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LEZIONI DI FILOLOGIA

Augusto Campana alla fine della prolusione urbinate, ricordando la crisi della libertà tra le due guerre mondiali, crisi che precluse a chi non aderiva al fascismo la carriera dell'insegnamento, scrive: «nell'atrio della mia Università [scil. Bologna], e ogni volta che ne varco la soglia non posso non rivolgerle uno sguardo, un'epigrafe del Carducci, per gli studenti caduti nei moti e nelle guerre del Risorgimento, ammonisce 'che scienza è libertà'» 1 . Se quanto recitato dall'epigrafe carducciana è vero per ogni scienza in quanto tale, Luciano Canfora, studiando il rapporto tra filologia e libertà dall'Umanesimo al XX secolo, si spinge oltre, definendo, a buon diritto, la filologia la più eversiva delle discipline 2 . La chiave di questa affermazione risiede in quanto osserva Giorgio Pasquali all'inizio della sua Storia della tradizione e critica del testo: «Quanto alla recensio la philologia profana [...] è ancor sempre, senza saperlo, tributaria della philologia sacra» 3 . I libri sacri infatti e il libro per eccellenza, la Bibbia, il Vecchio e il Nuovo Testamento, sono fra i testi più affascinanti per il filologo, sia per quel che riguarda le modalità della loro formazione che per quelle di traduzione e trasmissione. Non è difficile comprendere la diffidenza delle chiese ufficiali di fronte a ricerche che mettevano in discussione la costituzione di un testo che, in quanto 'parola di Dio', veniva giudicato non passibile di cambiamenti. Di conseguenza, gli studiosi moderni che si confrontarono con i problemi ecdotici della Sacra Scrittura si trovarono ad affrontare la resistenza violentissima dell'ortodossia rabbinica e cristiana; valga per tutti l'esempio di Spinoza che, sulla base di affermazioni come quelle che si trovano nei capitoli VII e VIII del Trattato teologicopolitico 4 , nel 1656, come ricorda Canfora 5 , fu espulso dalla sinagoga per le sue opinioni eterodosse e atti mostruosi. Fu così che molti grandi della filologia, non ultimo Karl Lachmann, partiti dagli studi testamentari, approdarono ai testi della classicità greca e latina, meno pericolosi ai fini della sopravvivenza quotidiana. La confessione religiosa di appartenenza, ebraica o cristiana, ha comunque naturalmente prodotto sulla vocazione 1 Campana 1967, 1031. 2 Canfora 2008. 3 Pasquali 1952, 8. 4 Si veda Mignini -Proietti (a cura di) 2007, 563 «tutte le difficoltà nell'interpretazione della scrittura sono derivate non tanto da un difetto di forze del lume naturale, quanto dalla trascuratezza (per non dire la malizia) di uomini che neglessero la storia della scrittura»; 569 il titolo del capitolo VIII «In cui si mostra che il Pentateuco e i libri di Giosuè, dei Giudici, di Ruth, di Samuele e dei Re non sono autografi. Si chiede poi se gli scrittori di tutti questi libri siano stati molti o uno solo, e chi sia stato». 5 Canfora 2008, 15.

[Quaderni di Vicino Oriente VIII (2014), pp. 19-29] LEZIONI DI FILOLOGIA: LUDWIG TRAUBE, ELIAS AVERY LOWE, EDUARD FRAENKEL Marina Passalacqua - Sapienza Università di Roma The paper aims to give a portrait of three of the most important representatives of classical and palaeographical studies in the 20th century: the medievalist Ludwig Traube, Elias Avery Lowe, the Latin paleographer, and Eduard Fraenkel, the classical philologist. Keywords: studi classici; studi paleografici; Ludwig Traube; Elias Avery Lowe; Eduard Fraenkel Augusto Campana alla fine della prolusione urbinate, ricordando la crisi della libertà tra le due guerre mondiali, crisi che precluse a chi non aderiva al fascismo la carriera dell’insegnamento, scrive: «nell’atrio della mia Università [scil. Bologna], e ogni volta che ne varco la soglia non posso non rivolgerle uno sguardo, un’epigrafe del Carducci, per gli studenti caduti nei moti e nelle guerre del Risorgimento, ammonisce ‘che scienza è libertà’»1. Se quanto recitato dall’epigrafe carducciana è vero per ogni scienza in quanto tale, Luciano Canfora, studiando il rapporto tra filologia e libertà dall’Umanesimo al XX secolo, si spinge oltre, definendo, a buon diritto, la filologia la più eversiva delle discipline2. La chiave di questa affermazione risiede in quanto osserva Giorgio Pasquali all’inizio della sua Storia della tradizione e critica del testo: «Quanto alla recensio la philologia profana [...] è ancor sempre, senza saperlo, tributaria della philologia sacra»3. I libri sacri infatti e il libro per eccellenza, la Bibbia, il Vecchio e il Nuovo Testamento, sono fra i testi più affascinanti per il filologo, sia per quel che riguarda le modalità della loro formazione che per quelle di traduzione e trasmissione. Non è difficile comprendere la diffidenza delle chiese ufficiali di fronte a ricerche che mettevano in discussione la costituzione di un testo che, in quanto ‘parola di Dio’, veniva giudicato non passibile di cambiamenti. Di conseguenza, gli studiosi moderni che si confrontarono con i problemi ecdotici della Sacra Scrittura si trovarono ad affrontare la resistenza violentissima dell’ortodossia rabbinica e cristiana; valga per tutti l’esempio di Spinoza che, sulla base di affermazioni come quelle che si trovano nei capitoli VII e VIII del Trattato teologicopolitico4, nel 1656, come ricorda Canfora5, fu espulso dalla sinagoga per le sue opinioni eterodosse e atti mostruosi. Fu così che molti grandi della filologia, non ultimo Karl Lachmann, partiti dagli studi testamentari, approdarono ai testi della classicità greca e latina, meno pericolosi ai fini della sopravvivenza quotidiana. La confessione religiosa di appartenenza, ebraica o cristiana, ha comunque naturalmente prodotto sulla vocazione 1 2 3 4 5 Campana 1967, 1031. Canfora 2008. Pasquali 1952, 8. Si veda Mignini - Proietti (a cura di) 2007, 563 «tutte le difficoltà nell'interpretazione della scrittura sono derivate non tanto da un difetto di forze del lume naturale, quanto dalla trascuratezza (per non dire la malizia) di uomini che neglessero la storia della scrittura»; 569 il titolo del capitolo VIII «In cui si mostra che il Pentateuco e i libri di Giosuè, dei Giudici, di Ruth, di Samuele e dei Re non sono autografi. Si chiede poi se gli scrittori di tutti questi libri siano stati molti o uno solo, e chi sia stato». Canfora 2008, 15. Marina Passalacqua QuadVO filologica di coloro che si sono dedicati alle scienze del testo - in modo diverso a seconda della personalità e dell’ambiente - delle sollecitazioni spesso feconde di risultati importanti per gli sviluppi della disciplina e può essere forse di una qualche utilità a questo scopo ripercorrere per brevi tratti il profilo di tre grandi maestri di origine ebraica: Ludwig Traube, Elias Avery Lowe, Eduard Fraenkel. 1. LUDWIG TRAUBE Ludwig Traube (1861-1907), berlinese, figlio di un noto medico che portava il suo stesso nome, fu il fondatore della filologia latina medievale, materia di cui fu professore ordinario a Monaco dal 1902 fino alla morte. Non è questa la sede per ripercorrere in dettaglio la straordinaria produzione scientifica di L. Traube in campo filologico e paleografico. Preme qui ricordare tuttavia almeno6 tre fondamentali contributi che impressero svolte fondamentali alle scienze del testo; la Regula Sancti Benedicti7, Perrona Scottorum8 e i Nomina Sacra9. Della Regula, di cui circolava normalmente una versione interpolata, Traube riuscì ad identificare la