 settembre 1995, p. 4 (MM). 670 Ivano Casaroli, Don Roberto Sibani parte per la missione Parauapebas in Brasile. Full immersion di condivisione, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 25 novembre, 1995, p. 4 (MM). 230 Giuseppe Crepaldi di qualche anno prima per un’altra diocesi. A un gemellaggio fra la chiesa di Ferrara-Comacchio e la diocesi di Valera in Venezuela, nella quale era impegnato da vent’anni, aveva pensato, infatti, padre Giorgio Reginato, prete della diocesi di Comacchio partito per il paese latinoamericano nel 1969, appena ordinato sacerdote. Don Giuseppe Crepaldi ne aveva scritto sul settimanale diocesano nel 1989 esortando a “raccogliere l’invito” e a “fare qualcosa di concreto, non solo come singoli, ma come Chiesa diocesana”671. La partenza di sacerdoti fidei donum nella diocesi di Ferrara-Comacchio rimase dunque legata alla loro iniziativa personale. Il sinodo aveva coinvolto anche i missionari ferraresi: padre Silvio Turazzi ne aveva avuto parte della documentazione mentre un sinodo era in corso pure nella diocesi di Goma672, e don Alberto Dioli, rientrato per malattia a Ferrara agli inizi del 1989, offrì articolate riflessioni. Ivo Mezzogori definì quel testo “il suo testamento spirituale-sociale”673. Sono parole severe, datate 1 giugno 1989, di denuncia, mite e ferma: un sinodo che ha “una risonanza nella comunità cristiana molto inferiore all’eco che meriterebbe”, una chiesa che non riesce a cambiare, che non instaura rapporti comunitari tra clero e laicato, che resta ancorata alla “pastorale dei tempi passati”, alla quale è chiesta una trasparenza nella gestione finanziaria, un clero che si è imborghesito. E inoltre la richiesta di attenzioni particolari per il fenomeno dei “lontani”, per gli anziani, per gli “immigrati di colore”. Quest’ultimo fenomeno, scriveva, “è destinato ad aumentare vistosamente nei tempi prossimi”674. Don Dioli scrisse anche una seconda lettera, ancora più dura, paragonando il sinodo a una macchina incagliata e riproponendo i punti delle riflessioni precedenti. Vi aggiungeva alcune amare considerazioni sulla scarsa attenzione dei sacerdoti diocesani per la sua opera a Kamituga, soprattutto perché “il gemellaggio era fatto per arricchire l’esperienza della 671 Giuseppe Crepaldi, Una vita di vangelo e opere sociali, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 2 dicembre 1989, p. 3 (MM). 672 Ivano Casaroli, Goma e Ferrara due chiese in Sinodo, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 23 luglio 1988, p. 9 (MM); Silvio Turazzi, Dal Sinodo nascono segni evangelici, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 27 maggio 1989, p. 9 (MM). 673 Ivo Mezzogori, Don Alberto Dioli missionario per tutta la vita, “il Resto del Carlino”, 29 novembre 1989 (MM). 674 Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 2, pp. 445-449. Si veda anche l’antecedente intervista rilasciata a don Crepaldi nel 1987, con l’augurio fatto alla sua chiesa “di segni concreti di solidarietà, in un coordinamento reciproco, nell’impegno serio dei laici con il loro presbiterio”, Giuseppe Crepaldi, Don Alberto Dioli servo del vangelo, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 12 dicembre 1987, p. 1 (MM). 231 nostra diocesi di Ferrara”. E chiudeva con il desiderio tante volte espresso che qualcuno andasse a Kamituga675. Don Dioli era andato in missione vent’anni prima, quando le partenze erano per lo più dettate dalle volontà dei singoli, ma nella sua permanenza a Kamituga aveva potuto constatare la vitalità del movimento fidei donum nella diocesi di Brescia e aveva più volte sollecitato la chiesa ferrarese a mandare qualcuno676. Nel 1984 aveva inviato a don Franco Patruno, allora direttore dell’Ufficio missionario, un’articolata riflessione in merito all’esperienza dei fidei donum, di cui sottolineava la peculiarità rispetto ai missionari sostenuti dalle congregazioni. L’intento della lettera era “definire meglio la posizione di un sacerdote diocesano in missione”677. Innanzitutto don Dioli precisava che l’impegno missionario era proprio di ogni chiesa locale: La vocazione missionaria della comunità diocesana, non si può più considerare un carisma particolare di alcuni vescovi e di alcune diocesi. Per cui c’è chi si contenta di custodire e curare il gregge che sta dentro i propri confini, e c’è chi si avventura fuori in territori e tra popoli cosiddetti infedeli. La Fidei donum del 1957, il Concilio Vaticano II e i recenti pronunciamenti solenni dell’episcopato italiano, hanno chiaramente affermato, ad esempio, che le chiese più fornite di personale e di mezzi debbono aiutare quelle che ne hanno pochi o non ne hanno affatto678. Sulla base della sua esperienza don Dioli indicava alcune attenzioni: Il missionario prete diocesano non cessa di appartenere alla sua diocesi di origine che lo prepara, lo segue nel primo inserimento, sostiene le sue iniziative pastorali. Lo accoglie e lo reintegra nel caso che debba o voglia rientrare. Sull’esempio delle congregazioni religiose missionarie, la diocesi di origine assicura e garantisce le spese di viaggio, di aggiornamento, apprendimento di lingue straniere, contributi sociali, 675 Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 2, pp. 451-453. 676 G. Cenacchi, Messaggio da Kamituga per Ferrara: ‘Abbiamo bisogno di un prete e di un medico’, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 18 novembre 1978, p. 1, in Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 2, pp. 267-269; e inoltre ivi, pp. 283, 373-374, 377-378, 389-391. Sui fidei donum nella diocesi di Brescia cfr. Enrico Tarsia, Diocesi di Brescia. Al servizio della Chiesa, in Migranti del Vangelo. Dalla Valcamonica al mondo, a cura di Simona Negruzzo e Sergio Re, Brescia, Associazione per la storia della Chiesa bresciana - Associazione Gente Camuna, 2011, pp. 363-369. 677 Dioli, Fidei donum. Lettere e antologia di testi 2, p. 399. 678 Ibidem. 232 veglia sulla salute fisica e psichica, tratta con il nuovo vescovo dei tempi, modi, luoghi di impiego679. Don Dioli faceva presente di essere stato sostenuto da un gruppo di amici e chiedeva che la sua attività “fosse riconosciuta come legittima”680. “Il prete Fidei donum ha soltanto la sua diocesi alle spalle”681, la quale deve provvedervi, come fa la diocesi di Brescia, affermava don Alberto, che concludeva: “Se scrivo queste cose è perché mi preme preparare la strada ad altri che, spero, prenderanno il mio posto”682. Il suo appello fu infine colto da don Francesco Forini nel 1987, anche se non fu realizzato un gemellaggio tra le chiese di Ferrara e di Uvira nemmeno in questo caso. Riguardo alla frammentazione delle iniziative lamentata dal Centro missionario sarebbe interessante compiere una ricerca apposita per verificare quali presenze e attività siano state realizzate nella diocesi e quali dinamiche locali e più generali abbiano portato a tale moltiplicazione e con quali connotazioni negli anni Ottanta e Novanta. Un lavoro da compiere, che riguarda negli anni Settanta-Novanta la nascita del gruppo di Mani Tese, dell’Associazione degli amici di Kamituga a sostegno di don Dioli e di don Forini, dell’Associazione “Anna Maria Vallisneri-Muungano” a sostegno di attività a Goma, dove operava padre Silvio Turazzi683, dell’Associazione Gruppo Ferrara-Terzo mondo, dei Soci costruttori-I.B.O., oltre alle iniziative del Corpo dei Vigili urbani a favore di Carla Ferrari e di Rosalba Sangiorgi, alla collaborazione della parrocchia di San Benedetto con gli “Amici del Sidamo”684, al gruppo missionario della parrocchia di San Giuseppe Lavoratore a sostegno del gesuita padre Pietro Colzani, già parroco in quella parrocchia685, alla collaborazione con pa679 Ibidem. 680 Ivi, p. 400. 681 Ibidem. 682 Ibidem. 683 Una scheda sull’Associazione “Anna Maria Vallisneri” in Pagnoni, Il Vangelo, pp. 115116. 684 Una breve presentazione degli “Amici del Sidamo” in Pagnoni, Il Vangelo, pp. 117118. Inoltre ACMDFe-Com, b. 3, Centro missionario diocesano, Il contributo di FerraraComacchio alle Missioni Estere, 1992-93, Attività missionaria della parrocchia di San Benedetto. 685 ACMDFe-Com, b. 3, Centro missionario diocesano, Il contributo di Ferrara-Comacchio alle Missioni Estere, 1992-93, Parrocchia di San Giuseppe Lavoratore; b. 4, fasc. 1997, Relazione della Comunità parrocchiale di San Giuseppe Lavoratore, Ferrara, 29 luglio 1997, originale dattiloscritto. 233 dre José Carollo, salesiano, in Ecuador686, al Gruppo Operazione Mato Grosso. Ma l’indagine è da condurre in modo analitico per la città e da estendere all’intera diocesi. Soltanto un’analisi accurata delle dinamiche che portarono alla fioritura di tante iniziative e al protagonismo di parrocchie e associazioni può rendere conto di un movimento apparentemente centripeto rispetto alle iniziative promosse dal Centro diocesano, indice di un mutamento profondo sia nella società sia nella chiesa non ancora studiato a questo livello. 4.3. Rapporti con i missionari ferraresi: lettere, visite e incontri a Ferrara Il lavoro dell’Ufficio e Centro missionari negli anni Ottanta e Novanta, come già nel decennio precedente, non è comprensibile senza tener conto del fitto intreccio con i missionari ferraresi e le loro opere in terra di missione. Lo scambio tra le due realtà era il motore di gran parte dell’attività compiuta in diocesi, pur accanto alle iniziative legate al sostegno delle missioni nella chiesa universale attraverso le PP.OO.MM. Le raccolte del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo andavano ai missionari ferraresi, ad essi era dedicato l’opuscolo stampato periodicamente, che informava la cittadinanza delle diverse microrealizzazioni, le loro lettere erano pubblicate sul settimanale diocesano, che ospitava anche interviste fatte loro durante i ritorni a casa per riposo, i resoconti dei viaggi presso le missioni da parte dei ferraresi, le informazioni sulle iniziative missionarie in diocesi. Come si è visto, mons. Franceschi aveva iniziato la consuetudine delle lettere ai missionari ferraresi, che fu mantenuta dal Centro diocesano anche successivamente687. Durante il suo episcopato furono cominciati anche gli incontri con i familiari dei missionari ferraresi, che poi diventarono occasione di riflessione e progettazione. Né vanno dimenticati i viaggi di laici presso i missionari, in particolare nella missione di Kamituga688. Negli anni Ottanta erano partiti nuovi missionari: suor Claudia Barbieri nel 1981 per Honk Kong, padre Giorgio Poletti, comboniano, nel 1983 per il Mozambico, padre Pier Maria Mazzola, anche lui comboniano e dal 1984 686 Iniziata con la partenza per un periodo di volontariato internazionale di Giandomenico Belletti nel 1987, Luca Andreoli, Parto per capire il terzo mondo, “la Voce di FerraraComacchio”, 3 ottobre 1987, p. 4 (MM). 687 Nel 1987 iniziano le lettere ai missionari ferraresi da parte del Centro missionario con firma autografa di tutti i componenti, ACMDFe-Com, b. 2, cart. 1987, varie lettere. 688 Documentati sul settimanale diocesano, ma anche negli opuscoli del Centro missionario diocesano e in Pagnoni, Don Alberto Dioli, passim; Don Alberto Dioli. Fidei donum, passim. 234 in Mozambico, don Francesco Forini come fidei donum per Kamituga nello Zaire nel 1987. L’elenco dei missionari ferraresi si era arricchito dei missionari provenienti dalla diocesi di Comacchio: suor Giuseppina Pescarini, di Codigoro, della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dal 1968 al 1988 missionaria nello Zaire, poi in Angola e in Mozambico, e padre Giorgio Reginato, missionario in Venezuela, del quale si è già detto. Negli anni Novanta partirono come fidei donum don Carlo Maran (1992-1995) e don Roberto Sibani (dal 1995 per periodi). Inoltre andarono in missione una coppia di sposi, Chiara e Luigi Bottura, partiti per l’Etiopia nel 1996, e suor Gennarina Neri delle Suore della Carità, in Albania dal 1992. L’intensa attività missionaria nella diocesi va colta in questa fitta trama di voci e di presenze, senza la quale tutto potrebbe apparire un guscio vuoto. E invece dentro vi erano iniziative sociali sostenute tenacemente negli anni. Nel 1989 erano collocate in diversi paesi africani, in Argentina, in Guatemala e in Uruguay: - Il Centro di Kamituga (Zaire) di don Alberto Dioli e di don Francesco Forini; - Il Centro handicappati di padre Silvio Turazzi a Goma nello Zaire; - La poverissima borgata nella periferia di Buenos Aires (Argentina) ove è presente suor Irenea Baraldi; - L’ospedale di Kambatta in Etiopia: qui si trova Carla Ferrari; - Gli impianti di pronto soccorso, laboratori di cucito e scuole di suor Emma Luisa Ferrari a Bocaranga, nel Centro Africa; - L’ospedale di Mary Mount, nello Zimbabwe, al confine con il Mozambico, al quale arrivano aiuti preziosi dai vigili urbani di Ferrara attraverso la concittadina Rosalba Sangiorgi; - I progetti di promozione socio-culturale promossi da padre Giorgio Poletti e da Pier Maria Mazzola nel difficile Mozambico, in Guatemala da padre Vincenzo Turri e nello Zaire da padre Enzo Bellucco; - Assistenza sociale di suor Maria Fidente Cattani nel villaggio Vichadero a Rivera (Uruguay) - La fondazione di un monastero di vita contemplativa da parte delle suore carmelitane di Ferrara, suor Anna Maria Brighenti e suor Maria Gottardi, a Etudì, sobborgo della capitale del Camerun Yaundé, per alimentare di fede, speranza e forza di vita attiva dei fratelli africani689. 