Le Donne dell’Impero Ottomano.
di Becherucci Filippo
“Domani All’alba Vedremo i primi minareti di Stambul ”1.Con queste
parole, il capitano della nave che porta il giornalista Edmondo De Amicis
fino alla capitale dell’impero Ottomano come corrispondente del
quotidiano La Nazione di Firenze, annuncia l’imminente sbarco nel porto
di una delle città più favoleggiate di sempre. Recita infatti lo scrittore
”re,principi,cresi,potenti e fortunati della terra,in quel momento io ebbi
compassione di voi,il mio posto sul bastimento valeva tutti i vostri tesori”2
.
Per moltissimi, nell’Europa tra la fine dell’ottocento e l’inizio del
novecento, Istanbul era la città dei sogni3, l’oriente
a portata di mano.
Era capitale di un impero, quello Ottomano, che aveva minacciato
addirittura di conquistare Vienna e Roma e che, alla fine del XIX secolo
era in piena crisi, tanto da venir definito dalle altre cancellerie come il
malato d’Europa, ma comunque uno dei pochi stati musulmani
indipendenti e senza dubbio il più potente4.
Gli europei, come farà De Amicis, si recavano nella metropoli dell’impero
per i motivi più disparati: alcuni vi andavano per motivi commerciali, o
per missioni diplomatiche,altri per viverci definitivamente5.
E. De Amicis, “Costantinopoli”, ET 2013 p.29
E. De Amicis, “Costantinopoli”, Cit. p. 10
3
E.De Amicis Costantinopoli”, Cit. pp 6-7
4
J. Goodwin “I Signori degli Orizzonti”, Einaudi, 2009, p.121.
5
E. De Amicis “Costantinopoli”, Cit.. p.15
1
2
Agli occhi di un europeo, la città assumeva i contorni favolosi e caotici
dell’Asia, mentre sosta sul ponte galleggiante di Galata, De Amicis vede
passare davanti ai suoi occhi un mondo cosmopolita e variopinto,
costituito da persone provenienti dai quattro angoli dell’impero e anche
da oltre le sue frontiere, dice infatti ”non riuscirete mai ad avere un'idea
della favolosa confusione che si vede là, nello spazio di venti passi e nel
giro di dieci minuti”6.
Questa città, una volta capitale dell’Impero romano d’oriente, attirava a
sé, anzi attraeva per la sua storia e per la sua alterità rispetto
all’Occidente vittoriano.
Un’attrazione, quella europea per Costantinopoli, che era cominciata
verso la metà del XVIII secolo quando l’Impero ottomano aveva cessato
di essere una minaccia per l’Europa ed aveva iniziato la sua decadenza
politica e militare7.
Anche tra le classi medio-basse, forse troppo povere per poter viaggiare,
nasce il desiderio di conoscere e sperimentare, magari anche solo
leggendo, un po’ di colore di terre esotiche.
Si afferma così una letteratura di viaggio che, pur essendo considerata,
generalmente dai critici, letteratura secondaria, avrà comunque un
successo di vendita assicurato.
In pochi anni, De Amicis andrà inviato speciale in molte aree del globo,
dalla Francia alla Spagna, dal Marocco alla Turchia.
Nel 1878, per replicare il successo dei suoi reportages, il giornalista
dunque si reca a Costantinopoli, portando con sé un bagaglio culturale e
6
7
Si tratta della famosa scena del ponte cfr E. De Amicis “Costantinopoli”, Cit. pp 47-50
R. Mantran, “Storia dell’impero Ottomano”, Argo Editrice, 2000. Cfr Cap. VIII.
sociale europeo ed è per questo motivo, piuttosto che per il valore
antropologico e culturale del testo che questo reportage è importante8.
Tra le cose che più saltano agli occhi del giornalista Toscano c’è la
condizione particolare della famiglia turca “che era fedele ad un islam
tradizionale appesantito da molte superstizioni ma vissuto con fiducia e
percorso dalla ricchezza umana di un folklore ancestrale”9 così diverso
dai valori positivistici ed illuministici che contraddistinguevano l’Europa.
Il De Amicis, si trova innanzitutto davanti agli eunuchi, presenza ormai
rarissima anche nell’impero ottomano, ma certamente sconosciuta in
occidente.
“Questi Disgraziati”10, come li definisce, sono ancora presenti nelle
strade della città, benché la legge recente ed il Corano ne proibiscano il
commercio ed il traffico11.
Costituiscono ricordi di un'età dell’oro ormai passata, quando la loro
presenza era necessaria sia nel palazzo del sultano che nelle case
private,ma al tempo in cui Il giornalista si reca a Costantinopoli, la
revisione delle norme tradizionali ne aveva ridotto grandemente
l’importanza.
De Amicis nota che l’uomo turco non si accompagna mai alla donna e
raramente le parla12.
Nella famiglia turca la condizione della donna era sottoposta all’autorità
assoluta del capofamiglia.
Infatti le relazioni familiari erano regolate dalle norme della morale
tradizionale o ädäb, in base al quale i comportamenti dei figli e della
Traversetti B. “Introduzione a De Amicis”, Ed. Laterza, 1991 pp 50-53.
L. Gardet “Gli uomini dell’islam”, Jaca Book, 2002, pp. 276-277
10
E. De Amicis, “Costantinopoli”, Cit. pag.72
11
E. De Amicis, “Costantinopoli”, Cit, Pag. 72
12
E. De Amicis “Costantinopoli”, Cit. Pag 85.
8
9
moglie verso il capofamiglia erano, ed in alcuni paesi islamici lo sono
tuttora, filtrati da un rispetto ed una venerazione che in occidente era
esattamente rovesciata13.
Nonostante questa distanza tra i sessi e la condizione femminile che gli
Europei considerano alla stregua di una schiavitù, per esempio il padre
aveva il diritto di gabr, cioè la possibilità di imporre alle figlie il
matrimonio fin dall'adolescenza, per le strade della città passeggiano
numerose donne, come in una qualunque città dell’occidente14.
Qualche anno dopo, nella sua autobiografia, che narra le vicissitudini di
una famiglia durante la grande guerra, Irfan Orga, autore turco nato nel
1908 in un'agiata famiglia di commercianti di tappeti, racconterà:
“Quite frequently I was taken by my grandmother[to the Hammam15],
although after my fifth birthday it was strongly doubted by the others
member of the family as to the seemliness of taking such a grown-up
young man to a place full of naked woman. My grandmother, however,
who would have been the first to object to this in other people, always
set aside the idea that five was a great age and would insist on taking
me with her”16
La nonna di Irfan, grazie all’autorità che possiede sui membri della
famiglia, riesce a superare una norma sociale che essa stessa
troverebbe sconveniente in altre donne.
Le donne erano escluse dalla vita civile e politica,”Rimanetevene quiete
nelle vostre case”17ed ogni loro uscita dalla casa seguiva delle precise
regole. Comunque sebbene costrette da un velo, che era poco più di
L. Garted “Gli uomini dell’islam”. Cit. pag 278
E. De Amicis “Costantinopoli”, Cit. pag 108
15
Il Bagno Turco non è solo il luogo per la pulizia del corpo, ma anche un centro di ritrovo dove
scambiare pettegolezzi, osservare le ragazze più giovani, e se è il caso stringere accordi matrimoniali.
