LXXVIII
2016
FRATELLI LEGA EDITORI
FAENZA
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EPIGRAPHICA
* * *
Un nuovo cursus municipale dalla basilica di S. Ambrogio
a Milano.
Nella navata destra della milanese basilica di Sant’Ambrogio (1), all’attacco delle sovrastrutture del secondo pilastro, si trova murata un’epigrafe rimasta
finora inedita (Fig. 1).
Si tratta di un blocco parallelepipedo in marmo locale, presumibilmente
di Musso, ritagliato sui quattro lati per essere reimpiegato come materiale da
costruzione (62...×47...×17 cm). La superficie è lavorata a scalpello e non allisciata; le lettere della l.1 mostrano tracce di rubricatura. Dell’iscrizione – che
sembrerebbe completa inferiormente, considerando l’ampio spazio anepigrafe
sottostante la l. 5 – rimangono cinque linee di scrittura, di altezza uniforme (6
cm), mancanti di un buon numero di lettere a destra e di un massimo di due
lettere a sinistra a causa del taglio della pietra. Certamente complete sulla sinistra sono le linee 3 e 5, che dovevano constare di poche lettere ben centrate
nello specchio epigrafico, come mostra l’ampia indentatura. La scrittura adottata è una capitale quadrata ben ombreggiata e apicata; il ductus delle lettere è
regolare e non privo di una certa eleganza, come suggeriscono la lunga coda di
Q (l. 2) e il progressivo assottigliarsi della coda ricurva di R (l. 4). Sono visibili
punti distinguenti a virgola.
A una prima lettura il testo inciso appare essere il seguente (Fig. 2):
(1) L’epigrafe in esame si aggiunge a una lunga serie di epigrafi romane oggi conservate nella
basilica di S. Ambrogio, per lo più nel quadriportico, il cui ritrovamento si ricollega in molti casi a
un reimpiego presso la basilica stessa. La maggior parte di esse è di pertinenza mediolanense: CIL
V, 5836 = EDR124153; CIL V, 5840 = EDR124157; CIL V, 5898 = EDR124218; CIL V, 5915 =
EDR124236; CIL V, 5938 = EDR124260; CIL V, 5951 = EDR124273; CIL V, 5989 = EDR124310;
CIL V, 6000 = EDR124323; CIL V, 6007 = EDR124331; CIL V, 6127 = EDR124452; CIL V, 6160
= EDR214486; F. REGGIORI, La basilica Ambrosiana. Ricerche e restauri 1939-40, Milano 1941, pp.
159-64 = EDR124771. Non mancano tuttavia esempi di epigrafi provenienti da Comum, come i
due frammenti della grande epigrafe testamentaria di Plinio il Giovane (CIL V, 5262; AEp 1947,
65) e la porzione inferiore di una grande lastra onoraria per un imperatore il cui nome non si è
conservato (CIL V, 5261).
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SCHEDE E NOTIZIE
Fig. 1.
Fig. 2.
-----[-] Catio + [f(ilio) - - -]
q(uaestori) (quattuor)vi[r(o) - - -]
D[- - -]
[v]iro suo [- - -]
v(- - -) [- - -]
Presentano alcune difficoltà di lettura la l. 1 attuale e la l. 4. Alla l. 1 si è
preferita la lettura continua Catio alla possibile alternativa C(aio) Atio sia per
l’assenza di un segno interpuntivo dopo C sia per la maggiore diffusione locale del nomen Catius, attestato a Mediolanum in cinque occasioni (2), a fronte
dell’apparente assenza del gentilizio Atius. In chiusura di linea, inoltre, al di
sotto di quello che sembrerebbe un’incrostazione di malte, si riconosce il solco, parzialmente ostruito, di un’asta verticale, forse T o P: si potrebbe trattare
del praenomen paterno, da immaginare quindi all’interno di un patronimico,
oppure dell’iniziale del cognomen del personaggio menzionato. In apertura di
l. 4, invece, lungo il taglio della pietra si intravede il solco di un’asta verticale
terminata superiormente da un’apicatura triangolare, presumibilmente I. Suscita tuttavia qualche perplessità la profonda tacca presente al di sopra di tale
asta, la quale sembrerebbe essere l’esito di un colpo di scalpello: esclusa la
(2) Si tratta di CIL V, 5620 (Marcus Catius Varus), 5850 (Titus Catius Eros), 5855 (Catia
Storge), 5864 (Atilia Catia), 6000 (Catia …). Solo due sono invece le attestazioni di area comense:
CIL V, 5285 (Caius Catius Bromius), 5338 (Caius Catius Secundus).
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EPIGRAPHICA
possibilità di una T longa – per il differente spessore della traversa rispetto a
quanto si legge alla l. 1 – e di una sopralineatura (3), si deve pensare a un segno
accidentale legato al reimpiego lungo un profilo che peraltro si presenta in più
spunti scheggiato.