689 Il ruolo del centro missionario, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 24 giugno 1989, p. 3 (MM). Sulla storia e il significato del monastero fondato nel 1987 in Camerun con la collaborazione dei tre monasteri carmelitani di Legnano (Mi), Lodi e Ferrara, cfr. Una carmelitana nella terra degli stregoni. La testimonianza silenziosa e orante di suor Anna Maria Brighenti, carmelitana ferrarese, dal 1987 presente nel Carmelo di Yaoundé in Camerun, a cura delle Carmelitane di Borgovado, “la Voce di Ferrara-Comacchio, 8 luglio 235 Oltre alle iniziative, il costante scambio con i missionari portava anche informazioni aggiornate sulle situazioni politiche e sociali dei paesi di missione, via via attraversati da regimi dittatoriali e corrotti, dalla devastante penetrazione economica delle multinazionali e dalle guerre, riportate dal punto di vista dei poveri e delle vittime. I missionari erano in tal modo testimoni di radicate ingiustizie e della miseria da queste provocata. Basti ricordare la presenza dei missionari ferraresi in Brasile o in Argentina, ma anche la presenza di padre Silvio Turazzi e di don Francesco Forini durante le guerre in Burundi e in Ruanda, con gli sconfinamenti nello Zaire e le successive guerre in quel paese. Sul settimanale diocesano furono pubblicate le loro testimonianze, che permisero di cogliere la portata della tragedia che si stava consumando a metà degli anni Novanta nella regione africana dei Grandi Laghi. I ferraresi potevano anche leggere sul settimanale diocesano la vita di altre chiese e coglierne gli stimoli positivi in termini di partecipazione e di collaborazione tra clero e laicato, come gli stessi missionari invitavano a fare. Dall’Africa e dall’America latina giungevano le notizie sulle comunità di base, come forma di ascolto del vangelo e di catechesi e di elaborazione di un forte legame tra fede e vita, oltre che come luoghi di fraternità, non comparabili con le esperienze occidentali. Era possibile inoltre seguire la crescita delle chiese indigene, ciascuna con le sue peculiarità, pur tra le difficoltà create dalla scarsità di clero, che faceva sollecitare ai missionari fidei donum una disponibilità di invii in missione. Di tutto questo rende conto la ricchissima raccolta di articoli del settimanale diocesano, di altri quotidiani ferraresi, del “Bollettino ecclesiastico”, di “Terra di nessuno”, bimestrale (1989-2006) dell’associazione Gruppo Ferrara-Terzo Mondo, curata da don Andrea Zerbini. Una vera miniera di informazioni, alle quali attingere per una storia più puntuale di uno scambio importante tra la diocesi di Ferrara-Comacchio e i missionari ferraresi. Il settimanale diocesano fungeva da raccordo fra tutti, in particolare da quando ne fu sostenuto l’invio a tutti i missionari da parte del Centro missionario, parrocchie e privati690. Dai missionari ferraresi provenivano anche riflessioni teologiche sulla missione. Come ricorda Gianni Colzani vi è stato in Italia un “fiorire di una letteratura singolare – frutto dei mezzi grafici più diversi – in cui i missionari riflettono sulla propria esperienza; sia pure senza giungere ad una for2000, p. 11. 690 La prima attestazione è in ACMDFe-Com, b. 3, Centro missionario diocesano, Il contributo di Ferrara-Comacchio alle Missioni Estere, 1992-93. 236 mulazione globale, le loro osservazioni non raramente portano il segno di una qualche genialità”691. In particolare in padre Silvio Turazzi era sempre esplicita una lettura teologica dell’esperienza missionaria. Un’intervista di don Ivano Casaroli del 1989 sul settimanale diocesano racchiude il pensiero di padre Silvio Turazzi sulla missione in quel contesto storico: Padre Silvio tu sei partito per l’Africa 15 anni fa. Come è cambiata da allora l’idea di missione e delle missioni? Anni fa si avvertiva la necessità di approfondire la missione partendo dall’avvenimento della Incarnazione: come Gesù si era fatto uomo, assumendone tutte le condizioni, così la chiesa doveva entrare tra i popoli assumendone la cultura come via di evangelizzazione. Oggi c’è un dato nuovo ed è la riscoperta che la missione è di tutti. Questo rende le missioni tradizionalmente intese non più un elemento di distacco dal resto, quasi pionieristico, ma ne accentua il carattere e l’aspetto di strumento nell’unica missione della Chiesa che è quella di portare gli uomini all’unità. C’è quindi se non capisco male un arricchimento del senso di cattolicità. Questo fatto è favorito secondo te anche dalla situazione contemporanea? Credo proprio di sì. Oggi siamo davanti a un mondo che si va rivelando diverso. I giovani cantano la terra come un grande villaggio globale: è vivo il sentimento della interdipendenza culturale, sociale e politica che accorcia le distanze tra i paesi. Vanno ricordate le case di accoglienza e di studio sparse un po’ in tutto il mondo; le assemblee internazionali per la pace; gli incontri interconfessionali di preghiera come quelli di Assisi, di Basilea e di Kioto; la presenza di studenti del Terzo Mondo nelle Università occidentali; le prospettive legate all’ecologia e il pericolo nucleare che rendono consapevole l’umanità che non ci sarà sopravvivenza se il Nord del mondo non sarà capace di una crescita etica e di una più grande solidarietà. Cosa ne deriva in concreto per la chiesa e per le missioni? Ne deriva che la missione sta assumendo un volto particolare; che la Chiesa è maggiormente provocata a rispondere a questa vocazione all’unità dell’umanità tutta. Che alla missione concorrono tutti, tutti quelli che in maniera decisa e forte promuovono i valori del Regno di Dio: la giustizia, la pace, la verità. Nel nostro linguaggio si può parlare di evangelizzazione e promozione umana? Certamente. Il Vangelo genera cultura, cioè modi di vita e organizzazione della società sempre più rispettosi dell’uomo. Missione allora è concorrere a liberare l’economia mondiale dal mito del profitto che schiaccia i 691 Colzani, La teologia della missione, p. 244. 237 deboli; è impegno a favorire un ordinamento giuridico più attento a un nuovo ordine internazionale; è ripensare la prassi democratica e infine esige il superamento del concetto di Stato-Nazione e l’individuazione di una nuova dinamica tra gli eventuali poteri pubblici mondiali e i corpi intermedi. La pensano così oggi tutti i missionari? Molti miei amici missionari sentono oggi turbato il discorso della missione. Dicono: se tutto è missione, cosa sono le missioni? La missione ha un suo specifico nell’annuncio della morte e della resurrezione del Signore, nella testimonianza offerta da un gruppo di cristiani; nel vangelo che purifica e indica strade di vita. Penso alla prospettiva di riconciliazione che hanno offerto a quei fratelli che in Burundi hanno saputo perdonare gli uccisori dei loro familiari. Come siete accolti voi missionari oggi dalla vostra gente che «sa» di essere sfruttata da quei paesi da cui venite? Anche questo della conoscenza è un dato nuovo che rende la nostra presenza difficile ma necessaria e ribalta in certo senso il rapporto tradizionale. Non siamo più soltanto portatori di una tradizione cristiana nel Terzo Mondo, ma anche testimoni presso le nostre comunità di origine delle sofferenze dei popoli presso i quali viviamo. Oltre che i nostri missionari, siete quindi anche missionari per noi? Non so se si può dire così: certo è che siamo testimoni delle piaghe dell’umanità e proprio per questa interdipendenza forte la missione diventa un fatto di società, un avvenimento collettivo. Non sono complete le missioni se non hanno un retroterra collettivo. Siamo il messaggio del Terzo Mondo per la nostra comunità di origine. Mi piace pensare alla missione come a una rete distesa nel mondo per la crescita del dialogo culturale. È questo il nuovo aspetto della missione che merita di essere approfondito e che impegnerà intensamente la chiesa nel futuro prossimo. La missione come fatto di società è un aspetto che emana dal vangelo e apre la porta all’incontro degli uomini e delle culture e alla riconciliazione. Anche la città allora può entrare in questa corrente della missione? La missione coinvolge tutti verso una cultura planetaria. La gente del Terzo Mondo capisce la controtestimonianza delle società sviluppate. Allora perché non lavoriamo insieme per la solidarietà? La sfida degli anni 2000 è una società che organizza la terra oltre i blocchi degli emisferi e dei nazionalismi. Se questa è la traiettoria e questo corrisponde a tanti nostri desideri perché non ci prendiamo la gioia di essere già oggi la società che sogniamo?692. 692 Testimoni del dolore del terzo mondo. Intervista a padre Silvio Turazzi ospite con don Francesco Forini lunedì a Casa Cini, a cura di Ivano Casaroli, “la Voce di FerraraComacchio”, 14 ottobre 1989, p. 10 (MM). 238 La missione è dunque un lavoro per l’unità dell’umanità e favorisce una “cultura planetaria”. In padre Silvio Turazzi vi sono l’intuizione della direzione storica in corso e il desiderio di orientare la grande sfida attuale verso la solidarietà. I missionari non sono “più soltanto portatori di una tradizione cristiana nel Terzo Mondo” ma testimoni delle sofferenze dei popoli presso le comunità di origine. Il Vangelo è generatore di una cultura rispettosa dell’uomo. Le strade scelte in Africa sono la coscientizzazione e la solidarietà, come aveva spiegato una decina di anni prima, in una lettera del 1979693. “Siamo invitati a camminare con la pazienza e la fiducia dell’Eterno, partecipando con tutte le generazioni allo sforzo gigantesco di costruire la pace sulla terra”, scriveva allora694. Nel 1990, dopo un episodio di malattia che lo aveva costretto a un ricovero a Parma e a vivere quel momento come occasione “a cogliere meglio l’essenziale”, scriveva: Ho accolto in modo nuovo il dono della missione, che vedo come diaconia della Chiesa per la fraternità tra i popoli. Cade in qualche modo il qui e il là (Nord-Sud), vedo necessario e urgente lavorare dappertutto e nei modi più diversi perché tutta l’umanità accolga il progetto di Dio: che tutti siano una cosa sola nella ricchezza delle diversità vissute come amore. In particolare, là sanando piaghe e percorrendo insieme il cammino di liberazione; qui imparando e vivendo la cultura del dare con uno stile di vita che sia disponibilità alla fraternità con tutti i popoli della terra. È un tempo difficile. I grandi ideali sembrano frantumarsi negli squilibri regionali e internazionali oggi percorsi da violenza, odio, chiusura. Si intuisce l’urgenza di lavorare perché le aspirazioni migliori dei Profeti e dei Saggi, di ieri e di oggi, si diffondano fino a diventare scelta di vita per migliaia e milioni di persone. Il mondo avrà un volto nuovo solo con l’impegno e la «crescita» di tutti. E il Nord, che ha pesanti responsabilità storiche e il potere economico sul mondo, potrebbe salvarsi facendo il primo passo verso gli altri695. Ripercorrendo nel 2005 la tragedia delle guerre nella regione dei Grandi Laghi, padre Silvio Turazzi individuava le ragioni della speranza: 693 Silvio Turazzi, «Come aiutare i giovani in Zaire. Coscientizzare alla solidarietà per togliere la paura dell’isolamento», “Voce di Ferrara”, del 24 novembre 1979, 5. 694 Ibidem. 695 Silvio Turazzi, La missione è servizio alla fraternità, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 24 ottobre 1992, p. 6 (MM). 