16
I. Orga, “Portrait of a Turkish Family”, Eland 2011. pp 18-30.
17
“Il Corano” XXXIII, 33, cit. Utet 2012.
13
14
due panni legati all’altezza del volto per lasciar vedere gli occhi, le donne
turche, ispirate dal contatto con le occidentali lasciano intravedere sotto i
loro chador, cappelli all’europea e sotto i loro mantelli vesti provenienti
da Parigi,almeno tra le donne riformate, ovvero quelle le cui famiglie ed i
cui mariti si sono adeguati al tentativo modernizzatore dello stato
ottomano,specialmente nelle giovani si nota la tendenza ad indossare
abiti meno castigati e lasciare il velo più cadente se non addirittura
indossare un semplice hijab, alcune, benché l’islam lo vieti, sono
truccate18.
Questo comportamento, così libero, ma al tempo stesso molto
irreggimentato, causa a De Amicis un conflitto. Egli infatti è indeciso se
attribuire alla donna turca e quindi per estensione a quella musulmana,
la stessa libertà d’azione della donna europea, o se invece continuare
nel pregiudizio della loro sottomissione.
Questa dicotomia traspare anche nelle pagine della sua inchiesta: infatti
a volte egli ne loda l’indipendenza, mentre in altre pagine le dipinge
come annoiate e schiave dell’harem19.
Naturalmente nel reportage di De Amicis, come anche nel libro che
aveva dedicato al Marocco, c’è tutta la superiorità dell’occidentale, che
pur trovando affascinanti gli stili di vita dei popoli sottomessi e la Turchia
ottomana, per quanto indipendente, si ritrova comunque tra le nazioni
colonizzate, non può che giudicarli inferiori, frivoli e vagamente
peccaminosi.
E. De Amicis, “Costantinopoli”, Cit. pp 109-110.
Harem, viene dalla parola araba Haram(proibito, sacro), ed indica la parte della casa più privata e
personale, quella appunto dove abitano le donne, che ne hanno la completa gestione ed è perciò,
quello della donna, un ruolo molto importante nel mondo musulmano.Cfr. Ayshe Saraçgil, “Il maschio
camaleonte”, Mondadori 2001.
18
19
Non le considera civiltà e società vive, ma a-storiche e congelate in una
perenne fissità, come un paesaggio, in cui gli uomini e le donne,
agiscono in modo ripetitivo e conforme ad una sorta di copione.
D’altronde, il De Amicis, autore umanitario e progressista per vocazione,
davanti a queste civiltà, smorza il suo carattere egualitario,
sottintendendo che il sottosviluppo è da imputarsi ai popoli dell’Africa e
del Medio Oriente, a causa della loro indolenza, vizio opposto alla virtù
europea del lavoro, da lui idolatrata appunto nei reportages sull’Europa20
.
Se confrontiamo il testo di De Amicis con quello di Orga possiamo
vedere che nella famiglia Orga le donne sono molto libere, anche se
appare evidente, che il padre ed il nonno dispongono di un autorità di
gran lunga superiore.
Tuttavia, la famiglia Orga appare una famiglia felice dove regna la
concordia21, dovuta, sembrerebbe dal suo racconto, al buon rapporto tra
suo padre e sua madre.
I gesti di affetto sono tutti riservati alla sfera privata, anche se le donne
turche hanno dato origine ad una lingua particolare, gestita tramite
piccoli regali, piccoli oggetti o determinati ninnoli, che permette loro di
comunicare con l’uomo amato, o tra di loro, senza destare sospetto22.
Di questa lingua Orga non fa cenno, ma certamente si percepisce bene
nei suoi libri che l’affettività in pubblico, tra uomo e donna era
considerata sconveniente; Infatti quando il piccolo Irfan giocando con
l’amichetto Nuri bacia, per scherzo, la sorella di lui, egli non capisce
come mai tale comportamento sia così sbagliato da comportare
Traversi. B “Introduzione a De Amicis”,Ed. Laterza, 1991, pp 53-55.
I.Orga, “Portrait…”, Cit. Pag 63.
22
E.DeAmicis, Costantinopoli”, Cit. Pp 115-116.
20
21
addirittura una punizione, dice infatti: “Yasemin and I...we were playing
the age-old game of husband and wife and i was proudly returning from
my work, greeting her with a passionate kiss when a slap on the
backside put paid to that. The servant had discovered us and went to
inform my mother, who apparently blushed deeply, locked me in in my
room...the upshot was that Yasemin and I were separated and forbidden
to play with each other again”23.
Gli Orga, pur essendo commercianti di tappeti abbastanza benestanti
abitano una casa che non ha spazi separati ed i membri della famiglia
possono muoversi liberamente all’interno di essa24; mentre la casa
ottomana, almeno quella delle classi superiori, è divisa tradizionalemnte
in due parti: la Haremlik, dove abitano donne e bambini piccoli ed il
selamlik, la parte destinata agli uomini ed aperta al pubblico. Spesso la
haremlik era arredato in stile tradizionale, mentre il selamlik rispondeva
solitamente ai nuovi gusti occidentali della società25.
Ogni harem varia per spaziosità e per ricchezza(dipendendo molto dalle
capacità economiche del padrone di casa). In alcuni casi, nelle case più
ricche, la haremlik ed il selamlik sono totalmente divisi e l’uomo e la
donna si incontrano raramente.
In quelle più povere, per contro, non esiste una vera divisione tre le due
aree della casa26.
I.Orga, “Portrait…”, Cit. Pp. 58-59.
I.Orga, “Portrait…”, Cit. Pp.40-61. Per gli Orga non ci sono spazi separati nemmeno nella tenuta di
campagna, gestita dallo Zio di Irfan, dove, anzi, si percepisce un clima più informale.Tuttavia, quando
la famiglia Orga, costretta dalla morte del padre, si riduce a vivere in un piccolo appartamento, la
mancanza di tende che isolino la donna dagli occhi della strada è percepita come “sconveniente” dai
vicini, Pp 108-109.
25
J.Goodwin “I signori degli Orizzonti”, cit. pag. 137
26
E. De Amicis, “Costantinopoli”, Cit. Pp 120-121.
23
24
La cultura ottomana deride un eccessivo attaccamento alle donne,
inclusa la propria moglie27. Interessante è l’episodio narrato da Evliya
Çhelebi, notissimo storico ottomano del XVII secolo, in cui Melek Ahmet
Paça, marito di una principessa imperiale, piange disperato sulla bara di
lei finché il gran vizir in persona, Mehemet Köprülü, lo allontana dal
feretro apostrofandolo duramente28.
Dello stesso tono è il racconto che Orga fa del lutto della nonna per il
figlio maggiore, lo zio Ahmet, il quale ufficiale di cavalleria è morto in
guerra.
Poco dopo il figlio, muore per un'infezione anche la moglie di lui Ayše;
tuttavia la morte della nuora è secondaria per la nonna di Orga, che
piange solo per il figlio perduto: “She only rocked her body to and fro in a
extremity of grief for her eldest born, who was dead...her son’s wife
death appearing a mere incident in the face of this larger. more
suffocanting grief”29. Anche la poligamia è un elemento di alterità che
colpisce, ed indigna, l’Europeo De Amicis che anzi si sente in dovere di
accusare questa pratica come ingiusta e offensiva per le donne. Egli
porta infatti a favore di questa sua considerazione la pratica dei contratti
matrimoniali, che come fa notare la Saraçgil non sono sacramenti, ma
atti di giurisprudenza30, in cui la donna vieta al futuro marito di sposare
ulteriori donne, pena il divorzio31.