L’iscrizione si presenta oggi aperta dall’onomastica del dedicatario, come
indicato dall’uso del caso dativo; volendo integrarne sulla sinistra il praenomen
e sulla destra il patronimico e il cognomen, si otterrebbe – per un cognomen
di media lunghezza – una larghezza dell’epigrafe pari a poco più del doppio
di quella attuale. Ciò porta a interrogarsi su quale tipo di supporto dovesse
reggere il testo in questione: prendendo in considerazione l’orizzonte epigrafico mediolanense, una larghezza, come in questo caso, vicina a un metro si
incontra raramente. È larga 106 cm, per un’altezza superiore a 120 cm e uno
spessore di 21 cm, la stele centinata dei Plinii (4) e analoghe dimensioni sono
condivise dalla stele, oggi ridotta a una larghezza di 88 cm, di Caius Atilius
Secundus (5), la cui altezza supera il metro e mezzo, mentre lo spessore misura
28 cm. Più difficilmente le are hanno una larghezza tanto pronunciata, dal momento che la loro stessa altezza si assesta intorno al metro: è larga 82 cm l’ara
funeraria di Caius Valerius Fabricius (6), che mostra un’altezza superiore a 130
cm e uno spessore di 60 cm; in tal caso si dovrebbe immaginare che l’epigrafe
di S. Ambrogio sia stata segata, ai fini del reimpiego, fino all’attuale spessore di
17 cm. Poco rappresentate a Mediolanum, infine, sono le basi, la cui larghezza
tuttavia arriva in diversi casi a superare il metro: così accade, ad esempio, per la
base funeraria dedicata da [- - -]ius L(uci) f(ilius) Tracalus ai genitori (7), larga
102 cm, misura che viene riportata anche in profondità; pure in questo caso,
dunque, si dovrebbe pensare a un intervento di riduzione dello spessore originario del pezzo. Considerando momentaneamente le tre possibilità alla pari,
proseguiamo nell’analisi del contenuto dell’iscrizione, così da poter restringere
ulteriormente il campo.
Alla l. 2, completa sulla sinistra, si trova indicato il cursus municipale del
dedicatario dell’epigrafe: è menzionata prima la carica, abbreviata alla sola iniziale, di quaestor, quindi quella di quattuorvir, per la quale resta incerto – e ai
fini di una ricostruzione degli spazi le due ipotesi sono pressoché equivalenti –
se si sia trattato di un quattuorvirato aedilicia potestate o iure dicundo.
La questura in ambito municipale, collegata certamente con la gestione
del denaro pubblico (8), è stata ritenuta ora un honos, ora un munus sulla base
di un passo assai noto del Digesto secondo cui «et quaestura in aliqua civi-
(3) A meno che non si voglia pensare ad un errore – ad esempio la sopralineatura delle
prime due lettere della parola viro scambiate per il numerale VI – il che tuttavia sembrerebbe
poco in linea con l’elevata qualità dell’incisione.
(4) CIL V, 5880 = AEp 2005, 657 = EDR124199.
(5) CIL V, 5959 = EDR124281.
(6) AEp 1995, 667 = EDR124802.
(7) G. BELLONI, Sculture di età classica e dei Musei d’arte di Milano rilavorate in epoche
posteriori, in Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni, 3, Milano 1956, pp. 650-651 = EDR124778.
(8) Puntano in questa direzione definizioni come quaestor pecuniae publicae e quaestor
aerarii – quest’ultima diffusa anche in ambito transpadano (CIL V, 5847, 6428, 6515, 6520) – nonché
il capitolo 20 della lex Irnitana; si veda a proposito J. ANDREU PINTADO, La administración de las
ciudades durante el Imperio, in J. M. Blázquez Martínez - P. Ozcáriz Gil (edd.), La administración
de las provincias en el Imperio Romano, Madrid 2013, p. 156.