239 Penso ai nostri martiri nella regione dei Grandi Laghi, a quei cristiani, donne e uomini che nei giorni della guerra sono rimasti fedeli fino in fondo ad uno stile di fraternità e non violenza, proprio di fronte ai massacri e alla morte; penso a tutti coloro, anche missionarie e missionari, che non hanno abbandonato il loro posto, non hanno lasciato quelli che erano stati abbandonati in balia delle vendette e dei massacri, dimenticati dalle grandi potenze e dagli organismi internazionali. Donne e uomini di speranza sono quelle persone della società civile che a Goma, come in altri luoghi, hanno ripreso a costruire, continuando a lottare, nonostante la grande insicurezza e il pericolo, per una riconciliazione non ancora ritrovata. Donne e uomini di speranza sono stati e sono quelli che continuano a fare da ponte tra noi e loro e non hanno permesso, con l’azione, la denuncia e la presenza, che scendessero il silenzio e l’indifferenza sopra i drammi dell’Africa e della sua gente. Con la loro azione di denuncia dell’ingiustizia e dello sfruttamento, che stanno alla base dei conflitti in Africa, donne uomini di speranza sono stati quelli che hanno impedito che scendesse l’indifferenza su di essa. Cosa vuol dire per te: “Nella speranza noi siamo stati salvati?” (Rm 8,24) Significa che siamo “liberati dalla speranza”; siamo liberati per continuare a sperare; qualcuno ci ridona la capacità di sperare; fa esperienza della salvezza colui a cui è riaperta la via della speranza ed è posto nella condizione di guardare di nuovo davanti a sé la vita e questo proprio a partire dalle sue disperazioni; nel cuore delle sue oppressioni e depressioni che lo imprigionano, qualcuno semina in lui la vita, ne ha compassione, gli si fa vicino, ne condivide la situazione, fa strada con lui, lo rincuora con la parola e lo introduce in una comunione che fa nascere un’attesa fiduciosa, reale, come quella del contadino che sa, nella pazienza dei giorni, che ciò che ha seminato porterà frutto certamente. Tutto questo è Gesù. La speranza viene solo dal Signore. Nella situazione globalizzata in cui viviamo, di mancanza di punti di riferimento e valori, di guerre e terrorismo, che hanno creato paura e disorientamento, occorre fare incontrare agli uomini il centro di questa speranza. Se è vero che Dio non abbandonerà mai l’uomo e là dove si vedono le tracce di un uomo, là Dio si fa presente, in Gesù però è accesa una luce, un faro particolari, in lui la speranza prende nome, volto, diventa incontro personale, amicizia profonda e discepolato. Nonostante viviamo in una società multietnica e multireligiosa, è importante accendere questa luce di Cristo ed essere in cammino con Lui e con chi incontri per le strade, poiché dall’incontro con Gesù nasce un’autentica esperienza di conversione, di missione di relazioni nuove. Come deve essere questa speranza per illuminare ogni uomo? È una speranza che è umile, san Francesco diceva ai suoi frati: “Quando 240 andate in mezzo ai Saracini fate la predica del silenzio e della sottomissione e quando si realizzeranno le possibilità dell’annuncio allora parlate pure del Signore”. La “predica del silenzio” è il vangelo che passa dentro di noi, che si fa vita e parla con la vita; mai fare da padroni sulla coscienza degli altri, occorre invece diventare minori e servi come Gesù, che si è abbassato, ci ha preso tutti su di sé e ci ha sollevati dalla nostra disperazione. E’ pure una speranza che non lascia soli, che non abbandona mai, che è forte proprio perché spezza la solitudine con una perseverante presenza: “Io sono con voi tutti i giorni”, e invita a praticare questa quotidianità. In questo modo la speranza assume le forme della fraternità che si comunica e raggiunge gli altri attraverso i gesti più comuni della vita, penetrati e riassunti tutti nel gesto eucaristico dello spezzare il pane696. Non è casuale l’accenno alla “non violenza” insieme alla fraternità nelle parole di padre Silvio. Lo stile della mediazione e della non violenza caratterizzò fortemente l’azione dei missionari ferraresi nello Zaire, da don Alberto Dioli697 a don Francesco Forini698 a padre Silvio Turazzi699. I limiti dati a questo lavoro non permettono di rendere conto della ricchezza di spunti forniti pure dagli altri missionari, racchiusi anche solo in una frase e soprattutto nel loro operare concreto. Se la teologia è anche elaborazione riflessa e organica di un patrimonio di esperienze, come sotto- 696 Silvio Turazzi, Donne e uomini di speranza in Africa, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, mensile, Speciale Ottobre missionario, 22 ottobre 2005, p. 10 (MM). 697 Sulla non violenza in Zaire: Ivano Casaroli, A Casa Cini testimonianza di un esiliato zairese. Liberazione della coscienza liberazione di un popolo. Invitato dall’Associazione Amici di Kamituga il capitano zairese Pierre Yambouya ha offerto un racconto dal vivo dei crimini del regime mobutista e con padre Francesco Zampese ha lanciato un appello alla non violenza, “La Voce di Ferrara-Comacchio”, 30 maggio 1992, p. 7 (MM). 698 Francesco Forini, Lettera da Kamituga: la speranza non muore, “la Voce di FerraraComacchio”, 16 maggio 1992, p. 6 (MM); Luciano Chiappini, Il taccuino. La solidarietà dei missionari, “la Voce di Ferrara- Comacchio”, 19 giugno 1993, p. 2 (MM); Lo Zaire di Mobutu, a cura di M. Botti, “Terra di nessuno”, febbraio 1994, p. 2 (MM). 699 Ivano Casaroli, Mons. Faustino Ngabu vescovo di Goma (Zaire) in visita a Ferrara. La presenza missionaria è una grande ricchezza. Caloroso incontro con l’associazione di solidarietà Annamaria Vallisneri che opera a favore della sua diocesi, “la Voce di Ferrara-Comacchio, 15 febbraio 1992, p. 3 (MM); Due testimonianze mandate dai nostri missionari in Zaire: don Francesco Forini e p. Silvio Turazzi, “la Voce di FerraraComacchio”, 6 marzo 1993, p. 7 (MM); Telefonata allarmata di p. Silvio Turazzi da Goma (Zaire). La Guerra ha già fatto 2000 morti, “la Voce di Ferrara-Comacchio, 8 maggio 1993, p. 6 (MM). 241 linea Gianni Colzani700, certo l’azione dei missionari è un luogo teologico di grande rilevanza. I missionari ferraresi, grazie alla promozione dei contatti attuata costantemente dal Centro missionario e poi da altre realtà ferraresi, furono testimoni dei mutamenti mondiali in atto, voce delle ingiustizie perpetrate a danno dei popoli, appelli viventi alla costruzione di un’umanità solidale e planetaria. Il loro sguardo prezioso, interno ed esterno nello stesso tempo, si fissava talvolta anche sulla realtà ecclesiale e sociale di Ferrara-Comacchio e italiana e occidentale più in generale. Soltanto una ricerca approfondita delle interazioni con le singole persone e con le comunità parrocchiali e i gruppi di sostegno, attraverso il ricorso anche alle fonti orali, potrebbe cogliere il ruolo di attivazione di coscienze e azioni nella diocesi di Ferrara-Comacchio operato dalla loro testimonianza. 700 Colzani, La teologia della missione, p. 244. 242 5. I C (1997) Nel 1993 divenne direttore dell’Ufficio missionario, allora denominato “Ufficio per la Cooperazione tra le chiese”, don Settimo Tartagni, arciprete di Cassana dal 1991. Del mutamento di direttore, accolto con fiducia, dà conto una lettera del Centro missionario ai missionari ferraresi del 9 marzo 1993: “Ed ora una notizia che avremmo dovuto scrivere per primo: è stato cambiato il Direttore dell’Ufficio missionario, don Giuseppe ci lascia e viene Don Settimo Tartagni; siamo contenti del cambio”701. L’8 settembre 1995 venne nominato arcivescovo di Ferrara-Comacchio mons. Carlo Caffarra, che entrò in diocesi il 4 novembre 1995. Il Comitato ferrarese contro la fame nel mondo scrisse in ottobre a mons. Maverna ringraziandolo e ricordando la sua “grande partecipazione” ai problemi dei missionari702. In novembre il Comitato scrisse il benvenuto a mons. Carlo Caffarra, presentandosi brevemente703. Il Comitato era ancora una sezione del Centro missionario diocesano e inviò una breve relazione sul suo operato e la sua composizione all’arcivescovo il 7 giugno 1996. In quel momento era formato da un “gruppo cattolico praticante” di quattordici donne704 e da un “gruppo di rappresentanti delle Istituzioni cittadine”705. 701 ACMDFe-Com, b. 4, cart. 1993, Centro missionario diocesano. Sezione Comitato ferrarese contro la fame nel mondo, Lettera ai missionari ferraresi, Ferrara, 9 marzo 1993, dattiloscritto ciclostilato. 702 ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1995, Lettera di Gisa Trevisani a mons. Luigi Maverna, Ferrara, 18 ottobre 1995, dattiloscritto con firma originale. 703 ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1995, Lettera di Gisa Trevisani a mons. Carlo Caffarra, Ferrara, 7 novembre 1995, copia dattiloscritta. 704 Questi i nomi: Gisa Trevisani, Anna Ferrari, Matilde Sovrani, Lidia Bini, Rosanna Villani, Elisa Zamorani, Teresa Menini, Lina Turri, Tina Carraro, Raffaella Franchini, Gabriella Pozzato, Paola Scarpa, Carla Magni, Loretta Marchi, Ibidem. 705 Questi i componenti: Daniele Pironi (Ufficio relazioni estere culturali in rappresentanza dell’Amministrazione Comunale), Stefano Lucci (Comandante Polizia Municipale), Giuliano Colussi (Ispettore Polizia Municipale), Angiolino Danza (Ispettore Polizia di Stato), Rita Trentini (per il Provveditore agli Studi), Giovanni Mari (responsabile gruppo Agesci), Alfredo Corallini (ACLI Provinciale), Carlo Pagnoni (per la CGIL), Giovanni 243 Alle riunioni partecipavano sempre don Giuseppe Crepaldi e don Alberto Campi, che già dagli anni Settanta, come si è visto, era coinvolto nelle attività del Centro missionario. Il Comitato, il cui motto in quel periodo era ancora “Contro la fame cambia la vita”, si presentava come essenzialmente legato ai missionari ferraresi, con il duplice scopo di “diffondere il Regno di Dio nel mondo con la testimonianza di Missionari ferraresi” e di “allargare il più possibile il numero delle persone, credenti e non credenti, che attraverso la solidarietà e la condivisione, cooperino alla costruzione di un mondo migliore”706. Il 23 ottobre dello stesso anno, nella lettera ai missionari il Comitato scriveva: “Il nuovo Vescovo ha accettato bene il gruppo Missionario e quello del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo; ci ha promesso il suo aiuto”707. Il 13 novembre si era tenuto un incontro dei vari gruppi missionari della diocesi, al quale avevano partecipato le parrocchie e i gruppi di Masi Torello, Porotto, S. Caterina Vegri, S. Benedetto, S. Agostino, S. Giuseppe Lavoratore, B. V. Perpetuo Soccorso, Baura, Malborghetto, Codigoro (Salesiani), Cassana, S. Francesca Romana, Gruppo del Rinnovamento, Soci Costruttori, Gruppo Operazione Mato Grosso, Gruppo Kamituga. L’intervento del missionario Pier Maria Mazzola illustra quali impegnative prospettive si ponevano allora al lavoro missionario in diocesi: - Occorre innanzitutto collegamento e coordinamento. Non solo apprezzamento reciproco, ma scambio di esperienze e progetti. - Concretizzare una conoscenza reciproca - Proporre un cammino di formazione concordato insieme. - Scuola per animatori missionari - Mettere insieme le conoscenze (un osservatorio permanente sulle realtà missionarie) - Evidenziare l’idea di missione nella storia - Formazione continua sui problemi legati allo sviluppo e alla pace - Fare riferimento al SUAM (Segretariato Unitario di Animazione Missionaria) - Domandarsi a che cosa sia finalizzata e a cosa tende la nostra attività missionaria soprattutto nel mese di ottobre diventato nella Chiesa il mese dedicato alla missione e missionarietà - A che tipo di missione è finalizzata l’animazione missionaria?, quale Busi (Presidente CISL), Paolo Pastorello (Circoscrizione Giardino), Bolgarelli Franca (Lagosanto), Ibidem. 706 Ibidem. 707 ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1996, Lettera del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo ai missionari ferraresi, Ferrara, 23 ottobre 1996, copia dattiloscritta. 