La poligamia non è, effettivamente, incoraggiata dal Corano o dal
Profeta, che anzi si limita a concedere questo diritto a duritiam cordis32,
ma non per questo meno grave è il colpo inferto all’autostima delle
A.Saraçgil “Il Maschio Camaleonte”, cit pag. 20.
A.Saraçgil, “Il Maschio Camaleonte”. Cit. Pag.21 dove si riporta tutta la scena.
29
Orga. I. Portraits. cit. p. 123.
30
A.Saraçgil “Il Maschio Camaleonte” Cit. p. 32
31
E. De Amicis “Costantinopoli”, Cit. Pp. 120-122.
32
A cura di G.Mandel “Il Corano”, IV-3, Utet, 2012.
27
28
donne, che vengono considerate incapaci di soddisfare il proprio
compagno
Quando De Amicis visita la capitale dell’impero questa pratica,da
sempre abbastanza limitata nel cuore delle terre ottomane(Asia Minore e
Rumelia), era in ulteriore decadenza, a causa delle istanze
modernizzatrici alla società turca33.
Istanze, che però, faticavano a prendere piede, specialmente al di fuori
delle elites istruite poiché, nell’islam tradizionale il primato del maschio è
indiscutibile34.”Gli uomini sono preposti alle donne, perché Dio ha
prescelto alcuni esseri sugli altri e perché essi donano dei loro beni per
mantenerle”35.
Tuttavia, per le promesse del Corano la donne dovrebbero godere di
certi diritti inalienabili, che in parte si estendono anche alle schiave
(spesso scambiate per concubine anche in tempi moderni36)
specialmente se madri37, come essere eredi legittime e l'ammissione del
ripudio solo ad duritiam cordis; invece soprattutto a causa delle abitudini
preislamiche o addirittura estranee all'Islam viene conservato lo stato di
sudditanza della donna insieme all'estrema facilità al ripudio38.
La sessualità è un elemento molto importante della vita dei musulmani,
essa è un dono di Dio ai credenti, ma è richiesta la fedeltà coniugale di
entrambi i coniugi ed è severamente proibito l’adulterio39 anche se
l'uomo può avere fino a quattro mogli legittime e un numero
indeterminato di concubine.
Nella capitale era limitata alla bigamia e le mogli di rado convivevano. A.Saraçgil, Il Maschio
Camaleonte”, Cit. Pag 35-36.
34
L.Gardet “Gli uomini dell’Islam”, Jaka book, 2002. pp 84-85
35
“Il Corano” IV, 34 cit. Utet 2012
36
“Il maschio camaleonte”, cit. pp 40-44.
37
“Gli Uomini dell’Islam” cit. p 25.
38
“Il maschio camaleonte”, cit. p 84
39
“Gli uomini dell’Islam”, cit. p 85.
33
Questo rapporto poco problematico con il sesso, da parte dei musulmani
rispetto all’Europa vittoriana, appare a De Amicis come una sorta di
perversione bene rappresentata dal pazzo Karagöz40, il quale è una
sorta di “Arlecchino adatto ad ogni sconcezza”41, “È una figurina
grottesca che rappresenta la caricatura del turco del mezzo ceto, una
specie d’ombra cinese, che muove le braccia, le gambe e la testa dietro
un velo trasparente, e fa quasi sempre da protagonista in certe
commediole strampalatamente buffonesche, di cui il soggetto è per lo
piú un intrigo amoroso”42. Il teatro delle ombre di Karagoz, prima
dell’avvento della radio e della televisione, fu lo spettacolo che più
attraeva il pubblico turco, ancora oggi sopravvive in forme indirizzate
verso un auditorio infantile. C’è quindi un netto contrasto tra la vita
privata e quella pubblica dove tra uomo e donna non intercorre
praticamente quasi nessun rapporto ed alle donne è suggerita, quando
non imposta, una modestia rappresentata dal velo, che però permette
loro di uscire dall’harem e di muoversi negli spazi normalmente riservati
ai maschi43 con una libertà molto maggiore rispetto ad altre realtà
islamiche, poiché l’impero ottomano seguiva la tollerante e conciliante
scuola hanafita, la quale rifiuta certe pratiche pre-islamiche, spesso più
rigide di quelle prescritte dal Corano, seguite dalle altre tre scuole di
diritto musulmano Malikita, Shafita e soprattutto la rigida scuola
Hanbalita.44
All’arrivo del De Amicis, l’impero aveva già subito numerose
trasformazioni.
40
Insieme a Hacivat, Karagoz, è un personaggio tipico del teatro delle ombre turco.Una figura
satiriaca, via di mezzo tra Arlecchino e Priapo,
41
“Costantinopoli”,Cit. pp 85-87.
42
Costantinopoli. Cit. pag. 85.
43
“Il maschio camaleonte”, Cit. Pag 48.
44
“Gli Uomini dell’Islam”. Cit. Pag 84 e cfr con il commento di Mandel in “Il Corano”, Cit. Sura 24, 31.
Lo zar Nicola I coniò, l’espressione Malato d’Europa ed i giornali
occidentali parlavano di Crisi d’Oriente, anche se il termine andrebbe
inteso al plurale dato i numerosi focolai che stavano incendiando la
Porta.
Crisi numerose, che vanno dal latente conflitto confessionale in Libano,
alla situazione esplosiva dei Balcani e alla crescente potenza dell’Egitto,
che formalmente ancora parte dell’impero, stava però diventando una
minaccia per la province di Siria, sulle quali, Muhamed Ali, Khedivè
d’Egitto, aveva messo gli occhi.
Dopo un secolo di continue sconfitte militari e di ritardo nei confronti
dell’Europa occidentale, una quarantina d’anni prima che il giornalista
visitasse la capitale dell’impero; il sultano Abdül-Mecid I°emise il rescritto
imperiale di Gülkane, promulgato il 3 novembre 1839.
Il documento segnava l’inizio di un vasto sistema di riforme, conosciuto
come i Tanzimat45, che culminerà con la promulgazione della prima
costituzione ottomana, nel 187646.
Punto d’arrivo di un lunghissimo periodo di riforme, la costituzione, pur
garantendo al Sultano ancora molta parte dei suoi poteri, anche dato il
carattere sacro che rivestiva in qualità di Califfo della Umma islamica47,
crea due camere cercando di dotare l’impero di un sistema di governo
paragonabile a quello degli stati europei occidentali.
Se il governo è responsabile solamente davanti al sultano, per contro è il
parlamento che vota le leggi; inoltre vengono rinnovate ed ampliate le
garanzie in difesa delle minoranze etniche e religiose dell’impero48.
Plurale dell’arabo Tanzim, con il significato di riorganizzare, mettere in ordine.
A cura di G.Mantran, “Storia dell’impero ottomano”, Argo,1999. Pag 495.