SCHEDE E NOTIZIE
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tate inter honores non habetur sed personale munus est» (9). Tuttavia, come
osservato dal Grelle, la concezione della questura come personale munus «si
sviluppa nel corso del II secolo d.C., in stretto intreccio con i mutamenti nella
pratica delle amministrazioni locali, e si consolida in età severiana» (10); diverso è il caso delle carriere municipali di I secolo d.C. – epoca cui è possibile,
come si ribadirà più avanti, attribuire l’epigrafe in esame – all’interno delle
quali la questura sarebbe menzionata come vero e proprio honos. Nella regio
XI Transpadana sono almeno diciassette le iscrizioni che menzionano un questore in relazione a un municipio o a una colonia (11): di queste solamente due
sono pertinenti a Mediolanum. Nel primo caso si tratta di un’ara votiva, oggi
irreperibile, dedicata a Hercules Inpetrabilis da Caius Calvisius Secundinus (12),
che si presenta come sexvir iunior, decurio e quaestor; nell’altro di un’epigrafe,
pure perduta, eretta in onore di Marcus Atusius Glycerus (13), personaggio di
rango equestre che ricoprì le cariche di duovir i(ure) d(icundo) m(- - -) p(- - -),
pontifex e quaestor aerarii. Per quanto riguarda l’iscrizione di Caius Calvisius
Secundinus, la carica di questore si trova indicata con la semplice iniziale – e
dunque nella forma q(uaestor), già sciolta in questo modo dal Mommsen negli
indici del quinto volume del CIL – a chiusura della carriera del personaggio;
o, per meglio dire, in apertura di quello che avrebbe potuto trasformarsi in
un vero e proprio cursus municipale, preparato dall’ingresso nell’ordo decurionum (14) ed avviato con la carica di quaestor (15). Più complesso è invece il
caso di Marcus Atusius Glycerus, a lungo considerato, sulla scorta del lemma
del CIL, duovir m(unicipii) P(lacentiae), il che portò il Mommsen ad affermare
che «ad curam aerarii quod attinet, quaestores Mediolanum non magis videtur
(9) Dig. 50, 4, 18, 2 (dal liber singularis de muneribus civilibus di Aurelio Arcadio Carisio).
A richiamare per la prima volta la diversa disciplina di honores e munera a proposito della censura
municipale è J. MARQUARDT, Römische Staatsverwaltung, I, Leipzig 1873, p. 492, ripreso poi dal
Mommsen in CIL V, p. 83 e più diffusamente in CIL IX, pp. 45, 69, 137, 205, 245.
(10) F. GRELLE, Canosa romana, Roma 1993, p. 113.
(11) CIL V, 5768 (Mediolanum), 5847 (Mediolanum), 6428 (Ticinum), 6519 (Novaria), 6520
(Novaria), 6788 (Eporedia), 6796 (Eporedia), 6797 (Eporedia), 6842 (Augusta Praetoria), 6955
(Augusta Taurinorum), 6965 (Augusta Taurinorum), 6996 (Augusta Taurinorum), 7002 (Augusta
Taurinorum); PAIS 748 (Comum); AEp 1992, 789 (Ticinum); AEp 1998, 603 (Bergomum); A. M.
CAVALLARO - G. WALSER, Iscrizioni di Augusta Praetoria, Aosta 1988, nr. 69 (Augusta Praetoria).
Si veda in proposito F. PETRACCIA, I questori municipali dell’Italia antica, Roma 1988.
(12) CIL V, 5768 = EDR124094: Herculi Inpetra(bili) sacr(um) / C(aius) Calvisius Secundinus /
(sex)vir iun(ior) decur(io) item q(uaestor?) aram v(otum) s(olvit) l(ibenter) m(erito). A favore dello
scioglimento q(auestor) si pronuncia anche F. BOSCOLO, Collegium fabrum et centonariorum
Mediolaniensium, «Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Classe di Scienze Morali,
Lettere ed Arti», 161, 2002-2003, p. 411.
(13) CIL V, 5847 = EDR124164: M(arco) Atusio / M(arci) f(ilio) Ouf(entina tribu) / Glycero /
eq(uiti) R(omano) (duo)vir(o) i(ure) d(icundo) m(- - -) p(- - -) / pont(ifici) quaest(ori) aer(arii) /
patron(o) et repunct(ori) / coll(egi) aerar(iorum) col(oniae) M(ediolani) / Tertius Rufellius / Verus
(quattuor)vir a(edilicia) p(otestate)/ ob merita eius quae / erga se sive parentes / suos semper innocenter
/ exhibuit l(oco) d(ato) d(ecreto) d(ecurionum). Concorda con questa lettura anche BOSCOLO,
Collegium fabrum, cit., pp. 409-414.
(14) Su tale funzione del decurionato si veda A. SARTORI, Decuriones singulares, in E.
Melchor Gil - A. D. Pérez Zurita - J. F. Rodríguez Neila (edd.), Senados municipales y decuriones
en el Occidente romano, Sevilla 2013, pp. 342-343.
(15) Un esempio analogo è attestato ad Augusta Taurinorum in CIL V, 6955: P(ublius)
Metellus / T(iti) f(ilius) dec(urio) Taur(inis) / et quaestor item decurio / Eporediae et (duo)vir / Iovi
Aug(usto) / ex ((sestertiorum)) (decem milibus) / test(amento) poni iussit.
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EPIGRAPHICA
habuisse quam habuit duumviros iure dicundo; nam quaestor aerarii n. 5847 ad
hanc urbem non pertinet» (16). In realtà, come ha dimostrato il Passerini (17),
lo scioglimento m(unicipii) P(lacentiae) è da rifiutarsi tanto per l’eccessiva sinteticità dell’abbreviazione, di fatto indecifrabile fuori del territorio di Placentia,
quanto per l’aver avuto tale città, in quanto municipium, quattuorviri e non
duoviri; come alternativa sono stati al momento proposti gli altrettanto problematici scioglimenti m(andata) p(otestate) e m(anumittendi) p(otestate) (18). La
questura viene in questo caso indicata nella forma quaest(ori) aer(arii) e segue
sia il duovirato sia il pontificato: si potrebbe dunque trattare di una carriera
rappresentata in forma discendente, ma nei fatti aperta dalla questura e chiusa
dal duovirato iure dicundo (19), somma magistratura della colonia di Mediolanum a partire probabilmente dalla metà del II secolo d.C. (20).