244 immagine di chiesa sottende? - Necessità di rendere creativa la missione della chiesa - Puntare fortemente sulla formazione e sulla visione di insieme, unitaria. Se infatti da un lato in Italia c’é molta sensibilità verso il terzo mondo, e si assiste ad una crescita dell’offerta di volontariato, questa però è frantumata in mille rivoli, discontinua e poco formata. Si punta più sull’emergenza, si ritorna all’elemosina, non si va oltre facendo capire il perché, le cause che determinano la povertà, la miseria e il sotto sviluppo. Questo che potremmo definire un “respiro corto” della missionarietà fa perdere di vista la visione di insieme. - Rilanciare il valore dell’unità nell’attività missionaria e al tempo stesso rispettare le individualità e la pluralità. La fede infatti é un dono personale e va vissuta in modo personale e poi va trasmessa agli altri. Missione come mondialità, ricontattare quelli che non sono venuti, collegare insieme le parrocchie a partire dai vicariati708. In molti interventi ritornava l’auspicio di maggiore conoscenza reciproca e di coordinamento. L’intervento conclusivo fu di don Andrea Zerbini, parroco di Santa Francesca Romana: - Occorre trovare tra i sacerdoti un responsabile per vicariato che si interessi alla missionarietà e faccia da collegamento con il Centro - Necessità di affrontare il tema della pastorale missionaria per la Chiesa locale. Nodo problematico é il permanere di una concezione di “dentro e fuori la Chiesa”, spezzare questo schema sarebbe un primo obiettivo, poi ci sono da valutare i rapporti con la Caritas e il volontariato in genere, infine far crescere sensibilità e spirito missionario come spirito ecclesiale: una spiritualità missionaria di tutta la chiesa locale - Coinvolgere le parrocchie perché si prendano a cuore un missionario ferrarese - Fare in modo che questo incontro dei vari gruppi missionari diventi una tradizione e si sviluppi a modo di Convegno annuale di ascolto, di verifica di proposte e progettazione709. E fu proprio don Andrea Zerbini a succedere qualche mese dopo a don Settimo Tartagni come direttore dell’Ufficio per la Cooperazione tra le Chiese. Il nuovo direttore lavorò per creare un gruppo di sacerdoti che si occupassero dei diversi ambiti d’azione del Centro missionario diocesano, con loro ne definì le caratteristiche, l’ispirazione e gli orientamenti e ne 708 ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1996, Alcuni appunti sull’incontro del 13 novembre [1996] con i vari gruppi missionari diocesani in Montebello 8, copia dattiloscritta. 709 Ibidem. 245 curò un nuovo statuto. La prima presentazione del nuovo Centro missionario avvenne con una sua lettera del 26 gennaio 1998 sul “Bollettino ecclesiastico”: Nell’assumere la responsabilità del Centro missionario diocesano vorrei dire le intenzioni e i pensieri che hanno accompagnato questo momento iniziale. 1. Innanzitutto un grazie a don Settimo, che ha lasciato la direzione del Centro per ragioni di salute, la sua azione ha valorizzato le collaborazioni di altri sacerdoti, ed ha orientato l’attività missionaria nel compito di coordinare e valorizzare le realtà missionarie presenti in diocesi e sul territorio. Con lui ringrazio tutti i collaboratori, confido ancora nel loro aiuto in continuità con il prezioso lavoro fin qui svolto. 2. Riflettere sulle linee di orientamento di una struttura pastorale quale è il Centro Missionario Diocesano è di vitale importanza per la nostra Chiesa per non fraintenderne il ruolo e il compito se lo si considerasse solamente di supporto logistico e aiuto economico ai missionari, o alle emergenze umanitarie e di solidarietà. Rappresenta invece il servizio per far scoprire ed attuare, la missionarietà, come dimensione permanente della Chiesa diocesana attraverso un interagire di chiese sorelle ed insieme lo strumento per collocare la missione nel cuore della pastorale. A questo modo di sentire ci hanno educati il Concilio e i documenti della CEI. 3. In questa prospettiva emerge l’esigenza di interagire e confrontarsi con il consiglio presbiterale, pastorale ed i vicariati affinché non solo formalmente, ma realmente si attui la dimensione ecclesiale e diocesana del Centro e questo per aprirsi a dimensioni ed ambiti nuovi, per dedicarsi alla formazione missionaria al fine di condividere con gli altri l’impegno della evangelizzazione in modo più coordinato e organico. La missione non è una attività collaterale: è contenuta nella fede, ne è il cuore, esprime la natura della Chiesa, ha bisogno di essere compresa e accolta proprio negli stessi luoghi dove si vive la fede affinché possa divenire annuncio di salvezza anche per gli altri. 4. Per questo, con il consenso dell’arcivescovo, ho chiesto la collaborazione di alcuni sacerdoti al fine di costituire una équipe per la riflessione ed il servizio attivo per la missione nell’ambito della nostra Chiesa. Questa équipe missionaria si incontra regolarmente ogni quindici giorni, il mercoledì alle 10, presso gli uffici pastorali ed è composta da don Giuseppe Crepaldi il quale curerà i rapporti con i vicariati e con il Centro missionario regionale, don Alberto Campi che farà da collegamento con il Comitato ferrarese contro la Fame nel Mondo710 e seguirà l’attività delle PP.OO. 710 Don Alberto Campi divenne nel 1997 assistente spirituale del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo. 246 MM., don Andrea Turazzi si dedicherà all’informazione e comunicazione, don Alessandro Denti terrà i collegamenti con associazioni e movimenti ferraresi che lavorano nell’ambito della missione e della cooperazione, don Roberto Sibani si interesserà della Cooperazione tra le Chiese. Da questi incontri è emersa l’esigenza di presentare una mappa degli ambiti e delle iniziative in atto o da attuarsi per una presa di coscienza globale della situazione ed insieme ai Consigli diocesani sentire valutazioni, consigli, proposte711. Nell’équipe sono presenti don Giuseppe Crepaldi e don Alberto Campi, che sono stati per decenni fino ad oggi una presenza costante per il Centro missionario diocesano attraverso le sue diverse vicissitudini. Seguiva l’elenco degli appuntamenti annuali e degli ambiti di intervento del nuovo Centro missionario. Nella prima parte trovavano posto gli impegni ormai consolidati: - Ottobre Missionario Giornata Missionaria Mondiale Infanzia Missionaria - 24 marzo Giornata Missionaria Martiri e per i Missionari ferraresi - Comitato Ferrarese contro la Fame nel Mondo Campagna di aiuti Coinvolgimento delle scuole ed enti pubblici. Cammino di Speranza con fiaccolata, S. Messa in Cattedrale e tenda in piazza (mese di novembre). Avvento missionario. Vigilia Corpus Domini Notte di Adorazione Giornata con i genitori dei missionari. Poi, insieme ad impegni già assunti nel tempo, si prospettavano una serie di iniziative nuove, intese a dare concretezza all’intento di mettere la missione al centro della comunità ecclesiale: - Cooperazione tra le Chiese Collegamento con gruppi e movimenti locali -P -K -O (seminaristi) - Mappatura e collegamento dei gruppi missionari impegnati nella cooperazione - Mappatura degli istituti religiosi presenti in diocesi impegnati nelle missioni - Collegamento e informazione sulle iniziative parrocchiali a favore dei missionari - Convegno annuale (mese di novembre) di verifica e tematico con tutti i gruppi missionari - Panorama delle realtà e delle iniziative attinenti al lavoro del Centro 711 Andrea Zerbini, Lettera, Ferrara, 26 gennaio 1998, BE FE-COM 1998, pp. 98. 247 Missionario Diocesano - Iniziative straordinarie: Campagna nazionale chiama l’Africa - Iniziative con i missionari ferraresi - Corrispondenza. Trovare comunità parrocchiali di accoglienza e sostegno - Valorizzare i rientri e i congedi - Presenza a incontri di formazione e spiritualità e liturgica - Strutture per la formazione missionaria degli animatori e delle comunità - Accostare all’équipe del Centro missionario un gruppo di laici - Sacerdoti animatori vicariali - Fondazione di gruppi missionari parrocchiali - Campo estivo giovani per lavoro e studio - Pagina mensile di informazione e riflessione sulla Voce di FerraraComacchio712. Il nuovo Centro missionario diocesano si dotò di un proprio statuto, edito sul “Bollettino ecclesiastico” a fine 1998, che si apriva con una articolata definizione del Centro, ispirata alla teologia conciliare e alla recente elaborazione teologica sulla missione: 1. 1.1 Il Centro Missionario Diocesano è realtà ecclesiale di formazione, promozione, e coordinamento della missionarietà nella Chiesa di FerraraComacchio. È considerato luogo e strumento di evangelizzazione, di crescita e maturazione della coscienza e dell’impegno missionario, di comunione fra le Chiese e di educazione alla mondialità. 1.2 Come luogo il CMD è chiamato a vivere prima di tutto in se stesso questa realtà ed a testimoniarla. Ad esso infatti confluiscono e collaborano tutti coloro che, animati da sincero spirito di servizio in ambito ecclesiale, si riconoscono nelle scelte missionarie della Chiesa particolare che agisce in comunione con la Chiesa universale. 1.3 Il coordinamento poi tra le realtà e le attività missionarie risponde a due esigenze: 1) quella della salvaguardia della identità ecclesiale pur nella diversità dei doni e dei servizi al fine di promuovere percorsi di formazione e spiritualità missionaria; 2) quella della unità nella molteplicità per favorire e sostenere ogni buona iniziativa senza spegnere ciò che lo Spirito suggerisce alla nostra Chiesa ed anche fuori di essa. 1.4 Come strumento il CMD è ordinato a far sì che la comunità 712 Ivi, pp. 98-99. In chiusura della lettera era esposta la posizione economica del Centro. 248 diocesana viva intensamente il suo essere Chiesa-missione e lo realizzi attraverso la preghiera assidua, ed il sacrificio; nell’impegno specifico dell’annuncio del Vangelo a tutte le genti; nell’esercizio della carità a partire dalla scelta preferenziale per i poveri e nella cooperazione con le Chiese sparse nel mondo713. I compiti erano specificati in modo analitico e si ispiravano a una visione di collaborazione con altre realtà ecclesiali della diocesi. Veniva, inoltre, incoraggiata la formazione di gruppi missionari con i quali mettersi in rete: 2. In rispondenza alla sua natura e finalità il CMD svolge molteplici compiti. 2.1 Nell’ambito della comunità diocesana fa conoscere e coordina le diverse attività a carattere missionario, incoraggia vocazioni, stimola l’invio di persone e aiuti nelle chiese dei paesi in via di sviluppo, ricerca vie nuove di presenza missionaria e di evangelizzazione dei popoli. 2.2 Nei riguardi dei vari organismi pastorali come l’Ufficio Catechistico, l’Ufficio Liturgico e la Caritas, il CMD mantiene un legame organico e ravviva lo spirito missionario nelle iniziative pastorali attraverso contatti permanenti, scambio di informazioni e di aiuto. Inoltre aggiorna su situazioni, problemi, esperienze di altre chiese specialmente le più povere; assicura le relazioni tra la comunità locale e i suoi missionari; si fa attento e collabora con i gruppi e le associazioni operanti in diocesi, pronto ad accoglierne suggerimenti e proposte. 2.3 Il CMD accoglie gli organismi in esso rappresentati in clima di fraternità e di stima valorizzando il carisma proprio di ognuno; armonizza le iniziative missionarie locali con quelle regionali e nazionali; favorisce la collaborazione di tutte le forze missionarie o aventi rapporti con l’attività missionaria. 2.4 Nel proporsi come luogo e strumento di crescita e sviluppo della coscienza missionaria diocesana il CMD avrà cura di informare e consultarsi con il Consiglio presbiterale e, attraverso un suo rappresentante, anche con il Consiglio Pastorale diocesano. Il rapporto con i Vicariati sarà mantenuto da un sacerdote referente nominato in sede di Vicariato. 2.5 Il CMD si avvale dell’apporto dei laici e dei religiosi e per questo incoraggia e aiuta il formarsi di gruppi missionari in parrocchie, movimenti e associazioni. 2.6 Particolare cura il CMD dedica all’ambito della teologia, spiritualità missionaria e della educazione alla mondialità promuovendo un corso 713 Ufficio missionario, Statuto per il Centro Missionario Diocesano, BE FE-COM 1998, p. 358. 249 annuale di formazione presso l’Istituto di Scienze Religiose come pure organizzando un convegno annuale714. Le relazioni con i diversi organismi preposti all’attività missionaria in diocesi erano chiarite nel paragrafo dedicato alla struttura del Centro: 3. Il cmd è costituito da: 3.1. Direttore nominato dall’Arcivescovo. 