47
Ummat al-Nabi, la comunità del profeta. La viva comunità dei fedeli, non solo sul piano politico ma
specialmente ideologico e spirituale. Cfr. Gli uomini dell’Islam. Cit. pp. 1-5
48
“Storia dell’impero Ottomano”. cit. p. 556
45
46
Con lo sguardo fisso verso l’Europa, un impero che cerca di salvarsi,
tenta, appunto, la via delle riforme; che si reggono su alcuni punti
cardine: centralizzazione dell’amministrazione, modernizzazione
dell’apparato dello stato, occidentalizzazione e secolarizzazione del
diritto e dell’istruzione.
Lo stato, per la prima volta, violando la tradizione musulmana per cui la
legge è stabilita da Dio, si arrogava il ruolo moderno del legislatore49.
Tutti i membri del governo e dello stato, a partire dal Sultano, si
gettarono a capofitto nella riforma e Abdül-Mecid, pur assomigliando per
molti aspetti ai sovrani che l’avevano preceduto, fu il segno dei tempi:
indossava uniformi occidentali, riceveva gli ambasciatori, in pratica si
comportava come un capo di stato occidentale.
Egli, essendo salito al trono alla giovane età di 18 anni, parlava un
francese decente ed aveva ricevuto un'educazione accurata secondo gli
standard europei.
Il fratello Abdül-Aziz, che gli succederà al trono, proseguirà la politica
delle riforme e nel 1867, con un gesto senza precedenti, lascerà
Costantinopoli per un tour nelle capitali d’Europa.
I sovrani successivi continueranno a seguire la strada dei Tanzimat,
anche Abdül-Hamid II, pur essendo conosciuto come il sultano rosso,
per via della brutalità usata contro i suoi stessi sudditi, proseguì sulla
strada delle riforme ed anzi, i Tanzimat conseguiranno l’apogeo.
L’impero aumenta la sua burocrazia, si passa da poco più di 1000
scrivani della fine del XVIII secolo ai circa 100000 che servono a
mandare avanti la nuova, tentacolare, macchina burocratica dell’età
delle riforme, che copiando un modello europeo, necessitano soprattutto
49
“Il Maschio Camaleonte”, cit. p. 51.
per i nuovi ministeri ognuno dei quali è diviso in dipartimenti dipendenti
da un ministro e da un segretario che siedono, davanti al sultano, in un
consiglio ancora molto simile agli antichi consigli ad hoc dei Sultani
dell’età classica, ma che già comincia ad assumere i caratteri di un
gabinetto europeo. Il più europeo dei dicasteri, quello che ha i caratteri
più vicini a quelli delle nazioni occidentali, è il ministero degli affari esteri
, infatti, è quello che più dialoga con le potenze straniere.
Le leggi invece vengono affidate al consiglio superiore di giustizia,
fondato nel 1838, che si occupa di scrivere i testi delle riforme e
sorvegliare sulla loro applicazione, tanto che alla fine diventerà una sorta
di tribunale d’appello per le liti di competenza dei nuovi codici.
La più importante di queste assemblee è però il consiglio di stato
(Şura-yi Devlet) che con le sue cinque commissioni non si distingue
molto da altri organi dell’impero, ma che comprende membri anche delle
comunità non musulmane dell’impero ed i delegati delle province e delle
corporazioni, finendo per rappresentare, davvero anche se non
perfettamente, lo stato nel suo insieme50.
Se i sultani furono capaci di farsi carico delle riforme ed apparire come i
portabandiera delle stesse, erano però i ministri che facevano i progetti,
ed erano le commissioni che redigevano i programmi.
Uno dei principali funzionari, artefici dei Tanzimat fu sicuramente
Mustafa Reçid Paça, addirittura l’ispiratore del rescritto di Gülkane.
Proveniente da una famiglia modesta, si era fatto strada attraverso la
burocrazia imperiale, grazie all’appoggio di uno zio. Nel 1846 fu
50
Storia dell’Impero Ottomano. Cit. pp. 506-512.
nominato Gran Visir, ma già negli anni precedenti era stato una figura di
spicco dell’amministrazione imperiale51.
Queste riforme, però, non scaturivano da una nuova concezione
dell’individuo o dello stato, ma dalla necessità di conservare la
supremazia, nello stato, ai gruppi musulmani e ci sarà, perciò, una
costante necessità di armonizzare le strutture tradizionali con i nuovi
aspetti della modernizzazione52.
Anche la classe intellettuale dell’impero non rimase inattiva. I Tanzimat
furono un periodo caratterizzato dall’apparizione di forme letterarie
ricevute dall’occidente: il teatro, il saggio filosofico, il giornalismo ed il
romanzo.
Sarà soprattutto la stampa che farà da megafono all’elite culturale
mentre le altre forme letterarie si diffonderanno più tardi . Il romanzo,per
esempio, farà la sua apparizione solamente dopo il 187053 .
Il romanzo, cominciando proprio dal primo esempio: L’innamoramento di
Talat e Fitnat di Shemseddin Sami edito nel 1872, critica la
segregazione femminile e la morale tradizionale, valori che più
resistevano alla modernizzazione. Infatti le riforme, benché annunciate
dalle ambasciate turche in Europa come “Un editto di uguaglianza”54 si
limitavano alla sfera pubblica ed escludevano il genere femminile.
Poco prima dell’uscita dell‘opera di Sami avevano ottenuto una grande
influenza sulla vita politica dell’impero, un gruppo di giovani ufficiali,
detto Giovani Ottomani, che sebbene desiderosi di ottenere i benefici
“Storia dell’Impero Ottomano”. cit. pp 496-498.
“Il Maschio Camaleonte”, cit. p 51.
53
“Storia dell’impero ottomano”, Cit. Pp 500-501.
54
“Il Maschio Camaleonte”, Cit. Pag 56.
51
52
della modernizzazione, temevano anche i suoi effetti sulla società turca
ottomana55.
Namik Kemal fu, probabilmente, lo scrittore più rappresentativo dei
Tanzimat, sia attraverso le sue opere letterarie che nei suoi articoli sulla
rivista Ibret, dove confluivano per lo più le idee riformatrici, non
necessariamente, però, progressiste.
Kemal si distinse per essere un difensore delle idee della libertà,
proveniente da una famiglia tradizionalmente legata al misticismo
musulmano, non riuscì a concepire che il diritto non fosse legato a
doppio filo con la Sheriat, la legge santa.
Egli tuttavia, riconobbe che una società moderna non può piegarsi
all’arbitrio dei singoli e che ogni individuo deve partecipare al
funzionamento del corpo sociale56.
Nello stesso anno dell’uscita di L’innamoramento di Talat e Fitnat, Nadik
Kemal pubblicò un articolo, “Aile”(Famiglia), nel quale pur sottolineando
la superiorità della famiglia musulmana riconobbe che essa non poteva
basarsi sulla sopraffazione della donna e sulla violenza; la sua soluzione
però era il rafforzamento dell’autorità paterna che doveva assumere non
solamente il ruolo di sostentatore della famiglia, ma vera e propria guida
della casa.
Il paradiso era ai piedi delle madri, grazie alla protezione autorevole
della sciabola paterna57.
In pratica le antiche norme di controllo sulle donne non solo non vennero
rimosse, ma caso mai rafforzate, questo perché il nuovo diritto
matrimoniale e della famiglia scardinava l’antico rapporto uomo-donna e
“Il Maschio Camaleonte”, Cit. Pp 53-55.
“Storia dell’impero Ottomano”, Cit. Pp. 503-504.