Tornando all’epigrafe oggetto d’esame e proseguendo nella lettura della
l. 2, si incontra, subito dopo la questura, l’indicazione di un quattuorvirato.
A livello transpadano si nota come l’indicazione della questura generalmente
segua il quattuorvirato, tranne nel caso di un’iscrizione di Ticinum nella quale
la carica di q(uaestor) a(erarii) è preposta a quella di (quattuor)vir a(edilicia)
p(otestate) (21): del resto il Grelle sottolinea come non debba stupire «l’omissione o la irregolare collocazione della questura nelle epigrafi […] anche in
municipi per i quali non si può dubitare che l’ordinamento locale prevedesse la
funzione» (22), ribadendo poi come siano particolarmente frequenti, nell’am-
(16) CIL V, p. 634.
(17) A. PASSERINI, I primi magistrati di Milano in età imperiale, «Athenaeum», 32-33,
1944-1945, p. 100.
(18) Man(data) pot(estate) è proposta di G. BRUSIN, Noterelle epigrafiche, «Rivista archeologica
dell’Antica Provincia e Diocesi di Como», 115-116, 1937-1938, pp. 44-45 e appoggiata da BOSCOLO,
Collegium fabrum, cit., pp. 403-407 sulla scorta di A. DEGRASSI, Quattuorviri in colonie romane
e in municipi retti da duoviri, in ID., Scritti vari di antichità, I, Roma 1962, p. 119, nr. 141 e di
C. ZACCARIA, L’amministrazione delle città nella Transpadana (nota epigrafica), in W. ECK - H.
GALSTERER (edd.), Die Stadt in Oberitalien und in den nordwestlichen Provinzen des Römischen
Reiches, Mainz am Rhein 1991, pp. 65-67; a preferire man(umittendi) pot(estate) è PASSERINI, I
primi magistrati, cit., pp. 98-103.
(19) Non a caso – parlando di questa epigrafe in M. S. BASSIGNANO - F. BOSCOLO, Riflessioni
sul pontificato municipale nella Cisalpina, in P. Basso - A. Buonopane - A. Cavarzere - S. Pesavento
Mattioli (edd.), Est enim ille flos Italiae… Vita economica e sociale nella Cisalpina romana. Atti delle
Giornate di Studi in onore di Ezio Buchi, (Verona, 30 novembre - 1 dicembre 2006), Verona 2008,
p. 53 – il Boscolo ne riordina il cursus ricordando che «M. Atusius Glycerus, eques Romanus, fu
questore e magistrato giusdicente» e che «il pontificato è indicato tra le due cariche».
(20) A fronte di numerose attestazioni epigrafiche di una colonia A(- - -) A(ugusta)
M(ediolani) – così in CIL V, 5465, 5515, 5612, 5847, 5869, 5892; CIL XI, 1230; AEp 1974, 334; AEp
1997, 534 – resta incerto a quale imperatore sia da attribuire tale promozione (A. CALDERINI - A.
PASSERINI, Storia di Milano. 1 - Le origini e l’età romana, Roma 1953, pp. 228-229, 232-233, 240,
256; A. CALDERINI, Milano romana, Milano 1965, pp. 28-31; M. MIRABELLA ROBERTI, Milano
romana, Milano 1984, pp. 13-17). A favore di Adriano si è espresso H. PHILIPP, in RE, XV, 1,
1931, col. 93, s.v. Mediolanum, mentre la nomina a colonia sarebbe avvenuta sotto Antonino Pio
o Marco Aurelio secondo E. KORNEMANN, in RE, IV, 1, 1900, col. 538, s.v. coloniae. Di opinione
ancora diversa sono F. GRELLE, L’autonomia cittadina fra Traiano e Adriano. Teoria e prassi
dell’organizzazione municipale, Napoli 1972, pp. 217-218 e BOSCOLO, Collegium fabrum, cit., pp.
376-377, i quali collocano l’evento durante il principato di Commodo.
(21) CIL V, 6428: M(arcus) Domitius M(arci) f(ilius) Priscus / q(uaestor) a(erarii) (quattor)vir
a(edilicia) p(otestate) augur d(ecreto) d(ecurionum) / gratuitus podium cum / lorica et aditus vivos fecit.
(22) GRELLE, Canosa, cit., p. 112.