versione originale nel codice San Gallo 914, copia diretta, fatta eseguire da Carlo Magno nel 787, della copia autografa del santo. Come è stato più volte notato, è illuminante il metodo seguito per l’identificazione; la prova della stessa è la lettera di accompagnamento della Regula, lettera scritta dai monaci Grimaldo e Tattone e indirizzata a Regimberto di Reichenau: ecce vobis regulam beati Benedicti, egregii doctoris, quam benivolus animus vester summo semper optaverat desiderio, direximus, sensibus et sillabis necnon etiam litteris a supra dicto patre ni fallimur ordinatis minime carentem. Quae de illo transcripta est exemplare, quod ex ipso exemplatum est codice, quem beatus pater sacris manibus suis exarare ob multorum sanitatem animarum curavit. Illa ergo verba, quae supra dictus pater secundum artem, sicut nonnulli autumant, in contextum regulae huius non inseruit, de aliis regulis a modernis correctis magistris colleximus, et in campo paginulae e regione cum duobus punctis insere[re] curavimus. alia etiam quae a Benedicto dictata sunt et in neotericis minime inventa, oboelo et punctis duobus consignavimus. Hoc egimus, desiderantes vos utrumque et secundum traditionem pii patris etiam modernam habere (M.G.H. Ep.V, Kar. aevi III 302). E’ importante non solo il risultato ma la lezione che ne deriva: compito del filologo è affrontare i problemi partendo dalla fine non dall’inizio. È la stessa spiegazione che fornisce Sherlock Holmes al dott. Watson in A Study in Scarlet : «In solving a problem..., the grand thing is to be able to reason backwards. That is a very useful accomplishment, and a very easy one, but people do not practise it much. In the everyday affairs of life it is more useful to reason forwards, and so the other comes to be neglected. There are fifty who can reason synthetically for one who can reason analytically...Let me see if I can make it clearer. Most people, if you describe a train of events to them, will tell you what the result 6 7 8 9 Si ricordi anche Traube 1896. Traube 1898. Traube 1900. Traube 1907. 20 VIII (2014) Lezioni di filologia: Ludwig Traube, Elias Avery Lowe, Eduard Fraenkel would be. They can put those events together in their minds, and argue from them that something will come to pass. There are few people, however, who, if you told them a result, would be able to evolve from their own inner consciousness what the steps were which led up that result. This power is what I mean when I talk of reasoning backwards, or analytically10». In Perrona Scottorum Traube parte da una testimonianza scritta concernente la storia di questo monastero insulare della Piccardia per mostrare il legame tra paleografia e storia della tradizione. Contestualmente introduce il concetto di provincia scrittoria e mostra la valenza politica e culturale della guerra intrapresa dagli scriptoria ‘continentali’ della regione di Orléans e della Somme contro quelli ‘insulari’ di Fulda Magonza San Gallo Reichenau, guerra che questi ultimi persero definitivamente verso la metà del secolo IX11. Ma è con i Nomina Sacra, lavoro al quale dedicò totalmente l’ultimo anno di vita rimastogli, che Traube, con un’intuizione alla quale sicuramente non fu estraneo il suo essere ebreo, trasformò, come dice G. Pasquali12, la paleografia da disciplina empirica in storia. Lo studioso affronta il problema dell’abbreviazione per contrazione nei codici latini e greci13, partendo dall’idea che, quando gli ebrei di Alessandria affrontarono la traduzione della Bibbia sotto Tolomeo II Filadelfo (III a.C.), si posero il problema di come trascrivere il nome di Jahvè senza commettere sacrilegio. Pensarono di risolvere sostituendo Jahvè con le parole e ; di questi