3.2.Commissione diocesana di laici, religiose e religiosi – approvata dall’Arcivescovo 3.3. Sacerdoti nominati dai Vicariati per il coordinamento e animazione vicariale 3.4. Ufficio di pastorale missionaria con sede nella Curia arcivescovile. Formato dal direttore, da un delegato dei laici e dei religiosi eletti dalla commissione diocesana e da un’équipe di sacerdoti collaboratori. Compito dell’Ufficio è quello di: a) fornire indicazioni all’Arcivescovo, accoglierne le scelte pastorali, e tradurle in proposte missionarie; b) avere attenzione particolare ai presbiteri fidei donum, ai laici missionari e agli operatori pastorali; c) collaborare e coordinarsi con gli uffici diocesani della pastorale. 3.4. In seno al CMD potranno costituirsi delle sezioni per studio [di] iniziative particolari come è della sezione Comitato Ferrarese Contro la Fame nel Mondo715. Il direttore e il nuovo Centro missionario si ponevano nello stile della collaborazione e del camminare insieme (sinodalità), che era stato proposto dal sinodo concluso da qualche anno. Proprio questo tratto don Andrea Zerbini aveva apprezzato in don Settimo Tartagni, come emerge da un ricordo in occasione della morte del suo predecessore alla guida del Centro missionario, avvenuta nel 1999716. Si trattò di un vero e proprio rilancio, con nuovi orizzonti, diverse modalità di collaborazione all’interno della diocesi e un intenso apporto di pensiero. Il nuovo Centro missionario fu animato soprattutto dalla volontà 714 Ivi, pp. 358-359. 715 Ivi, pp. 359-360. 716 Andrea Zerbini, Se uno è stato dimora di Dio, Dio sarà la sua dimora. Un ricordo di don Settimo Tartagni, per anni direttore del Centro Missionario Diocesano: ci ha lasciato l’eredità del suo sacerdozio e il dono della sua sofferenza, “la Voce di FerraraComacchio”, 22 maggio 1999, p. 4 (MM). 250 di una “conversione pastorale”717 delle comunità alla missionarietà. Nei primi anni del suo lavoro seppe mettere sul tappeto alcuni grandi temi della riflessione teologica sulla missione e offrire alla città incontri significativi con missionari ferraresi e non. Già nel 1996, a conclusione di un’intervista a don Settimo Tartagni, allora direttore del Centro missionario, al ritorno dal seminario di studio delle PP.OO.MM. tenutosi a Roma dall’11 al 14 settembre sul tema La missione rinnova la Chiesa, don Andrea Zerbini aveva scritto: “La missionarietà è la scelta della speranza e del futuro per la chiesa e quindi per il mondo perché apre entrambi ad una visione planetaria dell’uomo della vita e della storia”718. Una missione che si svolge in ogni luogo, perché in ogni luogo Dio è presente e attende di essere annunciato, come scrive don Zerbini nel 1997 in una meditazione sulla “passione missionaria di un prete”: Al discepolo che chiedeva perché Dio fosse apparso in un roveto il Rabbi Joshua rispose che ciò era per insegnare che non vi è alcun luogo sulla terra in cui Dio non sia presente. L’eucaristia e la missione sono allora il segno e il dono di questa universale Presenza da riconoscere, accogliere ed annunciare, perché attorno ad ogni mensa eucaristica possa celebrarsi davvero la Messa sul mondo. La passione missionaria di un prete è allora il frutto di un duplice itinerario che per un verso lo introduce, mediante la preghiera, alla presenza del Signore: è l’esperienza viva dell’eucaristia. Dall’altro verso lo porta a varcare la soglia del tempio incontro al Dio che viene, la cui presenza è da riconoscere sempre di nuovo ed insieme da annunciare nella condivisione della vita: «Guarda da che luogo ti chiamo» disse Dio a Mosè - «dalle spine! Se così si potesse dire, io condivido il dolore del mio popolo, in tutte le loro angustie io sono a itto Is 63,9» (Esodo Rabbah 2, 5). È l’esperienza umile e povera della missione. Una preghiera che dilati il cuore unitamente alla disponibilità ad accompagnare l’imprevedibile cammino degli uomini costituiscono la condizione più vera perché si alimenti nei presbiteri la passione per l’annuncio del Vangelo719. Una missione, dunque, all’insegna della presenza di Dio, che coniuga contemplazione e ministerialità. Il sogno di Giacobbe diventa per don 717 Espressione ricorrente negli scritti di don Andrea Zerbini in quegli anni. 718 A. Zerbini, Il rinnovamento della chiesa attraverso la via missionaria. Don Settimo Tartagni al Convegno missionario, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 23 settembre 1995, p. 4 (MM). 719 A. Zerbini, La passione missionaria del presbitero, “la Voce di Ferrara”, Mensile, 10 dicembre 1997 (MM). 251 Zerbini icona del nuovo Centro missionario, come scrive al ritorno dal convegno di Bellaria nel 1998: Una pietra come guanciale ed è subito «sogno». Quello di Giacobbe in fuga dalla sua casa, che si ritrova nel mondo di fuori, nella notte, in compagnia solo di quella «benedizione» tutta da scoprire e capire come una figliolanza a cui rinascere sempre di nuovo nella forma di un cammino; benedizione come una vicinanza di Dio di cui non si è consapevoli, ma alla cui presenza siamo sempre. Così mi ha sorpreso ed ho compreso anch’io, nella figura del sogno di Giacobbe, il Convegno missionario della Chiesa italiana a Bellaria: “Il fuoco della missione”, dal 10 al 13 settembre. Tante volte si è alle strette con se stessi e con gli altri tanto da desiderare di fuggire come Giacobbe in lite con Esaù suo fratello; nel cammino spirituale e pastorale di una comunità cristiana a volte si fa fatica a credere che poi le cose possano cambiare davvero. Tristezza e rassegnazione sono quotidianamente lì a ricordarci le nostre incapacità e divisioni, la nostra poca fede ed a tentarci soprattutto: alla fine anche il sogno di Dio per noi, che è un sogno di liberazione e di fraternità, resterà un sogno e basta? È su queste dure pietre che anche noi ci addormentiamo quando fa sera in attesa di venire visitati dal sogno di una scala che tiene insieme cielo e terra, frequentata da messaggeri che ci annunciano ancora la via della contemplazione (spiritualità e annuncio) e quella della ministerialità (dialogo e servizio) per una Chiesa tutta missionaria, rivolta alle Genti. […] Forse i 1600 partecipanti al Convegno tornando a casa, avranno pensato, incontrando nuovamente le loro realtà di chiesa, come Giacobbe al risveglio dal sogno: “Certo il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo” (Gn 28,16). Santa Teresa di Lisieux avrebbe esclamato: «Oh mon Dieu, vous avez depassé tout mon attente». Lo stupore di Bellaria è stato proprio questo: l’esperienza della presenza e del sorpasso. O mio Dio, sei andato oltre le nostre attese ed i desideri più profondi. Ti abbiamo trovato davanti a noi a fare strada, ti credevamo invece dietro, lontano ed ancora addormentato sulla barca. Questa icona del sogno di Giacobbe la sento pure come figura rappresentativa e prospettica del nuovo Centro Missionario Diocesano (CMD) che, dopo l’approvazione dello statuto da parte del vescovo e del Consiglio presbiterale e la nomina al suo interno di una commissione di laici e religiosi, rappresentativa delle realtà missionarie presenti in diocesi, si è messo in cammino per lasciarsi prendere da quel sogno e dal quel compito che è ricevere e ri-consegnare continuamente nelle realtà della nostra chiesa il «fuoco della missione»720. 720 Andrea Zerbini, Ferrara, 13 ottobre 1998 (MM). Appunti personali. 252 Non a caso il secondo convegno missionario diocesano, organizzato per l’anno giubilare del 2000 riprese l’icona del sogno di Giacobbe. Vi è la dinamica della scoperta di una presenza, di uno stupore e di una consolazione che muovono alla missione. La missione del Duemila non può che nascere da una profonda esperienza spirituale, da un “dialogo intimo” con Dio721. La missione è porsi nella condizione di pellegrini per farsi trovare dove Dio è, perché Dio cammina con l’umanità, come scrive don Zerbini commentando il tema della Giornata missionaria mondiale del 1999 “Dio cammina con l’umanità”: La notizia che Dio cammina con l’umanità deve condurci e collocarci nella situazione dei Magi alla vista della stella, di Maria e dei Pastori all’annuncio degli angeli, dei primi discepoli alla chiamata di Gesù. Essi, alla buona notizia che Dio si era fatto cammino con noi, prontamente si domandarono: “Quando?” “Dove?” “Come?” Spazio, tempo, la stessa nostra libertà si dispiegano e si tendono nel gesto dell’accoglienza. Reagiamo anche noi in questo modo all’annuncio? Coinvolgiamo lo spazio ed il tempo, la libertà della nostra esistenza a questa notizia? O cade accanto ad essi o al di fuori? Che alla fine significa: “Non tocca a me” o “non mi tocca”. La risposta che si riceve - se noi poniamo tali domande - si struttura come un invito a metterci in viaggio (i Magi), come un evento che ci coinvolge, (Maria e i Pastori), come un incontro che ci trasforma (i Discepoli). “Vieni e vedi” è la risposta (Gv 1,46). Una “non risposta” se ci aspettiamo un’informazione, una definizione, un concetto racchiuso nello spazio di un discorso; una storia, una vita nuova invece se decidiamo di incamminarci e rivestire così la condizione di pellegrini722. E continua: Il pellegrinaggio conduce ai luoghi di Cristo, ma in realtà la meta di ogni pellegrinaggio, del vagare di ogni vita umana nel tempo, di ogni popolo, alla fine, - lo ricorda Paolo ai cristiani di Filippi - è quello di essere trovati in Cristo (Fil 3,9). E’ Lui, la sua persona il luogo dove è possibile contemplare ed allo stesso tempo incamminarsi con il Dio che cammina con l’umanità. Dov’è oggi Betlemme? Dove Nazaret, dove ancora Cana, Betania, Tiberiade, Genezaret, la Decapoli e dove Gerusalemme con l’orto degli ulivi, il calvario ed il sepolcro vuoto e dove ancora quella 721 Andrea Zerbini, Diocesi e Spirito missionario. Dalla pastorale di “conservazione” ad una pastorale missionaria, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, Mensile, luglio-agosto 1999, pp. 34-35 (MM). 722 Id., Missione in cammino, “la voce di Ferrara-Comacchio”, 2 ottobre 1999, pp. 1, 7 (MM). 253 Galilea delle Genti dove il Risorto ha promesso di precedere e di farsi trovare sempre dal discepolo di tutti i tempi? Oggi, realmente, questi luoghi, al di là della loro designazione e delimitazione geografica nel tempo e nello spazio, non sono forse da ricercare e trovare nuovamente in mezzo a noi? Giacobbe dopo il sogno della scala che congiungeva la terra al cielo, dopo essere stato benedetto da Dio affinché lui stesso fosse benedizione non solo per il suo popolo ma per tutti i popoli non ha forse esclamato: “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo” (Gn 28,16). Missione non sarà forse un mettersi in cammino con la Chiesa per interrogarsi, cercare e ricercare quei luoghi del Giubileo nascosti che ancora non conosciamo? Ed indicarli ed in essi essere trovati? Non è proprio là che il Risorto ci attende?723 Una missione che si costruisce nelle relazioni e che quindi si compone delle tante esperienze presenti in una chiesa. Don Andrea Zerbini pensa alle tante iniziative parrocchiali come fili di un unico tessuto: Un impegno missionario visto come un tessere di nuovo il tessuto delle comunità intrecciando fili nuovi, allargando esperienze, incontri, promuovendo reciprocità, grazie al movimento del telaio che si alza e si abbassa, figura questa della fede matura che tiene insieme il movimento verso l’alto, il gesto dell’aprire sempre di nuovo il vangelo - il gesto missionario di Gesù che apre e legge la scrittura nella sinagoga di Cafarnao per capire la sua missione (Lc 4, 14) - ed il movimento verso il basso, quello del “gettare le reti” - il gesto di Pietro sul lago di Genezaret (Lc 5,4), e di ogni battezzato, reso suo contemporaneo, dallo Spirito e dall’eucaristia. Immagine questa di parrocchie “in movimento”. Penso al gruppo parrocchiale di San Giorgio e a sr Irenea missionaria in Argentina, penso alle parrocchie di San Paolo e Santo Stefano e a sr Claudia missionaria a Macau in Cina, alla parrocchia di San Benedetto e al gruppo “Sidamo”, e poi mi viene in mente la parrocchia del Gesù e le torte missionarie per sr. Emma Luisa in Centrafrica e la parrocchia della Beata Vergine del Perpetuo Soccorso e p. Vincenzo missionario tra i terremotati di El Salvador. Ed ancora le famiglie della parrocchia di Pontelagoscuro e i progetti di solidarietà a Parauapebas in Brasile e le comunità di Portogaribaldi e del Rosario che sostengono con la loro solidarietà la formazione e la preparazione al sacerdozio di Noel e Alfred, seminaristi sudanesi ospiti nel nostro seminario. L’Immacolata e p. Carollo, Malborgetto ed il cammino di formazione alla mondialità. E quante altre realtà ecclesiali e parrocchiali, gruppi e persone singole, 723 Ibidem. Sulla condizione di pellegrini anche Id., La missione in una conchiglia, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 30 ottobre 1999, p. 5 (MM). 