SCHEDE E NOTIZIE
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bito della regio II Apulia et Calabria, le attestazioni di «un’assunzione della
questura in contrasto con l’ordine che la colloca al primo gradino della carriera
municipale» (23). Anche nella regio XI, dunque, quando la menzione della questura precede quella del quattuorvirato, essa sembrerebbe ricalcare quello che
doveva essere l’effettivo sviluppo dell’ordo magistratuum municipale – come
peraltro accade più di frequente in quelle epigrafi transpadane che registrano
un cursus coloniale (24) – mentre, quando la questura è ricordata dopo il quattuorvirato, occorre forse pensare alla volontà di dare maggior peso, ponendola
in prima posizione, alla magistratura più rilevante. Per quanto riguarda poi
la possibilità di integrare, nell’iscrizione in esame, (quattuor)vi[r(o) a(edilicia)
p(otestate)] oppure (quattuor)vi[r(o) i(ure) d(icundo)], le due ipotesi di fatto si
equivalgono quanto a occupazione dello spazio. In una sorta di parità ci si imbatte anche volendo estendere il confronto alle altre attestazioni transpadane,
dove la questura compare tanto in associazione a un quattuorvirato aedilicia
potestate quanto a un quattuorvirato iure dicundo; ciò che si può notare, tuttavia, è che essa solitamente segue il quattuorvirato iure dicundo, mentre può
sia precedere – nella già citata epigrafe da Ticinum (25) – sia seguire (26) il
quattuorvirato aedilicia potestate. Si propone dunque, a titolo esemplificativo e
senza escludere aprioristicamente nessuna delle due possibilità, l’integrazione
(quattuor)vi[r(o) a(edilicia) p(otestate)].
L’ampio spazio che doveva restare a destra dell’indicazione del quattuorvirato, sempre alla l. 2, doveva verosimilmente ospitare un’ulteriore tappa del
cursus municipale di Catius, per cercare di definire la quale occorre però partire dall’analisi della l. 3. Questa, con un’ampia indentatura sulla sinistra, cui
doveva corrispondere un parallelo spazio vuoto sulla destra, doveva essere
composta da un numero considerevolmente basso di lettere. La D superstite
potrebbe essere interpretata in due modi (27): come primo elemento della formula d(ecurionum) d(ecreto) – meno probabile, per ragioni di equilibrio compositivo, l’alternativa dec(urionum) dec(reto) – oppure come avvio dell’ulteriore
indicazione decur(ioni) (28). Questa seconda possibilità risulterebbe tuttavia
poco soddisfacente dal momento che in nessun caso in Transpadana la qualifica
di decurio, peraltro nude dictus, si trova collocata dopo il quattuorvirato o comunque in chiusura di un cursus municipale; infatti, come osserva il Sartori a
proposito dei decuriones singulares della regio XI, il decurionato espresso come
tale compare di solito dopo l’indicazione del sevirato, a chiudere ogni altra velleità di un riconoscimento politico, oppure, più di rado, in apertura del cursus
come «base propedeutica per gradus successivi» (29).
Si deve così tornare alla prima ipotesi, la sigla d(ecurionum) d(ecreto), da
(23) GRELLE, Canosa, cit,. p. 112, nota 17.
(24) CIL V, 6788 (Eporedia), 6796 (Eporedia), 6842 (Augusta Praetoria), 6996 (Augusta
Taurinorum).
(25) CIL V, 6428 (cfr. supra nota 21).
(26) CIL V, 6519 (Novaria) e 6520 (Novaria); PAIS 748 (Comum); AEp 1992, 789 (Ticinum)
e AEp 1998, 603 (Bergomum).
(27) Si è esclusa quasi subito la possibilità di avere un d(onum) d(edit) votivo sia per la presenza
del gentilizio al dativo alla l.1 sia per la proposta di lettura della l.4, che è parsa la più probabile.
(28) Si sceglie questa sospensione, attestata altrove in Transpadana (CIL V, 5313, 5658,
5841, 5894, 6429), per ragioni di spaziatura e di centratura della linea.
(29) SARTORI, Decuriones, cit., p. 342.
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EPIGRAPHICA
intendersi però non come formula conclusiva di un’iscrizione onoraria – le linee 4 e 5, come si dirà più avanti, sembrerebbero piuttosto rivelare una destinazione funeraria dell’epigrafe – ma come accompagnamento pleonastico e
sovrabbondante di una carica precedentemente espressa. Torna di nuovo utile,
a questo proposito, la più volte citata epigrafe di Marcus Domitius Priscus da Ticinum (30): di costui, infatti, si ricordano la questura, il quattuorvirato aedilicia
potestate e, in posizione conclusiva, la funzione sacerdotale di augur accompagnata dalla specifica decurionum decreto gratuitus, la quale farebbe riferimento
da un lato all’elezione di Marcus Domitius Priscus ad augure per intervento
dell’ordo decurionum di Ticinum, dall’altro all’esenzione dal versamento di una
summa honoraria che, per quanto i termini non siano del tutto chiari, sembrerebbe essere stata prevista per legge (31). Esempi analoghi si trovano in un’altra epigrafe da Ticinum (32), il cui titolare, Sextus Sextilius Fuscus, si definisce
salius gratuitus decurionum decreto, e nella regio VI Umbria, donde proviene
l’iscrizione di Lucius Octavius Rufus, augur ex decurionum decreto creatus (33).