termini scrissero le sole consonanti, in consonanza con la scrittura semitica che è priva di vocali, e vi aggiunsero una lineetta soprascritta con valore distintivo, con il compito di indicare il nome sacro quale oggetto di rispetto (seguendo lo stesso criterio, i casi obliqui vennero scritti sostituendo alla s la lettera di volta in volta necessaria). L’idea di ossequio che è chiaramente dietro questo modo di procedere trovò piena consonanza tra i cristiani che lo applicarono ai nomi della Trinità e di Ἰ ῦ e Σω per poi creare simboli composti di 4-5 lettere, come si riscontra nei codici di ambito ellenizzante del III-IV d.C. Con le traduzioni in latino del Nuovo Testamento prodotte in ambito siriaco, africano e poi con la vulgata di Girolamo l’uso dei nomina sacra passò dalla Bibbia greca a quella latina con un’operazione di calco letterale. Secondo Traube, in seguito, i copisti che oltre a testi cristiani trascrivevano anche testi profani trasferirono in essi i nomina sacra; in tal modo il segno in forma di lineetta soprascritta perse il significato di elemento distintivo per passare a significare semplicemente l’esistenza del compendio: di qui sarebbe nato il principio abbreviativo della contrazione. Adesso sappiamo che non è così e che l’idea di abbreviare contraendo ebbe la sua radice nelle notae iuris, idea che si trasmise al medioevo attraverso il recupero che delle notae fecero gli scribi irlandesi tra VI e IX sec.; in ogni caso la spinta ad affrontare il problema in modo non meccanico la si deve interamente a Traube. 10 11 12 13 Doyle 2005, 161. Pasquali 1952, 172. Pasquali 1937. Per un’esaustiva messa a punto della questione si veda Cherubini - Pratesi 2010, 141-149. 21 Marina Passalacqua QuadVO 2. ELIAS AVERY LOWE Elias Avery Loew nacque nel 1879 in Lituania ma emigrò prestissimo a New York e si laureò alla Cornell University nel 1902. Si trasferì subito dopo in Germania ad Halle e poi a Monaco da Traube. Tra il 1914 e il 1920 lavorò a Washington nell’intelligence e cambiò il cognome da Loew in Lowe. Insegnò ad Oxford dal 1913 fino al 1948; passò poi a Princeton (dove però non aveva incarichi didattici). Julian Brown, parlando del maestro, nota14: «The greatest privilege given to the teacher of an archaeological subject is the chance to enlarge the lives of his pupils by arousing a faculty - the sparkling faculty of sight - that might else lain dormant, under a dead weight of reading» e Albinia de la Mare15 ritorna su questo concetto, ricordando la capacità di Lowe nell’addestrare gli studenti «not only to look but to see». D’altronde è lo stesso Lowe in una lettera a Don Giuseppe De Luca16 a dichiarare: «The love of form and the love of following tracks (the detective in me) made me choose palaeography as a career». Ancora Sherlock Holmes. Lowe significa Scriptura Beneventana17 e i C.L.A.18 Il suo essere ebreo lo rendeva naturalmente cittadino del mondo: è stato in 300 biblioteche in 200 città in 20 paesi. Scriptura Beneventana è nato da un’idea di Traube che aveva chiesto a Lowe una ricerca su Montecassino, l’abbazia responsabile nel medioevo della trasmissione dei classici. Lowe pensò che un lavoro di questo tipo presupponeva uno studio e una datazione dei codici scritti in beneventana (lo spirito pioneristico del giovane studioso alla scoperta del monastero benedettino è ben testimoniato dal racconto della prima visita a Montecassino nel 1904, racconto in cui l’emozione per il contatto con il luogo è messa a dura prova dall’ottusità del monaco addetto alla sua persona19). Il monumentale risultato di questa grandiosa operazione di scavo è un panorama analitico ed esaustivo - per quanto può esserlo ogni ricerca - della minuscola