57
Il Maschio Camaleonte. cit. pp. 68-70.
55
56
metteva in difficoltà il ruolo maschile, tanto che gli autori dei Tanzimat,
pur aspirando a compagne che fossero loro pari, finirono per proporre la
continuità delle vecchie tradizioni, incluso il concubinaggio, il quale,
invece era stato additato dagli stessi riformatori come uno dei simboli
dell’arretratezza ottomana.
Nella visione di Nadik Kemal, fuori della famiglia e della vita domestica,
la donna è spogliata di ogni virtù e fonte di ogni pericolo.
Ne consegue, una sorta di corto circuito, in cui il punto di vista da cui si
osservano questi cambiamenti è, e rimarrà, sempre quello maschile.
La donna, anche quando sarà l’oggetto dell’attenzione di giornalisti,
scrittori o comunque di membri della vita intellettuale dell’impero
racchiuderà le paure e le aspirazioni del maschio ottomano58.
E quindi anche i migliori sforzi, come il Mecelleve, il codice civile,
pedissequa(o quasi), copia del Codice Napoleonico in salsa islamica,
non poterono, veramente, modificare questo rapporto di genere59.
Lo testimoniarono le donne stesse, tramite la penna di Fatma Alye,
prima romanziera ottomana, cresciuta ed educata secondo le migliori
possibilità offerte dall’epoca.
Il suo primo libro, Le donne musulmane, è un invito, di una donna alle
altre donne, a conservare i valori tradizionali della loro cultura ed a non
perdere il rapporto con la Sheriat e l’Islam; mettendo in guardia da un
eccessiva europeizzazione60 e conseguente secolarizzazione, la quale
passava anche attraverso la scuola, che, via via, i sultani cercheranno di
adeguare ai modelli europei e svincolare dal controllo del clero, non solo
musulmano61.
Il Maschio Camaleonte. cit. pp.97-98
Storia dell’impero Ottomano. cit .pp. 512-513
60
Cfr con Il Maschio Camaleonte. cit. pp.99 dove viene riportato per esteso un brano del romanzo.
61
Storia dell’impero Ottomano. cit. pp 514-518
58
59
Soprattutto, sempre con la penna di Alye, fu l’istruzione femminile che
venne condannata.
Non in quanto cercava di elevare la cultura delle donne; che anzi era
vista dalla scrittrice come un compito che lo stato non avrebbe dovuto
dimenticare, ma in quanto il sistema scolastico importato dall’Europa
diventava in sostanza una colonizzazione culturale e indeboliva la
struttura della società ottomana basata sul tradizionale rapporto tra
uomo e donna.
Per l’autrice molti obblighi religiosi erano indubbiamente il frutto della
tradizione e della cattiva interpretazione dei dettami coranici, sui quali si
poteva discutere; ma l’indebolimento dell’autorità patriarcale comportava
anche, di riflesso, lo smarrimento della donna.
Come scriverà nei suoi romanzi, nonostante le sue protagoniste siano
tutte donne dell’alta società ottomana, questa nuova situazione sociale
era percepita come un abbandono ed una mancanza di protezione della
donna, e non come l’inizio della sua emancipazione.
Pur tuttavia, i suoi personaggi femminili, a differenza di quelli dei suoi
colleghi maschi, sono personaggi forti e perciò, generalmente i suoi
romanzi avranno un esito positivo, a patto di accettare il ruolo che la
trazione aveva stabilito per loro.
Così, Fadila, la protagonista di Muhazarat(1892), romanzo pur tardo,
deve simulare il suicidio e fuggire a Beirut, dove finirà per fare la
governante in una famiglia tradizionale, per evitare l’infelicità della sua
condizione di sposa di un uomo modernizzato, cioè di colui che ha
superato i limiti dell’occidentalizzazione e si è perciò privato della sua
identità.
Alye ridisegna la virilità come protezione contro valori esogeni all’islam
che costringe a perpetuare la separazione tra uomo e donna62.
Le riforme creavano un circolo vizioso, esse erano terreno fertile per le
rivendicazioni dei popoli e delle fedi più disparate all’interno dell’Impero,
ma era indispensabile che l’Impero procedesse nella strada riformatrice
per non venire sommerso dalle minacce che lo circondavano.
Nel 1876 il Gran Vizir, Midhat Paşa, elaborò una costituzione, punto
culminante di quarant’anni di riforme, dove l’impero cercò di adeguarsi,
anche politicamente, alle monarchie liberali europee e grazie alla
costituzione, di tutelarsi dall’ingerenza degli stati europei.
Si aprirono lunghe trattative con le potenze occidentali che non
portarono, però, a nulla di fatto ed anzi si fece concreto il rischio di una
guerra con la Russia; questo nonostante che il 19 marzo 1877 fosse
stata aperta la prima seduta del parlamento ottomano.
Il 19 aprile 1877, dopo un rifiuto della Porta a capitolare sulla questione
delle nazionalità slave, sulle quali lo Zar pretendeva un diritto illimitato di
tutela, la Russia aprì le ostilità.
Le operazioni militari volsero velocemente al peggio.
In breve tempo le truppe russe arrivarono a minacciare direttamente
Costantinopoli costringendo l’impero ad un armistizio.
La capitale venne gettata nel panico ed il nuovo parlamento venne
convocato per prendere una decisione: accettare o meno i diktat della
Russia.
Il Sultano sciolse il parlamento, grazie ad i poteri a lui concessi dalla
costituzione.
62
Il Maschio Camaleonte. cit. pp. 99-102
Ciò provocò una notevole svolta nei Tanzimat; da questo momento in
poi, le riforme proseguirono solo per imposizione del sultano. L’Impero
Ottomano fu costretto ad una pace umiliante con la Russia e solo
l’intervento delle grandi potenze, spaventate dalla clamorosa vittoria di
San Pietroburgo, limitarono i danni con il trattato di Berlino firmato il 13
luglio 187863.
La chiusura del parlamento e la sconfitta militare posero fine
all’esperienza dei giovani ottomani
Nel 1889 si formò un nuovo movimento che prendeva il nome di Giovani
Turchi. Essi rappresentavano le classi medie in ascesa e provenivano
dai livelli più bassi dei quadri militari e civili, estranei alle élites.
In conflitto tra loro, i giovani turchi, erano divisi in vari gruppi, alcuni
addirittura in esilio in varie capitali europee. Il gruppo più importante era
quello del principe Sabahaddin, nipote del sultano, il quale riteneva che
il maggior intoppo allo sviluppo dell’Impero fosse dovuto ad un modello
sociale eccessivamente comunitario che impediva lo sviluppo del singolo
e la libera iniziativa individuale.
Egli riteneva che non fosse sufficiente mettere fine al regime dello zio,
ma che fosse necessario trasformare la società che lo aveva sostenuto.
Secondo il principe la società turca ottomana era una società di tipo
comunitario, in cui cioè, a prevalere deve essere l’interesse della società
tutta anziché del singolo cittadino, come invece succedeva in Francia,
nazione nella quale era stato esiliato all’età di 22 anni ed era ciò,
secondo lui che impediva un vero sviluppo scientifico ed intellettuale e
favoriva la stagnazione e lo status quo64.