Non è dunque inverosimile pensare che anche sull’epigrafe milanese in esame,
in chiusura di l.2, dopo l’indicazione del quattuorvirato, si trovasse la menzione
di una funzione sacerdotale, forse proprio quella di augure, cui faceva seguito,
isolata alla linea successiva, la sigla d(ecurionum) d(ecreto). Quanto poi alla possibile ridondanza pleonastica di tale indicazione, già ravvisata in altre occasioni
all’interno della stessa epigrafia mediolaniense (34), rimane aperto il problema
dell’elezione dei membri del collegio augurale, se cioè essa spettasse al popolo – e ciò sulla base della lex coloniae Genetivae e di un passo del Digesto (35) –
oppure ai decurioni, come sembrerebbe invece suggerire un gruppo nutrito di
testimonianze epigrafiche, non ultima un’iscrizione da Puteoli che nel II secolo
d.C. ricorda la concessione dell’augurato a Marius Sedatus da parte del locale
ordo decurionum (36). Lo Spinazzola cerca di trovare una soluzione al problema
facendo una distinzione tra quanto sembrerebbe effettivamente prescritto dalle
leggi, cioè un’elezione comiziale, e la situazione reale delle cose, per la quale
non si può negare, sebbene con declinazioni locali di volta in volta diverse,
un intervento dell’ordo decurionum sulla nomina dei sacerdoti municipali. La
possibile specifica augur decurionum decreto sull’epigrafe di S. Ambrogio può
dunque essere vista come un’informazione effettivamente pleonastica rispetto
(30) CIL V, 6428 (cfr. supra nota 21).
(31) V. SPINAZZOLA, in E. DE RUGGIERO, Dizionario Epigrafico di Antichità Romane, 1,
Roma 1895, s. v. augur, p. 803.
(32) CIL V, 6431: Sex(tus) Sextilius Sex(ti) f(ilius) Papiria Fuscus / flamen Romae et divi
Claudii / (quattuor)vir i(ure) d(icundo) pontifex augur salius grat(uitus) d(ecurionum) d(ecreto) /
praefect(us) fab[r(um)] ded(it).
(33) CIL XI, 6167: L(ucio) Octavio L(uci) f(ilio) Cam(ilia) / Rufo trib(uno) mil(itum) leg(ionis)
(quartae) / Scythicae praef(ecto) fabr(um) / bis duomviro quinq(uennali) ex / s(enatus) c(onsulto)
et d(ecurionum) d(ecreto) auguri ex d(ecurionum) d(ecreto) / creato / qui lavationem gratuitam /
municipib(us) incoleis / hospitib(us) et adventorib(us) / ux{s}orib(us) serveis ancilleis/que eor(um)
in perpetuom / dedit d(ecurionum) d(ecreto) publ(ice) patrono.
(34) Si tratta di CIL V, 5859 e AE 1974, 345, per cui si veda S. ZOIA, Ambiguedades en la
auto-representación de las élites en la epigrafía romana: el caso de Mediolanum en Cisalpina, in A.
Caballos Rufino - E. Melchor Gil (edd.), De Roma a las provincias: las élites como instrumento de
proyección de Roma, Sevilla 2014, p. 451.
(35) SPINAZZOLA, in Dizionario Epigrafico, cit., p. 797.
(36) EE 8, 1, 372, per cui si veda SPINAZZOLA, in Dizionario Epigrafico, cit., pp. 797-798.
SCHEDE E NOTIZIE
449
a quella che nei fatti doveva essere la consuetudine della prassi amministrativa
nel municipio di Mediolanum, ma la cui sovrabbondanza – rafforzata dalla collocazione isolata e centrale della sigla d(ecurionum) d(ecreto), che richiamava
al lettore ben altre ricorrenze della medesima sigla, all’interno, ad esempio, di
iscrizioni onorarie (37) – doveva certamente contribuire a incrementare il prestigio del dedicatario dell’epigrafe.