dell’Italia meridionale. I C.L.A. nacquero nel 1916 alla Pierpont Morgan Library quando a E.A. Lowe e a E.K. Rand fu mostrato durante una visita un Plinio in onciale scritto attorno al 500 d.C.; per dirla con le parole di Lowe20: «Things have a way of coming full circle, and chance plays an enormous role in our lives. I prefer to call it Fortune….The Roman goddess Fortuna, I understand, had to do with crops, childbearing and production in general - this includes C.L.A. volumes». Il compito di datare e localizzare il Plinio portò lo studioso alla convinzione che fosse necessario raccogliere e descrivere, al fine di una possibilità seria di datazione e localizzazione a largo spettro, tutti i codici anteriori all’anno 800 d.C. Le descrizioni offerte dagli undici volumi dei C.L.A. hanno offerto e continuano a offrire materiali inesauribili di ricerca in più campi e le stesse foto sopperiscono a danni che fattori di vario genere continuano a produrre nei manoscritti ed ai quali nemmeno la fotografia digitale riesce a porre rimedio. Un piccolo esempio. 14 15 16 17 18 19 20 Bately - Brown - Roberts 1993, 37. Bately - Brown - Roberts 1993, 10. Lowe 1972, I, xvii. Lowe 1929. Codices Latini Antiquiores (Lowe 1934-1966). Brown 1977, 184. Brown 1977, 180. 22 VIII (2014) Lezioni di filologia: Ludwig Traube, Elias Avery Lowe, Eduard Fraenkel La tavola III 390 dei C.L.A. (fig. 1) fornisce una riproduzione parziale del f. 52r del codice Neap. lat. 1 (ex Vindob. lat. 1)21 e contiene la parte finale dell’Appendix Probi (8.93222). loquor testor molior vereor fungor met<i>or laetor pollicior suspicor morior largior paciscor Nunc, hoc monem<us, quod> suffragor exceptis supra<dic> moderor tis deponentib<us> venor et communibu<s ver> insidior bis, quaecumque iam epulor verba indicativo moto auguror temporis praesentis ex pri privor ma pers<ona> r litte misereor ra terminantur <et ex s>ua recordor specie non possunt facere obsequor verba activa haec indiscreta adversor qualitate accipiuntur grat<ificor> <hoc est q>uod se<u> communis sive glorior <de>pone<ntis> ver<b>i potestate arbitror fungantur Feliciter Ora, se si confronta il testo, come lo si può ricavare dalla tavola dei C.L.A., con quello leggibile attualmente nel manoscritto (fig. 2), sottoposto negli ultimi decenni a improvvidi restauri, è evidente il guadagno ottenuto sulla base di quanto offre la foto ottenuta da Lowe. Forse è il caso di ricordare ancora Augusto Campana23 quando dice che «la paleografia è forse una filologia, se pure, una filologia non di testi ma di forme grafiche» e aggiungere con Guglielmo Cavallo24 che «i caratteri materiali connotanti i vettori del testo possono in determinati casi indicare fatti, modi, fasi della sua storia (e talora della sua stessa ‘scrittura’)». I C.L.A. furono sentiti da Lowe come l’impresa della vita. Ed anche se alla fine di C.L.A. XI (1966) scrisse modestamente scripsi ut potui, non sicut volui, ha forse un senso che il 1969, l’anno in cui chiuse l’introduzione al Supplement25 con le parole «The long 21 22 23 24 25 La foto, come si apprende da una nota su un foglio allegato alla cartella che contiene il manoscritto, risale all’anno 1910, quando il codice si trovava ancora a Vienna. Asperti - Passalacqua 2014. Campana 1967, 1014. Cavallo 2002, 28 (= Un’aggiunta al decalogo di Giorgio Pasquali, RFIC. 112, 1984, pp. 374-377). Lowe 1971. 23 Marina Passalacqua QuadVO journey is ended. The good ship C.L.A. has been brought safely into port», coincida con l’anno della morte. Come nota ancora J. Brown26, come paleografo, doveva avere in mente un altro famoso motto scrittorio, con la sua storia di lungo duro pedaggio e il riposo finale: Qui scribere nescit, nullum putat esse laborem. Tres digiti scribunt, duo oculi vident, una lingua loquitur, totum corpus laborat. Et omnis labor finem habet, et praemium eius non habet finem. Quam dulcis est naviganti optimus portus, ita scriptori novissimus versus. 