254 in modo semplice e a volte nascosto, anche solo con la preghiera nel segreto della loro coscienza dicono: «Nulla venga anteposto alla missione, proprio perché il nome, antico e sempre nuovo della missione è Gesù Cristo»724. Un missione per la quale la memoria dei martiri è rivelatrice di verità: Una Chiesa che guarda ai suoi martiri non è come una chiesa che si guardi allo specchio in modo tale che «appena s’è osservata, se ne va, e subito dimentica com’era» (Gc 1, 24). Piuttosto essa si vede come il velo della Veronica o il lenzuolo della Sindone. Nel ricordare i suoi martiri essa riscopre e ritrova ancora una volta impresso su di lei il volto ed il corpo di Gesù nella sua passione e morte, lo contempla ancora oggi, realmente, come il Signore trafitto e risorto e si sente spinta a mettere «in pratica la Parola» (Gc 1,22) nella forma dell’annuncio e della missione. Ringrazia infine, con gioia e timore per questo dono pasquale che è il martirio: memoria sovversiva e inquietante, innanzitutto per lei e per noi che nella Chiesa aderiamo come membra ad un unico corpo, perché nel martirio degli “amici” dell’Agnello ci scopriamo ancora non convertiti e poco amanti e in-disposti a perdere privilegi e attestazioni per amore del Vangelo. La Chiesa guardando ai suoi figli martiri la cui vita, nella morte, si è fatta verità luminosa del Vangelo e dell’esistenza umana, si trasfigura nella verità, le cadono dagli occhi le scaglie dell’illusione che basti essere ascoltatori della Parola; smaschera l’inganno del potere come via all’annuncio del Vangelo, purifica il desiderio di essere al primo posto e si mette di nuovo a servire e di nuovo si mette a cercare i più piccoli ed i poveri come Gesù e, incamminata su questa strada, «troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1, 25)725. Il Centro missionario diocesano opera nella convinzione che la missione non è opzionale per la comunità cristiana e che richiede una “conversione pastorale”726. Come recita la presentazione del secondo convegno diocesano del 2000, la missione si vive nella quotidianità di tutti: La missione è realtà, dono e compito trasversale a tutti i cammini di fede. Per questo esige un’esperienza di collegamento pastorale e di confronto comunitario. La missione non è riducibile alle missioni. Ed il 724 Id., Duc in altum: parrocchie in cammino, 19 febbraio 2001 (MM), appunti personali. 725 Id., La Chiesa ricorda i suoi martiri, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 20 marzo 1999, p. 3 (MM). 726 Si veda in particolare Zerbini, Diocesi e Spirito missionario (MM). 255 compito dell’universalità appartiene alla Chiesa e ciascuno ne partecipa con i suoi doni, ma non l’esaurisce. Il tema “Certo il Signore è in questo luogo ed io non lo sapevo!” (Gn 28, 16). Il luogo della missione è la vita di tutti i giorni727. Tante le vicende degli ultimi anni del ventesimo secolo nelle quali è coinvolto il Centro missionario diocesano: il ritorno di don Francesco Forini nel 1997 e le sue domande sull’evangelizzazione del nostro mondo, la richiesta al vescovo Caffarra di coinvolgere i missionari ferraresi nella grande missione cittadina da lui indetta nel 1997728, la partecipazione al convegno nazionale missionario convocato dalla CEI a Bellaria nell’autunno del 1998 e i due conseguenti convegni missionari diocesani del 1999 e del 2000729, l’adesione alla campagna nazionale “Chiama l’Africa”730, un lavoro di collegamento tra le iniziative missionarie presenti in diocesi, il tenace mantenimento della Campagna contro la fame nel mondo in collaborazione con l’Amministrazione provinciale, le scuole e vari enti cittadini, l’informazione sul settimanale diocesano731, gli incontri con i missionari, l’accoglienza di due preti fuggiti dalla guerra, provenienti dalla diocesi congolese di Uvira, don Raymond Mwilikwa Ekanga, nel 1997732, e don 727 Centro missionario diocesano, Verso il convegno missionario diocesano. 27-29 ottobre duemila, programma a stampa (MM). Si veda anche Messaggio del Convegno missionario alle comunità cristiane della diocesi, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 4 novembre 2000 (MM), p. 1; Andrea Turazzi, La missione è di tutti, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 4 novembre 2000, pp. 1, 9 (MM); [Redazione], Dio è qui: non lo sapevo. Dal 27 al 29 ottobre, la Città del Ragazzo ha ospitato il secondo Convegno Missionario Diocesano per capire la “straordinarietà” di una scelta, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 4 novembre 2000, p. 9 (MM). 728 Per questo aspetto si veda ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1998, Lettera di Gisa Trevisani a mons. Carlo Caffarra, Ferrrara, 12 gennaio 1998, copia dattiloscritta; Lettera di Gisa Trevisani a mons. Carlo Caffarra, Ferrara, 21 marzo 1998, copia dattiloscritta. 729 Il primo convegno si tenne il 13-14 febbraio 1999 con il titolo Il fuoco della missione, il secondo il 27-29 ottobre 2000 con il titolo Certamente Dio è in questo luogo e io non lo sapevo. Documentazione in MM. 730 Don Andrea Zerbini fu nominato coordinatore in ambito diocesano delle attività legate alla campagna “Chiama l’Africa”, ACMDFe-Com, b. 4, fasc. 1997, Lettera di mons. Giulio Zerbini a don Andrea Zerbini, Ferrara, 19 febbraio 1997, originale dattiloscritto. 731 Da ricordare il mensile de “La Voce di Ferrara-Comacchio” del settembre 2000 quasi interamente dedicato alla missione in preparazione dell’ottobre missionario. 732 R. Ekanga, Congo: l’ingranaggio di una guerra senza fine Pubblichiamo la testimonianza di don Raimondo Ekanga, sacerdote congolese rifugiatosi in Italia e ora parroco a S. Giacomo, sulla situazione politica e sul ruolo della chiesa nel suo Paese, da anni martoriato dalla guerra, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 16 ottobre 1999, p. 7 (MM); C. Dondi, (a 256 Deodatus Mutambala Moni, nel 2000733, la perseveranza di don Roberto Sibani a Parauapebas. Il nuovo Centro missionario aprì anche un proprio sito: http://www.cmdferrara.it/. Il punto della situazione sul lavoro svolto dal Centro missionario diocesano fu fatto nel 2000 sul settimanale diocesano: Si presentano alcune tappe e orientamenti del cammino del CMD in questi due ultimi anni. Si è cercato di animare alcune date significative: quella della Giornata missionaria mondiale nell’ottobre missionario, scegliendo di anno in anno una parrocchia della città per la veglia missionaria della vigilia; quella dei Martiri missionari il 24 marzo proposta dai giovani delle Pontificie Opere Missionarie; la veglia missionaria di Pentecoste. Si è inteso così partecipare alla preghiera di tutta la Chiesa locale insieme a gruppi, movimenti ed associazioni per vivere questo momento che ricorda ed attualizza la nascita stessa della missione ecclesiale. Il CMD ha cercato contatti ed è stato presente ad iniziative missionarie di animazione e sensibilizzazione anche con gruppi non strettamente ecclesiali cercando di favorire una collaborazione costruttiva così come era stato auspicato dallo stesso consiglio presbiterale. Si è collaborato con l’associazione Muungano Vallisneri, con la Campagna Chiama l’Africa, con l’Associazione Ferrara Terzo mondo, con le persone e associazioni che fanno riferimento alla Casona di Mizzana. Diverse parrocchie hanno sostenuto iniziative per favorire l’incontro e l’aiuto ai missionari ferraresicomacchiesi e di altre chiese. Si è partecipato alla campagna ferrarese contro la fame nel mondo durante l’Avvento missionario. Questa sezione del CMD ha come finalità quella del contatto, informazione e sostegno dei nostri missionari anche attraverso la sensibilizzazione ed il coinvolgimento della comunità civile di Comune e Provincia. In fondo il cammino di speranza e la tenda in Piazza Cattedrale sono comunque l’unico segno e manifestazione pubblica di una solidarietà alla missione che vede l’incontro e la presenza di realtà laiche e civili. Il CMD è presente con alcuni laici e sacerdoti agli incontri mensili regionali dei CMD ed al Convegno annuale di giugno a Bologna, intende così aprire ad una proposta formativa di riflessione e di scambio molto qualificata in Regione ed ampliarla sempre più ad altri laici e sacerdoti. Il CMD si avvale della collaborazione di un gruppo di sacerdoti che cura di), Congo: una guerra dimenticata. Don Raymond Ekanga, congolese, ora parroco a S. Giacomo, dà voce alle sofferenza del popolo congolese, dimenticato dalla comunità internazionale, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 11 marzo 2000, p. 11 (MM). 733 Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, Annuario diocesano, Ferrara, Cancelleria Arcivescovile di Ferrara-Comacchio, 2016, p. 651. 257 seguono ed animano i vari settori dell’Ufficio missionario: quello delle PP.OO.MM., della Cooperazione tra le Chiese, della comunicazione, informazione e stampa, quello che cura i rapporti con la Regione e la CEI a Roma, quello che tiene il collegamento con gruppi e associazioni missionarie, quello che segue il Comitato della Campagna sulla remissione del Debito. Alcuni sacerdoti, come lo stesso consiglio aveva approvato, fanno da referenti nei vicariati. Il CMD ha seguito alcune esperienze di persone che sono andate in visita alle missioni. Questo accompagnamento fa intravedere la possibilità di una nuova via di formazione e di esperienza missionaria da potenziare che certamente porterà nel tempo un arricchimento a comunità e gruppi locali. Il CMD si è soprattutto concentrato nella preparazione del Convegno missionario diocesano che si terrà nel mese di ottobre 27,28,29, ed avrà come tema “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo”. (Gn 28,16). Come un prendere coscienza e riscoprire quei luoghi del Giubileo che non sono programmati, ma nei quali ugualmente il Signore ci vuole incontrare perché in essi è presente, attraverso di essi ci evangelizza e in essi desidera che evangelizziamo. In questo lavoro preparatorio ci si è coinvolti soprattutto con le commissioni diocesane della catechesi, della carità e liturgica affinché siano le persone che le compongono ad animare ed orientare il lavoro del convegno nelle quattro aree tematiche che riprendono i segni del Giubileo: Purificazione della memoria, Indulgenza, Porta Santa, Pellegrinaggio. Il Convegno in questo modo dovrebbe aiutarci a comprendere gli aspetti di una missione fatta insieme non settoriale e senza relazionalità. Il CMD è stato pure testimone di situazioni di sofferenza e grande ristrettezza in cui operano e vivono molti missionari con la loro gente. Sierra Leone, Rep. Dem. Congo, Etiopia, Uganda, Mozambico. Ha raccolto e cercato di amplificare la loro voce, cercando anche in qualche caso di venire in aiuto ai bisogni che presentavano. Di fronte a questa situazione è nata l’esigenza di trovare strade nuove per l’aiuto ai nostri missionari. La proposta consiste nel far in modo che, a livello vicariale o di più parrocchie riunite fra loro, ci si facesse carico di questi nostri missionari stabilendo una relazione permanente di scambio tra le loro missioni e le nostre comunità affinché attraverso questi ponti sia possibile attuare un reale scambio non solo di aiuti materiali, ma della stessa esperienza di fede e di vita cristiana734. 734 In cammino con la missione. Comunicazione al Consiglio presbiterale sulle attività del Centro missionario diocesano, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 24 giugno 2000, p. 11. Si veda anche l’intervista di Pier Paolo Pedriali in MM: Intervista a don Andrea Zerbini responsabile del CMD, in «la Voce di Ferrara-Comacchio», del 20 ottobre 2001, 10.. 