Le linee 4 e 5, come anticipato sopra, sono rivelatrici del carattere funerario dell’iscrizione. Alla l. 4 si troverebbe ricordato, al caso dativo, il rapporto
intercorrente tra il destinatario, menzionato alla l. 1, e il dedicante dell’epigrafe, il cui nome, in nominativo, doveva essere preposto all’attuale l. 1, probabilmente seguito dall’indicazione sibi et, se si accetta la proposta di leggere alla
l. 5 la formula v(ivus) f(ecit); o meglio v(iva) f(ecit), dal momento che in base
alle l. 4 l’epigrafe sembrerebbe essere stata commissionata dal dedicante viro
suo, dunque per il marito, forse definito, nel prosieguo della linea, benemerens
o carissimus o con altro aggettivo di analogo significato. Non sarebbe questo il
primo caso, all’interno dell’esperienza epigrafica mediolaniense, di un personaggio femminile che cura il monumento funerario della propria famiglia, andando ad accogliere all’interno della propria iscrizione anche personaggi maschili detentori di incarichi amministrativi: così accade, ad esempio, con Bolana
Secunda, che sulla propria stele ricorda anche il fratello quattuorviro (38), e con
Domitia Prisca, capofila di una lunga iscrizione funeraria in cui sono ricordati,
nell’ordine, il figlio seviro, la madre, il fratello pure seviro, il marito, definito vir
optimus, e un liberto, anch’egli seviro (39). Fornisce inoltre un interessante parallelo extralocale il sarcofago preparato a Novaria da Baebia Ateronia, la quale
si premura di far indicare nelle anse della tabula frontale che v(iva) f(ecit), per il
marito, definito coniunx carissimus, del quale si menziona, tra le numerose cariche municipali, anche quella di quaestor aerarii (40). Ciò che lascia perplessi è
piuttosto la presenza della formula viva fecit in ultima posizione, laddove l’uso
locale preferisce piuttosto una sua collocazione in testa all’iscrizione (41); non
mancano tuttavia sporadici esempi in tale senso, alcuni conservati dalla tradizione (42), altri invece ancora chiaramente visibili, come sulla stele cittadina di
(37) Si vedano, come esempi da Mediolanum, CIL V, 5722, 5842 e AEp 1995, 650.
(38) CIL V, 5849 = EDR124166: V(iva) f(ecit) / Bolana M(arci) f(ilia) / Se˹c˺unda / sibi et /
Vettiae Sex(ti) f(iliae) / Civili f(iliae) et / M(arco) Bolano M(arci) f(ilio) / Aniens(i tribu) / Marcello
fratri / (quattuor)vir(o) aedil(icia) / potestate / h(oc) m(onumentum) h(eredem) n(on) s(equetur) /
in fr(onte) p(edes) (quindecim) in agr(um) p(edes) (triginta).
(39) AEp 1993, 807 = EDR124915: V(iva) f(ecit) / [D]omit[ia] Prisca / sib[i] et / [M(arco)]
Coeli[o Ma]crino f(ilio) / (sex)v[ir(o) i]un(iori) / qui vix(it) [ann(os)] (undeviginti) / [C]assiae
T[- - -] matri / [-] Domit(io) M[- - -] fratri /(sex)v[ir(o) iu]n(iori) / [-] Domitio [- - -]moni / viro
[optim]o / [- - -]i / [- - -]ramus l(ibertus) / [(sex)]vir senior / [fa]ciundum curavit / in fr(onte)
p(edes) (viginti tres) in agr(um) p(edes) (triginta quinque).
(40) CIL V, 6520: V(iva) f(ecit) / [- - - - - -] / tilian(o) eq(uiti) R(omano) eq(uo) p(ublico)
(quattuor)vir(o) a(edilicia) p(otestate) ite/m (quattuor)vir(o) i(ure) d(icundo) m(unicipii) N(ovariae)
flam(ini) d(ivi) Traian(i) / q(uaestori) aer(arii) qui nu(m)q(uam) rei p(ublicae) ni(hi)l debuit / Baebia
Ateronia c(oniugi) k(arissimo).
(41) Si vedano a puro titolo di esempio CIL V, 5849, 5853, 5950, 5974, 5985, 5991 e 6120.
(42) CIL V, 5626 = EDR124656: Virilioni / Valeri f(ilio) / Banona Su/nuci f(ilia) viro /
et sibi v(iva) f(ecit); CIL V, 5712 = EDR124679: P(ublius) Albutianus / Primitivus / Albutiae /
pientissimae / v(ivus) f(ecit).
450
EPIGRAPHICA
Gellia Sabina (43) o su uno dei blocchi iscritti del recinto funerario dei Sentii a
Morazzone (44).
Se dunque si ammette per l’epigrafe in esame una destinazione funeraria, si può pensare – andando a riprendere la questione, lasciata aperta, della
tipologia del supporto – che essa fosse parte di una stele, dalle dimensioni
certamente eccezionali, il cui testo doveva correre all’incirca in questo modo:
[- - - - - -]
[sibi et?]