3. EDUARD FRAENKEL Eduard Fraenkel (1888-1970), berlinese, imparentato con Traube (il padre era cugino di quest’ultimo), secondo A. Momigliano27 aveva tutte le qualità intellettuali che caratterizzano lo studente tradizionale del Talmud: memoria eccezionale, acume nell’interpretazione, rigore logico, resistenza. Devoto ai suoi maestri e orgoglioso di quello che aveva imparato da loro. «Copriti con la polvere dei loro piedi e bevi avidamente le loro parole» era la citazione del Pirke Aboth che amava ripetere. All’università frequentò inizialmente gli studi di giurisprudenza perché, come ebreo non battezzato (come era invece Friedrich Leo), non avrebbe potuto fare carriera universitaria nelle facoltà umanistiche. Il problema fu superato con l’avvento della repubblica di Weimar ma nel 1933 il regime nazionalsocialista gli impedì di insegnare e Fraenkel si preparò al forzato esilio. E’ sempre Momigliano a ricordare che, laddove F. Jacoby aveva scelto Omero ed Esiodo per fortificarsi in preparazione del distacco dalla patria, Fraenkel scelse la tragedia28 cominciando il lavoro sull’Agamennone. Quanto la persecuzione e il suo ricordo abbiano significato per lui è espresso da un episodio apparentemente piccolo: uno studioso tedesco nel 1934 gli aveva scritto dicendo che era venuto il tempo in cui loro due non avrebbero più potuto essere amici; alla fine della guerra lo stesso studioso gli mandò un libro con la dedica ‘memor’ ricevendone come risposta ‘et ego’29. A differenza di quanto si potesse supporre, l’Inghilterra divenne veramente la sua seconda patria30: Oxford lo accettò senza remore ed il suo seminario diventò uno dei punti importanti di riferimento delle vita universitaria oxoniense31. Ma era e rimase tedesco; si pensi alla fortissima impressione che ebbe su di lui il discorso di J.F. Kennedy del 1963 alla Freie Universitat di Berlino («einer der stärksten Eindrücke, die ich im Leben gehabt habe»)32. Il suo interesse per la continuità della cultura classica era profondo ma era parte di un interesse per la continuità di un’intera civiltà. In una conferenza tenuta poco prima di 26 27 28 29 30 31 32 Brown 1977, 196. Momigliano 1975, II, 1026. Momigliano 1975, 1028. Lloyd-Jones 1971, 638 n. 3. Quando lo andai a trovare durante il mio primo soggiorno in Inghilterra (l’avevo conosciuto durante una sua visita al liceo “T. Tasso” dove lo aveva invitato a tenere una lezione il mio professore di latino e greco, Alfredo Rizzo) mi aveva detto, accogliendomi alla stazione di Oxford: «Per conoscere gli inglesi devi sempre tenere presente la Bibbia e Alice»; mi aveva quindi portato subito da Blackwell a comprare il capolavoro di Lewis Carroll, libro che ho tuttora e porta la data ‘12 agosto 1963’. Lo stesso non successe a Paul Maas, che, avendo aspettato fino al 1939 a fuggire per un rifiuto intrinseco del concetto di persecuzione di tedeschi da parte di altri tedeschi, andò incontro nei primi anni oxoniensi a una vita di stenti ed a difficoltà lavorative (fece per anni il consulente alla Clarendon Press). Rizzo 2003, 129. 