258 Nell’aprile 2003 Gisa lasciò per malattia ed età l’incarico di responsabile del Comitato ferrarese contro la fame nel mondo. Il ringraziamento a Gisa da parte di Giuliano Colussi, presidente provinciale di Ferrara dell’International Police Association, a nome di tutti gli associati I.P.A., è forse la testimonianza più eloquente della tempra e della fede di questa donna icona e motore per cinquant’anni del lavoro missionario in diocesi: Grazie, Gisa Grazie, per averci aperta una porta sul mondo delle missioni. Grazie, per averci resi partecipi della tua grandissima fede. Grazie, per averci indicato il cammino della speranza. Grazie, per l’entusiasmo che hai sempre profuso nelle tue idee. Grazie, per aver saputo gestire un gruppo di persone così diverse fra loro. Grazie, per avere fatto conoscere alle Istituzioni il dono della missione. Grazie, alle tue meravigliose sorelle, per averti aiutata e sostenuta. Grazie, per averci fatto conoscere i missionari ferraresi, nostri fratelli. Grazie, per la condivisione e l’amore che hai per tutti i popoli della terra. Grazie, per l’aiuto silenzioso che hai dato agli studenti più poveri. Grazie, per averci fatto comprendere il dono della condivisione. Grazie, per le tue preghiere, le tue parole, la tua bontà, il tuo sorriso. Grazie, per la tua disinteressata Amicizia. Grazie, per tutto quello che hai fatto e che continuerai a fare. Grazie, per averci aiutati a Credere. Grazie, a Dio per averci concessa la fortuna di conoscerti. Giuliano Colussi (Presidente Provinciale di Ferrara I.P.A.)735. Poi sono anni troppo vicini per essere affrontati in prospettiva storica. Nel 2012 don Andrea Zerbini fu sostituito nella direzione del Centro mis735 Giuliano Colussi, Un grazie a Gisa Trevisani, “La Nuova Ferrara”, 22 aprile 2003, p. 15. Gisa muore l’1 ottobre 2010, festa liturgica di S. Teresa di Lisieux, patrona delle missioni, cfr. Il Comitato pro Missionari Ferraresi, Gisa Trevisani: una vita totalmente spesa per le missioni ferraresi nel mondo, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 16 ottobre 2010, p. 12. Nel 2004, in occasione dell’“Anno della donna”, Gisa ricevette dal Comune di Ferrara una targa di riconoscimento per la sua attività a favore delle missioni e come testimone di una cultura della solidarietà; Gisa aveva già ricevuto un riconoscimento ufficiale dalla Santa Sede per la sua attività a favore delle missioni, cfr. Romeo Sgarbanti, La povertà come condivisione evangelica della sofferenza. Il cuore missionario di Gisa Trevisani, “la Voce di Ferrara-Comacchio”, 22 maggio 2004, p. 2; Franco Patruno, Lo straordinario esempio di Gisa Trevisani. Vivere per la mondialità. Premio del Comune per l’“Anno della Donna”, “il Resto del Carlino”, 8 maggio 2004, p. 4; Camilla Ghedini, La Trevisani: una vita per il volontariato. Premiata Gisa, “Il Resto del Carlino”, 20 maggio 2004; Gisa Trevisani contro la fame nel mondo, “la Nuova Ferrara”, 20 maggio 2004, p. 13. 259 sionario diocesano di Ferrara-Comacchio da don Emanuele Zappaterra, cui seguì don Paolo Cavallari nel 2015. Nel 2016 si è tenuta l’ultima Campagna contro la fame realizzata in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Ferrara e con vari comuni della provincia. Ora è un oggi tutto da ripensare, con nuove sfide, nella consapevolezza di ciò che è stato e che rimane come eredità ricca e feconda. 260 C Storia e memoria Una storia vivace, vissuta da uomini e donne, svoltasi su uno scenario mondiale, nella quale si odono voci vicine e lontane, animata e sorretta da convinzioni profonde e da tenacie che destano stupore e insieme dall’apporto anonimo e corale di tanti, credenti e non credenti: questa è la vicenda dell’azione missionaria svoltasi nella diocesi di Ferrara e Ferrara-Comacchio dagli anni Trenta del Novecento al Duemila. Averla riportata alla luce può consentire diversi livelli di riflessione, sul piano storico e sul piano ecclesiale. Mi riservo soltanto poche osservazioni nell’ambito che mi compete. Non esistono ricerche specialistiche sulla storia degli Uffici e Centri missionari nelle diocesi italiane1. Lo studio qui compiuto permette di intuire quanto questa storia sia invece significativa in ordine alle trasformazioni ecclesiali avvenute nel Novecento, diventando una vera e propria sonda per cogliere alcune importanti dinamiche. Innanzitutto la storia dell’Ufficio e del Centro missionari testimoniano un mutamento progressivo dell’idea di missione. Ai tempi di mons. Bovelli si agiva a sostegno delle missioni estere, definite “missioni tra gli infedeli”. Si intendeva propagare la fede progressivamente nell’intero mondo e salvare le anime inserendole nella chiesa attraverso il battesimo, come dimostra l’ansia sottesa all’Opera della Santa Infanzia. Il mondo era diviso tra “fedeli” e “infedeli”, per la cui conversione si operava. Si mirava a un’espansione connotata da un immaginario di conquista e di eroismo. L’idea di una diffusione del Regno di Cristo, se includeva anche aspetti umani e civili, era imperniata sul raggiungimento delle anime. 1 Interessante, tuttavia: Opera diocesana per la Pastorale Missionaria – Trento, 75 anni a servizio della missione. Dal 1927 al 2002, Trento, Vita trentina editrice, 2002. Una panoramica delle attività nelle diocesi e nelle parrocchie dal concilio in poi, nella quale non sono però citati studi a livello locale, in Sebastiano Dho, Il dinamismo missionario delle Chiese in Italia dagli anni del Concilio ad oggi. La prospettiva delle Chiese locali, “Ad Gentes”, 8 (2004), pp. 174-180. Utile può essere la consultazione dei siti dei Centri missionari diocesani che talvolta riportano i lineamenti storici della propria attività e documentazione interessante per profili storici. 261 L’iniziativa partiva dalle chiese formate europee e andava verso i popoli indigeni. Si lavorava mediante le Pontificie opere missionarie e l’Unione missionaria del clero, della quale mons. Bovelli era presidente. Il motto in auge in quegli anni, “Tutti i fedeli per tutti gli infedeli”, esprimeva la convinzione che l’azione missionaria dovesse coinvolgere tutti, non soltanto i religiosi missionari. Negli anni Cinquanta, sotto la direzione di don Dioli, permase una concezione delle missioni come azione a favore dell’avvento del Regno di Dio in termini spirituali, ma si aggiunsero alcune nuove sensibilità: per la conoscenza delle altre fedi e per l’ecumenismo, per la situazione storica segnata dalla decolonizzazione e dalla presenza di regimi oppressivi nei confronti della fede cristiana. A inizi anni Sessanta l’Ufficio missionario colse prontamente la crisi delle missioni legata alla fine di un certo tipo di colonialismo e all’aspirazione di intere nazioni a emergere sulla scena della storia. Operò un’analisi critica di tale situazione senza indulgere in colpevolizzazioni dei missionari ritenute errate, ma anche sottolineando la scarsa prontezza delle missioni a cogliere lo spirito della Fidei donum di Pio XII, a favore di un rafforzamento delle chiese locali indigene, secondo la linea dei pontificati novecenteschi da Benedetto XV in poi. Veniva segnalata la scomparsa di una certa figura di missionario ritenuta “romantica” a favore di una svolta verso “un servizio più umile e delicato” per la crescita delle chiese indigene. Per l’Ufficio missionario diocesano emergevano le istanze della giustizia accanto alla carità, così interpretando l’insegnamento di Giovanni XXIII nella Mater et magistra, e la necessità del rispetto dei valori e della dignità dei popoli emergenti. Tenendo conto dell’insegnamento di Giovanni XXIII e di Paolo VI, e del concilio, durante gli anni Sessanta l’azione missionaria cominciò a disegnarsi per l’Ufficio missionario ferrarese come comunione tra le chiese e come testimonianza. Inoltre, in sintonia con un movimento storico più vasto, che rese centrale il rapporto fede-mondo, l’azione evangelizzatrice venne legata all’opera di giustizia. L’Ufficio missionario, impegnato in forme nuove di azione con la campagna contro la fame, l’Operazione Emmaus, il sostegno economico ad alcune microrealizzazioni, ritenne di trovare nell’enciclica Populorum progressio di Paolo VI una conferma al proprio operato. Il sostegno alle missioni si intrecciava all’opera a favore del riscatto umano dei popoli e su questa via incontrava l’entusiasmo giovanile in cerca di senso nella concretezza della solidarietà e una risposta collaborativa anche nei non credenti e nelle istituzioni cittadine. 262 La partenza di don Dioli come missionario fidei donum si collocò nell’orizzonte di una missione come condivisione nella povertà con i poveri secondo uno stile di incarnazione. Nel periodo post-conciliare, con riferimento al documento conciliare Ad gentes e alle indicazioni del magistero pontificio e della CEI, l’Ufficio accolse l’invito a un impegno diretto della diocesi nella missione universale e a pensare la chiesa come “comunità missionaria”. A inizi anni Settanta si affacciarono le prime iniziative intese a costruire una pastorale missionaria diocesana con l’obiettivo di formare una coscienza missionaria della chiesa locale. Iniziò così un rapporto continuativo con tutti i missionari ferraresi, pur mantenendo la collaborazione con le Pontificie opere missionarie, rispetto alle quali tuttavia si registrò un travaglio nella chiesa ferrarese come nell’intera chiesa italiana. Inoltre, si cercò di coniugare evangelizzazione e sviluppo, un binomio che era in quegli anni oggetto di discussione. Si era dunque passati dall’esclusivo sostegno alle missioni attraverso un organismo universale come le Pontificie opere missionarie all’assunzione da parte della chiesa locale della cooperazione missionaria come carattere sostanziale della comunità ecclesiale. Strumento operativo avrebbe dovuto essere il Centro missionario diocesano, organismo voluto dalla Conferenza episcopale italiana nel 1969 per coordinare iniziative e realtà diocesane a sostegno delle missioni e promuovere una reciproca collaborazione. Il Centro missionario di Ferrara si consolidò durante l’episcopato di mons. Filippo Franceschi. L’episcopato di Franceschi permise di radicare la molteplice attività missionaria della diocesi ferrarese nell’ecclesiologia conciliare. Il suo amore per la chiesa e il lavoro compiuto per preparare una pastorale diocesana organica si coniugava con l’intento di costruire una comunità ecclesiale evangelizzatrice e missionaria. I rapporti con i missionari furono vissuti come una forma di comunione fraterna e i missionari furono percepiti come una presenza della chiesa locale in altre chiese considerate sorelle. Si trattava di cooperazione tra le chiese, non più di missioni. L’Ufficio e il Centro missionari entrarono in sintonia con Franceschi e tentarono di animare secondo l’ecclesiologia di comunione anche le parrocchie. La natura missionaria dell’intera chiesa si esplicava, infatti, nella chiesa locale e quindi nella parrocchia. In un ricordo di Paolo VI nel 1978 l’Ufficio missionario di Ferrara esprimeva il cambiamento avvenuto nella concezione della missione: “la missione è ormai nel cuore della chiesa, cioè la chiesa è missione”. 