63
64
Storia dell’Impero Ottomano. cit. pp.555-561
Storia dell’Impero Ottomano. cit. p. 614
Altri gruppi, di questo movimento specialmente nei Balcani, a Salonicco
o nella Macedonia, svilupparono, in risposta al nazionalismo delle
minoranze dell’impero, un nuovo nazionalismo turco, basato non più
sulla religione ma sull’etnia.
Nella Capitale, invece, l’atmosfera politica era asfissiante. Una rigida
censura ed una rete spionistica efficiente, quanto repressiva,
impedivano la circolazione di idee e lo sviluppo di un dibattito politico e
sociale che si discostasse dai voleri del Sultano.
Sebbene l’islamismo fosse l’ideologia unificante di tutto l’impero ed il
pensiero ufficiale della corte, questo non impediva che
l’occidentalizzazione e le riforme progredissero.
L’occidente penetrava sempre di più nelle vite dei sudditi della Porta; ad
esempio la lingua francese, che fin’ora era stato studiata su base del
tutto personale, entrava d’obbligo nei curricula scolastici dei licei e delle
università.
Si creava così un ceto culturale di funzionari ed ambasciatori che
lavorando spesso all’estero aveva accesso ad idee e programmi, che
difficilmente potevano essere colpiti dalla censura e che erano in
conflitto anche se relativo con l’ideologia religiosa ufficiale.
Le elites tendevano ad imborghesirsi, più seguendo il modello europeo
che non grazie ad un vero sviluppo di una classe sociale media
ottomana.
Uomini e donne, si avvicinavano ed aumentavano gli sforzi per creare
una famiglia, i cui membri fossero legati da un sentimento d’amore e non
da un accordo matrimoniale, stipulato per loro conto da terzi65.
65
Il Maschio Camaleonte. cit. pp. 103-107.
I viaggiatori europei, come De Amicis, che venivano a fare il tour delle
antichità dell’impero, facevano dei resoconti dove modernità e tradizione
si mescolavano senza soluzione di continuità.
Pittoresche feste di paese in abito tradizionale e donne velate di pregiato
pizzo, accanto ad uomini vestiti all’europea, stazioni del tram, palazzi,
banche e teatri.
L’oriente, a differenza di quello che riportavano i giornali e gli osservatori
stranieri, non era fisso, né immobile, ma alla ricerca di una soluzione ed
una risposta ai problemi interni.
E tuttavia le risposte sembravano essere insufficienti.
Le frontiere dell’impero arretrarono pressoché ovunque, in Europa come
in Asia. Allo scacco diplomatico ed alla perdita di prestigio si aggiunsero
la perdita di risorse finanziarie ed ed economiche.
Per di più, nei nuovi stati balcanici, la popolazione musulmana si trovava
in una situazione difficile, costretta a fuggire a causa delle rappresaglie e
delle leggi agrarie favorevoli ai cristiani; moltissimi trovavano rifugio a
Istanbul generando nelle elites e nel popolo l’idea che l’impero fosse
assediato da ogni parte.
i Tanzimat sembravano falliti e si incominciò ad osservare le minoranze
cristiane con diffidenza; non erano, forse, una quinta colonna del
nemico?
Abdül-Hamid II, il sultano regnante, fu il primo ad interrogarsi sulla
tenuta dei Tanzimat e intraprese una profonda revisione dei principi su
cui si poggiavano le riforme.
Profondamente ostile al liberalismo, dopo aver sciolto il parlamento,
sospese ad interim la costituzione , che rimase in questo stato per
trent’anni66.
Come era accaduto nel periodo dei Tanzimat si cercò di capire la nuova
società uscita dalla grave crisi che aveva vissuto l’impero.
Nei romanzi si assiste al vacillare della cultura tradizionale, dove le
classi alte sono divise tra lo struggente ricordo della cultura classica ed il
desiderio del nuovo cambiamento, per il quale, però, probabilmente non
erano pronti.
I maschi diventavano così oggetto degli intrighi delle donne, strumenti
delle loro passioni o di quelle delle loro mogli, figlie od amanti.
Su tutto dominava un senso di morte, l’uomo ottomano iniziò ad
elaborare la fine della suo dominio patriarcale, riflesso, forse, della fine
dell’impero come potenza mondiale.
Ad inizio secolo lo scrittore più importante e rappresentativo fu senza
dubbio Halyt Ziya Ushakligil, nato ad Izmir, dove aveva studiato il
francese in un liceo europeo, nel 1893 si era trasferito ad Istanbul, dove
aveva ottenuto la fama come romanziere.
I suoi primi due romanzi: Mai ve siyah ed Ashk-i memnu sono gli esempi
tecnicamente ed esteticamente più riusciti del romanzo turco.
Mai ve siyah, ovvero il celeste ed il nero è un riflesso ed un omaggio al
romanzo francese di Sully Prudhomme e come nel romanzo francese il
celeste ed il nero sono adoperati come metafora del contrasto tra
ottimismo, determinato dalle nuove idee, e pessimismo di una società
che non era pronta ad accoglierle.
66
Storia dell’impero ottomano. cit. pp. 561-565
Questo contrasto si riassume nella persona del protagonista: Ahmed
Cemil, che, secondo l’autore “Creato per vivere sogni celesti, sarebbe
finito per precipitare in un burrone nero”67.
Il protagonista rappresenta l’uomo dell’epoca schiacciato tra i sogni e la
realtà ed è un po’ la metafora del fallimento dei Tanzimat.
In amore proibito, definito da molti critici il romanzo realistico turco
meglio realizzato, invece, Ushakligil ci narra del conflitto sociale
all’interno di una famiglia benestante di Istanbul, quando il protagonista
maschile Adnan Bey, sposa una donna di rango inferiore al suo.
Biheter, la nuova moglie, viene respinta dalla figliastra e anche dalla
servitù, che la percepisce di livello sociale troppo basso per obbedirle
come padrona.
La donna fallisce il suo compito di padrona di casa e questo, secondo
l’autore, è dovuto a motivi psicologici e di provenienza di classe; poiché
Biheter proviene da una famiglia di classe inferiore, non è portata per
sua natura a gestire una casa signorile. Ovviamente una parte della
colpa ricade anche sul marito, che avendo desiderato sposarsi fuori
dalla sua classe sociale ha causato, per primo, questa disfunzione
La ragazza è il prodotto della nuova società. A lei non basta essere la
moglie del padrone e padrona di casa, vorrebbe veramente amare il
marito, ma non riuscendoci soffre e la sua sofferenza si trasforma in
fallimento
Perduti i valori tradizionali, gli uomini sono impotenti e le donne
pericolose68.
67
68
Saracgil A.. Il maschio camaleonte cit. nota. p.109
Il maschio camaleonte cit. pp. 110-120.
Stanchi dell’incapacità del Sultano di gestire le potenze europee, che
spesso imponevano il loro volere con la forza, e galvanizzati dal
successo del Giappone che nel 1905 aveva sconfitto la Russia, un
gruppo di ufficiali legato ai Giovani Turchi, aveva fondato a Damasco nel
1906, il gruppo “Patria e Libertà”, tra loro c’era anche un colonnello di
Salonicco: Mustaf Kemal, il futuro Atatürk
A differenza del giovani ottomani, questo nuovo gruppo era formato non
più da intellettuali, ma da uomini d’azione, da militari. Non liberali in
senso stretto, ma più che altro patrioti decisi a liberare l’impero
dall’influenza dell’Europa e modernizzarlo.