24 VIII (2014) Lezioni di filologia: Ludwig Traube, Elias Avery Lowe, Eduard Fraenkel lasciare la Germania osservò quanto a lungo i tedeschi avessero messo da parte Virgilio e quanto questo li avesse isolati dalla cultura europea e dall’Europa33. Aborriva qualsiasi cosa danneggiasse l’unità di quella cultura. Ripensando a distanza di anni le linee guida del suo insegnamento nei seminari romani34, metterei al primo posto l’averci fatto comprendere come sia indispensabile entrare nel mondo classico come storici, seguendo i meccanismi di quel mondo, non i nostri, lasciando da parte ogni ‘psicologismo’35. La divinità greca prima di Platone, ripeteva sempre, è dura36 (poi interverranno influssi orientali): gli dei sono ἱ , praepotentes. La morale verso la divinità, e questo vale per Pindaro ma anche per i tragici attici, è che l’uomo non deve cercare di elevarsi agli dei, l’uomo deve conservare il suo posto nel mondo e gli dei sono sopra di lui. La divinità greca antica ha la stessa durezza dello Jahvè degli strati più antichi del Vecchio Testamento, lo Jahvè del canto di Deborah. E’ prepotente e fa quello che il popolo desidera fino a quando il popolo gli obbedisce (l’idea di giustizia nella religione ebraica viene solo coi grandi profeti). Allo stesso modo il dio di Eschilo conduce l’uomo in un’alternativa da cui non c’è uscita senza male; e citava il primo coro dell’Agamennone, 211 : ῶ ’ἄ υ α ῶ . Un altro elemento portante del mondo greco su cui Fraenkel non si stancava mai di insistere è la sua essenzialità. E qui ricordava Filottete 1011 s.: ὲ α ἐ ἀ γ ῶ φ ω / ἱ ’ αὐ ἐ α ἱ ’ἐγ ‘πα ; i due versi più belli quelli in cui Filottete dice che Neottolemo soffre per quello che ha fatto e soffre perché Filottete soffre. Dall’inizio della scena esistono solo loro due, come nella coppa di Monaco (460 circa a.C.), che raffigura Achille e Pentesilea e la poesia, altissima, è nello sguardo che unisce l’eroe e l’amazzone (fig. 3). E ancora tornava costantemente da parte sua l’esortazione a fare attenzione alle parole e alla posizione delle parole: ricordare, come sottolinea giustamente Sebastiano Timpanaro37, che filologia è interpretazione che sempre parte dal testo e ritorna al testo e che nella lettura dei grandi autori bisogna cercare l’Umgangssprache vivente entro la lingua poetica, non passivamente recepita, ma stilizzata ed elevata a dignità artistica. Quello che però ha contato più di ogni altra cosa per me, come per gli altri ragazzi che hanno vissuto quella stagione fortunata (figg. 4-5), è stato il partecipare all’entusiasmo senza limiti che Fraenkel aveva per lo studio del mondo antico, al suo instancabile desiderio di comunicare agli altri questo entusiasmo (il ‘sunfilologein’), al suo spingerci a mettere in moto, sempre, l’immaginazione per rendere viva la letteratura. Forse, la lezione di filologia che può venire da Traube, Lowe e Fraenkel può essere riassunta dalle parole di Don Giuseppe De Luca38: «avrei dato la salute per essere Fraenkel 33 34 35 36 37 38 Macleod 1970, 209-210. Si veda Due seminari 1977. L’importanza da attribuire alla forza dei luoghi e alla forza dei nomi la esemplificava, ad esempio, con la necessità di atetizzare il verso 134 del Filottete, dove ci troviamo di fronte alla inammissibile giustapposizione di due divinità, che rappresentavano due culti diversi: Atena Nike e Atena Polias. “Per dimostrare che il Reso è un falso e che non è del V secolo”, diceva, “basta pensare che in quest’opera Atena prende la figura di Afrodite, diventando frivola”. Timpanaro 1970, 92-93. Lettera a E. Fraenkel del 15/10/1957. 25 Marina Passalacqua QuadVO e Jaeger, e cioè un santo della città di Dio, che sola ha un riflesso di quello che spero di là dal tempo: la città della intelligenza disinteressata, disinteressata da tutto, anche dalla religione; ma intelligenza, sino all’estremo»39. BIBLIOGRAFIA ASPERTI, S. - PASSALACQUA, M. 2014 Appendix Probi (GL IV 193-204), Firenze 2014. AA.VV. 1977 Due seminari romani di Eduard Fraenkel. Aiace e Filottete di Sofocle (Sussidi Eruditi 28), Roma 1977. BATELY, J. - BROWN, M.P. - ROBERTS, J. 1993 A Palaeographer’s view. The selected writings of Julian Brown, London 1993. BROWN, E.A. 1977 Lowe and Codices Latini: Antiquiores, Scrittura e civiltà 1 (1977), pp. 177-197. CAMPANA, A. 1967 Paleografia oggi. Rapporti, problemi e prospettive di una ‘coraggiosa disciplina’: Studi Urbinati 41 (1967), pp. 1013-1030. CANFORA, L. 2008 Filologia e libertà. La più eversiva delle discipline, l’indipendenza di pensiero e il diritto alla verità, Milano 2008. 