263 Una pastorale diocesana in cui la missionarietà fosse parte organica non riuscì a realizzarsi negli anni successivi, durante i quali la chiesa ferrarese e comacchiese fu impegnata nel sinodo interdiocesano. Il Centro missionario si offrì come strumento per attuare comunione e collaborazione tra le realtà missionarie presenti in diocesi e per una “pastorale missionaria unitaria e globale”, mentre si registrava una frammentazione di iniziative. Intanto l’Ufficio e il Centro missionari restavano attenti alle modificazioni della natura della missione, diventata una forma di comunione e caratterizzata dal dialogo, dall’ecumenismo e dall’inculturazione. Avevano assunto come propria una “nuova missionarietà” per una presenza di chiesa segnata dallo stile evangelico dell’incarnazione. L’impegno del Comitato ferrarese contro la fame, che aderì alla campagna “Contro la fame cambia la vita”, continuò a testimoniare lo stretto legame tra annuncio evangelico e attenzione fattiva alla dignità dell’uomo. L’ultima tappa del percorso dell’idea di missione attraverso la lunga storia del Centro missionario diocesano di Ferrara-Comacchio si colloca alle soglie del Duemila, quando il nuovo Centro missionario si proponeva di essere “il servizio per far scoprire ed attuare la missionarietà come dimensione permanente della Chiesa diocesana attraverso un interagire di chiese sorelle ed insieme lo strumento per collocare la missione nel cuore della pastorale”. Ciò richiedeva una “conversione pastorale” e l’assunzione di uno stile sinodale. La missione fu pensata come un pellegrinaggio per farsi trovare dove Dio è già presente, che si svolge dunque in ogni luogo ed è opera quotidiana, che coniuga contemplazione e ministerialità e si attua nelle relazioni. La missione si configurava come scelta per il futuro e la speranza, per una “cultura planetaria”. Fu mantenuto un costante contatto con missionari sia della diocesi sia di altre chiese, come testimoni preziosi e indicatori di orizzonti, nello spirito di un incontro arricchente e di una cooperazione tra chiese. Dato l’inscindibile legame tra concezione di missione e di chiesa, la storia dell’Ufficio e del Centro missionari diocesani ha permesso di delineare alcuni tratti delle forme della vita della chiesa ferrarese e poi ferraresecomacchiese nel corso di settant’anni: dal centralismo pontificio al ruolo decisivo della chiesa locale nel post-concilio, dall’esecuzione di ordini provenienti da direzioni nazionali all’iniziativa della chiesa diocesana, dall’uniformità dei metodi e dei mezzi al coordinamento di diverse presenze e iniziative. Decisivo per questi passaggi il periodo del concilio e del post-concilio negli anni Sessanta e Settanta. Si possono cogliere inoltre alcuni tratti dei vari episcopati: l’attenta sollecitudine pastorale di Bovelli, i tormentati anni 264 di Mosconi durante e dopo il concilio, la passione per la chiesa conciliare di Franceschi, il desiderio di riforma ecclesiale di Maverna. La storia dell’Ufficio e del Centro missionari diocesani indica anche quanto fu complessa la recezione conciliare, essendo molti gli attori e intersecandosi con gli avvenimenti contemporanei. In particolare emerge che vi fosse già una recettività nell’Ufficio missionario rispetto ad alcune questioni affrontate dal concilio, che la celebrazione del concilio fu accompagnata da interesse, divulgazione e riflessione, che gli anni conciliari e dell’immediato post-concilio si intrecciarono a un diffuso desiderio di partecipazione giovanile e all’attenzione alla dimensione politica delle problematiche mondiali di ingiustizia, che il tema del rapporto tra evangelizzazione e sviluppo fu centrale, che la passione per il concilio da parte di Franceschi favorì un’apertura della diocesi all’ecclesiologia conciliare, che l’accento sull’iniziativa della chiesa locale mise progressivamente in ombra le iniziative centrali, che divenne importante l’iniziativa laicale, che si moltiplicarono le forme e i gruppi per l’aiuto alle missioni, che nell’episcopato Maverna la recezione proseguì attraverso un sinodo. Numerosi spunti si colgono anche a livello di storia generale: la cooperazione missionaria mantiene viva una dimensione universale della chiesa nella realtà nazionalista e autarchica dell’Italia durante il regime fascista, la partecipazione giovanile per trasformare la realtà secondo giustizia scatta ben prima del ’68, gli anni Sessanta e Settanta sono caratterizzati da un forte terzomondismo, negli anni Ottanta si afferma la prassi dei nuovi stili di vita. In gran parte si tratta di conferme di quanto già accertato dalla storiografia, ma alcune indicazioni possono risultare inedite, come il fatto che durante la seconda guerra mondiale continuò l’attività a favore delle missioni, con una risposta soddisfacente in termini di offerte. Da metà anni Settanta l’attività del Centro missionario si fondò su uno scambio continuo con i missionari diocesani. Il nuovo Centro missionario del 1997 incluse nel proprio orizzonte tutti i missionari seguiti da gruppi, ecclesiali e non, presenti nella chiesa ferrarese-comacchiese, ma anche altri missionari chiamati come testimoni e voci profetiche. Le loro realtà, insieme alla memoria dei missionari martiri, divennero la trama concreta e insostituibile dell’azione missionaria in diocesi. Da religiose e religiosi, sacerdoti fidei donum e laici provenivano testimonianze sulle sofferenze di vari paesi e sulla crescita delle chiese un tempo terra di missione, denunce degli squilibri mondiali e delle cause profonde dei conflitti bellici in atto, intuizioni spirituali e teologiche che interrogavano la realtà personale ed ecclesiale. 265 Giungevano anche semplicemente i ringraziamenti per gli aiuti ricevuti, segno di uno scambio concreto tra le chiese, e i racconti del lavoro svolto. Veniva una testimonianza di fedeltà ai popoli in mezzo ai quali i missionari si trovavano a operare, secondo uno stile sempre più di presenza povera e di condivisione. Nei giorni della guerra nello Zaire, don Francesco Forini scelse di restare con la sua gente, dopo giorni di indecisione. Il 12 novembre 1996 scrisse nel suo diario: “Ho finito di sfogliare la margherita: resto qui con gli abbés Muyengo, Wabulakombe e Hermès. Ho pensato ai preti di Ferrara, che durante la guerra sono restati con la loro gente, malgrado i bombardamenti e i tedeschi; solo se tutto il paese sfollava, anch’essi sfollavano con la gente”2. Nella persona di un prete fidei donum due mondi e due storie si incontravano e una memoria profonda operava in situazioni nuove. 2 Francesco Forini, La rivoluzione zairese vista da Kamituga, “Terra di Nessuno”, 1998, 3, marzo, pp. 4-5 (MM). 266 A Immagini in copertina: ACMDFe-Com, b. 1, cart. Opuscoli, volantini, manifesti senza data, pagellina Propagazione della fede 1952. Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, 2° convegno missionario diocesano, 27-29 ottobre 2000, Programma. Le foto dopo l’introduzione e in appendice sono del Cedoc SFR Ferrara. 267 Mons. Ruggero Bovelli con Altema Dioli, inaugurazione della mostra missionaria Mons. Natale Mosconi e Gisa Trevisani, primo a sinistra don Giuseppe Baraldi 269 Padre Philippe Marneffe con il dott. Vincenzo De Sario Padre Marneffe nel lebbrosario Gisa Trevisani e l’Abbé Pierre in visita a Ferrara 270 Mons. Filippo Franceschi con don Franco Patruno al Centro Missionario Mons. Luigi Maverna consegna il crocifisso a sr Celestina Valieri 271 L’Abbé Pierre tiene l’omelia in Cattedrale a Ferrara Don Alberto Campi apre il“Cammino di speranza” a S. Spirito 272 Don Alberto Dioli 273 Padre Silvio Turazzi e don Francesco Forini 274 Don Giuseppe Crepaldi e alcune collaboratrici del Centro missionario Gisa Trevisani al CMD 275 Don Settimo Tartagni, Padre Vincenzo Turri e Gisa Trevisani 276 QUADERNI CEDOC SFR 1. Bibliografia di Antonio Samaritani, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 1995, [esaurito]; aggiornamento al 2009 in edizione digitale. 2. A. Z , Ambiti, figure e tappe della ricezione conciliare nella Chiesa di Ferrara (1954-1976), Cedoc SFR, Ferrara ristampa 2008. 3. Alla Scuola del Priore. A 40 anni dalla morte di don Lorenzo Milani. Testimonianze ferraresi, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2007. 4. Nel segno della parola e dell’uomo, scritti di E. G. M A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2007. , a cura di 5. Ferrara-Comacchio: una Chiesa locale nel tempo e nella storia (1954-2004).Cronologia comparata e testi, a cura di A. M e A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 20112. 6. Prete così. Piero Tollini gli anni di Borgo Punta (1971-1998) a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2008. 7. Cammina umilmente con il tuo Dio. 25 anni di vita pastorale a S. Francesca Romana 1983-2008, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2008. 8. Nella stessa speranza si passano la Parola di Dio. Atti dell’Incontro “Nel Segno della Parola e dell’Uomo”, nel ricordo di mons. Elios Giuseppe Mori, Palazzo Bonacossi - sabato 17 novembre 2007, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2008. 9. A. B , Una Regola obbediente al Vangelo. Gli aspetti dell’obbedienza e del servizio nella Regola di San Benedetto, Cedoc SFR, Ferrara 2009. 10. Per tutti è il Regno dei cieli. A 50 anni dalla morte di don Primo Mazzolari, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2009. 277 11. A. M , Una santa tutta missionaria. Maria Chiara Nanetti; con un testo di G. F , Religione, Religioni e Annuncio del Vangelo in Cina, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2009. 12. Scandalo e riconciliazione nelle Chiese. Atti del XVII Convegno di Teologia della Pace. Casa Giorgio Cini, Ferrara, 25 settembre 2010, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2010. 13. A. M , Ambiti, figure e tappe della ricezione conciliare nella Chiesa di Comacchio (1954-1986), a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2011. 14. Ferrariensis et Comaclensis de plena Dioecesium unione. “Ecco il dovere di camminare insieme… Andando a tutti”. 25° Anniversario del provvedimento di fusione dell’Arcidiocesi di Ferrara e della Diocesi di Comacchio 1986 - 2012, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2012. 15. Forma facti gregis - piero tollini 1921-2007 a cura di A. Z Cedoc SFR, Ferrara 2012. , 16. F. T , L’organo Giovanni Andrea Fedrigotti (1657) di Santa Francesca Romana in Ferrara. Storia e restauri, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2012. 17. F. F , Sulla barca del Concilio. Un vescovo al servizio della fede. Antologia di testi, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2012. 18. F. V , La Chiesa mistero evangelizzante nell’episcopato di mons. Filippo Franceschi, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2012. 19. La preghiera unisce o divide? Luoghi di preghiera per tutte le religioni nella città. XVIII Convegno di Teologia della Pace. Sala Martin Luther King Chiesa Evangelica, Ferrara, 8 ottobre 2011, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2012. 20. F. L , La partecipazione di mons. Natale Mosconi al Concilio Vaticano II (1958-1965), a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2013. 278 21. G. C A. Z , Una voce tra le pagine. Antologia di testi 1, a cura di , Cedoc SFR, Ferrara 2013. 22. G. C A. Z , Una voce tra le pagine. Antologia di testi 2, a cura di , Cedoc SFR, Ferrara 2013. 23. Beatitudini vangelo di mondialità. Atti del Convegno interparrocchiale, S. Francesca Romana - Ferrara - 16 novembre 2013, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2014. 24. N. M , Aprire la porta al mondo. La parrocchia di Sant’Agostino, un attore della recezione del Concilio Vaticano II a Ferrara (1974-1988), prefazione di M. T , a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2014. 25. A. D , Fidei donum. Lettere e antologia di testi, 1, presentazione di F. F , a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2014. 26. A. D Z 27. P. G di M. T , Fidei donum. Lettere e antologia di testi, 2, a cura di A. , Cedoc SFR, Ferrara 2014. , La chiesa ferrarese nel biennio 1943-1945, prefazione , a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2014. 28. G. B , Mons. Ruggero Bovelli. Pastor bonus in populo, prefazione di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2014. 29. P. G , Il clero della provincia di Ferrara tra il 1943 e il 1945 nelle carte della Questura e della Prefettura, prefazione di M. T , a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2014. 30. Acti laboris comes est laetitia. Bibliografia di mons. Samaritani, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2015. 31. Quid ultra? oltre l’informatizzazione, a cura di A. Z SFR, Ferrara 2015. , Cedoc 32. A. Z , Beatitudini sotto l’albero del pastore, uno stile pastorale, Cedoc SFR, Ferrara 2015. 279 33. A. Z , Praticare la sinodalità. Dalla partecipazione al discernimento. Note di lavoro sulla scrittura di Michel de Certeau, Cedoc SFR, Ferrara 2015. 34. G. M , Fides cordis. Il cuore e la persona nell’oriente russo, a cura di A. Z , Cedoc SFR, Ferrara 2016. 35. A. Z , Sinodalità permanente spazio di chiesa. Non si abitano i luoghi ma le relazioni. Note di lavoro sulla scrittura di Michel de Certeau, Cedoc SFR, Ferrara 2016. 36. A. Z , Beatitudini sotto l’albero della vite. Uno stile pastorale con il popolo di Dio, Cedoc SFR, Ferrara 2016. 37. A. Z , Mysterium Lunae. Sinodalità come ospitalità nel quotidiano. Note di lavoro sulla scrittura di Michel de Certeau, Cedoc SFR, Ferrara 2016, in preparazione. 38. A. Z , Silenzio vivo. Piero Tollini. Un prete sulla soglia, Cedoc SFR, Ferrara 2017. 39. A. Z , “Se si sogna insieme, è la realtà che comincia”, Cedoc SFR, Ferrara 2017. 40. M. T , Dalle “retrovie”delle missioni alla Chiesa tutta missionaria. Il Centro missionario diocesano di FerraraComacchio (1929-2000), Cedoc SFR, Ferrara 2017. Centro Documentazione Santa Francesca Romana, via XX Settembre, 47 44121 Ferrara - e-mail: [email protected] L’edizione digitale dei Quaderni si trova in: http://santafrancesca.altervista.org/ biblioteca.html Supplemento al numero 37 dell’8 dicembre 2017 “la Voce di Ferrara-Comacchio. Settimanale cattolico di Informazione” da distribuirsi in allegato euro 12,00 280