L’elemento turco era preponderante, ma erano in contatto con la
borghesia ebraica e con la massoneria, alcuni erano massoni essi
stessi.
Una grave crisi economica colpì l’Impero ottomano tra il 1906 ed il 1907,
a Sivas scoppiò una vera e propria rivolta, presto seguita da altre città.
Le truppe inviate a sedare i moti popolari si ammutinarono e per la prima
scoppiarono anche scioperi.
Si parlò anche di un possibile smembramento dell’Impero ad opera di
Inglesi e Russi, Il sultano Abdül-Hamid, costretto dalla situazione e dal
rischio di una vera e propria guerra civile, ripristinò la costituzione e
vennero convocati al governo membri dei Giovani Turchi69.
Questi uomini erano i membri del CUP(Comitato Unione e Progresso),
ala laicista e accentratrice del movimento giovane turco.
Essi rappresentavano la più completa espressione del nazionalismo
turco, e la loro presa del potere scatenò una nuova ondata di
manifestazioni e rivolte su basi etniche e religiose.
69
Storia dell’impero ottomano. Cit. pp.611-628.
Molti degli esponenti di spicco di questa fazione, si occuparono anche di
temi legati alla famiglia ottomana.
Ahmet Riza70, il loro esponente politico ed intellettuale più prestigioso,
aveva scritto nel 1907 una monografia sulla famiglia turca, intitolata
significativamente in francese la criese in orient, sostenendo che ormai
la famiglia tradizionale musulmana era cambiata ed il problema adesso
era di normalizzare i nuovi rapporti tra i sessi e tra le generazioni in
modo più consono ad una società moderna e fugare i dubbi ei timori
dovuti alla perdita di valori considerati fondamentali dalla società
turco-islamica.
D’altronde la società turca doveva far fronte ad i primi movimenti
femministi,
ispirati dalle suffragette, come l’associazione per la difesa delle donne
(Te’ali-Nisvan Cemiyeti) fondata dalla scrittrice e giornalista Halide Adib,
ma anche ad una perdita della stabilità economica della donne, finora
mantenute dai padri o dai mariti che però erano stati sempre più spesso
inviati nei vari fronti in cui era impegnato l’impero e non avevano fatto
ritorno71. Un esperienza diretta ci viene sempre dall’autobiografia di Irfan
Orga che racconta come, durante il primo conflitto mondiale, caduto il
padre in battaglia, la madre sia costretta ad arrangiarsi facendo dei
lavoretti, come scrivere lettere per le altre donne, rammendi e facendo
piccoli favori alla gente del quartiere tanto da guadagnarsi il nome di
“Hanim Effendi”, “Signora Padrona”, un titolo che, in una società
gerarchica come quella ottomana, poteva spettare solamente alle donne
altolocate e di famiglia nobile72. Come viene notato da molti viaggiatori
Era stato studente in Francia e direttore di una scuola pubblica a Brussa
Il Maschio Camaleonte. cit. pp 121-123
72
Portraits. cit. p. 127
70
71
occidentali, la moda europea si diffonde velocemente tra la donne
turche. Leggi vengono promulgate sull’abbigliamento, dalla lunghezza e
lo spessore dei veli, alla proibizione di entrare nei negozi occidentali, le
donne che osavano andare in strada da sole potevano venire multate o
perfino arrestate.
Alcuni dei Giovani Turchi credevano, però, che l’emancipazione
femminile fosse la chiave del progresso ottomano e che l’istruzione
fosse lo strumento per raggiungerla e da parte loro, le donne
parteciparono attivamente alla rivoluzione giovane turca. Si videro più
donne mostrarsi in pubblico, tenere conferenze, nacquero associazioni
femminili, sia filantropiche che politiche, che chiedevano
l’emancipazione pubblica delle donne e il loro ingresso, con pari dignità
e diritti, nel mondo del lavoro e dell’amministrazione pubblica73.
Questa svolta non sfuggì alla classe intellettuale ottomana, ispiratosi ad
idee di sociologi e filosofi francesi. Ziya Golkalp, il primo, e per lungo
tempo unico, pensatore sociale turco, cercò di soddisfare l’esigenza
modernizzatrice ancorandola alla tradizione.
Per lui cultura e civiltà era due elementi separati. La civiltà è
internazionale e la cultura è nazionale. La civiltà è per lo più formata da
elementi tecnico-scientifici, mentre la cultura è composta da usi e
tradizioni di un popolo o di un'etnia.
Un popolo però, può cambiare civiltà senza dover cambiare cultura.
Questo spostamento da una civiltà di tipo “asiatico”, ad una di tipo
“europeo”, può avvenire solamente se la civiltà in cui si vuole entrare
viene accolta in accordo con la propria cultura e non solamente come
73
Storia dell’impero ottomano. cit. pp. 628-630
mera simulazione, altrimenti si avrebbe uno sdoppiamento tra cultura e
civiltà, alla lunga dannoso.
Golkalp attribuisce un ruolo fondamentale alla cultura ed all’educazione
nell'obiettivo di “diventare turchi, musulmani moderni”; infatti “Nessun
padre turco può esimersi dall’educare il proprio figlio nella lingua e nella
storia turca”.74
Per Golkap la civiltà è un elemento femminile e la cultura è un elemento
maschile, solo se l’elemento maschile mantiene ferma la propria identità
dominante, l’elemento femminile può assorbire i valori diversi senza
perdersi.
Per fare questo lo studioso elaborò un modello di famiglia egualitaria
basata sulla, presunta, antica famiglia egualitaria turca epurata dagli
elementi arabo-persiani che, secondo lui, l’avevano corrotta. Questa
nuova famiglia non avrebbe dovuto essere una copia di quella
anglo-francese, ma una sua variante adattata alla sensibilità islamica e
turca, accettando però alcuni elementi occidentali.
Come per la società, anche la famiglia, si doveva basare sull’autorità
paterna che non era in contraddizione, né con la libertà né con la
democrazia, ma era, invece, condizione per un progresso controllato ed
ordinato.
Saranno le sue idee a portare nel 1917, quando ormai l’Impero
Ottomano sarà sotto la dittatura del CUP, alla legge sulla famiglia,
ovvero il primo tentativo di uno stato musulmano di intervenire nella
sfera privata, regolando il diritto familiare75.
74
75
Il Maschio camaleonte. Cit. p.124
Il Maschio Camaleonte. Cit. pp. 125-128.
I tentativi di mantenere le minoranze cristiane all’interno di una comunità
ottomana fallirono, ancora una volta davanti all’imperialismo occidentale
non c’era possibilità di reazione76; tanto che in alcune cancellerie si era
esplicitamente parlato di aperta spartizione della Turchia asiatica.
Le risposte del Comitato furono diverse, alcune in campo culturale: per
esempio una maggiore importanza data all’elemento arabo ed islamico
dell’impero.
In campo politico l'alleanza con la Germania imperiale, l’unica potenza
che sembrava capace di opporsi ad Inghilterra, Francia ed Italia77
desiderose di dividersi l’impero ottomano.
Dopo le guerre Balcaniche, il CUP, assunse praticamente tutti i poteri e
lo stato diventò, anche se mai ufficialmente, una dittatura.