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PASQUALI, G. 1937 Traube, Enciclopedia Italiana – Treccani, 1937. 39 Rizzo 2003, 141. 26 VIII (2014) Lezioni di filologia: Ludwig Traube, Elias Avery Lowe, Eduard Fraenkel 1952 Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 1952. RIZZO, S. 1953 Eduard Fraenkel, Alfredo Rizzo e le Edizioni di Storia e Letteratura: Seminari Romani di cultura greca 6 (2003) pp. 119-141. TIMPANARO, S. 1970 Ricordo di Eduard Fraenkel: Atene e Roma 15 (1970), pp. 89-103. TRAUBE, L. 1896 Poetae latini aevi carolini III, Berlino 1896. 1898 Textgeschichte der regula S. Benedicti, München 1898. 1900 Perrona Scottorum, ein Beitrag zur Überlieferungsgeschichte and zur Palaeographie des Mittelalters, München 1900. 1907 Nomina Sacra. Versuch einer Geschichte der christlichen Kürzung, München 1907. 27 Marina Passalacqua QuadVO Fig. 1 - Neap. lat. 1 (ex Vindob. lat. 1), f. 52r. Fig. 2 - Neap. lat. 1 (ex Vindob. lat. 1), f. 52r. Fig. 3 - Achille uccide Pentesilea, coppa, Monaco di Baviera (Antikensammlungen 8705 =2688) 28 VIII (2014) Lezioni di filologia: Ludwig Traube, Elias Avery Lowe, Eduard Fraenkel Fig. 4 - Seminario fraenkeliano del maggio 1967: alcuni partecipanti. Fig. 5 - Seminario fraenkeliano del maggio 1969: alcuni partecipanti. 29 QUADERNI DI VICINO ORIENTE SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA DIPARTIMENTO SCIENZE DELL’ANTICHITÀ SEZIONE DI ORIENTALISTICA _________________________________________________________________________ QUADERNI DI VICINO ORIENTE VIII - 2014 ATTI DEL CONVEGNO “LA PERCEZIONE DELL’EBRAISMO IN ALTRE CULTURE E NELLE ARTI” (II - 2013) 1-3 ottobre 2013, Odeion - Facoltà di Lettere Sapienza Università di Roma a cura di Alessandro Catastini ROMA 2014 QUADERNI DI VICINO ORIENTE SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA DIPARTIMENTO SCIENZE DELL’ANTICHITÀ SEZIONE DI ORIENTALISTICA _________________________________________________________________________ Direttore Scientifico: Lorenzo Nigro Redazione: Daria Montanari, Chiara Fiaccavento Tipografia: SK7 - Roma ISSN 0393-0300 In copertina: Davide e Golia di Gustave Doré (La Sacra Bibbia. Vecchio e Nuovo Testamento, Milano 1869, incisione n. 75). QUADERNI DI VICINO ORIENTE SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA DIPARTIMENTO SCIENZE DELL’ANTICHITÀ SEZIONE DI ORIENTALISTICA _________________________________________________________________________ SOMMARIO L. Nigro - David e Golia: Filistei e Israeliti ad un tiro di sasso. Recenti scoperte nel dibattito sull’archeologia in Israele 1 M. Passalacqua - Lezioni di filologia: Ludwig Traube, Elias Avery Lowe, Eduard Fraenkel 19 P. Buzi - Il conflitto che non c’era. Ebrei e cristiani nella tradizione letteraria copta del V-VIII secolo 31 A. Gebbia - Nuove tendenze e nuove voci nelle letterature ebraiche degli Stati Uniti e del Canada 47 F. Mastrofini - Presente e prospettive del dialogo ebraico-cristiano 57 S. Zincone - Giudei e giudaizzanti nelle omelie Adversus Iudaeos di Giovanni Crisostomo 63 P. Botta - A. Garribba - Canti giudeo-spagnoli di tradizione orale 73 L. Sist - Testimonianze di giudaismo in Egitto: i templi di Yahweh e le risultanze archeologiche 95 A. Catastini - La simbologia del vino nuovo nel banchetto sacro 109