[-] Catio T(iti) [f(ilio) - - -]
q(uaestori) (quattuor)vi[r(o) a(edilicia) p(otestate)? auguri?]
d(ecurionum) [d(ecreto)]
[vi]ro suo [benemerenti?]
v(iva) [f(ecit)]
Un’ultima considerazione riguarda la datazione dell’epigrafe, per cui si
propone il I secolo d.C. Innanzi tutto, la menzione del quattuorvirato rimanda
a un’epoca in cui Mediolanum non era ancora divenuta colonia, passaggio che
avvenne probabilmente, come già si è avuto modo di dire, nel corso del II secolo d.C. Inoltre, una sintassi centrata sulla formula vivus fecit e sullo snodo sibi
et, in particolar modo su grandi stele familiari, è prevalente a Mediolanum nel I
secolo d.C., venendo poi sostituita, a partire dal II secolo d.C., da uno schema
sintattico aperto dalla dedica dis Manibus e dal dativo del defunto. Anche il disegno delle lettere, in particolar modo il bel cerchio di O e la coda sinuosa di Q,
rimandano a esempi analoghi presenti sulle stele mediolanensi di I secolo d.C.
SERENA ZOIA
Università Statale di Milano
(43) CIL V, 5860 = EDR124179: - - - - - - / L(ucio) Gelli[o L(uci) f(ilio)] / Vitali / (sex)
viro [pa]tri et / Boduiae L(uci) l(ibertae) / Liberali sibi / carissimae / [Gel]lia L(uci) f(ilia) /
[S]abina / vi[va] fecit.
(44) CIL V, 5595a = EDR124626: M(arcus) Sentius L(uci) f(ilius) Ouf(entina tribu) / Macer
veteran(us) / leg(ionis) (quartae) Scyticae / sibi et fratri suo / v(ivus) f(ecit).
* * *
PERIODICO INTERNAZIONALE DI EPIGRAFIA
LXXVIII, 2016
INDICE
María José ESTARÁN TOLOSA, Sepulcrum = lokan. Nueva propuesta de
reconstrucción de la inscripción bilingüe de Todi .................................
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Alessandra INGLESE, Le «epigrafi invisibili»: il caso del tempio di Demetra
a Cirene ......................................................................................................
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Silvio PANCIERA, Civitas una personificazione divina da riconsiderare ....
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35
Krešimir VUKOVIC, Roman myth and ritual: groups of Luperci and epigraphic evidence .......................................................................................
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43
Leonard A. CURCHIN, Dating by eponymous local magistrates in the latin
west ...........................................................................................................
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Ernesto Amedeo INSINNA, Nuove osservazioni sulla paleografiadelle
iscrizioni di Uchi Maius (Henchir Ed-Douâmis) l’epitafio di Optatilia
Fadilla ........................................................................................................
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73
Riccardo BERTOLAZZI, Priestesses’ euergetism in Roman Africa: the case
of Thvgga ..................................................................................................
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85
Laëtitia MAGGIO, Pia, casta, rarissima : les vertus des femmes en Numidie
septentrionale sous le Haut Empire romain ...........................................
» 111
Maria Silvia BASSIGNANO, Monumenti patavini «al femminile» .............
» 145
Cecilia RICCI, Il L. Abullius Dexter di Fagifulae e il suo omonimo di Aesernia.
Un nuovo frammento epigrafico e alcune considerazioni ......................
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Moheddine CHAOUALI, Le proconsul d’Afrique Flavius Polybius ............
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Denis FRANCISCI, Una nuova attestazione del simbolo dell’ascia
e altre testimonianze di altari romani dalla Val di Non (Trentino) ........
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Marjeta ŠAŠEL KOS, Boundary between Aquileia and Emona reconsidered. » 221
Peter ROTHENHÖFER, Römische Offiziere auf einer tabella
defixionum. Ein außergewöhnliches Dokument magischen Schadenzaubers gegen einen Legionskommandeur und weitere Mitglieder des
Offizierkorps .............................................................................................
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Giulia BARATTA, Un titulus sepulcralis con una cupa dal coemeterium Callisti: aggiornamento a ICVR III, 9177 ......................................
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Javier DEL HOYO, María LIMÓN BELÉN, Maurianus, vir spectabilis.
Nuevos datos sobre un carmen epigraphicum altomedieval de Roma ...
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Paolo CUGUSI, Iscrizioni metriche della zona di S. Paolo F.L.M. ..............
» 273
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ed erudizione seicentesca .........................................................................
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Gerard González GERMAIN, La silloge epigrafica di Pietro Sabino: un
riesame della tradizione manoscritta .......................................................
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Maurizio GIOVAGNOLI, Per un aggiornamento della sezione tituli ad ludos
et munera pertinentes di CIL VI ..............................................................
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Giorgio CRIMI, CIL VI, 30567, 20: una nota aggiuntiva .............................
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Piero A. GIANFROTTA, Un veterano della I Minervia ed un v(otum) Ehrculi
a Centumcellae ..........................................................................................
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(Italia, regio III) in CIL X, 218 ................................................................
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IX, 1111 ....................................................................................................
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Iunius Paulinus ad Ocriculum ..................................................................
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7860 ...........................................................................................................
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ritrovamento della base di statua di un flamine cittadino, CIL X, 7916:
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