Nel 1915, un anno dopo lo scoppio della grande guerra, anche la
Turchia, pressata dalle minacce anglo-russe, entrò in guerra a fianco
delle potenze centrali.
Se le guerre balcaniche erano state pesanti in termini di risorse umane e
finanziarie, il primo conflitto mondiale sarà devastante78.
Dall’autobiografia di Orga apprendiamo che le perdite furono
pesantissime.
La morte di molti uomini spinse, ed è un fatto senza precedenti,
addirittura alla protesta contro il Sultano.
Le donne, oramai vedove, si ritrovarono a maledire, come fa Sevkive, la
madre dello scrittore, il sovrano e Dio stesso79.
La Francia otterrà nel 1914 diversi porti liberi sulla costa siro-libanese ed il permesso di costruire
numerose linee ferroviarie nella zona di Damasco.
77
L’Italia aveva strappato la Libia all’Impero Ottomano dando il via alla grave crisi che porterà alle
guerra Balcaniche del 1912-1913.
78
Storia dell’impero ottomano. cit. pp 665-674
79
Portraits. cit. pp.139-140
76
Una grave crisi economica colpì l’Impero e le donne, che fino a poco
prima si riteneva sconveniente far lavorare, diventarono, come del resto
accadde in occidente, preziose nelle fabbriche dove la manodopera
maschile stava diminuendo a vista d’occhio, man mano che il conflitto
procedeva verso un inevitabile sconfitta degli imperi centrali.
Sempre sulla scorta del racconto di Orga, possiamo vedere le donne, da
prima lavorare in proprio per terzi nelle loro case, magari rammendando
o tessendo, e alla fine accettare un’occupazione in una sartoria
dell’esercito che produceva divise per le truppe80; dove, per altro senza
averlo voluto, le donne dividevano il posto di lavoro con gli uomini81.
In questi anni, il governo, di fatto guidato dalla dittatura militare di Enver
Paça, senza opposizione del parlamento poté lanciarsi in profonde
campagne di modernizzazione
Tra le varie riforme messe in campo dal CUP, sospinto dall’intellighenzia
ispirata e moderna82, nel 1916 venne promulgata una legge che
consentiva alla donna di poter chiedere il divorzio in caso di infedeltà del
marito o se questi avesse rotto il contratto di matrimonio83; compiendo
così un passo in avanti sull’uguaglianza tra i sessi.
E fin dal 1913 si era limitata in modo considerevole l’area di intervento
dei tribunali religiosi e poneva sotto il controllo del governo tutti i kadì,
cioè i giudici religiosi.
Questo avrebbe dovuto portare alla definitiva sottomissione del sistema
legislativo religioso a quello statale.
Portraits. cit. pp 148-154
Storia dell’impero ottomano. cit. p 677.
82
Tra questi ovviamente c’è Ziya Gokalp e la romanziera Halide Edib
83
Ovvero il contratto firmato con la futura sposa, o con la famiglia di lei, in cui l’uomo si impegnava a
non sposare altre donne.
80
81
Il CUP aveva anche capito che il modo migliore per ottenere queste
riforme era una forte classe media e durante la guerra il governo fece di
tutto per rafforzare la piccola e media borghesia, ottenendo anche un
buon successo.
Purtroppo per l’impero, la guerra volgeva al peggio, benché nel 1917 le
truppe ottomane avessero ottenuto anche alcuni successi, l’esercito era
allo stremo e non c’erano più risorse per continuare lo sforzo bellico.
Il 26 settembre la Bulgaria chiedeva l’armistizio e le truppe dell’intesa,
come al tempo delle guerre russo-ottomane, puntavano su Istanbul.
Il 30 ottobre 1918 il Sultano, non potendo più sostenere il conflitto,
chiese l’armistizio, che fu firmato con le potenze dell’Intesa, a Mudros.
La Grande Guerra era finita, ma si apriva un nuovo capitolo: La Guerra
di liberazione e la Repubblica84. Con la fine del conflitto finiva anche il
vecchio mondo ottomano.
La vittoria della Repubblica Kemalista e l’abolizione del Sultanato
segnarono, definitivamente, il passaggio da un vecchio ed antico mondo
ottomano ad una nuova nazione che poteva perseguire la
modernizzazione libera dai legami con il passato, ancorché glorioso.
La Saraçgil fa notare come la società musulmana legittimi il potere
politico collegandolo alla famiglia ed alla struttura familiare e che perciò
le riforme iniziate nel 1839, introdussero dall’alto non solo cambiamenti
politici, ma delle trasformazioni che, alla fine, intaccarono le basi
religiose dell’impero, proprio perché attaccarono l'associazione
società-famiglia che era alla base della società ottomana.
Secondo la studiosa questo spostamento ideologico investì meccanismi
e dinamiche sociali molto profonde e “la Turchia si trovò così costretta a
84
Storia dell’impero ottomano. cit. pp 674-684
dover, in un certo senso, reinventare le proprie tradizioni, cercando di
modificare, adeguare e riformare quelle antiche”85.
L’opera di Mantram, benché poco interessata alla storia di genere e per
lo più incentrata sui cambiamenti socio-politico-economici, dà una lettura
altrettanto forte di questa evoluzione, facendo notare, che essi non
rimasero lettera morta e benché con difficoltà, alla fine “i quarant’anni di
crisi corrispondono quarant’anni di avviamento economico, sviluppo
culturale, di secolarizzazione e di modernizzazione delle istituzioni, di
progresso nel campo dei diritti dell’uomo. Accanto alla Questione
d’Oriente vi sono le risposte che l’Orienta tenta di trovare”86.
In conclusione, possiamo dire che, in una certa maniera, i parlamentari
del CUP, Golkalp e Helide Edib, non si sbagliavano.
La Turchia repubblicana divenne una nazione moderna anche grazie
allo sforzo compiuto dal nuovo governo per istruire, e rendere membri
partecipi della comunità, le donne turche87; a spese della tradizione turca
e musulmana con conseguenze che si possono osservare anche oggi
nella turchia contemporanea, dove nonostante le politiche religiose e
tradizionaliste inaugurate dal partito AKP al governo ad Ankara, le donne
rimangono non solo un caposaldo dell’opposizione, ma elemento vivo e
partecipe della Repubblica, benché adesso si intravedano tempi
piuttosto burrascosi e difficili.
Bibliografia:
Il Maschio Camaleonte. cit. pp. X-XI
Storia dell’Impero Ottomano. cit. p. 561
87
Il Maschio Camaleonte. cit. pp 171-189
85
86
E. De Amicic, Costantinopoli, Torino, Einaudi 2007.
L. Gardet, Gli Uomini dell’Islam, Como, Jaca Book 2002.
J. Goodwin, I Signori degli Orizzonti: Una storia dell’Impero Ottomano,
Torino, Einaudi 2009.
G. Mandel, Il Corano. Testo originale a fronte, a cura di, Torino, UTET
2011.
R. Mantran, Storia dell’Impero Ottomano,a cura di. Lecce. Argo edizioni
2011
A.Sarcgil, Il Maschio Camaleonte: Strutture Patriarcali nell’Impero
Ottomano e nella Turchia Moderna, Milano, Bruno Mondadori. 2001
I.Orga, Portraits of a Turkish Family, London, Eland 2011.
B. Traversetti, Introduzione a De Amicis, Bari, Laterza 1991